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Teorie dell’Intelligenza 
Psicologia dell’handicap e della riabilitazione 
Prof. Maria Francesca Pantusa
Che cos’è l’intelligenza?
Che cos’è l’intelligenza? 
Non esiste una definizione univoca di intelligenza, ma 
quella che trova più accordo tra gli studiosi è 
La capacità di produrre un comportamento adattivo e 
funzionale al raggiungimento di uno scopo, 
un comportamento che affronti con successo le sfide 
dell’ambiente e che permetta di realizzare gli scopi 
prefissati.
TEORIE SCIENTIFICHE e 
DEL SENSO COMUNE 
 Teorie del Senso Comune (implicite): 
 Sono concezioni “ingenue ” dei non esperti: 
emergono negli scambi comunicativi quotidiani 
 Sono prodotte mediante processi di ri-costruzione 
sociale 
 Sono rappresentazioni sociali (S. Moscovici)
Teorie implicite 
 La gente comune include nel concetto 
di intelligenza: 
1. Capacità di risolvere problemi 
2. Capacità verbale 
3. Competenza sociale
TEORIE SCIENTIFICHE e 
DEL SENSO COMUNE 
 Teorie Scientifiche (esplicite): 
 2 approcci allo studio dell’intelligenza 
 Unitario 
Teorie strutturaliste di tipo psicometrico (test QI) 
 Teorie UNITARIE-GLOBALI MATURATIVE : La Teoria 
Piagetiana (J. Piaget, Cognitivismo) 
Teorie fattoriali (Spearman) 
 Multiplo 
Teoria delle Intelligenze Multiple (H. Gardner) 
Teoria Triarchica dell’intelligenza (R. 
Sternberg)
TEORIE UNITARIE-GLOBALI 
MATURATIVE 
 La Teoria Piagetiana: 
La teoria di Piaget identifica l’intelligenza come la 
capacità crescente che ha la mente di ragionare su 
entità astratte e sull’adattamento. 
Lo sviluppo dell’intelligenza secondo Piaget, 
corrisponde allo sviluppo della capacità di pensare 
logicamente. La logica viene considerata da Piaget 
come un processo che libera il pensiero e che 
consente agli individui di pensare alle cose più 
svariate.
Piaget 
 Lo sviluppo dell’intelligenza procede da ciò che è concreto a ciò 
che è astratto. Piaget, nella sua teoria sullo sviluppo 
dell’intelligenza, fa riferimento a differenti stadi o periodi : 
 Periodo sensomotorio (0-2 anni). L’intelligenza assume la forma di 
azioni motorie; utilizza i sensi e le abilità motorie per esplorare e 
relazionarsi con ciò che lo circonda 
 Periodo pre-operazionale (2-7 anni). L’intelligenza è intuitiva; 
egocentrismo intellettuale, ovvero il punto di vista delle altre persone non è 
differenziato dal proprio, ancora non padroneggia le nozioni di quantità, 
classe e relazione 
 Periodo delle operazioni concrete (7-11 anni). La struttura cognitiva 
è logica ma dipende da contesti concreti;ha la nozione di quantità e classe 
 Periodo delle operazioni formali (11-15 anni). Il pensare implica 
astrazioni.
Teorie fattoriali dell’intelligenza: 
Spearman 
 In qualsiasi prestazione cognitiva intervengono due 
fattori: un fattore g, generale, che interviene in tutte 
le più diverse prestazioni cognitive; 
 un fattore s, specifico di una particolare abilità 
cognitiva. La performance ad uno specifico test di 
intelligenza è data dall’intervento di una capacità 
mentale generale (g) e di un’attitudine mentale 
specifica (s)
Struttura dell’intelligenza: 
Spearman 
 l’intelligenza è una capacità generale, detta 
fattore g trasversale e comune a diverse 
abilità specifiche 
 le abilità specifiche costituiscono i fattori 
secondari, fattori s ,come abilità linguistica, 
spaziale, aritmetica 
Quanto maggiore è il valore di “G” tanto 
meglio l’individuo dovrebbe riuscire in un 
test di intelligenza.
