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Stefano Micelli, Marco Simoni, Irene Tinagli
Giovani, al lavoro!
Le proposte di Italia Futura
per l’occupazione giovanile
Stefano Micelli, Marco Simoni, Irene Tinagli
Giovani, al lavoro!
Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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R I N G R A Z I A M E N T I
Gli autori ringraziano Alessio Liquori e Raoul Minetti per il contributo fondamentale
alla stesura delle tre proposte.
Ringraziano altresì sentitamente Fabrizio Baroni, Innocenzo Cipolletta, Giuseppe De Rita,
Maurizio Ferrera e Nicola Rossi per gli utilissimi commenti su una stesura preliminare.
Grazie a Marco Palillo per il prezioso aiuto nelle attività di ricerca e di benchmark internazionale.
Un ringraziamento particolare a Stefania Multari di Confartigianato
e Enrico Amadei della Confederazione Nazionale della Piccola e Media Impresa.
L’appendice statistica è stata realizzata da Sergio de Ferra,
dottorando della London School of Economics.
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Indice
1. INTRODUZIONE. 5
Giovani e lavoro: la vera emergenza nazionale
2. CAPITOLO 1. 8
Il mondo fuori: analisi e confronto internazionale
di IreneTinagli
3. CAPITOLO 2. 39
Tre proposte per ripartire dai giovani
di Marco Simoni
4. CAPITOLO 3. 53
Il caso dell’artigiano: un’occasione per crescere
di Stefano Micelli
5. APPENDICE STATISTICA. 68
I numeri del quindicennio perso (1994 – 2009)
di Sergio de Ferra
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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I N T R O D U Z I O N E
Giovani e lavoro:
la vera emergenza nazionale
L’Italia deve ricominciare ad investire sul proprio futuro. Da troppo tempo lo sguardo
della politica ha smesso di puntare avanti, schiacciando il nostro paese sul presente e sul pas-
sato, togliendogli slancio e prospettiva.È urgente invertire questa tendenza,occuparsi del pre-
sente pensando al tempo prossimo e a dove vogliamo che l’Italia sia tra cinque, dieci anni.
Mossi da questa convinzione abbiamo elaborato la campagna che presentiamo in que-
ste pagine, una campagna corredata da una serie ampia di proposte che offriamo al dibattito
pubblico e politico.
Abbiamo scelto di concentrarci sulla disoccupazione giovanile e sulle politiche per con-
trastarla, perché il tema dei giovani non è un dettaglio ma il cuore di un grande paese. Pen-
siamo che l’allarmante, a volte tragica, situazione economica vissuta dalla maggioranza dei
giovani del nostro paese sia la vera urgenza nazionale e il frutto più chiaro del fallimento della
politica degli ultimi quindici anni. Concentrarsi sul tema dei giovani significa, dunque, occu-
parsi di molte cose: della parte più fresca e creativa del paese, del futuro di tutti noi e di una
politica che torni a mettere al centro della discussione il bene comune.
Il bene comune non è una ricetta preconfezionata ma frutto dell’elaborazione, dell’ap-
profondimento e della discussione pubblica. Eppure, nei mesi durante i quali i bollettini del-
l’ISTAT diramavano dati sempre più allarmanti sulla condizione delle giovani generazioni,
abbiamo sentito poche idee e poche proposte arrivare da chi dovrebbe occuparsi non solo
di amministrare il presente ma di costruire il futuro.
La disoccupazione giovanile in Italia è molto più alta della media dei paesi dell’Europa
occidentale,nel nostro paese è più facile essere disoccupati se si è giovani rispetto a qualsiasi
altra classe di età. Non c’è da stupirsi, dunque, se siamo il paese in cui i giovani adulti fanno
più fatica ad uscire dalla casa dei propri genitori o se la natalità è più bassa di quanto si regi-
stri in Germania, Francia o Inghilterra.
Negli ultimi dieci anni il reddito pro capite in Italia è calato, mentre aumentava, sia pur
di poco, nei paesi a noi vicini. Le conseguenze della stagnazione economica italiana sono av-
vertite soprattutto dai giovani. E questo significa che – a meno di un intervento tempestivo –
la prospettiva è ancora più difficile della situazione di oggi,perché la stagnazione economica sta
indebolendo socialmente ed economicamente la spina dorsale dell’Italia del futuro prossimo.
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
In altre parole, quello dei giovani non è uno tra i tantissimi problemi che affliggono il
nostro paese ma la questione centrale sulla quale concentrarsi per tornare a investire sul fu-
turo, invertire la spirale del declino e tornare a trovare le ragioni dell’orgoglio nazionale anche
per quello che facciamo, oltre che per quello che siamo.
Le statistiche e le analisi economiche sono importanti per comprendere le dimensioni
e la gravità del problema che abbiamo davanti e, soprattutto, per elaborare risposte efficaci.
Ma per riconoscere l’urgenza di mettere in moto buone politiche è sufficiente ascoltare i rac-
conti, le storie, la vita vissuta dai giovani italiani. Migliaia di risposte sono arrivate sul nostro
sito web, in cui chiedevamo una testimonianza sul mondo del lavoro. Una parte, largamente
maggioritaria, racconta storie difficilissime. La storia di chi non riesce a trovare lavoro e vede
mortificate le proprie capacità: è anche la storia di una società che rinuncia a quelle compe-
tenze e quell’entusiasmo. Sono meno drammatici i racconti di chi, scoraggiato da troppe bar-
riere, ha deciso di trovare fortuna altrove, generalmente con buoni risultati. C’è da essere
orgogliosi della capacità dei giovani italiani di mietere successo in giro per il mondo, ma c’è
da preoccuparsi per la nostra incapacità di attrarre talenti o mantenere i nostri. Gli inglesi lo
chiamano brain drain,la bilancia commerciale delle intelligenze,che ci vede posizionati sempre
peggio rispetto agli altri paesi europei. Le altre storie difficili si concentrano sul lavoro preca-
rio, che estende le sue caratteristiche alla vita delle persone; la mancanza di trasparenza, e a
volte la corruzione; il senso di impotenza davanti a politiche miopi e corporative: tratti di-
stintivi di un paese che non cura il futuro.
Eppure, in un contesto difficile, con risorse economiche sempre più ridotte, con op-
portunità negate,nonostante grandi ostacoli,i giovani italiani sono protagonisti di grandi sforzi
e di un lavoro silenzioso ma fondamentale che ha aiutato l’Italia a non declinare ulteriormente,
a non trasformare le enormi difficoltà in una resa. E, sempre senza negare i contesti difficili,
sono tante anche le storie di orgoglio che abbiamo ricevuto. Di giovani ricercatori che por-
tano avanti le nostre università. Di chi, tra mille ostacoli burocratici porta avanti l’azienda fa-
miliare, o cerca di iniziare una piccola attività artigiana, preservando e innovando con grande
entusiasmo le nostre tradizioni.Abbiamo ricevuto le tante storie di giovani lavoratori e pro-
fessionisti senza i quali la nostra economia non potrebbe funzionare. Persone spesso con un
contratto flessibile che sanno di essere indispensabili per l’azienda, la pubblica amministra-
zione, la scuola o l’ospedale nei quali lavorano.
Noi siamo convinti che l’Italia di oggi sia una combinazione di declino e potenzialità.Di
opportunità negate, di rendite prepotenti che convivono accanto ad una straordinaria capa-
cità di lavoro, di dedizione, di impegno. Dipende, dunque, dalla politica e dai decisori pubblici
la scelta di quale strada prevarrà:se quella del declino inevitabile,di una nazione che tra le tante
spaccature dovrà annoverare anche quella del ritorno dell’emigrazione di massa e della di-
soccupazione crescente, con punte estreme nel meridione, oppure quella della ripresa eco-
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
nomica fondata sul lavoro, che offre opportunità soprattutto ai giovani di mettere le loro
energie nelle istituzioni, nelle aziende, nei luoghi di lavoro in cui si trovano, sicuri che il loro
impegno sarà riconosciuto fino in fondo.
Noi crediamo che la differenza tra la prima e la seconda possibilità,tra declino e futuro,
passi anche dall’impegno. Ed è con senso di partecipazione civica che Italia Futura ha prepa-
rato questa campagna, coinvolgendo studiosi, professionisti, esperti, appassionati e volontari.
Il lavoro di queste pagine comprende tre parti. La prima è quella dell’analisi, per capire
nel dettaglio quanto è rilevante il problema della disoccupazione giovanile e cosa si fa nel
resto del mondo. IreneTinagli traccia un quadro molto difficile, sottolineando quanto nel no-
stro paese la crisi abbia colpito soprattutto i giovani, mentre la politica ha deciso di sottova-
lutare il problema. Allo stesso tempo, lo sguardo sui nostri vicini europei ci mostra
un’amplissima varietà di interventi possibili per invertire la rotta. La seconda parte è quella
delle proposte. Marco Simoni ne individua tre, che riguardano il fisco e l’evasione fiscale, l’im-
prenditoria giovanile e la formazione del capitale umano.Sono proposte che non esauriscono
la necessità di interventi ampi di politica economica per rilanciare la crescita. Ma sono pro-
poste che,se attuate,potrebbero attivare circoli virtuosi di conoscenza,produttività e crescita,
mentre riannodano il tessuto del patto fiscale logorato.
La terza parte suggerisce un focus importante che proponiamo alla discussione: quello
sull’artigianato.Stefano Micelli spiega come l’artigianato sia uno degli anelli di congiunzione più
forte tra l’economia globalizzata e la nostra cultura,uno dei modi con i quali l’Italia può girare
la globalizzazione a suo vantaggio e crescere grazie all’apertura dei mercati anziché temerla
e averne paura: a patto di compiere alcune precise scelte politiche.
L’appendice a questi capitoli offre al lettore un ampio compendio di dati comparati,utili
alla lettura ma, soprattutto, a fotografare la situazione di estrema difficoltà della nostra eco-
nomia e della nostra società.
Il nostro punto di partenza è netto: il tema dell’occupazione giovanile è la vera emer-
genza nazionale e, come ogni questione complessa, va affrontata con strumenti adeguati e
multiformi, parte dei quali è individuata nelle pagine che seguono. Come sempre, offriamo le
nostre competenze e le nostre analisi al dibattito, lanciando una campagna di discussione che
coinvolgerà migliaia di italiani di tutte le età, convinti che sia ora di voltare pagina.
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C A P I T O L O 1
IL MONDO FUORI: ANALISI E CONFRONTO
INTERNAZIONALE
di IreneTinagli
1. Disoccupazione giovanile: agire ora per cambiare il futuro 9
2. Il fenomeno: dati e confronto internazionale 11
3. Analisi: possibili cause e fattori collegati 15
3.1 Istruzione e abbandono scolastico 15
3.2 Formazione, apprendistato e collegamento con il mondo del lavoro 18
3.3 Precarietà e qualità del lavoro 21
4. Quali politiche? 25
4.1 Politiche per l’istruzione 25
4.2 Formazione professionale 27
4.3 Ammortizzatori sociali 30
4.4 Incentivi fiscali per l’assunzione di giovani 34
4.5 Misure normative relative al mercato del lavoro: il contratto unico 35
4.6 Promozione e supporto della cultura imprenditoriale 36
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1. Disoccupazione giovanile:
agire ora per cambiare il futuro
Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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La crisi economica globale ha colpito in modo particolarmente grave le generazioni più
giovani, sia in Europa che negli Stati Uniti. L’Italia, che grazie alla cassa integrazione è riuscita
ad attutire, in parte, gli effetti sull’occupazione “adulta”, ha tuttavia ceduto in maniera preoc-
cupante sul fronte di quella giovanile.Stando agli ultimi dati disponibili,oggi in Italia circa il 27%
dei giovani tra i 15 e i 24 anni è disoccupato. Sono giovani che non studiano più, che magari
hanno conseguito il diploma o la laurea,che cercano lavoro,ma che non trovano niente.A que-
sti andrebbero poi aggiunti quelli che non cercano nemmeno più.
A che serve gloriarsi della relativa tenuta dell’occupazione “adulta”, quando abbiamo
oltre due milioni di giovani in uno stato di totale smarrimento e abbandono? È come se gli ef-
fetti peggiori della crisi fossero stati scaricati su di loro.Ma scaricare il peso di questa crisi sui
giovani significa buttare dalla finestra quello che ben presto busserà alla porta come un
dramma di portata ancora maggiore.
La disoccupazione giovanile ha pericolosi effetti di lungo periodo. Numerose ricerche
hanno dimostrato che essere disoccupati da giovani influenza pesantemente gli sviluppi di car-
riera e,in modo particolare,i livelli retributivi futuri.Questo ha effetti non solo sulla vita dei gio-
vani in questione ma sull’economia del Paese, che si ritroverà con una forza lavoro più debole,
che verserà meno contributi e tasse nelle casse dello stato e avrà una capacità di consumo più
bassa.Come se non bastasse la disoccupazione ha un effetto significativo sulla salute psicologica
e fisica dei giovani.Ormai da anni studi scientifici dimostrano come il trovarsi disoccupati aumenti
la probabilità per i giovani di essere vittime di criminalità, alcolismo, droga, incidenti e suicidi1
.
Nonostante la gravità della situazione e delle sue ricadute future, in Italia molti poli-
tici tendono a minimizzare il fenomeno. D’altronde un giovane tipicamente non ha una fa-
miglia da mantenere e può spesso contare sulla famiglia di origine come ammortizzatore per
le sue difficoltà economiche, quindi gli effetti sociali del fenomeno non si vedono subito. Ma
questo non può tranquillizzarci e giustificare l’inazione alla quale stiamo assistendo. Il Piano
di azione per l’occupazione dei giovani, “Italia 2010”, lanciato dal Governo nel Settembre
2009, presenta considerazioni giuste ed interessanti riguardanti il fenomeno e le sue cause,
9
1 Per approfondimenti si rimanda agli studi condotti daAnne Hammarström presso il Dipartimento di Medicina Sociale dell’Istituto Ka-
rolinska a Luleå, in Svezia.
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
ma purtroppo non indica né quali siano in concreto le misure al vaglio del governo né tan-
tomeno quando saranno implementate.
L’Italia non può più permettersi di lasciare in sospeso le centinaia di migliaia di giovani
che sono, oggi, senza lavoro e senza prospettive. Lavorare per aiutare questi giovani significa
lavorare per ricostruire un paese non solo più competitivo, ma più forte, più ottimista e fe-
lice. E occorre farlo oggi, non domani.
L’analisi proposta nel presente documento si pone un duplice obiettivo. Da un lato,
quello di capire le dimensioni reali del fenomeno anche in relazione agli altri paesi europei.Dal-
l’altro, quello di identificare,attraverso un lavoro di confronto internazionale,le dimensioni più
critiche sulle quali intervenire per arginare il fenomeno e alcune misure di policy rivelatesi utili
in altri paesi.
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2. Il fenomeno:
dati e confronto internazionale
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Dall’analisi comparata dei dati italiani con quelli di un campione selezionato di paesi,
emergono alcuni spunti interessanti di riflessione che aiutano ad inquadrare la questione del-
l’occupazione giovanile in Italia.
> Innanzitutto, il primo elemento che emerge dai dati è come il tasso di disoccupazione
giovanile in Italia sia uno dei più elevati tra i paesi europei.Gli ultimi dati disponibili,re-
lativi a Settembre 2010, indicano un tasso del 26,4% (dato destagionalizzato). Si tratta
di un dato inferiore solo ai tre paesi che più di ogni altro hanno sofferto della crisi:Spa-
gna, Grecia e Irlanda (vedi Figura 1).
11
Spagna 42,5
32,1
29,1
26,4
25
24,4
24,4
20
19,8
19,2
17,9
12,2
8,9
8,6
8,5
20,3
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
Grecia
Irlanda
Italia
Svezia
Francia
Belgio
EU27
EA16
Portogallo
Regno Unito
Stati Uniti
Danimarca
Austria
Paesi Bassi
Germania
Figura 1. Disoccupazione tra i giovani 15-24, ultimo mese disponibile (Settembre 2010)
Fonte: Eurostat
DISOCCUPAZIONE TRA I GIOVANI (15-24)
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
> In secondo luogo, un’analisi più approfondita delle serie storiche e di altre caratteri-
stiche del fenomeno mostra come la disoccupazione giovanile in Italia non sia legata
solo alle dinamiche della disoccupazione complessiva,ma abbia sue caratteristiche pe-
culiari e strutturali, che vanno oltre gli effetti della crisi e del sistema occupazionale
nel suo complesso. Questo lo si vede da due dati chiave: innanzitutto dal fatto che,
mentre per paesi come la Spagna o l’Irlanda,la disoccupazione giovanile è esplosa con
la crisi, ma era ampiamente sotto controllo negli anni precedenti, la situazione italiana
nel 2006 era già molto preoccupante rispetto ad altri paesi.Precisamente l’Italia aveva
il secondo tasso più elevato d’Europa dopo la Grecia (vedi Tabella 1). Un altro ele-
mento che mette in luce la specificità del fenomeno della disoccupazione giovanile in
Italia è il fatto che essa ha un rapporto altissimo rispetto a quella degli adulti. La di-
soccupazione tra i giovani registra sempre,anche negli altri paesi,tassi più alti di quella
rilevata tra gli adulti,ma normalmente si tratta di un rapporto che va da 2:1 (se si con-
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DISOCCUPAZIONE – ETÀ 15-24
2009 2008 2007 2006
Spagna 37.9 24.6 18.2 17.9
Irlanda 25.9 12.5 10 9.8
Grecia 25.8 22.1 22.9 25.2
Italia 25.4 21.3 20.3 21.6
Svezia 25 19.4 18.9 21.3
Francia 22.4 18.1 18.7 21.3
Belgio 21.9 18 18.8 20.5
Finlandia 21.6 15.7 15.7 17.6
Portogallo 20 16.4 16.6 16.2
Regno Unito 18.9 14.1 14.4 13.9
Stati Uniti 17.6 12.8 10.5 10.5
Canada 15.3 11.6 11.2 11.6
Australia 11.6 8.9 9.4 10
Danimarca 11.2 7.6 7.9 7.7
Germania 11 10.4 11.7 13.6
Austria 10 8.1 8.7 9.1
Norvegia 9.2 7.5 7.3 8.6
Giappone 9.1 7.2 7.7 8
Svizzera 8.2 7 7.1 7.7
Paesi Bassi 7.3 5.6 6.3 6.9
Media OCSE 16.4 12.7 12 12.5
Tabella 1. Dati annuali: la disoccupazione giovanile prima e dopo la crisi
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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fronta con la fascia 25-54) a 3:1 (se si confronta con quella 55-64).Vale a dire che la
disoccupazione giovanile è generalmente due o tre volte superiore a quella adulta (a
seconda della fascia di età alla quale si rapporta).
In Italia, invece, la disoccupazione giovanile è di quasi quattro volte superiore a quella
degli adulti in fascia di età 25-54 e addirittura più di sette volte superiore a quella degli adulti
in età 55-64.Un dato che,come mostra laTabella 2,non ha confronti con nessun paese Ocse
considerato (a parte la Norvegia dove la proporzione tra disoccupazione giovanile e adulta è
altissima semplicemente perché quest’ultima è quasi inesistente, circa all’1%). Persino la Spa-
gna, che ha un tasso di disoccupazione giovanile alle stelle, non rileva uno squilibrio così alto
tra disoccupazione giovanile e adulta, a dimostrazione del fatto che la questione “giovani” in
Spagna è molto legata alla crisi e all’andamento generale dell’occupazione.Da noi invece,non
sembra essere così, la disoccupazione tra i giovani, infatti, sembra avere una componente pe-
culiare e strutturale che va oltre il problema generale della crisi e della disoccupazione totale.
RAPPORTO TRA DISOCCUPAZIONE GIOVANI (15-24) E ADULTI
Adulti in età 55-64 Adulti in età 25-54
Norvegia 8.36 3.68
Italia 7.47 3.63
Grecia 5.61 2.90
Svezia 4.81 4.03
Irlanda 4.32 2.40
Belgio 4.29 3.22
Austria 4.17 2.38
Regno Unito 4.11 3.10
Francia 3.56 2.91
Finlandia 3.43 3.27
Australia 3.41 2.58
Spagna 3.13 2.30
Svizzera 2.93 2.22
Stati Uniti 2.67 2.12
Portogallo 2.60 2.15
Danimarca 2.38 2.15
Canada 2.19 2.15
Paesi Bassi 1.92 2.35
Germania 1.38 1.51
Media OCSE 2.88 2.25
Tabella 2. Il rapporto tra disoccupazione giovanile e adulta
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> Infine un’altra caratteristica preoccupante dell’occupazione/disoccupazione giovanile in
Italia è l’elevata diseguaglianza territoriale.Vi sono regioni italiane in cui il tasso di disoc-
cupazione giovanile si avvicina al 40%.Secondo un rapporto di Confartigianato pubblicato
a Maggio 2010, nel 2009, in sei Regioni il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24
anni era superiore al 30%: in Sicilia al 38,5%, in Basilicata al 38,3%, in Campania al 38,1%,
in Puglia al 32,6%, in Calabria al 31,8% e nel Lazio al 30,6%. In Sardegna addirittura risul-
tava del 44,7%.Al contrario vi sono regioni in cui è di dieci o anche quindici punti per-
centuali inferiori alla media nazionale, come in Toscana (17,8%), inValle d’Aosta (17,5%),
inVeneto (14,4%) e inTrentino-AltoAdige (10,1%).La situazione del lavoro giovanile al sud
sconta inevitabilmente questioni legate non solo ai giovani,ma più in generale allo sviluppo
e alla crescita complessiva della zona,argomenti che vanno oltre gli scopi del presente la-
voro. Ad ogni modo,molte delle considerazioni e analisi condotte in questa sede,come
quelle riguardanti il ruolo dell’istruzione e della lotta all’abbandono scolastico, hanno un
ruolo chiave in tutte le regioni italiane,a partire proprio da alcune aree del sud in cui ab-
bandono scolastico e formazione dei giovani sono problematiche molto rilevanti.
Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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3. Analisi: possibili cause e fattori collegati
Il fenomeno della disoccupazione giovanile è chiaramente legato a numerosi fattori.
Nell’analisi ne abbiamo identificati tre ritenuti particolarmente critici,soprattutto in relazione
alla situazione italiana:1) istruzione e abbandono scolastico,2) formazione,apprendistato e col-
legamento con il mondo del lavoro, 3) qualità del lavoro e precarietà.
3.1 Istruzione e abbandono scolastico
Nonostante ci sia una naturale preoccupazione per i giovani più istruiti che faticano a
trovare lavoro, di fatto la disoccupazione giovanile è assai più pronunciata tra le persone che
non terminano gli studi che tra i laureati e, in modo particolare, tra coloro che non riescono
a terminare le scuole superiori. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’Ocse, il tasso di di-
soccupazione tra coloro che non hanno terminato le scuole superiori è, in media, tre volte
più alto del tasso di disoccupazione tra coloro che hanno un titolo universitario e quasi il
doppio rispetto a coloro che hanno ottenuto un diploma superiore. In Italia, pur essendo tra
i paesi in cui il titolo di studio garantisce di meno contro la disoccupazione, questo gap è co-
munque rilevante: il tasso di disoccupazione tra chi non finisce le superiori è quasi il doppio
di quello rilevato tra chi ottiene il diploma.
TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER TITOLO DI STUDIO
Senza Con diploma Con
diploma superiore superiore laurea
Germania 16.5 7.2 3.3
Spagna 13.2 9.3 5.8
Belgio 10.8 5.7 3.2
Stati Uniti 10.1 5.3 2.4
Francia 9.8 5.6 4.0
Canada 9.1 5.5 4.1
Irlanda 8.2 4.8 3.0
segue
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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continua dalla pagina precedente
Finlandia 8.1 5.4 3.3
Portogallo 7.6 6.6 5.8
Italia 7.4 4.6 4.3
Svezia 7.1 4.1 3.3
Grecia 6.8 7.2 5.7
Austria 6.3 2.9 1.7
Regno Unito 6.2 3.7 2.0
Norvegia 3.8 1.3 1.3
Danimarca 3.5 2.2 2.3
Paesi Bassi 3.4 2.1 1.6
Media OCSE 8.7 4.9 3.2
Media EU 19 10.6 5.3 3.2
Tabella 3.Tasso percentuale di disoccupazione (25-64) per titolo di studio
Fonte: Oecd, Education at a lance 2010, i dati si riferiscono al 2008
Questi differenziali si riscontrano anche nella probabilità di un giovane tra i 20 e i 29
anni di essere “neet”, ovvero non inserito né in un percorso di studio né in alcuna forma di
attività lavorativa. Le percentuali di giovani in condizione di “neet” sono in media circa il dop-
pio tra quelli che non hanno terminato le superiori rispetto a chi, invece, ha ottenuto il di-
ploma. Un gap che tende ad attenuarsi con l’età ma che è particolarmente accentuato tra i
giovani nella fascia di età tra i 20 e i 24 anni.
ETÀ 20-24 ETÀ 25-29
Senza Con Con Senza Con Con
diploma diploma laurea diploma diploma laurea
superiore superiore superiore superiore
Austria 13.4 2.8 n.d. 10.7 2.3 n.d.
Danimarca 5.8 1.5 n.d. 4.2 n.d. 2.3
Paesi Bassi 2.6 0.7 n.d. 2.4 1.0 0.6
Francia 21.5 6.2 4.1 15.2 8.9 4.4
Irlanda 15.8 4.6 3.9 9.4 4.9 2.7
Belgio 17.8 5.2 6.2 14.8 7.1 3.9
Regno Unito 16.5 5.2 4.4 7.1 4.6 1.9
segue
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Spagna 16.8 6.1 6.6 12.7 7.6 6.2
Finlandia 10.8 4.5 n.d. n.d. 4.8 3.0
Portogallo 10.4 4.3 17.3 8.3 6.8 10.8
Stati Uniti 13.7 5.9 4.5 9.6 6.9 2.4
Canada 10.5 5.2 4.0 10.5 6.0 3.4
Germania 11.1 5.6 4.1 16.2 6.1 3.3
Svezia 13.6 7.0 n.d. 9.8 4.4 2.9
Grecia 14.1 7.5 20.0 9.8 10.6 12.9
Italia 11.9 7.2 6.6 9.1 6.2 7.3
Media OCSE 13.2 4.9 7.3 10.8 5.5 4.5
Media EU 19 14.2 5.0 7.7 11.7 5.8 4.6
Tabella 4. Giovani non occupati né in programmi di formazione (%) per età e titolo di studio
Fonte: Ocse
Non solo ma,sempre secondo i dati dell’Ocse,nella maggioranza dei paesi sviluppati le
persone con un titolo di istruzione universitaria (equivalente alla nostra laurea specialistica)
guadagnano almeno il 50 % in più di quelle con il diploma di scuola superiore.Così come i dif-
ferenziali di salario tra chi possiede un diploma di scuole superiori e chi ha solo una licenza
di scuola media vanno dal 15 al 30%. Differenziali salariali che sono analoghi a quelli riscon-
tati anche in Italia, pur con qualche particolarità (in Italia per esempio, tali differenziali sem-
brano diminuire per le fasce d’età più giovani,e il titolo di laurea,pur avendo un effetto positivo
sui redditi di lungo periodo di chi trova lavoro, non sembra aumentare però in modo sostan-
ziale la probabilità di trovare lavoro tra i più giovani, così come mostrato anche in tabella).
È evidente quindi che l’istruzione e l’abbandono scolastico durante le scuole superiori
(“dispersione scolastica”) sono una dimensione chiave della lotta alla disoccupazione giova-
nile. Si tratta di quel fenomeno che in ambito internazionale è chiamato “early school leavers”
e che determina una grave carenza delle competenze di base necessarie per una partecipa-
zione attiva al mercato del lavoro. Proprio per la sua importanza per la crescita e la compe-
titività di un paese, questo indicatore era stato incluso tra gli obiettivi della conferenza di
Lisbona,che aveva fissato come obiettivo per il 2010 la riduzione della quota media degli early
school leavers al 10%.
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Su questo fronte l’Italia si trova in una situazione molto difficile perché, nonostante al-
cuni miglioramenti registrati negli ultimi anni,ha ancora uno dei tassi di abbandono scolastico
più elevati d’Europa,pari a circa il 20%.Un dato che,stando alle fonti Ocse,è dieci punti sopra
l’obiettivo di Lisbona, e molto superiore a quello di altri paesi europei come Francia, Germa-
nia, Danimarca e Belgio che sono tra l’11% e il 12%. Fa peggio di noi solo la Spagna, che, non
a caso, ha una disoccupazione giovanile che sfiora il 42%.
In sintesi,oggi in Italia un ragazzo su cinque non consegue né diploma né qua-
lifica professionale e 19.000 studenti sembrano letteralmente“scomparire” dopo
essersi iscritti al primo anno della scuola secondaria superiore. In alcune regioni
come Sardegna e Sicilia, il 30% di ragazzi è fornito unicamente della licenza media. Questo fe-
nomeno rappresenta un ostacolo enorme per lo sviluppo sia di questi giovani che di molte
nostre regioni e del paese nel complesso.Tanto più che, proprio nelle regioni del meridione,
l’impatto dell’istruzione su occupazione e salari futuri è particolarmente accentuato e, inter-
venendo sulla riduzione della dispersione scolastica in queste aree, si potrebbero ottenere
grandi progressi nella lotta alla disoccupazione giovanile.
Secondo uno studio condotto dalla Banca d’Italia, i vantaggi della maggiore istruzione si
accentuano nelle aree più deboli del paese e per i gruppi più svantaggiati.Nel Mezzogiorno,nel
2007 erano nelle forze di lavoro il 74% dei laureati,il 63% dei diplomati e solo il 51% delle per-
sone con un diploma di scuola media.Un congruo investimento da parte dello Stato in istruzione
verrebbe più che compensato dalle entrate fiscali,a parità di prelievo,e dai minori costi derivanti
dall’aumento del tasso di occupazione.Lo studio mostra quindi che,nel lungo periodo,la maggior
spesa pubblica necessaria a finanziare un dato aumento del livello di istruzione, sarebbe più che
compensata,specie nelle regioni meridionali,dall’aumento delle entrate fiscali,a parità di struttura
di prelievo, e dai minori costi derivanti dall’aumento del tasso di occupazione. In media, il rendi-
mento fiscale sarebbe infatti compreso tra il 3,9% e il 4,8% nel caso di co-finanziamento e sarebbe
solo lievemente inferiore nel caso in cui la spesa gravasse interamente sul bilancio pubblico.
3.2 Formazione, apprendistato e collegamento con il mondo del lavoro
Le analisi condotte tra i paesi europei mostrano il ruolo fondamentale della formazione
professionale e dell’apprendistato come modi per facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del
lavoro,con particolare riferimento a coloro che non perseguono percorsi di studio universitari.
Non è un caso se i paesi con i più bassi tassi di disoccupazione giovanile sono proprio
quelli che hanno un sistema di formazione professionale più sviluppato e funzionante come
Germania,Austria, e Danimarca. La chiave di successo della formazione in questi paesi sem-
bra essere soprattutto il collegamento molto forte tra formazione e percorsi di apprendi-
stato. In Germania, per esempio, i due strumenti fanno parte dello stesso percorso di
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preparazione al mondo del lavoro, per questo il sistema di formazione professionale tedesco
si chiama “sistema duale” di alternanza scuola-lavoro, che viene organizzato in due luoghi di
formazione: la scuola, Berufsschule, e l’azienda. In Italia, invece, la formazione tecnica e profes-
sionale è una cosa separata e ben diversa dai percorsi di apprendistato, ed entrambi gli stru-
menti non risultano ancora sufficientemente sviluppati e funzionanti.
La formazione tecnica e professionale in Italia non ha quell’immagine positiva e
“professionalizzante” che ha in altri paesi e forse questa percezione della scuola professionale
come una scuola “di ripiego” la rende una scelta poco perseguita dai nostri giovani. Mentre in
Germania oltre il 50% dei giovani sceglie un percorso di studi tecnico-professionale, una per-
centuale che sale al 60% nei Paesi Bassi e addirittura all’80% in Austria (dati Eurostat), in Italia
queste scuole hanno un peso minoritario nelle scelte dei giovani.Né sembra,almeno dai primi
segnali,che la riforma della scuola superiore operativa da Settembre 2010 sia sufficiente a mo-
dificare significativamente la situazione.Secondo i dati del MIUR l’istruzione professionale in Ita-
lia ha registrato nel 2010 un calo delle iscrizioni del 2% fermandosi al 20%, contro il 49,3% dei
Licei e il 31% degli istituti tecnici. E, questo, nonostante prima della crisi economica tra i di-
plomati tecnici e professionali, a tre anni dal titolo, lavorassero il 75,5% (81% per gli istituti ad
indirizzo industriale) dei giovani contro il 26,8% dei liceali (23% per i licei classici).
Sul fronte dell’apprendistato la situazione è ancora più complessa e preoccupante.
Negli ultimi 10-15 anni si sono succeduti vari interventi legislativi in materia (dalla L.196/97,
alla 276/03 fino all’art.23 della L.112/08).Tuttavia questa attenzione normativa non è stata,fino
ad ora, in grado di risolvere i nodi più critici dell’apprendistato e di renderlo un valido stru-
mento per la formazione dei giovani e la loro occupabilità. Al contrario, i continui mutamenti
dello scenario normativo di riferimento sembrano aver generato ulteriori confusioni e ral-
lentato in molti casi il processo di diffusione di questo strumento e la sua efficacia.
Nel complesso,le varie forme di apprendistato2 coprivano nel 2008 il 17% del-
l’occupazione tra i 15 e i 29 anni. Un dato in diminuzione nell’ultimo anno: mentre
nel 2008 gli apprendisti sono stati 646 mila,nel 2009 il numero è sceso a 567 mila,un calo del
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2 In Italia esistono tre tipologie di apprendistato (L.276/2003):
a) contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione: possono essere assunti in tutti i settori di
attività i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto i 15 anni. Ha durata non superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di
una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei
crediti professionali e formativi acquisiti,nonché del bilancio di competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego,o dai soggetti pri-
vati accreditati mediante l’accertamento dei crediti formativi secondo quanto stabilito dalla legge n.53 del 28 marzo 2003.La registrazione
della qualifica conseguita va effettuata nel libretto formativo;
b) contratto di apprendistato professionalizzante:possono essere assunti in tutti i settori di attività i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29
anni.Tale contratto è finalizzato al raggiungimento di una qualificazione professionale attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione
di competenze di base,trasversali e tecnico-professionali.Il riconoscimento dei risultati raggiunti viene certificato nel libretto formativo;
c) contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione: tramite tale tipologia possono essere
assunti, in tutti i settori di attività, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni per il conseguimento di titoli di studio di livello se-
condario, universitari, dell’alta formazione e la specializzazione tecnica superiore.
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12%.Ma al di là della diminuzione quantitativa dell’apprendistato la notizia più preoccupante è
che solo il 20% dei giovani in apprendistato riceve qualsiasi tipo di formazione. E in
molti casi i giovani che sono inseriti in attività di formazione non completano il percorso.In Ita-
lia, in media,solo il 64% termina il percorso formativo previsto (dati Isfol).Non solo,i rapporti
di monitoraggio dell’Isfol riportano come spesso gli stessi programmi di formazione non co-
prono tutte le ore previste per legge.
In sintesi l’apprendistato, che in molti altri paesi rappresenta un perno fondamentale
nella lotta alla disoccupazione giovanile, è uno strumento che in Italia non riesce ancora a de-
collare, vittima di enormi ritardi nell’applicazione delle normative e dell’accavallarsi di riforme
che intervengono quando le precedenti non sono ancora completate (come nel caso della ri-
forma introdotta dall’art.23 della L.112/2008).E,soprattutto,vittima di una frammentazione re-
gionale altissima che va ben oltre il bisogno di andare incontro alle specificità del mercato del
lavoro e che impedisce di dare ai giovani una base minima di competenze standard necessarie
per un’adeguata crescita professionale.Basta pensare che la legge attualmente in vigore non fissa
nemmeno gli standard minimi di formazione per l’apprendistato dei minori.Questa confusione
normativa è forse una delle cause che ne ha determinato la scarsa diffusione dello strumento
tra i giovanissimi,un vero peccato visto che potrebbe rappresentare uno strumento chiave per
recuperare e tenere comunque all’interno di percorsi formativi quei ragazzi che non riescono
a terminare gli studi. Secondo l’ultimo rapporto di monitoraggio Isfol disponibile,“nel 2006
sono stati 36.905 i minori assunti con contratto di apprendistato:il 20,1% in meno rispetto al-
l’anno precedente.Per il 2007 si conferma la tendenza ad occupare sempre meno i minori,che
rappresentano ormai solo il 6,5% degli apprendisti occupati. Nonostante sia istituito il diritto-
dovere all’istruzione e formazione per i ragazzi fino a 18 anni, nel 2006 hanno partecipato
alle attività di formazione esterna poco più di 8.800 apprendisti minori, scesi nel
2007 a 6.500 circa. La formazione esterna, quindi, raggiunge una quota modesta di adole-
scenti che espletano il diritto-dovere di istruzione e formazione in apprendistato, anche con-
siderando che talora le attività formative organizzate coprono solo una parte del percorso
obbligatorio di 240 ore.”
Anche sulle altre forme di apprendistato i progressi sembrano lenti e modesti, anche se,
per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante, è intervenuta una nuova riforma volta
a semplificarne l’utilizzo e aumentarne la diffusione.Tuttavia,anche questa riforma (introdotta dal-
l’art. 23 della L.112/2008) presenta luci ed ombre.Motivata dal tentativo di semplificare le pro-
cedure e sbloccare lo stallo attuativo,la legge ha eliminato,tra le altre cose,sia il limite inferiore
di due anni per la stipulazione di contratti sia la regolamentazione pubblica dei profili formativi.
Questi ultimi,infatti,non sono più affidati a regioni e province autonome,ma alla contrattazione
collettiva, ovvero ad aziende e sindacati. Il positivo intento semplificatore è controbilanciato da
alcuni rischi importanti.Infatti,accorciando la possibile permanenza in azienda,si diminuisce ul-
teriormente l’incentivo ad investire nella formazione del giovane, un rischio reso più concreto
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dall’estromissione dell’ente pubblico che avrebbe dovuto garantire quell’elemento di forma-
zione esterna necessaria per una preparazione di base più completa,solida e flessibile nonché a
garantire un’uniformità degli standard qualitativi. Una scelta che, in un certo senso, ci allontana
dai modelli come quello tedesco, imperniato su una forte compenetrazione tra formazione
aziendale e formazione scolastica e un’alta collaborazione tra pubblico e privato.
3.3 Precarietà e qualità del lavoro
Nel corso degli anni Novanta, in risposta ad un periodo di espansione economica che
non generava posti di lavoro,molti paesi europei hanno avviato politiche volte a flessibilizzare
il mercato del lavoro. In alcuni casi, come in Italia, queste iniziative più che modificare la re-
golamentazione delle forme di lavoro tradizionali ,hanno introdotto nuove forme contrattuali
a tempo determinato meno costose e più flessibili.Queste riforme hanno portato benefici per
un certo periodo, dando impulso ad un calo sostanziale della disoccupazione in molti paesi,
tra i quali spicca in modo particolare la Spagna, dove il tasso di disoccupazione è passato dal
22% all’8% nel 2007.Tuttavia gli iniziali entusiasmi non avevano tenuto conto di alcuni aspetti
fondamentali.Innanzitutto,non modificando in modo sostanziale la flessibilità di chi era già sta-
bilmente inserito nel mercato del lavoro,le riforme non hanno introdotto un vero dinamismo
e ricambio nelle persone, competenze e modi di lavorare; né hanno indotto le imprese ad in-
vestire di più in formazione e ammodernamento della loro forza lavoro. In secondo luogo, e
proprio a causa di quanto appena descritto, tali riforme non hanno contribuito a migliorare
né la qualità del lavoro generato né la produttività del sistema nel lungo periodo (che ha visto
uno stallo negli ultimi anni in paesi come la Spagna e addirittura un calo in Italia).
Numerosi economisti a livello internazionale hanno analizzato questo fenomeno, mo-
strando che la diffusione del lavoro temporaneo è una misura che facilita sia la creazione che
la distruzione di lavoro. Gli studi evidenziano inoltre che gli effetti di “distruzione” sono parti-
colarmente pronunciati in quei sistemi, come la Spagna e l’Italia, in cui il divario tra flessibilità
del lavoro temporaneo e rigidità di quello a tempo indeterminato è più pronunciato3.Altri
hanno dimostrato come questa dualità del mercato del lavoro aumenti la sua volatilità e dan-
neggi la produttività e la crescita del paese4.Altri addirittura sostengono che questa situazione,
nel lungo periodo,possa avere effetti perversi e portare ad un aumento della disoccupazione5.
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3 In Bentolila S.,P.Cahuc,J.J.Dolado,andT.Le Barbanchon (2010),“Unemployment andTemporary Jobs in the Crisis:Comparing France
and Spain”, FEDEA, Madrid.
4 Boeri T. and P. Garibaldi (2007), "Two Tier Reforms of Employment Protection Legislation.A Honeymoon Effect?" Economic Journal,:
F357-F385
5 Blanchard, O. J. and A. Landier (2002),“The Perverse Effects of Partial Labor Market Reform: Fixed Duration Contracts in France”,
Economic Journal 112, 214-244.; Cahuc, P. and F. Postel-Vinay (2002),“Temporary Jobs, Employment Protection and Labor Market Per-
formance”, Labor Economics 9, 63-91.
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
Un elemento ancora più preoccupante è legato al fatto che, visto che la flessibilizza-
zione non ha toccato le posizioni lavorative già stabili, le nuove forme contrattuali sono
state utilizzate per lo più per le nuove entrate nel mercato del lavoro, ovvero i giovani. Que-
sto significa che intere nuove generazioni di lavoratori hanno avuto maggiore flessibilità nel-
l’entrare nel mercato del lavoro, ma non altrettante nel costruirvi una carriera, poiché si
sono scontrate con il muro della rigidità di chi è entrato prima di loro. Questo implica, per
molti giovani, la permanenza per periodi più o meno lunghi in posizioni lavorative più de-
boli, meno gratificanti e peggio retribuite, con conseguenze negative non solo sulla loro
vita privata, ma su tutta la capacità di crescita del paese (questa maggiore fragilità della forza
lavoro si tradurrà infatti in minori consumi, minore contribuzione fiscale, minore produtti-
vità e minore crescita).
In Italia sono precari il 10,7% dei lavoratori tra i 25 e i 54 anni (il 14,6% delle donne),
una percentuale che sale al 44,4% tra i giovani con lavoro dipendente (15-24) con un incre-
mento di 2 punti rispetto ai livelli pre-crisi.Altri paesi con elevati tassi di lavoro temporaneo
tra i giovani sono Francia e Spagna (51,2% e 55,9%), che sono anche, probabilmente non a
caso, paesi ad elevato tasso di disoccupazione giovanile. Al contrario, l’Austria si ferma al
35,6%, la Danimarca al 23,6 % e l’Inghilterra all’11, 9% (la media Ocse è del 24,5%). Sembra
quindi emergere una correlazione positiva tra diffusione dei contratti temporanei e disoc-
cupazione giovanile.
In realtà vi sono anche paesi, come la Germania e l’Olanda, in cui tale correlazione ap-
pare invertita e dove si hanno elevati tassi di lavoro temporaneo tra i giovani ma bassi livelli
di disoccupazione giovanile.
Come si spiega questo fenomeno? Nel caso della Germania è dovuto al fatto che il la-
voro temporaneo in quel paese è associato alla grande diffusione dell’apprendistato e del par-
ticolare sistema di alternanza scuola-lavoro. Un sistema che, se da un lato incrementa
statisticamente i numeri del lavoro temporaneo, dall’altro, però, rappresenta una forma di la-
voro temporaneo altamente formativo che aiuta i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro.
Nel caso dell’Olanda, invece, il binomio “alto ricorso ai contratti temporanei e bassa disoc-
cupazione giovanile” è legato al particolare sistema di ammortizzatori sociali e di agenzie ed
enti intermedi di collegamento tra giovani e mondo del lavoro, che stimolano i giovani ad es-
sere attivi e agevolano la transizione da un lavoro all’altro (vedi Box 3).
In sostanza, gli unici casi in cui la diffusione di lavoro temporaneo tra i giovani è asso-
ciata ad una maggiore probabilità di occupazione sono quelli in cui il lavoro temporaneo è le-
gato all’esistenza di istituzioni terze, ben funzionanti, che aumentano la formazione e
l’occupabilità dei giovani e a meccanismi di ammortizzatori sociali che supportano tali percorsi.
In paesi come l’Italia e la Spagna, in cui gli istituti preposti a fare formazione professionale e a
garantire i collegamenti tra formazione e lavoro sono debolissimi, il lavoro temporaneo non
ha aiutato l’occupabilità dei giovani.
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Germania e Olanda rappresentano però, casi abbastanza isolati. In generale, la diffu-
sione del lavoro temporaneo tra i giovani,in Europa,non sembra aver migliorato in modo so-
stanziale l’occupazione nel lungo periodo.Se andiamo a vedere i dati della diffusione del lavoro
temporaneo,tra i giovani in età 15-24 negli anni Novanta e l’andamento della disoccupazione
15 anni dopo nella fascia di età successiva (25-55), vediamo che, la correlazione tra le due va-
riabili è positiva, vale a dire: a maggiori tassi di lavoro temporaneo, tra i giovani a metà degli
anni ‘90, corrispondono maggiori tassi di disoccupazione tra gli adulti in età 25-55 nel 2008 e
2009. Un effetto che, come mostra la Figura 2 (alla pagina seguente), si nota sia prima del-
l’esplosione della crisi in Europa (confrontando il dato con la disoccupazione del 2008) sia, in
modo più accentuato, nel periodo più caldo della crisi (disoccupazione del 2009).
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LAVORATORI TEMPORANEI – ETÀ 15-24
1994 2006 2007 2008 2009
Germania 38 57,6 57,5 56,6 57,2
Spagna 74,4 66,1 62,8 59,4 55,9
Portgallo 24,2 49,3 52,6 54,2 53,5
Svezia 58,4 57,3 53,8 53,4
Francia 40,7 50,8 52,5 51,5 51,2
Paesi Bassi 26,5 43,6 45,1 45,2 46,5
Italia 16,7 40,9 42,3 43,3 44,4
Finlandia 44,2 42,4 39,7 39
Austria 35,2 34,9 34,9 35,6
Belgio 18 30 31,6 29,5 33,2
Norvegia 28,7 27,3 25,5 32,4
Grecia 22 25 27 29,2 28,4
Irlanda 17,9 10,9 19,2 22 25
Danimarca 31,1 22,4 22,2 23,5 23,6
Regno Unito 11,8 12,8 13,3 12 11,9
Media OCSE 20,7 25,1 25,2 24,7 24,5
Tabella 5. Giovani occupati con contratti temporanei come % degli occupati in età 15-24
Fonte: Ocse
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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% lavoratori
temporanei
15/24
(1994)
% lavoratori disoccupati 25-54 (2009)
2
020405060
5 10 15 20
% lavoratori
temporanei
15/24
(1994)
% lavoratori disoccupati 25-54 (2008)
2
020406080
4 6 8 10
Figura 2. Correlazione tra lavoro giovanile temporaneo e disoccupazione prima e durante la crisi
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4. Quali politiche?
Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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Gli strumenti disponibili al legislatore per promuovere e supportare l’occupazione gio-
vanile intervenendo sulle tre dimensioni chiave descritte in precedenza (istruzione, forma-
zione, lavoro), sono di vario genere e spaziano dalle politiche per l’istruzione agli incentivi
fiscali per l’assunzione,dagli ammortizzatori sociali all’imprenditorialità.In questa sezione viene
condotta una review dei principali strumenti di policy che, nel corso degli anni, sono stati
adottati in vari paesi o indicati dagli esperti come misure utili,portando esempi specifici e,dove
possibile, alcune riflessioni sull’efficacia delle politiche prese in esame.
4.1 Politiche per l’istruzione
Come discusso anche nelle sezioni precedenti del rapporto, l’istruzione ha un ruolo
molto importante per l’occupabilità dei giovani:maggiore è il livello d’istruzione ottenuto,mi-
nore la probabilità di essere disoccupati.Le politiche legate all’istruzione sono,quindi,un’arma
fondamentale per la lotta alla disoccupazione,in particolare quelle politiche che mirano ad af-
frontare due questioni chiave: da un lato, misure volte a combattere l’abbandono scolastico
prima che siano terminati i percorsi di scuola superiore;dall’altro,misure volte a flessibilizzare
i percorsi educativi e formativi sulle capacità e attitudini del giovane in modo da motivarli e
aiutarli a sviluppare al meglio il proprio potenziale.
Un esempio in tal senso è rappresentato dal sistema educativo danese (vedi Box 1),in-
dicato da molte analisi ed enti internazionali come il migliore in Europa.Un sistema incentrato
su una forte personalizzazione dei percorsi formativi dei ragazzi,in modo da tener conto delle
preferenze, dei bisogni e delle capacità di apprendimento degli studenti per massimizzare la
motivazione e le possibilità di successo. Un sistema che è, inoltre, rinforzato da borse di stu-
dio e supporti finanziari che incoraggiano i ragazzi a proseguire gli studi e a raggiungere pre-
sto una propria autonomia. Un insieme di misure che, come descritto nel Box 1, ha dato fino
ad oggi buoni risultati.
Investire in politiche per l’istruzione, come quelle danesi, rappresenta chiaramente uno
strumento ampio e di lungo respiro e con un impatto importante di spesa (la Danimarca spende
circa il 6,7% del suo PIL per l'istruzione).Tuttavia le politiche per l’istruzione possono essere
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
declinate anche in modi più specifici e tradursi in alcune misure immediatamente implementa-
bili e a costo zero. Per esempio, una misura che sarebbe particolarmente efficace, soprattutto
in Italia, è quella di far coincidere il termine dell’obbligo scolastico con il conseguimento di un
titolo di studio.In questo modo,si potrebbe combattere in modo assai più efficace,l’abbandono
scolastico (oggi molti ragazzi, di fatto, considerano terminato l’obbligo scolastico alla terza
media, iscrivendosi ai primi due anni delle superiori ma senza frequentare nemmeno). Invece,
anche l’ultima riforma della scuola, ha perso questa preziosa occasione.Anzi, con l’ulteriore
abbassamento dell’obbligo scolastico a 15 anni,varato nel 2010,il rischio che molti giovani con-
siderino concluso il percorso di studi alla fine della terza media è ancora più elevato.Un prov-
vedimento che va in controtendenza con gli orientamenti di molti paesi europei,dove si cerca
progressivamente di aumentare l’obbligo scolastico verso i 18 anni. In paesi come Germania,
Austria, Belgio e Ungheria, l’obbligo è già a 18 anni, mentre in altri, come i Paesi Bassi, nume-
rosi benefici ed ammortizzatori sociali sono legati al proseguimento degli studi fino a 18 anni.
Box 1. Le politiche per l’istruzione in Danimarca
Il sistema educativo danese viene ormai indicato da molte analisi ed enti internazionali come il
migliore in Europa. Un sistema la cui parola chiave è flessibilità e supporto. Esso si basa, infatti, sullo
sviluppo di percorsi formativi fortemente personalizzati che tengano conto delle preferenze, dei bi-
sogni e delle capacità di apprendimento degli studenti,al fine di massimizzare le loro possibilità di suc-
cesso. Per motivare e supportare l’istruzione dei giovani, lo Stato danese concede aiuti, prestiti e
sovvenzioni agli studenti che frequentano istituti e programmi approvati dal Ministero della Pubblica
Istruzione.L’agenzia danese per il sostegno all’educazione (Danish Educational SupportAgency) eroga
inoltre borse di studio per sostenere il costo della vita degli studenti e favorire gli scambi con l’estero.
Borse che prevedono assegni di 340 euro per coloro che vivono insieme ai genitori e 690 euro per
coloro che vivono da soli. Le borse di studio e i prestiti sono versati sotto forma di rate mensili in
un conto corrente bancario personale dello studente (NemKonto), che le autorità pubbliche usano
quando devono erogare denaro.Al termine dei loro studi,gli studenti iniziano a pagare parte dei pre-
stiti di Stato. Il rimborso deve iniziare un anno dopo la fine di quello in cui hanno completato i loro
studi. La durata del periodo di rimborso non deve essere superiore a 15 anni. Circa la metà di tutti
gli studenti fa uso di prestiti statali.
Esistono poi 45 centri di orientamento giovanile comunale che forniscono servizi di orientamento
per i giovani fino all'età di 25 anni, offrendo una guida alla difficile transizione tra scuola dell’obbligo,
istruzione superiore e mercato del lavoro attraverso lo scambio di esperienze,conoscenze e buone pra-
tiche. Anche grazie a questo sistema di orientamento e stimolo verso il mondo del lavoro, moltissimi
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4.2 Formazione Professionale
Gli strumenti legati alla formazione professionale e ai percorsi di apprendistato sono
considerati tra gli strumenti più efficaci per aiutare l’inserimento nel mondo del lavoro e com-
battere la disoccupazione giovanile.Tra i sistemi considerati d’eccellenza vi sono quello tede-
sco, con una forte focalizzazione sull’alternanza scuola-lavoro, ma anche sistemi formativi
professionali ben strutturati come il Vocational Education andTraining programme (VET) da-
nese o il sistema dei post-diplomi professionalizzanti introdotti in Francia.Anziché passare
in rassegna le caratteristiche specifiche di ciascuno, è importante individuare quali siano i cri-
teri, le principali chiavi di successo, di un sistema di formazione professionale davvero effi-
cace. Dall’analisi dei casi più positivi sono emersi 4 elementi fondamentali:
1. Forte coinvolgimento delle imprese.In Germania,per esempio,la parte del contratto di
formazione svolta in azienda (un’altra parte viene svolta a scuola) viene stipulato diret-
tamente tra studente e azienda.Anche i programmi dei corsi di formazione regionale
vengono discussi e approvati da un consiglio con forte rappresentanza delle imprese.
2. Forte collegamento con le istituzioni scolastiche e con la formazione“esterna” all’azienda.
Una formazione coordinata e finanziata dagli enti locali secondo standard di qualità che
rispondono a criteri regionali e nazionali, per bilanciare la necessità di andare incontro
alle specificità del mercato locale con una certa uniformità qualitativa in tutto il paese.
3. Percorsi altamente personalizzati:l’obiettivo non è tanto insegnare un mestiere ma for-
mare il giovane e renderlo pronto per il mercato del lavoro professionale in tutti i suoi
aspetti, in un modo che sappia coltivare e valorizzare al meglio i suoi interessi e le sue
attitudini.Questo è quanto avviene,in particolare,nei Paesi Bassi,in Danimarca e quanto
cerca di fare l’Inghilterra con il programma NDYP (vedi Box 3).
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giovani danesi,nonostante i consistenti aiuti ricevuti durante gli studi,hanno il loro primo contatto con
il mercato del lavoro quando sono ancora studenti. Nel 2008, il 48% dei giovani (16 anni) ha ottenuto
un lavoro per studenti (Student job). Mentre per quelli di età compresa fra i 23-24 anni, la quota è sa-
lita al 70%,che è appena inferiore al tasso del 71 dell’Olanda,noto per essere uno dei più alti d'Europa.
Questo insieme di misure,unite ad un estensivo sistema di ammortizzatori sociali per i giovani,fa
sì che la Danimarca registri un tasso di abbandono scolastico tra i più bassi dei paesi Ocse (11,5%,quasi
la metà di quello italiano), un tasso di disoccupazione giovanile molto contenuto, nonché uno dei tassi
di “emancipazione” dei giovani più alti d’Europa, vale a dire un’altissima percentuale di giovani che la-
sciano la famiglia di origine già al compimento dei 18 anni.L’assenza di“bamboccioni”,in Danimarca,af-
fonda le proprie radici non solo in questioni culturali ma anche in politiche ben mirate e coordinate.
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
4. Forte enfasi sui percorsi di apprendistato o di stage qualificanti (e retribuiti). Molti
paesi come l’Inghilterra, la Danimarca e la Germania, per esempio, hanno puntato
molto sulla creazione di posti di apprendistato.Di particolare successo l’accordo trien-
nale firmato dal Governo tedesco nel 2004 con le associazioni imprenditoriali, in cui
le aziende tedesche si impegnavano a creare 30.000 nuovi posti per apprendisti e
25.000 percorsi di formazione per giovani in cerca di lavoro (Patto Nazionale per la
Formazione Professionale). In Germania l’industria, tradizionalmente, investe molto
nella formazione e nell’assunzione dei giovani. I dati dicono che, ogni anno, le aziende
tedesche investono 28 miliardi di euro e formano un milione e seicentomila giovani
attraverso apprendistati. L’accordo firmato nel 2004 non ha fatto che rafforzare que-
sta sensibilità ed è stato considerato così positivamente da essere rinnovato nel 2007
per il triennio successivo.
La questione della retribuzione sta, inoltre, emergendo come tema chiave per l’occu-
pazione giovanile. La diffusione di stage non retribuiti in molti paesi europei ha fatto scattare
un campanello d’allarme. Non solo la mancanza di retribuzione è un problema per il giovane,
ma rischia di sminuire il lavoro, togliendo incentivi sia per l’impresa a valorizzare e formare il
giovane,sia per il giovane ad impegnarsi al massimo,togliendo ogni vera efficacia allo strumento
stage. In risposta a questo problema il governo francese nel 2006 ha siglato un accordo con
imprenditori,sindacati,enti di formazione e associazioni studentesche,trasformato poi in legge
e, nel 2008, in un decreto attuativo. La legge ha stabilito che, a partire dal quarto mese di ti-
rocinio, scatta il dovere di erogare una retribuzione mensile pari ad almeno un terzo del sa-
lario minimo garantito (lo SMIC, più o meno 1300 euro al mese). Nel 2009, Sarkozy ha
annunciato di voler anticipare quest'obbligo a partire dal terzo mese di tirocinio,
estendendolo anche al settore pubblico, e di voler introdurre un bonus di 3mila
euro a favore di ogni azienda che assuma uno stagista.
È ancora presto per valutare l’efficacia delle misure francesi ma è necessario evidenziare
alcuni suoi possibili effetti perversi. L’aumento dei costi dello stage inevitabilmente porta ad
una riduzione dell’offerta;tuttavia,se la domanda di stage continua ad eccedere l’offerta,come
nel caso dell’Italia (dove molti ragazzi si lamentano di non trovare uno stage nemmeno gra-
tis), il rischio è che gli stage non retribuiti continuino ad esistere (per di più fuori dal sistema
legale). Infine, occorre ricordare che gli stage gratuiti (e molte altre forme di lavoro tempo-
raneo sotto retribuito) sono molto più diffusi nel settore pubblico che in quello privato: au-
mentare i loro costi solo per quest’ultimo difficilmente può risolvere il problema.
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Box 2. Il sistema di formazione duale in Germania
In Germania la formazione professionale è regolamentata dalla legge del 14 agosto 1969, rifor-
mata nel 2005 ed entrata in vigore il 1 aprile dello stesso anno (la Berufsbildungsgesetz - BBiG). La
BBiG ha l’obiettivo di assicurare ai giovani opportunità di formazione sempre migliori e di offrire una
formazione professionale di qualità per tutti. In particolare, la legge riformata prevede una maggiore
autonomia d’azione e maggiori responsabilità per gli attori della formazione professionale a livello na-
zionale e locale (Länder).In questa legge – sia nella versione attuale che in quella precedente – lo Stato
ha dichiarato che la formazione professionale extrascolastica è responsabilità del settore pubblico,
anche se poi la gestione effettiva viene condotta congiuntamente tra imprese,Camere del lavoro (da-
tori di lavoro), sindacati (lavoratori), Länder e Stato federale.
Nel cosidetto sistema duale di formazione tedesco, gli studenti passano tre o quattro giorni alla
settimana sul posto di lavoro e due giorni presso la Berufsschule. La formazione si svolge in base a un
contratto di lavoro fra l'azienda, che provvede alla formazione, e lo studente interessato. Il contratto
di formazione professionale definisce gli obiettivi della formazione (a seconda della professione pre-
scelta), la durata, il numero di ore dedicate ogni giorno alla formazione, le modalità di pagamento e
la remunerazione dello studente. Mentre, nelle esperienze danese e francese, pur prevedendo l’ipo-
tesi di vera alternanza lavorativa, si richiede che, nel rapporto tra studente e impresa, si inserisca
anche l’istituto nel quale deve essere svolta la formazione in aula, il sistema duale tedesco prevede
che il contratto di lavoro venga stipulato direttamente fra studente e impresa.Tuttavia, anche
in Germania, come negli altri paesi, l’organizzazione di questo tipo di formazione non è comunque
mai lasciata completamente alla libertà delle parti, in quanto sono sempre indicati i requisiti minimi di
accesso, di durata e di ripartizione del carico di ore fra formazione in aula e sul luogo di lavoro. La
responsabilità della pianificazione, della gestione e del percorso di formazione, ma anche del recluta-
mento dei formatori è del Consiglio dei rappresentanti degli imprenditori (Betriebsrat). Le attività di
formazione sul luogo di lavoro vengono finanziate dalle aziende, mentre il percorso scolastico nel-
l’ambito della Berufsschule viene sovvenzionato dai Länder. Così, accanto ai programmi quadro nazio-
nali, i Länder tedeschi intervengono nella definizione del curriculum accanto agli operatori dei vari
settori economici, per assicurare un’aderenza maggiore alle caratteristiche del mercato locale, fino
ad arrivare ai curricula personalizzati elaborati coinvolgendo lo studente,l’istituto che fornisce la for-
mazione teorica e l’impresa che ha stipulato il contratto con lo studente stesso. Gli studenti che
hanno completato la formazione professionale nell’ambito del sistema duale sono pronti per in-
traprendere una professione;infatti,la formazione sul luogo di lavoro li ha abituati a ogni aspetto
del mondo del lavoro.Nella maggior parte dei casi,al completamento della formazione,in alternanza,
gli studenti trovano lavoro nelle stesse aziende dove hanno svolto la formazione pratica.
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4.3 Ammortizzatori sociali
In Italia quando si parla di ammortizzatori sociali si fa riferimento per lo più al sistema
di cassa integrazione, un sistema rivolto ai lavoratori stabilmente inseriti nel mercato del la-
voro.Tuttavia in molti paesi europei - come per esempio nei Paesi Bassi e in Danimarca - esi-
stono sistemi di ammortizzatori sociali che supportano l’inserimento dei giovani nel mercato
del lavoro. Non si tratta di sussidi di disoccupazione, ma di misure che aiutino il giovane nelle
fasi di ricerca del lavoro o di transizione da un lavoro all’altro,misure vincolate ad alcune con-
dizioni di “attività”, ad un effettivo impegno in attività di formazione e di guida personalizzata.
È chiaro che questi ammortizzatori devono essere inquadrati in un sistema più ampio
di Welfare che sappia utilizzarli come strumenti d’attivazione per stimolare l’intraprendenza
e le potenzialità dei giovani inoccupati e non come meri sussidi per casi estremi di disoccu-
pazione ed inattività.Uno dei casi analizzati,quello dei Paesi Bassi,è sintetizzato nel Box 4,ed
evidenzia proprio l’importanza di un’azione coordinata su vari fronti e continuativa nel tempo.
Ma quali sono le caratteristiche essenziali dei sistemi di maggior successo? Dall’analisi emer-
gono quattro punti chiave:
1. Sono sistemi fortemente legati alla formazione, quindi, tendono a ricollocare rapida-
mente il giovane disoccupato dentro percorsi formativi che gli permettano di acquistare
le competenze necessarie a restare competitivi nel mercato del lavoro.
2. Si fondano su un forte coordinamento tra enti locali e autorità centrali, in una
prospettiva decentrata, che permetta vicinanza al cittadino, ma inserita in un quadro di
regolamentazione e coordinamento centrale molto efficace che assicuri certi standard
qualitativi in tutto il paese.
3. Nascono,come nel caso olandese,da iniziative che vedono il coinvolgimento di tutte
le parti interessate, dai sindacati al mondo delle imprese passando per le autorità
pubbliche.
4. Sono sistemi legati all’impegno, all’attivazione, e, dato non irrilevante, ai risul-
tati, come nel caso del “New Deal forYoung People”, l’ambizioso programma attuato
dal governo inglese e sintetizzato nel Box 3, in cui, non solo i giovani perdono i bene-
fici se abbandonano i percorsi di formazione previsti per il loro inserimento nel mondo
del lavoro, ma anche le agenzie che gestiscono i programmi ricevono parte dei fondi
sulla base dei risultati ottenuti.
Chiaramente non si tratta di sistemi a impatto zero sul bilancio dello Stato, anche se i
costi variano molto a seconda dei programmi messi in piedi (si va da misure molto specifiche
e controllate come il programma inglese NDYP, con basso impatto sulle casse dello Stato, a
programmi molto costosi come quello danese).Tuttavia, i costi vanno confrontati con i risul-
tati: nel caso della Danimarca, per esempio, è vero che questo paese registra la più alta spesa
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in politiche del lavoro di tutti i paesi Ocse, ma è altrettanto vero che esso ha uno dei tassi di
disoccupazione (giovanile ed adulta) più bassi dei paesi occidentali, con tutto ciò che questo
comporta in termini di riduzione del disagio sociale e della povertà,formazione della forza la-
voro, contribuzione fiscale e così via.
Per quanto riguarda l’Italia, il sistema di ammortizzatori sociali è prevalentemente an-
corato al sistema della cassa integrazione e alle indennità ordinarie di disoccupazione, en-
trambe misure che tendono ad escludere i giovani6 e, soprattutto, misure che supportano le
condizioni più estreme di inattività ma che non stimolano la riqualificazione,la formazione,l’at-
tività e l’occupabilità.Aprire un dibattito serio e concreto sulla possibilità di modificare ed in-
tegrare l’attuale sistema di ammortizzatori sociali, in modo da supportare la formazione e
l’occupabilità dei giovani, potrebbe rappresentare un importante passo per affrontare la que-
stione dell’occupazione giovanile in Italia.
Box 3. Il “Nuovo Patto per i Giovani” del Regno Unito
Il “New Deal forYoung People” (NDYP) è stato introdotto in Gran Bretagna nel 1998 come
una delle misure fondamentali di welfare per contrastare la disoccupazione giovanile. Possono par-
tecipare i giovani che rientrano nella fascia d’età 18-24 e che cercano un’occupazione da almeno sei
mesi. Il programma prevede un piccolo stipendio che però è vincolato alla partecipazione al pro-
gramma di formazione/inserimento. L’obiettivo del programma è aumentare il livello di occupazione
dei giovani fornendo nuove competenze ed esperienze di lavoro.
Come funziona
Il giovane in cerca di lavoro firma un accordo (Jobseeker Agreement) che viene visualizzato da
un PersonalAdviser,il quale traccia un piano d’azione fortemente individualizzato.Viene svolta quindi una
valutazione rapida delle sue competenze e viene stimata la sua distanza dal mercato del lavoro attra-
verso strumenti di valutazione standardizzati. Dopo questo approccio iniziale, la prima fase di NDYP
- chiamata Gateway - prevede consulenza e aiuto intensivo nella ricerca di un lavoro per circa quat-
tro mesi. Il Personal Adviser incontra ogni due settimane il ragazzo, lo aiuta a compilare un CV, discute
sulle sue prospettive di carriera e sui lavori che può ottenere con le competenze già acquisite. I gio-
vani che non hanno trovato lavoro entro la fine del periodo di “Gateway” sono obbligati a scegliere
fra una delle seguenti quattro opzioni: formazione a tempo pieno o apprendistato, lavoro nel settore
6 Un giovane agli inizi della carriera lavorativa spesso non rientra dentro questo sistema di garanzie,perché occorrono 12 mesi di con-
tributi versati; per non parlare dei giovani che lavorano con uno status di collaboratori, partite iva o altre forme del genere, molto dif-
fuse ma con scarse protezioni sociali.
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del volontariato, il lavoro in una task force ambientale o occupazione sovvenzionata. È il Personal Advi-
ser, previo accordo con l’interessato, che decide quale delle opzioni è più adatta. Durante questa se-
conda fase, che dura dai sei agli otto mesi, il giovane non viene più considerato disoccupato. Se il
ragazzo rimane comunque disoccupato a termine di questo secondo periodo, il Personal Adviser con-
tinuerà a svolgere il suo ruolo di counseling per altre 26 settimane. Il NDYP è un programma forte-
mente individualizzato che mira a costruire un percorso specifico per il giovane in cerca di lavoro che
lo conduca ad ottenere un’occupazione e nuove competenze. Il Personal Adviser svolge un ruolo guida
fondamentale: da un lato, pianifica scientificamente una strategia d’azione che vada incontro alle esi-
genze del ragazzo, dall’altro, svolge una funzione esterna di controllo e di motivazione.
Il programma è sottoposto a valutazioni rigorose, i fornitori privati, per esempio, vengono pagati
in base ai risultati raggiunti. Inoltre, sono previste sanzioni durante il periodo delle 26 settimane, se il
giovane non accetta un lavoro o si rifiuta di partecipare a corsi di formazione.
Risultati
A maggio del 2007 hanno partecipato a questo programma circa 90.000 ragazzi, mentre molti
altri partecipavano ad altri programmi come il New Deal for Lone Parents (14.000 giovani) o il New
Deal for Disabled People (18.000 giovani). I tassi di abbandono nella seconda fase, inizialmente alti,
sono calati dal 1999 al 2007. Molti studi hanno, inoltre, dimostrato come il punto di forza del NDYP
sia il rapporto di tutoring che si viene a instaurare tra Personal Adviser e giovane disoccupato.Il punto
più debole sembra,invece,essere la creazione di occupazione sostenibile nel lungo periodo:per que-
sto il Governo sta vagliando misure per incentivare e premiare i fornitori provati in tal senso.
Box 4. I Paesi Bassi e l’occupazione giovanile: una strategia integrata
e di lungo periodo
Da circa dieci anni i Paesi Bassi perseguono politiche molto aggressive per combattere la disoccu-
pazione giovanile. I numerosi provvedimenti intrapresi si fondano su due principi chiave. Da un lato, un
sistema di ammortizzatori sociali legati a formazione e lavoro (flexsicurity); dall’altro, una grande enfasi
sul ruolo dell’istruzione e della formazione e una ferma lotta all’abbandono scolastico. I principali prov-
vedimenti, adottati dalla fine degli anni Novanta ad oggi,ruotano attorno a questi temi principali e sono:
1999 Flexibility and Security Act, vuole incoraggiare i contratti di lavoro flessibili, supe-
rando la rigidità tradizionale del mercato del lavoro aprendolo alle sfide e alle opportunità della con-
temporaneità, senza però alimentare l’insicurezza sociale e la precarietà. La legge prevede forme di
coinvolgimento attivo di tutti gli attori sociali e predispone norme a tutela dei lavoratori flessibili che
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ne garantiscono il reddito e la sicurezza sociale. Il limite del periodo di prova è fissato a due mesi.
Viene,inoltre,introdotto un numero massimo di tre contratti a tempo determinato che non devono
superare complessivamente i tre anni, oltre i quali è conferito al lavoratore il diritto di ottenere
un’occupazione permanente.
