2. IMMAGINI E MEMORIA
La ricerca contemporanea sull’immaginazione è
stata fortemente influenzata dal lavoro di Paivio
(1971, 1986). In tali ricerche, il valore
d’immagine (imagery) viene definito come la
facilità con la quale qualcosa induce un’immagine
mentale, mentre il termine immagine mentale
viene usato per fare riferimento ad esperienze
come quelle di una “visione o suono che si
producono nella mente ”.
L’approccio proposto da Paivio è chiamato teoria
della doppia codifica (dual-coding theory) poiché
postula l’esistenza di due sistemi di codifica
indipendenti: quello verbale e quello non verbale.
L’informazione può essere rappresentata in
ciascuno dei due sistemi per mezzo del codice
peculiare a ciascuno di essi.
4. IMMAGINI E MEMORIA
L’informazione in entrata può essere verbale o non verbale.
Dopo essere stata raccolta dal sistema sensoriale,
l’informazione può essere rappresentata nel sistema
verbale o in quello non verbale.
Le unità di cui è composto il sistema verbale sono chiamate
logogens (logogeni). Esse contengono le informazioni di cui
ci serviamo quando usiamo le parole e operano in maniera
sequenziale: quando si ascolta una frase le parole vengono
presentate una dopo l’altra.
Le unità che costituiscono il sistema non verbale sono
chiamate imagens (immageni) e contengono le informazioni
necessarie per generare le immagini mentali; queste
informazioni corrispondono ad oggetti naturali, a
componenti olistiche di oggetti e a raggruppamenti
naturali di oggetti. Tali unità operano in sincronia: le parti
che contengono sono simultaneamente disponibili
all’ispezione, nel senso che possono generare varie
immagini mentali associate tra loro.
5. IMMAGINI E MEMORIA
L’informazione presente in uno dei sistemi di
codifica può attivare un processo nell’altro
sistema. I due sistemi sono interconnessi per
mezzo di quelle che sono chiamate connessioni
referenziali.
Per esempio: Gli individui possono
rappresentarsi il loro studio o la stanza d’albergo
in cui hanno trascorso le vacanze, mediante
un’immagine e descriverli, anche se sono lontani
da quegli ambienti.
Ciò significa che i due sistemi sono interconnessi:
la descrizione verbale di un oggetto può suscitare
l’immagine corrispondente a ciò che è stato
descritto e, a sua volta, un’immagine può
suscitare la descrizione verbale di ciò che è stato
immaginato.
6. IMMAGINI E MEMORIA
La teoria di Paivio sostiene che le parole
ad alto valore d’immagine tendono ad
essere concrete, mentre le parole a basso
valore d’immagine tendono ad essere
astratte. Una parola è concreta nella
misura in cui si riferisce ad “oggetti
concreti, persone, luoghi, etc ”.
La dimensione della concretezza misura in
che grado una parola si riferisce a
qualcosa che può essere esperito per
mezzo dei sensi.
L’immaginabilità e la concretezza possono
essere misurate fornendo ai soggetti le
definizioni presentate in precedenza.
7. IMMAGINI E
MNEMOTECNICHE
Nel libro The Art of Memory, Yates (1966) ci presenta una
storia delle mnemotecniche, ovvero dei procedimenti usati
per migliorare le prestazioni di memoria.
Yates ha descritto un documento chiamato Ad Herennium,
in cui sono enunciate delle regole che dovrebbero
consentire a uno studente di ricordare accuratamente una
grande quantità di item in modo tale da memorizzare
verbatim un discorso molto lungo. Questa tecnica,
chiamata il metodo dei loci, si serve di due cose: luoghi (o
loci) ed immagini.
La tecnica richiede inizialmente l’apprendimento di una
serie di luoghi ben distinti e distanziati l’uno dall’altro.
Dopo aver costruito la mappa cognitiva dei luoghi, il
soggetto deve inventare un’immagine mentale per ciascun
elemento che deve essere ricordato. Ciascuna immagine
viene poi collocata in un particolare luogo, tenendo
presente che l’efficacia delle immagini dipende dalla
distintività e dalla bizzarria.
8. IMMAGINI BIZZARRE
Secondo alcuni recenti studi le immagini bizzarre facilitano
il ricordo.