TEORIE MULTIPLE 
DELL’INTELLIGENZA 
A metà del XX secolo, l’attenzione si 
spostò proprio su quelle componenti 
separate specifiche dell’intelligenza che 
Spearman sosteneva essere sottese da 
un fattore generale
Struttura dell’intelligenza: 
Thurstone (1938, 1962) 
Thurstone (1938) propone una definizione di intelligenza 
caratterizzata da 7 abilità primarie che si collocano 
nella medesima posizione nell’articolazione 
dell’intelligenza: 
1. Comprensione verbale 
2. Fluidità verbale 
3. Capacità numerica 
4. Visualizzazione spaziale 
5. Memoria 
6. Ragionamento 
7. Velocità percettiva
Struttura dell’intelligenza: 
Guilford (1967) 
Guilford (1967) sostiene che L’intelligenza si compone e si 
articola in un numero elevato di abilità distinte ed autonome, 
specializzate per compiti specifici. 
Sono state individuate 120 differenti capacità. 
 Il pensiero convergente viene attivato nelle situazioni che 
permettono un’unica risposta pertinente 
 il pensiero divergente (o creativo) è attivato nelle situazioni 
che permettono più vie di uscita. Esso si caratterizza per i 
seguenti aspetti: 
 Fluidità 
 Flessibilità 
 Originalità 
 Elaborazione 
 Valutazione
Struttura dell’intelligenza: 
Guilford (1967;1982) 
 120 abilità mentali (150 nel 
1982): Operazioni: 
attività che la 
mente compie 
con le 
informazioni 
che riceve dai 
sistemi 
percettivo-sensoriali. 
Contenuti: fanno riferimento alla natura delle informazioni 
Prodotti: forma assunta dall’informazione quando viene 
elaborata
Struttura dell’intelligenza 
Gardner (1983) 
7 abilità: 
1. Intelligenza linguistica 
2. Intelligenza musicale 
3. Intelligenza logico-matematica 
4. Intelligenza spaziale 
5. Intelligenza corporeo-cinestesica 
6. Intelligenza intrapersonale 
7. Intelligenza interpersonale 
8. Intelligenza naturalistica 
9. Intelligenza esistenziale
Teoria tripartita dell’intelligenza 
(Sternberg, 1985) 
analitica 
Analizza- confronta-valuta 
pratica 
creativa 
Applica-usa-utilizza 
Crea-progetta 
-inventa
L’INTELLIGENZA EMOTIVA 
Goleman-Sternberg-Salovey-Mayer 
Quando si parla di intelligenza emotiva ci si riferisce dunque alla capacità di: 
tenere a freno un impulso , avere consapevolezza delle proprie emozioni 
leggere i sentimenti intimi altrui, gestire senza scosse la relazione con gli altri 
Colui che si adira per ciò che deve e con chi deve, e inoltre come, 
quando e per quanto tempo si deve, può essere lodato (Aristotele, 
Etica nicomachea) 
Un’inchiesta fatta a livello mondiale riporta dati un po’ allarmanti: nell’attuale 
generazione di bambini è presente un maggio numero di problemi emozionali 
rispetto a quella precedente . Oggi i giovanissimi sono: 
•più soli e depressi 
•più rabbiosi e ribelli 
•più nervosi e inclini alla preoccupazione 
•più impulsivi e aggressivi
Il concetto di intelligenza 
Sternberg e Salovey estendono queste abilità a 5 ambiti principali: 
1. Conoscenza delle proprie emozioni: cioè la capacità di riconoscere un 
sentimento nel momento in cui si presenta 
2. Controllo delle emozioni: la capacità di controllare i sentimenti in modo che siano 
appropriati si fonda sull’autoconsapevolezza : capacità di calmarsi, di liberarsi 
dall’ansia, dalla tristezza, dall’irritabilità ecc. Diversamente ci si trova 
continuamente a dover combattere contro sentimenti tormentosi ( capacità di 
modulare la sofferenza, piuttosto che evitarla o evacuarla) 
3. Motivazione di sé stessi: la capacità di dominare le emozioni per raggiungere 
un obiettivo permette di: concentrare l’attenzione, trovare motivazione, 
controllo di sé, essere creativi. La capacità di ritardare la gratificazione e di 
controllare gli impulsi è alla base di qualunque tipo di realizzazione 
(Concentrazione e controllo non attraverso una scissione, ma una modulazione. 
