1. Liceo Linguistico Statale di Cesena
Lavoro di gruppo della classe 1 A sulla
Mostra: Alberto Manzi
‘Storia di un maestro’
‘Il maestro non può insegnare pensieri, ma deve
insegnare a pensare…’
2. Lo scolaro Alberto Manzi
Alberto Manzi è nato nel 1924 a Roma, figlio di un
tranviere. Si trasferisce a Grosseto nel
1986, insieme alla sua seconda moglie, Sonia
Boni, e alla loro figlia Giulia. I libri, le pagelle e gli
album di famiglia sono importanti documenti di
quel periodo iniziale della sua formazione
scolastica, perché le valutazioni poco lodevoli che
Manzi riceve in “bella scrittura” ci dimostrano che
spesso i voti non rispecchiano la realtà: alla
fine, Alberto Manzi è diventato uno dei più grandi
maestri della storia della scuola italiana e della
cultura del dopoguerra.
3. ‘… volevo fare il capitano…’
Alberto Manzi ha frequentato l’Istituto Nautico e quello
Magistrale, ma la sua intenzione era quella di dedicarsi
all’insegnamento. Ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale
nel battaglione San Marco e qui si è accorto di come il mondo sia
costituito da valori superflui e falsità. Nel cartellone troviamo
immagini di lui e della sua famiglia, alcuni cimeli di guerra e
qualche appunto relativo alla frequentazione dei corsi presso
l’Università di Roma. Troviamo anche una vignetta che presenta
una morale: ‘’Anche se si diventa grandi e si va incontro al
mondo del lavoro, non si deve smettere di inseguire i propri
sogni”.
4. Essere uomini
Alberto Manzi scrive numerose liriche che si ispirano all’amore
per la patria e alla stima per quelle persone che muoiono per
difendere i propri ideali; le sue poesie sono caratterizzate da un
forte accento satirico e molte sono dedicate alla seconda
moglie, Sonia.
La storia in allegato tratta di due animali nell’orto: di una
lucertola considerata utile, bella ed intelligente e di un rospo
che, per via della sua bruttezza, viene disprezzato.
In realtà questo animale è il vero padrone dell’orto e da qui
deriva la morale: non bisogna giudicare le persone solamente
dall’aspetto fisico.
5. La scuola del carcere
Dopo la guerra, Manzi ha insegnato per un anno in un carcere
minorile a Roma. L’aula dove educava i ragazzi era spoglia, senza
banchi, sedie ecc.. C’erano 94 ragazzi tutti con storie
drammatiche alle spalle. Manzi, per attirare l’attenzione dei
ragazzi, racconta la storia di un gruppo di castori che lottano per
ottenere la loro libertà e si rende conto che “funziona”. I ragazzi
ne hanno tratto una storia che il Maestro ha rielaborato
scrivendo il suo primo romanzo. Nel carcere ha anche dato vita
alla sua prima rivista mensile: “La Tradotta”.
6. Cosa non va nella scuola d’oggi
Alberto Manzi nel suo lavoro di insegnante ha sempre riversato
molta volontà, entusiasmo e metodo, spesso mettendosi anche
in discussione. Inoltre non è mai andato molto d’accordo con la
gerarchia scolastica. Lui sapeva perfettamente cosa non andava e
cosa avrebbe reso migliore la scuola italiana. Secondo lui, il male
era ovunque con varie forme di corruzione e ingiustizia.
7. Orzowei
Nel 1954 Manzi scrive il romanzo Orzowei con il quale vince i
premi “Firenze” e “Andersen”. Inoltre l’editore Valsecchi di
Firenze pubblica il suo lavoro che entra anche nel catalogo
Bompiani. Il romanzo parla di Isa, un trovatello bianco
abbandonato tra tribù di zulù neri, considerato l’escluso, il
deriso, e l’insultato per il fatto di essere bianco, con un
rovesciamento della situazione (un bianco fra persone di colore)
e quindi con un esplicito riferimento al tema del razzismo.
8. Orzowei gadget
Orzowei fu un clamoroso successo internazionale. Nel
1980 la Rai ne ricavò 13 puntate e una versione
cinematografica. la sigla venne riprodotta su 33 e 45 giri.