O’Brien e Wolford (1982) hanno studiato l’effetto di vari tipi
di immagini sulla memoria di 48 coppie di parole. Ciascuna
coppia di parola era accompagnata da un disegno.
Ad alcuni soggetti venivano presentati disegni che
rappresentavano un’immagine ordinaria e ad altri soggetti
disegni che rappresentavano immagini bizzarre.
9. IMMAGINI BIZZARRE
Il disegno forniva ai soggetti un’immagine in base
alla quale organizzare la relazione I soggetti
venivano sottoposti ad un test di rievocazione
immediatamente dopo al presentazione della
lista di coppie di parole e dei disegni, a diversi
intervalli di tempo: 1, 3, 5 o 7 giorni.
I risultati dei test a cui i soggetti venivano
sottoposti immediatamente dopo la presentazione
degli stimoli oppure un giorno dopo indicavano
che la rievocazione era più accurata nel caso delle
immagini comuni. Con l’aumentare dell’intervallo
fra apprendimento e test, però, le immagini
bizzarre si dimostravano più efficaci di quelle
comuni.
Le immagini bizzarre producono tracce di
memoria più distintive e quindi meno esposte ad
interferenza di altre tracce di memoria.
10. IMMAGINI BIZZARRE
L’effetto bizzarria non è relato alla capacità degli
individui di produrre immagini visive vivide:
attenzione e attribuzione di significato.
Anderson e Buyer (1994) hanno messo in luce che
l’attenzione prestata dai soggetti alle entità
bizzarre di una frase, rafforza l’isolamento di
questi materiali rispetto alle associazioni
concorrenti.
Richman (1994) ha messo in luce che il tempo di
esposizione alle frasi prima della rievocazione
favorisce l’effetto bizzarria: tempi di esposizione
di oltre 30 sec. danno la possibilità ai soggetti di
dare un qualche significato alle frasi e di creare
una rappresentazione aggiuntiva dotata di
maggior distintività e di accrescere la probabilità
che la frase bizzarra venga rievocata.
11. IMMAGINI BIZZARRE
Gli individui ricordano con maggior difficoltà un
luogo se non è verosimile, indipendentemente da
quanto noi pensiamo sia facile ricordarlo.
Winograd e Soloway (1986) hanno notato che gli
individui spesso credono di essere in grado di
rievocare più facilmente il materiale dotato di
maggiore distintività, e hanno confrontato
l’accuratezza della rievocazione di item dotati di
gradi diversi di verosimiglianza e memorabilità.
Questo esame ha indicato che gli item a bassa
verosimiglianza venivano rievocati meno
facilmente degli item ad alta verosimiglianza,
indipendentemente dalla memorabilità.
Begg (1982) ha affermato che la distintività
costituisce un aiuto efficace per ricordare singoli
item, ma è molto meno utile per ricordare le
associazioni tra item.
12. IPERMNESIA
Il fenomeno dell’ipermnesia corrisponde ad un miglioramento nel
livello complessivo di rievocazione associato a intervalli di
ritenzione crescenti (Payne, 1987).
L’interesse per questo fenomeno è dovuto primariamente a
Erdelyi. In un tipico esperimento i soggetti erano istruiti ad
apprendere una lista di item. I soggetti venivano divisi in tre
gruppi:
Gruppo 1 - presentazione di una lista di 60 parole
(bandiera,chiave, tromba, ecc.)
Gruppo 2 - presentazione dei disegni degli oggetti nominati
nella lista
Gruppo 3 - presentazione della lista e compito di costruzione di
immagini degli oggetti nominati
Il compito era quello di cercare di rievocare 40 dei 60 item
presentati. I soggetti venivano istruiti a tirare a indovinare se non
erano in grado di ricordare un numero cosi alto di item.
I soggetti avevano a disposizione 7 min. per elencare i 40 item;
poi avevano 7 min. per ripensare ai 40 item appresi in
precedenza. A questo punto avevano altri 7 min. per elencare i 40
item un’altra volta, dopo di che avevano ancora 7 min. per
ripensare agli item. Infine dovevano elencare i 40 item un’altra
volta.