Processo primario e secondario)
4. Riconoscimento delle emozioni altrui: empatia ‘provare dentro’. 
La mancanza di empatia ha un elevato costo sociale (progetto 
europeo per lo sviluppo delle emozioni nelle elementari). 
5. Gestione delle relazioni: capacità di dominare le emozioni altrui. 
La capacità di continuare a ‘pensare’ anche in situazioni di 
turbolenza prodotta dalle emozioni degli altri. Questo sono le 
abilità che aumentano la popolarità, la leadership, l’efficacia 
interpersonale 
Il nostro livello di capacità ha una base neurale, però il cervello è 
plastico e impegnato costantemente in processi di apprendimento 
Le eventuali carenze nelle capacità empatiche possono essere ‘corrette’ secondo 
questi autori. In America si sono preparati piani di intervento nelle comunità, 
di ‘educazione emozionale’; viene anche citata l’attività psicoterapeutica 
come strumento efficace.
AUTOCONSAPEVOLEZZA 
E’ la continua attenzione ai propri stati interiori. La mente 
osserva e studia l’esperienza, comprese le emozioni. 
L’autoconsapevolezza permette il passaggio dall’agito all’azione. 
E’ la differenza che passa fra l’essere travolti da una furia omicida 
verso qualcuno e il pensare introspettivamente ‘ecco quello che sto 
provando è collera’ 
essere consapevoli di sé significa essere consapevoli sia del nostro 
stato d’animo che dei nostri pensieri su di esso 
Questa sensibilità è posseduta in gradi diversi e può essere più o 
meno equilibrata .
Mayer classifica diverse categorie di persone a seconda del modo 
in cui percepiscono e gestiscono le proprie emozioni: 
•autoconsapevoli: il loro essere attenti alla propria vita interiore 
li aiuta a controllare le emozioni. Sono individui autonomi che 
godono di una buona saluta psicologica 
•i sopraffatti: sono spesso sommersi dalle proprie emozioni e 
incapaci di sfuggir loro. Sono volubili e non pienamente 
consapevoli dei propri sentimenti. Spesso si sentono sopraffatti. 
•I rassegnati: sebbene abbiano spesso idee chiare sui propri 
sentimenti tendono ad accettarli senza cercare di modificarli (v. la 
sofferenza depressiva)
Affrontare le emozioni 
Il saper controllare le proprie emozioni penose è la chiave del 
benessere psicologico e i sentimenti estremi minano la nostra 
stabilità ed equilibrio. E’ importante che ci sia un equilibrio fra 
momenti positivi e negativi, perché la sofferenza non superi la 
capacità della mente di tollerarla (stress). 
Da esperimenti si evince che il cervello è costruito fin da 
principio per rispondere all’espressione di emozioni specifiche. 
L’empatia è una premessa biologica. 
Per essere empatico, il soggetto deve essere abbastanza calmo e 
recettivo da poter ricevere i sottili segnali emozionali emessi 
dall’altra persona e mimarli nel proprio cervello emozionale
Geni o ambiente? 
 I contributi di genetisti, psicologi e 
neurobiologi hanno portato a risultati 
largamente condivisi 
 studi sui gemelli omozigoti separati (Burt, 
1966, Shields, 1962 – correlazioni alte ma 
ambienti simili) 
 Studi sui bambini adottati 
 Studi sui gemelli eterozigoti 
 le differenze individuali sono causate da 
un’interazione di fattori genetici e fattori 
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Le prove psicometriche
Quali prove danno la misura 
dell’intelligenza? 
 Prove di laboratorio (es. tempi di 
reazione semplice e di scelta – è in 
relazione al tempo di automatizzazione 
ma è una misura indiretta e quindi 
imperfetta) 
 Prove psicometriche (misure 
lievemente migliori)
Caratteristiche di un buon test 
 Attendibilità: stabilità e replicabilità 
delle misure; 
 Validità: il test misura ciò che si propone 
di misurare; 
 Standardizzazione: la misura del singolo 
può essere confrontata con i risultati 
ottenuti da un campione ampio e 
rappresentativo della popolazione.
