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eventmag - periodico on line, anno 1 - numero 4- Aprile 2009




    eventmag



(s-low)                                                                               4
mestieri
Intervista a Marco Roveda, fondatore di Lifegate
linguaggi
Wired Italia raccontata dal direttore Riccardo Luna
management
Camper: tradizioni, lifestyle e ricerca in azienda
strategie
Incontro con Silvio Barbero, segretario nazionale di Slow Food
Pag 4 editoriale


Pag 6 eye tech
                                           eventmag - periodico on line
                                             anno 1 - numero 4 - Aprile 2009
Pag 9 profondo web

                                                direttore editoriale
Pag 13 strategie
                                                  Davide Pellegrini

Pag 17 linguaggi                                   capo redattore
                                                Francesca Fornari
                                          francescafornari@eventlab.eu
Pag 20 mestieri

                                                   ufficio stampa
Pag 22 eventi                                        Silvia Galli


Pag 24 serious comics                     progetto grafico e illustrazioni

                        sommario
                                            Alessandro Denci Niccolai
Pag 26 management
                                                hanno collaborato
                                       Davide Bennato, Francesca Fornari,
Pag 30 recensioni                  Arnaldo Funaro, Silvia Galli, Davide Pellegrini,
                                         Stefano Rollo, Enrico Tanno, Bol

Pag 31 no words
un’alternativa alla formazione
una riflessione su tutto ciò che è Slow
                       il tempo ritrovato
                                                                               Mentre l’Europa cerca di rattoppare i dissesti dell’intenso processo
                                                                               di americanizzazione del proprio sistema economico e culturale, negli
di Davide Pellegrini                                                           USA si assiste al fenomeno inverso: con una progressiva affermazio-
                                                                               ne di uno stato centrale che amministra e controlla, Obama ripropone
                                                                               l’idea di uno Stato centrale forte, che nell’assumersi direttamente le re-
                                                                               sponsabilità della ripresa, cerca di ripristinare un ordine civile di rego-
                                                                               le e buon senso. Senza alcuna forzata glorificazione del personaggio,
                                                                               quello che ne viene fuori è il fallimento dell’uomo in quanto individuo
                                                                               auto-organizzato, l’idea che la natura umana – in fondo – non possa
                                                                               che produrre altro che lo spettacolo a cui stiamo assistendo: specula-
                                                                               zione, sperequazione, individualismo. In realtà, e forse i nuovi ecosiste-
                                                                               mi del 2.0 lo dimostrano, c’e’ un mondo di persone che vorrebbe fare,
                                                                               partecipare, contribuire al miglioramento, ma che semplicemente non
                                                                               può. Perchè, qual è la causa? È chiaro, verrebbe da dire, l’accessibilità,
                                                                               ma in realtà tutto ciò dipende dalla gestione del tempo, dal ritmo ec-
                                                                               cessivamente accelerato non solo delle risposte alle nostre necessità,
                                                                               ma dei modelli che vi ruotano attorno. Da un lato, l’idea di un orizzonte
                                                                               più ampio di possibilità e di opportunità ha vanificato la tollerabilità di
                                                                               ogni rinuncia, tutto è diventato rincorsa, compulsivo e nevrotico rag-
                                                                               giungimento di obiettivi incalzanti. Dall’altro, la preoccupazione di non
                                                                               avere tempo a sufficienza, di non voler invecchiare, non consente di
                                                                               accettare serenamente il proprio destino che, per molti di noi, sarà
                                                                               quello di testimoni di una lunga, continua, immutata (se mi consentite il
                                                                               gioco di parole) trasformazione. Il nuovo che avanza e che deve essere
                                                                               consumato il più in fretta possibile è solo un’utopia; il nuovo avanzerà
comunque, lasciando molte persone a godersi il proprio piccolo mondo          re il ritmo delle cose è potersi fermare un momento, riflettere sul senso
antico. E non c’è nulla di male né di sbagliato, se non che l’angosciata      e la qualità della nostra vita, magari consapevoli del fatto che c’è una
corsa al benessere ci costringe a trattare il futuro come una discarica       naturale staffetta, con il tempo che passa, dal meno giovane al giovane,
– come ha detto benissimo Alessandro Baricco in un intervento di Ve-          fatta di un moderno trasferimento di possibilità.
nice Sessions, progetto Telecom. Tutti i problemi che richiederebbero di      In questo numero di Eventmag vi proponiamo, perciò, una riflessione su
essere analizzati, studiati, affrontati ora affinché possano essere risolti   tutto ciò che è Slow, nel senso di lento, economico, leggero. Una rifles-
dalle prossime generazioni, vengono solo posticipati, buttati in un futuro    sione che coinvolge i linguaggi, il web, gli stili di vita e che passa da Wi-
che proprio perché a venire non dà preoccupazioni. Ecco allora, ritrova-      red italia a Slow Food, da Camper a Lifegate. Diteci cosa ne pensate...