13. IPERMNESIA
Leggenda:Leggenda:
PIC = disegniPIC = disegni
WIP = parole eWIP = parole e
istruzioni peristruzioni per
la formazionela formazione
di immaginidi immagini
WNO = paroleWNO = parole
senzasenza
istruzioni peristruzioni per
la formazionela formazione
di immaginidi immagini
14. IPERMNESIA
La figura indica che il rendimento dei soggetti
che avevano appreso le parole senza formare le
immagini mentali non migliorava con il passare
del tempo: in ogni prova la media era di 22 item.
Il rendimento degli altri due gruppi era migliore
di quello del primo gruppo e migliorava con il
passare del tempo: all’inizio la media era di 26
item, al terzo tentativo la media era di 30 item.
Quindi l’uso dei disegni e il ricorso ad immagini
mentali produceva inizialmente una rievocazione
migliore e successivamente ipermnesia. Questi
risultati indicano non soltanto quanto siano
importanti le immagini in generale, ma anche
quanto siano importanti le immagini per
l’ipermnesia.
15. ROTAZIONE MENTALE
La nostra mente oltre a costruire le
immagini, le può manipolare mentalmente.
Diversamente dalle immagini appese ai muri,
però, le immagini mentali possono avere un
carattere dinamico.
Una delle dimostrazioni più famose della
natura dinamica delle immagini è stata
fornita da Shepard e Metzler (1971), i quali
hanno dimostrato sperimentalmente che le
immagini possono essere manipolate e che la
rotazioni mentali sono analoghe a quelle
fisiche.
16. L’ESPERIMENTO DI SHEPARD
E METZLER
Ai soggetti venivano presentate 1.600 coppie di
disegni. In alcuni casi, i due disegni di ciascuna
coppia rappresentavano lo stesso oggetto, mentre
in altri casi essi rappresentavano oggetti diversi.
Le coppie di disegni che rappresentavano lo
stesso oggetto si differenziavano nei termini della
rotazione angolare necessaria per allineare le due
rappresentazioni dell’oggetto.
La consegna sperimentale era quella di decidere,
nel caso di ciascuna coppia, se i disegni
rappresentavano lo stesso oggetto oppure oggetti
diversi. Se la risposta era che gli oggetti erano gli
stessi, i soggetti dovevano pigiare una leva con la
mano destra mentre, se la risposta era che gli
oggetti erano diversi, i soggetti dovevano pigiare
una leva con la mano sinistra. La latenza della
risposta veniva misurata.
17. L’ESPERIMENTO DI SHEPARD E
METZLER
Quale coppia di disegni rappresenta lo stesso oggetto?Quale coppia di disegni rappresenta lo stesso oggetto?
18. L’ESPERIMENTO DI SHEPARD E
METZLER
Tempi di reazione necessari per giudicare che una
figura tridimensionale costituisce la rotazione di
un’altra. Le figure a e b si riferiscono, rispettivamente,
a rotazioni sul piano e a rotazioni in profondità.
19. L’ESPERIMENTO DI SHEPARD
E METZLER
Secondo Shepard e Metzler i risultati possono essere
interpretati dicendo che i soggetti eseguono questo
compito sperimentale per mezzo do un processo di
rotazione mentale. Forse i soggetti immaginano di
ruotare uno degli oggetti raffigurati per determinare
se esso può venire allineato con l’altro membro della
coppia.
Tanto più grande è la rotazione angolare necessaria,
tanto più grande e il tempo impiegato dai soggetti per
eseguire l’allineamento egli oggetti raffigurati.
Molte altre dimostrazioni sono state fornite a
proposito dell’accuratezza con cui gli individui sono in
grado di immaginare la rotazione degli oggetti.
Secondo Shepard (1984) il processo che ci porta ad
immaginare un oggetto è abbastanza simile al
processo per mezzo del quale lo stesso oggetto viene
percepito.
20. SCANSIONE DI IMMAGINI
Kosslyn (!980,1983) ha recensito una serie di
esperimenti eseguiti nel suo laboratorio e volti a
esplorare la relazione tra percezione e
immaginazione.
I soggetti dovevano memorizzare la mappa di
un’isola nella quale erano contrassegnati
differenti luoghi, in corrispondenza di un albero,
una spiaggia, una capanna e così via. Questi
luoghi si trovano a distanze diverse gli uni dagli
altri. Il tempo necessario a passare da un luogo a
un altro della mappa dipende dalla distanza
reale di essi. I risultati di questo esperimento
indicano che, per i luoghi effettivamente presenti
sulla mappa, il tempo necessario per effettuare la
scansione mentale fra due oggetti è proporzionale
alla distanza reciproca tra questi oggetti nella
mappa reale.
