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PROVINCIA AUTONOMA
DI TRENTO
Servizio Scuola Materna

Il bambino
e la lingua scritta
Un laboratorio per imparare
a leggere prima di leggere
e a scrivere prima di scrivere

Materiale di documentazione del percorso
di formazione congiunta rivolto a docenti
delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate
e delle scuole elementari della provincia di Trento
Anno scolastico 2001 – 2002

A cura di Maria Luisa Pollam
con la collaborazione di Chiara Vegher e Anna Angelini

Provincia Autonoma di Trento
IPRASE del Trentino
© 2003 by Provincia Autonoma di Trento – IPRASE del Trentino
Tutti i diritti riservati
Prima pubblicazione novembre 2003
Composizione & Grafica: TELESMA – Milano – Italia
Stampa: ROTOOFFSET PAGANELLA s.n.c. - Trento

Il bambino e la lingua scritta

Un laboratorio per imparare
a leggere prima di leggere
e a scrivere prima di scrivere

p. 211; cm 24
ISBN 88 –86602-74-X
INDICE

Prefazione

5

Parte prima QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO
Presentazione

Maria Luisa Pollam

11

Il bambino e i processi di acquisizione
della Lingua Scritta

Franca Rossi

17

Scrivere prima di scrivere,
leggere prima di leggere

Mara Degasperi

21

Il curricolo di lingua

Paola Calliari

27

I disturbi dell’apprendimento

Livia Bonoli

41

Un laboratorio per imparare a leggere prima di
leggere e a scrivere prima di scrivere

Mara Degasperi

57

I testi funzionali

Patrizia Bortolotti

63

Franca Rossi

73

Parte seconda LE ATTIVITÀ NEL LABORATORIO
1. Attività per scoprire che cosa sanno i bambini
della lingua scritta
Che cosa sanno i bambini della lingua scritta?
Attività progettate nel laboratorio e realizzate con
i bambini

76
2. Attività per avvicinare i bambini alla
lingua scritta
Gli aspetti fonologici della lingua

Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi

93

Rilevare le incongruenze semantiche nel
contesto di una storia
Franca Rossi

102

La produzione di testi scritti nella scuola
dell’infanzia
Franca Rossi

113

La complessità del ruolo dell’insegnante
nell’organizzare e gestire un’attività
Franca Rossi

126

Lavorare con le storie nel laboratorio

Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi 133

Lavorare sulle storie con le sequenze di
immagini

Franca Rossi

140

La conoscenza e la libertà nel laboratorio

Mara Degasperi

149

Punti di attenzione

Patrizia Bortolotti

155

Il punto di vista dei docenti

Maria Luisa Pollam

167

Riflessioni sui lavori dei laboratori

Franca Rossi

173

Franca Rossi

183

Patrizia Bortolotti

195

Parte terza RIFLESSIONI FINALI
Le radici e le ali

Parte quarta LA DOCUMENTAZIONE
La documentazione delle attività
di lingua
Appendice CONTRIBUTI
Quale approccio alla lettura prima di
leggere e alla scrittura prima di scrivere
Bibliografia

209
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Prefazione

Il gruppo tecnico “Continuità materna-elementare” istituito dall’Iprase nel
1993, costituito da rappresentanti della componente sia docente sia direttiva
delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate, della scuola elementare e
della sovrintendenza, ha avuto fin dalla sua nascita come obiettivo principale
quello di individuare modalità e strumenti per favorire il raccordo tra i due
ordini di scuola.
Tra le varie iniziative avviate per sostenere e facilitare tale raccordo, vi è anche l’attivazione di percorsi di formazione congiunta, così come previsto dalla
delibera N. 13057 del 20.11.98 in cui la Giunta provinciale emana le direttive
per la realizzazione della continuità e adotta lo strumento per il passaggio delle
informazioni tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare.
Si ritiene infatti che la formazione congiunta, così come altre azioni - passaggio di informazioni, visite, momenti informativi e di scambio di materiali,
progetti ponte, confronto metodologico e didattico, gestione di spazi comuni,
costruzione di strumenti per l’osservazione e la valutazione, commissioni di
lavoro - ciascuna delle quali tanto più efficace quanto più inserita in un piano
articolato e condiviso di proposte, crei le condizioni per la continuità.
La formazione, infatti, prima ancora che per i contenuti di volta in volta
toccati, è importante in quanto offre spazi di confronto e discussione rispetto
1
a modalità di relazione con il/la bambino/a , stili di insegnamento e di apprendimento, organizzazione degli spazi e dei tempi della didattica, strategie
comunicative, attenzioni pedagogiche e così via al fine di condividere
un’ipotesi educativa e un metodo di lavoro coerente in continuità.
Il bambino che passa da un contesto all’altro ha diritto a una continuità di
metodi, strategie, attenzioni, criteri di valutazione dei risultati, modalità di gestione dell’errore, e ha diritto anche a veder riconosciuta una sua storia, a non
1

D’ora in poi il termine “bambino” verrà utilizzato in questa duplice accezione.

5
PREFAZIONE

6

ripartire ogni volta da zero: su questi elementi è importante che le/gli inse2
gnanti delle due scuole si confrontino e riflettano se si vuole garantire a quel
bambino un percorso unitario e senza fratture che si sviluppi secondo una logica di progressività, essenzialità e continuità, con una specifica attenzione alle
connessioni e ai raccordi.
Per dare risposta a questo tipo di bisogno e di attenzione, l’Iprase, in collaborazione con il Servizio Scuola Materna della P.A.T. e la Federazione provinciale delle Scuole materne, ha attivato, nell’anno scolastico 2001/2002, due
percorsi di formazione mirati alla realizzazione della continuità educativa, il
primo più centrato su una continuità pedagogica, l’altro più su una continuità
curricolare; è stato inoltre attivato un laboratorio – “Il laboratorio dell’arte” in
collaborazione con il MART - mirato al confronto su contenuti, metodi, strategie per affrontare il tema dei linguaggi e dei significati dell’arte.
Nello specifico questi i due percorsi di formazione attivati:
1. “Il bambino tra didattica intenzionale e didattica indiretta”, un percorso mirato all’individuazione e ricerca di pratiche operative coerenti
che tengano conto e valorizzino l’intero percorso formativo del bambino;
2. “Il bambino e la lingua scritta: un laboratorio per imparare a leggere
prima di leggere e a scrivere prima di scrivere”, un percorso interattivo centrato sull’analisi ed approfondimento dei processi di concettualizzazione della lingua scritta in età prescolare.
I tre soggetti promotori intendono, con una serie di volumi, mettere a disposizione dei docenti la documentazione di questi e di eventuali altri percorsi.
Si tratta di materiali che hanno il duplice scopo: di dare una restituzione
del lavoro svolto a quelli che hanno partecipato all’esperienza, di sollecitare
anche in altri una riflessione sulle tematiche affrontate e sulla possibilità di avviare percorsi analoghi nel segno della continuità.
Per questo motivo, accanto alla presentazione delle attività svolte e che costituisce di fatto la memoria di quanto accaduto, sono stati recuperati contri2

D’ora in poi “gli insegnanti” verrà utilizzato per indicare sia la componente femminile sia quella maschile del corpo docente.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

buti utili a dare le ragioni e il senso delle scelte effettuate e, soprattutto, sono
stati ricavati elementi di tipo metodologico che si prestano a una generalizzazione e che come tali si ritiene possano essere utilizzabili anche in altri contesti
e da parte di altri soggetti.
Il gruppo di progettazione si augura che il racconto ad altri di
un’esperienza che per i docenti coinvolti è stata significativa possa attivare
quel confronto e scambio di idee e prospettive che la documentazione rende
possibile, facendo sì che un materiale - patrimonio di alcuni - diventi per altri
strumento di lavoro e generatore di nuove esperienze.
Composizione del gruppo tecnico “Continuità materna-elementare”3
Roberto Fanini
Maria Luisa Pollam
Clara De Boni

Dirigente scolastico - rappresentante della scuola
elementare responsabile del progetto
Insegnante in utilizzo, rappresentante dell’Iprase
e coordinatrice del progetto
O.P.P. - rappresentante della scuola elementare

Laura Bampi

Funzionario – settore gruppo di studio - rappresentante della Sovrintendenza

Antonella Giurato

Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia provinciale
Coordinatore pedagogico - rappresentante della
scuola dell’infanzia provinciale

Giuseppe Pesenti
Riccarda Simoni
Chiara Vegher
Silvia Cavalloro
Lorenza Ferrai
Lara Gobbi
Danila Moranduzzo

3

Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia provinciale
Insegnante di scuola elementare in utilizzo presso
il Servizio Scuola Materna sul progetto continuità
Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia equiparata
Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia equiparata
Coordinatrice pedagogica - rappresentante della
scuola dell’infanzia equiparata
Insegnante scuola dell’infanzia - rappresentante
della scuola dell’infanzia equiparata

Dalla sua costituzione ad oggi il Gruppo tecnico ha subito modifiche nella sua composizione.

7
PARTE PRIMA
QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Presentazione
di Maria Luisa Pollam

Ogni insegnante è consapevole del fatto che il bambino quando arriva a
scuola ha già un suo bagaglio di esperienze e di conoscenze, sa già tante cose;
non è altrettanto scontato che nel progettare le attività l’insegnante riesca a tenerne conto veramente e che conoscere quello che il bambino sa incida sulle
sue scelte metodologiche.
Che cosa può voler dire concretamente tener conto di quello che il bambino già sa e da lì partire? Che cosa può significare nella pratica un percorso coerente e continuo dal punto di vista metodologico?
Il percorso di formazione “Il bambino e la lingua scritta: un laboratorio per
imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere”, che si è
svolto nell’anno scolastico 2001-2002, ha inteso dare risposta proprio a questi
interrogativi, partendo da un ambito in cui più che in altri c’è una tendenza a
partire da zero e a non tener conto del fatto che il bambino, immerso com’è in
un mondo ricco di parole, messaggi, produzioni scritte, ha iniziato un percorso di riflessione e avvicinamento al codice scritto molto prima di arrivare alla
scuola elementare.
Si tratta di un processo di acquisizione del codice che, come gli studi compiuti in questo campo da Ferreiro e Teberosky prima, da altri studiosi italiani
poi, hanno messo in luce, si sviluppa attraverso tappe ben precise, ma che non
avvengono per tutti i bambini nello stesso momento. Bambini della stessa età,
in base anche alla loro esposizione alla lingua scritta, possono trovarsi a livelli
diversi di concettualizzazione, livelli che è utile che l’insegnante conosca per
potersi inserire consapevolmente, utilizzando strumenti e strategie adeguate,
con l’obiettivo ovviamente non di anticipare, ma di favorire tale processo attraverso la creazione di un ambiente stimolante e l’attivazione di proposte che
tengano conto di quella eterogeneità cognitiva che i bambini di una classe
esprimono.
L’articolazione del corso prevede per questo momenti informativi di
approfondimento e sviluppo di questi temi e di confronto tra i gruppi,
alternati a momenti di laboratorio finalizzati alla individuazione di contesti

11
12

PARTE PRIMA
Presentazione

significativi di apprendimento ed uso della lingua da attivare nelle due scuole
nel segno della continuità.
Due i gruppi formati su base territoriale: docenti delle scuole dell’infanzia
ed elementari di Trento e dintorni il primo; docenti delle scuole dell’infanzia
ed elementari di Arco e Riva del Garda il secondo.
In questo volume viene presentata la documentazione del percorso e del
lavoro svolto dai due gruppi che si sono incontrati con cadenza mensile da settembre 2001 a maggio 2002.
Nella parte introduttiva sono raccolti alcuni contributi utili a costruire
quella cornice teorica entro cui inserire le proposte operative fatte nei laboratori.
Nella parte centrale sono raccolte le esperienze fatte nelle diverse scuole a
partire dalle sollecitazioni iniziali e organizzate in due sezioni:
1. le attività proposte per scoprire che cosa i bambini sanno rispetto alla
lingua scritta;
2. le attività che ha senso fare per avvicinare il bambino alla lingua scritta, sia quelle più di routine, sia quelle già conosciute ma proposte in
altro modo, sia infine quelle più nuove. Per entrare nello specifico di
tali proposte, tre sostanzialmente gli ambiti sui quali i due gruppi
hanno lavorato nei laboratori: l’aspetto fonologico, la produzione di
testi scritti, il lavoro con le storie.
Di tutta la documentazione raccolta durante il percorso è stato necessario
fare una selezione; e non è stata cosa facile, data la ricchezza di materiali che i
docenti, che voglio qui ringraziare, hanno messo a disposizione del gruppo e
dell’Iprase.
Per ogni ambito esplorato sono stati inseriti soltanto alcuni esempi ritenuti
utili a far comprendere la complessità e la potenzialità nello stesso tempo della
proposta.
Nella parte finale, la rilettura dell’esperienza di laboratorio proposta da Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi e la riflessione sui lavori da parte di Franca
Rossi aiutano a ricostruire il percorso e a ritrovarne il senso.
Si è voluto inoltre dedicare uno spazio specifico alla documentazione, così
da fornire alcune indicazioni su come si documenta un’attività di lingua, che
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

cosa si documenta, per chi, con quale scopo e, soprattutto, su come fare per
ricostruire il processo e non soltanto restituire un prodotto.
L’augurio è che tali materiali possano prima di tutto aiutare i docenti coinvolti a mantenere traccia dell’esperienza per molti aspetti innovativa che essi
hanno fatto e a continuare su una strada di ricerca; in secondo luogo sollecitare anche in altri una riflessione su che cosa significhi creare contesti educativi
coerenti capaci di porsi in continuità e complementarità con le esperienze che
il bambino ha già fatto.

Scheda di presentazione del corso
“IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA”

Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere
Corso di formazione per insegnanti delle scuole dell’infanzia ed elementari
promosso da I.P.R.A.S.E. del Trentino, Servizio Scuola Materna della P.A.T. e
Federazione Provinciale Scuole Materne, Trento.
Problema specifico individuato
Tutta la complessa problematica inerente alla nuova definizione del sistema
scolastico impone una riflessione sia sul curricolo, sia su che cosa significhi
creare contesti educativi coerenti e capaci di porsi in continuità e
complementarità con le esperienze che il bambino ha già fatto. Di qui la
proposta di un percorso di formazione che, partendo da un approfondimento
su quelli che sono i processi di acquisizione della lingua scritta, si sviluppi
attraverso la ricerca di contesti significativi di apprendimento ed uso della
lingua.
Percorso di formazione
La proposta prevede una giornata seminariale iniziale in cui affrontare il tema
dell’approccio del bambino alla lingua e delle competenze da costruire. A
partire da questi input iniziali verrà attivato un laboratorio in cui gruppi misti
di insegnanti lavoreranno alla progettazione di esperienze significative di
incontro con la lingua negli anni ponte.

13
14

PARTE PRIMA
Presentazione

Programma della giornata seminariale iniziale:
09.30 – 10.30 Il bambino e i processi di acquisizione della lingua scritta,
Franca Rossi
10.30 – 11.30 I disturbi dell’apprendimento, Livia Bonoli
11.30 – 12.30 Il curricolo di lingua negli anni ponte, Paola Calliari e Mara
Degasperi
Esperienze significative di incontro con la lingua, Patrizia BorPomeriggio
tolotti e Mara Degasperi
Progettare in laboratorio, Paola Calliari e Mara Degasperi
Mattino

Seguiranno 6 incontri laboratoriali di 2h e 30’ ciascuno per un totale di 15 ore
in date da concordare con il gruppo. Alla fine del percorso è previsto un
incontro di 3 ore per la verifica e valutazione finali.
Sede del corso: Liceo classico “G. Prati” per la giornata iniziale
Direttore del corso: Maria Luisa Pollam
Èquipe di formazione: Livia Bonoli, psicologa, Bologna, Paola Calliari, docente di pedagogia, Liceo Psicosociopedagogico, Trento, Franca Rossi, Facoltà
di Psicologia – Università La Sapienza, Roma, responsabile di sezione di “Infanzia e lingua scritta” - www.infantiae.org, Mara Degasperi, insegnante in
pensione, formatrice Iprase, conduttrice di laboratorio, Patrizia Bortolotti, insegnante di scuola elementare, formatrice Iprase, conduttrice di laboratorio.
Referenti per il gruppo tecnico: Clara De Boni, Lara Gobbi, Chiara Vegher.
Composizione dei gruppi
Gruppo n. 1: Riva del Garda Conduttrice: Patrizia Bortolotti
Elenco docenti
Bones Caterina
Lorenzi Lorenza
Pedroni Lina
Rosà Manuela
Zampiccoli Milena
Veronesi Sandra
Dapor Mariangela
Miorelli Teresa
Petrolati Lorella
Rosà Lidia
Rosà Paola
Sartori Franca

Tipo di scuola
Scuola dell’infanzia equiparata

Nome della scuola
Circolo di Riva
Bolognano

Riva Giardino
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Brighenti Carmen
Marcocini Nicoletta
Salvo Rosalba Maria
Secchi Mariagrazia
Angeli Maria
Chisté Maria Teresa
Bertamini Lorenza
Zanfei Serena
Gabrielli Silvana
Patuzzi Daniela
Borelli Silvia

Varone

Cavedine
Scuola elementare

I.C. Arco
I.C. Riva I
I.C. Riva II

Gruppo n. 2: Pergine Conduttrice: Mara Degasperi
Elenco docenti
Martini Maria Grazia
Vitale Maria Grazia
D’Alpaos Daniela
Fedel Rosella
Dal Col Lorena
Ioriatti Rita
Corradini Marilena
Lorenzi Riccarda
Nordio Marialina
Panizza Carmela
Ravanelli Miriam
Vigliotti Maria
Zeni Anita
Bortot Alberta
Mattarei Bruna
Cristelloni Bruna
Dallapiccola Rosanna
Missaglia Beatrice
Dematté Antonella
Filippi Coralba
Pellegrini Elisabetta

Tipo di scuola
Scuola dell’infanzia provinciale

Nome della scuola
Rizzolaga
Miola
Baselga

Scuola dell’infanzia equiparata

Trento Pedrotti

Pergine
Scuola elementare

Faver
I.C. Trento 3
I.C. Altopiano di Piné
I.C. Pergine 1
I.C. Cembra

15
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Il bambino e i processi di acquisizione
della Lingua Scritta
di Franca Rossi

Lo scopo del mio intervento è quello di condividere alcune riflessioni sulle
modalità di apprendimento del codice della lingua scritta, in che modo il
bambino che non sa scrivere scopre e si appropria delle regole di funzionamento del nostro sistema di scrittura.
Tradizionalmente l’apprendimento della scrittura nel contesto scolastico
ha segnato la divisione di “compiti” tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare; mentre alla prima si è chiesto di sostenere lo sviluppo dell’oralità, alla seconda si è chiesto soprattutto di garantire l’apprendimento della lettura e
della scrittura.
Tale separazione, oggi per fortuna non più così netta, a volte ha dato luogo
a equivoci; infatti la scuola dell’infanzia quando si è occupata
dell’insegnamento/apprendimento del codice scritto lo ha fatto ponendo attenzione soprattutto ai prerequisiti di carattere percettivo. Si pensi a tutte
quelle attività proposte che hanno l’obiettivo di sviluppare la coordinazione
oculo-manuale o le abilità di discriminazione visivo-uditiva. Si tratta sì di aspetti importanti che vanno considerati in un progetto di educazione linguistica, ma che, alla luce delle ricerche condotte negli ultimi venti anni da Emilia
Ferreiro e Ana Teberosky, hanno acquisito un ruolo di secondo piano per lasciare posto a fattori di tipo più cognitivo.
Le due studiose hanno analizzato le scritture spontanee di bambini tra i tre
e i sei anni, con un livello socioculturale basso. L’analisi delle scritture spontanee, prodotte autonomamente dai bambini, ha fornito informazioni preziose
che hanno contribuito a cambiare il nostro modo di intendere il percorso di
apprendimento che un bambino compie per arrivare alla scrittura convenzionale.
Ogni bambino, anche se non sa scrivere in modo convenzionale, ha delle
conoscenze sul codice, molto prima che la scuola inizi l’insegnamento formale.

17
18

PARTE PRIMA
Il bambino e i processi di acquisizione
della Lingua Scritta

Le idee che i bambini si costruiscono
autonomamente a proposito del codice
sono molto interessanti, sono idee dotate
di una forte coerenza, basate su ipotesi e
ragionamenti rigorosi che hanno una
importante implicazione educativa.
È fondamentale, quindi, creare le
condizioni, mettere in grado i bambini di
esprimere queste idee avendo, però, uno
strumento di osservazione che colga le
loro ipotesi e che sia efficace per differenDisegno n. 1
ziare la “lettura” adulta delle scritture
spontanee. L’ipotesi Ferreiro e Teberosky era che le scritture spontanee non
fossero un prodotto casuale, ma il prodotto di ipotesi e regole ben precise che i
bambini stanno utilizzando. Essi infatti si chiedono “che cosa rappresenta la
scrittura? Come lo rappresenta?”.
Le diverse risposte che un bambino elabora a queste due domande caratterizzano i diversi livelli di concettualizzazione della lingua scritta.
Come riconoscere i diversi livelli di concettualizzazione sulla lingua scritta?
Raccogliendo e incrociando due informazioni:
a)
b)

le scritte spontanee dei bambini;
le modalità di lettura delle scritte stesse.

Il primo livello è quello presillabico, comprende scritture
con modalità diverse tutte caratterizzate dal fatto che la quantità
di segni grafici utilizzati non ha
alcuna relazione con la quantità
dei suoni della parola. Sono
scritture presillabiche anche
quelle nelle quali i bambini utilizzano uno pseudocorsivo, come fa Ester, disegno n.1, nella
scrittura della parola BAMBINA.

