SlideShare uma empresa Scribd logo
1 de 50
La memoria 
A cura di Eleonora Bilotta
Ebbinghaus e gli studi sulla memoria 
 Il primo lavoro sperimentale sulla memoria è stato condotto 
nella seconda metà del secolo scorso da Hermann 
Ebbinghaus (1850-1909). 
 Ebbinghaus utilizzò se stesso come soggetto sperimentale e 
come sperimentatore. Usò il metodo del ri-apprendimento. 
 Egli ottenne dati quantitativi misurando la memoria in termini 
di risparmio di tempo (e di ripetizioni) nella seduta di ri-apprendimento 
rispetto a quella di apprendimento. 
 Limiti del metodo di Ebbinghaus: 
– per mantenere condizioni sperimentali rigorosamente 
controllate ha tralasciato tutti quegli aspetti legati alla 
concettualizzazione e ai significati.
Effetto del super apprendimento 
 Ebbinghaus dimostrò che il super apprendimento, 
fino ad una certa soglia migliora la memoria. Infatti 
Aumentando il numero di ripetizioni 
proporzionalmente cresceva la memoria. Però si 
arrivava ad un punto in cui ripetere ulteriormente 
non serviva più ad aumentarla.
Curva dell’oblio 
 In un altro esperimento memorizzò alcune serie di sillabe e 
misurò la memoria dopo venti minuti, dopo un’ora, dopo nove 
ore, dopo un giorno, due giorni, sei giorni, trentuno giorni. 
 In tal modo poté mettere in evidenza come procede nel tempo 
l’oblio. In un primo tempo la memoria calva rapidamente. 
 Man mano che il tempo passava, però, Ebbinghaus si accorse 
che il decadimento diminuiva sempre più. Era come se le tracce 
e i ricordi, passato il primo periodo, diventassero più tenaci.
Apprendimento massivo e distribuito 
 In un terzo esperimento fece più sedute di apprendimento dello 
stesso materiale in giorni successivi. Si accorse che più sedute 
faceva, più si ricordava. 
 Però notò che un certo numero di ripetizioni, distribuite nel 
tempo, aveva lo stesso effetto di un numero di gran lunga 
superiore, concentrato però nella stessa seduta. Per cui arrivò a 
ritenere che l’apprendimento massivo, concentrato in un’unica 
volta, è meno efficace di quello distribuito, ripartito nel tempo. 
Effetto seriale 
 È legato alla disposizione in serie delle cose da imparare. 
 Le prime sillabe di una lista e le ultime si ricordano più 
facilmente di quelle posizionate nella parte centrale.
Compiti sperimentali 
 Si possono distinguere tre tipi di compiti sperimentali: 
– ri-apprendimento, rievocazione o ricordo, riconoscimento. 
 Nei processi mnestici si distinguono tre momenti 
fondamentali: 
– formazione del ricordo (o fissazione o immagazzinamento 
o registrazione); 
– l’oblio (o dimenticanza o decadimento); 
– il richiamo (o il recupero di informazioni). 
 La formazione del ricordo dipende principalmente dalla 
codifica (grado o tipo di catalogazione dell’informazione), 
dall’organizzazione (soggettiva o oggettiva) e dalla profondità 
(o ampiezza o ricchezza) dell’elaborazione. 
 Le conoscenze pregresse che il soggetto possiede, la 
ridondanza del materiale e il significato di cui è dotato sono 
importanti soprattutto perché influenzano codifica, 
organizzazione e profondità di elaborazione.
L’emotività influenza il ricordo e la 
memoria 
 C’è un grado ottimale di attivazione emotiva al di sotto e al 
di sopra del quale la formazione del ricordo è meno 
efficace. Tale livello è diverso per la memoria a breve 
termine e per quello a lungo termine. 
 Dei ricordi vengono immagazzinati solo alcuni pezzi. A 
partire da questi nel richiamo, viene ricostruita l’intera 
informazione da ricordare. I ricordi meglio formati vanno 
meno incontro ad oblio. 
 L’interferenza del materiale appreso prima (proattiva) o 
dopo (retroattiva) favorisce l’oblio, in maniera tanto più 
spiccata, quanto più i materiali sono simili. 
 Il sonno ha l’effetto di consolidare le tracce mnestiche e 
ridurre l’oblio (sleep effect dovuto alla mancanza di 
interferenze durante il riposo).
Oblio e richiamo 
 L’oblio varia a seconda del tipo di contenuto. Odori, gusti e 
abilità motorie si dimenticano difficilmente. La difficoltà di 
ricordare dipende in gran parte da inefficienza nel richiamare. 
 Il richiamo avviene in parte per accesso diretto alle informazioni 
immagazzinate, in parte per ricostruzione inferenziale. 
 Oggi si ritiene che esistano più memorie effettivamente distinte 
(con basi, architetture e meccanismi di processo 
dell’informazione diversi ). I più importanti sistemi di memoria 
possono essere i seguenti: 
– la memoria sensoriale, consiste in un prolungamento delle 
sensazioni oltre il tempo di esposizione all’oggetto. 
– La memoria iconica fa durare la vista di una figura fino a 
0.25 secondi dopo che è scomparsa; 
– la memoria ecoica fa continuare l’ascolto di un suono fino a 
4 secondi.
Il modello dello Human Information 
Processing 
 Tale indirizzo di ricerca qualifica l’essere umano come un 
soggetto (non l’unico) che opera sull’informazione che 
proviene dal mondo esterno decodificandola, elaborandola e 
codificandola a sua volta. 
I componenti del modello sono i seguenti: 
1. uno stimolo esterno al soggetto (che chiameremo input), per 
esempio una frase, descritta sotto forma di onde sonore che 
vanno a colpire la membrana auricolare di un individuo; 
2. una trasduzione sensoriale: la frase comincia ad esistere per il 
soggetto quando le onde sonore vengono convertite dal 
sistema uditivo del soggetto in impulsi neuroelettrici, che 
vengono ricevuti ed elaborati dal sistema nervoso centrale; 
3. un magazzino per l’informazione sensoriale, o registro 
sensoriale. Anche se lo stimolo fisico può essere in parte 
scemato, il soggetto conserva lo stimolo per un tempo 
brevissimo (massimo uno o due secondi), rappresentato con 
le sue caratteristiche sensoriali.
Il modello dello Human Information 
Processing 
4. un riconoscimento percettivo, permette di attribuire un 
significato allo stimolo registrato, attraverso un confronto con 
le informazioni che il soggetto possiede. 
5. una memoria a breve termine. L’informazione viene 
conservata per un breve periodo di tempo (non più di 30 sec.) 
in un magazzino a breve termine che ha una capacità limitata 
di contenimento e dove possono avvenire dei processi di 
controllo (codificazione, raggruppamento funzionale, 
reiterazione) che permettono una maggiore permanenza 
dell’informazione in arrivo; 
5. una memoria a lungo termine. L’informazione, che è già stata 
elaborata dalla memoria a breve termine, può essere 
conservata per tempi lunghi e in quantità praticamente 
illimitata, le caratteristiche dell’informazione conservata in 
questo magazzino sono di tipo: 
– semantico; 
– fonologico-sensoriale.
La memoria iconica 
 Quest’area di studio, attualmente abbandonato, che è stata 
un argomento di punta degli anni 60/70 (Sperling, 1960), è 
stata trattata da Neisser nel suo primo libro sulla psicologia 
cognitiva (1967). 
 L’indagine svolta sulla memoria iconica rappresenta una 
delle prime e più brillanti ricerche in cui si impiega un 
approccio cognitivista secondo il quale l’uomo funziona come 
un elaboratore di informazioni (Human Information 
Processing o HIP). 
 Attraverso una lunga serie di esperimenti, iniziati da Sperling, 
ci si era accorti che nell’uomo esiste un magazzino 
dell’informazione visiva in grado di mantenere attivo il suo 
contenuto per circa 200 msec.
I magazzini sensoriali e la memoria 
iconica 
 Nell’esperimento classico veniva mostrata al soggetto una 
matrice di lettere, e veniva poi chiesto di ricordare le lettere che 
comparivano in una riga, a caso, dopo che la matrice veniva 
tolta dalla vista. 
 Si scoprì che i soggetti erano in grado di ricordare fino a nove 
lettere, con una caduta del ricordo che aumentava con 
l’aumentare dell’intervallo tra la presentazione visiva della 
matrice e la richiesta. 
 Si ipotizzò quindi l’esistenza di un magazzino di memoria, 
chiamato magazzino sensoriale, che manteneva l’informazione 
nella sua forma sensoriale, per pochi millisecondi. 
 Si ipotizzò ancora che l’informazione venisse successivamente 
tradotta o trasformata, e immagazzinata in una memoria a breve 
termine. 
 I ricercatori si interrogarono sul funzionamento di questo 
magazzino sensoriale e sulla funzione della memoria iconica, 
facendo diverse ipotesi.
I magazzini iconici 
 Si ipotizzò che la memoria iconica serva a dare 
continuità all’immagine visiva, che altrimenti 
risulterebbe spezzettata e discontinua. 
 Ma se fosse vero che il magazzino iconico permette 
di percepire un oggetto in movimento, allora sarebbe 
come legittimare che esiste una forma di conoscenza 
“a priori” dell’oggetto stesso (cfr. Roncato e Casco, 
1979). 
 La difficoltà di fornire risposte coerenti sul 
funzionamento del magazzino iconico visivo ha fatto 
sì che la ricerca su questo argomento diminuisse 
inesorabilmente, fino a restare un argomento quasi 
abbandonato.
Le componenti di un processo di 
riconoscimento 
 Consideriamo ora il seguente schema semplificato 
delle principali componenti in gioco in percezione, 
attenzione e memoria (Moates & Schumacher, 1983):
Le componenti interagiscono fra loro 
 Possiamo identificare almeno 6 importanti componenti 
nel processo delle informazioni che sono attive mentre 
un individuo umano osserva un oggetto e che 
interagiscono reciprocamente, consentendo 
all’individuo stesso di processare le informazioni 
provenienti dal mondo che lo circonda. 
 recettori sensoriali, 
 registri sensoriali, 
 memoria permanente, 
 processi di riconoscimento di configurazioni, 
 attenzione 
 e memoria di servizio.
Il riconoscimento di modelli 
 Gli individui hanno un repertorio permanente di 
conoscenze sul loro mondo, tale componente ha preso il 
nome di memoria permanente. 
 E’ improbabile che gli stimoli esistenti nel nostro ambiente 
abbiano esattamente la stessa forma della conoscenza 
che abbiamo del mondo e che abbiamo immagazzinato 
nella memoria permanente. 
 Entrano allora in gioco numerosi processi detti di 
riconoscimento di configurazioni (pattern recognition), gli 