                                                                                                                                 illustrazione di Enrico Tanno
di Davide Bennato          “come rendere una tecnologia
                                    umana, sostenibile, etica”



una questione di           Una vulgata piuttosto diffusa sulla tecnologia – considerata rispetto
                           alla società – la vuole come un elemento “disumanizzante”: la tecnolo-
                           gia è qualcosa di artificiale, di estraneo all’uomo e, in quanto tale, po-



      design
                           tenzialmente pericolosa. Questo atteggiamento poteva essere – solo
                           in parte – giustificato da una società che aveva subito l’invasione della
                           tecnologia, come il mondo industriale del XVIII secolo, che aveva visto
                           avanzare i mostri di metallo, fumo e rumore.
                           Oggi le cose sono piuttosto cambiate e l’equazione tecnologia come
                           disumanizzazione è difficile da sostenere. Si può avere una tecnologia
                           frutto di una cattiva progettazione, ma la tecnologia non è disumaniz-
                           zante in sé, semplicemente perché è frutto dell’uomo. A questo punto
                           il paradosso: è possibile una tecnologia che sia in sintonia con i ritmi
                           umani? La risposta a questa domanda spesso è tecnologicamente so-
                           fisticata. Si prenda il caso di Segway. Questo interessante sistema di
                           locomozione a due ruote sfrutta un originale apparato di giroscopi
                           particolarmente innovativi per dar vita a un mezzo di trasporto elettri-
                           co che non inquina e dà un’accezione completamente nuova al concet-
                           to di movimento. Infatti usa lo spostamento del corpo per trasportare
                           il passeggero in modo morbido e compatibile con l’ambiente: nessun
                           rumore, nessun gas di scarico.
                           Oppure la plastica intelligente Power Plastic sviluppata dalla Konarka:
                           è un materiale formato da composti organici fotovoltaici in grado di
                           convertire la luce del sole in energia elettrica e di ricaricare piccoli
dispositivi elettronici (iPod, palmari, cellulari). Se la cosa suonasse poco                                    McLuhan, «L’artista è sempre impegnato a scrivere una mi-
interessante, si rifletta sul fatto che il fotovoltaico organico viene prodotto                                 nuziosa storia del futuro perché è la sola persona consape-




                                                                              in sintonia con i ritmi umani?”
usando procedure tipiche delle nanotecnologie più avanzate. Un modo ad                                          vole della natura del presente».
altissimo contenuto di conoscenza per ottenere e consumare energia. Ma




                                                                                “è possibile una tecnologia
la conoscenza dentro una tecnologia non prende forma solo dalla ricerca,
bensì anche dall’osservazione creativa. È il caso di Soil Lamp di Marieke
Staps, una lampada formata da un led che illumina grazie all’energia pro-
dotta da una particolare batteria fatta di fango, in cui i microrganismi che
la compongono sviluppano l’elettricità usata per alimentare il led.
Alcune volte la tecnologia diventa semplicemente materia prima in grado
di dare vita ad altri artefatti: lo chiamano “riciclaggio”, ma molto spesso
è progettazione creativa per usi alternativi. Gli esempi possono essere
tanti, ma uno particolarmente curioso è Bob Hanger di Joan Nadal. Die-
tro questo nome c’è una curiosissima gruccia fatta di cartone ondulato
pre-stampato e bottiglie di plastica riciclate. Il cartone opportunamente
piegato diventa una base all’interno della quale inserire le classiche bot-
tiglie di PET che diventano i bracci della nostra gruccia, così da poter
appendere qualsiasi tipo di abito. La conoscenza in questo caso diventa
l’idea progettuale che vede usi innovativi di materiali che potrebbero es-
sere considerati poveri o di scarto.
Un mezzo di trasporto avveniristico, materiali fotovoltaici del futuro, lam-
pade a fango e appendiabiti in cartone e bottiglie di plastica. Cos’hanno in
comune tutti questi artefatti? Sono conoscenza incarnata dentro oggetti,
sono idee che diventano sapere grazie al contributo del design. Perché