Disegno n. 2
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Per Alfonso, disegno n. 2, la
scrittura di parole diverse va differenziata, infatti utilizza una
lettera diversa per ogni nome.
In altri casi i bambini utilizzano il criterio della variazione
interna, come fa Daniele, disegno n. 3, che ricorre alla strategia di utilizzare lo stesso repertorio di lettere che vengono
combinate in modo diverso in
ogni nome da scrivere.
Nel passaggio al livello di
Disegno n. 3
concettualizzazione ulteriore,
quello sillabico, il bambino cerca di rendere nella scrittura la lunghezza sonora
della parola, cercando una corrispondenza tra lettere (grafemi) e suoni, in
questo caso le sillabe. Come nell’esempio di Luca, disegno n. 4, che all’inizio
per scrivere la parola CAPRA utilizza sei grafemi (TCLAEU),
quando rilegge gli avanzano dei
segni e chiede di correggere e
scrive TLC ma, nella rilettura gli
avanzano ancora una lettera e allora nella terza scritta (TCLA) ne
aggiunge una.
La consapevolezza sillabica si
consolida in questo modo fino ad
arrivare a una scrittura in cui si
controlla il numero di sillabe. A
volte la scrittura sillabica è convenzionale sulle vocali come
nell’esempio che segue:
Scrittura A E
Lettura pa ne
Disegno n. 4

19
20

PARTE PRIMA
Il bambino e i processi di acquisizione
della Lingua Scritta

Interessante è l’esempio di Matteo un bambino che a dicembre, quando ha
3 anni e 8 mesi scrive AA e legge in modo sillabico ca-sa, mostrando un livello
di concettualizzazione sillabico. Cinque mesi dopo utilizza con maggiore sicurezza la sua ipotesi sillabica tanto che si permette di non essere convenzionale
pur di risolvere il problema che parole diverse (casa e fata) non possono essere
scritte in modo uguale, infatti per scrivere fata prima traccia una A, poi mi
guarda e mi dice “un’altra A?”, gli rispondo “fai tu” e lui “sii, FATA e CASA uguale!?” e per scrivere fata traccia
AC e legge fa-ta.
Nel passaggio al livello sillabicoalfabetico i bambini cominciano a utilizzare lettere che stanno per fonemi,
alternando una lettura sillabica con
una fonetica come nel caso di Simone
(disegno n. 5).
Disegno n. 5
L’ultimo livello di concettualizzazione è quello alfabetico nel quale i bambini concettualizzano che nella scrittura si scrivono i suoni delle parole, ovvero i fonemi. Anche se non si tratta di
scritture convenzionali il bambino ha ormai capito la regola sulla quale si basa
l’uso del nostro sistema di scrittura, ovvero un segno per ogni suono. È solo da
un livello di concettualizzazione di questo tipo che si può iniziare con
l’insegnamento/apprendimento delle lettere convenzionali, dell’alfabeto.
Prima di iniziare qualsiasi approccio al codice, infatti, risulta essenziale
porsi il problema di rendere visibili i livelli di concettualizzazione raggiunti dal
bambino.
Negli incontri di laboratorio che voi avrete, le vostre conduttrici avranno
appunto il compito di fornire indicazioni e strumenti per questo tipo di verifica.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere
di Mara Degasperi

Il titolo rende bene il senso e il contenuto del mio intervento.
Io approfondirò infatti in modo più concreto e operativo il problema
dell’approccio alla lingua scritta, soffermandomi in quell’area delicata e per
certi versi decisiva in cui intenzionalmente la scuola – dell’infanzia ed elementare – si propone di avvicinare i bambini alla forma comunicativa che utilizza

come mezzo il codice scritto, in maniera organizzata e con interventi strutturati mirati allo scopo, immettendo nelle situazioni della vita quotidiana occasioni nuove, in cui le attività di scrittura e lettura sono vissute come necessarie,
funzionali al gioco, alla soluzione di problemi, alla vita di relazione ….
Il momento è delicato e decisivo, perché fonda gli atteggiamenti successivi
nei confronti di tutto ciò che ha a che fare con la parola scritta: inizialmente, è
fondamentale procedere senza anticipazioni, che mortificherebbero il lavorio
mentale di scoperta e di costruzione. È molto più produttivo valorizzare le conoscenze che i bambini già posseggono e le teorie sulla lingua che hanno elaborato dall’esperienza; è altresì importante approntare un ambiente di stimoli
linguistici ricco e diversificato, che affondi nel mondo fertile delle relazioni,
dell’ascolto e del racconto di sé, facendo percepire la lingua come un’ulteriore,
ricca possibilità di esplorazione della realtà, di crescita e di scambio.
Le proposte che verranno fatte in laboratorio, come le osservazioni, saranno forse diverse - almeno in un primo momento - da quelle che forse qualcuno potrebbe aspettarsi; infatti non si parlerà mai di attività che si pongono direttamente come obiettivo primo l’accesso al codice, cioè l’apprendimento
delle lettere, della scrittura strumentale e della lettura/decifrazione come conquiste a sé stanti. Anche se codice e avvicinamento al codice fanno parte ormai
sia di quanto la scuola dell’infanzia può fare, ma per altre vie come vedremo,
sia del percorso iniziale del primo anno della scuola elementare, con alcuni distinguo e attenzioni di cui parlerò in seguito.
L’argomento in discussione, che costituisce anche il problema da risolvere,
è che la competenza di lettura e scrittura va ben oltre il saper leggere e il saper

21
22

PARTE PRIMA
Scrivere prima di scrivere,
leggere prima di leggere

scrivere inteso come acquisizione corretta del codice. Anzi, può portare a spiacevoli sorprese separare, distinguere anche temporalmente i due aspetti
dell’accesso al codice (significante) e della comunicazione di significati, e cedere all’impulso di affrettare il primo, per poter poi agevolmente utilizzarlo come strumento di espressione, oppure, come pensava una certa didattica tradizionale, per semplificare le cose ai bambini.
Se infatti nella scuola, dalle elementari in su, sono rari i bambini e i ragazzi
che non acquisiscono nel tempo gli strumenti della lettura e della scrittura,
sono purtroppo molto più numerosi gli alunni che del codice non sanno che
farsene: di fronte a un foglio bianco, a un libro, non si accende il corto circuito
della curiosità intellettuale o la voglia di addentrarsi in storie che forse li riguardano o la sfida a misurarsi con i propri pensieri o il proprio immaginario.
Forse perché non lo sanno fare ….. perché non si sono costruiti le abilità per
poterlo fare. Perché codice e senso hanno subito esperienze precoci di separatezza, di esistenza autonoma.
In questo senso, ritornando al tema della relazione, è possibile per i bambini leggere prima di leggere, scrivere prima di scrivere, se gli insegnanti a questa
espressione fanno corrispondere un contesto organizzativo ricco e denso in
cui i bambini siano portati a sviluppare con naturalezza, assieme alle abilità
specifiche disciplinari, altre abilità/bisogni inscindibili come l’ideazione, il riferirsi alle proprie esperienze ed emozioni, la pianificazione, l’ipotizzare e
l’inferire, il saper selezionare parole e strutture per adeguare la comunicazione
a scopi e destinatari, il sapersi decentrare dal contesto dialogico della situazione reale. A tale proposito, mi sembra indicativo sintetizzare il “modo” giusto
di progettare l’azione didattica con le parole di una bambina di quinta: “A me
piace fare le cose quando hanno un segreto e un cuore”.
Ho letto in questa espressione le due indicazioni di fondo, sostanziali, della
didattica cognitiva: i bambini (ma per gli adulti le cose non vanno diversamente) apprendono in situazioni problematiche (perché hanno un “segreto”
da scoprire) e in condizioni ritenute significative, per i contenuti, per le possibilità di relazione (la motivazione sociale/affettiva, il “cuore”).
Parafrasando Francesco Tonucci, che è sempre decisamente dalla parte dei
bambini, se volessi condensare in uno slogan il percorso di acquisizione della
lingua, utilizzerei la frase: “Bambini si nasce, “scrittori” si diventa”; mi sembra
il titolo di un programma insieme ottimista e impegnativo, perché consegna
alla scuola la possibilità, a certe condizioni, di emancipare tutti gli alunni
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

dall’analfabetismo rispetto alla competenza di saper far uso della lingua a seconda delle proprie esigenze.
Per concludere:
Codice e senso vanno tenuti uniti: sono però il senso, i significati, le situazioni che rendono necessario il ricorso al codice: i bambini apprendono a scrivere e leggere per la troppa curiosità di sapere cosa dice una cartolina a loro
indirizzata, per la voglia di comunicare qualcosa a una compagna ammalata,
per il piacere di leggersi da soli le storie, o di leggerle ai fratellini, per preparare
una festa dove la parola scritta fa parte del copione ….
Non è che la scuola dell’infanzia debba cambiare molto le proprie offerte: giochi di finzione, di imitazione, lettura di storie, raccontarsi, momenti
della quotidianità, disegno, visione di cartoni animati, manipolazione e costruzione di oggetti …. va tutto bene, la scuola dell’infanzia ha assorbito la necessità di organizzare la giornata secondo i bisogni dei bambini; l’importante è
che tutte queste cose usuali siano ri-proposte con una regia consapevole e lungimirante, e strutturate in modo da sviluppare più potenzialità. Comprese abilità che stanno alla base della lettura e della scrittura.
La scuola elementare sta già rivedendo certi suoi modi troppo “scolastici” e
troppo precocemente mirati agli apprendimenti strumentali: soprattutto nel
primo periodo, credo che lo scambio di competenze e di atteggiamenti fra insegnanti dei due livelli in un’ottica di un’unica “scuola di base”, possa sortire
trasformazioni e soluzioni efficaci e orientate sia alla continuità che alla necessaria dis-continuità, nel rispetto dei bambini che, nella crescita e nel giusto desiderio/bisogno di nuovo e di sempre più complesso, hanno anche necessità di
permanenze e stabilità.

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PARTE PRIMA
Scrivere prima di scrivere,
leggere prima di leggere

Attività possibili
Ascoltare i bambini, accogliere i loro punti di vista
Le teorie sulla lingua
A cosa serve leggere?
A cosa serve scrivere?
Conoscenze sull’uso della lingua: soluzione di situazioni problematiche in cui
la risposta del bambino indica il grado di consapevolezza circa l’uso funzionale
della scrittura.
Cosa è per leggere?
I criteri di leggibilità secondo i bambini.
Avvicinamento al codice
Uso funzionale, come consuetudine, della scrittura: il cartellino del proprio
NOME da prendere ogni mattina, la data, cartelli sugli angoli strutturati (non
inutili, devono ricordare una decisione, una scadenza, un’abitudine …) cartello degli assenti, menù, osservazioni sul tempo … senza forzare, senza entrare nell’analisi, accettando ragionamenti che si confrontano con quelli dei
compagni e si ripetono (evolvendosi) nel tempo …
sensibilità fonologica:
• attività diffusa, pervasiva (ad esempio: i giochi fonologici come
scherzetti quotidiani: Apri la torta! O nonsense: Abri la norta!)
• giochi fonologici mirati, cioè strutturati in modo da focalizzare
gli aspetti fondamentali della consapevolezza fonologica.
L’oralità e l’emancipazione dall’oralità
Giochi di finzione: cosa fai? Mi racconti?
Verbalizzazione, disegno e racconto da parte dei bambini/scrittura
dell’insegnante sotto dettatura (motivazione, decentramento).
La narrazione: C’era una volta …. (emancipazione dal contesto).
Le storie: l’insegnante che aiuta a saldare i “foglietti sparsi” delle esperienze.
Ti ricordi: (connettori di spazio e tempo/relazioni causa effetto/logiche narrative: scopi, rapporti fra persone … piani … macrostrutture narrative).
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Attività specifiche, mirate
Scrittura
Lettura di immagini problematiche.
“Testo narrativo”.
Invenzioni di storie storie di disegni.
Corrispondenza.
Testi funzionali: avvisi, ricette, sequenze di gioco, liste immaginarie, percorsi..
Lettura
Lettura dell’insegnante
tipologia di libri variata (quotidianità,
immaginazione, imprevisti, come è fatto il mondo, gli script, le relazioni,
grammatica dei sentimenti: la gelosia, la rabbia, l’amicizia, la paura ……..).
Lettura per finta da parte dei bambini.
Rilettura di storie, esperienze, scatole di fiabe di cui l’aula conserva memoria
artelli che compaiono all’improvviso o che cambiano di posto.
Lettura anticipativa di significati (gioco del negozio, le scatole,
corrispondenza, cartelli stradali …..).

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IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Il curricolo di lingua
di Paola Calliari

Considerato che mi rivolgo a insegnanti sia della scuola dell’infanzia che
della scuola elementare, inizio il mio intervento con un breve riferimento ai
programmi dei due diversi gradi di scuola. Credo sia importante sottolineare
quanto viene indicato già nella normativa a proposito della continuità nell'apprendimento della lingua: si tratta di saper cogliere questo aspetto, di valorizzarlo e, soprattutto, di attuarlo.
In un secondo momento vorrei parlare dei presupposti teorici. Conosciamo bene gli studi di psicolinguistica e sappiamo che il nostro grande maestro
rimane sempre Piaget, ma segnalerò alcune rivisitazioni che, negli ultimi decenni, sono state apportate alle teorie piagetiane, anche con qualche accento
critico (come è giusto che sia, d'altra parte, perché una teoria non è mai perfetta e in sé conclusa) al fine di mostrare come questo discorso dell'approccio
alla lingua scritta vada inserito in un contesto più ampio, di approccio alla
formazione complessiva del bambino, che deve tener conto appunto del suo
processo di sviluppo globale.
Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, nella nostra Provincia, abbiamo
sia gli Orientamenti nazionali che quelli provinciali.
Gli Orientamenti nazionali sono suddivisi in quattro parti:
1. La prima parte di carattere introduttivo INFANZIA, SOCIETÀ, EDUCAZIONE considera le trasformazioni sociali in atto, la condizione dell'infanzia e della famiglia (consideriamo che sono già di 10 anni
fa), i diritti dei bambini e gli ambienti educativi in cui vive.
2. La seconda parte IL BAMBINO E LA SUA SCUOLA mette in evidenza
le finalità fondamentali della scuola dell’infanzia, che sono la maturazione dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo della
competenza.
3. La terza parte fornisce indicazioni curricolari sui CAMPI DI ESPERIENZA EDUCATIVA, proprio perché l'approccio nella scuola
dell’infanzia (ma questo verrà poi sottolineato anche per il I biennio

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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua

della scuola elementare) non deve essere assolutamente disciplinare,
ma legato alla realtà concretamente vissuta. Il bambino si trova in uno
stato di crescita globale, perciò i vari aspetti non possono essere settorializzati; è comunque importante incominciare a individuare dei
campi, che vengono denominati “il corpo e il movimento”, “lo spazio,
l'ordine e la misura”, “le cose, il tempo, la natura”, “messaggi, forme e
media”, “il sé e l'altro” e “i discorsi e le parole”, quest’ultimo ci interessa particolarmente in questa sede.
4. L’ ultima parte tratta gli aspetti didattici e organizzativi.
Negli Orientamenti provinciali vengono individuati tre grandi ambiti: LA
COMUNICAZIONE, L’AZIONE E LA CONOSCENZA, IL PENSIERO E LA
REALTÀ.
L’ambito relativo alla comunicazione esamina: l’educazione ai linguaggi
verbali, l’educazione ai linguaggi del suono e della musica, l’educazione ai linguaggi del corpo, l’educazione ai linguaggi visivi, grafico-pittorici,
l’educazione ai linguaggi audiovisivi e multimediali.
In entrambi i testi (nazionali e provinciali) è richiamata l'esigenza di porre
attenzione alla storia precedente del bambino. “Al suo ingresso nella scuola
dell’infanzia il bambino ha già una sua storia personale, che lo ha condotto a
possedere un complesso patrimonio di atteggiamenti, di capacità ed orientamenti. Egli appare un soggetto attivo, curioso, interessato a conoscere, a capire, capace di interagire con gli altri e di servirsi della loro mediazione per conoscere e modificare la realtà” (dagli Orientamenti nazionali).
Si sottolinea molto la necessità di passare dall'azione al simbolo “Lo svilup-

po cognitivo partendo da una base percettiva, motoria e manipolativa, si articola progressivamente in direzioni sempre più simboliche e concettuali”.
Nella scuola dell’infanzia, nel primo ciclo delle elementari, ma anche nelle
classi successive non dobbiamo mai dimenticare che l'intelligenza è figlia dell'azione, come affermava Piaget.
Vorrei ora richiamare velocemente il documento che era stato preparato
per la riforma dei cicli scolastici. Anche se la riforma non è stata approvata,
credo che alcuni aspetti sottolineati nel testo siano sicuramente condivisibili e
degni di attenzione. Anche qui viene ribadita l'esigenza di favorire la continuità in questa fase delicata dello sviluppo, l'opportunità di considerare questo
percorso formativo come qualcosa di unitario, che deve avere una sua pro-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

gressione. Infatti nel documento, dove si parla del curricolo della scuola
dell’infanzia, si riprende e si avvalora pienamente quanto era già stato
affermato negli Orientamenti nazionali.
Si legge: “…seguendo il cammino tracciato dagli Orientamenti del 1991, il

curricolo della scuola dell’infanzia si pone essenzialmente come ricerca integrata dei criteri, dei contenuti e dei modi per organizzare la conquista di conoscenza da parte delle bambine e dei bambini” e poi prosegue “bisogna interpretare in modo progressivo, processuale, organico e coerente le correlazioni
esistenti tra i modi di apprendere del soggetto in crescita, le strategie e i contenuti della conoscenza postulata dai diversi campi disciplinari e le competenze
specifiche”. Riprende ancora il discorso dei campi di esperienza, sottolineandone la validità dal punto di vista psicopedagogico e didattico ribadendo che i
traguardi formativi per i bambini dai 3 ai 6 anni all'interno dei singoli campi
di esperienza, devono essere considerati la mappa del percorso formativo da
promuovere nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola di base. È necessario tenere sempre sullo stesso livello il piano affettivo, sociale, intellettivo,
che non possono essere divisi, perché sono aspetti interconnessi e diventa un
compito specifico della scuola tener presente l’unitarietà dello sviluppo.
Questa impostazione esclude che gli obiettivi formativi della scuola
dell’infanzia vengano espressi in termini di contenuti di apprendimento, aree
o aspetti del sapere che vanno trasmessi, “essi vanno invece concepiti ed e-

spressi nella forma di atteggiamenti e capacità che si vogliono sollecitare,
promuovere e affinare”. Questo punto è rilevante e ripreso da più parti nel
documento; si tratta di promuovere atteggiamenti e non ancora di trasmettere
saperi, di capire quello che c'è nella mente del bambino, prima di proporgli
delle conoscenze e questo vale anche a proposito dell'apprendimento della lingua scritta come viene ben sottolineato nell’intervento della dottoressa Rossi.
Ancora: “la crescita della soggettività del bambino, il suo divenire sociale, le

capacità intellettuali, quali la rappresentazione, il pensiero, la risoluzione di
problemi, hanno luogo secondo un processo che non può essere promosso per
compartimenti stagni, ma proponendo situazioni di esperienza che coinvolgono emotivamente bambini e bambine, che sollecitino la loro mente, che li
spingano a immaginare e a riflettere, che li invitino a socializzare, condividendo con gli altri i frutti delle loro elaborazioni”. La modalità didattica di organizzare dei piccoli gruppi in cui i bambini si possano confrontare in un contesto di operatività sociale è ampiamente sollecitata in questo documento.

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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua

I tre traguardi di sviluppo indicati dagli orientamenti, che sono “la maturazione dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo delle competenze” vanno ripensati come frutto di un percorso nel quale a ogni bambina e
bambino si offrono situazioni significative di esperienza scelte in modo opportuno. A tutti deve essere data la possibilità di esprimere la propria soggettività
e, progressivamente, di governarla così da sviluppare la maturazione della
propria identità, di interagire, comunicare con gli altri in maniera sempre più
efficace, rafforzando così la conquista dell'autonomia e lo sviluppo delle abilità
sensoriali, percettive, motorie, linguistiche e intellettive che si impegnano nelle
prime forme di riorganizzazione dell'esperienza.
Riguardo alle competenze e ai traguardi, vengono sottolineati soprattutto
tre aspetti:
1. la capacità di esprimere e dare forma al mondo interno attraverso un
linguaggio simbolico, evocativo di realtà immaginarie: questo “è un
primo aspetto irrinunciabile dello sviluppo del bambino dai 3 ai 6 anni. Tale capacità si esprime nel gioco del far finta, nel disegno, nella
narrazione, nella costruzione di realtà immaginarie e opera anche nella elaborazione di ipotesi e delle prime teorie sul mondo”.
2. “Deve essere data la capacità di esprimersi verbalmente per sollecitare

le reazioni altrui, ma anche per condividere con altri emozioni, pensieri, ricordi per renderli partecipi della propria esperienza, per creare
mondi immaginari, per collegare concetti e conoscenze. È una competenza fondamentale che va acquisita e affinata nella scuola
dell’infanzia, in quanto costituisce uno strumento essenziale di acquisizione di un senso del sé in relazione all'altro da sé e di interazione
sociale”.
3. Un'altra capacità fondamentale è quella di saper “tener conto del punto di vista dell'altro, nell'azione e nella comunicazione e costituisce un
terzo aspetto irrinunciabile dello sviluppo, alla base di qualsiasi forma
di interazione sociale”.
Prima ho parlato di alcune rivisitazioni anche critiche alle teorie piagetiane
e una di queste è riferita alla teoria dell'egocentrismo. Alcuni studi effettuati da
post piagetiani affermano che il bambino è in grado, molto prima di quanto
ipotizzato da Piaget, di tener conto del punto di vista dell'altro, se la situazione
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

in cui si trova è ricca dal lato affettivo, emotivo e motivazionale. È perciò da
rivedere l'elemento contestuale in cui le attività sono inserite. Il contesto in cui
si propone una attività è infatti fondamentale anche per l'esito stesso della attività.
Ritengo importante riprendere il documento sopra citato e sottolineare che
il curricolo deve essere “flessibile e contestualizzato”; deve essere “libero da ri-

gidità disciplinari, esso non si risolve in una scansione predeterminata di obiettivi e contenuti settorializzati, definiti e confezionati astrattamente, vale a
dire a prescindere dai vissuti e dalle esperienze, dall'identità personale e culturale di ogni bambino e dalle specifiche condizioni ambientali. Al centro del
progetto educativo della scuola dell’infanzia vi sono quindi gli alfabeti del vivere, del pensare, del comunicare, del riflettere insieme, dell'esprimersi, del
rappresentare tramite i diversi linguaggi della cultura. Nella scuola di base, e
nei primi due anni in particolare, si tratta di porsi in continuità con un curricolo che muove dal contesto sensoriale e percettivo, in cui il bambino esplora
ed agisce a contatto diretto con gli oggetti, con i materiali e con le persone”.
“La scuola di base” - questo è rivolto soprattutto agli insegnanti che accolgono
i bambini provenienti dalla scuola dell’infanzia - “deve muovere dalla consapevolezza che nel ciclo precedente il contesto educativo ha già promosso nei
bambini un primo momento di riorganizzazione delle esperienze tramite la
ricontestualizzazione dei vissuti, la creazione di condizioni che hanno favorito
l'evoluzione delle esperienze spontaneamente prodotte dai bambini in esperienze culturali, favorendo dunque un progressivo passaggio dall'esperienza
diretta verso la sua rappresentazione, dal contesto al testo, dall'uso diretto dei
linguaggi della cultura verso la comprensione dell'esistenza e di codici formalizzati. In tale ottica porsi in continuità nella costruzione degli itinerari curricolari, significa riuscire a non separare le diverse dimensioni dello sviluppo, a
sollecitare percorsi che non siano rivolti esclusivamente ora al settore cognitivo ora alla sfera socio-affettiva, ma considerati parallelamente. Lo sviluppo
dell'intelligenza è un processo che si alimenta con l'affettività e la passione del
conoscere, nelle situazioni di scambio, di relazione con l'altro, nella condivisione di significati affettivi, simbolici e culturali da attribuire alle esperienze”.
Penso che queste indicazioni siano del tutto condivisibili. Pertanto si può
affermare che nei documenti programmatici ufficiali o meno vengono sottolineati aspetti fondamentali che vanno raccolti e realizzati. Particolarmente significativo l’invito a tener conto della continuità dello sviluppo come processo

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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua

globale, del ruolo importante del contesto e della necessità di partire da esprienze concretamente vissute dai bambini.
I riferimenti teorici sono gli studi psicolinguistici, il grande maestro rimane
Piaget, ma di recente sono state individuate altre possibili modalità di lettura
del suo pensiero riguardante il percorso cognitivo compiuto dal bambino.
Una di queste nuove teorie parla di onde evolutive, anziché di stadi evolutivi, togliendo forse quella rigidità che qualcuno ha letto negli studi di Piaget,
dove sembrava che passato uno stadio, venisse quasi dimenticata e annullata
tutta l'esperienza precedente. Mi riferisco a Gardner, conosciuto soprattutto
per il suo testo “Forma mentis”, secondo cui esistono diverse forme di intelligenza. Tradizionalmente si considerava intelligenza quella misurabile con il QI
classico, cioè quella scolastica (linguistica, logica e matematica). Oggi non tutti
la pensano così e Gardner è tra questi. Attento alla pluralità delle manifestazioni dei bambini, Gardner ipotizza l'esistenza di altre forme di intelligenza
(non solo nei bambini chiaramente, ma anche negli adulti) e il compito dell'insegnante, che ha la preoccupazione educativa, è quello di farle emergere
tutte, di farle fiorire. È un compito certamente non facile, però è fondamentale
che l'insegnante abbia la consapevolezza che un bambino, che ad esempio ha
dei problemi a livello di concettualizzazione logica, può aver altre risorse. È
importante avere sempre un atteggiamento di apertura, di fiducia, di positività, anche laddove ci sono dei limiti: in fondo è questo il compito dell'educatore, vedere sempre le risorse in positivo e aiutare a superare le difficoltà, dove
possibile.
L'ipotesi di Gardner è interessante proprio per questo, perché apre questa
possibilità. Lui parla, oltre che di intelligenza linguistica e logico-matematica,
anche di intelligenza musicale, spaziale, corporeo-cinestetica, interpersonale
(ad esempio, alcuni bambini manifestano precocemente la capacità di avere
attenzione per l'altro, di preoccuparsi per lui, di ascoltarlo, e hanno la capacità
di porsi in relazione positiva con l'altro), intrapersonale (cioè la capacità, che
forse è quella più difficile anche per gli adulti, di conoscere se stessi e di saper
analizzare la propria interiorità). Gardner apre delle nuove prospettive.
Sintetizzo ora le cosiddette onde evolutive di cui parla Howard Gardner.
L'immagine dell'onda dà l'idea di qualcosa che può andare avanti, ma che può
anche recedere e contaminare altri ambiti di conoscenza, dà un senso di fluidità; e così è per il bambino, che può avere dei progressi in un certo ambito, regredire in un altro e poi ritornarci sopra, c'è flessibilità.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Il passaggio che il bambino compie dall'azione al simbolo avviene per gradi
successivi.
•

La prima onda di simbolizzazione, quella di STRUTTURAZIONE
DEGLI EVENTI E DEI RUOLI, ha luogo quando il bambino, tra i 18
mesi e i due anni, diventa capace di esprimere in simboli la propria
consapevolezza del fatto che ci sono degli eventi che implicano degli
agenti, delle azioni, degli oggetti e hanno delle conseguenze. Qui si
situa l'origine della capacità simbolica, che prende forma nel linguaggio e nel gioco simbolico, nell'imitazione differita nel tempo di
attività che il bambino ha visto fare e che non sono più presenti ai
suoi occhi. Il bambino a questo punto è già capace di pensiero rappresentativo.
• La seconda onda di simbolizzazione è quella di RILEVAMENTO
TOPOLOGICO. Attorno ai tre anni il bambino diventa capace di riprodurre le relazioni spaziali di dimensione e di forma di un referente del mondo reale.
• La terza onda è quella di RILEVAMENTO DIGITALE. Gardner mette l'accento sul fatto che a quattro anni di età i bambini sviluppano
un particolare interesse a contare: sanno contare esplicitamente un
insieme di oggetti, vogliono contare tutto… Questo confermerebbe
un'ipotesi montessoriana, secondo la quale il bambino passa dalla
“mente assorbente” (in cui fondamentale è il ruolo del contesto educativo, che viene appunto “assorbito” dal bambino) alla “mente matematica” come una naturale predisposizione e un interesse specifico
verso gli elementi quantitativi della realtà.
• La quarta onda è definita di SECONDO LIVELLO e si riferisce anche
all'acquisizione della lingua scritta. Intorno all'età che va da 5, 6, 7
anni, i bambini si sentono attratti verso una simbolizzazione che
Gardner chiama “notazionale”. Dovendo fare un gioco o rappresentare una sequenza, essi ricorrono da soli e istintivamente a qualche
schema che li aiuti a ricordare o codificare le informazioni necessarie
per sapere come devono procedere e quale ordine seguire. Magari si
servono del disegno, cioè spontaneamente arrivano a utilizzare sistemi di tipo notazionale.