Grazie a ciò, Isa l’Orzowei “...respinto da tutti e morto
con il desiderio che un giorno bianchi e neri potessero
vivere insieme e andare d’accordo al di là del colore
della pelle e della tribù…”, raggiunse un clamoroso
successo diventando l’eroe di una generazione. La sua
figura è legata ad arco, frecce e pelle di leopardo. Questa
campeggia su numerosi dischi, riviste e fotoromanzi
dell’epoca.
9. Maestro in Sud America
Nell’estate del 1955 Alberto Manzi riceve dall’Università di
Ginevra l’incarico di andare nella foresta Amazzonica. “Vi andai
per studiare le formiche, ma scoprii ben altro…”.Infatti si rese
conto del duro stile di vita dei nativos del luogo tenuti
nell’ignoranza in modo da essere più deboli e meglio sfruttabili
nel loro lavoro. Manzi decide allora di alfabetizzarli e torna tutte
le estati per oltre 20 anni. Accusato dal governo di essere un
“guevarista”, viene imprigionato e torturato e, pur essendo stato
considerato “non gradito”, ritornerà in questi luoghi
clandestinamente, fino al 1984.
10. ‘Non è mai troppo tardi’ d’Argentina
Nel 1987 Alberto Manzi fu chiamato in Argentina a tenere un corso di
alfabetizzazione di circa 60 ore per gli insegnanti del paese; ormai la
sua fama si era estesa in tutto il mondo e tutti sapevano come lavorava
e come riusciva a coinvolgere le persone insegnando la lingua. Il corso
ebbe inizio e Manzi alfabetizzò ed insegnò ai professori come lavorare
e come coinvolgere gli studenti, in più, perfezionò la loro lingua. Il
progetto era realizzato sulla base del modello italiano della
trasmissione “Non è mai troppo tardi”. Nel 1989 l’Argentina ricevette
un premio dall’ONU e un riconoscimento per la miglior
alfabetizzazione dell’America del Sud, e il merito andò a Manzi. Nelle
foto vi sono alcuni appunti di Manzi e degli alunni, che spiegano e
mettono in mostra la chiarezza e la semplicità del suo metodo di
lavoro.
11. Maestro anche alla radio
Nel 1951 Manzi vinse un premio radiofonico per un racconto per
ragazzi presentato alla radio. Da allora ebbe una collaborazione
con “la radio per le scuole”, per ben quarant’anni, dal 1956 al
1996. Già aveva ideato un romanzo da scrivere che fu intitolato
“Il tesoro di ZI CESAREO”. Aveva compreso la potenzialità del
mezzo radiofonico che era l’ideale per stimolare fantasia e
creatività. Inoltre fu autore di trasmissioni e rielaborò favole per
bambini.
12. ‘Non è mai troppo tardi’
“Non è mai troppo tardi” è considerato uno dei più importanti
esperimenti di educazione per gli adulti, innovativo rispetto alla
tradizionale televisione scolastica, sia nell’impianto organizzativo
sia nel linguaggio didattico. Nel 1965, al congresso internazionale
degli organismi radio-televisivi che si tenne a Tokyo, ricevette il
premio dell’ONU e il suo programma fu indicato dall’Unesco
come uno dei migliori della televisione per la lotta contro
l’analfabetismo. “Non è mai troppo tardi” venne imitato come
format televisivo da altri paesi dell’America latina.
13. La vetrina dei premi
Alberto Manzi durante la sua vita ha compiuto tante e
diversificate attività. Grazie a queste gli sono stati assegnati
diversi premi, anche internazionali: per i romanzi e i racconti, per
la radio, per le trasmissioni televisive, per l’attività pedagogica e
gli scritti per la gioventù. Questi premi sono rappresentati da
diversi oggetti: antenne e pennini
d’oro, diplomi, targhe, coppe, medaglie…. Il Premio Collodi per il
romanzo “Grogh, storia di un castoro” è stato il primo di una
lunga serie, mentre il Premio Bardesoni per la riduzione in
commedia di “Tupiriglio” è stato l’ultimo. Fra i premi
internazionali spicca il riconoscimento dell’ONU per la
trasmissione “Non è mai troppo tardi” . Nel 1962 fu anche
nominato cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica
Italiana.