2002 Legge SUWI, istituisce la Struttura per l’Amministrazione del Lavoro e del Reddito
(SUWI),definendo soggetti,ruoli e coordinamento tra le attività.Uno dei perni della struttura è rap-
presentato dai Centri per il Lavoro e il Reddito (CWI), che sono il punto di riferimento per tutti i
potenziali richiedenti di indennità che cercano un lavoro e che necessitano un sussidio. È un istituto
pubblico che si occupa di funzioni comprendenti diversi servizi come la gestione della banca dati na-
zionale dei posti vacanti, l’intermediazione attiva, la divulgazione delle informazioni, la consulenza, la
preparazione dei candidati al lavoro e al sussidio,la determinazione della difficoltà nell’immettere i sog-
getti nel mercato del lavoro e l’accertamento della possibilità di reintrodurli nel programma. L’idea
di un unico punto di accesso (ovvero uno sportello unico) è centrale nell’esperienza del CWI.Il CWI
assicura l’esistenza di un mercato del lavoro trasparente e si coordina con i comuni che sono re-
sponsabili per il reintegro di coloro che fanno domanda all’Assistenza Nazionale. I comuni ricevono
fondi ed incentivi per il reintegro dal Fondo per il Lavoro e il Reddito (FWI) ed affidano poi la ge-
stione dei servizi ad agenzie private.
2003Youth Unemployment Action Plan, un piano con l’obiettivo di ridurre la disoccupa-
zione giovanile creando 40.000 nuovi posti per giovani e promuovendo il ritorno dei giovani disoc-
cupati a percorsi di formazione.Il piano prevedeva 31 misure,tra cui incentivi fiscali per la formazione,
finanziamento integrativo per il CWI per consulenze individuali,etc.Tra le misure più significative del
piano vi è la:
Youth EmploymentTask Force (2003-2007),che ha avuto un ruolo chiave nel promuovere la
cooperazione tra Ministeri ed altri soggetti interessati,nel sensibilizzare le aziende e l’opinione pubblica
sull’importanza dell’assunzione di giovani e nel promuovere i contatti fra imprese e giovani disoccupati.
2007 The “Qualification law”, obbliga i giovani disoccupati che non hanno concluso il ciclo
d’educazione di base,a frequentare un programma d’educazione a tempo pieno fino al diciottesimo anno
d’età. Per i giovani 18-27 che non hanno concluso la scuola secondaria, invece, è stato introdotto l’ob-
bligo di frequentare un percorso di formazione che porti al conseguimento di un diploma o di un lavoro.
2009Youth Unemployment Action Plan, un nuovo piano da 250 milioni di euro per inve-
stire sulla formazione dei giovani attraverso cinque azioni principali: 1) mantenere i giovani nelle
scuole per un periodo più lungo possibile, incentivando la formazione professionale; 2) coinvolgere
gli enti locali attraverso accordi che predispongano misure concrete; 3) creare un sistema che faccia
incontrare le richieste dei datori di lavoro e i talenti dei giovani; 4) incentivare la possibilità di ap-
prendimento, attraverso stage,apprendistato e volontariato;5) prestare particolare attenzione ai gio-
vani con minori opportunità.
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4.4 Incentivi fiscali per l’assunzione di giovani
Di incentivi per l’assunzione di determinati gruppi sociali (giovani,donne,disabili o altre
categorie considerate“a rischio”) si parla in molte occasioni,anche se gli esperti sono spesso
scettici sulla loro efficacia per alcuni motivi che vedremo in dettaglio più avanti.
Gli incentivi all’assunzione possono assumere varie forme, dalla defiscalizzazione degli
oneri sociali a veri e propri sussidi agli stipendi (wage subsidies), e possono essere indirizzati
o alla creazione di nuova occupazione in generale,senza restrizioni sulle categorie di persone
assunte (in tal caso vengono usati come strumenti anti-ciclici) oppure all’assunzione di cate-
gorie specifiche di persone (donne, giovani, etc.).Tra i più recenti esempi di utilizzo della leva
fiscale mirata all’assunzione dei giovani troviamo gli Stati Uniti,dove,a Marzo 2010 è stata ap-
provata la legge "EmployingYouth for the American Dream Act" (EYADA), che stan-
zia 8 miliardi di dollari per incentivare le imprese ad assumere giovani svantaggiati e a rischio
disoccupazione e per supportare formazione e assistenza ai giovani.
Gli incentivi all’assunzione, nel complesso, non sono certo strumenti nuovi: varie tipo-
logie di incentivi per promuovere l’occupazione, infatti, hanno iniziato a diffondersi già nella
seconda metà degli anni Settanta in Nord America e in Europa. Sia il Canada che gli Stati
Uniti hanno fatto ampio uso di questi strumenti,ma solo i programmi a portata più generale
hanno avuto successo. Specificamente: l’Employment Tax Credit Program, adottato in
Canada tra il 1978-81 ed il New JobsTax Credit,adottato negli Stati Uniti nel 1977,una mi-
sura che prevedeva un sussidio ai salari per tutte le assunzioni che superavano il 2% di au-
mento rispetto all’anno precedente.
Al contrario,le numerose iniziative“mirate” a gruppi sociali specifici,come,per esempio,
il programma statunitense Work Incentive Program (WIN),per le famiglie povere,ed il Tar-
geted JobsTax Credit (TJTC), per i lavoratori svantaggiati, sembrano aver avuto risultati più
deludenti.È impossibile riassumere in poche righe le ragioni dello scarso successo di programmi
molto diversi tra loro per obiettivi, risorse e requisiti; ad ogni modo, i principali motivi per cui
le iniziative focalizzate su gruppi specifici di lavoratori si sono rivelate deludenti sono:
1. Burocrazia.Spesso gli incentivi fiscali,soprattutto quando sono mirati a gruppi specifici,ri-
chiedono l’espletamento di lunghe procedure burocratiche.Le procedure servono a veri-
ficare l’eligibilità e limitare gli abusi,ma il risultato è quello di disincentivare le aziende a farvi
ricorso.Per questo si rileva spesso un elevato livello di sottoutilizzo di questi strumenti.
2. Non incisività sulle caratteristiche della domanda: se il datore di lavoro, a torto o a ra-
gione, pensa che un disoccupato di lungo periodo o un giovane neodiplomato o una
donna non siano adatti alle caratteristiche del lavoro svolto nella sua azienda, difficil-
mente cambierà idea per uno sconto sulle tasse.A meno che non vi siano misure che
intervengano sulla formazione e riqualificazione del lavoratore,difficilmente gli incentivi
saranno capaci di modificare la struttura della domanda, soprattutto nel lungo periodo.
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
4.5 Misure normative relative al mercato del lavoro: il contratto unico
Nonostante molti aspetti legati al fenomeno della disoccupazione giovanile abbiano ra-
dici in larga parte socio-economiche, tra le politiche attivabili per contrastarla vi sono anche
strumenti giuridici legati al funzionamento del mercato del lavoro.Infatti,così come hanno ri-
levato molti economisti,alcune problematiche legate all’occupazione giovanile sono state am-
plificate in alcuni paesi da un’incompleta e mal attuata deregolamentazione del mercato del
lavoro che ha dato luogo al cosiddetto“mercato duale”.Si intende per mercato duale un mer-
cato da un lato estremamente flessibile,volatile e con scarse,se non nulle,forme di protezione
sociale per una fascia di lavoratori (tipicamente le generazioni più recenti) e,dall’altro,ancora
strettamente regolato e protetto per le fasce di lavoratori già stabilmente inserite nel lavoro.
L’Italia e la Spagna sembrano essere tra i paesi europei quelli maggiormente esposti a questo
problema. Forse, anche per questo, sono i due paesi in cui numerosi giuristi ed economisti si
sono confrontati sulla possibilità di una riforma del lavoro che contribuisse a rettificare le
storture causate da un sistema normativo inadeguato.
Uno dei perni delle proposte degli esperti,sia spagnoli sia italiani,è l’introduzione di una
specifica forma di contratto che andrebbe a sostituire tutte le decine di tipologie di contratti
a tempo determinato attualmente vigenti sia in Italia che in Spagna. Si tratterebbe, quindi, di
un “contratto unico”, come viene definito dai suoi stessi propositori, che sia a tempo inde-
terminato ma che preveda un sistema di tutele crescenti col passare del tempo trascorso in
quell’impiego.Al di là dei dettagli tecnici del contratto,che variano molto a seconda delle pro-
poste prese in considerazione (solo in Italia vi sono almeno quattro disegni di legge in mate-
ria), il senso generale dell’idea del contratto unico è quello di creare un contratto a tempo
indeterminato con alcune specificità.Si prevede infatti che l’azienda,nei primi anni del rapporto
di lavoro (in alcune proposte sono specificati i primi 3 anni), possa interromperlo per motivi
economici.Un’interruzione a fronte della quale il lavoratore avrà però diritto ad un’indennità
di licenziamento che cresce con l’anzianità acquisita nell’impresa e, in alcune proposte, anche
a benefici aggiuntivi come un trattamento complementare di disoccupazione a carico del-
l’impresa. Trascorsi i primi tre anni nel rapporto di lavoro (durata che varia a seconda del
progetto di legge), scattano tutte le tutele tradizionali a favore del lavoratore. Questa propo-
sta cerca così di andare incontro sia all’esigenza di garantire a milioni di persone una serie di
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In conclusione, e come indicano anche gli esperti, le politiche migliori per aumentare
l’occupabilità di fasce più a rischio sono misure che combinano sussidi ai salari con for-
mazione, assistenza nella ricerca di lavoro e di crescita professionale:solo con que-
sti interventi si riescono ad ottenere risultati efficaci nel migliorare l’occupazione e i livelli
salariali delle categorie più a rischio.
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
diritti e tutele da cui sono attualmente escluse, sia all’esigenza di mantenere un minimo di
flessibilità all’ingresso e di non reintrodurre quelle rigidità iniziali per il datore di lavoro che
rappresentano spesso i principali freni alla crescita dell’occupazione.
L’obiettivo della proposta è quello di ridurre la volatilità nel mercato del lavoro per i
più giovani, incentivare e supportare la loro formazione ed avviamento al lavoro e garantire
un minimo di tutele alle fasce di lavoratori attualmente più deboli, in modo da attenuare l’im-
patto sociale di fasi di crisi economica come quelle che stiamo attraversando. Si tratterebbe
quindi di uno strumento normativo che potrebbe avere importanti ricadute su variabili eco-
nomiche e sociali.
4.6 Promozione e supporto della cultura imprenditoriale
Molti paesi si stanno accorgendo dell’importanza della nuova imprenditoria come
mezzo, non solo per rinnovare il tessuto economico e produttivo, ma anche per generare
nuova occupazione.Un recente studio della Kauffman Foundation ha mostrato come dal 1977
al 2005 la crescita di occupazione negli Stati Uniti è stata quasi interamente guidata dalla crea-
zione di start-up.Le imprese esistenti hanno bruciato,in media,1 milione di posti di lavoro al-
l’anno, mentre le nuove imprese, nel loro primo anno di attività hanno generato 3 milioni di
posti di lavoro. Ma come si promuove l’imprenditoria tra i giovani? Le misure adottate nei
vari Paesi per incentivare la nuova imprenditoria variano considerevolmente. Molte sono fo-
calizzate sulla formazione, per creare una nuova generazione di imprenditori e aziende al-
l’avanguardia. In Francia, per esempio, vi sono due programmi pubblici nazionali volti ad
aumentare la cultura e le competenze imprenditoriali tra i giovani: il programma Enterprises
Cadettes, che si basa sulla cooperazione tra imprese locali e banche e il programma Graines
d’Entrepreneurs,che viene realizzato attraverso una partnership tra governi regionali e il sistema
delle camere di commercio e dell’industria.Programmi analoghi sono stati realizzati negli Stati
Uniti (per esempio il Junior Achievement, il National Foundation forTeaching Entrepreneurship, ed
il REAL, ovvero il Rural Entrepreneurship through Enterprise) e in Canada dove è stato creato il
Centre for Education and Enterprise (CEED), assieme ad altre iniziative regionali come la South
Peace Secondary School in British Columbia o il Centre for Entrepreneurship and Development
(CEED) in Nova Scotia.
In altri casi si adottano agevolazioni fiscali e prestiti agevolati, come i programmi in-
glesi Prince’sTrust-Business (PTB) per le start-up ed il Livewire, oppure come il programma ca-
nadese Youth Business, che fornisce prestiti agevolati ed altri servizi di supporto
all’imprenditoria giovanile. Programmi analoghi sono presenti in Australia (Young Aussie Enter-
prises ed il Nescafe Big Breakfast),in Portogallo (come il Sistema de Apoio jovens Emresarios,che
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
copre il 50% dei capitali necessari, o il Quiosque do Invetidor, che aiuta i giovani imprenditori
ad identificare e sfruttare opportunità di business) e in Spagna (come la EscuelaTaller, rivolta
soprattutto ai giovani tra i 18 e i 25 anni con scarse professionalità).
Anche l’Italia ha adottato un approccio di incentivi fiscali con la Legge 95/95 che preve-
deva sia finanziamenti agevolati che a fondo perduto per i giovani tra i 18 e i 29 anni residenti
in alcune aree specifiche del paese che avviassero un’impresa nuova. Una misura la cui effica-
cia è stata però fortemente messa in discussione da una serie di inchieste su abusi e sulla con-
cessione dei finanziamenti ad aziende che, di fatto, non rispondevano ai criteri richiesti.
Al di là dei vari episodi che possono aver creato scetticismo su alcuni strumenti adot-
tati in passato, il tema era e resta di grande attualità per l’Italia, soprattutto alla luce delle di-
namiche dell’imprenditorialità giovanile degli ultimi anni, anche prima degli effetti della crisi.
Come è evidenziato dai rapporti Cerved, già negli anni tra il 2000 e il 2007 le aziende “gio-
vani” (definite come quelle realtà produttive in cui il titolare, tutti i soci o tutti gli ammini-
stratori non abbiano ancora compiuto 35 anni alla nascita dell’impresa) hanno subito una
forte contrazione, sia nel settore industriale che in quello dei servizi e, sia nelle forme giuri-
diche più semplici (ditte individuali) che in quelle più complesse (società di persone e società
di capitali), con cali che vanno dai 5 ai 13 punti percentuali.
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AZIENDE “GIOVANI”
2000 2007 Variazioni %
Servizi 39.10% 32.80% - 6.30
Ditte individuali 59% 46% -13.00
Società di persone 23% 17.10% - 5.90
Società di capitali 23.80% 18.60% - 5.20
Industria – 40% –
Ditte individuali 53.60% 41.20% -12.40
Società di persone 27.20% 20.50% - 6.70
Società di capitali 23.40% 19.30% - 4.10
Tabella 6. Incidenza delle imprese “giovani” (2000-2007)
Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 37
Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
Nell’industria, tra il 2000 e il 2007, la quota di imprese giovani sulle nuove nate si è ri-
dotta dal 53,6% al 41,2% per le ditte individuali, dal 27,2% al 20,5% per le società di persone
e dal 23,4% al 19,3% per le società di capitale7. Stesso trend si rileva nel settore dei servizi.
Complessivamente nel 2000 il 39,1% delle aziende nate nei servizi “business to busi-
ness” erano imprese under 35; la percentuale ha toccato un picco nel 2002 (il 40,3%), ma poi
è costantemente calata ed è scesa al 32,8% nel 20078.
È chiaro che un aumento “quantitativo” delle start-up giovani non implica necessaria-
mente un aumento qualitativo delle stesse e del tessuto economico-produttivo del paese.Per
questo è importante che politiche volte a rafforzare la capacità imprenditoriale delle nuove
generazioni includano percorsi che stimolino l’imprenditorialità,che rendano familiari le nuove
tecnologie, le più avanzate conoscenze manageriali e i processi di internazionalizzazione. Par-
ticolarmente importante,poi,è un’assidua attività di mentorship per le aziende nei primi anni
di vita e anche prima della fase di start-up. Non è solo l’assenza di fondi che penalizza i gio-
vani imprenditori, ma la mancanza di attività di stimolo, indirizzo e supporto manageriale. In
Italia si parla spesso della necessità di rafforzare il mercato del venture capital, ossia di quelle
organizzazioni che finanziano e supportano le imprese dalla nascita alla quotazione in borsa.
Ma i venture capital crescono dove sono le buone idee, perché di questo si alimentano: di
molte e buone idee imprenditoriali. Numerosi venture capital nazionali ed internazionali se-
gnalano che il flusso di progetti realizzabili proveniente dall’Italia è ancora scarso e debole.Per
questo è importante agire su vari fronti, dalla formazione al supporto progettuale pre-avvia-
mento. In quest’ottica integrata le politiche per l’imprenditorialità giovanile possono divenire
buoni strumenti di crescita occupazionale e di riqualificazione del sistema produttivo del paese.
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7 Interessante notare come il calo delle imprese giovani sia stato frenato dalla crescita rapida e strutturale dell’imprenditoria straniera.
Tra il 2000 e il 2007, la percentuale di nascite di ditte individuali giovani non italiane è passata dal 12,8% al 30,4%.
8 È’ importante sottolineare come tale calo sia solo in parte attribuibile alle dinamiche demografiche del nostro paese,che hanno visto
un calo del peso dei giovani tra i 18 e i 34 anni sulla popolazione totale dal 24,6% nel 2000 al 21,2% nel 2007. Se si rapporta il numero
di imprenditori sotto i 35 anni alla popolazione della corrispondente classe di età per neutralizzare l’effetto demografico,si nota come
la quota di giovani che ha avviato una nuova attività produttiva si riduce da 15,6 su 10.000 nel 2000 a 11,8 su 10.000 nel 2007.
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C A P I T O L O 2
TRE PROPOSTE PER RIPARTIRE DAI GIOVANI
di Marco Simoni
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1. Introduzione 40
2. Una regola fiscale: 43
legare il recupero dell’evasione alla riduzione delle tasse.
A partire dai giovani
3. Tagliare tre nodi: 46
difficoltà di credito, eccessiva tassazione, peso della burocrazia
4. Uno scambio tra generazioni: 50
finanziare le borse di studio innalzando di un anno l’età pensionabile
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
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I N T R O D U Z I O N E
Il tema della disoccupazione giovanile in Italia ha due facce. Da un lato è legato alla de-
bolissima dinamica della crescita del nostro paese che, negli ultimi dieci anni, ha fatto regi-
strare il più basso tasso di crescita del mondo.Inevitabilmente,i giovani,che si trovano all’inizio
del loro percorso lavorativo, pagano maggiormente la riduzione di opportunità che la crisi
porta con sé. La mancanza di politiche orientate alla crescita economica e il pesante fardello
del debito pubblico pesano soprattutto sulle giovani generazioni.
A queste ragioni, strettamente economiche, si sommano ragioni relative alle scelte di-
stributive operate dai governi degli ultimi venti anni in termini di spesa, di regolamentazione
del mercato del lavoro, di (mancate) liberalizzazioni.
La fragilità occupazionale delle generazioni giovani e la sostanziale assenza di supporto
pubblico che esse ricevono dallo Stato sono dati,crediamo,evidenti non solo dalle statistiche
ma dall’esperienza quotidiana della maggioranza degli italiani.
È importante riconoscere che se la politica può far molto per correggere le storture di-
stributive e gli incentivi perversi che sembrano caratterizzare l’Italia contemporanea,essa però
non può tutto. La ripresa economica, una nuova stagione di crescita e l’aumento dell’occupa-
zione giovanile dipendono largamente dalla ripresa dell’attività privata, dal migliore funziona-
mento dei mercati, dall’accelerazione della produttività e da un fisco più snello ed equilibrato.
Questo per dire, in poche parole, che il tema della disoccupazione giovanile non è una
questione settoriale ma è la questione economica e sociale principale per la nostra nazione,
che riguarda la ricerca di un modello di sviluppo per il paese. È ormai chiaro che, esaurito il
modello di sviluppo del dopoguerra, negli scorsi venti anni la classe politica non è stata in
grado di individuare una nuova traccia sulla quale l’economia potesse ripartire, traccia verso
la quale, al contrario, è urgente orientarsi.
Pertanto,le tre proposte che presentiamo qui non vanno lette come esaustive.Esse non
possono sostituire o compensare altri capitoli fondamentali che,pur riguardando solo indiret-
tamente i giovani, proprio dei giovani andrebbero a maggior beneficio. Su ognuno di questi ca-
pitoli l’intervento della politica dovrebbe essere coraggioso e sostanziale e, su molti di essi,
Italia Futura è intervenuta più volte negli scorsi mesi.È auspicabile un alleggerimento della tas-
sazione sul lavoro,in parte compensata da una più attenta e non distorsiva tassazione sulle at-
tività finanziarie e sulle rendite.È urgente una ripresa vigorosa delle liberalizzazioni dei mercati
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Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
e delle professioni: l’Italia continua ad essere, tra i grandi paesi europei, quello con il più alto
tasso di regolamentazione,con una conseguente presenza di rendite monopolistiche che stroz-
zano le opportunità di crescita. È necessario – come richiamato recentemente anche dal Go-
vernatore Draghi – un intervento unificante sulla disciplina del mercato del lavoro che,
favorendo il lavoro stabile, renda più serena la vita delle persone e contribuisca ad una ripresa
della produttività.Ormai da anni alcune proposte importanti e autorevoli sono presenti sul ta-
volo e sarebbe ora che la politica le prendesse seriamente.È fondamentale tornare a investire
sulla formazione e sulla ricerca, portando a termine riforme che da venti anni vengono scritte
per poi arenarsi all’ultima boa, lasciando gli studenti italiani sempre meno preparati rispetto ai
loro colleghi europei e le nostre università dimenticate dalle classifiche internazionali.
Le proposte che presentiamo qui non hanno la dimensione di riforme di sistema, non
prefigurano grandi interventi.Tuttavia, direttamente o indirettamente, affrontano tutti i temi
appena richiamati:il tema della riforma fiscale,il tema del lavoro dipendente,il tema della sem-
plificazione burocratica, il tema della produttività e dell’innovazione, il tema della formazione
e del capitale umano. Sono dunque tre proposte ambiziose che, se attuate, consentirebbero,
crediamo, un salto di qualità nell’arco di pochi anni, con riferimento a tre questioni: quella
degli squilibri distributivi, quella del patto fiscale tra cittadini, quella della crescita economica.
Iniziando dalla prima,in Italia,esiste un evidente squilibrio distributivo a svantaggio delle
generazioni giovani. Questo avviene per il sommarsi di tre fattori, tra loro separati. Primo, la
debolissima dinamica del mercato del lavoro con riguardo ai gruppi più giovani;secondo,la po-
vertà di risorse di welfare a cui i giovani possono accedere; terzo, il fatto che i lavori non sta-
bili si concentrino essenzialmente tra i giovani. Questo squilibrio distributivo va corretto per
due ragioni:la prima è un’elementare ragione di giustizia sociale.La seconda è relativa al fatto
che il sistematico depauperamento delle generazioni giovani equivale al depauperamento del
futuro del paese. Pertanto, ognuna delle tre proposte contiene elementi di ridistribuzione a
favore dei giovani italiani.Tuttavia, in ognuna delle proposte, è costantemente presente la ri-
chiesta esplicita di un’assunzione di responsabilità, come parte necessaria di un nuovo patto
di convivenza, fondato sulla giustizia e orientato alla crescita.
Secondo,qualsiasi politica economica,anche se basata sul principio dell’equilibrio di bi-
lancio, ha bisogno di risorse che vanno raccolte o la cui destinazione va modificata. Noi cre-
diamo che parte fondamentale della crisi italiana si manifesti in una slabbratura del patto
sociale tra cittadini e fisco da un lato, e tra diversi gruppi di contribuenti dall’altro. Di con-
seguenza, in Italia non è più possibile suggerire capitoli di spesa in maniera credibile senza
contemporaneamente indicare voci di entrata. Inoltre, questo legame non deve essere me-
ramente funzionale o quantitativo, ma deve essere presente con chiarezza un legame di so-
stanza tra capitoli di maggiore spesa (o minori entrate) e capitoli di entrate (o minore spesa).