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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua

Secondo Gardner l'impulso a creare un sistema simbolico di secondo livello (quello di primo livello è la lingua parlata) rappresenta una profonda inclinazione dell'uomo che è destinata a emergere naturalmente ed è influenzata
dalla maggiore o minore frequenza di sistemi simbolici di segnatura della cultura di appartenenza.
Rispetto al percorso di concettualizzazione della lingua scritta, è interessante vedere come esso avvenga in bambini inseriti in culture altamente alfabetizzate, dove sono costantemente a contatto con i libri, e in bambini provenienti
da ambienti poveri da questo punto di vista. Le ricerche svolte da Ferreiro e
Teberosky evidenziano delle costanti in tale concettualizzazione che starebbero a indicare come in parte sia influenzata dagli stimoli offerti dall'ambiente,
ma in parte emerga spontaneamente con aspetti costanti in culture diverse.
Se tali onde rappresentano alcuni dei modi principali con cui gli esseri umani costruiscono i significati, esse possono avere importanti implicazioni
educative: i curricoli devono tenerne conto e, in qualche modo, organizzarsi in
base ad esse e presentare le loro proposte in forme che mettano in risalto:
•

le strutture - eventi (ecco qui il ruolo fondamentale della narrazione,
che presenta le situazioni proprio con una loro struttura e in forma
di evento);
• le mappe topologiche (rapporti dimensione/spazio/tempo);
• le mappe digitali (aspetti quantitativi);
• le forme simboliche di secondo livello (le segnature che si riferiscono
ad altre forme di conoscenza).
Il linguaggio si rivela cruciale nella categorizzazione degli oggetti, eventi ed
entità del mondo. Innanzi tutto il bambino utilizza ed attribuisce dei nomi e
questa capacità di assegnazione rivela che è ormai in grado di categorizzare i
comuni oggetti del mondo.
In secondo luogo, l’uso dei copioni o script rivela da parte del bambino la
capacità di determinare importanti sequenze familiari di eventi nel suo mondo
di appartenenza. Un copione implica l’identificazione e l’ordinata collocazione
delle caratteristiche associate a un evento particolare: è la sequenza di azioni
che bisogna compiere in occasioni determinate e ricorrenti, (ad esempio,
quando andiamo al cinema o al supermercato eseguiamo sempre lo stesso tipo
di azioni e nello stesso ordine) con una sequenza che diventa costante (anche
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

se ognuno di noi sperimenta in maniera diversa queste esperienze e di conseguenza costruisce script particolari e solo suoi, alcuni elementi rimangono costanti). Già a 14 mesi il bambino incomincia a riconoscere e a utilizzare gli
script, che all'inizio riguardano attività ricorrenti, come quelle del vestirsi e del
mangiare. Ben presto questi copioni diventano un tutt'uno con l'attività linguistica, aiutano il bambino a concettualizzare e a riferire le vicende della propria vita e fungono anche da avviamento alla narrazione e alla comprensione
delle storie. La mente di un bambino di 5 anni è già piena zeppa di utili copioni, molti dei quali vengono utilizzati per lungo tempo e possono rimanere
strutturati più o meno sempre nello stesso modo. La resistenza degli script è
dimostrata anche dal fatto che sopravvivono ai danni cerebrali. La conoscenza
e l'utilizzo dei copioni emergono prestissimo e in modo naturale; si manifestano inizialmente nelle sequenze simboliche dei giochi di finzione. Cominciano a comparire in quella fase cruciale di passaggio dall'intelligenza sensomotoria all'intelligenza rappresentativa, in cui il bambino va oltre la capacità
di saper cogliere solo direttamente il mondo dell'esperienza e diventa capace
di immaginare, di rappresentarsi anche ciò che non è presente ai suoi sensi.
La capacità rappresentativa consiste proprio nel fatto che il bambino sa vedere con la mente uno stato di cose diverso da quello che coglie con i sensi.
Questa capacità emerge anche nei diversi livelli di concettualizzazione della
lingua scritta.
Vi è un ultimo elemento che si ricollega all'importanza di tener conto della
storia e delle conoscenze precedenti del bambino. Il bambino, all'età di 5, 6, 7
anni, ha già sviluppato robuste percezioni delle tre sfere che costituiscono la
realtà. Ha costruito una teoria della materia, degli oggetti fisici del mondo,
una teoria della vita e una teoria della mente. Il bambino si interroga, si pone
delle domande intorno al senso degli oggetti reali, alla loro origine, formula
delle prime ipotesi ed elabora delle teorie (ad esempio: l’animismo e
l’artificialismo di cui parla Piaget).
Queste teorie non si possono certamente definire scientifiche, ma sono
comunque insiemi di credenze e di ragionamenti organizzati, coerenti e generativi, che vengono utilizzati dai bambini anche per giustificare le loro prime
scritture.
Le teorie emergenti dei bambini vengono utilizzate in modo regolare e generativo, cioè da un'ipotesi di partenza ne derivano successivamente delle altre
e ciò significa che i bambini sanno trarre coerentemente le loro inferenze.

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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua

Quando inizia la scolarizzazione formale, si tende purtroppo a ignorare tali
teorie, ma queste non si dissolvono facilmente e rimangono come potenti
mezzi di conoscenza. Le teorie costruite riguardano anche il significato e il
funzionamento della scrittura come dimostrano le ricerche già citate di Ferreiro e Teberosky.
In riferimento all'insegnamento della lingua scritta, non ha senso proporre
al bambino solo un lavoro tecnico e strettamente centrato sul codice, in una
fase in cui non si è ancora posto interrogativi sul senso e sulla funzione della
lingua: così facendo si potrebbe in effetti bloccare un apprendimento sereno e
creare delle difficoltà (Monighetti).
La proposta di Monighetti, che ritengo particolarmente valida, è quella di
lavorare sempre in parallelo sui due aspetti del senso e del codice, cioè fornire
una tecnica, (il codice), ma contestualizzata nella sua funzione reale di comunicazione di significati (il senso); questo è importante anche perché nel bambino c'è sempre una stretta connessione tra l'affettività e la cognitività, che
non possono mai essere scisse.
Per Gardner è molto importante che le teorie dei bambini, che egli chiama
“intuitive” , vengano riconosciute, affrontate e sviscerate il più possibile, affinché sia il bambino, sia l'adulto che si occupa del suo apprendimento, possano
stabilire in quali circostanze esse sono valide e per aiutare il bambino a superare quelle che non “funzionano” e non sono più adeguate. Ovviamente il bambino deve affrontare il suo percorso individuale e non forzato, l'insegnante
non può imporre le sue conoscenze e dire, ad esempio, “io ti dico che è così e
allora è così”. Quando la proposta dell'adulto è troppo netta e troppo diversa
da quella che in quel momento rappresenta la disponibilità di apprendimento
del bambino, emergono delle difficoltà.
Ciò suggerisce un’importante indicazione didattico-educativa e cioè che
per prima cosa bisogna effettivamente capire a che punto è il bambino e partire da lì per accompagnarlo nel suo cammino di conoscenza.
La Zucchermaglio, un'altra studiosa del gruppo della Pontecorvo di cui fa
parte la dottoressa Rossi, ha scritto un libro molto bello e interessante, intitolato “Gli apprendisti della lingua scritta”. Il titolo è illuminante: l'apprendista
è colui che si immerge nell'attività, che prova, che sbaglia, che torna indietro,
che fa concretamente un'attività: anche nella lingua scritta c'è una sorta di apprendistato. L'autrice afferma che, quando i bambini arrivano in prima elementare, “non sono tutti ugualmente ignoranti, ma diversamente competen-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

ti”: qui sta la sfida per gli insegnanti, riuscire a capire quali sono queste differenze, fare del proprio meglio per coglierle e partire dalla loro analisi per costruire un percorso rispondente ai reali bisogni di apprendimento dei singoli
alunni.
Dobbiamo riconoscere che già nei programmi del 1985 per la scuola elementare veniva sottolineata l'esigenza di tener conto dell'esperienza pregressa
del fanciullo: “il fanciullo ha un'esperienza linguistica iniziale di cui l'inse-

gnante dovrà certamente rendersi conto e sulla quale dovrà impostare l'azione
didattica. Ha una varietà di codici verbali e non verbali (tra cui quelli derivati
dai mass media), nella quale il codice verbale è dominante, ha maturato una
capacità di comunicare oralmente in lingua o in dialetto” (quest'ultimo elemento andrebbe attualmente approfondito, dal momento che sta notevolmente aumentando a scuola la presenza di bambini stranieri che non parlano italiano) “sa che la lingua scritta esiste e percependone l'importanza desidera impadronirsene”.
Anche in altre proposte rivolte alla scuola di base si ribadisce l'importanza
di tener conto del percorso precedente e si afferma che gli obiettivi e le scelte
fatte dagli insegnanti in questa fase devono “rispondere soprattutto all'esigen-

za di introdurre gradualmente le alunne e gli alunni al confronto con i diversi
linguaggi disciplinari, evitando sia il rischio della frammentazione e della dispersività, sia quello di una precoce e improduttiva sistematizzazione disciplinare”: viene ricordato come nei primi due anni della scuola di base si deve
mantenere un approccio non ancora sistematico alle discipline. Si valorizza la
dimensione dell’azione e dell’interazione sociale: “attraverso il fare con le mani, l'operatività sociale, gli allievi diventano soggetti attivi, interattivi”… nel
dialogo tra pari e con gli insegnanti, immessi in situazioni concrete e familiari,
gli allievi elaborano e producono nuovi significati dei linguaggi, con il controllo della parola (chiedere e ottenere il diritto di parola, descrivere verbalmente
emozioni, stati d'animo, interrogare, rispondere…), del disegno e della scrittura, dello spostamento e dell’orientamento, della voce.
Per quanto riguarda l'attività linguistica si distinguono quattro ambiti: la
lettura, la scrittura, la lingua parlata e la riflessione linguistica; si parla di “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”. C'è
una particolare attenzione alla contestualizzazione, alla valorizzazione della
narrazione, e della scrittura di testi intesa non tanto come dettatura, ma come
produzione e ideazione di testi. La differenza tra la lingua parlata e la lingua

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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua

scritta è fondamentale; si può avvicinare il bambino a quest’ultima già nella
scuola dell’infanzia con il racconto, l’invenzione, la dettatura dei testi (nel
momento in cui il bambino detta alla maestra, che svolge il ruolo di “scriba”,
si rende conto che non è la stessa cosa dettare o raccontare una storia, che ci
sono regole diverse, ecc.).
L'acquisizione del linguaggio scritto è un processo di ricostruzione attiva,
che si sviluppa come ogni altro processo cognitivo attraverso operazioni plurimodali, non necessariamente e immediatamente legate agli aspetti fonetici,
ai grafemi del segno scritto. Ad esempio, il bambino per un certo periodo pensa che la parola scritta debba in qualche modo richiamare qualche caratteristica dell'oggetto (parola trasparente) e solo in un secondo tempo si accorge della
corrispondenza tra suono e segno, in quanto aspetto specifico della produzione linguistica che mette in stretta connessione il linguaggio scritto con quello
verbale.
Tra la lingua parlata e la lingua scritta vi è una grande differenza: la prima è
un fenomeno naturale, mentre la seconda ha bisogno di un insegnamento specifico. La lingua parlata richiede una simbolizzazione di primo livello, cioè la
parola parlata rimanda direttamente all'oggetto che denomina; la lingua scritta
richiede un doppio livello di simbolizzazione, perché rimanda alla parola detta
e poi all'oggetto, perciò è effettivamente un percorso complesso. Le diverse
competenze che i bambini dimostrano nelle scritture spontanee, di cui ci ha
parlato Franca Rossi, ci aiutano a capire a quale livello di concettualizzazione
della lingua scritta sono giunti.
Esistono due grandi sistemi di scrittura, quello ideografico e quello fonetico: nel primo, che è quello della scrittura cinese, il vocabolo è rappresentato da
un segno unico e estraneo al suono (dal segno si va direttamente all'insieme
del vocabolo); il nostro sistema è invece alfabetico-fonetico ed è più articolato,
nel senso che viene riprodotta la sequenza dei suoni che si succedono nel vocabolo. La scrittura fonologica rappresenta con un segno ciascun elemento
della catena sonora, si va dal segno al suono, al fonema, alla catena dei fonemi,
alla parola, al concetto che la parola rappresenta: il percorso che deve compiere il bambino nell’apprendimento è piuttosto complesso e va pertanto sostenuto dando stimoli motivazionali adeguati.
È fondamentale riportare l'attenzione sul bambino che pensa, che impara,
che produce, anziché occuparsi di funzioni parziali ancor più complesse e restituire al bambino le valenze cognitive e motivazionali connesse con il leggere
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

e con lo scrivere, in quanto prerequisiti per l'acquisizione di linguaggio e di
nuova conoscenza, e la titolarità del processo di apprendimento, che troppo
spesso gli viene negata e attribuita solo quando il metodo d’insegnamento non
funziona o vengono a galla i problemi.
Tradizionalmente nella scuola l'acquisizione della lettura segue questo modello: parole scritte, sonorizzazione, significato, cioè segno - suono - significato, e conseguentemente la lettura viene intesa come oralizzazione dello scritto
e poi accesso al significato.
Prima di tutto il bambino deve capire la funzione del linguaggio scritto, più
che le regole di combinazione delle lettere (si vedano su questi aspetti i lavori
di Pontecorvo e Monighetti).
Questo non significa trascurare l’acquisizione del codice nel suo aspetto
tecnico che naturalmente deve avvenire in modo preciso e puntuale, ma adeguatamente contestualizzato.
Proprio in riferimento a un aspetto più propriamente “tecnico”
dell’acquisizione della lingua scritta vorrei richiamare l’attenzione sugli studi e
ricerche che hanno focalizzato l’attenzione sul ruolo della “consapevolezza fonologica” come abilità importante e strettamente implicata in questo tipo di
apprendimento. Monighetti dedica ampio spazio a questi aspetti e così anche
Stella. Giuliana Pinto nel suo testo “Dalla lingua orale al linguaggio scritto”
definisce la consapevolezza fonologica “la capacità di identificare le componenti fonologiche di una lingua e di saperle intenzionalmente modificare”, vale a dire che di fronte al grafema, alla singola lettera, bisogna saper individuare
la corrispondente immagine acustica: cioè al di là del suono (che può variare
nei diversi accenti dialettali) si deve cogliere il fonema (la rappresentazione
mentale di quel suono) sapendolo individuare e collocare nella catena sonora
della parola.
Nella consapevolezza fonologica i bambini progrediscono via via che sono
introdotti all’alfabetizzazione; fin dalla scuola dell’infanzia “giochi fonologici”
(si vedano esempi in Monighetti, Stella, Pinto) proposti nelle forme opportune possono facilitare la crescita di questo tipo di consapevolezza rendendo più
agevole il percorso di acquisizione della lingua scritta (che appunto presuppone in parte e potenzia tale consapevolezza nel bambino).
Anche su questo aspetto come sugli altri prima presi in esame è più che
mai importante una conoscenza condivisa e una programmazione comune fra

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PARTE PRIMA
Il curricolo di lingua

insegnanti di scuola dell’infanzia e di scuola elementare per garantire una continuità a vantaggio del bambino.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

I disturbi dell'apprendimento
di Livia Bonoli

Le difficoltà scolastiche colpiscono il 15% della popolazione scolastica (2-3
bambini per classe), ma bisogna fare una netta distinzione tra i disturbi specifici dell'apprendimento (5-7%) e le difficoltà aspecifiche dell'apprendimento
(10%).
Il termine DSA (disturbi specifici dell'apprendimento) si riferisce a difficoltà specifiche di lettura (dislessia), di scrittura (disortografia e disgrafia) e di
calcolo (discalculia).
Le difficoltà di apprendimento possono essere dovute a deficit neurofunzionali e dell'organizzazione neuropsicologica (in questi casi si potrebbe parlare di DSA), oppure a problematiche ambientali (relazionali, emotive o svantaggi culturali). Una volta individuate le cause, si formula la prognosi e, quindi, si può intervenire con una azione mirata e specifica sul processo deficitario
e collegata anche alla possibilità di modificare l'ambiente.
I bambini con DSA, oltre che avere problemi nella lettura, nella scrittura e
nel calcolo, possono presentare difficoltà nel riportare l'ordine dei mesi dell'anno e delle stagioni, nel definire la distanza tra le località geografiche, nella
lettura dell'orologio e così via. Possono aggiungersi anche altri disagi, come
conseguenze (e non cause!!) del disturbo: facile distraibilità, tempi brevi di attenzione, impulsività, irritabilità, irrequietezza, aggressività sia verso i compagni che verso gli insegnanti, pigrizia, insofferenza, svogliatezza, depressione,
grande senso di frustrazione ed un effetto negativo sul livello dell'autostima. Si
è notato che le reazioni comportamentali si differenziano nei maschi rispetto
alle femmine: i bambini reagiscono più con l'aggressività, le bambine tendono
a isolarsi da una parte della classe e per questo motivo vengono definite dimenticate. Infine vi è una diversa incidenza maschi/femmine, che stanno in un
rapporto di 3 a 1. A questo punto bisogna distinguere le cause dagli effetti,
perché i disturbi specifici dell'apprendimento provocano queste diverse reazioni comportamentali ed è importante definire se il disturbo primario è un
disturbo specifico dell'apprendimento oppure se il disturbo primario è un di-

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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento

sturbo comportamentale: questo è fondamentale sempre per attivare un’appropriata attività di recupero.
Per quanto riguarda una definizione dei disturbi specifici dell'apprendimento ci troviamo in una vera e propria babele di significati. Questo dipende
sia dal fatto che gli specialisti che compiono le diagnosi fanno riferimento a
diversi orientamenti teorici, sia dal luogo e dal tempo in cui la diagnosi viene
fatta. Un altro problema deriva dalla difficoltà di delineare un profilo identico
per tutti i bambini che hanno questo disturbo (come abbiamo appena visto le
reazioni sono numerose e diversificate).
A grandi linee sono stati comunque individuati due principali orientamenti per la definizione dei DSA:
1. Orientamento descrittivo, a cui fanno capo la definizione dell'OMS
(Organizzazione mondiale della sanità) e quella del DSM IV (Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali, redatto dall'American
Psychiatric Association). Si tratta di un orientamento descrittivo perché vengono delineate le caratteristiche e i criteri di inclusione e di esclusione per il disturbo. Viene sottolineato, in linea generale, che si
tratta di bambini intelligenti, che hanno un quoziente intellettivo nella
norma, che non hanno disturbi sensoriali (quindi non si tratta di disturbi della vista), disturbi neurologici o disturbi comportamentali
(che, come abbiamo visto prima, non sono la causa, ma ne sono la
conseguenza). Si evidenziano inoltre la necessità di distinguere tra difficoltà scolastiche e disturbi dell'apprendimento e il fatto che spesso
dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia compaiono insieme.
• ICD 10 redatto dall'OMS sotto la voce “Disturbi evolutivi specifici
delle abilità scolastiche”: i disturbi specifici delle abilità scolastiche
comprendono gruppi di condizioni morbose che si manifestano
con specifiche e significative compromissioni dell'apprendimento
delle abilità scolastiche. Queste compromissioni dell'apprendimento non sono il risultato diretto di altre patologie (come il ritardo mentale, grossolani deficit neurologici, gravi problemi uditivi o visivi, disturbi emotivi), sebbene essi possono manifestarsi
contemporaneamente a tali ultime condizioni. Frequentemente i
disturbi in questione si presentano insieme ad altre sindromi cinetiche (come il disturbo evolutivo specifico della funzione motoria
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

o i disturbi evolutivi specifici dell'eloquio e del linguaggio). L'eziologia dei disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche non è
nota, ma si suppone che vi sia un intervento significativo di fattori
biologici, i quali interagiscono con fattori non biologici (come le
opportunità di apprendimento e la qualità dell'insegnamento)
producendo le manifestazioni.
• DSM IV redatto dall'American Psychiatric Association, criteri diagnostici per f 81.0 disturbo della lettura (315.00):
A. Il livello raggiunto nella lettura, come misurato da test standardizzati somministrati individualmente sulla precisione o
sulla comprensione della lettura, è sostanzialmente al di sotto
di quanto previsto in base all'età cronologica del soggetto, alla
valutazione psicometrica dell'intelligenza e a un'istruzione adeguata all'età.
B. L'anomalia descritta al punto A interferisce in modo significativo con l'apprendimento scolastico o con le attività della vita
quotidiana che richiedono capacità di lettura.
C. Se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà di lettura vanno
al di là di quelle di solito associate con esso.
Nota per la codificazione: se è presente una condizione medica generale
(per es., neurologica) o un deficit sensoriale, codificare la condizione sull'Asse
III.
2. Orientamento cognitivo, che ricerca nel funzionamento mentale le
radici dei DSA.
Il modello più diffuso e accreditato è quello “dell'automatizzazione”
adottato dalla commissione superiore del Ministero della Sanità del
governo olandese. Si ha dislessia quando l'automatizzazione nell'identificazione della parola nella lettura e/o nella scrittura non si sviluppa o
si sviluppa parzialmente. Un processo automatico è rapido e accurato,
richiede minime risorse attentive e produce l'impressione di svolgersi
senza il controllo diretto e volontario del soggetto. Un esempio di processo che diventa automatico è la guida dell'automobile: alle prime esperienze di guida dobbiamo pensare a quello che stiamo facendo, poniamo una grande attenzione a tutti i nostri movimenti (ad es., quan-