stimoli ambientali vengono identificati con qualcosa di già 
immagazzinato nella memoria dell'individuo.
Il concetto di schema 
 Gli schemi sono strutture mentali o unità organizzate 
delle conoscenze che l’individuo ha del mondo. 
 Noi possediamo un ampio numero di schemi di questo 
tipo, per quel che sappiamo sui libri, fiori, gli alberi. Essi 
possono avere vari livelli di generalità, e possono essere 
legati ad altri schemi. 
 Il numero di stimolazioni ambientali a cui un individuo 
potrebbe prestare attenzione è illimitato. Ma poiché 
l’individuo ha limitate capacità di processamento allora 
egli deve decidere come distribuirle tra i vari compiti che 
potrebbe seguire. 
 E’ questo il processo dell’attenzione.
La memoria che sostiene l’attività 
 L’individuo ha la capacità di porre in una memoria di 
servizio alcuni aspetti delle funzioni cognitive. 
 Questo tipo di memoria è legata a quel che comunemente 
viene detto consapevolezza. L’individuo diventa così 
capace di controllare o modificare alcuni processamenti 
che sta compiendo. 
 Questo aspetto consente anche di pianificare o di 
generare delle condizioni uniche di informazioni in cui non 
si è mai imbattuto in precedenza (Moates & Schumacher, 
1983).
Che cos’è la memoria? 
 Esiste un magazzino dove solitamente archiviamo le 
nostre esperienze sensoriali che chiamiamo memoria. 
 Gli studi sulla memoria iniziano in modo sistematico e 
coerente soltanto all’interno della psicologia cognitivista. 
 Le prove che esiste una forma di conservazione in 
memoria provengono da quelle ricerche sperimentali 
nelle quali si osserva che una quantità di materiale 
appreso viene rievocato in funzione del tempo trascorso 
dalla lettura del materiale stesso. 
 La ritenzione di questo materiale costituisce ciò che 
solitamente viene denominata memoria.
Come funziona la memoria?
Hebb e gli studi sulla memoria 
 L’idea, che esistano dei magazzini di memoria a lungo e a 
breve termine, era stata già avanzata da Hebb nel 1948. 
 Si sapeva peraltro che la ritenzione diminuiva con il passare 
del tempo (curva dell’oblio), ma non si sapeva con esattezza 
quale fosse l’entità della perdita a tempi molto brevi e molto 
lunghi. 
 Era necessario quindi trovare un mezzo per misurare il 
ricordo senza intervalli, subito dopo la lettura. 
 Ma occorreva anche impedire, perché la misura fosse 
corretta, che il soggetto stesso ricorresse a particolari 
operazioni automatiche di “fissaggio” del materiale come il 
rehearsal, che consiste nel ripetere mentalmente quanto si è 
udito.
Gli studi di Brown Peterson e 
Peterson del 1959 
 Brown (1958), Peterson e Peterson (1959) hanno il 
merito di aver messo in luce l’esistenza della MBT, 
misurando infatti la quantità di ricordo nelle 
condizioni in cui è impedito al soggetto il rehearsal. 
 Il primo di questi studiosi sostiene che è necessario 
riconoscere l’esistenza di un magazzino a breve 
termine con capacità limitata e soggetto a rapido 
decadimento, se non interviene il rehearsal.
Gli studi di Brown Peterson e 
Peterson del 1959 
 Se c'è molto materiale da mandare in memoria, anche 
l’intervallo di tempo che separa l’acquisizione dal ricordo sara 
molto lungo, per cui buona parte delle tracce avrà tempo di 
deteriorarsi definitivamente prima di essere rievocata. 
 Il rehearsal è, secondo Brown, una forma di ricordo che riattiva 
le tracce oppure provoca una reimpressione ex novo. 
 Brown sostiene ancora che il magazzino della MBT è molto 
diverso da quello a lungo termine (MLT). 
 La MLT è un archivio con enormi capacità, nel quale le 
informazioni vanno perse a causa di fenomeni di interferenza, la 
MBT ha una capacità molto limitata poichè le tracce in questa 
memoria hanno una velocità di decadimento molto rapida che 
causa l’oblio. 
 Nessuna perdita di informazione della MBT poteva essere 
attribuita, secondo Brown, a fenomeni di interferenza.
Il modello di Waugh e Norman 
 Il modello proposto da Waugh e Norman nel 1965 prevede due 
tipi di archivi: 
– memoria primaria e memoria secondaria. 
 La memoria primaria è un magazzino di capacità limitate; per 
cui se gli elementi da ritenere sono troppi, si supera ben presto 
questa capacità e si è costretti a liberare la memoria dai vecchi 
elementi. Gli elementi espulsi dalla memoria vanno perduti 
definitivamente. 
 L’oblio può essere contrastato se interviene il rehearsal perché 
tale operazione blocca l’immissione di nuovi elementi 
informativi. 
 Durante tale fase di fissazione, le informazioni passano nella 
memoria secondaria. 
 Non esiste di fatto un confine temporale preciso tra i due tipi di 
memoria.
La teoria dell’informazione 
 Secondo tale teoria (inizio degli anni ‘50), ogni stimolo che 
colpisce i nostri organi di senso non è altro che un complesso 
di informazioni. Queste informazioni sono più efficaci e 
quantitativamente superiori, quanto più ampio è il campione di 
stimoli da cui proviene lo stimolo in oggetto. 
 Infatti attraverso studi sperimentali si scoprì che il cervello 
risponde alla quantità di informazione: 
– maggiore è il numero di informazioni, maggiore è lo sforzo 
che viene fatto per riconoscere o ricordare lo stimolo. 
 La capacità di desumere informazioni da complesse 
stimolazioni non può che essere definita. Oltre una certa 
quantità limite, il cervello non ha più la possibilità di filtrare le 
informazioni e quindi diminuisce la sua capacità di 
elaborazione.
La quantità di informazione che 
possiamo ritenere 
 Con due suoni, il compito diventa più complicato, con quattro 
la complessità aumenta, ma l’apprendimento può ancora 
essere positivo, fino ad arrivare a sei suoni che, per via degli 
errori e della confusione che ingenerano nel soggetto 
sperimentale, può ritenersi la soglia massima della capacità di 
elaborazione. 
 Tale quota, che corrisponde a 2,5 bit o unità di informazione, 
è ovviamente soggetta ad estrema variabilità, a seconda degli 
stimoli e a seconda dei soggetti. 
 Che il cervello sia capace di elaborare ben più che 2,5 bit di 
informazione lo scopriamo se si considera, per esempio, il 
riconoscimento delle voci. I meccanismi che entrano in gioco 
sono gli stessi del riconoscimento dei suoni. Ma in questo 
compito il nostro cervello dimostra una abilità, una precisione 
e una prontezza che sono inspiegabili rispetto ai limiti della 
soglia di elaborazione dei suoni.
La quantità di informazione che possiamo 
ritenere 
 Siamo infatti capaci di distinguere una voce fra 
decine di altre voci che abbiamo in memoria. 
 Ma i suoni variano solo in altezza, mentre le voci 
possiedono altre caratteristiche connotative, fra cui il 
timbro, l’altezza, il ritmo. 
 Quando stimoli come questi si differenziano in più 
particolari aumenta la nostra capacità di 
discriminazione: 
– in poche parole sono gli stimoli stessi a rendersi più 
facilmente riconoscibili.
Sistemi di memoria
I sistemi di memoria 
 Un sistema di memoria è una struttura in grado di conservare 
l’informazione nel tempo. 
 I termini: 
– “codifica”, 
– “ritenzione” e 
– “recupero” 
 sono usati per descrivere tre aspetti fondamentali dei sistemi di 
memoria. 
 Il termine codifica si riferisce al modo in cui l’informazione, al suo 
arrivo, viene immagazzinata in un determinato sistema. 
 Il termine ritenzione si riferisce al modo in cui l’informazione viene 
conservata in un sistema nel corso del tempo 
 Il termine recupero si riferisce al modo in cui l’informazione viene 
estratta dal sistema. 
 Si usa il concetto di perdita di informazione per riferirsi a ciò che 
accade quando qualcosa accade con il processo di 
immagazzinamento e di conservazione dell’informazione.
Zone cerebrali coinvolte nei processi 
di memoria
La soglia limite: il magico numero 
sette, più o meno due 
 Gli studi di Miller e di altri hanno dimostrato che 
l’organismo non risponde tanto a uno stimolo singolo 
definito spazio-temporalmente, quanto allo stimolo in 
comparazione con l’insieme di altri stimoli di cui fa 
parte. 
 Quando riconosciamo qualcosa lo riferiamo a ciò che 
ci è noto circa il suo insieme di appartenenza. 
 In questo senso la percezione è strettamente legata 
alla memoria in quanto è solo nella memoria che si 
trova la chiave interpretativa dello stimolo.
La soglia limite: il magico numero 
sette, più o meno due 
 Questo fenomeno ci può anche informare rispetto a quanto 
riusciremo a superare la capacità limite: 
– se a questo punto utilizziamo le parole come items 
dell’esperimento, anche qui, dopo una prima lettura non 
riusciremo a ricordarne che 5 o 6. 
 Ma se, ancora una volta, possiamo fare una ri-codificazione 
significativa, formando per esempio delle frasi, il limite sarà di 
nuovo superato. 
 Noi abbiamo quindi la possibilità di raggruppare gli items in 
unità particolari che Miller chiama chunks. 
 La ri-codificazione per chunks ha una importanza eccezionale 
nei processi di memoria, dal riconoscimento alla soluzione dei 
problemi.
I registri sensoriali 
 I registri sensoriali visivi (Sperling, 1960; Averbach e Corriell, 
1961) hanno la funzione di trattenere per pochissimo tempo, in 
forma non elaborata, quello che percepiamo. 
 Le ricerche di Sperling avevano l’esigenza di spiegare perché 
solo una certa quantità di items memorizzati in precedenza 
poteva essere rievocata. 
 Questa quantità, che attualmente viene chiamata span di 
memoria immediata, è una porzione piuttosto piccola del 
materiale appreso. 
 L’autore ipotizzò che quello che percepiamo delle lettere 
dell’alfabeto, per esempio, può essere conservato per 
brevissimo tempo. Se in questo intervallo tutto il materiale non 
viene per così dire materializzato, scritto su un foglio o tradotto in 
parole, va irrimediabilmente perduto. 
 Per cui lo span di memoria immediata non è altro che il massimo 
di informazione recuperabile dal registro sensoriale prima che 
inizi il processo di decadimento.
Il modello di Sperling 