                                                                                                                                                                     Soil Lamp di Marieke Staps
è il design a rendere una tecnologia umana, sostenibile, leggera, compa-
tibile o come la si vuole chiamare. Il futuro necessita di un modo diverso
di concepire la tecnologia, non solo per motivi ecologici – salvaguardia
dell’ambiente – ma per motivi etici. Finora il futuro è stato appannag-
gio degli ingegneri – i produttori di tecnologia – adesso è appannaggio
degli artisti – i produttori di bellezza, dal momento che, come ricordava
di Arnald

Tra attitudine mediattivista
e critica video ludica,
La Molleindustria si racconta                            pensare che certe idee debbano travalicare i limiti del discorso politico
                                                         e infiltrarsi nella pop culture dominata dal monologo capitalista. In fondo
                                                         è attraverso la cultura popolare, non con idee brillanti, che Berlusconi
Cari Navigatori,                                         ha conquistato e continua a ipnotizzare gli italiani. È stato un lungo
                                                         processo di ottundimento che non ha coinvolto solo il controllo dell’in-
per la prima volta la rubrica Profondo web ospita un’in- formazione. Il fascino dei petrolieri di Dallas, la pseudo-satira di Striscia
tervista. Non a una persona qualsiasi, badate bene,      la notizia, la risata pavloviana di Paperissima, le perverse meccaniche
ma a qualcuno che ha fatto della rete qualcosa in cui    dei reality show hanno promosso attivamente quel cinismo, individuali-
non rimanere intrappolato, bensì uno strumento per       smo e sfiducia nella sfera pubblica funzionali al conglomerato mafioso-
catturare e liberare cervelli. Sto parlando di Paolo, rap-
                                                         imprenditoriale tuttora al potere.
presentante della ormai famosissima Molleindustria,
progetto che ha l’obiettivo di esplorare le potenzialità Ascolta, tu sai che il Pentagono – attraverso un progetto che
persuasive del mezzo e decostruire la retorica dei vi- si chiama Army Experience Center – ha trovato un sistema di
deogames mainstream.                                       reclutamento eccezionale, facendo giocare i giovani americani
                                                           alla guerra. Tu cosa ne pensi? Quali sono i risvolti di un’ope-
Iniziamo con le domande di rito: come, dove, razione come questa?
quando, perché e con chi.                                  È l’ennesimo passo di una campagna di re-branding iniziata con il vide-
È l’anno 2003, il cosiddetto movimento no-global rag- ogioco America’s Army. L’idea è quella di promuovere la guerra sfrut-
giunge il suo picco e mi trovo sempre più spesso a tando il diffuso feticismo tecnologico. Il soldato di oggi non è un eroe




radical games
pronto a soffrire e rischiare la vita per un ideale superiore, ma piuttosto      Chi vi segue di più, sia dal punto di vista dell’età, che per quan-
un cyborg potenziato dai più avanzati ritrovati tecnologici. Si tratta di so-    to riguarda lo status sociale? Vi rivolgete a un target preciso o
vrapporre un’interfaccia gelida e pulita alla sporca e ingiustificabile realtà   cercate di allargare la platea di seguaci?
del conflitto asimmetrico. Non c’è da stupirsi che un veterano su cinque         Il target è fondamentalmente quello dei “casual gamer”. Sono giocatori
soffra di post-traumatic stress disorder. Parliamo di ventenni reclutati e       non necessariamente fissati coi videogiochi, senza troppo tempo o denaro
addestrati con questi giocattoli hi-tech che si ritrovano improvvisamente        da investire nell’intrattenimento. È un segmento di popolazione partico-
catapultati nel deserto in mezzo a una guerra civile.                            larmente vario in termini di sesso ed età, difficile fare una classificazione
Le operazioni del Pentagono possono sembrare perversamente intelli-              precisa.
genti, ma il fallimento delle avventure in Iraq e Afghanistan e la generale
perdita di potere internazionale degli USA corrisponde al fallimento di          l tuo gioco preferito, tra quelli da voi realizzati ovviamente.
questa scienza militare.                                                         Non saprei, però sono abbastanza fiero del Papa Parolibero.