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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento

do dobbiamo curvare pensiamo al fatto che bisogna mettere la freccia,
premere il pedale della frizione, cambiare e accelerare). Tutto questo
con grande dispendio di energia e di risorse, tanto che non possiamo
compiere altri processi contemporaneamente (ad es., è difficile mantenere la conversazione con il nostro compagno di viaggio oppure ascoltare la radio); man mano che le guide procedono il processo diventa automatico e richiede minore attenzione, di conseguenza possiamo svolgere altri compiti in parallelo. Così è la lettura dei bambini.
Quando i bambini, che non riescono ad automatizzare il processo di
lettura, si trovano di fronte a una parola, è come se la vedessero sempre per la prima volta, per cui devono procedere tramite una lettura
lettera per lettera. Questo spiega anche perché quando il bambino legge un testo, riesce a leggere correttamente le prime righe e successivamente la sua prestazione decade: il bambino consuma tutte la sua energia nelle prime righe, nelle prime parole, dopodiché le sue risorse si
esauriscono e non riesce più a leggere in modo esatto.
Questi sono i due principali orientamenti di ricerca. Per una corretta definizione dei disturbi specifici dell'apprendimento bisogna quindi valutare il livello intellettivo, escludere disturbi sensoriali e neurologici.
I DSA sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico
del bambino e sono trasmissibili geneticamente: come si possono trasmettere
il colore degli occhi, dei capelli e la statura, purtroppo si possono trasmettere
anche certe disfunzioni, come la tendenza all'obesità, il piattismo del piede e,
appunto, i disturbi specifici dell' apprendimento. L'ipotesi che vi sia una base
biologica nella trasmissione è avvalorata dalla scoperta della diversa incidenza
del disturbo nei maschi e nelle femmine (3:1); inoltre si è notata una notevole
familiarità: raccogliendo l'anamnesi dei bambini che giungono a consultazione
presso il Centro Regionale per le Disabilità Linguistiche e Cognitive di Bologna, è stato ricavato che il 60% di essi hanno parenti molto stretti come genitori, cugini o nonni che in passato hanno avuto o hanno attualmente un disturbo dell'apprendimento.
Sono state eseguite numerose ricerche volte ad analizzare la diversa incidenza nei maschi e nelle femmine. I risultati stabiliscono che i bambini con
disturbi specifici dell' apprendimento hanno un livello salivare di testosterone,
che è un ormone maschile, più elevato rispetto agli altri bambini. È stato fatto
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

anche un esperimento come controprova, da cui si è ricavato appunto che i
soggetti con disturbi a livello ormonale (quindi con un livello di testosterone
più elevato rispetto alla norma) hanno in percentuale maggiore un disturbo
specifico dell' apprendimento rispetto al gruppo di controllo costituito da soggetti senza questi squilibri ormonali.
Altri studi eseguiti sui gemelli confermano le basi biologiche dei DSA: i
gemelli monozigoti, che condividono lo stesso patrimonio genetico, soffrono
entrambi di disturbi specifici dell'apprendimento.
Così gli studi di citogenetica, volti a cercare il gene responsabile del disturbo, hanno trovato l' interessamento del cromosoma 6 o del cromosoma 15 nei
bambini con disturbi dell'apprendimento.
Altri studi riguardano gli aspetti anatomici. È stato trovato che quella zona
di corteccia cerebrale che si chiama planum temporale, nei soggetti senza disturbi di apprendimento è più sviluppata nello emisfero sinistro, mentre nei
soggetti con disturbi specifici dell' apprendimento è ugualmente disviluppata,
sia nell'emisfero sinistro, che nell' emisfero destro. Sono stati scoperti anche
difetti nei fenomeni di migrazione, cioè alcune popolazioni di neuroni durante lo sviluppo dell' embrione si sono organizzate in maniera impropria.
Per quanto riguarda gli aspetti neurofisiologici, facendo l' elettroencefalogramma a questi bambini con DSA, è stata notata una maggiore percentuale di
onde lente, cioè di onde delta nella zona occipitale, rispetto al gruppo di controllo. Si tratta di un disturbo di natura neurobiologica, non di una malattia,
di conseguenza non si guarisce; il miglioramento dipende anche dalla gravità
del disturbo: se si tratta di un bambino dislessico lieve, probabilmente da adulto avrà pochi problemi, se non, magari, quello di parlare in pubblico o di
leggere ad alta voce; se invece si tratta di un bambino con un disturbo di dislessia grave, probabilmente anche da adulto si trascinerà le medesime difficoltà (lettura più lenta rispetto ai coetanei e con alcuni errori).
Il fatto che vi sia una base biologica nella trasmissione dei DSA ha importanti conseguenze: innanzi tutto dimostra che non bisogna colpevolizzare nessuno. Non è colpa del bambino che non si impegna, non è colpa dei genitori
che magari non riescono a seguirlo e non è colpa degli insegnanti che non gli
hanno fornito sufficienti strumenti: si tratta di un disturbo di natura biologica.

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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento

Questo in sintesi quanto detto finora:

I DSA:
1. Si manifestano in soggetti normodotati, con normali capacità intellettive e sociali
2. Sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico
del soggetto
3. Non sono facilmente pronosticabili prima dell'età scolare
4. Accompagnano il soggetto nel corso dello sviluppo
5. Non sono “guaribili”, ma le conseguenze funzionali si modificano attraverso adeguate misure rieducative e didattiche
6. Spesso sono accompagnati da manifestazioni psicologiche e relazionali
disturbate (disturbi della condotta)
7. Spesso sono associati a disturbi dell'attenzione e dell'iperattività

Adesso parliamo dei DSA nello specifico.

DISLESSIA
La dislessia è una difficoltà di lettura; i bambini commettono numerosi errori, ma sono anche molto lenti rispetto a ciò che ci si dovrebbe aspettare in
base a un certo grado di istruzione e alla media delle prestazioni dei propri coetanei.
Bisogna distinguere tra dislessia evolutiva e dislessia acquisita. La prima,
quella di cui ho parlato fino adesso, è un disturbo settoriale della lettura che si
manifesta in un bambino privo di disturbi neurologici, cognitivi, sensoriali e
relazionali e nonostante il bambino abbia avuto normali opportunità scolastiche. Di solito il disturbo si accompagna a difficoltà nella scrittura e nei processi di lettoscrittura del numero e del calcolo. Viene normalmente definita sindrome dislessica evolutiva oppure disturbi specifici dell'apprendimento
(DSA). Il bambino nasce con tale disturbo. La dislessia acquisita, invece, si
presenta una volta che il bambino ha già imparato e leggere e può essere causata ad esempio da un trauma cranico o da una lesione celebrale. In questo ca-
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

so è più facile che il disturbo si presenti da solo (può esserci solo dislessia, solo
disgrafia o solo discalcolia).
Vi mostro la curva della distribuzione normale (la curva gaussiana, grafico
n. 1):

Grafico n. 1

I disturbi specifici dell'apprendimento rappresentano un'espressione della
variabilità individuale.
La maggior parte delle persone si trova vicino alla media. Certi bambini si
collocano intorno o sopra la media per quanto riguarda l'intelligenza, mentre
si trovano sotto la seconda deviazione standard per quanto riguarda la lettura:
hanno perciò una buona capacità intellettiva, ma una lettura lenta e stentata.
Questo è un campanello di allarme: un bambino intelligente, sveglio e capace
in tante abilità, ma che non riesce in piccole abilità specifiche, come la lettura,
il calcolo o la scrittura, potrebbe soffrire di DSA.
La diagnosi di dislessia si basa sui criteri di discrepanza tra efficienza cognitiva e linguistica, da un lato, e capacità di lettura, dall'altro. Per svolgere una
diagnosi, bisogna fare riferimento al protocollo clinico e quindi compiere una
serie di valutazioni:

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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento

•
•
•
•
•
•

Valutazione cognitiva
Valutazione del linguaggio sia espressivo che recettivo (per accertare
che le difficoltà di lettura non derivino da deficit linguistici)
Valutazione dell'efficienza della memoria a breve termine
Valutazione dei processi attentivi attraverso prove di processing visivo
Valutazione della lettura attraverso la somministrazione di prove di
decodifica di parole, di non parole, di un brano
Valutazione della comprensione del testo

I parametri da considerare sono la velocità di decodifica (espressa in numero di sillabe per secondo, SILL/SEC) e l'accuratezza (numero di errori); è importante anche valutare il tipo di errori, per adeguare una successiva
riabilitazione.
I protocolli di lettura sono diversi, a seconda dell'età del bambino, e sono
standardizzati. Il bambino deve leggere ad alta voce e più velocemente possibile le liste di parole. Quando i valori di velocità e/o di accuratezza sono al di
sotto della seconda deviazione standard dalla media prevista per la classe frequentata, oppure quando la velocità del soggetto è pari a valori medi per due
classi inferiori a quella da lui frequentata si può dire che il bambino soffre di
dislessia. Seguendo questo protocollo clinico, la diagnosi può essere fatta a
partire dalla seconda elementare. A partire dalla prima elementare esistono
degli indicatori che consentono di definire un indice di rischio basandosi sulla
capacità del bambino di apprendere la scrittura.
Per i bambini con maggiori difficoltà si usano protocolli scritti in stampatello maiuscolo o contenenti parole semplici. È importante somministrare la
lettura sia di parole che di non parole, per vedere dove il bambino compie i
maggiori errori e cercare quindi di capire il particolare tipo di disturbo di cui
soffre. Per la lettura di non parole il bambino deve utilizzare la via fonologica,
perché sono parole che non conosce e per poterle decifrare deve fare una scansione lettera per lettera. Per la lettura di parole utilizziamo la via lessicale.
Per quanto riguarda la lettura del brano si valuta il tempo di lettura (calcolato in deviazione standard) oppure si paragona la capacità di lettura a quella
di bambini di età inferiore.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Generalmente i bambini dislessici migliorano notevolmente nell'accuratezza e poco nella velocità; anche quest'ultima può aumentare, ma, se confrontata
a quella di ragazzi di pari età, è sempre inferiore.
Spesso la dislessia si accompagna ad altri disturbi specifici dell'
apprendimento, quali appunto disgrafia, disortografia e discalculia.

DISGRAFIA
Ogni scrittura indecifrabile, o comunque di difficile interpretazione, può
essere definita disgrafica. Si tratta di un disturbo correlato al linguaggio scritto
che riguarda le abilità esecutive della scrittura. Per definire disgrafica una scrittura che non è comprensibile né da chi ha scritto, né da chi legge, bisogna considerare alcuni parametri, quali il livello di istruzione e l'età, e si deve confrontare la scrittura stessa con quella di soggetti della medesima età. Altri parametri da considerare per la valutazione di una scrittura disgrafica sono la velocità
di scrittura, la pressione debole o eccessiva sul foglio, l'orientamento delle lettere sul foglio, la tendenza alla macro o alla micrografia, la ritoccatura del segno già tracciato, la direzionalità del segno, l' andamento del tracciato, la legatura delle parole e la distanza delle parole. Per una valutazione corretta della
disgrafia è fondamentale poter osservare il bambino in momenti, perché la sua
scrittura può risentire dei particolari stati emotivi (magari scrive in un momento in cui è teso, oppure scrive velocemente perché ha fretta). Con ragazzi
che hanno questa scrittura, questa grafia è stato accordato insieme all'insegnante di scrivere in stampato maiuscolo, perché comunque è il carattere più
semplice e nei casi di disgrafia grave è il carattere più consigliato, addirittura a
volte si suggerisce l'uso del PC, per poter scrivere correttamente.

DISORTOGRAFIA
La disortografia consiste nella difficoltà di applicazione delle regole ortografiche. Quando un bambino o un adulto commettono errori significativamente superiori, sia per numero che per caratteristiche, a quelli che ci si dovrebbe aspettare facendo riferimento all'età, alla cultura e al grado di istruzione ricevuto. Questa difficoltà non sono imputabili a handicap, né a condizioni

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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento

di svantaggio culturale o sociale, né a difficoltà emotive. Gli errori vengono
suddivisi in categorie:
1. Errori ortografici fonologici: difficoltà nell'identificare correttamente i suoni all'interno della parola, non è rispettato il rapporto tra
fonemi e grafemi.
• Scambio di grafema: sostituzione di vocale o consonante, o di
consonante in gruppo consonantico, o di sillaba (es. campagia/campania/canpagna/campaglia per campagna, magnioni
per maglioni, nestole per nespole, tiepita per tiepida).
• Omissione di vocale, consonante, sillaba (es. uscamo/usiamo
per usciamo, scarpe per sciarpe, stagone per stagione, ghiaccoli/giaccioli per ghiaccioli, fresce per fresche, cilege per ciliegie,
spledida per splendida, tipida per tiepida, squite per squisite).
• Aggiunta di vocale, consonante, sillaba (es. campagnia per
campagna, furuttivendolo per fruttivendolo, innindossiamo/inndossiamo per indossiamo, questra per questa, nella armadio per nell'armadio, ccappotti per cappotti, splenndida per
splendida).
• Inversione (es. stilavi per stivali, ni campagna per in campagna,
gioranta per giornata, capmagna per campagna, vertina per vetrina, csiarpe per sciarpe).
2. Errori ortografici non fonologici: sono tutti gli errori nella rappresentazione ortografica della parole in cui il livello fonologico è preservato. Questi errori riguardano i fonemi per i quali esiste più di un corrispondente ortografico. Il fonema è stato identificato correttamente,
ma è sbagliata la scelta del corrispondente ortografico fra quelli che lo
rappresentano.
• Scambio grafema omofono (es. quoio per cuoio, scuisite per
squisite, cuando per quando).
• Grafema incompleto (es. campana/campaga per campagna,
malioni/magloni per maglioni, maliette/maglette per magliette).
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

•

Grafema inesatto (es. gielati per gelati, leggieri per leggeri,
clgliege/ciglege per ciliegie, fraghole per fragole, cquoio per
cuoio).

3. Errori non fonologici di origine semantico-lessicale: sono errori
di rappresentazione ortografica in cui il livello fonologico è preservato. A differenza della precedente classe di errori, in questo caso, l'errata traduzione ortogrfica dipende da un cattivo o assente processamento semantico-lessicale. Il bambino non riesce ad accedere al suo magazzino lessicale di conoscenze. In genere si fanno scrivere ai bambini
liste di parole, di non parole e un dettato.
• Fusione illegale (es. laria per l'aria, dellanno per dell'anno, piubella per più bella).
• Segmentazione illegale (es. in dossiamo per indossiamo, frutti
vendolo per fruttivendolo).
• Fusione-segmentazione illegale (es. la ria per l'aria, del lanno
per dell'anno, nella rmadio per nell'armadio).
• Omissione o aggiunta di consonante H (es. o visto per ho visto,
dell'hanno per dell'anno).
• Omissione o aggiunta di accento (es. e per è, piu per più, citta è
per città, quèsta per questa).
• Omofoni non omografi (es. d'anno per danno, l'ago per lago).
4. Altri errori:
• Omissione o aggiunta di geminata (doppia) (plausibile) (es. legeri per leggeri, vettrina per vetrina, abiamo per abbiamo, indosiamo per indossiamo, abbiti per abiti).
• Omissione o aggiunta di parole (non ripetizioni) (es. ciliegie,
caramelle e fragole per ciliegie e fragole, alla sera è tiepida per
alla sera l'aria è tiepida).
• Omissione parte finale di parola (es. sembravan/sembrava per
sembravano, maglie per magliette, fruttivendo per fruttivendolo).
5. Disgrafia:
• Segno grafico incompleto o inesatto (es. sero per sera).

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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento

6. Lessicali:
• Sostituzione di parola
•

dello stesso campo semantico (es. fresca per tiepida, mele per

•

di altro campo semantico (es. i gusci per gli usci)
per vicinanza fonologica (es. tacchini per taccuini).

fragole)
•
•
•
•
•
•
•
•

Modificazione parola
per genere (es. bimbe per bimbi)
numero (es. dei per del)
tempo del verbo (es. era per è)
modo del verbo (es. trascinarli per trascinandoli)
persona del verbo (es. esco per usciamo, trasmettono per trasmette).
Ripetizione di parola (es. leggeri leggeri per leggeri, e indossiamo e magliette per e indossiamo magliette).

7. Errori lessicali di origine morfo-sintattica:
• Sostituzione di parola (es. all'anno per dell'anno, a fare per per
fare, di sera per alla sera).
8. Morfologici:
• Errori di accordo (es. i giri per un giro).
Oltre a un intervento riabilitativo personale, spesso è utile l'utilizzo del personal computer con la funzione del correttore ortografico, per cui il bambino,
vedendo la parola sottolineata, può provare a correggersi da solo, senza che
nessuno si sostituisca a lui.

DISCALCULIA
La discalculia riguarda le difficoltà nell'area matematica e, generalmente, è
associata a dislessia. Per diagnosticarla viene proposto un protocollo di numeri, che valuta la capacità di lettura e di scrittura di numeri, il conteggio in avanti e all'indietro, il calcolo scritto, le tabelline, il calcolo a mente.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

I bambini di solito commettono errori nel calcolo e nel conteggio all'indietro, perché non riescono a tenere a mente tanti numeri in sequenza, e a causa
delle loro difficoltà nel processo di automatizzazione e nella memoria a breve
termine. Difficilmente riescono ad apprendere le tabelline e di conseguenza
non riescono a compiere nemmeno le operazioni scritte. Quando un bambino
non è in grado di risolvere un problema, bisogna capire se non ha inteso la logica del problema o se non riesce a eseguire le operazioni. È significativa la differenza tra i bambini deboli cognitivi e i bambini dislessici: i primi presentano
difficoltà nel procedimento logico e non nelle procedure del calcolo, viceversa
i dislessici hanno difficoltà proprio nelle procedure del calcolo. Supporti utili
sono la tavola pitagorica e la calcolatrice, nel caso in cui, malgrado anni di insegnamento, il bambino non riesca ad apprendere le procedure del calcolo
scritto. Fornendo questi strumenti si facilita lo svolgimento delle operazioni e
dei problemi e si dà la possibilità al bambino di esprimere la propria intelligenza e capacità.

DIBATTITO
-

-

-

-

La dislessia pura si trova solo in dislessie acquisite. La percentuale di
disgrafici e di disortografici puri è bassissima, questi disturbi compaiono quasi sempre insieme alla dislessia (infatti si parla di sindrome dislettica, per raggruppare insieme i vari disturbi).
Un campanello d'allarme, che fa presumere la presenza di DSA, può
essere un disturbo pregresso del linguaggio, sia nell'esordio, che nello
sviluppo; un altro indicatore è la scrittura: se un bambino di prima elementare scrive una parola con una singola lettera, malgrado un insegnamento continuativo sul valore sonoro convenzionale delle lettere.
È importantissima una diagnosi precoce nel primo ciclo della scuola
elementare. Una volta individuati i disturbi, che siano di natura fonologica o metafonologica, va attivata una riabilitazione e si ottengono
dei notevoli miglioramenti (ma non una guarigione, perché si tratta di
disturbi a livello cerebrale).
I bambini dislessici mantengono a lungo lo stadio di scrittura preconvenzionale. Nel caso di bambini di terza, quarta o quinta elementare
che mostrano DSA, sarebbe interessante avere a disposizione la loro

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PARTE PRIMA
I disturbi dell’apprendimento

-

storia e le loro scritture spontanee e conoscere la metodologia di insegnamento, di approccio e di introduzione alla lingua scritta, per scoprire nuovi collegamenti; si tratterebbe di una ricerca longitudinale di 6 -7
anni, ma non è ancora stata compiuta. Di fronte a un bambino di prima elementare presillabico, che, nonostante il costante insegnamento,
la ricchezza della proposta e dell'ambiente, nel corso di un anno scolastico non migliora, è lecito porsi delle domande. In ogni caso è importante aiutarlo, seguirlo e osservare il suo andamento.
In Italia non esiste una certificazione specifica per bambini dislessici, è
una certificazione uguale a quella per gli altri bambini. Esiste un problema di etichetta: il bambino viene classificato come bambino certificato. Inoltre non è detto che l'insegnante di sostegno, non per colpa sua
ovviamente, non sia adeguatamente preparato per affrontare il problema della dislessia. Noi consigliamo la certificazione solo quando la
forma di dislessia è molto grave, se invece è lieve sono preferibili altri
tipi di interventi.
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
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Lucangeli D. (1995), La psicologia dell'apprendimento matematico, Ed. UTET Libreria, Torino
Luisi A., Ruggerini C. (1997), Dislessia e disagio pedagogico. Un approccio interdisciplinare per la diagnosi e l'aiuto, Ed. T.E.M.I., Bologna
Martini A. (1991), I disturbi dell'apprendimento della lettura e della scrittura, Ed. Del
Cerro
Pontecorvo C., Ajello, Zucchermaglio C. (1981), Discutendo s'impara, Nuova Italia
Scientifica
Sartori G. (1984), La lettura. Processi normali e dislessia, Ed. Il Mulino, Bologna
Sabbadini G. (1995), Manuale di Neuropsicologia dell'età evolutiva, Ed. Zanichelli
Stella G. (1996), La dislessia: aspetti clinici, psicologici e riabilitativi, Ed. F. Angeli,
Milano
Stella G., Pippo J. (1992) Apprendere a leggere e a scrivere, Guida La Lettura Ed. Signum Scuola

55
IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA

Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere
e a scrivere prima di scrivere
di Mara Degasperi

Trascorreremo insieme tre ore di attività, spero produttive e piacevoli. Per
questo pomeriggio ho previsto assaggi, brevi anticipazioni di ciò che faremo in
maniera più completa e strutturata negli incontri di laboratorio.
Prima mi sembra però utile una breve introduzione che fondi l’attività futura e faccia intravedere le finalità importanti del percorso complessivo. Per
brevità, procederò servendomi di alcune parole chiave.
La prima di esse è contesto.
Il contesto giusto, cioè lo sfondo, organizzativo e relazionale, che connette
e dà senso alle attività con i bambini, è una condizione delicata e decisiva. Che
non va lasciata al caso, se si vuole intraprendere con i bambini un percorso nel
quale inserire in maniera naturale e non forzata delle situazioni funzionali di
apprendimento e di crescita.
Nella quotidianità della scuola si presentano continuamente situazioni che
è necessario risolvere. E sono proprio i piccoli problemi che scandiscono la
quotidianità a offrire le opportunità più significative per creare un contesto
ricco e attento ai bisogni. Giocare, mangiare, stare insieme, spostarsi, comunicare con le persone della scuola e con i genitori, raccontare. Sono bisogni fondamentali dei bambini. Possono diventare anche occasioni per avvicinare al
codice scritto, se lettura e scrittura vengono promosse ad attività che in qualche modo danno risposta a quei bisogni. Non avrebbe senso avvicinare i bambini al codice in altro modo, e cioè al di fuori del contesto in cui le giornate si
muovono.
La scuola è il primo luogo in cui si incontra la lingua in situazioni intenzionali, che proprio per questo presuppongono da parte del gruppo docente
l’assunzione di un modello di conoscenza.
Che cosa fonderà il modello di conoscenza? E come si realizzerà? Il come è
altrettanto importante del cosa.
La modalità di avvicinamento al codice è la seconda parola chiave.