Un nuovo patto fiscale tra lo stato e i cittadini deve fondarsi sulla trasparenza delle misure,
sulla chiarezza e responsabilità nell’impiego dei fondi pubblici e sulla conseguente onestà dei
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Italia Futura - Rapporto occupazione giovanile 2010

  • 1. www.italiafutura.it Stefano Micelli, Marco Simoni, Irene Tinagli Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile
  • 2. Stefano Micelli, Marco Simoni, Irene Tinagli Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 1
  • 3. R I N G R A Z I A M E N T I Gli autori ringraziano Alessio Liquori e Raoul Minetti per il contributo fondamentale alla stesura delle tre proposte. Ringraziano altresì sentitamente Fabrizio Baroni, Innocenzo Cipolletta, Giuseppe De Rita, Maurizio Ferrera e Nicola Rossi per gli utilissimi commenti su una stesura preliminare. Grazie a Marco Palillo per il prezioso aiuto nelle attività di ricerca e di benchmark internazionale. Un ringraziamento particolare a Stefania Multari di Confartigianato e Enrico Amadei della Confederazione Nazionale della Piccola e Media Impresa. L’appendice statistica è stata realizzata da Sergio de Ferra, dottorando della London School of Economics. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 2
  • 4. Indice 1. INTRODUZIONE. 5 Giovani e lavoro: la vera emergenza nazionale 2. CAPITOLO 1. 8 Il mondo fuori: analisi e confronto internazionale di IreneTinagli 3. CAPITOLO 2. 39 Tre proposte per ripartire dai giovani di Marco Simoni 4. CAPITOLO 3. 53 Il caso dell’artigiano: un’occasione per crescere di Stefano Micelli 5. APPENDICE STATISTICA. 68 I numeri del quindicennio perso (1994 – 2009) di Sergio de Ferra Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 3
  • 5. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 4
  • 6. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it 5 I N T R O D U Z I O N E Giovani e lavoro: la vera emergenza nazionale L’Italia deve ricominciare ad investire sul proprio futuro. Da troppo tempo lo sguardo della politica ha smesso di puntare avanti, schiacciando il nostro paese sul presente e sul pas- sato, togliendogli slancio e prospettiva.È urgente invertire questa tendenza,occuparsi del pre- sente pensando al tempo prossimo e a dove vogliamo che l’Italia sia tra cinque, dieci anni. Mossi da questa convinzione abbiamo elaborato la campagna che presentiamo in que- ste pagine, una campagna corredata da una serie ampia di proposte che offriamo al dibattito pubblico e politico. Abbiamo scelto di concentrarci sulla disoccupazione giovanile e sulle politiche per con- trastarla, perché il tema dei giovani non è un dettaglio ma il cuore di un grande paese. Pen- siamo che l’allarmante, a volte tragica, situazione economica vissuta dalla maggioranza dei giovani del nostro paese sia la vera urgenza nazionale e il frutto più chiaro del fallimento della politica degli ultimi quindici anni. Concentrarsi sul tema dei giovani significa, dunque, occu- parsi di molte cose: della parte più fresca e creativa del paese, del futuro di tutti noi e di una politica che torni a mettere al centro della discussione il bene comune. Il bene comune non è una ricetta preconfezionata ma frutto dell’elaborazione, dell’ap- profondimento e della discussione pubblica. Eppure, nei mesi durante i quali i bollettini del- l’ISTAT diramavano dati sempre più allarmanti sulla condizione delle giovani generazioni, abbiamo sentito poche idee e poche proposte arrivare da chi dovrebbe occuparsi non solo di amministrare il presente ma di costruire il futuro. La disoccupazione giovanile in Italia è molto più alta della media dei paesi dell’Europa occidentale,nel nostro paese è più facile essere disoccupati se si è giovani rispetto a qualsiasi altra classe di età. Non c’è da stupirsi, dunque, se siamo il paese in cui i giovani adulti fanno più fatica ad uscire dalla casa dei propri genitori o se la natalità è più bassa di quanto si regi- stri in Germania, Francia o Inghilterra. Negli ultimi dieci anni il reddito pro capite in Italia è calato, mentre aumentava, sia pur di poco, nei paesi a noi vicini. Le conseguenze della stagnazione economica italiana sono av- vertite soprattutto dai giovani. E questo significa che – a meno di un intervento tempestivo – la prospettiva è ancora più difficile della situazione di oggi,perché la stagnazione economica sta indebolendo socialmente ed economicamente la spina dorsale dell’Italia del futuro prossimo. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 5
  • 7. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile In altre parole, quello dei giovani non è uno tra i tantissimi problemi che affliggono il nostro paese ma la questione centrale sulla quale concentrarsi per tornare a investire sul fu- turo, invertire la spirale del declino e tornare a trovare le ragioni dell’orgoglio nazionale anche per quello che facciamo, oltre che per quello che siamo. Le statistiche e le analisi economiche sono importanti per comprendere le dimensioni e la gravità del problema che abbiamo davanti e, soprattutto, per elaborare risposte efficaci. Ma per riconoscere l’urgenza di mettere in moto buone politiche è sufficiente ascoltare i rac- conti, le storie, la vita vissuta dai giovani italiani. Migliaia di risposte sono arrivate sul nostro sito web, in cui chiedevamo una testimonianza sul mondo del lavoro. Una parte, largamente maggioritaria, racconta storie difficilissime. La storia di chi non riesce a trovare lavoro e vede mortificate le proprie capacità: è anche la storia di una società che rinuncia a quelle compe- tenze e quell’entusiasmo. Sono meno drammatici i racconti di chi, scoraggiato da troppe bar- riere, ha deciso di trovare fortuna altrove, generalmente con buoni risultati. C’è da essere orgogliosi della capacità dei giovani italiani di mietere successo in giro per il mondo, ma c’è da preoccuparsi per la nostra incapacità di attrarre talenti o mantenere i nostri. Gli inglesi lo chiamano brain drain,la bilancia commerciale delle intelligenze,che ci vede posizionati sempre peggio rispetto agli altri paesi europei. Le altre storie difficili si concentrano sul lavoro preca- rio, che estende le sue caratteristiche alla vita delle persone; la mancanza di trasparenza, e a volte la corruzione; il senso di impotenza davanti a politiche miopi e corporative: tratti di- stintivi di un paese che non cura il futuro. Eppure, in un contesto difficile, con risorse economiche sempre più ridotte, con op- portunità negate,nonostante grandi ostacoli,i giovani italiani sono protagonisti di grandi sforzi e di un lavoro silenzioso ma fondamentale che ha aiutato l’Italia a non declinare ulteriormente, a non trasformare le enormi difficoltà in una resa. E, sempre senza negare i contesti difficili, sono tante anche le storie di orgoglio che abbiamo ricevuto. Di giovani ricercatori che por- tano avanti le nostre università. Di chi, tra mille ostacoli burocratici porta avanti l’azienda fa- miliare, o cerca di iniziare una piccola attività artigiana, preservando e innovando con grande entusiasmo le nostre tradizioni.Abbiamo ricevuto le tante storie di giovani lavoratori e pro- fessionisti senza i quali la nostra economia non potrebbe funzionare. Persone spesso con un contratto flessibile che sanno di essere indispensabili per l’azienda, la pubblica amministra- zione, la scuola o l’ospedale nei quali lavorano. Noi siamo convinti che l’Italia di oggi sia una combinazione di declino e potenzialità.Di opportunità negate, di rendite prepotenti che convivono accanto ad una straordinaria capa- cità di lavoro, di dedizione, di impegno. Dipende, dunque, dalla politica e dai decisori pubblici la scelta di quale strada prevarrà:se quella del declino inevitabile,di una nazione che tra le tante spaccature dovrà annoverare anche quella del ritorno dell’emigrazione di massa e della di- soccupazione crescente, con punte estreme nel meridione, oppure quella della ripresa eco- 6 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 6
  • 8. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile nomica fondata sul lavoro, che offre opportunità soprattutto ai giovani di mettere le loro energie nelle istituzioni, nelle aziende, nei luoghi di lavoro in cui si trovano, sicuri che il loro impegno sarà riconosciuto fino in fondo. Noi crediamo che la differenza tra la prima e la seconda possibilità,tra declino e futuro, passi anche dall’impegno. Ed è con senso di partecipazione civica che Italia Futura ha prepa- rato questa campagna, coinvolgendo studiosi, professionisti, esperti, appassionati e volontari. Il lavoro di queste pagine comprende tre parti. La prima è quella dell’analisi, per capire nel dettaglio quanto è rilevante il problema della disoccupazione giovanile e cosa si fa nel resto del mondo. IreneTinagli traccia un quadro molto difficile, sottolineando quanto nel no- stro paese la crisi abbia colpito soprattutto i giovani, mentre la politica ha deciso di sottova- lutare il problema. Allo stesso tempo, lo sguardo sui nostri vicini europei ci mostra un’amplissima varietà di interventi possibili per invertire la rotta. La seconda parte è quella delle proposte. Marco Simoni ne individua tre, che riguardano il fisco e l’evasione fiscale, l’im- prenditoria giovanile e la formazione del capitale umano.Sono proposte che non esauriscono la necessità di interventi ampi di politica economica per rilanciare la crescita. Ma sono pro- poste che,se attuate,potrebbero attivare circoli virtuosi di conoscenza,produttività e crescita, mentre riannodano il tessuto del patto fiscale logorato. La terza parte suggerisce un focus importante che proponiamo alla discussione: quello sull’artigianato.Stefano Micelli spiega come l’artigianato sia uno degli anelli di congiunzione più forte tra l’economia globalizzata e la nostra cultura,uno dei modi con i quali l’Italia può girare la globalizzazione a suo vantaggio e crescere grazie all’apertura dei mercati anziché temerla e averne paura: a patto di compiere alcune precise scelte politiche. L’appendice a questi capitoli offre al lettore un ampio compendio di dati comparati,utili alla lettura ma, soprattutto, a fotografare la situazione di estrema difficoltà della nostra eco- nomia e della nostra società. Il nostro punto di partenza è netto: il tema dell’occupazione giovanile è la vera emer- genza nazionale e, come ogni questione complessa, va affrontata con strumenti adeguati e multiformi, parte dei quali è individuata nelle pagine che seguono. Come sempre, offriamo le nostre competenze e le nostre analisi al dibattito, lanciando una campagna di discussione che coinvolgerà migliaia di italiani di tutte le età, convinti che sia ora di voltare pagina. 7 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 7
  • 9. C A P I T O L O 1 IL MONDO FUORI: ANALISI E CONFRONTO INTERNAZIONALE di IreneTinagli 1. Disoccupazione giovanile: agire ora per cambiare il futuro 9 2. Il fenomeno: dati e confronto internazionale 11 3. Analisi: possibili cause e fattori collegati 15 3.1 Istruzione e abbandono scolastico 15 3.2 Formazione, apprendistato e collegamento con il mondo del lavoro 18 3.3 Precarietà e qualità del lavoro 21 4. Quali politiche? 25 4.1 Politiche per l’istruzione 25 4.2 Formazione professionale 27 4.3 Ammortizzatori sociali 30 4.4 Incentivi fiscali per l’assunzione di giovani 34 4.5 Misure normative relative al mercato del lavoro: il contratto unico 35 4.6 Promozione e supporto della cultura imprenditoriale 36 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 8
  • 10. 1. Disoccupazione giovanile: agire ora per cambiare il futuro Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it La crisi economica globale ha colpito in modo particolarmente grave le generazioni più giovani, sia in Europa che negli Stati Uniti. L’Italia, che grazie alla cassa integrazione è riuscita ad attutire, in parte, gli effetti sull’occupazione “adulta”, ha tuttavia ceduto in maniera preoc- cupante sul fronte di quella giovanile.Stando agli ultimi dati disponibili,oggi in Italia circa il 27% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è disoccupato. Sono giovani che non studiano più, che magari hanno conseguito il diploma o la laurea,che cercano lavoro,ma che non trovano niente.A que- sti andrebbero poi aggiunti quelli che non cercano nemmeno più. A che serve gloriarsi della relativa tenuta dell’occupazione “adulta”, quando abbiamo oltre due milioni di giovani in uno stato di totale smarrimento e abbandono? È come se gli ef- fetti peggiori della crisi fossero stati scaricati su di loro.Ma scaricare il peso di questa crisi sui giovani significa buttare dalla finestra quello che ben presto busserà alla porta come un dramma di portata ancora maggiore. La disoccupazione giovanile ha pericolosi effetti di lungo periodo. Numerose ricerche hanno dimostrato che essere disoccupati da giovani influenza pesantemente gli sviluppi di car- riera e,in modo particolare,i livelli retributivi futuri.Questo ha effetti non solo sulla vita dei gio- vani in questione ma sull’economia del Paese, che si ritroverà con una forza lavoro più debole, che verserà meno contributi e tasse nelle casse dello stato e avrà una capacità di consumo più bassa.Come se non bastasse la disoccupazione ha un effetto significativo sulla salute psicologica e fisica dei giovani.Ormai da anni studi scientifici dimostrano come il trovarsi disoccupati aumenti la probabilità per i giovani di essere vittime di criminalità, alcolismo, droga, incidenti e suicidi1 . Nonostante la gravità della situazione e delle sue ricadute future, in Italia molti poli- tici tendono a minimizzare il fenomeno. D’altronde un giovane tipicamente non ha una fa- miglia da mantenere e può spesso contare sulla famiglia di origine come ammortizzatore per le sue difficoltà economiche, quindi gli effetti sociali del fenomeno non si vedono subito. Ma questo non può tranquillizzarci e giustificare l’inazione alla quale stiamo assistendo. Il Piano di azione per l’occupazione dei giovani, “Italia 2010”, lanciato dal Governo nel Settembre 2009, presenta considerazioni giuste ed interessanti riguardanti il fenomeno e le sue cause, 9 1 Per approfondimenti si rimanda agli studi condotti daAnne Hammarström presso il Dipartimento di Medicina Sociale dell’Istituto Ka- rolinska a Luleå, in Svezia. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 9
  • 11. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile ma purtroppo non indica né quali siano in concreto le misure al vaglio del governo né tan- tomeno quando saranno implementate. L’Italia non può più permettersi di lasciare in sospeso le centinaia di migliaia di giovani che sono, oggi, senza lavoro e senza prospettive. Lavorare per aiutare questi giovani significa lavorare per ricostruire un paese non solo più competitivo, ma più forte, più ottimista e fe- lice. E occorre farlo oggi, non domani. L’analisi proposta nel presente documento si pone un duplice obiettivo. Da un lato, quello di capire le dimensioni reali del fenomeno anche in relazione agli altri paesi europei.Dal- l’altro, quello di identificare,attraverso un lavoro di confronto internazionale,le dimensioni più critiche sulle quali intervenire per arginare il fenomeno e alcune misure di policy rivelatesi utili in altri paesi. 10 www.italiafutura.it 10 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 10
  • 12. 2. Il fenomeno: dati e confronto internazionale Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it Dall’analisi comparata dei dati italiani con quelli di un campione selezionato di paesi, emergono alcuni spunti interessanti di riflessione che aiutano ad inquadrare la questione del- l’occupazione giovanile in Italia. > Innanzitutto, il primo elemento che emerge dai dati è come il tasso di disoccupazione giovanile in Italia sia uno dei più elevati tra i paesi europei.Gli ultimi dati disponibili,re- lativi a Settembre 2010, indicano un tasso del 26,4% (dato destagionalizzato). Si tratta di un dato inferiore solo ai tre paesi che più di ogni altro hanno sofferto della crisi:Spa- gna, Grecia e Irlanda (vedi Figura 1). 11 Spagna 42,5 32,1 29,1 26,4 25 24,4 24,4 20 19,8 19,2 17,9 12,2 8,9 8,6 8,5 20,3 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 Grecia Irlanda Italia Svezia Francia Belgio EU27 EA16 Portogallo Regno Unito Stati Uniti Danimarca Austria Paesi Bassi Germania Figura 1. Disoccupazione tra i giovani 15-24, ultimo mese disponibile (Settembre 2010) Fonte: Eurostat DISOCCUPAZIONE TRA I GIOVANI (15-24) Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 11
  • 13. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile > In secondo luogo, un’analisi più approfondita delle serie storiche e di altre caratteri- stiche del fenomeno mostra come la disoccupazione giovanile in Italia non sia legata solo alle dinamiche della disoccupazione complessiva,ma abbia sue caratteristiche pe- culiari e strutturali, che vanno oltre gli effetti della crisi e del sistema occupazionale nel suo complesso. Questo lo si vede da due dati chiave: innanzitutto dal fatto che, mentre per paesi come la Spagna o l’Irlanda,la disoccupazione giovanile è esplosa con la crisi, ma era ampiamente sotto controllo negli anni precedenti, la situazione italiana nel 2006 era già molto preoccupante rispetto ad altri paesi.Precisamente l’Italia aveva il secondo tasso più elevato d’Europa dopo la Grecia (vedi Tabella 1). Un altro ele- mento che mette in luce la specificità del fenomeno della disoccupazione giovanile in Italia è il fatto che essa ha un rapporto altissimo rispetto a quella degli adulti. La di- soccupazione tra i giovani registra sempre,anche negli altri paesi,tassi più alti di quella rilevata tra gli adulti,ma normalmente si tratta di un rapporto che va da 2:1 (se si con- 12 www.italiafutura.it DISOCCUPAZIONE – ETÀ 15-24 2009 2008 2007 2006 Spagna 37.9 24.6 18.2 17.9 Irlanda 25.9 12.5 10 9.8 Grecia 25.8 22.1 22.9 25.2 Italia 25.4 21.3 20.3 21.6 Svezia 25 19.4 18.9 21.3 Francia 22.4 18.1 18.7 21.3 Belgio 21.9 18 18.8 20.5 Finlandia 21.6 15.7 15.7 17.6 Portogallo 20 16.4 16.6 16.2 Regno Unito 18.9 14.1 14.4 13.9 Stati Uniti 17.6 12.8 10.5 10.5 Canada 15.3 11.6 11.2 11.6 Australia 11.6 8.9 9.4 10 Danimarca 11.2 7.6 7.9 7.7 Germania 11 10.4 11.7 13.6 Austria 10 8.1 8.7 9.1 Norvegia 9.2 7.5 7.3 8.6 Giappone 9.1 7.2 7.7 8 Svizzera 8.2 7 7.1 7.7 Paesi Bassi 7.3 5.6 6.3 6.9 Media OCSE 16.4 12.7 12 12.5 Tabella 1. Dati annuali: la disoccupazione giovanile prima e dopo la crisi Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 12
  • 14. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 13 www.italiafutura.it fronta con la fascia 25-54) a 3:1 (se si confronta con quella 55-64).Vale a dire che la disoccupazione giovanile è generalmente due o tre volte superiore a quella adulta (a seconda della fascia di età alla quale si rapporta). In Italia, invece, la disoccupazione giovanile è di quasi quattro volte superiore a quella degli adulti in fascia di età 25-54 e addirittura più di sette volte superiore a quella degli adulti in età 55-64.Un dato che,come mostra laTabella 2,non ha confronti con nessun paese Ocse considerato (a parte la Norvegia dove la proporzione tra disoccupazione giovanile e adulta è altissima semplicemente perché quest’ultima è quasi inesistente, circa all’1%). Persino la Spa- gna, che ha un tasso di disoccupazione giovanile alle stelle, non rileva uno squilibrio così alto tra disoccupazione giovanile e adulta, a dimostrazione del fatto che la questione “giovani” in Spagna è molto legata alla crisi e all’andamento generale dell’occupazione.Da noi invece,non sembra essere così, la disoccupazione tra i giovani, infatti, sembra avere una componente pe- culiare e strutturale che va oltre il problema generale della crisi e della disoccupazione totale. RAPPORTO TRA DISOCCUPAZIONE GIOVANI (15-24) E ADULTI Adulti in età 55-64 Adulti in età 25-54 Norvegia 8.36 3.68 Italia 7.47 3.63 Grecia 5.61 2.90 Svezia 4.81 4.03 Irlanda 4.32 2.40 Belgio 4.29 3.22 Austria 4.17 2.38 Regno Unito 4.11 3.10 Francia 3.56 2.91 Finlandia 3.43 3.27 Australia 3.41 2.58 Spagna 3.13 2.30 Svizzera 2.93 2.22 Stati Uniti 2.67 2.12 Portogallo 2.60 2.15 Danimarca 2.38 2.15 Canada 2.19 2.15 Paesi Bassi 1.92 2.35 Germania 1.38 1.51 Media OCSE 2.88 2.25 Tabella 2. Il rapporto tra disoccupazione giovanile e adulta Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 13
  • 15. > Infine un’altra caratteristica preoccupante dell’occupazione/disoccupazione giovanile in Italia è l’elevata diseguaglianza territoriale.Vi sono regioni italiane in cui il tasso di disoc- cupazione giovanile si avvicina al 40%.Secondo un rapporto di Confartigianato pubblicato a Maggio 2010, nel 2009, in sei Regioni il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni era superiore al 30%: in Sicilia al 38,5%, in Basilicata al 38,3%, in Campania al 38,1%, in Puglia al 32,6%, in Calabria al 31,8% e nel Lazio al 30,6%. In Sardegna addirittura risul- tava del 44,7%.Al contrario vi sono regioni in cui è di dieci o anche quindici punti per- centuali inferiori alla media nazionale, come in Toscana (17,8%), inValle d’Aosta (17,5%), inVeneto (14,4%) e inTrentino-AltoAdige (10,1%).La situazione del lavoro giovanile al sud sconta inevitabilmente questioni legate non solo ai giovani,ma più in generale allo sviluppo e alla crescita complessiva della zona,argomenti che vanno oltre gli scopi del presente la- voro. Ad ogni modo,molte delle considerazioni e analisi condotte in questa sede,come quelle riguardanti il ruolo dell’istruzione e della lotta all’abbandono scolastico, hanno un ruolo chiave in tutte le regioni italiane,a partire proprio da alcune aree del sud in cui ab- bandono scolastico e formazione dei giovani sono problematiche molto rilevanti. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 14 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 14
  • 16. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 15 www.italiafutura.it 3. Analisi: possibili cause e fattori collegati Il fenomeno della disoccupazione giovanile è chiaramente legato a numerosi fattori. Nell’analisi ne abbiamo identificati tre ritenuti particolarmente critici,soprattutto in relazione alla situazione italiana:1) istruzione e abbandono scolastico,2) formazione,apprendistato e col- legamento con il mondo del lavoro, 3) qualità del lavoro e precarietà. 3.1 Istruzione e abbandono scolastico Nonostante ci sia una naturale preoccupazione per i giovani più istruiti che faticano a trovare lavoro, di fatto la disoccupazione giovanile è assai più pronunciata tra le persone che non terminano gli studi che tra i laureati e, in modo particolare, tra coloro che non riescono a terminare le scuole superiori. Secondo gli ultimi dati resi disponibili dall’Ocse, il tasso di di- soccupazione tra coloro che non hanno terminato le scuole superiori è, in media, tre volte più alto del tasso di disoccupazione tra coloro che hanno un titolo universitario e quasi il doppio rispetto a coloro che hanno ottenuto un diploma superiore. In Italia, pur essendo tra i paesi in cui il titolo di studio garantisce di meno contro la disoccupazione, questo gap è co- munque rilevante: il tasso di disoccupazione tra chi non finisce le superiori è quasi il doppio di quello rilevato tra chi ottiene il diploma. TASSO DI DISOCCUPAZIONE PER TITOLO DI STUDIO Senza Con diploma Con diploma superiore superiore laurea Germania 16.5 7.2 3.3 Spagna 13.2 9.3 5.8 Belgio 10.8 5.7 3.2 Stati Uniti 10.1 5.3 2.4 Francia 9.8 5.6 4.0 Canada 9.1 5.5 4.1 Irlanda 8.2 4.8 3.0 segue Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 15