Sul tuo sito affermi: «Molleindustria non ama i videogiochi, per                 On-line o download? Pregi e limiti di due modi di giocare.
questo motivo li crea». Puoi spiegarci meglio?                                   Online è cross-platform, download puoi metterci dentro più roba.
Quello dei videogame è un settore in forte crescita. Ma fino a pochi anni
fa praticamente privo di narrazioni alternative. Ci si può lamentare, si         Il tema di questo numero di EventMag è “S-low”: il ritmo lento
possono scrivere elaborate analisi sul sessismo e il militarismo che per-        - slow, appunto - è anche il ritmo di chi abbraccia una filosofia
vadono la maggior parte dei giochi come se fossero caratteristiche in-           di vita più sana e a misura d’uomo, consumando meno e, quin-
trinseche del medium. Oppure ci si può mettere al lavoro e provare a             di, privilegiando le economie low cost. Avete mai pensato di
cambiare le cose.                                                                realizzare giochi educativi in questo senso?

                                                                                                                        screenshots dal sito www.molleindustria.it
screenshots dal sito www.molleindustria.it

Sto pensando a un paio di giochi che potrebbero essere col-        scambio economico, dovremo riscoprire la gioia del mettere in comune
legati, ma non posso anticipare niente. Che ci piaccia o no,       cose, spazi e conoscenze.
la questione della decrescita, intesa come abbandono de-
gli attuali parametri di crescita economica, dominerà il resto     Bene. Ora una tua previsione sul futuro del web. E una sul fu-
delle nostre vite. La crisi appena iniziata è strutturale, non     turo della Molleindustria.
si tratterà di abbracciare spontaneamente una filosofia, ma        Quando hanno lanciato Wikipedia ho dichiarato: «questa roba non funzio-
di adeguarsi alla devastazione sociale e ambientale che le         nerà mai». Quando hanno lanciato Twitter ho pensato: «Nessuno userà
passate generazioni ci hanno lasciato in eredità. Il ruolo di      questo sistema demenziale». Qualche anno fa avrei scommesso che entro
noi produttori culturali dovrebbe essere quello di mettere in      il 2009 un buon sistema di carpooling si sarebbe imposto e siamo ancora
evidenza le inedite possibilità che questa crisi ci offre. Avre-   in alto mare. Diciamo che ho smesso di fare previsioni sul web. Per quanto
mo più tempo da dedicare ad affetti e attività al di fuori dello   riguarda Molleindustria, sono sincero, non ne ho la più pallida idea…!


    “Diciamo che ho smesso di
     fare previsioni sul web”
www.illy.com
la strategia della lumaca
                                                                                                                     a cura di Davide Pellegrini