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  • 1. PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Servizio Scuola Materna Il bambino e la lingua scritta Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere Materiale di documentazione del percorso di formazione congiunta rivolto a docenti delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate e delle scuole elementari della provincia di Trento Anno scolastico 2001 – 2002 A cura di Maria Luisa Pollam con la collaborazione di Chiara Vegher e Anna Angelini Provincia Autonoma di Trento IPRASE del Trentino
  • 2. © 2003 by Provincia Autonoma di Trento – IPRASE del Trentino Tutti i diritti riservati Prima pubblicazione novembre 2003 Composizione & Grafica: TELESMA – Milano – Italia Stampa: ROTOOFFSET PAGANELLA s.n.c. - Trento Il bambino e la lingua scritta Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere p. 211; cm 24 ISBN 88 –86602-74-X
  • 3. INDICE Prefazione 5 Parte prima QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO Presentazione Maria Luisa Pollam 11 Il bambino e i processi di acquisizione della Lingua Scritta Franca Rossi 17 Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere Mara Degasperi 21 Il curricolo di lingua Paola Calliari 27 I disturbi dell’apprendimento Livia Bonoli 41 Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere Mara Degasperi 57 I testi funzionali Patrizia Bortolotti 63 Franca Rossi 73 Parte seconda LE ATTIVITÀ NEL LABORATORIO 1. Attività per scoprire che cosa sanno i bambini della lingua scritta Che cosa sanno i bambini della lingua scritta? Attività progettate nel laboratorio e realizzate con i bambini 76
  • 4. 2. Attività per avvicinare i bambini alla lingua scritta Gli aspetti fonologici della lingua Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi 93 Rilevare le incongruenze semantiche nel contesto di una storia Franca Rossi 102 La produzione di testi scritti nella scuola dell’infanzia Franca Rossi 113 La complessità del ruolo dell’insegnante nell’organizzare e gestire un’attività Franca Rossi 126 Lavorare con le storie nel laboratorio Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi 133 Lavorare sulle storie con le sequenze di immagini Franca Rossi 140 La conoscenza e la libertà nel laboratorio Mara Degasperi 149 Punti di attenzione Patrizia Bortolotti 155 Il punto di vista dei docenti Maria Luisa Pollam 167 Riflessioni sui lavori dei laboratori Franca Rossi 173 Franca Rossi 183 Patrizia Bortolotti 195 Parte terza RIFLESSIONI FINALI Le radici e le ali Parte quarta LA DOCUMENTAZIONE La documentazione delle attività di lingua Appendice CONTRIBUTI Quale approccio alla lettura prima di leggere e alla scrittura prima di scrivere Bibliografia 209
  • 5. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Prefazione Il gruppo tecnico “Continuità materna-elementare” istituito dall’Iprase nel 1993, costituito da rappresentanti della componente sia docente sia direttiva delle scuole dell’infanzia provinciali ed equiparate, della scuola elementare e della sovrintendenza, ha avuto fin dalla sua nascita come obiettivo principale quello di individuare modalità e strumenti per favorire il raccordo tra i due ordini di scuola. Tra le varie iniziative avviate per sostenere e facilitare tale raccordo, vi è anche l’attivazione di percorsi di formazione congiunta, così come previsto dalla delibera N. 13057 del 20.11.98 in cui la Giunta provinciale emana le direttive per la realizzazione della continuità e adotta lo strumento per il passaggio delle informazioni tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare. Si ritiene infatti che la formazione congiunta, così come altre azioni - passaggio di informazioni, visite, momenti informativi e di scambio di materiali, progetti ponte, confronto metodologico e didattico, gestione di spazi comuni, costruzione di strumenti per l’osservazione e la valutazione, commissioni di lavoro - ciascuna delle quali tanto più efficace quanto più inserita in un piano articolato e condiviso di proposte, crei le condizioni per la continuità. La formazione, infatti, prima ancora che per i contenuti di volta in volta toccati, è importante in quanto offre spazi di confronto e discussione rispetto 1 a modalità di relazione con il/la bambino/a , stili di insegnamento e di apprendimento, organizzazione degli spazi e dei tempi della didattica, strategie comunicative, attenzioni pedagogiche e così via al fine di condividere un’ipotesi educativa e un metodo di lavoro coerente in continuità. Il bambino che passa da un contesto all’altro ha diritto a una continuità di metodi, strategie, attenzioni, criteri di valutazione dei risultati, modalità di gestione dell’errore, e ha diritto anche a veder riconosciuta una sua storia, a non 1 D’ora in poi il termine “bambino” verrà utilizzato in questa duplice accezione. 5
  • 6. PREFAZIONE 6 ripartire ogni volta da zero: su questi elementi è importante che le/gli inse2 gnanti delle due scuole si confrontino e riflettano se si vuole garantire a quel bambino un percorso unitario e senza fratture che si sviluppi secondo una logica di progressività, essenzialità e continuità, con una specifica attenzione alle connessioni e ai raccordi. Per dare risposta a questo tipo di bisogno e di attenzione, l’Iprase, in collaborazione con il Servizio Scuola Materna della P.A.T. e la Federazione provinciale delle Scuole materne, ha attivato, nell’anno scolastico 2001/2002, due percorsi di formazione mirati alla realizzazione della continuità educativa, il primo più centrato su una continuità pedagogica, l’altro più su una continuità curricolare; è stato inoltre attivato un laboratorio – “Il laboratorio dell’arte” in collaborazione con il MART - mirato al confronto su contenuti, metodi, strategie per affrontare il tema dei linguaggi e dei significati dell’arte. Nello specifico questi i due percorsi di formazione attivati: 1. “Il bambino tra didattica intenzionale e didattica indiretta”, un percorso mirato all’individuazione e ricerca di pratiche operative coerenti che tengano conto e valorizzino l’intero percorso formativo del bambino; 2. “Il bambino e la lingua scritta: un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere”, un percorso interattivo centrato sull’analisi ed approfondimento dei processi di concettualizzazione della lingua scritta in età prescolare. I tre soggetti promotori intendono, con una serie di volumi, mettere a disposizione dei docenti la documentazione di questi e di eventuali altri percorsi. Si tratta di materiali che hanno il duplice scopo: di dare una restituzione del lavoro svolto a quelli che hanno partecipato all’esperienza, di sollecitare anche in altri una riflessione sulle tematiche affrontate e sulla possibilità di avviare percorsi analoghi nel segno della continuità. Per questo motivo, accanto alla presentazione delle attività svolte e che costituisce di fatto la memoria di quanto accaduto, sono stati recuperati contri2 D’ora in poi “gli insegnanti” verrà utilizzato per indicare sia la componente femminile sia quella maschile del corpo docente.
  • 7. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA buti utili a dare le ragioni e il senso delle scelte effettuate e, soprattutto, sono stati ricavati elementi di tipo metodologico che si prestano a una generalizzazione e che come tali si ritiene possano essere utilizzabili anche in altri contesti e da parte di altri soggetti. Il gruppo di progettazione si augura che il racconto ad altri di un’esperienza che per i docenti coinvolti è stata significativa possa attivare quel confronto e scambio di idee e prospettive che la documentazione rende possibile, facendo sì che un materiale - patrimonio di alcuni - diventi per altri strumento di lavoro e generatore di nuove esperienze. Composizione del gruppo tecnico “Continuità materna-elementare”3 Roberto Fanini Maria Luisa Pollam Clara De Boni Dirigente scolastico - rappresentante della scuola elementare responsabile del progetto Insegnante in utilizzo, rappresentante dell’Iprase e coordinatrice del progetto O.P.P. - rappresentante della scuola elementare Laura Bampi Funzionario – settore gruppo di studio - rappresentante della Sovrintendenza Antonella Giurato Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia provinciale Coordinatore pedagogico - rappresentante della scuola dell’infanzia provinciale Giuseppe Pesenti Riccarda Simoni Chiara Vegher Silvia Cavalloro Lorenza Ferrai Lara Gobbi Danila Moranduzzo 3 Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia provinciale Insegnante di scuola elementare in utilizzo presso il Servizio Scuola Materna sul progetto continuità Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia equiparata Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia equiparata Coordinatrice pedagogica - rappresentante della scuola dell’infanzia equiparata Insegnante scuola dell’infanzia - rappresentante della scuola dell’infanzia equiparata Dalla sua costituzione ad oggi il Gruppo tecnico ha subito modifiche nella sua composizione. 7
  • 8.
  • 9. PARTE PRIMA QUADRO TEORICO DI RIFERIMENTO
  • 10.
  • 11. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Presentazione di Maria Luisa Pollam Ogni insegnante è consapevole del fatto che il bambino quando arriva a scuola ha già un suo bagaglio di esperienze e di conoscenze, sa già tante cose; non è altrettanto scontato che nel progettare le attività l’insegnante riesca a tenerne conto veramente e che conoscere quello che il bambino sa incida sulle sue scelte metodologiche. Che cosa può voler dire concretamente tener conto di quello che il bambino già sa e da lì partire? Che cosa può significare nella pratica un percorso coerente e continuo dal punto di vista metodologico? Il percorso di formazione “Il bambino e la lingua scritta: un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere”, che si è svolto nell’anno scolastico 2001-2002, ha inteso dare risposta proprio a questi interrogativi, partendo da un ambito in cui più che in altri c’è una tendenza a partire da zero e a non tener conto del fatto che il bambino, immerso com’è in un mondo ricco di parole, messaggi, produzioni scritte, ha iniziato un percorso di riflessione e avvicinamento al codice scritto molto prima di arrivare alla scuola elementare. Si tratta di un processo di acquisizione del codice che, come gli studi compiuti in questo campo da Ferreiro e Teberosky prima, da altri studiosi italiani poi, hanno messo in luce, si sviluppa attraverso tappe ben precise, ma che non avvengono per tutti i bambini nello stesso momento. Bambini della stessa età, in base anche alla loro esposizione alla lingua scritta, possono trovarsi a livelli diversi di concettualizzazione, livelli che è utile che l’insegnante conosca per potersi inserire consapevolmente, utilizzando strumenti e strategie adeguate, con l’obiettivo ovviamente non di anticipare, ma di favorire tale processo attraverso la creazione di un ambiente stimolante e l’attivazione di proposte che tengano conto di quella eterogeneità cognitiva che i bambini di una classe esprimono. L’articolazione del corso prevede per questo momenti informativi di approfondimento e sviluppo di questi temi e di confronto tra i gruppi, alternati a momenti di laboratorio finalizzati alla individuazione di contesti 11
  • 12. 12 PARTE PRIMA Presentazione significativi di apprendimento ed uso della lingua da attivare nelle due scuole nel segno della continuità. Due i gruppi formati su base territoriale: docenti delle scuole dell’infanzia ed elementari di Trento e dintorni il primo; docenti delle scuole dell’infanzia ed elementari di Arco e Riva del Garda il secondo. In questo volume viene presentata la documentazione del percorso e del lavoro svolto dai due gruppi che si sono incontrati con cadenza mensile da settembre 2001 a maggio 2002. Nella parte introduttiva sono raccolti alcuni contributi utili a costruire quella cornice teorica entro cui inserire le proposte operative fatte nei laboratori. Nella parte centrale sono raccolte le esperienze fatte nelle diverse scuole a partire dalle sollecitazioni iniziali e organizzate in due sezioni: 1. le attività proposte per scoprire che cosa i bambini sanno rispetto alla lingua scritta; 2. le attività che ha senso fare per avvicinare il bambino alla lingua scritta, sia quelle più di routine, sia quelle già conosciute ma proposte in altro modo, sia infine quelle più nuove. Per entrare nello specifico di tali proposte, tre sostanzialmente gli ambiti sui quali i due gruppi hanno lavorato nei laboratori: l’aspetto fonologico, la produzione di testi scritti, il lavoro con le storie. Di tutta la documentazione raccolta durante il percorso è stato necessario fare una selezione; e non è stata cosa facile, data la ricchezza di materiali che i docenti, che voglio qui ringraziare, hanno messo a disposizione del gruppo e dell’Iprase. Per ogni ambito esplorato sono stati inseriti soltanto alcuni esempi ritenuti utili a far comprendere la complessità e la potenzialità nello stesso tempo della proposta. Nella parte finale, la rilettura dell’esperienza di laboratorio proposta da Patrizia Bortolotti e Mara Degasperi e la riflessione sui lavori da parte di Franca Rossi aiutano a ricostruire il percorso e a ritrovarne il senso. Si è voluto inoltre dedicare uno spazio specifico alla documentazione, così da fornire alcune indicazioni su come si documenta un’attività di lingua, che
  • 13. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA cosa si documenta, per chi, con quale scopo e, soprattutto, su come fare per ricostruire il processo e non soltanto restituire un prodotto. L’augurio è che tali materiali possano prima di tutto aiutare i docenti coinvolti a mantenere traccia dell’esperienza per molti aspetti innovativa che essi hanno fatto e a continuare su una strada di ricerca; in secondo luogo sollecitare anche in altri una riflessione su che cosa significhi creare contesti educativi coerenti capaci di porsi in continuità e complementarità con le esperienze che il bambino ha già fatto. Scheda di presentazione del corso “IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA” Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere Corso di formazione per insegnanti delle scuole dell’infanzia ed elementari promosso da I.P.R.A.S.E. del Trentino, Servizio Scuola Materna della P.A.T. e Federazione Provinciale Scuole Materne, Trento. Problema specifico individuato Tutta la complessa problematica inerente alla nuova definizione del sistema scolastico impone una riflessione sia sul curricolo, sia su che cosa significhi creare contesti educativi coerenti e capaci di porsi in continuità e complementarità con le esperienze che il bambino ha già fatto. Di qui la proposta di un percorso di formazione che, partendo da un approfondimento su quelli che sono i processi di acquisizione della lingua scritta, si sviluppi attraverso la ricerca di contesti significativi di apprendimento ed uso della lingua. Percorso di formazione La proposta prevede una giornata seminariale iniziale in cui affrontare il tema dell’approccio del bambino alla lingua e delle competenze da costruire. A partire da questi input iniziali verrà attivato un laboratorio in cui gruppi misti di insegnanti lavoreranno alla progettazione di esperienze significative di incontro con la lingua negli anni ponte. 13
  • 14. 14 PARTE PRIMA Presentazione Programma della giornata seminariale iniziale: 09.30 – 10.30 Il bambino e i processi di acquisizione della lingua scritta, Franca Rossi 10.30 – 11.30 I disturbi dell’apprendimento, Livia Bonoli 11.30 – 12.30 Il curricolo di lingua negli anni ponte, Paola Calliari e Mara Degasperi Esperienze significative di incontro con la lingua, Patrizia BorPomeriggio tolotti e Mara Degasperi Progettare in laboratorio, Paola Calliari e Mara Degasperi Mattino Seguiranno 6 incontri laboratoriali di 2h e 30’ ciascuno per un totale di 15 ore in date da concordare con il gruppo. Alla fine del percorso è previsto un incontro di 3 ore per la verifica e valutazione finali. Sede del corso: Liceo classico “G. Prati” per la giornata iniziale Direttore del corso: Maria Luisa Pollam Èquipe di formazione: Livia Bonoli, psicologa, Bologna, Paola Calliari, docente di pedagogia, Liceo Psicosociopedagogico, Trento, Franca Rossi, Facoltà di Psicologia – Università La Sapienza, Roma, responsabile di sezione di “Infanzia e lingua scritta” - www.infantiae.org, Mara Degasperi, insegnante in pensione, formatrice Iprase, conduttrice di laboratorio, Patrizia Bortolotti, insegnante di scuola elementare, formatrice Iprase, conduttrice di laboratorio. Referenti per il gruppo tecnico: Clara De Boni, Lara Gobbi, Chiara Vegher. Composizione dei gruppi Gruppo n. 1: Riva del Garda Conduttrice: Patrizia Bortolotti Elenco docenti Bones Caterina Lorenzi Lorenza Pedroni Lina Rosà Manuela Zampiccoli Milena Veronesi Sandra Dapor Mariangela Miorelli Teresa Petrolati Lorella Rosà Lidia Rosà Paola Sartori Franca Tipo di scuola Scuola dell’infanzia equiparata Nome della scuola Circolo di Riva Bolognano Riva Giardino
  • 15. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Brighenti Carmen Marcocini Nicoletta Salvo Rosalba Maria Secchi Mariagrazia Angeli Maria Chisté Maria Teresa Bertamini Lorenza Zanfei Serena Gabrielli Silvana Patuzzi Daniela Borelli Silvia Varone Cavedine Scuola elementare I.C. Arco I.C. Riva I I.C. Riva II Gruppo n. 2: Pergine Conduttrice: Mara Degasperi Elenco docenti Martini Maria Grazia Vitale Maria Grazia D’Alpaos Daniela Fedel Rosella Dal Col Lorena Ioriatti Rita Corradini Marilena Lorenzi Riccarda Nordio Marialina Panizza Carmela Ravanelli Miriam Vigliotti Maria Zeni Anita Bortot Alberta Mattarei Bruna Cristelloni Bruna Dallapiccola Rosanna Missaglia Beatrice Dematté Antonella Filippi Coralba Pellegrini Elisabetta Tipo di scuola Scuola dell’infanzia provinciale Nome della scuola Rizzolaga Miola Baselga Scuola dell’infanzia equiparata Trento Pedrotti Pergine Scuola elementare Faver I.C. Trento 3 I.C. Altopiano di Piné I.C. Pergine 1 I.C. Cembra 15
  • 16.
  • 17. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Il bambino e i processi di acquisizione della Lingua Scritta di Franca Rossi Lo scopo del mio intervento è quello di condividere alcune riflessioni sulle modalità di apprendimento del codice della lingua scritta, in che modo il bambino che non sa scrivere scopre e si appropria delle regole di funzionamento del nostro sistema di scrittura. Tradizionalmente l’apprendimento della scrittura nel contesto scolastico ha segnato la divisione di “compiti” tra la scuola dell’infanzia e la scuola elementare; mentre alla prima si è chiesto di sostenere lo sviluppo dell’oralità, alla seconda si è chiesto soprattutto di garantire l’apprendimento della lettura e della scrittura. Tale separazione, oggi per fortuna non più così netta, a volte ha dato luogo a equivoci; infatti la scuola dell’infanzia quando si è occupata dell’insegnamento/apprendimento del codice scritto lo ha fatto ponendo attenzione soprattutto ai prerequisiti di carattere percettivo. Si pensi a tutte quelle attività proposte che hanno l’obiettivo di sviluppare la coordinazione oculo-manuale o le abilità di discriminazione visivo-uditiva. Si tratta sì di aspetti importanti che vanno considerati in un progetto di educazione linguistica, ma che, alla luce delle ricerche condotte negli ultimi venti anni da Emilia Ferreiro e Ana Teberosky, hanno acquisito un ruolo di secondo piano per lasciare posto a fattori di tipo più cognitivo. Le due studiose hanno analizzato le scritture spontanee di bambini tra i tre e i sei anni, con un livello socioculturale basso. L’analisi delle scritture spontanee, prodotte autonomamente dai bambini, ha fornito informazioni preziose che hanno contribuito a cambiare il nostro modo di intendere il percorso di apprendimento che un bambino compie per arrivare alla scrittura convenzionale. Ogni bambino, anche se non sa scrivere in modo convenzionale, ha delle conoscenze sul codice, molto prima che la scuola inizi l’insegnamento formale. 17
  • 18. 18 PARTE PRIMA Il bambino e i processi di acquisizione della Lingua Scritta Le idee che i bambini si costruiscono autonomamente a proposito del codice sono molto interessanti, sono idee dotate di una forte coerenza, basate su ipotesi e ragionamenti rigorosi che hanno una importante implicazione educativa. È fondamentale, quindi, creare le condizioni, mettere in grado i bambini di esprimere queste idee avendo, però, uno strumento di osservazione che colga le loro ipotesi e che sia efficace per differenDisegno n. 1 ziare la “lettura” adulta delle scritture spontanee. L’ipotesi Ferreiro e Teberosky era che le scritture spontanee non fossero un prodotto casuale, ma il prodotto di ipotesi e regole ben precise che i bambini stanno utilizzando. Essi infatti si chiedono “che cosa rappresenta la scrittura? Come lo rappresenta?”. Le diverse risposte che un bambino elabora a queste due domande caratterizzano i diversi livelli di concettualizzazione della lingua scritta. Come riconoscere i diversi livelli di concettualizzazione sulla lingua scritta? Raccogliendo e incrociando due informazioni: a) b) le scritte spontanee dei bambini; le modalità di lettura delle scritte stesse. Il primo livello è quello presillabico, comprende scritture con modalità diverse tutte caratterizzate dal fatto che la quantità di segni grafici utilizzati non ha alcuna relazione con la quantità dei suoni della parola. Sono scritture presillabiche anche quelle nelle quali i bambini utilizzano uno pseudocorsivo, come fa Ester, disegno n.1, nella scrittura della parola BAMBINA. Disegno n. 2
  • 19. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Per Alfonso, disegno n. 2, la scrittura di parole diverse va differenziata, infatti utilizza una lettera diversa per ogni nome. In altri casi i bambini utilizzano il criterio della variazione interna, come fa Daniele, disegno n. 3, che ricorre alla strategia di utilizzare lo stesso repertorio di lettere che vengono combinate in modo diverso in ogni nome da scrivere. Nel passaggio al livello di Disegno n. 3 concettualizzazione ulteriore, quello sillabico, il bambino cerca di rendere nella scrittura la lunghezza sonora della parola, cercando una corrispondenza tra lettere (grafemi) e suoni, in questo caso le sillabe. Come nell’esempio di Luca, disegno n. 4, che all’inizio per scrivere la parola CAPRA utilizza sei grafemi (TCLAEU), quando rilegge gli avanzano dei segni e chiede di correggere e scrive TLC ma, nella rilettura gli avanzano ancora una lettera e allora nella terza scritta (TCLA) ne aggiunge una. La consapevolezza sillabica si consolida in questo modo fino ad arrivare a una scrittura in cui si controlla il numero di sillabe. A volte la scrittura sillabica è convenzionale sulle vocali come nell’esempio che segue: Scrittura A E Lettura pa ne Disegno n. 4 19
  • 20. 20 PARTE PRIMA Il bambino e i processi di acquisizione della Lingua Scritta Interessante è l’esempio di Matteo un bambino che a dicembre, quando ha 3 anni e 8 mesi scrive AA e legge in modo sillabico ca-sa, mostrando un livello di concettualizzazione sillabico. Cinque mesi dopo utilizza con maggiore sicurezza la sua ipotesi sillabica tanto che si permette di non essere convenzionale pur di risolvere il problema che parole diverse (casa e fata) non possono essere scritte in modo uguale, infatti per scrivere fata prima traccia una A, poi mi guarda e mi dice “un’altra A?”, gli rispondo “fai tu” e lui “sii, FATA e CASA uguale!?” e per scrivere fata traccia AC e legge fa-ta. Nel passaggio al livello sillabicoalfabetico i bambini cominciano a utilizzare lettere che stanno per fonemi, alternando una lettura sillabica con una fonetica come nel caso di Simone (disegno n. 5). Disegno n. 5 L’ultimo livello di concettualizzazione è quello alfabetico nel quale i bambini concettualizzano che nella scrittura si scrivono i suoni delle parole, ovvero i fonemi. Anche se non si tratta di scritture convenzionali il bambino ha ormai capito la regola sulla quale si basa l’uso del nostro sistema di scrittura, ovvero un segno per ogni suono. È solo da un livello di concettualizzazione di questo tipo che si può iniziare con l’insegnamento/apprendimento delle lettere convenzionali, dell’alfabeto. Prima di iniziare qualsiasi approccio al codice, infatti, risulta essenziale porsi il problema di rendere visibili i livelli di concettualizzazione raggiunti dal bambino. Negli incontri di laboratorio che voi avrete, le vostre conduttrici avranno appunto il compito di fornire indicazioni e strumenti per questo tipo di verifica.