 Nel modello di Sperling (1967) sono previsti dei meccanismi di 
esplorazione della memoria iconica (Magazzino 
dell’Informazione Visiva o MIV ), delle operazioni di rehearsal e 
un magazzino uditivo (MIU). 
 Tra le operazioni di esplorazione o scansione e rehearsal 
interviene la memoria cuscinetto che ha la funzione di 
conservare le informazioni raccolte dalla memoria iconica sotto 
forma di istruzioni motorie. Il cuscinetto immagazzina le immagini 
e fornisce al meccanismo di ripetizione le informazioni 
necessarie perché questo le traduca in suoni. 
 Qualora ciò non sia necessario, essi vengono conservati nel 
magazzino uditivo. Questo a sua volta può venire esplorato 
perché abbia luogo una nuova ripetizione sub-vocalica. 
MIU 
rehearsal 
traduttore 
suono 
scritte 
memoria 
cuscinetto 
lettere 
MIV scansione
I principali tratti della memoria
Principali tratti della memoria 
 L’informazione, prima di essere comunicata attraverso parole 
o scrittura, viene tradotta in suoni e mantenuta attraverso il 
rehearsal in un magazzino di memoria uditiva. 
 Il processo di rehearsal in questo caso è troppo lento per 
eseguire una lettura rapida delle lettere nella memoria 
sensoriale. 
 Nella memoria cuscinetto vengono raccolte le informazioni 
sensoriali velocemente prima che svaniscano e per 
mantenerle a disposizione per un eventuale operazione di 
rehearsal.
Il cognitivismo e i modelli di memoria 
 Miller, Galanter e Pibram, nel 1960 pubblicano il libro “Piani e 
struttura del comportamento”, considerato generalmente il 
manifesto della psicologia cognitivista. 
 In tale opera, attraverso l’utilizzo di strumenti concettuali, 
desunti dagli studi di simulazione di comportamenti biologici 
su calcolatore, si sostiene che: 
“tutte le correlazioni fra stimolo e risposta devono essere 
mediate da una rappresentazione organizzata dell’ambiente 
che è costituita da un sistema di concetti e relazioni entro cui 
l’organismo si colloca” (Miller et alt, 1960). 
 Alcune ipotesi sull’importanza della rappresentazione interna 
si trovano negli scritti dei gestaltisti, fra cui Koehler, e in 
Tolman, anche se non hanno mai chiarito il modo in cui 
l’azione viene diretta da questa organizzazione cognitiva.
Gli schemi di comportamento 
 Per i cognitivisti esiste una organizzazione del comportamento 
(configurazione), che è importante sia per il comportamento 
che per la percezione che però, tendono ad essere 
preminentemente temporali. 
 Individuare uno schema alla base del comportamento non è 
facile in quanto non si riescono a definire le unità minimali 
ultime del comportamento dato che in ogni comportamento 
possiamo individuare unità specifiche e altre più generali. 
 “Uscire di casa” è una unità che può essere ricondotta a unità 
di comportamento più generali “Fare un viaggio” o più 
specifiche “Aprire la porta”. A sua volta, ognuna di queste unità 
ha delle sottounità. Se si eseguono tutte le possibili 
scomposizioni si arriva ad un comportamento ridotto a un 
complesso di unità organizzate gerarchicamente, a seconda 
della loro complessità.
Schemi e memoria 
 I cognitivisti suppongono che in questo complesso di 
schemi non siano contenute solo delle nozioni, ma 
anche delle istruzioni sul modo in cui vanno eseguite 
le azioni. 
 All’origine di ogni comportamento ci sarebbe un 
piano di cui il comportamento è la realizzazione. 
 “Un piano è ogni processo gerarchico nell’organismo 
che può controllare l'ordine in cui deve essere 
eseguita una sequenza di operazioni” (Miller et alt, 
1960). 
 In questa accezione, il piano non è altro che un 
programma completo di operazioni, che fissa la 
successione di quelle più generali così come di quelle 
più specifiche.
Che cos’è un piano? 
 Ogni comportamento è scomponibile in unità più semplici, per 
cui, se vengono eseguite tutte le possibili scomposizioni, si 
avrà lo stesso comportamento, ridotto alla sua forma 
essenziale, cioè un complesso di unità organizzate 
gerarchicamente a seconda della loro complessità. 
 Affinché l’analisi sia efficace, è necessario che sia attuata a tutti 
i livelli gerarchici simultaneamente, altrimenti andrebbero perse 
le proprietà configurative del comportamento stesso. 
 L’esecuzione di un piano può anche non essere una azione 
vera e propria (lettura silenziosa), ma anche operazioni di 
raccolta e trasformazione di informazione, cioè tutte le attività 
cognitive in generale. 
 Miller e gli altri definiscono il piano come il sistema di raccordo 
fra la rappresentazione della nostra conoscenza, l’immagine 
mentale, e l’azione.
Che cos’è un piano? 
 Tra immagine e piano non c'è una distinzione precisa 
in quanto un piano, una volta acquisito, viene a far 
parte dell’immagine; a sua volta la conoscenza deve 
essere incorporata in un piano generale altrimenti 
non avrebbe la possibilità di condizionare il 
comportamento. La realizzazione e la creazione di un 
piano avviene sempre attraverso operazioni di 
confronto fra due elementi: 
– l’unità di analisi non è più il riflesso perché non esistono 
risposte automatiche, bensì risposte controllate. 
 Parlando di controllo i cognitivisti si riferiscono 
sempre ad un confronto fra la situazione percepita e 
la situazione rappresentata.
Le verifiche del comportamento 
 Per esempio se noi chiamiamo per nome una persona a noi 
familiare, lo stimolo, cioè la persona, deve essere confrontato 
con una qualche immagine che di costei possediamo e, nel 
caso in cui questo test risulti positivo, allo stesso stimolo si 
attribuirà la conferma che il nome corrisponde alla persona 
fisica che conosciamo. 
 Se il risultato del confronto fra stimolo/persona fisica è 
negativo, cioè non riconosciamo la persona, riesamineremo 
più in dettaglio lo stimolo per procedere a verifiche più 
accurate dei nostri ricordi. 
 Questa successione di verifiche (tests) è stata chiamata TOTE 
(test, operate, test, exit) da Miller e collaboratori ed è da loro 
proposta come unità di analisi del comportamento, in 
alternativa al concetto di riflesso.
TOTE 
 “Il TOTE rappresenta lo schema di base in cui sono inseriti i 
nostri piani, la fase di test del TOTE implica la specificazione di 
tutte le conoscenze necessarie per il confronto che deve essere 
fatto e la fase operativa rappresenta ciò che l'organismo fa in 
proposito” (Miller et alt,1960). 
 Con il TOTE si può rappresentare più in dettaglio il sistema di 
raccordo fra immagine e azione, specificando opportunamente i 
tipi di controllo che si devono attuare. 
 Poiché, in ogni comportamento si può stabilire una gerarchia di 
azioni, dalle più elementari alle più generali e per ogni livello è 
necessario il controllo da parte di un piano particolare. 
 Come tutte le attività, anche quella del ricordo implica la 
realizzazione di un piano, o meglio un duplice piano, uno per 
l’organizzazione in memoria delle informazioni e un altro per il 
loro recupero.
Tecniche di memorizzazione 
attraverso la distintività contestuale
Le immagini del ricordo 
 L’esistenza di piani di questo tipo è convalidata dal verificarsi di alcuni 
fenomeni che gli associazionisti si sono sempre rifiutati di considerare: 
– l’uso di immagini nel ricordo, codificazione delle sillabe senza 
senso attraverso le parole. 
 A volte nelle prove di memoria l'intervento dei piani non appare 
chiaramente, ma ciò non toglie che ci sia. 
 Sembra a volte che un soggetto impari meccanicamente. 
 Ma se si osserva il fenomeno con più attenzione ci si può accorgere 
che egli ha come ritmato le sillabe utilizzando uno stratagemma 
efficace, sicuramente dettato da un piano di memorizzazione. 
 Anche apprendere non è possibile senza la predisposizione di un 
piano: 
 “Per poter riuscire a memorizzare una lista, un soggetto deve avere 
quel misterioso qualcosa detto 'intento ad apprendere… l’intenzione di 
apprendere significa che il soggetto esegue un piano per formare un 
piano che guidi la rievocazione” (Miller et alt., 1960).
Mappa mentale di New York
L’entità e la durata della perdita di 
informazione 
 Una perdita di informazione si può avere luogo durante la codifica, 
la ritenzione o il recupero. Un problema importante riguarda l’entità 
e la durata della perdita di informazione. 
 La perdita può essere momentanea e recuperabile, ma vi sono 
casi in cui la perdita diventa permanente 
 Per la memoria umana si pone il problema se nell’oblio 
l’informazione è definitivamente perduta o momentaneamente 
irrecuperabile. 
 In ogni sistema di memoria, l’informazione viene immagazzinata e 
conservata facendo ricorso a determinati meccanismi di 
registrazione, regolati da un proprio codice che consente una 
facile reperibilità e trasferibilità. 
 Lo stesso sistema di memoria può anche impiegare diversi codici. 
 L’informazione ritenuta in un sistema di memoria può anche 
essere ricodificata, recuperando l’informazione da quel sistema di 
memoria e codificandola in un altro sistema.
La riduzione e la riorganizzazione 
dell’informazione nei sistemi di memoria 
 I processi di reintegrazione o ricostruttivi permettono di 
completare un’informazione parzialmente distrutta o deteriorata. 
L’informazione viene ricostruita grazie ad ipotesi interpretative 
fondate su quella porzione di informazione che non è andata 
perduta, e grazie a fenomeni di ridondanza linguistica e di 
contesto. 
 L’informazione viene rappresentata, organizzata e codificata 
secondo varie modalità, e sono state sviluppate sofisticate 
strategie di recupero (information retrieval). Nel processo di 
ricodifica si possono verificare due importanti sub-processi: 
– la riduzione dell’informazione e la sua riorganizzazione. 
 La riduzione dell’informazione consiste nella concentrazione e 
sintesi dei dati, passando da una fonte all’altra. La 
riorganizzazione delle informazioni nella transizione da un 
magazzino all’altro consiste in una diversa elaborazione e 
sistematizzazione delle conoscenze.
Abilità cognitive basate sulla 
memoria
La memoria negli anni