14. Impariamo ad imparare
Per Manzi le sperimentazioni, le ricerche e le verifiche sono
strumenti fondamentali e vuole che si parli di metodologia
aperta, dinamica ed in evoluzione. Egli ritiene che non serva la
memorizzazione dei concetti ma la pratica e l’esperienza.
Manzi, negli anni ’50, affermava che l’educazione scientifica era
uno dei punti più deboli della scuola italiana: egli poteva
esprimere questo parere grazie alla sua doppia formazione
scientifica e pedagogico-psicologica. Usava giochi e trabocchetti
logici per fare in modo che i bambini ragionassero. “Primavera ”
è un quaderno didattico per la scuola materna in cui Manzi
affermava che, per arrivare ad un principio di
astrazione, bisognava partire da esempi semplici e concreti.
15. I buoni sussidiari
Alberto Manzi ha curato alcune collane di sussidiari per tutte le
classi della scuola elementare, inoltre, collezionava testi e
immagini, disegnava lui stesso il menabò e anche il modello
esecutivo o il bozzetto. Utilizzava indicazioni ricorrenti come:
“Vero o Falso”, “Che cosa pensi che sia?”, “Osserva e rispondi”, e
tante altre, oppure simpatici animali, fumetti e schemi per
stimolare, divertire, al fine di far crescere la capacità di elaborare
concetti e sviluppare l’intelligenza. Manzi ha anche scritto un
manuale, “Appunti rapidi per disegni alla lavagna”, che
sorprende per la sua semplicità e l’efficacia dei suoi
suggerimenti.
16. Perché un nuovo libro di lettura?
Manzi si è accorto che i ragazzi e i bambini leggono troppo poco
oppure non leggono affatto, mentre la lettura è molto
importante e la scuola dovrebbe stimolare i ragazzi a leggere, al
contrario molto spesso si insegna la tecnica della lettura ma non
si dà il gusto di leggere. Invece, secondo lui, un libro è qualcosa
del tutto personale, che ha molteplici scopi: far riflettere,
stimolare la mente e la fantasia, sviluppare l’indipendenza e
l’autonomia del bambino. La funzione del libro è quella di
mettere in moto la mente del lettore e introdurre il mondo nella
vita del bambino attraverso le storie e le immagini del libro.
Secondo Manzi, la funzione principale del libro è insegnare a
pensare.
17. C’era una volta… la fiaba
Alberto Manzi pensava che la fiaba non fosse un’invenzione
fantastica, ma una vera e propria “SCIENZA” che serve ad analizzare la
realtà non utilizzando tecniche specifiche ma semplicemente la
fantasia. La fiaba crea un rapporto di complicità tra adulto e bambino.
Purtroppo, con la nascita del cartone animato, questa relazione è stata
condizionata, forse eccessivamente. Infatti, secondo Manzi, con
l’invenzione dell’eroe robotico di Mazinga il bambino pensa che il
mondo di oggi si basi sulla guerra e sulla distruzione.
Secondo molti filosofi, la fiaba dovrebbe tornare nelle scuole, cosicché
il bambino si possa porre le prime domande esistenziali e trovare le
risposte in questi racconti. Sarebbe magnifico se, ancora una volta, un
genitore, un nonno o qualsiasi altra persona si sedesse sul letto di un
bambino e ricominciasse a dire: “C’era una volta …”
18. Primo: rispetta il bambino
Manzi vuole trasformare la scuola nel rispetto del bambino.
Nel giugno 1975 , maestro nella scuola dell’obbligo, si era rifiutato di classificare gli
alunni e aveva spiegato i motivi della sua decisione: classificarli significava” impedire
un apprendimento cosciente, obbligare ad accettare definizioni stabilite, educare alla
menzogna e alla falsità…”
L’anno seguente Manzi spiega al direttore che avrebbe compilato le valutazioni del II
quadrimestre solo se gli avessero dimostrato la validità del voto e della classificazione
nel processo di crescita “in intelligenza, in solidarietà, in amicizia” dei ragazzi. Come
conseguenza di questo rifiuto, fu sospeso dall’insegnamento per due mesi dal
provveditore agli Studi di Roma.