  • 21. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere di Mara Degasperi Il titolo rende bene il senso e il contenuto del mio intervento. Io approfondirò infatti in modo più concreto e operativo il problema dell’approccio alla lingua scritta, soffermandomi in quell’area delicata e per certi versi decisiva in cui intenzionalmente la scuola – dell’infanzia ed elementare – si propone di avvicinare i bambini alla forma comunicativa che utilizza come mezzo il codice scritto, in maniera organizzata e con interventi strutturati mirati allo scopo, immettendo nelle situazioni della vita quotidiana occasioni nuove, in cui le attività di scrittura e lettura sono vissute come necessarie, funzionali al gioco, alla soluzione di problemi, alla vita di relazione …. Il momento è delicato e decisivo, perché fonda gli atteggiamenti successivi nei confronti di tutto ciò che ha a che fare con la parola scritta: inizialmente, è fondamentale procedere senza anticipazioni, che mortificherebbero il lavorio mentale di scoperta e di costruzione. È molto più produttivo valorizzare le conoscenze che i bambini già posseggono e le teorie sulla lingua che hanno elaborato dall’esperienza; è altresì importante approntare un ambiente di stimoli linguistici ricco e diversificato, che affondi nel mondo fertile delle relazioni, dell’ascolto e del racconto di sé, facendo percepire la lingua come un’ulteriore, ricca possibilità di esplorazione della realtà, di crescita e di scambio. Le proposte che verranno fatte in laboratorio, come le osservazioni, saranno forse diverse - almeno in un primo momento - da quelle che forse qualcuno potrebbe aspettarsi; infatti non si parlerà mai di attività che si pongono direttamente come obiettivo primo l’accesso al codice, cioè l’apprendimento delle lettere, della scrittura strumentale e della lettura/decifrazione come conquiste a sé stanti. Anche se codice e avvicinamento al codice fanno parte ormai sia di quanto la scuola dell’infanzia può fare, ma per altre vie come vedremo, sia del percorso iniziale del primo anno della scuola elementare, con alcuni distinguo e attenzioni di cui parlerò in seguito. L’argomento in discussione, che costituisce anche il problema da risolvere, è che la competenza di lettura e scrittura va ben oltre il saper leggere e il saper 21
  • 22. 22 PARTE PRIMA Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere scrivere inteso come acquisizione corretta del codice. Anzi, può portare a spiacevoli sorprese separare, distinguere anche temporalmente i due aspetti dell’accesso al codice (significante) e della comunicazione di significati, e cedere all’impulso di affrettare il primo, per poter poi agevolmente utilizzarlo come strumento di espressione, oppure, come pensava una certa didattica tradizionale, per semplificare le cose ai bambini. Se infatti nella scuola, dalle elementari in su, sono rari i bambini e i ragazzi che non acquisiscono nel tempo gli strumenti della lettura e della scrittura, sono purtroppo molto più numerosi gli alunni che del codice non sanno che farsene: di fronte a un foglio bianco, a un libro, non si accende il corto circuito della curiosità intellettuale o la voglia di addentrarsi in storie che forse li riguardano o la sfida a misurarsi con i propri pensieri o il proprio immaginario. Forse perché non lo sanno fare ….. perché non si sono costruiti le abilità per poterlo fare. Perché codice e senso hanno subito esperienze precoci di separatezza, di esistenza autonoma. In questo senso, ritornando al tema della relazione, è possibile per i bambini leggere prima di leggere, scrivere prima di scrivere, se gli insegnanti a questa espressione fanno corrispondere un contesto organizzativo ricco e denso in cui i bambini siano portati a sviluppare con naturalezza, assieme alle abilità specifiche disciplinari, altre abilità/bisogni inscindibili come l’ideazione, il riferirsi alle proprie esperienze ed emozioni, la pianificazione, l’ipotizzare e l’inferire, il saper selezionare parole e strutture per adeguare la comunicazione a scopi e destinatari, il sapersi decentrare dal contesto dialogico della situazione reale. A tale proposito, mi sembra indicativo sintetizzare il “modo” giusto di progettare l’azione didattica con le parole di una bambina di quinta: “A me piace fare le cose quando hanno un segreto e un cuore”. Ho letto in questa espressione le due indicazioni di fondo, sostanziali, della didattica cognitiva: i bambini (ma per gli adulti le cose non vanno diversamente) apprendono in situazioni problematiche (perché hanno un “segreto” da scoprire) e in condizioni ritenute significative, per i contenuti, per le possibilità di relazione (la motivazione sociale/affettiva, il “cuore”). Parafrasando Francesco Tonucci, che è sempre decisamente dalla parte dei bambini, se volessi condensare in uno slogan il percorso di acquisizione della lingua, utilizzerei la frase: “Bambini si nasce, “scrittori” si diventa”; mi sembra il titolo di un programma insieme ottimista e impegnativo, perché consegna alla scuola la possibilità, a certe condizioni, di emancipare tutti gli alunni
  • 23. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA dall’analfabetismo rispetto alla competenza di saper far uso della lingua a seconda delle proprie esigenze. Per concludere: Codice e senso vanno tenuti uniti: sono però il senso, i significati, le situazioni che rendono necessario il ricorso al codice: i bambini apprendono a scrivere e leggere per la troppa curiosità di sapere cosa dice una cartolina a loro indirizzata, per la voglia di comunicare qualcosa a una compagna ammalata, per il piacere di leggersi da soli le storie, o di leggerle ai fratellini, per preparare una festa dove la parola scritta fa parte del copione …. Non è che la scuola dell’infanzia debba cambiare molto le proprie offerte: giochi di finzione, di imitazione, lettura di storie, raccontarsi, momenti della quotidianità, disegno, visione di cartoni animati, manipolazione e costruzione di oggetti …. va tutto bene, la scuola dell’infanzia ha assorbito la necessità di organizzare la giornata secondo i bisogni dei bambini; l’importante è che tutte queste cose usuali siano ri-proposte con una regia consapevole e lungimirante, e strutturate in modo da sviluppare più potenzialità. Comprese abilità che stanno alla base della lettura e della scrittura. La scuola elementare sta già rivedendo certi suoi modi troppo “scolastici” e troppo precocemente mirati agli apprendimenti strumentali: soprattutto nel primo periodo, credo che lo scambio di competenze e di atteggiamenti fra insegnanti dei due livelli in un’ottica di un’unica “scuola di base”, possa sortire trasformazioni e soluzioni efficaci e orientate sia alla continuità che alla necessaria dis-continuità, nel rispetto dei bambini che, nella crescita e nel giusto desiderio/bisogno di nuovo e di sempre più complesso, hanno anche necessità di permanenze e stabilità. 23
  • 24. 24 PARTE PRIMA Scrivere prima di scrivere, leggere prima di leggere Attività possibili Ascoltare i bambini, accogliere i loro punti di vista Le teorie sulla lingua A cosa serve leggere? A cosa serve scrivere? Conoscenze sull’uso della lingua: soluzione di situazioni problematiche in cui la risposta del bambino indica il grado di consapevolezza circa l’uso funzionale della scrittura. Cosa è per leggere? I criteri di leggibilità secondo i bambini. Avvicinamento al codice Uso funzionale, come consuetudine, della scrittura: il cartellino del proprio NOME da prendere ogni mattina, la data, cartelli sugli angoli strutturati (non inutili, devono ricordare una decisione, una scadenza, un’abitudine …) cartello degli assenti, menù, osservazioni sul tempo … senza forzare, senza entrare nell’analisi, accettando ragionamenti che si confrontano con quelli dei compagni e si ripetono (evolvendosi) nel tempo … sensibilità fonologica: • attività diffusa, pervasiva (ad esempio: i giochi fonologici come scherzetti quotidiani: Apri la torta! O nonsense: Abri la norta!) • giochi fonologici mirati, cioè strutturati in modo da focalizzare gli aspetti fondamentali della consapevolezza fonologica. L’oralità e l’emancipazione dall’oralità Giochi di finzione: cosa fai? Mi racconti? Verbalizzazione, disegno e racconto da parte dei bambini/scrittura dell’insegnante sotto dettatura (motivazione, decentramento). La narrazione: C’era una volta …. (emancipazione dal contesto). Le storie: l’insegnante che aiuta a saldare i “foglietti sparsi” delle esperienze. Ti ricordi: (connettori di spazio e tempo/relazioni causa effetto/logiche narrative: scopi, rapporti fra persone … piani … macrostrutture narrative).
  • 25. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Attività specifiche, mirate Scrittura Lettura di immagini problematiche. “Testo narrativo”. Invenzioni di storie storie di disegni. Corrispondenza. Testi funzionali: avvisi, ricette, sequenze di gioco, liste immaginarie, percorsi.. Lettura Lettura dell’insegnante tipologia di libri variata (quotidianità, immaginazione, imprevisti, come è fatto il mondo, gli script, le relazioni, grammatica dei sentimenti: la gelosia, la rabbia, l’amicizia, la paura ……..). Lettura per finta da parte dei bambini. Rilettura di storie, esperienze, scatole di fiabe di cui l’aula conserva memoria artelli che compaiono all’improvviso o che cambiano di posto. Lettura anticipativa di significati (gioco del negozio, le scatole, corrispondenza, cartelli stradali …..). 25
  • 26.
  • 27. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Il curricolo di lingua di Paola Calliari Considerato che mi rivolgo a insegnanti sia della scuola dell’infanzia che della scuola elementare, inizio il mio intervento con un breve riferimento ai programmi dei due diversi gradi di scuola. Credo sia importante sottolineare quanto viene indicato già nella normativa a proposito della continuità nell'apprendimento della lingua: si tratta di saper cogliere questo aspetto, di valorizzarlo e, soprattutto, di attuarlo. In un secondo momento vorrei parlare dei presupposti teorici. Conosciamo bene gli studi di psicolinguistica e sappiamo che il nostro grande maestro rimane sempre Piaget, ma segnalerò alcune rivisitazioni che, negli ultimi decenni, sono state apportate alle teorie piagetiane, anche con qualche accento critico (come è giusto che sia, d'altra parte, perché una teoria non è mai perfetta e in sé conclusa) al fine di mostrare come questo discorso dell'approccio alla lingua scritta vada inserito in un contesto più ampio, di approccio alla formazione complessiva del bambino, che deve tener conto appunto del suo processo di sviluppo globale. Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, nella nostra Provincia, abbiamo sia gli Orientamenti nazionali che quelli provinciali. Gli Orientamenti nazionali sono suddivisi in quattro parti: 1. La prima parte di carattere introduttivo INFANZIA, SOCIETÀ, EDUCAZIONE considera le trasformazioni sociali in atto, la condizione dell'infanzia e della famiglia (consideriamo che sono già di 10 anni fa), i diritti dei bambini e gli ambienti educativi in cui vive. 2. La seconda parte IL BAMBINO E LA SUA SCUOLA mette in evidenza le finalità fondamentali della scuola dell’infanzia, che sono la maturazione dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo della competenza. 3. La terza parte fornisce indicazioni curricolari sui CAMPI DI ESPERIENZA EDUCATIVA, proprio perché l'approccio nella scuola dell’infanzia (ma questo verrà poi sottolineato anche per il I biennio 27
  • 28. 28 PARTE PRIMA Il curricolo di lingua della scuola elementare) non deve essere assolutamente disciplinare, ma legato alla realtà concretamente vissuta. Il bambino si trova in uno stato di crescita globale, perciò i vari aspetti non possono essere settorializzati; è comunque importante incominciare a individuare dei campi, che vengono denominati “il corpo e il movimento”, “lo spazio, l'ordine e la misura”, “le cose, il tempo, la natura”, “messaggi, forme e media”, “il sé e l'altro” e “i discorsi e le parole”, quest’ultimo ci interessa particolarmente in questa sede. 4. L’ ultima parte tratta gli aspetti didattici e organizzativi. Negli Orientamenti provinciali vengono individuati tre grandi ambiti: LA COMUNICAZIONE, L’AZIONE E LA CONOSCENZA, IL PENSIERO E LA REALTÀ. L’ambito relativo alla comunicazione esamina: l’educazione ai linguaggi verbali, l’educazione ai linguaggi del suono e della musica, l’educazione ai linguaggi del corpo, l’educazione ai linguaggi visivi, grafico-pittorici, l’educazione ai linguaggi audiovisivi e multimediali. In entrambi i testi (nazionali e provinciali) è richiamata l'esigenza di porre attenzione alla storia precedente del bambino. “Al suo ingresso nella scuola dell’infanzia il bambino ha già una sua storia personale, che lo ha condotto a possedere un complesso patrimonio di atteggiamenti, di capacità ed orientamenti. Egli appare un soggetto attivo, curioso, interessato a conoscere, a capire, capace di interagire con gli altri e di servirsi della loro mediazione per conoscere e modificare la realtà” (dagli Orientamenti nazionali). Si sottolinea molto la necessità di passare dall'azione al simbolo “Lo svilup- po cognitivo partendo da una base percettiva, motoria e manipolativa, si articola progressivamente in direzioni sempre più simboliche e concettuali”. Nella scuola dell’infanzia, nel primo ciclo delle elementari, ma anche nelle classi successive non dobbiamo mai dimenticare che l'intelligenza è figlia dell'azione, come affermava Piaget. Vorrei ora richiamare velocemente il documento che era stato preparato per la riforma dei cicli scolastici. Anche se la riforma non è stata approvata, credo che alcuni aspetti sottolineati nel testo siano sicuramente condivisibili e degni di attenzione. Anche qui viene ribadita l'esigenza di favorire la continuità in questa fase delicata dello sviluppo, l'opportunità di considerare questo percorso formativo come qualcosa di unitario, che deve avere una sua pro-
  • 29. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA gressione. Infatti nel documento, dove si parla del curricolo della scuola dell’infanzia, si riprende e si avvalora pienamente quanto era già stato affermato negli Orientamenti nazionali. Si legge: “…seguendo il cammino tracciato dagli Orientamenti del 1991, il curricolo della scuola dell’infanzia si pone essenzialmente come ricerca integrata dei criteri, dei contenuti e dei modi per organizzare la conquista di conoscenza da parte delle bambine e dei bambini” e poi prosegue “bisogna interpretare in modo progressivo, processuale, organico e coerente le correlazioni esistenti tra i modi di apprendere del soggetto in crescita, le strategie e i contenuti della conoscenza postulata dai diversi campi disciplinari e le competenze specifiche”. Riprende ancora il discorso dei campi di esperienza, sottolineandone la validità dal punto di vista psicopedagogico e didattico ribadendo che i traguardi formativi per i bambini dai 3 ai 6 anni all'interno dei singoli campi di esperienza, devono essere considerati la mappa del percorso formativo da promuovere nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola di base. È necessario tenere sempre sullo stesso livello il piano affettivo, sociale, intellettivo, che non possono essere divisi, perché sono aspetti interconnessi e diventa un compito specifico della scuola tener presente l’unitarietà dello sviluppo. Questa impostazione esclude che gli obiettivi formativi della scuola dell’infanzia vengano espressi in termini di contenuti di apprendimento, aree o aspetti del sapere che vanno trasmessi, “essi vanno invece concepiti ed e- spressi nella forma di atteggiamenti e capacità che si vogliono sollecitare, promuovere e affinare”. Questo punto è rilevante e ripreso da più parti nel documento; si tratta di promuovere atteggiamenti e non ancora di trasmettere saperi, di capire quello che c'è nella mente del bambino, prima di proporgli delle conoscenze e questo vale anche a proposito dell'apprendimento della lingua scritta come viene ben sottolineato nell’intervento della dottoressa Rossi. Ancora: “la crescita della soggettività del bambino, il suo divenire sociale, le capacità intellettuali, quali la rappresentazione, il pensiero, la risoluzione di problemi, hanno luogo secondo un processo che non può essere promosso per compartimenti stagni, ma proponendo situazioni di esperienza che coinvolgono emotivamente bambini e bambine, che sollecitino la loro mente, che li spingano a immaginare e a riflettere, che li invitino a socializzare, condividendo con gli altri i frutti delle loro elaborazioni”. La modalità didattica di organizzare dei piccoli gruppi in cui i bambini si possano confrontare in un contesto di operatività sociale è ampiamente sollecitata in questo documento. 29
  • 30. 30 PARTE PRIMA Il curricolo di lingua I tre traguardi di sviluppo indicati dagli orientamenti, che sono “la maturazione dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo delle competenze” vanno ripensati come frutto di un percorso nel quale a ogni bambina e bambino si offrono situazioni significative di esperienza scelte in modo opportuno. A tutti deve essere data la possibilità di esprimere la propria soggettività e, progressivamente, di governarla così da sviluppare la maturazione della propria identità, di interagire, comunicare con gli altri in maniera sempre più efficace, rafforzando così la conquista dell'autonomia e lo sviluppo delle abilità sensoriali, percettive, motorie, linguistiche e intellettive che si impegnano nelle prime forme di riorganizzazione dell'esperienza. Riguardo alle competenze e ai traguardi, vengono sottolineati soprattutto tre aspetti: 1. la capacità di esprimere e dare forma al mondo interno attraverso un linguaggio simbolico, evocativo di realtà immaginarie: questo “è un primo aspetto irrinunciabile dello sviluppo del bambino dai 3 ai 6 anni. Tale capacità si esprime nel gioco del far finta, nel disegno, nella narrazione, nella costruzione di realtà immaginarie e opera anche nella elaborazione di ipotesi e delle prime teorie sul mondo”. 2. “Deve essere data la capacità di esprimersi verbalmente per sollecitare le reazioni altrui, ma anche per condividere con altri emozioni, pensieri, ricordi per renderli partecipi della propria esperienza, per creare mondi immaginari, per collegare concetti e conoscenze. È una competenza fondamentale che va acquisita e affinata nella scuola dell’infanzia, in quanto costituisce uno strumento essenziale di acquisizione di un senso del sé in relazione all'altro da sé e di interazione sociale”. 3. Un'altra capacità fondamentale è quella di saper “tener conto del punto di vista dell'altro, nell'azione e nella comunicazione e costituisce un terzo aspetto irrinunciabile dello sviluppo, alla base di qualsiasi forma di interazione sociale”. Prima ho parlato di alcune rivisitazioni anche critiche alle teorie piagetiane e una di queste è riferita alla teoria dell'egocentrismo. Alcuni studi effettuati da post piagetiani affermano che il bambino è in grado, molto prima di quanto ipotizzato da Piaget, di tener conto del punto di vista dell'altro, se la situazione
  • 31. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA in cui si trova è ricca dal lato affettivo, emotivo e motivazionale. È perciò da rivedere l'elemento contestuale in cui le attività sono inserite. Il contesto in cui si propone una attività è infatti fondamentale anche per l'esito stesso della attività. Ritengo importante riprendere il documento sopra citato e sottolineare che il curricolo deve essere “flessibile e contestualizzato”; deve essere “libero da ri- gidità disciplinari, esso non si risolve in una scansione predeterminata di obiettivi e contenuti settorializzati, definiti e confezionati astrattamente, vale a dire a prescindere dai vissuti e dalle esperienze, dall'identità personale e culturale di ogni bambino e dalle specifiche condizioni ambientali. Al centro del progetto educativo della scuola dell’infanzia vi sono quindi gli alfabeti del vivere, del pensare, del comunicare, del riflettere insieme, dell'esprimersi, del rappresentare tramite i diversi linguaggi della cultura. Nella scuola di base, e nei primi due anni in particolare, si tratta di porsi in continuità con un curricolo che muove dal contesto sensoriale e percettivo, in cui il bambino esplora ed agisce a contatto diretto con gli oggetti, con i materiali e con le persone”. “La scuola di base” - questo è rivolto soprattutto agli insegnanti che accolgono i bambini provenienti dalla scuola dell’infanzia - “deve muovere dalla consapevolezza che nel ciclo precedente il contesto educativo ha già promosso nei bambini un primo momento di riorganizzazione delle esperienze tramite la ricontestualizzazione dei vissuti, la creazione di condizioni che hanno favorito l'evoluzione delle esperienze spontaneamente prodotte dai bambini in esperienze culturali, favorendo dunque un progressivo passaggio dall'esperienza diretta verso la sua rappresentazione, dal contesto al testo, dall'uso diretto dei linguaggi della cultura verso la comprensione dell'esistenza e di codici formalizzati. In tale ottica porsi in continuità nella costruzione degli itinerari curricolari, significa riuscire a non separare le diverse dimensioni dello sviluppo, a sollecitare percorsi che non siano rivolti esclusivamente ora al settore cognitivo ora alla sfera socio-affettiva, ma considerati parallelamente. Lo sviluppo dell'intelligenza è un processo che si alimenta con l'affettività e la passione del conoscere, nelle situazioni di scambio, di relazione con l'altro, nella condivisione di significati affettivi, simbolici e culturali da attribuire alle esperienze”. Penso che queste indicazioni siano del tutto condivisibili. Pertanto si può affermare che nei documenti programmatici ufficiali o meno vengono sottolineati aspetti fondamentali che vanno raccolti e realizzati. Particolarmente significativo l’invito a tener conto della continuità dello sviluppo come processo 31
  • 32. 32 PARTE PRIMA Il curricolo di lingua globale, del ruolo importante del contesto e della necessità di partire da esprienze concretamente vissute dai bambini. I riferimenti teorici sono gli studi psicolinguistici, il grande maestro rimane Piaget, ma di recente sono state individuate altre possibili modalità di lettura del suo pensiero riguardante il percorso cognitivo compiuto dal bambino. Una di queste nuove teorie parla di onde evolutive, anziché di stadi evolutivi, togliendo forse quella rigidità che qualcuno ha letto negli studi di Piaget, dove sembrava che passato uno stadio, venisse quasi dimenticata e annullata tutta l'esperienza precedente. Mi riferisco a Gardner, conosciuto soprattutto per il suo testo “Forma mentis”, secondo cui esistono diverse forme di intelligenza. Tradizionalmente si considerava intelligenza quella misurabile con il QI classico, cioè quella scolastica (linguistica, logica e matematica). Oggi non tutti la pensano così e Gardner è tra questi. Attento alla pluralità delle manifestazioni dei bambini, Gardner ipotizza l'esistenza di altre forme di intelligenza (non solo nei bambini chiaramente, ma anche negli adulti) e il compito dell'insegnante, che ha la preoccupazione educativa, è quello di farle emergere tutte, di farle fiorire. È un compito certamente non facile, però è fondamentale che l'insegnante abbia la consapevolezza che un bambino, che ad esempio ha dei problemi a livello di concettualizzazione logica, può aver altre risorse. È importante avere sempre un atteggiamento di apertura, di fiducia, di positività, anche laddove ci sono dei limiti: in fondo è questo il compito dell'educatore, vedere sempre le risorse in positivo e aiutare a superare le difficoltà, dove possibile. L'ipotesi di Gardner è interessante proprio per questo, perché apre questa possibilità. Lui parla, oltre che di intelligenza linguistica e logico-matematica, anche di intelligenza musicale, spaziale, corporeo-cinestetica, interpersonale (ad esempio, alcuni bambini manifestano precocemente la capacità di avere attenzione per l'altro, di preoccuparsi per lui, di ascoltarlo, e hanno la capacità di porsi in relazione positiva con l'altro), intrapersonale (cioè la capacità, che forse è quella più difficile anche per gli adulti, di conoscere se stessi e di saper analizzare la propria interiorità). Gardner apre delle nuove prospettive. Sintetizzo ora le cosiddette onde evolutive di cui parla Howard Gardner. L'immagine dell'onda dà l'idea di qualcosa che può andare avanti, ma che può anche recedere e contaminare altri ambiti di conoscenza, dà un senso di fluidità; e così è per il bambino, che può avere dei progressi in un certo ambito, regredire in un altro e poi ritornarci sopra, c'è flessibilità.