Alfred Binet 
Binet (1898) si focalizzò sullo studio dell’intelligenza 
per affrontare un problema pratico. Le autorità 
educative francesi, infatti, lo incaricarono di 
sviluppare uno strumento in grado di misurare i 
benefici dell’educazione scolastica, al fine di 
discriminare i bambini che avevano buone 
possibilità di affrontare gli studi con i programmi in 
vigore, da quelli che invece non erano in grado di 
farlo e che avrebbero dovuto frequentare le classi 
speciali.
 La scala Binet-Simon, prevedeva compiti 
appartenenti ad ambiti diversi (memoria, 
comprensione di parole, frasi e immagini). 
Infatti, secondo Binet l’intelligenza non era un 
costrutto unitario, ma multiplo, cioè costituito 
da varie abilità. 
 I compiti venivano organizzati in ordine 
crescente di difficoltà. 
 Per valutare la capacità di discriminazione del 
suo test, Binet effettuò una comparazione 
rispetto ai voti ottenuti dai ragazzi a scuola.
L’età mentale 
Binet introdusse il concetto di età mentale. Infatti, 
aveva osservato che vi è un normale incremento 
delle capacità mentali associato all’età. 
L’idea alla base del test creato da Binet era che un 
bambino di 5 anni “medio” sarà in grado di 
risolvere problemi idonei a quella fascia d’età, ma 
non quelli adeguati ad un bambino di 7 anni. 
Se il bambino ha un’EM superiore a quella 
cronologica sarà più intelligente dei bambini della 
sua stessa età, se l’EM è inferiore avrà dei deficit 
intellettivi.
Critica al concetto di EM 
L’EM ha sempre lo stesso significato, cioè è 
possibile che bambini di età diverse abbiano la 
stessa EM (per es. un bambino di 5 anni con 
EM 7 e un bambino di 10 anni con EM 7), ma 
dire che hanno lo stesso tipo di intelligenza è 
assai improbabile!
La misurazione dell’intelligenza 
 Stern voleva una misurazione dell’intelligenza 
che potesse essere usata per confrontare 
direttamente le persone. Nasce il Q.I: 
 Età mentale/ Età cronologica x 100 
 La scala Stenford-Binet: versione modificata da 
Terman della scala di Binet (1916). La 
standardizzazione determina quali prove 
corrispondono a quali età mentali. 
 Wechsler Adult intelligence Scale (WAIS) (1939, 
1981)
Il QI di rapporto 
Il QI o Quoziente intellettivo fu introdotto per 
superare i problemi legati al concetto di EM: 
QI = EM / EC * 100 
In questo modo era possibile specificare l’esatta 
collocazione di un individuo rispetto ai soggetti della 
stessa età. 
QI= 8/7*100=114
QI di rapporto 
Il 95% della popolazione ha un QI tra 70 e 130 
E’ considerato normale un QI= 90-110 
Normale ottuso : QI =80-90 
Borderline: QI=70-80 
Ritardato: <70
 Ma il QI di rapporto è strettamente 
legato al tipo di test che viene 
somministrato, in realtà nessun tipo di test 
riesce ad esplorare tutti gli aspetti del 
complesso costrutto che noi chiamiamo 
intelligenza. 
 Il QI di rapporto va sempre rapportato 
alle singole prove che costituiscono il test.
Le scale di intelligenza di Wechsler 
 Wechsler definisce l’intelligenza come “La capacità 
generale di un soggetto di capire e far fronte al 
mondo circostante”. 
 Egli concepisce l’intelligenza come entità globale, 
un’entità multideterminata e multisfaccettata. 
 L’intelligenza viene dedotta dal modo in cui abilità 
come il ragionamento, la memoria, la fluidità 
verbale si manifestano nelle diverse condizioni.
Scale Wechsler: 
 WAIS (Wechsler Adult Intelligent Scale) 
 WISC (Wechsler Intelligence Scale for Children) 
 WPPSI (Wechsler Preschool and Prymary scale of 
intelligence)
 Considerando l’intelligenza come entità 
multisfaccettata, Wechsler ritiene importante 
esplorarla in molti modi differenti, ovvero 
presentare il maggior numero di test diversi. 