Mais conteúdo relacionado

Mais procurados

Sistemi di memoria n
Sistemi di memoria nSistemi di memoria n
Sistemi di memoria nimartini
 
Lezione 4 attenzione
Lezione 4 attenzioneLezione 4 attenzione
Lezione 4 attenzioneimartini
 
Nde lezione 2
Nde lezione 2Nde lezione 2
Nde lezione 2imartini
 
Sviluppo memoria-capitolo 6 v
Sviluppo memoria-capitolo 6 vSviluppo memoria-capitolo 6 v
Sviluppo memoria-capitolo 6 vimartini
 
Jean piaget
Jean piagetJean piaget
Jean piagetimartini
 
disorder of memory ppt.pptx
disorder of memory ppt.pptxdisorder of memory ppt.pptx
disorder of memory ppt.pptxASHISH KUMAR
 
La memoria
La memoriaLa memoria
La memoriaimartini
 
La memoria
La memoriaLa memoria
La memoriaBetayo
 
Psico 2.4 - apprendimento (sintesi)
Psico   2.4 - apprendimento (sintesi)Psico   2.4 - apprendimento (sintesi)
Psico 2.4 - apprendimento (sintesi)elisa
 
La psicologia come scienza
La psicologia come scienzaLa psicologia come scienza
La psicologia come scienzaGianni Ferrarese
 
Psicologia generale la memoria
Psicologia generale   la memoriaPsicologia generale   la memoria
Psicologia generale la memoriaimartini
 
Emozioni 1
Emozioni 1Emozioni 1
Emozioni 1imartini
 
360 linguaggio del corpo
360 linguaggio del corpo360 linguaggio del corpo
360 linguaggio del corpoimartini
 
Gsd iimmagine
Gsd iimmagineGsd iimmagine
Gsd iimmagineimartini
 

Mais procurados (20)

Memoria 2
Memoria 2Memoria 2
Memoria 2
 
Sistemi di memoria n
Sistemi di memoria nSistemi di memoria n
Sistemi di memoria n
 
Memoria
MemoriaMemoria
Memoria
 
6 memoria
6 memoria6 memoria
6 memoria
 
Lezione 4 attenzione
Lezione 4 attenzioneLezione 4 attenzione
Lezione 4 attenzione
 
Nde lezione 2
Nde lezione 2Nde lezione 2
Nde lezione 2
 
Sviluppo memoria-capitolo 6 v
Sviluppo memoria-capitolo 6 vSviluppo memoria-capitolo 6 v
Sviluppo memoria-capitolo 6 v
 
Jean piaget
Jean piagetJean piaget
Jean piaget
 
disorder of memory ppt.pptx
disorder of memory ppt.pptxdisorder of memory ppt.pptx
disorder of memory ppt.pptx
 
El olvido
El olvidoEl olvido
El olvido
 
6 memoria
6 memoria6 memoria
6 memoria
 
La memoria
La memoriaLa memoria
La memoria
 
Working memory model
Working memory modelWorking memory model
Working memory model
 
La memoria
La memoriaLa memoria
La memoria
 
Psico 2.4 - apprendimento (sintesi)
Psico   2.4 - apprendimento (sintesi)Psico   2.4 - apprendimento (sintesi)
Psico 2.4 - apprendimento (sintesi)
 
La psicologia come scienza
La psicologia come scienzaLa psicologia come scienza
La psicologia come scienza
 
Psicologia generale la memoria
Psicologia generale   la memoriaPsicologia generale   la memoria
Psicologia generale la memoria
 
Emozioni 1
Emozioni 1Emozioni 1
Emozioni 1
 
360 linguaggio del corpo
360 linguaggio del corpo360 linguaggio del corpo
360 linguaggio del corpo
 
Gsd iimmagine
Gsd iimmagineGsd iimmagine
Gsd iimmagine
 

Destaque

La memoria
La memoriaLa memoria
La memoriaimartini
 
La memoria w
La memoria wLa memoria w
La memoria wimartini
 
Esame di Stato Psicologia - Argomenti per la prima prova
Esame di Stato Psicologia  - Argomenti per la prima provaEsame di Stato Psicologia  - Argomenti per la prima prova
Esame di Stato Psicologia - Argomenti per la prima prova110eLodeNet
 
Issr mi-04-memoria
Issr mi-04-memoriaIssr mi-04-memoria
Issr mi-04-memoriaimartini
 
Memoria e oblio
Memoria e oblioMemoria e oblio
Memoria e oblioimartini
 
La memoria v
La memoria vLa memoria v
La memoria vimartini
 
Cap. 6 apprendimento e memoria
Cap. 6 apprendimento e memoriaCap. 6 apprendimento e memoria
Cap. 6 apprendimento e memoriaiva martini
 
Manuale di sopravvivenza all'eds
Manuale di sopravvivenza all'edsManuale di sopravvivenza all'eds
Manuale di sopravvivenza all'edsAda Moscarella
 
Cap. 6 apprendimento e memoria
Cap. 6 apprendimento e memoriaCap. 6 apprendimento e memoria
Cap. 6 apprendimento e memoriaimartini
 
2^ Prova Esame di Stato: come impostare il progetto
2^ Prova Esame di Stato: come impostare il progetto2^ Prova Esame di Stato: come impostare il progetto
2^ Prova Esame di Stato: come impostare il progettoObiettivo Psicologia Srl
 
1^ Prova Esame di Stato: come impostare l'elaborato
1^ Prova Esame di Stato: come impostare l'elaborato1^ Prova Esame di Stato: come impostare l'elaborato
1^ Prova Esame di Stato: come impostare l'elaboratoObiettivo Psicologia Srl
 
4 memoria e apprendimento
4 memoria e apprendimento4 memoria e apprendimento
4 memoria e apprendimentoimartini
 
Psicologia generale
Psicologia generalePsicologia generale
Psicologia generaleimartini
 
Memoria ed emozione.La memoria emotiva - copia (2)
Memoria ed emozione.La memoria emotiva - copia (2)Memoria ed emozione.La memoria emotiva - copia (2)
Memoria ed emozione.La memoria emotiva - copia (2)Dario Lo Presti
 
Come memorizzare efficacemente
Come memorizzare efficacementeCome memorizzare efficacemente
Come memorizzare efficacemente110eLodeNet
 

Destaque (18)

La Memoria
La MemoriaLa Memoria
La Memoria
 
La memoria
La memoriaLa memoria
La memoria
 
La memoria w
La memoria wLa memoria w
La memoria w
 
Esame di Stato Psicologia - Argomenti per la prima prova
Esame di Stato Psicologia  - Argomenti per la prima provaEsame di Stato Psicologia  - Argomenti per la prima prova
Esame di Stato Psicologia - Argomenti per la prima prova
 