  • 17. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 16 www.italiafutura.it continua dalla pagina precedente Finlandia 8.1 5.4 3.3 Portogallo 7.6 6.6 5.8 Italia 7.4 4.6 4.3 Svezia 7.1 4.1 3.3 Grecia 6.8 7.2 5.7 Austria 6.3 2.9 1.7 Regno Unito 6.2 3.7 2.0 Norvegia 3.8 1.3 1.3 Danimarca 3.5 2.2 2.3 Paesi Bassi 3.4 2.1 1.6 Media OCSE 8.7 4.9 3.2 Media EU 19 10.6 5.3 3.2 Tabella 3.Tasso percentuale di disoccupazione (25-64) per titolo di studio Fonte: Oecd, Education at a lance 2010, i dati si riferiscono al 2008 Questi differenziali si riscontrano anche nella probabilità di un giovane tra i 20 e i 29 anni di essere “neet”, ovvero non inserito né in un percorso di studio né in alcuna forma di attività lavorativa. Le percentuali di giovani in condizione di “neet” sono in media circa il dop- pio tra quelli che non hanno terminato le superiori rispetto a chi, invece, ha ottenuto il di- ploma. Un gap che tende ad attenuarsi con l’età ma che è particolarmente accentuato tra i giovani nella fascia di età tra i 20 e i 24 anni. ETÀ 20-24 ETÀ 25-29 Senza Con Con Senza Con Con diploma diploma laurea diploma diploma laurea superiore superiore superiore superiore Austria 13.4 2.8 n.d. 10.7 2.3 n.d. Danimarca 5.8 1.5 n.d. 4.2 n.d. 2.3 Paesi Bassi 2.6 0.7 n.d. 2.4 1.0 0.6 Francia 21.5 6.2 4.1 15.2 8.9 4.4 Irlanda 15.8 4.6 3.9 9.4 4.9 2.7 Belgio 17.8 5.2 6.2 14.8 7.1 3.9 Regno Unito 16.5 5.2 4.4 7.1 4.6 1.9 segue Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 16
  • 18. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it 17 continua dalla pagina precedente Spagna 16.8 6.1 6.6 12.7 7.6 6.2 Finlandia 10.8 4.5 n.d. n.d. 4.8 3.0 Portogallo 10.4 4.3 17.3 8.3 6.8 10.8 Stati Uniti 13.7 5.9 4.5 9.6 6.9 2.4 Canada 10.5 5.2 4.0 10.5 6.0 3.4 Germania 11.1 5.6 4.1 16.2 6.1 3.3 Svezia 13.6 7.0 n.d. 9.8 4.4 2.9 Grecia 14.1 7.5 20.0 9.8 10.6 12.9 Italia 11.9 7.2 6.6 9.1 6.2 7.3 Media OCSE 13.2 4.9 7.3 10.8 5.5 4.5 Media EU 19 14.2 5.0 7.7 11.7 5.8 4.6 Tabella 4. Giovani non occupati né in programmi di formazione (%) per età e titolo di studio Fonte: Ocse Non solo ma,sempre secondo i dati dell’Ocse,nella maggioranza dei paesi sviluppati le persone con un titolo di istruzione universitaria (equivalente alla nostra laurea specialistica) guadagnano almeno il 50 % in più di quelle con il diploma di scuola superiore.Così come i dif- ferenziali di salario tra chi possiede un diploma di scuole superiori e chi ha solo una licenza di scuola media vanno dal 15 al 30%. Differenziali salariali che sono analoghi a quelli riscon- tati anche in Italia, pur con qualche particolarità (in Italia per esempio, tali differenziali sem- brano diminuire per le fasce d’età più giovani,e il titolo di laurea,pur avendo un effetto positivo sui redditi di lungo periodo di chi trova lavoro, non sembra aumentare però in modo sostan- ziale la probabilità di trovare lavoro tra i più giovani, così come mostrato anche in tabella). È evidente quindi che l’istruzione e l’abbandono scolastico durante le scuole superiori (“dispersione scolastica”) sono una dimensione chiave della lotta alla disoccupazione giova- nile. Si tratta di quel fenomeno che in ambito internazionale è chiamato “early school leavers” e che determina una grave carenza delle competenze di base necessarie per una partecipa- zione attiva al mercato del lavoro. Proprio per la sua importanza per la crescita e la compe- titività di un paese, questo indicatore era stato incluso tra gli obiettivi della conferenza di Lisbona,che aveva fissato come obiettivo per il 2010 la riduzione della quota media degli early school leavers al 10%. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 17
  • 19. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Su questo fronte l’Italia si trova in una situazione molto difficile perché, nonostante al- cuni miglioramenti registrati negli ultimi anni,ha ancora uno dei tassi di abbandono scolastico più elevati d’Europa,pari a circa il 20%.Un dato che,stando alle fonti Ocse,è dieci punti sopra l’obiettivo di Lisbona, e molto superiore a quello di altri paesi europei come Francia, Germa- nia, Danimarca e Belgio che sono tra l’11% e il 12%. Fa peggio di noi solo la Spagna, che, non a caso, ha una disoccupazione giovanile che sfiora il 42%. In sintesi,oggi in Italia un ragazzo su cinque non consegue né diploma né qua- lifica professionale e 19.000 studenti sembrano letteralmente“scomparire” dopo essersi iscritti al primo anno della scuola secondaria superiore. In alcune regioni come Sardegna e Sicilia, il 30% di ragazzi è fornito unicamente della licenza media. Questo fe- nomeno rappresenta un ostacolo enorme per lo sviluppo sia di questi giovani che di molte nostre regioni e del paese nel complesso.Tanto più che, proprio nelle regioni del meridione, l’impatto dell’istruzione su occupazione e salari futuri è particolarmente accentuato e, inter- venendo sulla riduzione della dispersione scolastica in queste aree, si potrebbero ottenere grandi progressi nella lotta alla disoccupazione giovanile. Secondo uno studio condotto dalla Banca d’Italia, i vantaggi della maggiore istruzione si accentuano nelle aree più deboli del paese e per i gruppi più svantaggiati.Nel Mezzogiorno,nel 2007 erano nelle forze di lavoro il 74% dei laureati,il 63% dei diplomati e solo il 51% delle per- sone con un diploma di scuola media.Un congruo investimento da parte dello Stato in istruzione verrebbe più che compensato dalle entrate fiscali,a parità di prelievo,e dai minori costi derivanti dall’aumento del tasso di occupazione.Lo studio mostra quindi che,nel lungo periodo,la maggior spesa pubblica necessaria a finanziare un dato aumento del livello di istruzione, sarebbe più che compensata,specie nelle regioni meridionali,dall’aumento delle entrate fiscali,a parità di struttura di prelievo, e dai minori costi derivanti dall’aumento del tasso di occupazione. In media, il rendi- mento fiscale sarebbe infatti compreso tra il 3,9% e il 4,8% nel caso di co-finanziamento e sarebbe solo lievemente inferiore nel caso in cui la spesa gravasse interamente sul bilancio pubblico. 3.2 Formazione, apprendistato e collegamento con il mondo del lavoro Le analisi condotte tra i paesi europei mostrano il ruolo fondamentale della formazione professionale e dell’apprendistato come modi per facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro,con particolare riferimento a coloro che non perseguono percorsi di studio universitari. Non è un caso se i paesi con i più bassi tassi di disoccupazione giovanile sono proprio quelli che hanno un sistema di formazione professionale più sviluppato e funzionante come Germania,Austria, e Danimarca. La chiave di successo della formazione in questi paesi sem- bra essere soprattutto il collegamento molto forte tra formazione e percorsi di apprendi- stato. In Germania, per esempio, i due strumenti fanno parte dello stesso percorso di 18 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 18
  • 20. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile preparazione al mondo del lavoro, per questo il sistema di formazione professionale tedesco si chiama “sistema duale” di alternanza scuola-lavoro, che viene organizzato in due luoghi di formazione: la scuola, Berufsschule, e l’azienda. In Italia, invece, la formazione tecnica e profes- sionale è una cosa separata e ben diversa dai percorsi di apprendistato, ed entrambi gli stru- menti non risultano ancora sufficientemente sviluppati e funzionanti. La formazione tecnica e professionale in Italia non ha quell’immagine positiva e “professionalizzante” che ha in altri paesi e forse questa percezione della scuola professionale come una scuola “di ripiego” la rende una scelta poco perseguita dai nostri giovani. Mentre in Germania oltre il 50% dei giovani sceglie un percorso di studi tecnico-professionale, una per- centuale che sale al 60% nei Paesi Bassi e addirittura all’80% in Austria (dati Eurostat), in Italia queste scuole hanno un peso minoritario nelle scelte dei giovani.Né sembra,almeno dai primi segnali,che la riforma della scuola superiore operativa da Settembre 2010 sia sufficiente a mo- dificare significativamente la situazione.Secondo i dati del MIUR l’istruzione professionale in Ita- lia ha registrato nel 2010 un calo delle iscrizioni del 2% fermandosi al 20%, contro il 49,3% dei Licei e il 31% degli istituti tecnici. E, questo, nonostante prima della crisi economica tra i di- plomati tecnici e professionali, a tre anni dal titolo, lavorassero il 75,5% (81% per gli istituti ad indirizzo industriale) dei giovani contro il 26,8% dei liceali (23% per i licei classici). Sul fronte dell’apprendistato la situazione è ancora più complessa e preoccupante. Negli ultimi 10-15 anni si sono succeduti vari interventi legislativi in materia (dalla L.196/97, alla 276/03 fino all’art.23 della L.112/08).Tuttavia questa attenzione normativa non è stata,fino ad ora, in grado di risolvere i nodi più critici dell’apprendistato e di renderlo un valido stru- mento per la formazione dei giovani e la loro occupabilità. Al contrario, i continui mutamenti dello scenario normativo di riferimento sembrano aver generato ulteriori confusioni e ral- lentato in molti casi il processo di diffusione di questo strumento e la sua efficacia. Nel complesso,le varie forme di apprendistato2 coprivano nel 2008 il 17% del- l’occupazione tra i 15 e i 29 anni. Un dato in diminuzione nell’ultimo anno: mentre nel 2008 gli apprendisti sono stati 646 mila,nel 2009 il numero è sceso a 567 mila,un calo del 19 www.italiafutura.it 2 In Italia esistono tre tipologie di apprendistato (L.276/2003): a) contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione: possono essere assunti in tutti i settori di attività i giovani e gli adolescenti che abbiano compiuto i 15 anni. Ha durata non superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. La durata del contratto è determinata in considerazione della qualifica da conseguire, del titolo di studio, dei crediti professionali e formativi acquisiti,nonché del bilancio di competenze realizzato dai servizi pubblici per l’impiego,o dai soggetti pri- vati accreditati mediante l’accertamento dei crediti formativi secondo quanto stabilito dalla legge n.53 del 28 marzo 2003.La registrazione della qualifica conseguita va effettuata nel libretto formativo; b) contratto di apprendistato professionalizzante:possono essere assunti in tutti i settori di attività i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni.Tale contratto è finalizzato al raggiungimento di una qualificazione professionale attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base,trasversali e tecnico-professionali.Il riconoscimento dei risultati raggiunti viene certificato nel libretto formativo; c) contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione: tramite tale tipologia possono essere assunti, in tutti i settori di attività, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni per il conseguimento di titoli di studio di livello se- condario, universitari, dell’alta formazione e la specializzazione tecnica superiore. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 19
  • 21. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 12%.Ma al di là della diminuzione quantitativa dell’apprendistato la notizia più preoccupante è che solo il 20% dei giovani in apprendistato riceve qualsiasi tipo di formazione. E in molti casi i giovani che sono inseriti in attività di formazione non completano il percorso.In Ita- lia, in media,solo il 64% termina il percorso formativo previsto (dati Isfol).Non solo,i rapporti di monitoraggio dell’Isfol riportano come spesso gli stessi programmi di formazione non co- prono tutte le ore previste per legge. In sintesi l’apprendistato, che in molti altri paesi rappresenta un perno fondamentale nella lotta alla disoccupazione giovanile, è uno strumento che in Italia non riesce ancora a de- collare, vittima di enormi ritardi nell’applicazione delle normative e dell’accavallarsi di riforme che intervengono quando le precedenti non sono ancora completate (come nel caso della ri- forma introdotta dall’art.23 della L.112/2008).E,soprattutto,vittima di una frammentazione re- gionale altissima che va ben oltre il bisogno di andare incontro alle specificità del mercato del lavoro e che impedisce di dare ai giovani una base minima di competenze standard necessarie per un’adeguata crescita professionale.Basta pensare che la legge attualmente in vigore non fissa nemmeno gli standard minimi di formazione per l’apprendistato dei minori.Questa confusione normativa è forse una delle cause che ne ha determinato la scarsa diffusione dello strumento tra i giovanissimi,un vero peccato visto che potrebbe rappresentare uno strumento chiave per recuperare e tenere comunque all’interno di percorsi formativi quei ragazzi che non riescono a terminare gli studi. Secondo l’ultimo rapporto di monitoraggio Isfol disponibile,“nel 2006 sono stati 36.905 i minori assunti con contratto di apprendistato:il 20,1% in meno rispetto al- l’anno precedente.Per il 2007 si conferma la tendenza ad occupare sempre meno i minori,che rappresentano ormai solo il 6,5% degli apprendisti occupati. Nonostante sia istituito il diritto- dovere all’istruzione e formazione per i ragazzi fino a 18 anni, nel 2006 hanno partecipato alle attività di formazione esterna poco più di 8.800 apprendisti minori, scesi nel 2007 a 6.500 circa. La formazione esterna, quindi, raggiunge una quota modesta di adole- scenti che espletano il diritto-dovere di istruzione e formazione in apprendistato, anche con- siderando che talora le attività formative organizzate coprono solo una parte del percorso obbligatorio di 240 ore.” Anche sulle altre forme di apprendistato i progressi sembrano lenti e modesti, anche se, per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante, è intervenuta una nuova riforma volta a semplificarne l’utilizzo e aumentarne la diffusione.Tuttavia,anche questa riforma (introdotta dal- l’art. 23 della L.112/2008) presenta luci ed ombre.Motivata dal tentativo di semplificare le pro- cedure e sbloccare lo stallo attuativo,la legge ha eliminato,tra le altre cose,sia il limite inferiore di due anni per la stipulazione di contratti sia la regolamentazione pubblica dei profili formativi. Questi ultimi,infatti,non sono più affidati a regioni e province autonome,ma alla contrattazione collettiva, ovvero ad aziende e sindacati. Il positivo intento semplificatore è controbilanciato da alcuni rischi importanti.Infatti,accorciando la possibile permanenza in azienda,si diminuisce ul- teriormente l’incentivo ad investire nella formazione del giovane, un rischio reso più concreto 20 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 20
  • 22. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile dall’estromissione dell’ente pubblico che avrebbe dovuto garantire quell’elemento di forma- zione esterna necessaria per una preparazione di base più completa,solida e flessibile nonché a garantire un’uniformità degli standard qualitativi. Una scelta che, in un certo senso, ci allontana dai modelli come quello tedesco, imperniato su una forte compenetrazione tra formazione aziendale e formazione scolastica e un’alta collaborazione tra pubblico e privato. 3.3 Precarietà e qualità del lavoro Nel corso degli anni Novanta, in risposta ad un periodo di espansione economica che non generava posti di lavoro,molti paesi europei hanno avviato politiche volte a flessibilizzare il mercato del lavoro. In alcuni casi, come in Italia, queste iniziative più che modificare la re- golamentazione delle forme di lavoro tradizionali ,hanno introdotto nuove forme contrattuali a tempo determinato meno costose e più flessibili.Queste riforme hanno portato benefici per un certo periodo, dando impulso ad un calo sostanziale della disoccupazione in molti paesi, tra i quali spicca in modo particolare la Spagna, dove il tasso di disoccupazione è passato dal 22% all’8% nel 2007.Tuttavia gli iniziali entusiasmi non avevano tenuto conto di alcuni aspetti fondamentali.Innanzitutto,non modificando in modo sostanziale la flessibilità di chi era già sta- bilmente inserito nel mercato del lavoro,le riforme non hanno introdotto un vero dinamismo e ricambio nelle persone, competenze e modi di lavorare; né hanno indotto le imprese ad in- vestire di più in formazione e ammodernamento della loro forza lavoro. In secondo luogo, e proprio a causa di quanto appena descritto, tali riforme non hanno contribuito a migliorare né la qualità del lavoro generato né la produttività del sistema nel lungo periodo (che ha visto uno stallo negli ultimi anni in paesi come la Spagna e addirittura un calo in Italia). Numerosi economisti a livello internazionale hanno analizzato questo fenomeno, mo- strando che la diffusione del lavoro temporaneo è una misura che facilita sia la creazione che la distruzione di lavoro. Gli studi evidenziano inoltre che gli effetti di “distruzione” sono parti- colarmente pronunciati in quei sistemi, come la Spagna e l’Italia, in cui il divario tra flessibilità del lavoro temporaneo e rigidità di quello a tempo indeterminato è più pronunciato3.Altri hanno dimostrato come questa dualità del mercato del lavoro aumenti la sua volatilità e dan- neggi la produttività e la crescita del paese4.Altri addirittura sostengono che questa situazione, nel lungo periodo,possa avere effetti perversi e portare ad un aumento della disoccupazione5. 21 www.italiafutura.it 3 In Bentolila S.,P.Cahuc,J.J.Dolado,andT.Le Barbanchon (2010),“Unemployment andTemporary Jobs in the Crisis:Comparing France and Spain”, FEDEA, Madrid. 4 Boeri T. and P. Garibaldi (2007), "Two Tier Reforms of Employment Protection Legislation.A Honeymoon Effect?" Economic Journal,: F357-F385 5 Blanchard, O. J. and A. Landier (2002),“The Perverse Effects of Partial Labor Market Reform: Fixed Duration Contracts in France”, Economic Journal 112, 214-244.; Cahuc, P. and F. Postel-Vinay (2002),“Temporary Jobs, Employment Protection and Labor Market Per- formance”, Labor Economics 9, 63-91. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 21
  • 23. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Un elemento ancora più preoccupante è legato al fatto che, visto che la flessibilizza- zione non ha toccato le posizioni lavorative già stabili, le nuove forme contrattuali sono state utilizzate per lo più per le nuove entrate nel mercato del lavoro, ovvero i giovani. Que- sto significa che intere nuove generazioni di lavoratori hanno avuto maggiore flessibilità nel- l’entrare nel mercato del lavoro, ma non altrettante nel costruirvi una carriera, poiché si sono scontrate con il muro della rigidità di chi è entrato prima di loro. Questo implica, per molti giovani, la permanenza per periodi più o meno lunghi in posizioni lavorative più de- boli, meno gratificanti e peggio retribuite, con conseguenze negative non solo sulla loro vita privata, ma su tutta la capacità di crescita del paese (questa maggiore fragilità della forza lavoro si tradurrà infatti in minori consumi, minore contribuzione fiscale, minore produtti- vità e minore crescita). In Italia sono precari il 10,7% dei lavoratori tra i 25 e i 54 anni (il 14,6% delle donne), una percentuale che sale al 44,4% tra i giovani con lavoro dipendente (15-24) con un incre- mento di 2 punti rispetto ai livelli pre-crisi.Altri paesi con elevati tassi di lavoro temporaneo tra i giovani sono Francia e Spagna (51,2% e 55,9%), che sono anche, probabilmente non a caso, paesi ad elevato tasso di disoccupazione giovanile. Al contrario, l’Austria si ferma al 35,6%, la Danimarca al 23,6 % e l’Inghilterra all’11, 9% (la media Ocse è del 24,5%). Sembra quindi emergere una correlazione positiva tra diffusione dei contratti temporanei e disoc- cupazione giovanile. In realtà vi sono anche paesi, come la Germania e l’Olanda, in cui tale correlazione ap- pare invertita e dove si hanno elevati tassi di lavoro temporaneo tra i giovani ma bassi livelli di disoccupazione giovanile. Come si spiega questo fenomeno? Nel caso della Germania è dovuto al fatto che il la- voro temporaneo in quel paese è associato alla grande diffusione dell’apprendistato e del par- ticolare sistema di alternanza scuola-lavoro. Un sistema che, se da un lato incrementa statisticamente i numeri del lavoro temporaneo, dall’altro, però, rappresenta una forma di la- voro temporaneo altamente formativo che aiuta i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro. Nel caso dell’Olanda, invece, il binomio “alto ricorso ai contratti temporanei e bassa disoc- cupazione giovanile” è legato al particolare sistema di ammortizzatori sociali e di agenzie ed enti intermedi di collegamento tra giovani e mondo del lavoro, che stimolano i giovani ad es- sere attivi e agevolano la transizione da un lavoro all’altro (vedi Box 3). In sostanza, gli unici casi in cui la diffusione di lavoro temporaneo tra i giovani è asso- ciata ad una maggiore probabilità di occupazione sono quelli in cui il lavoro temporaneo è le- gato all’esistenza di istituzioni terze, ben funzionanti, che aumentano la formazione e l’occupabilità dei giovani e a meccanismi di ammortizzatori sociali che supportano tali percorsi. In paesi come l’Italia e la Spagna, in cui gli istituti preposti a fare formazione professionale e a garantire i collegamenti tra formazione e lavoro sono debolissimi, il lavoro temporaneo non ha aiutato l’occupabilità dei giovani. 22 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 22
  • 24. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Germania e Olanda rappresentano però, casi abbastanza isolati. In generale, la diffu- sione del lavoro temporaneo tra i giovani,in Europa,non sembra aver migliorato in modo so- stanziale l’occupazione nel lungo periodo.Se andiamo a vedere i dati della diffusione del lavoro temporaneo,tra i giovani in età 15-24 negli anni Novanta e l’andamento della disoccupazione 15 anni dopo nella fascia di età successiva (25-55), vediamo che, la correlazione tra le due va- riabili è positiva, vale a dire: a maggiori tassi di lavoro temporaneo, tra i giovani a metà degli anni ‘90, corrispondono maggiori tassi di disoccupazione tra gli adulti in età 25-55 nel 2008 e 2009. Un effetto che, come mostra la Figura 2 (alla pagina seguente), si nota sia prima del- l’esplosione della crisi in Europa (confrontando il dato con la disoccupazione del 2008) sia, in modo più accentuato, nel periodo più caldo della crisi (disoccupazione del 2009). 23 www.italiafutura.it LAVORATORI TEMPORANEI – ETÀ 15-24 1994 2006 2007 2008 2009 Germania 38 57,6 57,5 56,6 57,2 Spagna 74,4 66,1 62,8 59,4 55,9 Portgallo 24,2 49,3 52,6 54,2 53,5 Svezia 58,4 57,3 53,8 53,4 Francia 40,7 50,8 52,5 51,5 51,2 Paesi Bassi 26,5 43,6 45,1 45,2 46,5 Italia 16,7 40,9 42,3 43,3 44,4 Finlandia 44,2 42,4 39,7 39 Austria 35,2 34,9 34,9 35,6 Belgio 18 30 31,6 29,5 33,2 Norvegia 28,7 27,3 25,5 32,4 Grecia 22 25 27 29,2 28,4 Irlanda 17,9 10,9 19,2 22 25 Danimarca 31,1 22,4 22,2 23,5 23,6 Regno Unito 11,8 12,8 13,3 12 11,9 Media OCSE 20,7 25,1 25,2 24,7 24,5 Tabella 5. Giovani occupati con contratti temporanei come % degli occupati in età 15-24 Fonte: Ocse Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 23
  • 25. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 24 www.italiafutura.it % lavoratori temporanei 15/24 (1994) % lavoratori disoccupati 25-54 (2009) 2 020405060 5 10 15 20 % lavoratori temporanei 15/24 (1994) % lavoratori disoccupati 25-54 (2008) 2 020406080 4 6 8 10 Figura 2. Correlazione tra lavoro giovanile temporaneo e disoccupazione prima e durante la crisi Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 24
  • 26. 4. Quali politiche? Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it Gli strumenti disponibili al legislatore per promuovere e supportare l’occupazione gio- vanile intervenendo sulle tre dimensioni chiave descritte in precedenza (istruzione, forma- zione, lavoro), sono di vario genere e spaziano dalle politiche per l’istruzione agli incentivi fiscali per l’assunzione,dagli ammortizzatori sociali all’imprenditorialità.In questa sezione viene condotta una review dei principali strumenti di policy che, nel corso degli anni, sono stati adottati in vari paesi o indicati dagli esperti come misure utili,portando esempi specifici e,dove possibile, alcune riflessioni sull’efficacia delle politiche prese in esame. 4.1 Politiche per l’istruzione Come discusso anche nelle sezioni precedenti del rapporto, l’istruzione ha un ruolo molto importante per l’occupabilità dei giovani:maggiore è il livello d’istruzione ottenuto,mi- nore la probabilità di essere disoccupati.Le politiche legate all’istruzione sono,quindi,un’arma fondamentale per la lotta alla disoccupazione,in particolare quelle politiche che mirano ad af- frontare due questioni chiave: da un lato, misure volte a combattere l’abbandono scolastico prima che siano terminati i percorsi di scuola superiore;dall’altro,misure volte a flessibilizzare i percorsi educativi e formativi sulle capacità e attitudini del giovane in modo da motivarli e aiutarli a sviluppare al meglio il proprio potenziale. Un esempio in tal senso è rappresentato dal sistema educativo danese (vedi Box 1),in- dicato da molte analisi ed enti internazionali come il migliore in Europa.Un sistema incentrato su una forte personalizzazione dei percorsi formativi dei ragazzi,in modo da tener conto delle preferenze, dei bisogni e delle capacità di apprendimento degli studenti per massimizzare la motivazione e le possibilità di successo. Un sistema che è, inoltre, rinforzato da borse di stu- dio e supporti finanziari che incoraggiano i ragazzi a proseguire gli studi e a raggiungere pre- sto una propria autonomia. Un insieme di misure che, come descritto nel Box 1, ha dato fino ad oggi buoni risultati. Investire in politiche per l’istruzione, come quelle danesi, rappresenta chiaramente uno strumento ampio e di lungo respiro e con un impatto importante di spesa (la Danimarca spende circa il 6,7% del suo PIL per l'istruzione).Tuttavia le politiche per l’istruzione possono essere 25 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:08 Pagina 25