C’è chi non ci pensa più ma, parlando dei temi della
qualità della vita, della cultura alimentare e della soste-
nibilità ambientale, bisogna ammettere che Slow Food è                                        Incontro con Silvio Barbero,
stato uno dei più ammirevoli precursori dell’eco-cultura.                                     fondatore dell’associazione e
Nato in Piemonte nel 1989, con un manifesto ben presto                                        segretario nazionale di Slow Food
diventato la base filosofica dell’associazione, Slow Food
parte dall’idea che la consapevolezza sui temi del cibo
(e di tutto ciò che ruota attorno ad esso) sia la grande
rivoluzione degli ultimi 50 anni e che la globalizzazione,
nei suoi ritmi di modernizzazione selvaggia, abbia cau-
sato notevoli danni da recuperare.
Dottor Barbero, ci può descrivere il movimen-
to?
Beh, cominciamo col dire che mentre la cultura del fast
food è quella dell’uguale dappertutto, dei prodotti artifi-
ciali fatti in serie, la cultura dello slow food riconsidera il
cibo come forte elemento culturale e territoriale, in cui la
diversità si lega all’identità più intima del prodotto natu-
rale. Con questo voglio dire che SF riconosce la sovrani-
tà dell’identità locale, sottolineando come la biodiversità
rappresenti la vera ricchezza del nostro (e non solo)
paese. Per noi il cibo è da riconnettere all’idea di piace-
re gastronomico, un comportamento, un’attitudine che
non si riconosce in un modello efficientista, quanto nella
lentezza dell’assaporare e di gustare i diversi sapori.
Quali sono gli obiettivi di Slow Food?                                     Questo elemento, in particolare, è di fondamentale importanza: non ci
Sono obiettivi di tutela e difesa della cultura gastronomica e della va- sono solo le certificazioni di qualità IGP, IGT, ecc, ma anche produzioni
lorizzazione del prodotto di “classe A” come elemento identitario. È minori, spesso poco visibili. Un altro livello di attività dell’Associazio-
chiaro che la cultura del cibo è stata                                                                       ne riguarda la comunicazione. Noi la
da sempre l’elemento unificante: all’ini-                                                                    dividiamo in un’attività di sensibiliz-
zio, infatti, si trattava di Arcigola – nata                                                                 zazione al gusto, una di informazione
come Associazione Gastronomica, pri-                                                                         dei consumatori sull’esistenza della
ma italiana, poi internazionale – in cui                                                                     qualità, un’altra relativa al processo
la passione per la gastronomia era la                                                                        culturale sui temi della gastronomia.
cifra stilistica prioritaria… da tutto ciò
è nato Slow Food.                                                                                            Ci fa degli esempi?
                                                                                                             Abbiamo portato nelle scuole elemen-
                                                                                                             tari un progetto, l’Orto in Condotta,
E dal punto di vista organizzati-                                                                            che ha come obiettivo quello di ripar-
vo?                                                                        tire dalla coltivazione. Prima vengono formati gli insegnanti rispetto a
Slow Food ha una struttura a rete che favorisce l’approccio di soluzione quella che noi definiamo la cultura alimentare e sensoriale. In questo
per problemi di piccola scala, una rete costituita da gruppi locali – Con- senso, il rapporto con il prodotto è diretto; non c’è tecnicalità o teoria,
vivia o Condotte Gastronomiche –, realtà di aggregazione a dimensione ma un rapporto di conoscenza diretta dei processi produttivi. Per noi
locale che portano avanti le idee e le attività dell’Associazione con una l’assunto «se non sai come si fa, non puoi sapere cosa è» è sacro. Il
coerenza rispetto alle varie identità di territorio. I Convivia sono circa recupero del comportamento sensoriale permette di decidere se un
quattrocento in Italia e milleduecento nel mondo.                          prodotto è buono e se dà piacere.

Di cosa si occupano i Convivia?                                               Organizzate anche dei corsi?
Principalmente di ricerca e tutela della qualità. Se consideriamo che il      Certo, come dicevo, la consapevolezza alimentare è tutto: proponia-
mondo “veloce” ha portato al peggioramento della nostra alimenta-             mo degustazioni sui vini, sui formaggi sui salumi… un altro dei nostri
zione, appare chiara l’importanza di avere una serie di segnalatori per       obiettivi è, del resto, la formazione di veri e propri Master of Food. Lo
l’individuazione di prodotti di qualità. Ovviamente non si tratta di certi-   dimostrano l’Università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo, la vecchia
ficazioni, perché Slow Food non vuole essere un ente di certificazione,       struttura dei Savoia a Parma, la Reggia di Maria Luigia, in cui giovani
ma un soggetto culturale con una sua propria capacità di monitoraggio         laureati in materie gastronomiche escono pronti a contribuire alla pro-
rispetto a prodotti e produttori artigianali che vale la pena valorizzare.    mozione e diffusione della cultura della corretta alimentazione.
La gastronomia rappresenta anche un possibile valore spen-                       Che prospettive hanno i giovani nel mondo di Slow Food?
dibile nel turismo?                                                              Consideriamo che c’è una forte necessità di educare e culturalizzare
Certamente, più riusciamo a valorizzare la qualità delle produzioni lo-          all’uso del cibo. La formazione può trasmettere questi valori agli altri. I
cali, più siamo in grado di formare attitudine al turismo scelto. Inol-          Convivia ammettono partnership con altri enti, università, agenzie, per-
tre, sono tanti gli eventi territoriali promossi da Slow Food: abbiamo           ché l’obiettivo è promuovere la cultura dell’alimentazione e per questo
contatti con Regioni, Comuni, Pro-loco, per organizzare manifestazioni           obiettivo ci si organizza anche in reti aperte, che rappresentano il
dedicate a momenti di distribuzione di prodotti eno-gastronomici. Tra i          futuro.
nostri eventi, ad esempio, contiamo il Salone del Gusto a Torino, la ma-
nifestazione Cheese a Bra, Slow Fish a Genova (in cui si trattano i temi
della pesca irresponsabile e dell’ambiente sostenibile), Distinti Salumi,
che facciamo nelle Marche.