  • 33. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Il passaggio che il bambino compie dall'azione al simbolo avviene per gradi successivi. • La prima onda di simbolizzazione, quella di STRUTTURAZIONE DEGLI EVENTI E DEI RUOLI, ha luogo quando il bambino, tra i 18 mesi e i due anni, diventa capace di esprimere in simboli la propria consapevolezza del fatto che ci sono degli eventi che implicano degli agenti, delle azioni, degli oggetti e hanno delle conseguenze. Qui si situa l'origine della capacità simbolica, che prende forma nel linguaggio e nel gioco simbolico, nell'imitazione differita nel tempo di attività che il bambino ha visto fare e che non sono più presenti ai suoi occhi. Il bambino a questo punto è già capace di pensiero rappresentativo. • La seconda onda di simbolizzazione è quella di RILEVAMENTO TOPOLOGICO. Attorno ai tre anni il bambino diventa capace di riprodurre le relazioni spaziali di dimensione e di forma di un referente del mondo reale. • La terza onda è quella di RILEVAMENTO DIGITALE. Gardner mette l'accento sul fatto che a quattro anni di età i bambini sviluppano un particolare interesse a contare: sanno contare esplicitamente un insieme di oggetti, vogliono contare tutto… Questo confermerebbe un'ipotesi montessoriana, secondo la quale il bambino passa dalla “mente assorbente” (in cui fondamentale è il ruolo del contesto educativo, che viene appunto “assorbito” dal bambino) alla “mente matematica” come una naturale predisposizione e un interesse specifico verso gli elementi quantitativi della realtà. • La quarta onda è definita di SECONDO LIVELLO e si riferisce anche all'acquisizione della lingua scritta. Intorno all'età che va da 5, 6, 7 anni, i bambini si sentono attratti verso una simbolizzazione che Gardner chiama “notazionale”. Dovendo fare un gioco o rappresentare una sequenza, essi ricorrono da soli e istintivamente a qualche schema che li aiuti a ricordare o codificare le informazioni necessarie per sapere come devono procedere e quale ordine seguire. Magari si servono del disegno, cioè spontaneamente arrivano a utilizzare sistemi di tipo notazionale. 33
  • 34. 34 PARTE PRIMA Il curricolo di lingua Secondo Gardner l'impulso a creare un sistema simbolico di secondo livello (quello di primo livello è la lingua parlata) rappresenta una profonda inclinazione dell'uomo che è destinata a emergere naturalmente ed è influenzata dalla maggiore o minore frequenza di sistemi simbolici di segnatura della cultura di appartenenza. Rispetto al percorso di concettualizzazione della lingua scritta, è interessante vedere come esso avvenga in bambini inseriti in culture altamente alfabetizzate, dove sono costantemente a contatto con i libri, e in bambini provenienti da ambienti poveri da questo punto di vista. Le ricerche svolte da Ferreiro e Teberosky evidenziano delle costanti in tale concettualizzazione che starebbero a indicare come in parte sia influenzata dagli stimoli offerti dall'ambiente, ma in parte emerga spontaneamente con aspetti costanti in culture diverse. Se tali onde rappresentano alcuni dei modi principali con cui gli esseri umani costruiscono i significati, esse possono avere importanti implicazioni educative: i curricoli devono tenerne conto e, in qualche modo, organizzarsi in base ad esse e presentare le loro proposte in forme che mettano in risalto: • le strutture - eventi (ecco qui il ruolo fondamentale della narrazione, che presenta le situazioni proprio con una loro struttura e in forma di evento); • le mappe topologiche (rapporti dimensione/spazio/tempo); • le mappe digitali (aspetti quantitativi); • le forme simboliche di secondo livello (le segnature che si riferiscono ad altre forme di conoscenza). Il linguaggio si rivela cruciale nella categorizzazione degli oggetti, eventi ed entità del mondo. Innanzi tutto il bambino utilizza ed attribuisce dei nomi e questa capacità di assegnazione rivela che è ormai in grado di categorizzare i comuni oggetti del mondo. In secondo luogo, l’uso dei copioni o script rivela da parte del bambino la capacità di determinare importanti sequenze familiari di eventi nel suo mondo di appartenenza. Un copione implica l’identificazione e l’ordinata collocazione delle caratteristiche associate a un evento particolare: è la sequenza di azioni che bisogna compiere in occasioni determinate e ricorrenti, (ad esempio, quando andiamo al cinema o al supermercato eseguiamo sempre lo stesso tipo di azioni e nello stesso ordine) con una sequenza che diventa costante (anche
  • 35. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA se ognuno di noi sperimenta in maniera diversa queste esperienze e di conseguenza costruisce script particolari e solo suoi, alcuni elementi rimangono costanti). Già a 14 mesi il bambino incomincia a riconoscere e a utilizzare gli script, che all'inizio riguardano attività ricorrenti, come quelle del vestirsi e del mangiare. Ben presto questi copioni diventano un tutt'uno con l'attività linguistica, aiutano il bambino a concettualizzare e a riferire le vicende della propria vita e fungono anche da avviamento alla narrazione e alla comprensione delle storie. La mente di un bambino di 5 anni è già piena zeppa di utili copioni, molti dei quali vengono utilizzati per lungo tempo e possono rimanere strutturati più o meno sempre nello stesso modo. La resistenza degli script è dimostrata anche dal fatto che sopravvivono ai danni cerebrali. La conoscenza e l'utilizzo dei copioni emergono prestissimo e in modo naturale; si manifestano inizialmente nelle sequenze simboliche dei giochi di finzione. Cominciano a comparire in quella fase cruciale di passaggio dall'intelligenza sensomotoria all'intelligenza rappresentativa, in cui il bambino va oltre la capacità di saper cogliere solo direttamente il mondo dell'esperienza e diventa capace di immaginare, di rappresentarsi anche ciò che non è presente ai suoi sensi. La capacità rappresentativa consiste proprio nel fatto che il bambino sa vedere con la mente uno stato di cose diverso da quello che coglie con i sensi. Questa capacità emerge anche nei diversi livelli di concettualizzazione della lingua scritta. Vi è un ultimo elemento che si ricollega all'importanza di tener conto della storia e delle conoscenze precedenti del bambino. Il bambino, all'età di 5, 6, 7 anni, ha già sviluppato robuste percezioni delle tre sfere che costituiscono la realtà. Ha costruito una teoria della materia, degli oggetti fisici del mondo, una teoria della vita e una teoria della mente. Il bambino si interroga, si pone delle domande intorno al senso degli oggetti reali, alla loro origine, formula delle prime ipotesi ed elabora delle teorie (ad esempio: l’animismo e l’artificialismo di cui parla Piaget). Queste teorie non si possono certamente definire scientifiche, ma sono comunque insiemi di credenze e di ragionamenti organizzati, coerenti e generativi, che vengono utilizzati dai bambini anche per giustificare le loro prime scritture. Le teorie emergenti dei bambini vengono utilizzate in modo regolare e generativo, cioè da un'ipotesi di partenza ne derivano successivamente delle altre e ciò significa che i bambini sanno trarre coerentemente le loro inferenze. 35
  • 36. 36 PARTE PRIMA Il curricolo di lingua Quando inizia la scolarizzazione formale, si tende purtroppo a ignorare tali teorie, ma queste non si dissolvono facilmente e rimangono come potenti mezzi di conoscenza. Le teorie costruite riguardano anche il significato e il funzionamento della scrittura come dimostrano le ricerche già citate di Ferreiro e Teberosky. In riferimento all'insegnamento della lingua scritta, non ha senso proporre al bambino solo un lavoro tecnico e strettamente centrato sul codice, in una fase in cui non si è ancora posto interrogativi sul senso e sulla funzione della lingua: così facendo si potrebbe in effetti bloccare un apprendimento sereno e creare delle difficoltà (Monighetti). La proposta di Monighetti, che ritengo particolarmente valida, è quella di lavorare sempre in parallelo sui due aspetti del senso e del codice, cioè fornire una tecnica, (il codice), ma contestualizzata nella sua funzione reale di comunicazione di significati (il senso); questo è importante anche perché nel bambino c'è sempre una stretta connessione tra l'affettività e la cognitività, che non possono mai essere scisse. Per Gardner è molto importante che le teorie dei bambini, che egli chiama “intuitive” , vengano riconosciute, affrontate e sviscerate il più possibile, affinché sia il bambino, sia l'adulto che si occupa del suo apprendimento, possano stabilire in quali circostanze esse sono valide e per aiutare il bambino a superare quelle che non “funzionano” e non sono più adeguate. Ovviamente il bambino deve affrontare il suo percorso individuale e non forzato, l'insegnante non può imporre le sue conoscenze e dire, ad esempio, “io ti dico che è così e allora è così”. Quando la proposta dell'adulto è troppo netta e troppo diversa da quella che in quel momento rappresenta la disponibilità di apprendimento del bambino, emergono delle difficoltà. Ciò suggerisce un’importante indicazione didattico-educativa e cioè che per prima cosa bisogna effettivamente capire a che punto è il bambino e partire da lì per accompagnarlo nel suo cammino di conoscenza. La Zucchermaglio, un'altra studiosa del gruppo della Pontecorvo di cui fa parte la dottoressa Rossi, ha scritto un libro molto bello e interessante, intitolato “Gli apprendisti della lingua scritta”. Il titolo è illuminante: l'apprendista è colui che si immerge nell'attività, che prova, che sbaglia, che torna indietro, che fa concretamente un'attività: anche nella lingua scritta c'è una sorta di apprendistato. L'autrice afferma che, quando i bambini arrivano in prima elementare, “non sono tutti ugualmente ignoranti, ma diversamente competen-
  • 37. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA ti”: qui sta la sfida per gli insegnanti, riuscire a capire quali sono queste differenze, fare del proprio meglio per coglierle e partire dalla loro analisi per costruire un percorso rispondente ai reali bisogni di apprendimento dei singoli alunni. Dobbiamo riconoscere che già nei programmi del 1985 per la scuola elementare veniva sottolineata l'esigenza di tener conto dell'esperienza pregressa del fanciullo: “il fanciullo ha un'esperienza linguistica iniziale di cui l'inse- gnante dovrà certamente rendersi conto e sulla quale dovrà impostare l'azione didattica. Ha una varietà di codici verbali e non verbali (tra cui quelli derivati dai mass media), nella quale il codice verbale è dominante, ha maturato una capacità di comunicare oralmente in lingua o in dialetto” (quest'ultimo elemento andrebbe attualmente approfondito, dal momento che sta notevolmente aumentando a scuola la presenza di bambini stranieri che non parlano italiano) “sa che la lingua scritta esiste e percependone l'importanza desidera impadronirsene”. Anche in altre proposte rivolte alla scuola di base si ribadisce l'importanza di tener conto del percorso precedente e si afferma che gli obiettivi e le scelte fatte dagli insegnanti in questa fase devono “rispondere soprattutto all'esigen- za di introdurre gradualmente le alunne e gli alunni al confronto con i diversi linguaggi disciplinari, evitando sia il rischio della frammentazione e della dispersività, sia quello di una precoce e improduttiva sistematizzazione disciplinare”: viene ricordato come nei primi due anni della scuola di base si deve mantenere un approccio non ancora sistematico alle discipline. Si valorizza la dimensione dell’azione e dell’interazione sociale: “attraverso il fare con le mani, l'operatività sociale, gli allievi diventano soggetti attivi, interattivi”… nel dialogo tra pari e con gli insegnanti, immessi in situazioni concrete e familiari, gli allievi elaborano e producono nuovi significati dei linguaggi, con il controllo della parola (chiedere e ottenere il diritto di parola, descrivere verbalmente emozioni, stati d'animo, interrogare, rispondere…), del disegno e della scrittura, dello spostamento e dell’orientamento, della voce. Per quanto riguarda l'attività linguistica si distinguono quattro ambiti: la lettura, la scrittura, la lingua parlata e la riflessione linguistica; si parla di “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”. C'è una particolare attenzione alla contestualizzazione, alla valorizzazione della narrazione, e della scrittura di testi intesa non tanto come dettatura, ma come produzione e ideazione di testi. La differenza tra la lingua parlata e la lingua 37
  • 38. 38 PARTE PRIMA Il curricolo di lingua scritta è fondamentale; si può avvicinare il bambino a quest’ultima già nella scuola dell’infanzia con il racconto, l’invenzione, la dettatura dei testi (nel momento in cui il bambino detta alla maestra, che svolge il ruolo di “scriba”, si rende conto che non è la stessa cosa dettare o raccontare una storia, che ci sono regole diverse, ecc.). L'acquisizione del linguaggio scritto è un processo di ricostruzione attiva, che si sviluppa come ogni altro processo cognitivo attraverso operazioni plurimodali, non necessariamente e immediatamente legate agli aspetti fonetici, ai grafemi del segno scritto. Ad esempio, il bambino per un certo periodo pensa che la parola scritta debba in qualche modo richiamare qualche caratteristica dell'oggetto (parola trasparente) e solo in un secondo tempo si accorge della corrispondenza tra suono e segno, in quanto aspetto specifico della produzione linguistica che mette in stretta connessione il linguaggio scritto con quello verbale. Tra la lingua parlata e la lingua scritta vi è una grande differenza: la prima è un fenomeno naturale, mentre la seconda ha bisogno di un insegnamento specifico. La lingua parlata richiede una simbolizzazione di primo livello, cioè la parola parlata rimanda direttamente all'oggetto che denomina; la lingua scritta richiede un doppio livello di simbolizzazione, perché rimanda alla parola detta e poi all'oggetto, perciò è effettivamente un percorso complesso. Le diverse competenze che i bambini dimostrano nelle scritture spontanee, di cui ci ha parlato Franca Rossi, ci aiutano a capire a quale livello di concettualizzazione della lingua scritta sono giunti. Esistono due grandi sistemi di scrittura, quello ideografico e quello fonetico: nel primo, che è quello della scrittura cinese, il vocabolo è rappresentato da un segno unico e estraneo al suono (dal segno si va direttamente all'insieme del vocabolo); il nostro sistema è invece alfabetico-fonetico ed è più articolato, nel senso che viene riprodotta la sequenza dei suoni che si succedono nel vocabolo. La scrittura fonologica rappresenta con un segno ciascun elemento della catena sonora, si va dal segno al suono, al fonema, alla catena dei fonemi, alla parola, al concetto che la parola rappresenta: il percorso che deve compiere il bambino nell’apprendimento è piuttosto complesso e va pertanto sostenuto dando stimoli motivazionali adeguati. È fondamentale riportare l'attenzione sul bambino che pensa, che impara, che produce, anziché occuparsi di funzioni parziali ancor più complesse e restituire al bambino le valenze cognitive e motivazionali connesse con il leggere
  • 39. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA e con lo scrivere, in quanto prerequisiti per l'acquisizione di linguaggio e di nuova conoscenza, e la titolarità del processo di apprendimento, che troppo spesso gli viene negata e attribuita solo quando il metodo d’insegnamento non funziona o vengono a galla i problemi. Tradizionalmente nella scuola l'acquisizione della lettura segue questo modello: parole scritte, sonorizzazione, significato, cioè segno - suono - significato, e conseguentemente la lettura viene intesa come oralizzazione dello scritto e poi accesso al significato. Prima di tutto il bambino deve capire la funzione del linguaggio scritto, più che le regole di combinazione delle lettere (si vedano su questi aspetti i lavori di Pontecorvo e Monighetti). Questo non significa trascurare l’acquisizione del codice nel suo aspetto tecnico che naturalmente deve avvenire in modo preciso e puntuale, ma adeguatamente contestualizzato. Proprio in riferimento a un aspetto più propriamente “tecnico” dell’acquisizione della lingua scritta vorrei richiamare l’attenzione sugli studi e ricerche che hanno focalizzato l’attenzione sul ruolo della “consapevolezza fonologica” come abilità importante e strettamente implicata in questo tipo di apprendimento. Monighetti dedica ampio spazio a questi aspetti e così anche Stella. Giuliana Pinto nel suo testo “Dalla lingua orale al linguaggio scritto” definisce la consapevolezza fonologica “la capacità di identificare le componenti fonologiche di una lingua e di saperle intenzionalmente modificare”, vale a dire che di fronte al grafema, alla singola lettera, bisogna saper individuare la corrispondente immagine acustica: cioè al di là del suono (che può variare nei diversi accenti dialettali) si deve cogliere il fonema (la rappresentazione mentale di quel suono) sapendolo individuare e collocare nella catena sonora della parola. Nella consapevolezza fonologica i bambini progrediscono via via che sono introdotti all’alfabetizzazione; fin dalla scuola dell’infanzia “giochi fonologici” (si vedano esempi in Monighetti, Stella, Pinto) proposti nelle forme opportune possono facilitare la crescita di questo tipo di consapevolezza rendendo più agevole il percorso di acquisizione della lingua scritta (che appunto presuppone in parte e potenzia tale consapevolezza nel bambino). Anche su questo aspetto come sugli altri prima presi in esame è più che mai importante una conoscenza condivisa e una programmazione comune fra 39
  • 40. 40 PARTE PRIMA Il curricolo di lingua insegnanti di scuola dell’infanzia e di scuola elementare per garantire una continuità a vantaggio del bambino.
  • 41. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA I disturbi dell'apprendimento di Livia Bonoli Le difficoltà scolastiche colpiscono il 15% della popolazione scolastica (2-3 bambini per classe), ma bisogna fare una netta distinzione tra i disturbi specifici dell'apprendimento (5-7%) e le difficoltà aspecifiche dell'apprendimento (10%). Il termine DSA (disturbi specifici dell'apprendimento) si riferisce a difficoltà specifiche di lettura (dislessia), di scrittura (disortografia e disgrafia) e di calcolo (discalculia). Le difficoltà di apprendimento possono essere dovute a deficit neurofunzionali e dell'organizzazione neuropsicologica (in questi casi si potrebbe parlare di DSA), oppure a problematiche ambientali (relazionali, emotive o svantaggi culturali). Una volta individuate le cause, si formula la prognosi e, quindi, si può intervenire con una azione mirata e specifica sul processo deficitario e collegata anche alla possibilità di modificare l'ambiente. I bambini con DSA, oltre che avere problemi nella lettura, nella scrittura e nel calcolo, possono presentare difficoltà nel riportare l'ordine dei mesi dell'anno e delle stagioni, nel definire la distanza tra le località geografiche, nella lettura dell'orologio e così via. Possono aggiungersi anche altri disagi, come conseguenze (e non cause!!) del disturbo: facile distraibilità, tempi brevi di attenzione, impulsività, irritabilità, irrequietezza, aggressività sia verso i compagni che verso gli insegnanti, pigrizia, insofferenza, svogliatezza, depressione, grande senso di frustrazione ed un effetto negativo sul livello dell'autostima. Si è notato che le reazioni comportamentali si differenziano nei maschi rispetto alle femmine: i bambini reagiscono più con l'aggressività, le bambine tendono a isolarsi da una parte della classe e per questo motivo vengono definite dimenticate. Infine vi è una diversa incidenza maschi/femmine, che stanno in un rapporto di 3 a 1. A questo punto bisogna distinguere le cause dagli effetti, perché i disturbi specifici dell'apprendimento provocano queste diverse reazioni comportamentali ed è importante definire se il disturbo primario è un disturbo specifico dell'apprendimento oppure se il disturbo primario è un di- 41
  • 42. 42 PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento sturbo comportamentale: questo è fondamentale sempre per attivare un’appropriata attività di recupero. Per quanto riguarda una definizione dei disturbi specifici dell'apprendimento ci troviamo in una vera e propria babele di significati. Questo dipende sia dal fatto che gli specialisti che compiono le diagnosi fanno riferimento a diversi orientamenti teorici, sia dal luogo e dal tempo in cui la diagnosi viene fatta. Un altro problema deriva dalla difficoltà di delineare un profilo identico per tutti i bambini che hanno questo disturbo (come abbiamo appena visto le reazioni sono numerose e diversificate). A grandi linee sono stati comunque individuati due principali orientamenti per la definizione dei DSA: 1. Orientamento descrittivo, a cui fanno capo la definizione dell'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) e quella del DSM IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, redatto dall'American Psychiatric Association). Si tratta di un orientamento descrittivo perché vengono delineate le caratteristiche e i criteri di inclusione e di esclusione per il disturbo. Viene sottolineato, in linea generale, che si tratta di bambini intelligenti, che hanno un quoziente intellettivo nella norma, che non hanno disturbi sensoriali (quindi non si tratta di disturbi della vista), disturbi neurologici o disturbi comportamentali (che, come abbiamo visto prima, non sono la causa, ma ne sono la conseguenza). Si evidenziano inoltre la necessità di distinguere tra difficoltà scolastiche e disturbi dell'apprendimento e il fatto che spesso dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia compaiono insieme. • ICD 10 redatto dall'OMS sotto la voce “Disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche”: i disturbi specifici delle abilità scolastiche comprendono gruppi di condizioni morbose che si manifestano con specifiche e significative compromissioni dell'apprendimento delle abilità scolastiche. Queste compromissioni dell'apprendimento non sono il risultato diretto di altre patologie (come il ritardo mentale, grossolani deficit neurologici, gravi problemi uditivi o visivi, disturbi emotivi), sebbene essi possono manifestarsi contemporaneamente a tali ultime condizioni. Frequentemente i disturbi in questione si presentano insieme ad altre sindromi cinetiche (come il disturbo evolutivo specifico della funzione motoria
  • 43. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA o i disturbi evolutivi specifici dell'eloquio e del linguaggio). L'eziologia dei disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche non è nota, ma si suppone che vi sia un intervento significativo di fattori biologici, i quali interagiscono con fattori non biologici (come le opportunità di apprendimento e la qualità dell'insegnamento) producendo le manifestazioni. • DSM IV redatto dall'American Psychiatric Association, criteri diagnostici per f 81.0 disturbo della lettura (315.00): A. Il livello raggiunto nella lettura, come misurato da test standardizzati somministrati individualmente sulla precisione o sulla comprensione della lettura, è sostanzialmente al di sotto di quanto previsto in base all'età cronologica del soggetto, alla valutazione psicometrica dell'intelligenza e a un'istruzione adeguata all'età. B. L'anomalia descritta al punto A interferisce in modo significativo con l'apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura. C. Se è presente un deficit sensoriale, le difficoltà di lettura vanno al di là di quelle di solito associate con esso. Nota per la codificazione: se è presente una condizione medica generale (per es., neurologica) o un deficit sensoriale, codificare la condizione sull'Asse III. 2. Orientamento cognitivo, che ricerca nel funzionamento mentale le radici dei DSA. Il modello più diffuso e accreditato è quello “dell'automatizzazione” adottato dalla commissione superiore del Ministero della Sanità del governo olandese. Si ha dislessia quando l'automatizzazione nell'identificazione della parola nella lettura e/o nella scrittura non si sviluppa o si sviluppa parzialmente. Un processo automatico è rapido e accurato, richiede minime risorse attentive e produce l'impressione di svolgersi senza il controllo diretto e volontario del soggetto. Un esempio di processo che diventa automatico è la guida dell'automobile: alle prime esperienze di guida dobbiamo pensare a quello che stiamo facendo, poniamo una grande attenzione a tutti i nostri movimenti (ad es., quan- 43