Seguirono vari articoli sulla stampa nazionale, proteste da parte dei
genitori, interrogazioni parlamentari.
Tutti i giornali parlarono a lungo del «caso Manzi» che a quel punto
ideò un timbro per le sue schede di valutazione, che così diceva: ”FA QUEL CHE PU0’.
QUEL CHE NON PU0’,NON FA.”, ma fu denunciato alla Procura della Repubblica poiché
il giudice ritenne che usare un timbro per scrivere i giudizi era una presa in giro.
L’anno successivo li scrisse a mano ma sempre uguali, e la cosa finì lì.
19. Nella storia della televisione e d’Italia
Alberto Manzi è stato uno dei protagonisti del progresso
culturale dell’ Italia, soprattutto grazie alla sua trasmissione
:”Non è mai troppo tardi”. Si è dedicato anche successivamente a
nuove trasmissioni e a testi per bambini.
Il suo scopo era quello di sviluppare l’intelletto, l’immaginazione
e la fantasia dei ragazzi, utilizzando la radio prima, poi la
televisione. Alla domanda se la televisione fosse educativa, egli
rispose che lo era solamente se metteva in moto
l’individuo, quindi lo spingeva a fare, ma se le persone ne
traevano una conoscenza derivata, non era uno strumento utile.
Quindi egli pensava potesse essere negativa.
20. Io…tu…noi impariamo insieme
Manzi ideò una trasmissione per insegnare l’italiano agli
extracomunitari, che chiamò “Insieme”; perché questo termine è
da sempre stato, fin dai suoi testi primi scritti, la sua “ parola
magica preferita”.
La trasmissione non ebbe i risultati voluti dal suo ideatore, a
causa della scarsa presenza di televisori nelle abitazioni degli
extracomunitari, che potevano guardarla solo nell’orario di
pranzo senza possibilità di replica. Fu la sua ultima trasmissione
che, comunque, ricevette diverse Lettere di apprezzamento da
parte di tutta l’Italia.
21. Alberto Manzi sindaco di Pitigliano
Nel 1994 Manzi viene eletto sindaco di Pitigliano; nonostante
fosse sindaco, non trascura le sue vecchie attività. Tra le sue
carte da sindaco troviamo i documenti del progetto ‘Azil’, un
museo all’aperto che contribuì a finanziare il territorio e a
recuperare i soldi persi nel precedente mal utilizzo del denaro. Il
4 dicembre 1997 Manzi muore, ma viene ricordato ancora oggi
ad aver alfabetizzato una buona parte della popolazione italiana.
22. Conclusioni
Alla fine del nostro percorso possiamo trarre diverse conclusioni:
- Manzi è stato un uomo molto importante per la crescita culturale di tutta l’Italia, ma
anche per l’alfabetizzazione di altri paesi del mondo:
-è stato un uomo che ha contribuito a cambiare in positivo il sistema scolastico
dell’Italia degli anni Sessanta, allora molto arretrato e con una forte percentuale di
analfabetismo;
- ha dato la possibilità a molte persone di acquisire gli strumenti minimi della
conoscenza attraverso la sua trasmissione “Non è mai troppo tardi” contribuendo alla
crescita culturale di una notevole parte della popolazione, quella meno abbiente;
- ha posto in luce la validità dei mass-media, come strumenti validi per
l’apprendimento;
- ha colto alcuni degli aspetti della inclusione sociale scrivendo opere che hanno come
tema il razzismo e la diversità;
- ha stimolato interesse e un processo di acquisizione di competenze in coloro che
provenivano da situazioni socio-economiche svantaggiate;
- ha sottolineato il valore dell’insegnamento con la sua considerazione che chi insegna
non deve “insegnare pensieri”, ma deve “insegnare a pensare”. Questo è il concetto
fondamentale che abbiamo tratto da questa attività di gruppo.
Consulenza tecnico-informatica: Alessio Barduchi e Mattia De Varti