 Es. la Scala WISC è un insieme di 12 test che 
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individualmente, suddivisi in test verbali e test 
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Test Verbali: 
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Pantusa

  • 1. Teorie dell’Intelligenza Psicologia dell’handicap e della riabilitazione Prof. Maria Francesca Pantusa
  • 3. Che cos’è l’intelligenza? Non esiste una definizione univoca di intelligenza, ma quella che trova più accordo tra gli studiosi è La capacità di produrre un comportamento adattivo e funzionale al raggiungimento di uno scopo, un comportamento che affronti con successo le sfide dell’ambiente e che permetta di realizzare gli scopi prefissati.
  • 4. TEORIE SCIENTIFICHE e DEL SENSO COMUNE  Teorie del Senso Comune (implicite):  Sono concezioni “ingenue ” dei non esperti: emergono negli scambi comunicativi quotidiani  Sono prodotte mediante processi di ri-costruzione sociale  Sono rappresentazioni sociali (S. Moscovici)
  • 5. Teorie implicite  La gente comune include nel concetto di intelligenza: 1. Capacità di risolvere problemi 2. Capacità verbale 3. Competenza sociale
  • 6. TEORIE SCIENTIFICHE e DEL SENSO COMUNE  Teorie Scientifiche (esplicite):  2 approcci allo studio dell’intelligenza  Unitario Teorie strutturaliste di tipo psicometrico (test QI)  Teorie UNITARIE-GLOBALI MATURATIVE : La Teoria Piagetiana (J. Piaget, Cognitivismo) Teorie fattoriali (Spearman)  Multiplo Teoria delle Intelligenze Multiple (H. Gardner) Teoria Triarchica dell’intelligenza (R. Sternberg)
  • 7. TEORIE UNITARIE-GLOBALI MATURATIVE  La Teoria Piagetiana: La teoria di Piaget identifica l’intelligenza come la capacità crescente che ha la mente di ragionare su entità astratte e sull’adattamento. Lo sviluppo dell’intelligenza secondo Piaget, corrisponde allo sviluppo della capacità di pensare logicamente. La logica viene considerata da Piaget come un processo che libera il pensiero e che consente agli individui di pensare alle cose più svariate.
  • 8. Piaget  Lo sviluppo dell’intelligenza procede da ciò che è concreto a ciò che è astratto. Piaget, nella sua teoria sullo sviluppo dell’intelligenza, fa riferimento a differenti stadi o periodi :  Periodo sensomotorio (0-2 anni). L’intelligenza assume la forma di azioni motorie; utilizza i sensi e le abilità motorie per esplorare e relazionarsi con ciò che lo circonda  Periodo pre-operazionale (2-7 anni). L’intelligenza è intuitiva; egocentrismo intellettuale, ovvero il punto di vista delle altre persone non è differenziato dal proprio, ancora non padroneggia le nozioni di quantità, classe e relazione  Periodo delle operazioni concrete (7-11 anni). La struttura cognitiva è logica ma dipende da contesti concreti;ha la nozione di quantità e classe  Periodo delle operazioni formali (11-15 anni). Il pensare implica astrazioni.
  • 9. Teorie fattoriali dell’intelligenza: Spearman  In qualsiasi prestazione cognitiva intervengono due fattori: un fattore g, generale, che interviene in tutte le più diverse prestazioni cognitive;  un fattore s, specifico di una particolare abilità cognitiva. La performance ad uno specifico test di intelligenza è data dall’intervento di una capacità mentale generale (g) e di un’attitudine mentale specifica (s)
  • 10. Struttura dell’intelligenza: Spearman  l’intelligenza è una capacità generale, detta fattore g trasversale e comune a diverse abilità specifiche  le abilità specifiche costituiscono i fattori secondari, fattori s ,come abilità linguistica, spaziale, aritmetica Quanto maggiore è il valore di “G” tanto meglio l’individuo dovrebbe riuscire in un test di intelligenza.