Issr mi-04-memoria
Issr mi-04-memoriaIssr mi-04-memoria
Issr mi-04-memoria
 
Memoria e oblio
Memoria e oblioMemoria e oblio
Memoria e oblio
 
La memoria v
La memoria vLa memoria v
La memoria v
 
La memoria
La memoriaLa memoria
La memoria
 
La memoria
La memoriaLa memoria
La memoria
 
Cap. 6 apprendimento e memoria
Cap. 6 apprendimento e memoriaCap. 6 apprendimento e memoria
Cap. 6 apprendimento e memoria
 
Manuale di sopravvivenza all'eds
Manuale di sopravvivenza all'edsManuale di sopravvivenza all'eds
Manuale di sopravvivenza all'eds
 
Cap. 6 apprendimento e memoria
Cap. 6 apprendimento e memoriaCap. 6 apprendimento e memoria
Cap. 6 apprendimento e memoria
 
2^ Prova Esame di Stato: come impostare il progetto
2^ Prova Esame di Stato: come impostare il progetto2^ Prova Esame di Stato: come impostare il progetto
2^ Prova Esame di Stato: come impostare il progetto
 
1^ Prova Esame di Stato: come impostare l'elaborato
1^ Prova Esame di Stato: come impostare l'elaborato1^ Prova Esame di Stato: come impostare l'elaborato
1^ Prova Esame di Stato: come impostare l'elaborato
 
4 memoria e apprendimento
4 memoria e apprendimento4 memoria e apprendimento
4 memoria e apprendimento
 
Psicologia generale
Psicologia generalePsicologia generale
Psicologia generale
 
Memoria ed emozione.La memoria emotiva - copia (2)
Memoria ed emozione.La memoria emotiva - copia (2)Memoria ed emozione.La memoria emotiva - copia (2)
Memoria ed emozione.La memoria emotiva - copia (2)
 
Come memorizzare efficacemente
Come memorizzare efficacementeCome memorizzare efficacemente
Come memorizzare efficacemente
 

Semelhante a Memoria cw

Corso memorizzazione v
Corso memorizzazione vCorso memorizzazione v
Corso memorizzazione vimartini
 
21 02 5_2011
21 02 5_201121 02 5_2011
21 02 5_2011imartini
 
Corso07 08-4
Corso07 08-4Corso07 08-4
Corso07 08-4imartini
 
Corso07 08-4
Corso07 08-4Corso07 08-4
Corso07 08-4imartini
 
Memoria visiva 1
Memoria visiva 1Memoria visiva 1
Memoria visiva 1imartini
 
Issr mi-04-memoria c
Issr mi-04-memoria cIssr mi-04-memoria c
Issr mi-04-memoria cimartini
 
Funzioni e disabilità cognitive 2
Funzioni e disabilità cognitive 2Funzioni e disabilità cognitive 2
Funzioni e disabilità cognitive 2imartini
 
.memoria2009[1]
.memoria2009[1].memoria2009[1]
.memoria2009[1]imartini
 
memoria2009[1]
memoria2009[1]memoria2009[1]
memoria2009[1]imartini
 
Logo lezione 05102007 h 1400
Logo lezione 05102007 h 1400Logo lezione 05102007 h 1400
Logo lezione 05102007 h 1400imartini
 

Semelhante a Memoria cw (20)

Memoriav
MemoriavMemoriav
Memoriav
 
Corso memorizzazione v
Corso memorizzazione vCorso memorizzazione v
Corso memorizzazione v
 
Memoria
MemoriaMemoria
Memoria
 
21 02 5_2011
21 02 5_201121 02 5_2011
21 02 5_2011
 
Memoria 3
Memoria 3Memoria 3
Memoria 3
 
Corso07 08-4
Corso07 08-4Corso07 08-4
Corso07 08-4
 
Corso07 08-4
Corso07 08-4Corso07 08-4
Corso07 08-4
 
Memoria visiva 1
Memoria visiva 1Memoria visiva 1
Memoria visiva 1
 
Issr mi-04-memoria c
Issr mi-04-memoria cIssr mi-04-memoria c
Issr mi-04-memoria c
 
Memoria
MemoriaMemoria
Memoria
 
Memoria
MemoriaMemoria
Memoria
 
H
HH
H
 
Memoria v
Memoria vMemoria v
Memoria v
 
Memoria
MemoriaMemoria
Memoria
 
Funzioni e disabilità cognitive 2
Funzioni e disabilità cognitive 2Funzioni e disabilità cognitive 2
Funzioni e disabilità cognitive 2
 
Lez 09 03
Lez 09 03Lez 09 03
Lez 09 03
 
Lez 09 03
Lez 09 03Lez 09 03
Lez 09 03
 
.memoria2009[1]
.memoria2009[1].memoria2009[1]
.memoria2009[1]
 
memoria2009[1]
memoria2009[1]memoria2009[1]
memoria2009[1]
 
Logo lezione 05102007 h 1400
Logo lezione 05102007 h 1400Logo lezione 05102007 h 1400
Logo lezione 05102007 h 1400
 

Mais de imartini

2 parliamo e discutiamo del bullismo
2 parliamo e discutiamo del bullismo2 parliamo e discutiamo del bullismo
2 parliamo e discutiamo del bullismoimartini
 
Scheda bambino
Scheda bambinoScheda bambino
Scheda bambinoimartini
 
Subitizing
SubitizingSubitizing
Subitizingimartini
 
intelligenza emotiva
intelligenza emotivaintelligenza emotiva
intelligenza emotivaimartini
 
Il quaderno delle_regole_di_matematica
Il quaderno delle_regole_di_matematicaIl quaderno delle_regole_di_matematica
Il quaderno delle_regole_di_matematicaimartini
 
comunicazione_non_verbale
 comunicazione_non_verbale comunicazione_non_verbale
comunicazione_non_verbaleimartini
 
osservazione fattoei di rischio dsa
osservazione fattoei  di rischio dsaosservazione fattoei  di rischio dsa
osservazione fattoei di rischio dsaimartini
 
Prerequisiti
Prerequisiti Prerequisiti
Prerequisiti imartini
 
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura imartini
 
Dispensa dsa
Dispensa  dsaDispensa  dsa
Dispensa dsaimartini
 
Dentro ai dsa n
Dentro ai dsa nDentro ai dsa n
Dentro ai dsa nimartini
 
stili di apprendimento
stili di apprendimentostili di apprendimento
stili di apprendimentoimartini
 
Dsa fasce eta
Dsa  fasce etaDsa  fasce eta
Dsa fasce etaimartini
 
Sviluppo percettivomotorio
Sviluppo percettivomotorio Sviluppo percettivomotorio
Sviluppo percettivomotorio imartini
 
prerequisiti della scrittura
prerequisiti della scritturaprerequisiti della scrittura
prerequisiti della scritturaimartini
 

Mais de imartini (20)

2 parliamo e discutiamo del bullismo
2 parliamo e discutiamo del bullismo2 parliamo e discutiamo del bullismo
2 parliamo e discutiamo del bullismo
 
Scheda bambino
Scheda bambinoScheda bambino
Scheda bambino
 
Subitizing
SubitizingSubitizing
Subitizing
 
intelligenza emotiva
intelligenza emotivaintelligenza emotiva
intelligenza emotiva
 
Il quaderno delle_regole_di_matematica
Il quaderno delle_regole_di_matematicaIl quaderno delle_regole_di_matematica
Il quaderno delle_regole_di_matematica
 
comunicazione_non_verbale
 comunicazione_non_verbale comunicazione_non_verbale
comunicazione_non_verbale
 
Adhd u
Adhd uAdhd u
Adhd u
 
DSA
DSADSA
DSA
 
osservazione fattoei di rischio dsa
osservazione fattoei  di rischio dsaosservazione fattoei  di rischio dsa
osservazione fattoei di rischio dsa
 
Prerequisiti
Prerequisiti Prerequisiti
Prerequisiti
 
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
Per sito-prerequisiti-letto-scrittura
 
scrittura
scritturascrittura
scrittura
 
Dispensa dsa
Dispensa  dsaDispensa  dsa
Dispensa dsa
 
Dentro ai dsa n
Dentro ai dsa nDentro ai dsa n
Dentro ai dsa n
 
dislessia
dislessiadislessia
dislessia
 
stili di apprendimento
stili di apprendimentostili di apprendimento
stili di apprendimento
 
DSA
DSADSA
DSA
 
Dsa fasce eta
Dsa  fasce etaDsa  fasce eta
Dsa fasce eta
 
Sviluppo percettivomotorio
Sviluppo percettivomotorio Sviluppo percettivomotorio
Sviluppo percettivomotorio
 
prerequisiti della scrittura
prerequisiti della scritturaprerequisiti della scrittura
prerequisiti della scrittura
 