21. SCANSIONE DI IMMAGINI
Mappa utilizzata per studiare l’effetto della
distanza sul tempo di scansione mentale.
22. SCANSIONE DI IMMAGINI
Anche le immagini uditive sono state studiate. La
Halpern (1988) ha investigato la scansione mentale di
immagini uditive prodotte da canzoni familiari,
servendosi di un disegno sperimentale simile a quello
usato nell’esperimento di Kosslyn.
La Halpern ha rilevato che è possibile individuare
una serie di luoghi diversi all’interno di un’immagine
uditiva allo stesso modo che all’interno di immagine
visiva.
È possibile che un’immagine uditiva sia estesa nel
tempo allo steso modo in cui un’immagine visiva si
estende nello spazio. Nel caso delle canzoni, la
posizione di una parola è definita dal numero delle
battute all’inizio della canzone.
Le immagini uditive costituiscono un’esperienza
altrettanto naturale delle immagini visive e almeno
alcune delle loro proprietà possono essere misurate.
23. IMMAGINI MENTALI E
PITTORICHE
L’esperienza che proviamo quando immaginiamo una scena
è simile a quella che proviamo quando guardiamo
un’immagine pittorica. È per questa ragione che le
immagini tendono ad essere concepite come delle
raffigurazioni mentali.
Pinker e Finke (1980) hanno confrontato le proprietà delle
immagini mentali con le proprietà delle figure reali.
Ai soggetti del loro esperimento veniva mostrata soltanto
una singola configurazione di un insieme di oggetti, ma
nella memoria di questa situazione i soggetti erano in
grado di generare l’immagine della configurazione
corrispondente alla rotazione di quegli oggetti.
Questo significa che noi siamo in grado di percepire e di
immagazzinare in memoria le informazioni riguardanti la
struttura tridimensionale di una configurazione di oggetti e
siamo poi in grado di trasformare queste informazioni in
modo tale da produrre diverse vedute immaginarie di
questa medesima configurazione. Queste vedute sembrano
essere bidimensionali e sembrano raffigurare la scena come
se essa fosse stata percepita da diversi punti di vista.
(Kosslyn, 1983)
24. IMMAGINI MENTALI E
PITTORICHE
Pinker e Finke hanno confrontato le proprietà delle immagini
mentali con le proprietà delle immagini pittoriche. Benché le
immagini sembrino essere delle rappresentazioni accurate di una
scena cosi come appare da un particolare punto di vista, i disegni
che gli individui eseguono non sempre posseggono questa
proprietà.
A destra: disegno eseguito senza un singolo punto di vista.A destra: disegno eseguito senza un singolo punto di vista.
A sinistra: disegno della scena precedente eseguito da un singoloA sinistra: disegno della scena precedente eseguito da un singolo
punto di vista.punto di vista.
25. IMMAGINI MENTALI E
PITTORICHE
Pinker e Finke (1980) avanzano tre
spiegazioni:
1) gli individui sono in grado di rappresentarsi
le sembianze di oggetti o scene, ma sono
incapaci di disegnare accuratamente
quell’immagine;
2) gli individui non cercano di riprodurre
l’immagine mentale di un oggetto, ma
piuttosto di rappresentare ciò che essi sanno a
proposito di quell’oggetto;
3) gli individui disegnano parti diverse di una
scena o di un oggetto come se fossero percepite
da punti di vista diversi.
26. IMMAGINI EIDETICHE
Le immagini eidetiche sono immagini persistenti
che non sono assimilabili ad un’immagine
fotografica perché non costituiscono una copia
letterale di una scena.
Haber (1979) ha elencato quattro caratteristiche
delle immagini eidetiche:
1) un’immagine eidetica non è simile ad un’immagine
vivida: l’immagine è situata nel mondo esterno, non
nella testa di una persona;
2) l’immagine può essere esplorata e le sue parti
possono essere descritte;
3) le descrizioni di un’immagine eidetica sono più rapide
e più affidabili dei resoconti basati sulla memoria;
4) le immagini eidetiche sono molto più frequenti tra i
bambini che non tra gli adulti.