  • 11. TEORIE MULTIPLE DELL’INTELLIGENZA A metà del XX secolo, l’attenzione si spostò proprio su quelle componenti separate specifiche dell’intelligenza che Spearman sosteneva essere sottese da un fattore generale
  • 12. Struttura dell’intelligenza: Thurstone (1938, 1962) Thurstone (1938) propone una definizione di intelligenza caratterizzata da 7 abilità primarie che si collocano nella medesima posizione nell’articolazione dell’intelligenza: 1. Comprensione verbale 2. Fluidità verbale 3. Capacità numerica 4. Visualizzazione spaziale 5. Memoria 6. Ragionamento 7. Velocità percettiva
  • 13. Struttura dell’intelligenza: Guilford (1967) Guilford (1967) sostiene che L’intelligenza si compone e si articola in un numero elevato di abilità distinte ed autonome, specializzate per compiti specifici. Sono state individuate 120 differenti capacità.  Il pensiero convergente viene attivato nelle situazioni che permettono un’unica risposta pertinente  il pensiero divergente (o creativo) è attivato nelle situazioni che permettono più vie di uscita. Esso si caratterizza per i seguenti aspetti:  Fluidità  Flessibilità  Originalità  Elaborazione  Valutazione
  • 14. Struttura dell’intelligenza: Guilford (1967;1982)  120 abilità mentali (150 nel 1982): Operazioni: attività che la mente compie con le informazioni che riceve dai sistemi percettivo-sensoriali. Contenuti: fanno riferimento alla natura delle informazioni Prodotti: forma assunta dall’informazione quando viene elaborata
  • 15. Struttura dell’intelligenza Gardner (1983) 7 abilità: 1. Intelligenza linguistica 2. Intelligenza musicale 3. Intelligenza logico-matematica 4. Intelligenza spaziale 5. Intelligenza corporeo-cinestesica 6. Intelligenza intrapersonale 7. Intelligenza interpersonale 8. Intelligenza naturalistica 9. Intelligenza esistenziale
  • 16. Teoria tripartita dell’intelligenza (Sternberg, 1985) analitica Analizza- confronta-valuta pratica creativa Applica-usa-utilizza Crea-progetta -inventa
  • 17. L’INTELLIGENZA EMOTIVA Goleman-Sternberg-Salovey-Mayer Quando si parla di intelligenza emotiva ci si riferisce dunque alla capacità di: tenere a freno un impulso , avere consapevolezza delle proprie emozioni leggere i sentimenti intimi altrui, gestire senza scosse la relazione con gli altri Colui che si adira per ciò che deve e con chi deve, e inoltre come, quando e per quanto tempo si deve, può essere lodato (Aristotele, Etica nicomachea) Un’inchiesta fatta a livello mondiale riporta dati un po’ allarmanti: nell’attuale generazione di bambini è presente un maggio numero di problemi emozionali rispetto a quella precedente . Oggi i giovanissimi sono: •più soli e depressi •più rabbiosi e ribelli •più nervosi e inclini alla preoccupazione •più impulsivi e aggressivi
  • 18. Il concetto di intelligenza Sternberg e Salovey estendono queste abilità a 5 ambiti principali: 1. Conoscenza delle proprie emozioni: cioè la capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta 2. Controllo delle emozioni: la capacità di controllare i sentimenti in modo che siano appropriati si fonda sull’autoconsapevolezza : capacità di calmarsi, di liberarsi dall’ansia, dalla tristezza, dall’irritabilità ecc. Diversamente ci si trova continuamente a dover combattere contro sentimenti tormentosi ( capacità di modulare la sofferenza, piuttosto che evitarla o evacuarla) 3. Motivazione di sé stessi: la capacità di dominare le emozioni per raggiungere un obiettivo permette di: concentrare l’attenzione, trovare motivazione, controllo di sé, essere creativi. La capacità di ritardare la gratificazione e di controllare gli impulsi è alla base di qualunque tipo di realizzazione (Concentrazione e controllo non attraverso una scissione, ma una modulazione. Processo primario e secondario)
  • 19. 4. Riconoscimento delle emozioni altrui: empatia ‘provare dentro’. La mancanza di empatia ha un elevato costo sociale (progetto europeo per lo sviluppo delle emozioni nelle elementari). 5. Gestione delle relazioni: capacità di dominare le emozioni altrui. La capacità di continuare a ‘pensare’ anche in situazioni di turbolenza prodotta dalle emozioni degli altri. Questo sono le abilità che aumentano la popolarità, la leadership, l’efficacia interpersonale Il nostro livello di capacità ha una base neurale, però il cervello è plastico e impegnato costantemente in processi di apprendimento Le eventuali carenze nelle capacità empatiche possono essere ‘corrette’ secondo questi autori. In America si sono preparati piani di intervento nelle comunità, di ‘educazione emozionale’; viene anche citata l’attività psicoterapeutica come strumento efficace.