Memoria cw

  • 1. La memoria A cura di Eleonora Bilotta
  • 2. Ebbinghaus e gli studi sulla memoria  Il primo lavoro sperimentale sulla memoria è stato condotto nella seconda metà del secolo scorso da Hermann Ebbinghaus (1850-1909).  Ebbinghaus utilizzò se stesso come soggetto sperimentale e come sperimentatore. Usò il metodo del ri-apprendimento.  Egli ottenne dati quantitativi misurando la memoria in termini di risparmio di tempo (e di ripetizioni) nella seduta di ri-apprendimento rispetto a quella di apprendimento.  Limiti del metodo di Ebbinghaus: – per mantenere condizioni sperimentali rigorosamente controllate ha tralasciato tutti quegli aspetti legati alla concettualizzazione e ai significati.
  • 3. Effetto del super apprendimento  Ebbinghaus dimostrò che il super apprendimento, fino ad una certa soglia migliora la memoria. Infatti Aumentando il numero di ripetizioni proporzionalmente cresceva la memoria. Però si arrivava ad un punto in cui ripetere ulteriormente non serviva più ad aumentarla.
  • 4. Curva dell’oblio  In un altro esperimento memorizzò alcune serie di sillabe e misurò la memoria dopo venti minuti, dopo un’ora, dopo nove ore, dopo un giorno, due giorni, sei giorni, trentuno giorni.  In tal modo poté mettere in evidenza come procede nel tempo l’oblio. In un primo tempo la memoria calva rapidamente.  Man mano che il tempo passava, però, Ebbinghaus si accorse che il decadimento diminuiva sempre più. Era come se le tracce e i ricordi, passato il primo periodo, diventassero più tenaci.
  • 5. Apprendimento massivo e distribuito  In un terzo esperimento fece più sedute di apprendimento dello stesso materiale in giorni successivi. Si accorse che più sedute faceva, più si ricordava.  Però notò che un certo numero di ripetizioni, distribuite nel tempo, aveva lo stesso effetto di un numero di gran lunga superiore, concentrato però nella stessa seduta. Per cui arrivò a ritenere che l’apprendimento massivo, concentrato in un’unica volta, è meno efficace di quello distribuito, ripartito nel tempo. Effetto seriale  È legato alla disposizione in serie delle cose da imparare.  Le prime sillabe di una lista e le ultime si ricordano più facilmente di quelle posizionate nella parte centrale.
  • 6. Compiti sperimentali  Si possono distinguere tre tipi di compiti sperimentali: – ri-apprendimento, rievocazione o ricordo, riconoscimento.  Nei processi mnestici si distinguono tre momenti fondamentali: – formazione del ricordo (o fissazione o immagazzinamento o registrazione); – l’oblio (o dimenticanza o decadimento); – il richiamo (o il recupero di informazioni).  La formazione del ricordo dipende principalmente dalla codifica (grado o tipo di catalogazione dell’informazione), dall’organizzazione (soggettiva o oggettiva) e dalla profondità (o ampiezza o ricchezza) dell’elaborazione.  Le conoscenze pregresse che il soggetto possiede, la ridondanza del materiale e il significato di cui è dotato sono importanti soprattutto perché influenzano codifica, organizzazione e profondità di elaborazione.
  • 7. L’emotività influenza il ricordo e la memoria  C’è un grado ottimale di attivazione emotiva al di sotto e al di sopra del quale la formazione del ricordo è meno efficace. Tale livello è diverso per la memoria a breve termine e per quello a lungo termine.  Dei ricordi vengono immagazzinati solo alcuni pezzi. A partire da questi nel richiamo, viene ricostruita l’intera informazione da ricordare. I ricordi meglio formati vanno meno incontro ad oblio.  L’interferenza del materiale appreso prima (proattiva) o dopo (retroattiva) favorisce l’oblio, in maniera tanto più spiccata, quanto più i materiali sono simili.  Il sonno ha l’effetto di consolidare le tracce mnestiche e ridurre l’oblio (sleep effect dovuto alla mancanza di interferenze durante il riposo).
  • 8. Oblio e richiamo  L’oblio varia a seconda del tipo di contenuto. Odori, gusti e abilità motorie si dimenticano difficilmente. La difficoltà di ricordare dipende in gran parte da inefficienza nel richiamare.  Il richiamo avviene in parte per accesso diretto alle informazioni immagazzinate, in parte per ricostruzione inferenziale.  Oggi si ritiene che esistano più memorie effettivamente distinte (con basi, architetture e meccanismi di processo dell’informazione diversi ). I più importanti sistemi di memoria possono essere i seguenti: – la memoria sensoriale, consiste in un prolungamento delle sensazioni oltre il tempo di esposizione all’oggetto. – La memoria iconica fa durare la vista di una figura fino a 0.25 secondi dopo che è scomparsa; – la memoria ecoica fa continuare l’ascolto di un suono fino a 4 secondi.
  • 9. Il modello dello Human Information Processing  Tale indirizzo di ricerca qualifica l’essere umano come un soggetto (non l’unico) che opera sull’informazione che proviene dal mondo esterno decodificandola, elaborandola e codificandola a sua volta. I componenti del modello sono i seguenti: 1. uno stimolo esterno al soggetto (che chiameremo input), per esempio una frase, descritta sotto forma di onde sonore che vanno a colpire la membrana auricolare di un individuo; 2. una trasduzione sensoriale: la frase comincia ad esistere per il soggetto quando le onde sonore vengono convertite dal sistema uditivo del soggetto in impulsi neuroelettrici, che vengono ricevuti ed elaborati dal sistema nervoso centrale; 3. un magazzino per l’informazione sensoriale, o registro sensoriale. Anche se lo stimolo fisico può essere in parte scemato, il soggetto conserva lo stimolo per un tempo brevissimo (massimo uno o due secondi), rappresentato con le sue caratteristiche sensoriali.
  • 10. Il modello dello Human Information Processing 4. un riconoscimento percettivo, permette di attribuire un significato allo stimolo registrato, attraverso un confronto con le informazioni che il soggetto possiede. 5. una memoria a breve termine. L’informazione viene conservata per un breve periodo di tempo (non più di 30 sec.) in un magazzino a breve termine che ha una capacità limitata di contenimento e dove possono avvenire dei processi di controllo (codificazione, raggruppamento funzionale, reiterazione) che permettono una maggiore permanenza dell’informazione in arrivo; 5. una memoria a lungo termine. L’informazione, che è già stata elaborata dalla memoria a breve termine, può essere conservata per tempi lunghi e in quantità praticamente illimitata, le caratteristiche dell’informazione conservata in questo magazzino sono di tipo: – semantico; – fonologico-sensoriale.
  • 11. La memoria iconica  Quest’area di studio, attualmente abbandonato, che è stata un argomento di punta degli anni 60/70 (Sperling, 1960), è stata trattata da Neisser nel suo primo libro sulla psicologia cognitiva (1967).  L’indagine svolta sulla memoria iconica rappresenta una delle prime e più brillanti ricerche in cui si impiega un approccio cognitivista secondo il quale l’uomo funziona come un elaboratore di informazioni (Human Information Processing o HIP).  Attraverso una lunga serie di esperimenti, iniziati da Sperling, ci si era accorti che nell’uomo esiste un magazzino dell’informazione visiva in grado di mantenere attivo il suo contenuto per circa 200 msec.
  • 12. I magazzini sensoriali e la memoria iconica  Nell’esperimento classico veniva mostrata al soggetto una matrice di lettere, e veniva poi chiesto di ricordare le lettere che comparivano in una riga, a caso, dopo che la matrice veniva tolta dalla vista.  Si scoprì che i soggetti erano in grado di ricordare fino a nove lettere, con una caduta del ricordo che aumentava con l’aumentare dell’intervallo tra la presentazione visiva della matrice e la richiesta.  Si ipotizzò quindi l’esistenza di un magazzino di memoria, chiamato magazzino sensoriale, che manteneva l’informazione nella sua forma sensoriale, per pochi millisecondi.  Si ipotizzò ancora che l’informazione venisse successivamente tradotta o trasformata, e immagazzinata in una memoria a breve termine.  I ricercatori si interrogarono sul funzionamento di questo magazzino sensoriale e sulla funzione della memoria iconica, facendo diverse ipotesi.
  • 13. I magazzini iconici  Si ipotizzò che la memoria iconica serva a dare continuità all’immagine visiva, che altrimenti risulterebbe spezzettata e discontinua.  Ma se fosse vero che il magazzino iconico permette di percepire un oggetto in movimento, allora sarebbe come legittimare che esiste una forma di conoscenza “a priori” dell’oggetto stesso (cfr. Roncato e Casco, 1979).  La difficoltà di fornire risposte coerenti sul funzionamento del magazzino iconico visivo ha fatto sì che la ricerca su questo argomento diminuisse inesorabilmente, fino a restare un argomento quasi abbandonato.
  • 14. Le componenti di un processo di riconoscimento  Consideriamo ora il seguente schema semplificato delle principali componenti in gioco in percezione, attenzione e memoria (Moates & Schumacher, 1983):
  • 15. Le componenti interagiscono fra loro  Possiamo identificare almeno 6 importanti componenti nel processo delle informazioni che sono attive mentre un individuo umano osserva un oggetto e che interagiscono reciprocamente, consentendo all’individuo stesso di processare le informazioni provenienti dal mondo che lo circonda.  recettori sensoriali,  registri sensoriali,  memoria permanente,  processi di riconoscimento di configurazioni,  attenzione  e memoria di servizio.
  • 16. Il riconoscimento di modelli  Gli individui hanno un repertorio permanente di conoscenze sul loro mondo, tale componente ha preso il nome di memoria permanente.  E’ improbabile che gli stimoli esistenti nel nostro ambiente abbiano esattamente la stessa forma della conoscenza che abbiamo del mondo e che abbiamo immagazzinato nella memoria permanente.  Entrano allora in gioco numerosi processi detti di riconoscimento di configurazioni (pattern recognition), gli stimoli ambientali vengono identificati con qualcosa di già immagazzinato nella memoria dell'individuo.