  • 27. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile declinate anche in modi più specifici e tradursi in alcune misure immediatamente implementa- bili e a costo zero. Per esempio, una misura che sarebbe particolarmente efficace, soprattutto in Italia, è quella di far coincidere il termine dell’obbligo scolastico con il conseguimento di un titolo di studio.In questo modo,si potrebbe combattere in modo assai più efficace,l’abbandono scolastico (oggi molti ragazzi, di fatto, considerano terminato l’obbligo scolastico alla terza media, iscrivendosi ai primi due anni delle superiori ma senza frequentare nemmeno). Invece, anche l’ultima riforma della scuola, ha perso questa preziosa occasione.Anzi, con l’ulteriore abbassamento dell’obbligo scolastico a 15 anni,varato nel 2010,il rischio che molti giovani con- siderino concluso il percorso di studi alla fine della terza media è ancora più elevato.Un prov- vedimento che va in controtendenza con gli orientamenti di molti paesi europei,dove si cerca progressivamente di aumentare l’obbligo scolastico verso i 18 anni. In paesi come Germania, Austria, Belgio e Ungheria, l’obbligo è già a 18 anni, mentre in altri, come i Paesi Bassi, nume- rosi benefici ed ammortizzatori sociali sono legati al proseguimento degli studi fino a 18 anni. Box 1. Le politiche per l’istruzione in Danimarca Il sistema educativo danese viene ormai indicato da molte analisi ed enti internazionali come il migliore in Europa. Un sistema la cui parola chiave è flessibilità e supporto. Esso si basa, infatti, sullo sviluppo di percorsi formativi fortemente personalizzati che tengano conto delle preferenze, dei bi- sogni e delle capacità di apprendimento degli studenti,al fine di massimizzare le loro possibilità di suc- cesso. Per motivare e supportare l’istruzione dei giovani, lo Stato danese concede aiuti, prestiti e sovvenzioni agli studenti che frequentano istituti e programmi approvati dal Ministero della Pubblica Istruzione.L’agenzia danese per il sostegno all’educazione (Danish Educational SupportAgency) eroga inoltre borse di studio per sostenere il costo della vita degli studenti e favorire gli scambi con l’estero. Borse che prevedono assegni di 340 euro per coloro che vivono insieme ai genitori e 690 euro per coloro che vivono da soli. Le borse di studio e i prestiti sono versati sotto forma di rate mensili in un conto corrente bancario personale dello studente (NemKonto), che le autorità pubbliche usano quando devono erogare denaro.Al termine dei loro studi,gli studenti iniziano a pagare parte dei pre- stiti di Stato. Il rimborso deve iniziare un anno dopo la fine di quello in cui hanno completato i loro studi. La durata del periodo di rimborso non deve essere superiore a 15 anni. Circa la metà di tutti gli studenti fa uso di prestiti statali. Esistono poi 45 centri di orientamento giovanile comunale che forniscono servizi di orientamento per i giovani fino all'età di 25 anni, offrendo una guida alla difficile transizione tra scuola dell’obbligo, istruzione superiore e mercato del lavoro attraverso lo scambio di esperienze,conoscenze e buone pra- tiche. Anche grazie a questo sistema di orientamento e stimolo verso il mondo del lavoro, moltissimi 26 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 26
  • 28. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4.2 Formazione Professionale Gli strumenti legati alla formazione professionale e ai percorsi di apprendistato sono considerati tra gli strumenti più efficaci per aiutare l’inserimento nel mondo del lavoro e com- battere la disoccupazione giovanile.Tra i sistemi considerati d’eccellenza vi sono quello tede- sco, con una forte focalizzazione sull’alternanza scuola-lavoro, ma anche sistemi formativi professionali ben strutturati come il Vocational Education andTraining programme (VET) da- nese o il sistema dei post-diplomi professionalizzanti introdotti in Francia.Anziché passare in rassegna le caratteristiche specifiche di ciascuno, è importante individuare quali siano i cri- teri, le principali chiavi di successo, di un sistema di formazione professionale davvero effi- cace. Dall’analisi dei casi più positivi sono emersi 4 elementi fondamentali: 1. Forte coinvolgimento delle imprese.In Germania,per esempio,la parte del contratto di formazione svolta in azienda (un’altra parte viene svolta a scuola) viene stipulato diret- tamente tra studente e azienda.Anche i programmi dei corsi di formazione regionale vengono discussi e approvati da un consiglio con forte rappresentanza delle imprese. 2. Forte collegamento con le istituzioni scolastiche e con la formazione“esterna” all’azienda. Una formazione coordinata e finanziata dagli enti locali secondo standard di qualità che rispondono a criteri regionali e nazionali, per bilanciare la necessità di andare incontro alle specificità del mercato locale con una certa uniformità qualitativa in tutto il paese. 3. Percorsi altamente personalizzati:l’obiettivo non è tanto insegnare un mestiere ma for- mare il giovane e renderlo pronto per il mercato del lavoro professionale in tutti i suoi aspetti, in un modo che sappia coltivare e valorizzare al meglio i suoi interessi e le sue attitudini.Questo è quanto avviene,in particolare,nei Paesi Bassi,in Danimarca e quanto cerca di fare l’Inghilterra con il programma NDYP (vedi Box 3). 27 www.italiafutura.it giovani danesi,nonostante i consistenti aiuti ricevuti durante gli studi,hanno il loro primo contatto con il mercato del lavoro quando sono ancora studenti. Nel 2008, il 48% dei giovani (16 anni) ha ottenuto un lavoro per studenti (Student job). Mentre per quelli di età compresa fra i 23-24 anni, la quota è sa- lita al 70%,che è appena inferiore al tasso del 71 dell’Olanda,noto per essere uno dei più alti d'Europa. Questo insieme di misure,unite ad un estensivo sistema di ammortizzatori sociali per i giovani,fa sì che la Danimarca registri un tasso di abbandono scolastico tra i più bassi dei paesi Ocse (11,5%,quasi la metà di quello italiano), un tasso di disoccupazione giovanile molto contenuto, nonché uno dei tassi di “emancipazione” dei giovani più alti d’Europa, vale a dire un’altissima percentuale di giovani che la- sciano la famiglia di origine già al compimento dei 18 anni.L’assenza di“bamboccioni”,in Danimarca,af- fonda le proprie radici non solo in questioni culturali ma anche in politiche ben mirate e coordinate. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 27
  • 29. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4. Forte enfasi sui percorsi di apprendistato o di stage qualificanti (e retribuiti). Molti paesi come l’Inghilterra, la Danimarca e la Germania, per esempio, hanno puntato molto sulla creazione di posti di apprendistato.Di particolare successo l’accordo trien- nale firmato dal Governo tedesco nel 2004 con le associazioni imprenditoriali, in cui le aziende tedesche si impegnavano a creare 30.000 nuovi posti per apprendisti e 25.000 percorsi di formazione per giovani in cerca di lavoro (Patto Nazionale per la Formazione Professionale). In Germania l’industria, tradizionalmente, investe molto nella formazione e nell’assunzione dei giovani. I dati dicono che, ogni anno, le aziende tedesche investono 28 miliardi di euro e formano un milione e seicentomila giovani attraverso apprendistati. L’accordo firmato nel 2004 non ha fatto che rafforzare que- sta sensibilità ed è stato considerato così positivamente da essere rinnovato nel 2007 per il triennio successivo. La questione della retribuzione sta, inoltre, emergendo come tema chiave per l’occu- pazione giovanile. La diffusione di stage non retribuiti in molti paesi europei ha fatto scattare un campanello d’allarme. Non solo la mancanza di retribuzione è un problema per il giovane, ma rischia di sminuire il lavoro, togliendo incentivi sia per l’impresa a valorizzare e formare il giovane,sia per il giovane ad impegnarsi al massimo,togliendo ogni vera efficacia allo strumento stage. In risposta a questo problema il governo francese nel 2006 ha siglato un accordo con imprenditori,sindacati,enti di formazione e associazioni studentesche,trasformato poi in legge e, nel 2008, in un decreto attuativo. La legge ha stabilito che, a partire dal quarto mese di ti- rocinio, scatta il dovere di erogare una retribuzione mensile pari ad almeno un terzo del sa- lario minimo garantito (lo SMIC, più o meno 1300 euro al mese). Nel 2009, Sarkozy ha annunciato di voler anticipare quest'obbligo a partire dal terzo mese di tirocinio, estendendolo anche al settore pubblico, e di voler introdurre un bonus di 3mila euro a favore di ogni azienda che assuma uno stagista. È ancora presto per valutare l’efficacia delle misure francesi ma è necessario evidenziare alcuni suoi possibili effetti perversi. L’aumento dei costi dello stage inevitabilmente porta ad una riduzione dell’offerta;tuttavia,se la domanda di stage continua ad eccedere l’offerta,come nel caso dell’Italia (dove molti ragazzi si lamentano di non trovare uno stage nemmeno gra- tis), il rischio è che gli stage non retribuiti continuino ad esistere (per di più fuori dal sistema legale). Infine, occorre ricordare che gli stage gratuiti (e molte altre forme di lavoro tempo- raneo sotto retribuito) sono molto più diffusi nel settore pubblico che in quello privato: au- mentare i loro costi solo per quest’ultimo difficilmente può risolvere il problema. 28 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 28
  • 30. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 29 www.italiafutura.it Box 2. Il sistema di formazione duale in Germania In Germania la formazione professionale è regolamentata dalla legge del 14 agosto 1969, rifor- mata nel 2005 ed entrata in vigore il 1 aprile dello stesso anno (la Berufsbildungsgesetz - BBiG). La BBiG ha l’obiettivo di assicurare ai giovani opportunità di formazione sempre migliori e di offrire una formazione professionale di qualità per tutti. In particolare, la legge riformata prevede una maggiore autonomia d’azione e maggiori responsabilità per gli attori della formazione professionale a livello na- zionale e locale (Länder).In questa legge – sia nella versione attuale che in quella precedente – lo Stato ha dichiarato che la formazione professionale extrascolastica è responsabilità del settore pubblico, anche se poi la gestione effettiva viene condotta congiuntamente tra imprese,Camere del lavoro (da- tori di lavoro), sindacati (lavoratori), Länder e Stato federale. Nel cosidetto sistema duale di formazione tedesco, gli studenti passano tre o quattro giorni alla settimana sul posto di lavoro e due giorni presso la Berufsschule. La formazione si svolge in base a un contratto di lavoro fra l'azienda, che provvede alla formazione, e lo studente interessato. Il contratto di formazione professionale definisce gli obiettivi della formazione (a seconda della professione pre- scelta), la durata, il numero di ore dedicate ogni giorno alla formazione, le modalità di pagamento e la remunerazione dello studente. Mentre, nelle esperienze danese e francese, pur prevedendo l’ipo- tesi di vera alternanza lavorativa, si richiede che, nel rapporto tra studente e impresa, si inserisca anche l’istituto nel quale deve essere svolta la formazione in aula, il sistema duale tedesco prevede che il contratto di lavoro venga stipulato direttamente fra studente e impresa.Tuttavia, anche in Germania, come negli altri paesi, l’organizzazione di questo tipo di formazione non è comunque mai lasciata completamente alla libertà delle parti, in quanto sono sempre indicati i requisiti minimi di accesso, di durata e di ripartizione del carico di ore fra formazione in aula e sul luogo di lavoro. La responsabilità della pianificazione, della gestione e del percorso di formazione, ma anche del recluta- mento dei formatori è del Consiglio dei rappresentanti degli imprenditori (Betriebsrat). Le attività di formazione sul luogo di lavoro vengono finanziate dalle aziende, mentre il percorso scolastico nel- l’ambito della Berufsschule viene sovvenzionato dai Länder. Così, accanto ai programmi quadro nazio- nali, i Länder tedeschi intervengono nella definizione del curriculum accanto agli operatori dei vari settori economici, per assicurare un’aderenza maggiore alle caratteristiche del mercato locale, fino ad arrivare ai curricula personalizzati elaborati coinvolgendo lo studente,l’istituto che fornisce la for- mazione teorica e l’impresa che ha stipulato il contratto con lo studente stesso. Gli studenti che hanno completato la formazione professionale nell’ambito del sistema duale sono pronti per in- traprendere una professione;infatti,la formazione sul luogo di lavoro li ha abituati a ogni aspetto del mondo del lavoro.Nella maggior parte dei casi,al completamento della formazione,in alternanza, gli studenti trovano lavoro nelle stesse aziende dove hanno svolto la formazione pratica. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 29
  • 31. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 30 www.italiafutura.it 4.3 Ammortizzatori sociali In Italia quando si parla di ammortizzatori sociali si fa riferimento per lo più al sistema di cassa integrazione, un sistema rivolto ai lavoratori stabilmente inseriti nel mercato del la- voro.Tuttavia in molti paesi europei - come per esempio nei Paesi Bassi e in Danimarca - esi- stono sistemi di ammortizzatori sociali che supportano l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Non si tratta di sussidi di disoccupazione, ma di misure che aiutino il giovane nelle fasi di ricerca del lavoro o di transizione da un lavoro all’altro,misure vincolate ad alcune con- dizioni di “attività”, ad un effettivo impegno in attività di formazione e di guida personalizzata. È chiaro che questi ammortizzatori devono essere inquadrati in un sistema più ampio di Welfare che sappia utilizzarli come strumenti d’attivazione per stimolare l’intraprendenza e le potenzialità dei giovani inoccupati e non come meri sussidi per casi estremi di disoccu- pazione ed inattività.Uno dei casi analizzati,quello dei Paesi Bassi,è sintetizzato nel Box 4,ed evidenzia proprio l’importanza di un’azione coordinata su vari fronti e continuativa nel tempo. Ma quali sono le caratteristiche essenziali dei sistemi di maggior successo? Dall’analisi emer- gono quattro punti chiave: 1. Sono sistemi fortemente legati alla formazione, quindi, tendono a ricollocare rapida- mente il giovane disoccupato dentro percorsi formativi che gli permettano di acquistare le competenze necessarie a restare competitivi nel mercato del lavoro. 2. Si fondano su un forte coordinamento tra enti locali e autorità centrali, in una prospettiva decentrata, che permetta vicinanza al cittadino, ma inserita in un quadro di regolamentazione e coordinamento centrale molto efficace che assicuri certi standard qualitativi in tutto il paese. 3. Nascono,come nel caso olandese,da iniziative che vedono il coinvolgimento di tutte le parti interessate, dai sindacati al mondo delle imprese passando per le autorità pubbliche. 4. Sono sistemi legati all’impegno, all’attivazione, e, dato non irrilevante, ai risul- tati, come nel caso del “New Deal forYoung People”, l’ambizioso programma attuato dal governo inglese e sintetizzato nel Box 3, in cui, non solo i giovani perdono i bene- fici se abbandonano i percorsi di formazione previsti per il loro inserimento nel mondo del lavoro, ma anche le agenzie che gestiscono i programmi ricevono parte dei fondi sulla base dei risultati ottenuti. Chiaramente non si tratta di sistemi a impatto zero sul bilancio dello Stato, anche se i costi variano molto a seconda dei programmi messi in piedi (si va da misure molto specifiche e controllate come il programma inglese NDYP, con basso impatto sulle casse dello Stato, a programmi molto costosi come quello danese).Tuttavia, i costi vanno confrontati con i risul- tati: nel caso della Danimarca, per esempio, è vero che questo paese registra la più alta spesa Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 30
  • 32. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 31 www.italiafutura.it in politiche del lavoro di tutti i paesi Ocse, ma è altrettanto vero che esso ha uno dei tassi di disoccupazione (giovanile ed adulta) più bassi dei paesi occidentali, con tutto ciò che questo comporta in termini di riduzione del disagio sociale e della povertà,formazione della forza la- voro, contribuzione fiscale e così via. Per quanto riguarda l’Italia, il sistema di ammortizzatori sociali è prevalentemente an- corato al sistema della cassa integrazione e alle indennità ordinarie di disoccupazione, en- trambe misure che tendono ad escludere i giovani6 e, soprattutto, misure che supportano le condizioni più estreme di inattività ma che non stimolano la riqualificazione,la formazione,l’at- tività e l’occupabilità.Aprire un dibattito serio e concreto sulla possibilità di modificare ed in- tegrare l’attuale sistema di ammortizzatori sociali, in modo da supportare la formazione e l’occupabilità dei giovani, potrebbe rappresentare un importante passo per affrontare la que- stione dell’occupazione giovanile in Italia. Box 3. Il “Nuovo Patto per i Giovani” del Regno Unito Il “New Deal forYoung People” (NDYP) è stato introdotto in Gran Bretagna nel 1998 come una delle misure fondamentali di welfare per contrastare la disoccupazione giovanile. Possono par- tecipare i giovani che rientrano nella fascia d’età 18-24 e che cercano un’occupazione da almeno sei mesi. Il programma prevede un piccolo stipendio che però è vincolato alla partecipazione al pro- gramma di formazione/inserimento. L’obiettivo del programma è aumentare il livello di occupazione dei giovani fornendo nuove competenze ed esperienze di lavoro. Come funziona Il giovane in cerca di lavoro firma un accordo (Jobseeker Agreement) che viene visualizzato da un PersonalAdviser,il quale traccia un piano d’azione fortemente individualizzato.Viene svolta quindi una valutazione rapida delle sue competenze e viene stimata la sua distanza dal mercato del lavoro attra- verso strumenti di valutazione standardizzati. Dopo questo approccio iniziale, la prima fase di NDYP - chiamata Gateway - prevede consulenza e aiuto intensivo nella ricerca di un lavoro per circa quat- tro mesi. Il Personal Adviser incontra ogni due settimane il ragazzo, lo aiuta a compilare un CV, discute sulle sue prospettive di carriera e sui lavori che può ottenere con le competenze già acquisite. I gio- vani che non hanno trovato lavoro entro la fine del periodo di “Gateway” sono obbligati a scegliere fra una delle seguenti quattro opzioni: formazione a tempo pieno o apprendistato, lavoro nel settore 6 Un giovane agli inizi della carriera lavorativa spesso non rientra dentro questo sistema di garanzie,perché occorrono 12 mesi di con- tributi versati; per non parlare dei giovani che lavorano con uno status di collaboratori, partite iva o altre forme del genere, molto dif- fuse ma con scarse protezioni sociali. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 31
  • 33. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 32 www.italiafutura.it del volontariato, il lavoro in una task force ambientale o occupazione sovvenzionata. È il Personal Advi- ser, previo accordo con l’interessato, che decide quale delle opzioni è più adatta. Durante questa se- conda fase, che dura dai sei agli otto mesi, il giovane non viene più considerato disoccupato. Se il ragazzo rimane comunque disoccupato a termine di questo secondo periodo, il Personal Adviser con- tinuerà a svolgere il suo ruolo di counseling per altre 26 settimane. Il NDYP è un programma forte- mente individualizzato che mira a costruire un percorso specifico per il giovane in cerca di lavoro che lo conduca ad ottenere un’occupazione e nuove competenze. Il Personal Adviser svolge un ruolo guida fondamentale: da un lato, pianifica scientificamente una strategia d’azione che vada incontro alle esi- genze del ragazzo, dall’altro, svolge una funzione esterna di controllo e di motivazione. Il programma è sottoposto a valutazioni rigorose, i fornitori privati, per esempio, vengono pagati in base ai risultati raggiunti. Inoltre, sono previste sanzioni durante il periodo delle 26 settimane, se il giovane non accetta un lavoro o si rifiuta di partecipare a corsi di formazione. Risultati A maggio del 2007 hanno partecipato a questo programma circa 90.000 ragazzi, mentre molti altri partecipavano ad altri programmi come il New Deal for Lone Parents (14.000 giovani) o il New Deal for Disabled People (18.000 giovani). I tassi di abbandono nella seconda fase, inizialmente alti, sono calati dal 1999 al 2007. Molti studi hanno, inoltre, dimostrato come il punto di forza del NDYP sia il rapporto di tutoring che si viene a instaurare tra Personal Adviser e giovane disoccupato.Il punto più debole sembra,invece,essere la creazione di occupazione sostenibile nel lungo periodo:per que- sto il Governo sta vagliando misure per incentivare e premiare i fornitori provati in tal senso. Box 4. I Paesi Bassi e l’occupazione giovanile: una strategia integrata e di lungo periodo Da circa dieci anni i Paesi Bassi perseguono politiche molto aggressive per combattere la disoccu- pazione giovanile. I numerosi provvedimenti intrapresi si fondano su due principi chiave. Da un lato, un sistema di ammortizzatori sociali legati a formazione e lavoro (flexsicurity); dall’altro, una grande enfasi sul ruolo dell’istruzione e della formazione e una ferma lotta all’abbandono scolastico. I principali prov- vedimenti, adottati dalla fine degli anni Novanta ad oggi,ruotano attorno a questi temi principali e sono: 1999 Flexibility and Security Act, vuole incoraggiare i contratti di lavoro flessibili, supe- rando la rigidità tradizionale del mercato del lavoro aprendolo alle sfide e alle opportunità della con- temporaneità, senza però alimentare l’insicurezza sociale e la precarietà. La legge prevede forme di coinvolgimento attivo di tutti gli attori sociali e predispone norme a tutela dei lavoratori flessibili che Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 32