  • 20. AUTOCONSAPEVOLEZZA E’ la continua attenzione ai propri stati interiori. La mente osserva e studia l’esperienza, comprese le emozioni. L’autoconsapevolezza permette il passaggio dall’agito all’azione. E’ la differenza che passa fra l’essere travolti da una furia omicida verso qualcuno e il pensare introspettivamente ‘ecco quello che sto provando è collera’ essere consapevoli di sé significa essere consapevoli sia del nostro stato d’animo che dei nostri pensieri su di esso Questa sensibilità è posseduta in gradi diversi e può essere più o meno equilibrata .
  • 21. Mayer classifica diverse categorie di persone a seconda del modo in cui percepiscono e gestiscono le proprie emozioni: •autoconsapevoli: il loro essere attenti alla propria vita interiore li aiuta a controllare le emozioni. Sono individui autonomi che godono di una buona saluta psicologica •i sopraffatti: sono spesso sommersi dalle proprie emozioni e incapaci di sfuggir loro. Sono volubili e non pienamente consapevoli dei propri sentimenti. Spesso si sentono sopraffatti. •I rassegnati: sebbene abbiano spesso idee chiare sui propri sentimenti tendono ad accettarli senza cercare di modificarli (v. la sofferenza depressiva)
  • 22. Affrontare le emozioni Il saper controllare le proprie emozioni penose è la chiave del benessere psicologico e i sentimenti estremi minano la nostra stabilità ed equilibrio. E’ importante che ci sia un equilibrio fra momenti positivi e negativi, perché la sofferenza non superi la capacità della mente di tollerarla (stress). Da esperimenti si evince che il cervello è costruito fin da principio per rispondere all’espressione di emozioni specifiche. L’empatia è una premessa biologica. Per essere empatico, il soggetto deve essere abbastanza calmo e recettivo da poter ricevere i sottili segnali emozionali emessi dall’altra persona e mimarli nel proprio cervello emozionale
  • 23. Geni o ambiente?  I contributi di genetisti, psicologi e neurobiologi hanno portato a risultati largamente condivisi  studi sui gemelli omozigoti separati (Burt, 1966, Shields, 1962 – correlazioni alte ma ambienti simili)  Studi sui bambini adottati  Studi sui gemelli eterozigoti  le differenze individuali sono causate da un’interazione di fattori genetici e fattori ambientali.
  • 25. Quali prove danno la misura dell’intelligenza?  Prove di laboratorio (es. tempi di reazione semplice e di scelta – è in relazione al tempo di automatizzazione ma è una misura indiretta e quindi imperfetta)  Prove psicometriche (misure lievemente migliori)
  • 26. Caratteristiche di un buon test  Attendibilità: stabilità e replicabilità delle misure;  Validità: il test misura ciò che si propone di misurare;  Standardizzazione: la misura del singolo può essere confrontata con i risultati ottenuti da un campione ampio e rappresentativo della popolazione.
  • 27. Alfred Binet Binet (1898) si focalizzò sullo studio dell’intelligenza per affrontare un problema pratico. Le autorità educative francesi, infatti, lo incaricarono di sviluppare uno strumento in grado di misurare i benefici dell’educazione scolastica, al fine di discriminare i bambini che avevano buone possibilità di affrontare gli studi con i programmi in vigore, da quelli che invece non erano in grado di farlo e che avrebbero dovuto frequentare le classi speciali.
  • 28.  La scala Binet-Simon, prevedeva compiti appartenenti ad ambiti diversi (memoria, comprensione di parole, frasi e immagini). Infatti, secondo Binet l’intelligenza non era un costrutto unitario, ma multiplo, cioè costituito da varie abilità.  I compiti venivano organizzati in ordine crescente di difficoltà.  Per valutare la capacità di discriminazione del suo test, Binet effettuò una comparazione rispetto ai voti ottenuti dai ragazzi a scuola.