  • 17. Il concetto di schema  Gli schemi sono strutture mentali o unità organizzate delle conoscenze che l’individuo ha del mondo.  Noi possediamo un ampio numero di schemi di questo tipo, per quel che sappiamo sui libri, fiori, gli alberi. Essi possono avere vari livelli di generalità, e possono essere legati ad altri schemi.  Il numero di stimolazioni ambientali a cui un individuo potrebbe prestare attenzione è illimitato. Ma poiché l’individuo ha limitate capacità di processamento allora egli deve decidere come distribuirle tra i vari compiti che potrebbe seguire.  E’ questo il processo dell’attenzione.
  • 18. La memoria che sostiene l’attività  L’individuo ha la capacità di porre in una memoria di servizio alcuni aspetti delle funzioni cognitive.  Questo tipo di memoria è legata a quel che comunemente viene detto consapevolezza. L’individuo diventa così capace di controllare o modificare alcuni processamenti che sta compiendo.  Questo aspetto consente anche di pianificare o di generare delle condizioni uniche di informazioni in cui non si è mai imbattuto in precedenza (Moates & Schumacher, 1983).
  • 19. Che cos’è la memoria?  Esiste un magazzino dove solitamente archiviamo le nostre esperienze sensoriali che chiamiamo memoria.  Gli studi sulla memoria iniziano in modo sistematico e coerente soltanto all’interno della psicologia cognitivista.  Le prove che esiste una forma di conservazione in memoria provengono da quelle ricerche sperimentali nelle quali si osserva che una quantità di materiale appreso viene rievocato in funzione del tempo trascorso dalla lettura del materiale stesso.  La ritenzione di questo materiale costituisce ciò che solitamente viene denominata memoria.
  • 20. Come funziona la memoria?
  • 21. Hebb e gli studi sulla memoria  L’idea, che esistano dei magazzini di memoria a lungo e a breve termine, era stata già avanzata da Hebb nel 1948.  Si sapeva peraltro che la ritenzione diminuiva con il passare del tempo (curva dell’oblio), ma non si sapeva con esattezza quale fosse l’entità della perdita a tempi molto brevi e molto lunghi.  Era necessario quindi trovare un mezzo per misurare il ricordo senza intervalli, subito dopo la lettura.  Ma occorreva anche impedire, perché la misura fosse corretta, che il soggetto stesso ricorresse a particolari operazioni automatiche di “fissaggio” del materiale come il rehearsal, che consiste nel ripetere mentalmente quanto si è udito.
  • 22. Gli studi di Brown Peterson e Peterson del 1959  Brown (1958), Peterson e Peterson (1959) hanno il merito di aver messo in luce l’esistenza della MBT, misurando infatti la quantità di ricordo nelle condizioni in cui è impedito al soggetto il rehearsal.  Il primo di questi studiosi sostiene che è necessario riconoscere l’esistenza di un magazzino a breve termine con capacità limitata e soggetto a rapido decadimento, se non interviene il rehearsal.
  • 23. Gli studi di Brown Peterson e Peterson del 1959  Se c'è molto materiale da mandare in memoria, anche l’intervallo di tempo che separa l’acquisizione dal ricordo sara molto lungo, per cui buona parte delle tracce avrà tempo di deteriorarsi definitivamente prima di essere rievocata.  Il rehearsal è, secondo Brown, una forma di ricordo che riattiva le tracce oppure provoca una reimpressione ex novo.  Brown sostiene ancora che il magazzino della MBT è molto diverso da quello a lungo termine (MLT).  La MLT è un archivio con enormi capacità, nel quale le informazioni vanno perse a causa di fenomeni di interferenza, la MBT ha una capacità molto limitata poichè le tracce in questa memoria hanno una velocità di decadimento molto rapida che causa l’oblio.  Nessuna perdita di informazione della MBT poteva essere attribuita, secondo Brown, a fenomeni di interferenza.
  • 24. Il modello di Waugh e Norman  Il modello proposto da Waugh e Norman nel 1965 prevede due tipi di archivi: – memoria primaria e memoria secondaria.  La memoria primaria è un magazzino di capacità limitate; per cui se gli elementi da ritenere sono troppi, si supera ben presto questa capacità e si è costretti a liberare la memoria dai vecchi elementi. Gli elementi espulsi dalla memoria vanno perduti definitivamente.  L’oblio può essere contrastato se interviene il rehearsal perché tale operazione blocca l’immissione di nuovi elementi informativi.  Durante tale fase di fissazione, le informazioni passano nella memoria secondaria.  Non esiste di fatto un confine temporale preciso tra i due tipi di memoria.
  • 25. La teoria dell’informazione  Secondo tale teoria (inizio degli anni ‘50), ogni stimolo che colpisce i nostri organi di senso non è altro che un complesso di informazioni. Queste informazioni sono più efficaci e quantitativamente superiori, quanto più ampio è il campione di stimoli da cui proviene lo stimolo in oggetto.  Infatti attraverso studi sperimentali si scoprì che il cervello risponde alla quantità di informazione: – maggiore è il numero di informazioni, maggiore è lo sforzo che viene fatto per riconoscere o ricordare lo stimolo.  La capacità di desumere informazioni da complesse stimolazioni non può che essere definita. Oltre una certa quantità limite, il cervello non ha più la possibilità di filtrare le informazioni e quindi diminuisce la sua capacità di elaborazione.
  • 26. La quantità di informazione che possiamo ritenere  Con due suoni, il compito diventa più complicato, con quattro la complessità aumenta, ma l’apprendimento può ancora essere positivo, fino ad arrivare a sei suoni che, per via degli errori e della confusione che ingenerano nel soggetto sperimentale, può ritenersi la soglia massima della capacità di elaborazione.  Tale quota, che corrisponde a 2,5 bit o unità di informazione, è ovviamente soggetta ad estrema variabilità, a seconda degli stimoli e a seconda dei soggetti.  Che il cervello sia capace di elaborare ben più che 2,5 bit di informazione lo scopriamo se si considera, per esempio, il riconoscimento delle voci. I meccanismi che entrano in gioco sono gli stessi del riconoscimento dei suoni. Ma in questo compito il nostro cervello dimostra una abilità, una precisione e una prontezza che sono inspiegabili rispetto ai limiti della soglia di elaborazione dei suoni.
  • 27. La quantità di informazione che possiamo ritenere  Siamo infatti capaci di distinguere una voce fra decine di altre voci che abbiamo in memoria.  Ma i suoni variano solo in altezza, mentre le voci possiedono altre caratteristiche connotative, fra cui il timbro, l’altezza, il ritmo.  Quando stimoli come questi si differenziano in più particolari aumenta la nostra capacità di discriminazione: – in poche parole sono gli stimoli stessi a rendersi più facilmente riconoscibili.
  • 29. I sistemi di memoria  Un sistema di memoria è una struttura in grado di conservare l’informazione nel tempo.  I termini: – “codifica”, – “ritenzione” e – “recupero”  sono usati per descrivere tre aspetti fondamentali dei sistemi di memoria.  Il termine codifica si riferisce al modo in cui l’informazione, al suo arrivo, viene immagazzinata in un determinato sistema.  Il termine ritenzione si riferisce al modo in cui l’informazione viene conservata in un sistema nel corso del tempo  Il termine recupero si riferisce al modo in cui l’informazione viene estratta dal sistema.  Si usa il concetto di perdita di informazione per riferirsi a ciò che accade quando qualcosa accade con il processo di immagazzinamento e di conservazione dell’informazione.
  • 30. Zone cerebrali coinvolte nei processi di memoria
  • 31. La soglia limite: il magico numero sette, più o meno due  Gli studi di Miller e di altri hanno dimostrato che l’organismo non risponde tanto a uno stimolo singolo definito spazio-temporalmente, quanto allo stimolo in comparazione con l’insieme di altri stimoli di cui fa parte.  Quando riconosciamo qualcosa lo riferiamo a ciò che ci è noto circa il suo insieme di appartenenza.  In questo senso la percezione è strettamente legata alla memoria in quanto è solo nella memoria che si trova la chiave interpretativa dello stimolo.
  • 32. La soglia limite: il magico numero sette, più o meno due  Questo fenomeno ci può anche informare rispetto a quanto riusciremo a superare la capacità limite: – se a questo punto utilizziamo le parole come items dell’esperimento, anche qui, dopo una prima lettura non riusciremo a ricordarne che 5 o 6.  Ma se, ancora una volta, possiamo fare una ri-codificazione significativa, formando per esempio delle frasi, il limite sarà di nuovo superato.  Noi abbiamo quindi la possibilità di raggruppare gli items in unità particolari che Miller chiama chunks.  La ri-codificazione per chunks ha una importanza eccezionale nei processi di memoria, dal riconoscimento alla soluzione dei problemi.
  • 33. I registri sensoriali  I registri sensoriali visivi (Sperling, 1960; Averbach e Corriell, 1961) hanno la funzione di trattenere per pochissimo tempo, in forma non elaborata, quello che percepiamo.  Le ricerche di Sperling avevano l’esigenza di spiegare perché solo una certa quantità di items memorizzati in precedenza poteva essere rievocata.  Questa quantità, che attualmente viene chiamata span di memoria immediata, è una porzione piuttosto piccola del materiale appreso.  L’autore ipotizzò che quello che percepiamo delle lettere dell’alfabeto, per esempio, può essere conservato per brevissimo tempo. Se in questo intervallo tutto il materiale non viene per così dire materializzato, scritto su un foglio o tradotto in parole, va irrimediabilmente perduto.  Per cui lo span di memoria immediata non è altro che il massimo di informazione recuperabile dal registro sensoriale prima che inizi il processo di decadimento.