  • 34. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 33 www.italiafutura.it ne garantiscono il reddito e la sicurezza sociale. Il limite del periodo di prova è fissato a due mesi. Viene,inoltre,introdotto un numero massimo di tre contratti a tempo determinato che non devono superare complessivamente i tre anni, oltre i quali è conferito al lavoratore il diritto di ottenere un’occupazione permanente. 2002 Legge SUWI, istituisce la Struttura per l’Amministrazione del Lavoro e del Reddito (SUWI),definendo soggetti,ruoli e coordinamento tra le attività.Uno dei perni della struttura è rap- presentato dai Centri per il Lavoro e il Reddito (CWI), che sono il punto di riferimento per tutti i potenziali richiedenti di indennità che cercano un lavoro e che necessitano un sussidio. È un istituto pubblico che si occupa di funzioni comprendenti diversi servizi come la gestione della banca dati na- zionale dei posti vacanti, l’intermediazione attiva, la divulgazione delle informazioni, la consulenza, la preparazione dei candidati al lavoro e al sussidio,la determinazione della difficoltà nell’immettere i sog- getti nel mercato del lavoro e l’accertamento della possibilità di reintrodurli nel programma. L’idea di un unico punto di accesso (ovvero uno sportello unico) è centrale nell’esperienza del CWI.Il CWI assicura l’esistenza di un mercato del lavoro trasparente e si coordina con i comuni che sono re- sponsabili per il reintegro di coloro che fanno domanda all’Assistenza Nazionale. I comuni ricevono fondi ed incentivi per il reintegro dal Fondo per il Lavoro e il Reddito (FWI) ed affidano poi la ge- stione dei servizi ad agenzie private. 2003Youth Unemployment Action Plan, un piano con l’obiettivo di ridurre la disoccupa- zione giovanile creando 40.000 nuovi posti per giovani e promuovendo il ritorno dei giovani disoc- cupati a percorsi di formazione.Il piano prevedeva 31 misure,tra cui incentivi fiscali per la formazione, finanziamento integrativo per il CWI per consulenze individuali,etc.Tra le misure più significative del piano vi è la: Youth EmploymentTask Force (2003-2007),che ha avuto un ruolo chiave nel promuovere la cooperazione tra Ministeri ed altri soggetti interessati,nel sensibilizzare le aziende e l’opinione pubblica sull’importanza dell’assunzione di giovani e nel promuovere i contatti fra imprese e giovani disoccupati. 2007 The “Qualification law”, obbliga i giovani disoccupati che non hanno concluso il ciclo d’educazione di base,a frequentare un programma d’educazione a tempo pieno fino al diciottesimo anno d’età. Per i giovani 18-27 che non hanno concluso la scuola secondaria, invece, è stato introdotto l’ob- bligo di frequentare un percorso di formazione che porti al conseguimento di un diploma o di un lavoro. 2009Youth Unemployment Action Plan, un nuovo piano da 250 milioni di euro per inve- stire sulla formazione dei giovani attraverso cinque azioni principali: 1) mantenere i giovani nelle scuole per un periodo più lungo possibile, incentivando la formazione professionale; 2) coinvolgere gli enti locali attraverso accordi che predispongano misure concrete; 3) creare un sistema che faccia incontrare le richieste dei datori di lavoro e i talenti dei giovani; 4) incentivare la possibilità di ap- prendimento, attraverso stage,apprendistato e volontariato;5) prestare particolare attenzione ai gio- vani con minori opportunità. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 33
  • 35. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 34 www.italiafutura.it 4.4 Incentivi fiscali per l’assunzione di giovani Di incentivi per l’assunzione di determinati gruppi sociali (giovani,donne,disabili o altre categorie considerate“a rischio”) si parla in molte occasioni,anche se gli esperti sono spesso scettici sulla loro efficacia per alcuni motivi che vedremo in dettaglio più avanti. Gli incentivi all’assunzione possono assumere varie forme, dalla defiscalizzazione degli oneri sociali a veri e propri sussidi agli stipendi (wage subsidies), e possono essere indirizzati o alla creazione di nuova occupazione in generale,senza restrizioni sulle categorie di persone assunte (in tal caso vengono usati come strumenti anti-ciclici) oppure all’assunzione di cate- gorie specifiche di persone (donne, giovani, etc.).Tra i più recenti esempi di utilizzo della leva fiscale mirata all’assunzione dei giovani troviamo gli Stati Uniti,dove,a Marzo 2010 è stata ap- provata la legge "EmployingYouth for the American Dream Act" (EYADA), che stan- zia 8 miliardi di dollari per incentivare le imprese ad assumere giovani svantaggiati e a rischio disoccupazione e per supportare formazione e assistenza ai giovani. Gli incentivi all’assunzione, nel complesso, non sono certo strumenti nuovi: varie tipo- logie di incentivi per promuovere l’occupazione, infatti, hanno iniziato a diffondersi già nella seconda metà degli anni Settanta in Nord America e in Europa. Sia il Canada che gli Stati Uniti hanno fatto ampio uso di questi strumenti,ma solo i programmi a portata più generale hanno avuto successo. Specificamente: l’Employment Tax Credit Program, adottato in Canada tra il 1978-81 ed il New JobsTax Credit,adottato negli Stati Uniti nel 1977,una mi- sura che prevedeva un sussidio ai salari per tutte le assunzioni che superavano il 2% di au- mento rispetto all’anno precedente. Al contrario,le numerose iniziative“mirate” a gruppi sociali specifici,come,per esempio, il programma statunitense Work Incentive Program (WIN),per le famiglie povere,ed il Tar- geted JobsTax Credit (TJTC), per i lavoratori svantaggiati, sembrano aver avuto risultati più deludenti.È impossibile riassumere in poche righe le ragioni dello scarso successo di programmi molto diversi tra loro per obiettivi, risorse e requisiti; ad ogni modo, i principali motivi per cui le iniziative focalizzate su gruppi specifici di lavoratori si sono rivelate deludenti sono: 1. Burocrazia.Spesso gli incentivi fiscali,soprattutto quando sono mirati a gruppi specifici,ri- chiedono l’espletamento di lunghe procedure burocratiche.Le procedure servono a veri- ficare l’eligibilità e limitare gli abusi,ma il risultato è quello di disincentivare le aziende a farvi ricorso.Per questo si rileva spesso un elevato livello di sottoutilizzo di questi strumenti. 2. Non incisività sulle caratteristiche della domanda: se il datore di lavoro, a torto o a ra- gione, pensa che un disoccupato di lungo periodo o un giovane neodiplomato o una donna non siano adatti alle caratteristiche del lavoro svolto nella sua azienda, difficil- mente cambierà idea per uno sconto sulle tasse.A meno che non vi siano misure che intervengano sulla formazione e riqualificazione del lavoratore,difficilmente gli incentivi saranno capaci di modificare la struttura della domanda, soprattutto nel lungo periodo. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 34
  • 36. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile 4.5 Misure normative relative al mercato del lavoro: il contratto unico Nonostante molti aspetti legati al fenomeno della disoccupazione giovanile abbiano ra- dici in larga parte socio-economiche, tra le politiche attivabili per contrastarla vi sono anche strumenti giuridici legati al funzionamento del mercato del lavoro.Infatti,così come hanno ri- levato molti economisti,alcune problematiche legate all’occupazione giovanile sono state am- plificate in alcuni paesi da un’incompleta e mal attuata deregolamentazione del mercato del lavoro che ha dato luogo al cosiddetto“mercato duale”.Si intende per mercato duale un mer- cato da un lato estremamente flessibile,volatile e con scarse,se non nulle,forme di protezione sociale per una fascia di lavoratori (tipicamente le generazioni più recenti) e,dall’altro,ancora strettamente regolato e protetto per le fasce di lavoratori già stabilmente inserite nel lavoro. L’Italia e la Spagna sembrano essere tra i paesi europei quelli maggiormente esposti a questo problema. Forse, anche per questo, sono i due paesi in cui numerosi giuristi ed economisti si sono confrontati sulla possibilità di una riforma del lavoro che contribuisse a rettificare le storture causate da un sistema normativo inadeguato. Uno dei perni delle proposte degli esperti,sia spagnoli sia italiani,è l’introduzione di una specifica forma di contratto che andrebbe a sostituire tutte le decine di tipologie di contratti a tempo determinato attualmente vigenti sia in Italia che in Spagna. Si tratterebbe, quindi, di un “contratto unico”, come viene definito dai suoi stessi propositori, che sia a tempo inde- terminato ma che preveda un sistema di tutele crescenti col passare del tempo trascorso in quell’impiego.Al di là dei dettagli tecnici del contratto,che variano molto a seconda delle pro- poste prese in considerazione (solo in Italia vi sono almeno quattro disegni di legge in mate- ria), il senso generale dell’idea del contratto unico è quello di creare un contratto a tempo indeterminato con alcune specificità.Si prevede infatti che l’azienda,nei primi anni del rapporto di lavoro (in alcune proposte sono specificati i primi 3 anni), possa interromperlo per motivi economici.Un’interruzione a fronte della quale il lavoratore avrà però diritto ad un’indennità di licenziamento che cresce con l’anzianità acquisita nell’impresa e, in alcune proposte, anche a benefici aggiuntivi come un trattamento complementare di disoccupazione a carico del- l’impresa. Trascorsi i primi tre anni nel rapporto di lavoro (durata che varia a seconda del progetto di legge), scattano tutte le tutele tradizionali a favore del lavoratore. Questa propo- sta cerca così di andare incontro sia all’esigenza di garantire a milioni di persone una serie di 35 www.italiafutura.it In conclusione, e come indicano anche gli esperti, le politiche migliori per aumentare l’occupabilità di fasce più a rischio sono misure che combinano sussidi ai salari con for- mazione, assistenza nella ricerca di lavoro e di crescita professionale:solo con que- sti interventi si riescono ad ottenere risultati efficaci nel migliorare l’occupazione e i livelli salariali delle categorie più a rischio. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 35
  • 37. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile diritti e tutele da cui sono attualmente escluse, sia all’esigenza di mantenere un minimo di flessibilità all’ingresso e di non reintrodurre quelle rigidità iniziali per il datore di lavoro che rappresentano spesso i principali freni alla crescita dell’occupazione. L’obiettivo della proposta è quello di ridurre la volatilità nel mercato del lavoro per i più giovani, incentivare e supportare la loro formazione ed avviamento al lavoro e garantire un minimo di tutele alle fasce di lavoratori attualmente più deboli, in modo da attenuare l’im- patto sociale di fasi di crisi economica come quelle che stiamo attraversando. Si tratterebbe quindi di uno strumento normativo che potrebbe avere importanti ricadute su variabili eco- nomiche e sociali. 4.6 Promozione e supporto della cultura imprenditoriale Molti paesi si stanno accorgendo dell’importanza della nuova imprenditoria come mezzo, non solo per rinnovare il tessuto economico e produttivo, ma anche per generare nuova occupazione.Un recente studio della Kauffman Foundation ha mostrato come dal 1977 al 2005 la crescita di occupazione negli Stati Uniti è stata quasi interamente guidata dalla crea- zione di start-up.Le imprese esistenti hanno bruciato,in media,1 milione di posti di lavoro al- l’anno, mentre le nuove imprese, nel loro primo anno di attività hanno generato 3 milioni di posti di lavoro. Ma come si promuove l’imprenditoria tra i giovani? Le misure adottate nei vari Paesi per incentivare la nuova imprenditoria variano considerevolmente. Molte sono fo- calizzate sulla formazione, per creare una nuova generazione di imprenditori e aziende al- l’avanguardia. In Francia, per esempio, vi sono due programmi pubblici nazionali volti ad aumentare la cultura e le competenze imprenditoriali tra i giovani: il programma Enterprises Cadettes, che si basa sulla cooperazione tra imprese locali e banche e il programma Graines d’Entrepreneurs,che viene realizzato attraverso una partnership tra governi regionali e il sistema delle camere di commercio e dell’industria.Programmi analoghi sono stati realizzati negli Stati Uniti (per esempio il Junior Achievement, il National Foundation forTeaching Entrepreneurship, ed il REAL, ovvero il Rural Entrepreneurship through Enterprise) e in Canada dove è stato creato il Centre for Education and Enterprise (CEED), assieme ad altre iniziative regionali come la South Peace Secondary School in British Columbia o il Centre for Entrepreneurship and Development (CEED) in Nova Scotia. In altri casi si adottano agevolazioni fiscali e prestiti agevolati, come i programmi in- glesi Prince’sTrust-Business (PTB) per le start-up ed il Livewire, oppure come il programma ca- nadese Youth Business, che fornisce prestiti agevolati ed altri servizi di supporto all’imprenditoria giovanile. Programmi analoghi sono presenti in Australia (Young Aussie Enter- prises ed il Nescafe Big Breakfast),in Portogallo (come il Sistema de Apoio jovens Emresarios,che 36 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 36
  • 38. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile copre il 50% dei capitali necessari, o il Quiosque do Invetidor, che aiuta i giovani imprenditori ad identificare e sfruttare opportunità di business) e in Spagna (come la EscuelaTaller, rivolta soprattutto ai giovani tra i 18 e i 25 anni con scarse professionalità). Anche l’Italia ha adottato un approccio di incentivi fiscali con la Legge 95/95 che preve- deva sia finanziamenti agevolati che a fondo perduto per i giovani tra i 18 e i 29 anni residenti in alcune aree specifiche del paese che avviassero un’impresa nuova. Una misura la cui effica- cia è stata però fortemente messa in discussione da una serie di inchieste su abusi e sulla con- cessione dei finanziamenti ad aziende che, di fatto, non rispondevano ai criteri richiesti. Al di là dei vari episodi che possono aver creato scetticismo su alcuni strumenti adot- tati in passato, il tema era e resta di grande attualità per l’Italia, soprattutto alla luce delle di- namiche dell’imprenditorialità giovanile degli ultimi anni, anche prima degli effetti della crisi. Come è evidenziato dai rapporti Cerved, già negli anni tra il 2000 e il 2007 le aziende “gio- vani” (definite come quelle realtà produttive in cui il titolare, tutti i soci o tutti gli ammini- stratori non abbiano ancora compiuto 35 anni alla nascita dell’impresa) hanno subito una forte contrazione, sia nel settore industriale che in quello dei servizi e, sia nelle forme giuri- diche più semplici (ditte individuali) che in quelle più complesse (società di persone e società di capitali), con cali che vanno dai 5 ai 13 punti percentuali. 37 www.italiafutura.it AZIENDE “GIOVANI” 2000 2007 Variazioni % Servizi 39.10% 32.80% - 6.30 Ditte individuali 59% 46% -13.00 Società di persone 23% 17.10% - 5.90 Società di capitali 23.80% 18.60% - 5.20 Industria – 40% – Ditte individuali 53.60% 41.20% -12.40 Società di persone 27.20% 20.50% - 6.70 Società di capitali 23.40% 19.30% - 4.10 Tabella 6. Incidenza delle imprese “giovani” (2000-2007) Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 37
  • 39. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile Nell’industria, tra il 2000 e il 2007, la quota di imprese giovani sulle nuove nate si è ri- dotta dal 53,6% al 41,2% per le ditte individuali, dal 27,2% al 20,5% per le società di persone e dal 23,4% al 19,3% per le società di capitale7. Stesso trend si rileva nel settore dei servizi. Complessivamente nel 2000 il 39,1% delle aziende nate nei servizi “business to busi- ness” erano imprese under 35; la percentuale ha toccato un picco nel 2002 (il 40,3%), ma poi è costantemente calata ed è scesa al 32,8% nel 20078. È chiaro che un aumento “quantitativo” delle start-up giovani non implica necessaria- mente un aumento qualitativo delle stesse e del tessuto economico-produttivo del paese.Per questo è importante che politiche volte a rafforzare la capacità imprenditoriale delle nuove generazioni includano percorsi che stimolino l’imprenditorialità,che rendano familiari le nuove tecnologie, le più avanzate conoscenze manageriali e i processi di internazionalizzazione. Par- ticolarmente importante,poi,è un’assidua attività di mentorship per le aziende nei primi anni di vita e anche prima della fase di start-up. Non è solo l’assenza di fondi che penalizza i gio- vani imprenditori, ma la mancanza di attività di stimolo, indirizzo e supporto manageriale. In Italia si parla spesso della necessità di rafforzare il mercato del venture capital, ossia di quelle organizzazioni che finanziano e supportano le imprese dalla nascita alla quotazione in borsa. Ma i venture capital crescono dove sono le buone idee, perché di questo si alimentano: di molte e buone idee imprenditoriali. Numerosi venture capital nazionali ed internazionali se- gnalano che il flusso di progetti realizzabili proveniente dall’Italia è ancora scarso e debole.Per questo è importante agire su vari fronti, dalla formazione al supporto progettuale pre-avvia- mento. In quest’ottica integrata le politiche per l’imprenditorialità giovanile possono divenire buoni strumenti di crescita occupazionale e di riqualificazione del sistema produttivo del paese. 38 www.italiafutura.it 7 Interessante notare come il calo delle imprese giovani sia stato frenato dalla crescita rapida e strutturale dell’imprenditoria straniera. Tra il 2000 e il 2007, la percentuale di nascite di ditte individuali giovani non italiane è passata dal 12,8% al 30,4%. 8 È’ importante sottolineare come tale calo sia solo in parte attribuibile alle dinamiche demografiche del nostro paese,che hanno visto un calo del peso dei giovani tra i 18 e i 34 anni sulla popolazione totale dal 24,6% nel 2000 al 21,2% nel 2007. Se si rapporta il numero di imprenditori sotto i 35 anni alla popolazione della corrispondente classe di età per neutralizzare l’effetto demografico,si nota come la quota di giovani che ha avviato una nuova attività produttiva si riduce da 15,6 su 10.000 nel 2000 a 11,8 su 10.000 nel 2007. Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 38
  • 40. C A P I T O L O 2 TRE PROPOSTE PER RIPARTIRE DAI GIOVANI di Marco Simoni 39 1. Introduzione 40 2. Una regola fiscale: 43 legare il recupero dell’evasione alla riduzione delle tasse. A partire dai giovani 3. Tagliare tre nodi: 46 difficoltà di credito, eccessiva tassazione, peso della burocrazia 4. Uno scambio tra generazioni: 50 finanziare le borse di studio innalzando di un anno l’età pensionabile Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 39
  • 41. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile www.italiafutura.it I N T R O D U Z I O N E Il tema della disoccupazione giovanile in Italia ha due facce. Da un lato è legato alla de- bolissima dinamica della crescita del nostro paese che, negli ultimi dieci anni, ha fatto regi- strare il più basso tasso di crescita del mondo.Inevitabilmente,i giovani,che si trovano all’inizio del loro percorso lavorativo, pagano maggiormente la riduzione di opportunità che la crisi porta con sé. La mancanza di politiche orientate alla crescita economica e il pesante fardello del debito pubblico pesano soprattutto sulle giovani generazioni. A queste ragioni, strettamente economiche, si sommano ragioni relative alle scelte di- stributive operate dai governi degli ultimi venti anni in termini di spesa, di regolamentazione del mercato del lavoro, di (mancate) liberalizzazioni. La fragilità occupazionale delle generazioni giovani e la sostanziale assenza di supporto pubblico che esse ricevono dallo Stato sono dati,crediamo,evidenti non solo dalle statistiche ma dall’esperienza quotidiana della maggioranza degli italiani. È importante riconoscere che se la politica può far molto per correggere le storture di- stributive e gli incentivi perversi che sembrano caratterizzare l’Italia contemporanea,essa però non può tutto. La ripresa economica, una nuova stagione di crescita e l’aumento dell’occupa- zione giovanile dipendono largamente dalla ripresa dell’attività privata, dal migliore funziona- mento dei mercati, dall’accelerazione della produttività e da un fisco più snello ed equilibrato. Questo per dire, in poche parole, che il tema della disoccupazione giovanile non è una questione settoriale ma è la questione economica e sociale principale per la nostra nazione, che riguarda la ricerca di un modello di sviluppo per il paese. È ormai chiaro che, esaurito il modello di sviluppo del dopoguerra, negli scorsi venti anni la classe politica non è stata in grado di individuare una nuova traccia sulla quale l’economia potesse ripartire, traccia verso la quale, al contrario, è urgente orientarsi. Pertanto,le tre proposte che presentiamo qui non vanno lette come esaustive.Esse non possono sostituire o compensare altri capitoli fondamentali che,pur riguardando solo indiret- tamente i giovani, proprio dei giovani andrebbero a maggior beneficio. Su ognuno di questi ca- pitoli l’intervento della politica dovrebbe essere coraggioso e sostanziale e, su molti di essi, Italia Futura è intervenuta più volte negli scorsi mesi.È auspicabile un alleggerimento della tas- sazione sul lavoro,in parte compensata da una più attenta e non distorsiva tassazione sulle at- tività finanziarie e sulle rendite.È urgente una ripresa vigorosa delle liberalizzazioni dei mercati 40 Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 40
  • 42. Giovani, al lavoro! Le proposte di Italia Futura per l’occupazione giovanile e delle professioni: l’Italia continua ad essere, tra i grandi paesi europei, quello con il più alto tasso di regolamentazione,con una conseguente presenza di rendite monopolistiche che stroz- zano le opportunità di crescita. È necessario – come richiamato recentemente anche dal Go- vernatore Draghi – un intervento unificante sulla disciplina del mercato del lavoro che, favorendo il lavoro stabile, renda più serena la vita delle persone e contribuisca ad una ripresa della produttività.Ormai da anni alcune proposte importanti e autorevoli sono presenti sul ta- volo e sarebbe ora che la politica le prendesse seriamente.È fondamentale tornare a investire sulla formazione e sulla ricerca, portando a termine riforme che da venti anni vengono scritte per poi arenarsi all’ultima boa, lasciando gli studenti italiani sempre meno preparati rispetto ai loro colleghi europei e le nostre università dimenticate dalle classifiche internazionali. Le proposte che presentiamo qui non hanno la dimensione di riforme di sistema, non prefigurano grandi interventi.Tuttavia, direttamente o indirettamente, affrontano tutti i temi appena richiamati:il tema della riforma fiscale,il tema del lavoro dipendente,il tema della sem- plificazione burocratica, il tema della produttività e dell’innovazione, il tema della formazione e del capitale umano. Sono dunque tre proposte ambiziose che, se attuate, consentirebbero, crediamo, un salto di qualità nell’arco di pochi anni, con riferimento a tre questioni: quella degli squilibri distributivi, quella del patto fiscale tra cittadini, quella della crescita economica. Iniziando dalla prima,in Italia,esiste un evidente squilibrio distributivo a svantaggio delle generazioni giovani. Questo avviene per il sommarsi di tre fattori, tra loro separati. Primo, la debolissima dinamica del mercato del lavoro con riguardo ai gruppi più giovani;secondo,la po- vertà di risorse di welfare a cui i giovani possono accedere; terzo, il fatto che i lavori non sta- bili si concentrino essenzialmente tra i giovani. Questo squilibrio distributivo va corretto per due ragioni:la prima è un’elementare ragione di giustizia sociale.La seconda è relativa al fatto che il sistematico depauperamento delle generazioni giovani equivale al depauperamento del futuro del paese. Pertanto, ognuna delle tre proposte contiene elementi di ridistribuzione a favore dei giovani italiani.Tuttavia, in ognuna delle proposte, è costantemente presente la ri- chiesta esplicita di un’assunzione di responsabilità, come parte necessaria di un nuovo patto di convivenza, fondato sulla giustizia e orientato alla crescita. Secondo,qualsiasi politica economica,anche se basata sul principio dell’equilibrio di bi- lancio, ha bisogno di risorse che vanno raccolte o la cui destinazione va modificata. Noi cre- diamo che parte fondamentale della crisi italiana si manifesti in una slabbratura del patto sociale tra cittadini e fisco da un lato, e tra diversi gruppi di contribuenti dall’altro. Di con- seguenza, in Italia non è più possibile suggerire capitoli di spesa in maniera credibile senza contemporaneamente indicare voci di entrata. Inoltre, questo legame non deve essere me- ramente funzionale o quantitativo, ma deve essere presente con chiarezza un legame di so- stanza tra capitoli di maggiore spesa (o minori entrate) e capitoli di entrate (o minore spesa). Un nuovo patto fiscale tra lo stato e i cittadini deve fondarsi sulla trasparenza delle misure, sulla chiarezza e responsabilità nell’impiego dei fondi pubblici e sulla conseguente onestà dei 41 www.italiafutura.it Rapporto Occupazione giovanile_19:Layout 1 18-11-2010 0:09 Pagina 41