  • 29. L’età mentale Binet introdusse il concetto di età mentale. Infatti, aveva osservato che vi è un normale incremento delle capacità mentali associato all’età. L’idea alla base del test creato da Binet era che un bambino di 5 anni “medio” sarà in grado di risolvere problemi idonei a quella fascia d’età, ma non quelli adeguati ad un bambino di 7 anni. Se il bambino ha un’EM superiore a quella cronologica sarà più intelligente dei bambini della sua stessa età, se l’EM è inferiore avrà dei deficit intellettivi.
  • 30. Critica al concetto di EM L’EM ha sempre lo stesso significato, cioè è possibile che bambini di età diverse abbiano la stessa EM (per es. un bambino di 5 anni con EM 7 e un bambino di 10 anni con EM 7), ma dire che hanno lo stesso tipo di intelligenza è assai improbabile!
  • 31. La misurazione dell’intelligenza  Stern voleva una misurazione dell’intelligenza che potesse essere usata per confrontare direttamente le persone. Nasce il Q.I:  Età mentale/ Età cronologica x 100  La scala Stenford-Binet: versione modificata da Terman della scala di Binet (1916). La standardizzazione determina quali prove corrispondono a quali età mentali.  Wechsler Adult intelligence Scale (WAIS) (1939, 1981)
  • 32. Il QI di rapporto Il QI o Quoziente intellettivo fu introdotto per superare i problemi legati al concetto di EM: QI = EM / EC * 100 In questo modo era possibile specificare l’esatta collocazione di un individuo rispetto ai soggetti della stessa età. QI= 8/7*100=114
  • 33. QI di rapporto Il 95% della popolazione ha un QI tra 70 e 130 E’ considerato normale un QI= 90-110 Normale ottuso : QI =80-90 Borderline: QI=70-80 Ritardato: <70
  • 34.  Ma il QI di rapporto è strettamente legato al tipo di test che viene somministrato, in realtà nessun tipo di test riesce ad esplorare tutti gli aspetti del complesso costrutto che noi chiamiamo intelligenza.  Il QI di rapporto va sempre rapportato alle singole prove che costituiscono il test.
  • 35. Le scale di intelligenza di Wechsler  Wechsler definisce l’intelligenza come “La capacità generale di un soggetto di capire e far fronte al mondo circostante”.  Egli concepisce l’intelligenza come entità globale, un’entità multideterminata e multisfaccettata.  L’intelligenza viene dedotta dal modo in cui abilità come il ragionamento, la memoria, la fluidità verbale si manifestano nelle diverse condizioni.
  • 36. Scale Wechsler:  WAIS (Wechsler Adult Intelligent Scale)  WISC (Wechsler Intelligence Scale for Children)  WPPSI (Wechsler Preschool and Prymary scale of intelligence)
  • 37.  Considerando l’intelligenza come entità multisfaccettata, Wechsler ritiene importante esplorarla in molti modi differenti, ovvero presentare il maggior numero di test diversi.  Es. la Scala WISC è un insieme di 12 test che vengono somministrati al bambino individualmente, suddivisi in test verbali e test di performance.
  • 38. Test Verbali: 1) Informazioni 3) Somiglianze 5) Aritmetica 7) Vocabolario 9) Comprensione 11)Memoria di cifre Test di Performance: 2) Completamento di figure 4) Storie figurate 6) Disegno con i cubi 8) Ricostruzione di oggetti 10) Cifrario 12) Labirinti

Notas do Editor

  1. TEORIE UNITARIE : emergono dalle osservazioni che nella maggior parte degli individui, i vari aspetti intellettivi misurati dalle prove fossero tra loro in relazione. All’inizio del XX secolo, Spearman, sosteneva una TEORIE MULTIPLE DELL’INTELLIGENZA A metà del XX secolo, l’attenzione si spostò proprio su quelle componenti separate specifiche dell’intelligenza che Spearman sosteneva essere sottese da un fattore generale