  • 44. 44 PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento do dobbiamo curvare pensiamo al fatto che bisogna mettere la freccia, premere il pedale della frizione, cambiare e accelerare). Tutto questo con grande dispendio di energia e di risorse, tanto che non possiamo compiere altri processi contemporaneamente (ad es., è difficile mantenere la conversazione con il nostro compagno di viaggio oppure ascoltare la radio); man mano che le guide procedono il processo diventa automatico e richiede minore attenzione, di conseguenza possiamo svolgere altri compiti in parallelo. Così è la lettura dei bambini. Quando i bambini, che non riescono ad automatizzare il processo di lettura, si trovano di fronte a una parola, è come se la vedessero sempre per la prima volta, per cui devono procedere tramite una lettura lettera per lettera. Questo spiega anche perché quando il bambino legge un testo, riesce a leggere correttamente le prime righe e successivamente la sua prestazione decade: il bambino consuma tutte la sua energia nelle prime righe, nelle prime parole, dopodiché le sue risorse si esauriscono e non riesce più a leggere in modo esatto. Questi sono i due principali orientamenti di ricerca. Per una corretta definizione dei disturbi specifici dell'apprendimento bisogna quindi valutare il livello intellettivo, escludere disturbi sensoriali e neurologici. I DSA sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico del bambino e sono trasmissibili geneticamente: come si possono trasmettere il colore degli occhi, dei capelli e la statura, purtroppo si possono trasmettere anche certe disfunzioni, come la tendenza all'obesità, il piattismo del piede e, appunto, i disturbi specifici dell' apprendimento. L'ipotesi che vi sia una base biologica nella trasmissione è avvalorata dalla scoperta della diversa incidenza del disturbo nei maschi e nelle femmine (3:1); inoltre si è notata una notevole familiarità: raccogliendo l'anamnesi dei bambini che giungono a consultazione presso il Centro Regionale per le Disabilità Linguistiche e Cognitive di Bologna, è stato ricavato che il 60% di essi hanno parenti molto stretti come genitori, cugini o nonni che in passato hanno avuto o hanno attualmente un disturbo dell'apprendimento. Sono state eseguite numerose ricerche volte ad analizzare la diversa incidenza nei maschi e nelle femmine. I risultati stabiliscono che i bambini con disturbi specifici dell' apprendimento hanno un livello salivare di testosterone, che è un ormone maschile, più elevato rispetto agli altri bambini. È stato fatto
  • 45. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA anche un esperimento come controprova, da cui si è ricavato appunto che i soggetti con disturbi a livello ormonale (quindi con un livello di testosterone più elevato rispetto alla norma) hanno in percentuale maggiore un disturbo specifico dell' apprendimento rispetto al gruppo di controllo costituito da soggetti senza questi squilibri ormonali. Altri studi eseguiti sui gemelli confermano le basi biologiche dei DSA: i gemelli monozigoti, che condividono lo stesso patrimonio genetico, soffrono entrambi di disturbi specifici dell'apprendimento. Così gli studi di citogenetica, volti a cercare il gene responsabile del disturbo, hanno trovato l' interessamento del cromosoma 6 o del cromosoma 15 nei bambini con disturbi dell'apprendimento. Altri studi riguardano gli aspetti anatomici. È stato trovato che quella zona di corteccia cerebrale che si chiama planum temporale, nei soggetti senza disturbi di apprendimento è più sviluppata nello emisfero sinistro, mentre nei soggetti con disturbi specifici dell' apprendimento è ugualmente disviluppata, sia nell'emisfero sinistro, che nell' emisfero destro. Sono stati scoperti anche difetti nei fenomeni di migrazione, cioè alcune popolazioni di neuroni durante lo sviluppo dell' embrione si sono organizzate in maniera impropria. Per quanto riguarda gli aspetti neurofisiologici, facendo l' elettroencefalogramma a questi bambini con DSA, è stata notata una maggiore percentuale di onde lente, cioè di onde delta nella zona occipitale, rispetto al gruppo di controllo. Si tratta di un disturbo di natura neurobiologica, non di una malattia, di conseguenza non si guarisce; il miglioramento dipende anche dalla gravità del disturbo: se si tratta di un bambino dislessico lieve, probabilmente da adulto avrà pochi problemi, se non, magari, quello di parlare in pubblico o di leggere ad alta voce; se invece si tratta di un bambino con un disturbo di dislessia grave, probabilmente anche da adulto si trascinerà le medesime difficoltà (lettura più lenta rispetto ai coetanei e con alcuni errori). Il fatto che vi sia una base biologica nella trasmissione dei DSA ha importanti conseguenze: innanzi tutto dimostra che non bisogna colpevolizzare nessuno. Non è colpa del bambino che non si impegna, non è colpa dei genitori che magari non riescono a seguirlo e non è colpa degli insegnanti che non gli hanno fornito sufficienti strumenti: si tratta di un disturbo di natura biologica. 45
  • 46. 46 PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento Questo in sintesi quanto detto finora: I DSA: 1. Si manifestano in soggetti normodotati, con normali capacità intellettive e sociali 2. Sono di origine costituzionale, cioè fanno parte del corredo genetico del soggetto 3. Non sono facilmente pronosticabili prima dell'età scolare 4. Accompagnano il soggetto nel corso dello sviluppo 5. Non sono “guaribili”, ma le conseguenze funzionali si modificano attraverso adeguate misure rieducative e didattiche 6. Spesso sono accompagnati da manifestazioni psicologiche e relazionali disturbate (disturbi della condotta) 7. Spesso sono associati a disturbi dell'attenzione e dell'iperattività Adesso parliamo dei DSA nello specifico. DISLESSIA La dislessia è una difficoltà di lettura; i bambini commettono numerosi errori, ma sono anche molto lenti rispetto a ciò che ci si dovrebbe aspettare in base a un certo grado di istruzione e alla media delle prestazioni dei propri coetanei. Bisogna distinguere tra dislessia evolutiva e dislessia acquisita. La prima, quella di cui ho parlato fino adesso, è un disturbo settoriale della lettura che si manifesta in un bambino privo di disturbi neurologici, cognitivi, sensoriali e relazionali e nonostante il bambino abbia avuto normali opportunità scolastiche. Di solito il disturbo si accompagna a difficoltà nella scrittura e nei processi di lettoscrittura del numero e del calcolo. Viene normalmente definita sindrome dislessica evolutiva oppure disturbi specifici dell'apprendimento (DSA). Il bambino nasce con tale disturbo. La dislessia acquisita, invece, si presenta una volta che il bambino ha già imparato e leggere e può essere causata ad esempio da un trauma cranico o da una lesione celebrale. In questo ca-
  • 47. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA so è più facile che il disturbo si presenti da solo (può esserci solo dislessia, solo disgrafia o solo discalcolia). Vi mostro la curva della distribuzione normale (la curva gaussiana, grafico n. 1): Grafico n. 1 I disturbi specifici dell'apprendimento rappresentano un'espressione della variabilità individuale. La maggior parte delle persone si trova vicino alla media. Certi bambini si collocano intorno o sopra la media per quanto riguarda l'intelligenza, mentre si trovano sotto la seconda deviazione standard per quanto riguarda la lettura: hanno perciò una buona capacità intellettiva, ma una lettura lenta e stentata. Questo è un campanello di allarme: un bambino intelligente, sveglio e capace in tante abilità, ma che non riesce in piccole abilità specifiche, come la lettura, il calcolo o la scrittura, potrebbe soffrire di DSA. La diagnosi di dislessia si basa sui criteri di discrepanza tra efficienza cognitiva e linguistica, da un lato, e capacità di lettura, dall'altro. Per svolgere una diagnosi, bisogna fare riferimento al protocollo clinico e quindi compiere una serie di valutazioni: 47
  • 48. 48 PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento • • • • • • Valutazione cognitiva Valutazione del linguaggio sia espressivo che recettivo (per accertare che le difficoltà di lettura non derivino da deficit linguistici) Valutazione dell'efficienza della memoria a breve termine Valutazione dei processi attentivi attraverso prove di processing visivo Valutazione della lettura attraverso la somministrazione di prove di decodifica di parole, di non parole, di un brano Valutazione della comprensione del testo I parametri da considerare sono la velocità di decodifica (espressa in numero di sillabe per secondo, SILL/SEC) e l'accuratezza (numero di errori); è importante anche valutare il tipo di errori, per adeguare una successiva riabilitazione. I protocolli di lettura sono diversi, a seconda dell'età del bambino, e sono standardizzati. Il bambino deve leggere ad alta voce e più velocemente possibile le liste di parole. Quando i valori di velocità e/o di accuratezza sono al di sotto della seconda deviazione standard dalla media prevista per la classe frequentata, oppure quando la velocità del soggetto è pari a valori medi per due classi inferiori a quella da lui frequentata si può dire che il bambino soffre di dislessia. Seguendo questo protocollo clinico, la diagnosi può essere fatta a partire dalla seconda elementare. A partire dalla prima elementare esistono degli indicatori che consentono di definire un indice di rischio basandosi sulla capacità del bambino di apprendere la scrittura. Per i bambini con maggiori difficoltà si usano protocolli scritti in stampatello maiuscolo o contenenti parole semplici. È importante somministrare la lettura sia di parole che di non parole, per vedere dove il bambino compie i maggiori errori e cercare quindi di capire il particolare tipo di disturbo di cui soffre. Per la lettura di non parole il bambino deve utilizzare la via fonologica, perché sono parole che non conosce e per poterle decifrare deve fare una scansione lettera per lettera. Per la lettura di parole utilizziamo la via lessicale. Per quanto riguarda la lettura del brano si valuta il tempo di lettura (calcolato in deviazione standard) oppure si paragona la capacità di lettura a quella di bambini di età inferiore.
  • 49. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Generalmente i bambini dislessici migliorano notevolmente nell'accuratezza e poco nella velocità; anche quest'ultima può aumentare, ma, se confrontata a quella di ragazzi di pari età, è sempre inferiore. Spesso la dislessia si accompagna ad altri disturbi specifici dell' apprendimento, quali appunto disgrafia, disortografia e discalculia. DISGRAFIA Ogni scrittura indecifrabile, o comunque di difficile interpretazione, può essere definita disgrafica. Si tratta di un disturbo correlato al linguaggio scritto che riguarda le abilità esecutive della scrittura. Per definire disgrafica una scrittura che non è comprensibile né da chi ha scritto, né da chi legge, bisogna considerare alcuni parametri, quali il livello di istruzione e l'età, e si deve confrontare la scrittura stessa con quella di soggetti della medesima età. Altri parametri da considerare per la valutazione di una scrittura disgrafica sono la velocità di scrittura, la pressione debole o eccessiva sul foglio, l'orientamento delle lettere sul foglio, la tendenza alla macro o alla micrografia, la ritoccatura del segno già tracciato, la direzionalità del segno, l' andamento del tracciato, la legatura delle parole e la distanza delle parole. Per una valutazione corretta della disgrafia è fondamentale poter osservare il bambino in momenti, perché la sua scrittura può risentire dei particolari stati emotivi (magari scrive in un momento in cui è teso, oppure scrive velocemente perché ha fretta). Con ragazzi che hanno questa scrittura, questa grafia è stato accordato insieme all'insegnante di scrivere in stampato maiuscolo, perché comunque è il carattere più semplice e nei casi di disgrafia grave è il carattere più consigliato, addirittura a volte si suggerisce l'uso del PC, per poter scrivere correttamente. DISORTOGRAFIA La disortografia consiste nella difficoltà di applicazione delle regole ortografiche. Quando un bambino o un adulto commettono errori significativamente superiori, sia per numero che per caratteristiche, a quelli che ci si dovrebbe aspettare facendo riferimento all'età, alla cultura e al grado di istruzione ricevuto. Questa difficoltà non sono imputabili a handicap, né a condizioni 49
  • 50. 50 PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento di svantaggio culturale o sociale, né a difficoltà emotive. Gli errori vengono suddivisi in categorie: 1. Errori ortografici fonologici: difficoltà nell'identificare correttamente i suoni all'interno della parola, non è rispettato il rapporto tra fonemi e grafemi. • Scambio di grafema: sostituzione di vocale o consonante, o di consonante in gruppo consonantico, o di sillaba (es. campagia/campania/canpagna/campaglia per campagna, magnioni per maglioni, nestole per nespole, tiepita per tiepida). • Omissione di vocale, consonante, sillaba (es. uscamo/usiamo per usciamo, scarpe per sciarpe, stagone per stagione, ghiaccoli/giaccioli per ghiaccioli, fresce per fresche, cilege per ciliegie, spledida per splendida, tipida per tiepida, squite per squisite). • Aggiunta di vocale, consonante, sillaba (es. campagnia per campagna, furuttivendolo per fruttivendolo, innindossiamo/inndossiamo per indossiamo, questra per questa, nella armadio per nell'armadio, ccappotti per cappotti, splenndida per splendida). • Inversione (es. stilavi per stivali, ni campagna per in campagna, gioranta per giornata, capmagna per campagna, vertina per vetrina, csiarpe per sciarpe). 2. Errori ortografici non fonologici: sono tutti gli errori nella rappresentazione ortografica della parole in cui il livello fonologico è preservato. Questi errori riguardano i fonemi per i quali esiste più di un corrispondente ortografico. Il fonema è stato identificato correttamente, ma è sbagliata la scelta del corrispondente ortografico fra quelli che lo rappresentano. • Scambio grafema omofono (es. quoio per cuoio, scuisite per squisite, cuando per quando). • Grafema incompleto (es. campana/campaga per campagna, malioni/magloni per maglioni, maliette/maglette per magliette).
  • 51. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA • Grafema inesatto (es. gielati per gelati, leggieri per leggeri, clgliege/ciglege per ciliegie, fraghole per fragole, cquoio per cuoio). 3. Errori non fonologici di origine semantico-lessicale: sono errori di rappresentazione ortografica in cui il livello fonologico è preservato. A differenza della precedente classe di errori, in questo caso, l'errata traduzione ortogrfica dipende da un cattivo o assente processamento semantico-lessicale. Il bambino non riesce ad accedere al suo magazzino lessicale di conoscenze. In genere si fanno scrivere ai bambini liste di parole, di non parole e un dettato. • Fusione illegale (es. laria per l'aria, dellanno per dell'anno, piubella per più bella). • Segmentazione illegale (es. in dossiamo per indossiamo, frutti vendolo per fruttivendolo). • Fusione-segmentazione illegale (es. la ria per l'aria, del lanno per dell'anno, nella rmadio per nell'armadio). • Omissione o aggiunta di consonante H (es. o visto per ho visto, dell'hanno per dell'anno). • Omissione o aggiunta di accento (es. e per è, piu per più, citta è per città, quèsta per questa). • Omofoni non omografi (es. d'anno per danno, l'ago per lago). 4. Altri errori: • Omissione o aggiunta di geminata (doppia) (plausibile) (es. legeri per leggeri, vettrina per vetrina, abiamo per abbiamo, indosiamo per indossiamo, abbiti per abiti). • Omissione o aggiunta di parole (non ripetizioni) (es. ciliegie, caramelle e fragole per ciliegie e fragole, alla sera è tiepida per alla sera l'aria è tiepida). • Omissione parte finale di parola (es. sembravan/sembrava per sembravano, maglie per magliette, fruttivendo per fruttivendolo). 5. Disgrafia: • Segno grafico incompleto o inesatto (es. sero per sera). 51
  • 52. 52 PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento 6. Lessicali: • Sostituzione di parola • dello stesso campo semantico (es. fresca per tiepida, mele per • di altro campo semantico (es. i gusci per gli usci) per vicinanza fonologica (es. tacchini per taccuini). fragole) • • • • • • • • Modificazione parola per genere (es. bimbe per bimbi) numero (es. dei per del) tempo del verbo (es. era per è) modo del verbo (es. trascinarli per trascinandoli) persona del verbo (es. esco per usciamo, trasmettono per trasmette). Ripetizione di parola (es. leggeri leggeri per leggeri, e indossiamo e magliette per e indossiamo magliette). 7. Errori lessicali di origine morfo-sintattica: • Sostituzione di parola (es. all'anno per dell'anno, a fare per per fare, di sera per alla sera). 8. Morfologici: • Errori di accordo (es. i giri per un giro). Oltre a un intervento riabilitativo personale, spesso è utile l'utilizzo del personal computer con la funzione del correttore ortografico, per cui il bambino, vedendo la parola sottolineata, può provare a correggersi da solo, senza che nessuno si sostituisca a lui. DISCALCULIA La discalculia riguarda le difficoltà nell'area matematica e, generalmente, è associata a dislessia. Per diagnosticarla viene proposto un protocollo di numeri, che valuta la capacità di lettura e di scrittura di numeri, il conteggio in avanti e all'indietro, il calcolo scritto, le tabelline, il calcolo a mente.
  • 53. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA I bambini di solito commettono errori nel calcolo e nel conteggio all'indietro, perché non riescono a tenere a mente tanti numeri in sequenza, e a causa delle loro difficoltà nel processo di automatizzazione e nella memoria a breve termine. Difficilmente riescono ad apprendere le tabelline e di conseguenza non riescono a compiere nemmeno le operazioni scritte. Quando un bambino non è in grado di risolvere un problema, bisogna capire se non ha inteso la logica del problema o se non riesce a eseguire le operazioni. È significativa la differenza tra i bambini deboli cognitivi e i bambini dislessici: i primi presentano difficoltà nel procedimento logico e non nelle procedure del calcolo, viceversa i dislessici hanno difficoltà proprio nelle procedure del calcolo. Supporti utili sono la tavola pitagorica e la calcolatrice, nel caso in cui, malgrado anni di insegnamento, il bambino non riesca ad apprendere le procedure del calcolo scritto. Fornendo questi strumenti si facilita lo svolgimento delle operazioni e dei problemi e si dà la possibilità al bambino di esprimere la propria intelligenza e capacità. DIBATTITO - - - - La dislessia pura si trova solo in dislessie acquisite. La percentuale di disgrafici e di disortografici puri è bassissima, questi disturbi compaiono quasi sempre insieme alla dislessia (infatti si parla di sindrome dislettica, per raggruppare insieme i vari disturbi). Un campanello d'allarme, che fa presumere la presenza di DSA, può essere un disturbo pregresso del linguaggio, sia nell'esordio, che nello sviluppo; un altro indicatore è la scrittura: se un bambino di prima elementare scrive una parola con una singola lettera, malgrado un insegnamento continuativo sul valore sonoro convenzionale delle lettere. È importantissima una diagnosi precoce nel primo ciclo della scuola elementare. Una volta individuati i disturbi, che siano di natura fonologica o metafonologica, va attivata una riabilitazione e si ottengono dei notevoli miglioramenti (ma non una guarigione, perché si tratta di disturbi a livello cerebrale). I bambini dislessici mantengono a lungo lo stadio di scrittura preconvenzionale. Nel caso di bambini di terza, quarta o quinta elementare che mostrano DSA, sarebbe interessante avere a disposizione la loro 53
  • 54. 54 PARTE PRIMA I disturbi dell’apprendimento - storia e le loro scritture spontanee e conoscere la metodologia di insegnamento, di approccio e di introduzione alla lingua scritta, per scoprire nuovi collegamenti; si tratterebbe di una ricerca longitudinale di 6 -7 anni, ma non è ancora stata compiuta. Di fronte a un bambino di prima elementare presillabico, che, nonostante il costante insegnamento, la ricchezza della proposta e dell'ambiente, nel corso di un anno scolastico non migliora, è lecito porsi delle domande. In ogni caso è importante aiutarlo, seguirlo e osservare il suo andamento. In Italia non esiste una certificazione specifica per bambini dislessici, è una certificazione uguale a quella per gli altri bambini. Esiste un problema di etichetta: il bambino viene classificato come bambino certificato. Inoltre non è detto che l'insegnante di sostegno, non per colpa sua ovviamente, non sia adeguatamente preparato per affrontare il problema della dislessia. Noi consigliamo la certificazione solo quando la forma di dislessia è molto grave, se invece è lieve sono preferibili altri tipi di interventi.
  • 55. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE Bartoli M. (1996), Lessico Italiano, Esercizi per la scuola media, Ed. Clio, Distribuzione Principato Bartoli M. (2001), Percorsi e proposte, Centro Pedagogico Modenese - Programmi Editoriali, Modena Biancardi A., Milano G. (1999), Quando un bambino non sa leggere, Ed Rizzoli, Milano Boltansky E. (1996), Dislessia e Dislateralità, Marrapese Ed., Roma Boscolo P. (1986), Psicologia dell'apprendimento scolastico, Ed. UTET Libreria, Torino De Beni, Pazzaglia (1995), La comprensione del testo, Ed. UTET Libreria, Torino Ianes D., Tortello M. (a cura di) (1999), La qualità dell'integrazione scolastica, Centro Studi Erikson, Trento Levorato M.C. (1988), Racconti, storie, narrazioni, Ed. Il Mulino, Bologna Lucangeli D. (1995), La psicologia dell'apprendimento matematico, Ed. UTET Libreria, Torino Luisi A., Ruggerini C. (1997), Dislessia e disagio pedagogico. Un approccio interdisciplinare per la diagnosi e l'aiuto, Ed. T.E.M.I., Bologna Martini A. (1991), I disturbi dell'apprendimento della lettura e della scrittura, Ed. Del Cerro Pontecorvo C., Ajello, Zucchermaglio C. (1981), Discutendo s'impara, Nuova Italia Scientifica Sartori G. (1984), La lettura. Processi normali e dislessia, Ed. Il Mulino, Bologna Sabbadini G. (1995), Manuale di Neuropsicologia dell'età evolutiva, Ed. Zanichelli Stella G. (1996), La dislessia: aspetti clinici, psicologici e riabilitativi, Ed. F. Angeli, Milano Stella G., Pippo J. (1992) Apprendere a leggere e a scrivere, Guida La Lettura Ed. Signum Scuola 55
  • 56.
  • 57. IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA Un laboratorio per imparare a leggere prima di leggere e a scrivere prima di scrivere di Mara Degasperi Trascorreremo insieme tre ore di attività, spero produttive e piacevoli. Per questo pomeriggio ho previsto assaggi, brevi anticipazioni di ciò che faremo in maniera più completa e strutturata negli incontri di laboratorio. Prima mi sembra però utile una breve introduzione che fondi l’attività futura e faccia intravedere le finalità importanti del percorso complessivo. Per brevità, procederò servendomi di alcune parole chiave. La prima di esse è contesto. Il contesto giusto, cioè lo sfondo, organizzativo e relazionale, che connette e dà senso alle attività con i bambini, è una condizione delicata e decisiva. Che non va lasciata al caso, se si vuole intraprendere con i bambini un percorso nel quale inserire in maniera naturale e non forzata delle situazioni funzionali di apprendimento e di crescita. Nella quotidianità della scuola si presentano continuamente situazioni che è necessario risolvere. E sono proprio i piccoli problemi che scandiscono la quotidianità a offrire le opportunità più significative per creare un contesto ricco e attento ai bisogni. Giocare, mangiare, stare insieme, spostarsi, comunicare con le persone della scuola e con i genitori, raccontare. Sono bisogni fondamentali dei bambini. Possono diventare anche occasioni per avvicinare al codice scritto, se lettura e scrittura vengono promosse ad attività che in qualche modo danno risposta a quei bisogni. Non avrebbe senso avvicinare i bambini al codice in altro modo, e cioè al di fuori del contesto in cui le giornate si muovono. La scuola è il primo luogo in cui si incontra la lingua in situazioni intenzionali, che proprio per questo presuppongono da parte del gruppo docente l’assunzione di un modello di conoscenza. Che cosa fonderà il modello di conoscenza? E come si realizzerà? Il come è altrettanto importante del cosa. La modalità di avvicinamento al codice è la seconda parola chiave. 57