27. IMMAGINI COME
ANTICIPAZIONI
Podgorny e Shepard (1978) hanno eseguito degli
esperimenti in cui ai soggetti viene fatta vedere
una lettera, ad esempio una F costruita su un
reticolo. Poi viene chiesto di immaginare la
stessa lettera F sopra un reticolo vuoto.
Ai soggetti dell’esperimento viene, inoltre,
mostrato un probe (sonda) in una delle celle del
reticolo (per esempio un puntino nero). I soggetti
dovevano decidere se il probe era contenuto o
meno in una cella coperta dall’immagine mentale
della lettere F.
Questo compito può essere compiuto con rapidità
e accuratezza. Le prestazioni ottenute nel caso in
cui le lettere siano soltanto immaginate sono
sorprendentemente simili a quelle che si
ottengono quando le lettere sono effettivamente
presenti nel reticolo.
29. IMMAGINI COME
ANTICIPAZIONI
Farah (1989) ha usato un esperimento simile a quello di
Podgorny e Shepard per dimostrare che le immagini
mentali possono servire come anticipazioni.
Ai soggetti veniva chiesto di immaginare una lettera
sovrapposta ad un reticolo. Il pallino nero usato come probe
veniva presentato per un brevissimo tempo. Il compito dei
soggetti era quello di decidere se il pallino era stato
presentato o meno. Il pallino poteva comparire in una cella
del reticolo che poteva esser coperta o meno dall’immagine
mentale generata dai soggetti. La presenza del probe
veniva rilevata più spesso nel primo caso che nel secondo.
Farah ha presentato delle evidenze a sostegno dell’ipotesi
che la presenza di un’immagine mentale abbassi il criterio
usato dai soggetti per la detenzione di uno stimolo. La
presenza di un’immagine mentale non migliora la
sensibilità nella detenzione ma rende i soggetti meglio
preparati ad identificare la presenza di uno stimolo.
30. IMMAGINI E FIGURE
AMBIGUE
Alcune proprietà delle immagini possono essere
esplorate con l’ausilio di figure di questo tipo:
31. IMMAGINI E FIGURE
AMBIGUE
Il problema dell’ambiguità delle immagini è stato
esaminato in un esperimento di Chambers e Reisberg
(1985).
Ai soggetti veniva spiegato che cosa sono le figure ambigue
e ne venivano mostrati alcuni esempi. Quindi veniva
presentata loro la figura ambigua “anatra-coniglio”. I
soggetti venivano istruiti a formare “un’immagine mentale”
di questa figura, così da essere in grado di riprodurla in
seguito. Successivamente ai soggetti veniva mostrata la
figura “cuoco-cane” e veniva detto loro che poteva essere
vista in due modi diversi. Ai soggetti veniva chiesto di
invertire l’immagine mentale della figura “anatra-coniglio”,
ma nessuno di essi si dimostrò in grado di eseguire questo
compito. Tuttavia erano in grado, partendo dall’immagine
mentale, di disegnare la figura ambigua.
Chambers e Reisberg hanno sostenuto che i risultati di
questo esperimento suggeriscono che le immagini non sono
ambigue. Un’immagine sembra avere un’unica
interpretazione.
33. IMMAGINI E FIGURE
AMBIGUE
All’interno di un’immagine possiamo
scoprire qualcosa che non abbiamo usato
per costruire la medesima immagine
(Shepard 1978). Durante la costruzione di
un’immagine possono emergere delle
nuove proprietà. Queste proprietà sono
spesso chiamate proprietà emergenti
(Pinker e Finke 1980).
È stato spesso sostenuto che le immagini
mentali costituiscono una forma di
rappresentazione analogica, la quale
include le relazioni essenziali di ciò che
rappresenta.
34. CRITICHE RIVOLTE ALLA
RICERCA
SULL’IMMAGINAZIONE
Esiste una possibilità che le immagini siano degli
epifenomeni, ossia dei sottoprodotti di
qualcos’altro. Le immagini, infatti, potrebbero
non avere nessuna funzione, ma essere
puramente decorative e, dunque, potrebbero
rappresentare degli aspetti non essenziali del
funzionamento della mente.