  • 34. Il modello di Sperling  Nel modello di Sperling (1967) sono previsti dei meccanismi di esplorazione della memoria iconica (Magazzino dell’Informazione Visiva o MIV ), delle operazioni di rehearsal e un magazzino uditivo (MIU).  Tra le operazioni di esplorazione o scansione e rehearsal interviene la memoria cuscinetto che ha la funzione di conservare le informazioni raccolte dalla memoria iconica sotto forma di istruzioni motorie. Il cuscinetto immagazzina le immagini e fornisce al meccanismo di ripetizione le informazioni necessarie perché questo le traduca in suoni.  Qualora ciò non sia necessario, essi vengono conservati nel magazzino uditivo. Questo a sua volta può venire esplorato perché abbia luogo una nuova ripetizione sub-vocalica. MIU rehearsal traduttore suono scritte memoria cuscinetto lettere MIV scansione
  • 35. I principali tratti della memoria
  • 36. Principali tratti della memoria  L’informazione, prima di essere comunicata attraverso parole o scrittura, viene tradotta in suoni e mantenuta attraverso il rehearsal in un magazzino di memoria uditiva.  Il processo di rehearsal in questo caso è troppo lento per eseguire una lettura rapida delle lettere nella memoria sensoriale.  Nella memoria cuscinetto vengono raccolte le informazioni sensoriali velocemente prima che svaniscano e per mantenerle a disposizione per un eventuale operazione di rehearsal.
  • 37. Il cognitivismo e i modelli di memoria  Miller, Galanter e Pibram, nel 1960 pubblicano il libro “Piani e struttura del comportamento”, considerato generalmente il manifesto della psicologia cognitivista.  In tale opera, attraverso l’utilizzo di strumenti concettuali, desunti dagli studi di simulazione di comportamenti biologici su calcolatore, si sostiene che: “tutte le correlazioni fra stimolo e risposta devono essere mediate da una rappresentazione organizzata dell’ambiente che è costituita da un sistema di concetti e relazioni entro cui l’organismo si colloca” (Miller et alt, 1960).  Alcune ipotesi sull’importanza della rappresentazione interna si trovano negli scritti dei gestaltisti, fra cui Koehler, e in Tolman, anche se non hanno mai chiarito il modo in cui l’azione viene diretta da questa organizzazione cognitiva.
  • 38. Gli schemi di comportamento  Per i cognitivisti esiste una organizzazione del comportamento (configurazione), che è importante sia per il comportamento che per la percezione che però, tendono ad essere preminentemente temporali.  Individuare uno schema alla base del comportamento non è facile in quanto non si riescono a definire le unità minimali ultime del comportamento dato che in ogni comportamento possiamo individuare unità specifiche e altre più generali.  “Uscire di casa” è una unità che può essere ricondotta a unità di comportamento più generali “Fare un viaggio” o più specifiche “Aprire la porta”. A sua volta, ognuna di queste unità ha delle sottounità. Se si eseguono tutte le possibili scomposizioni si arriva ad un comportamento ridotto a un complesso di unità organizzate gerarchicamente, a seconda della loro complessità.
  • 39. Schemi e memoria  I cognitivisti suppongono che in questo complesso di schemi non siano contenute solo delle nozioni, ma anche delle istruzioni sul modo in cui vanno eseguite le azioni.  All’origine di ogni comportamento ci sarebbe un piano di cui il comportamento è la realizzazione.  “Un piano è ogni processo gerarchico nell’organismo che può controllare l'ordine in cui deve essere eseguita una sequenza di operazioni” (Miller et alt, 1960).  In questa accezione, il piano non è altro che un programma completo di operazioni, che fissa la successione di quelle più generali così come di quelle più specifiche.
  • 40. Che cos’è un piano?  Ogni comportamento è scomponibile in unità più semplici, per cui, se vengono eseguite tutte le possibili scomposizioni, si avrà lo stesso comportamento, ridotto alla sua forma essenziale, cioè un complesso di unità organizzate gerarchicamente a seconda della loro complessità.  Affinché l’analisi sia efficace, è necessario che sia attuata a tutti i livelli gerarchici simultaneamente, altrimenti andrebbero perse le proprietà configurative del comportamento stesso.  L’esecuzione di un piano può anche non essere una azione vera e propria (lettura silenziosa), ma anche operazioni di raccolta e trasformazione di informazione, cioè tutte le attività cognitive in generale.  Miller e gli altri definiscono il piano come il sistema di raccordo fra la rappresentazione della nostra conoscenza, l’immagine mentale, e l’azione.
  • 41. Che cos’è un piano?  Tra immagine e piano non c'è una distinzione precisa in quanto un piano, una volta acquisito, viene a far parte dell’immagine; a sua volta la conoscenza deve essere incorporata in un piano generale altrimenti non avrebbe la possibilità di condizionare il comportamento. La realizzazione e la creazione di un piano avviene sempre attraverso operazioni di confronto fra due elementi: – l’unità di analisi non è più il riflesso perché non esistono risposte automatiche, bensì risposte controllate.  Parlando di controllo i cognitivisti si riferiscono sempre ad un confronto fra la situazione percepita e la situazione rappresentata.
  • 42. Le verifiche del comportamento  Per esempio se noi chiamiamo per nome una persona a noi familiare, lo stimolo, cioè la persona, deve essere confrontato con una qualche immagine che di costei possediamo e, nel caso in cui questo test risulti positivo, allo stesso stimolo si attribuirà la conferma che il nome corrisponde alla persona fisica che conosciamo.  Se il risultato del confronto fra stimolo/persona fisica è negativo, cioè non riconosciamo la persona, riesamineremo più in dettaglio lo stimolo per procedere a verifiche più accurate dei nostri ricordi.  Questa successione di verifiche (tests) è stata chiamata TOTE (test, operate, test, exit) da Miller e collaboratori ed è da loro proposta come unità di analisi del comportamento, in alternativa al concetto di riflesso.
  • 43. TOTE  “Il TOTE rappresenta lo schema di base in cui sono inseriti i nostri piani, la fase di test del TOTE implica la specificazione di tutte le conoscenze necessarie per il confronto che deve essere fatto e la fase operativa rappresenta ciò che l'organismo fa in proposito” (Miller et alt,1960).  Con il TOTE si può rappresentare più in dettaglio il sistema di raccordo fra immagine e azione, specificando opportunamente i tipi di controllo che si devono attuare.  Poiché, in ogni comportamento si può stabilire una gerarchia di azioni, dalle più elementari alle più generali e per ogni livello è necessario il controllo da parte di un piano particolare.  Come tutte le attività, anche quella del ricordo implica la realizzazione di un piano, o meglio un duplice piano, uno per l’organizzazione in memoria delle informazioni e un altro per il loro recupero.
  • 44. Tecniche di memorizzazione attraverso la distintività contestuale
  • 45. Le immagini del ricordo  L’esistenza di piani di questo tipo è convalidata dal verificarsi di alcuni fenomeni che gli associazionisti si sono sempre rifiutati di considerare: – l’uso di immagini nel ricordo, codificazione delle sillabe senza senso attraverso le parole.  A volte nelle prove di memoria l'intervento dei piani non appare chiaramente, ma ciò non toglie che ci sia.  Sembra a volte che un soggetto impari meccanicamente.  Ma se si osserva il fenomeno con più attenzione ci si può accorgere che egli ha come ritmato le sillabe utilizzando uno stratagemma efficace, sicuramente dettato da un piano di memorizzazione.  Anche apprendere non è possibile senza la predisposizione di un piano:  “Per poter riuscire a memorizzare una lista, un soggetto deve avere quel misterioso qualcosa detto 'intento ad apprendere… l’intenzione di apprendere significa che il soggetto esegue un piano per formare un piano che guidi la rievocazione” (Miller et alt., 1960).
  • 46. Mappa mentale di New York
  • 47. L’entità e la durata della perdita di informazione  Una perdita di informazione si può avere luogo durante la codifica, la ritenzione o il recupero. Un problema importante riguarda l’entità e la durata della perdita di informazione.  La perdita può essere momentanea e recuperabile, ma vi sono casi in cui la perdita diventa permanente  Per la memoria umana si pone il problema se nell’oblio l’informazione è definitivamente perduta o momentaneamente irrecuperabile.  In ogni sistema di memoria, l’informazione viene immagazzinata e conservata facendo ricorso a determinati meccanismi di registrazione, regolati da un proprio codice che consente una facile reperibilità e trasferibilità.  Lo stesso sistema di memoria può anche impiegare diversi codici.  L’informazione ritenuta in un sistema di memoria può anche essere ricodificata, recuperando l’informazione da quel sistema di memoria e codificandola in un altro sistema.
  • 48. La riduzione e la riorganizzazione dell’informazione nei sistemi di memoria  I processi di reintegrazione o ricostruttivi permettono di completare un’informazione parzialmente distrutta o deteriorata. L’informazione viene ricostruita grazie ad ipotesi interpretative fondate su quella porzione di informazione che non è andata perduta, e grazie a fenomeni di ridondanza linguistica e di contesto.  L’informazione viene rappresentata, organizzata e codificata secondo varie modalità, e sono state sviluppate sofisticate strategie di recupero (information retrieval). Nel processo di ricodifica si possono verificare due importanti sub-processi: – la riduzione dell’informazione e la sua riorganizzazione.  La riduzione dell’informazione consiste nella concentrazione e sintesi dei dati, passando da una fonte all’altra. La riorganizzazione delle informazioni nella transizione da un magazzino all’altro consiste in una diversa elaborazione e sistematizzazione delle conoscenze.
  • 49. Abilità cognitive basate sulla memoria