Rock, Wheeler e Tudor (1989) hanno messo in
discussione un assunto fondamentale della
ricerca sulle immagini. In particolare, Irvin Rock
ha messo in discussione il fatto che noi siamo in
grado di immaginare il modo in cui gli oggetti
apparirebbero se noi li guardassimo da un altro
punto di vista. Naturalmente, questa assunzione
è necessaria affinché il fenomeno della rotazione
mentale possa essere considerato come un
autentico fenomeno psicologico.
35. CRITICHE RIVOLTE ALLA
RICERCA SULL’IMMAGINAZIONE
Rock ha osservato che è necessario che venga preservato
l’orientamento di un oggetto nei confronti dell’osservatore
affinché il riconoscimento possa avere luogo.
Le figureLe figure aa ee bb sono rappresentazioni dell’Africa, ma molti non sisono rappresentazioni dell’Africa, ma molti non si
accorgono di ciò e ritengonoaccorgono di ciò e ritengono cc più simile adpiù simile ad aa rispetto arispetto a bb. In molti. In molti
casi, quindi, è necessario che venga preservato l’orientamentocasi, quindi, è necessario che venga preservato l’orientamento
dell’oggetto affinché il riconoscimento possa aver luogo.dell’oggetto affinché il riconoscimento possa aver luogo.
36. PROPRIETÀ FONDAMENTALI
DELLE MAPPE COGNITIVE
La discussione sulle mappe cognitive inizia con
Tolman (1948), il quale credeva che l’informazione
proveniente dall’ambiente venisse elaborata in modo
tale da produrre una mappa dell’ambiente dotata di
un carattere provvisorio e cognitivo.
Tolman pensava che le mappe cognitive di carattere
generale fossero più utili delle mappe cognitive
specifiche. Le mappe molto specifiche contengono
soltanto informazioni riguardanti un numero limitato
di intinerari nell’ambiente. Esse possono facilitare
l’adattamento ad un ambiente specifico ma non sono
di molto aiuto per fare fronte a circostanze mutate.
Per Tolman, una mappa cognitiva era maggiormente
utile se in grado di offrire un’immagine generale
dell’ambiente e se poteva venire usata in un grande
numero di situazioni diverse.
37. LA MAPPA COGNITIVA
DEI NAVIGATORI
POLINESIANI
Gladwin (1970) ha descritto la mappa cognitiva usata
dai marinai polinesiani. Tale mappa è estremamente
complessa, e una delle sue proprietà più importanti è
un’isola di riferimento. Se una particolare isola è
stata selezionata allora il viaggio può essere pensato
nei termini di una serie di segmenti. Ciascuno dei
quali conduce il navigatore in una posizione
individuata da una retta tracciata dalla canoa a una
particolare stella passante per l’isola di riferimento.
Finché le posizioni delle stelle vengono individuate al
momento opportuno e nella sequenza appropriata e il
navigatore sa che si trova sulla strada giusta.
Una delle sue caratteristiche più interessanti è che i
navigatori non pensano a loro stessi come a qualcosa
che si muove dal punto di partenza alla destinazione,
ma immaginano di starsene immobili mentre l’isola di
destinazione si avvicina a loro.
38. LA MAPPA COGNITIVA
DEI NAVIGATORI POLINESIANI
Mappa dell’area di navigazione dei marinai polinesiani.
39. MAPPE COGNITIVE E
MODELLI MENTALI
Il termine modelli mentali è spesso usato per fare
riferimento alle nostre rappresentazioni di oggetti ed
eventi (Norman, 1983). Gli individui posseggono
modelli mentali per una vasta gamma di situazioni e
li usano per descrivere, spiegare e prevedere lo
svolgimento futuro degli eventi (Rouse e Morris,
1986).
I modelli mentali costituiscono delle utili
rappresentazioni del mondo. Una delle loro funzioni è
quella di consentire a colui che ne fa uso di scoprire
analogie tra domini diversi (Gentner, 1983).
Il pregio dei modelli mentali è che essi consentono
agli individui di effettuare delle inferenze a proposito
del comportamento delle cose in contesti diversi.
Naturalmente non consentono sempre di inferire
correttamente con ciò che accadrà in una situazione
particolare, ma possono essere causa di errori.