Poi, ci sono i progetti…
Appunto. Il Progetto dei Presidi nasce nel 2000, con l’idea che non ci
può essere cultura alimentare senza la difesa della biodiversità in cam-
po alimentare. I Presidi individuano i prodotti e le tecniche produttive a
rischio di estinzione, le recuperano e le inseriscono in progetti di rilan-
cio, in cui diventa centrale l’obiettivo di salvare i sapori più tradizionali.
Con intense attività agronomiche e pubblicitarie, con circa duecento
prodotti e duemila produttori, i Presidi si occupano di alimenti come
il Salame di Suino Nero dei Nebrodi, il Bitto della Valtellina, il Cardo
Gobbo di Nizza.

E le città Slow?
Le Città Slow è un progetto nato nel 1995 che riunisce alcuni sindaci
convinti che la filosofia slow possa diventare un modello di vita. Potrem-
mo vederla così: se il rumore è fast, il silenzio è slow, se il cemento è
fast, il verde è slow, se l’omologazione è fast, la bio-diversità è slow...
a cura di Davide Pellegrini


                Intervista a Riccardo Luna, direttore del mensile Wired italia


                                                         Qual è stato il linguaggio scelto?
                                                         Direi lo stesso linguaggio che Wired ha oggi: autorevole ma scanzonato,
                                                         narrativo ma tecnicamente competente.
                                                         Wired ha riunito sotto la sua ala una serie di giornalisti, opi-
                                                         nionisti, tecnologi, futurologi, fornendo una visione a tut-
                                                         to campo. Questo think tank era già all’epoca un precursore
                                                         dell’era 2.0?
                                                         Sì, se per 2.0 si intende una partecipazione collettiva e una comun-
Riccardo Luna




                                                         cazione crossmediale. No, se si ragiona in termini di feedback e con-
                                                         versazione. Wired parlava e la sua voce era il verbo, «the first word on
                                                         technology».
 Dedichiamo questo numero al concetto di S-low,
 contrapposto alla velocità e all’iperconsumo. S-low     Qui da noi è tutto un po’ più lento e c’è chi dice “vecchio”.
 è anche un riferimento al low cost, al fatto che or-    Quali sono stati i problemi di ri-collocazione di questa idea in
 mai l’economia della conoscenza si basa su micro-       territorio nostrano?
 economie, su relazioni e interazioni. Vorrei iniziare   Sarebbe forse sbagliato fare paragoni tra Wired Usa e Wired Italia. E’
 con una domanda al direttore della rivista Riccardo     vero che noi siamo da sempre abituati a leggere di case histories af-
 Luna su Wired come concetto. Nel 1993, quando è         fascinanti, di giovani menti che propongono un’innovazione o un’idea,
 uscito il primo numero, nasceva un giornale rivolto a   ma la vera difficoltà non è trovare grandi storie (che ci sono seppure
 quanti guardavano all’innovazione. Da subito Wired      in numero minore rispetto agli usa), ma saperle raccontare. Quasi tutti
 si è posto all’attenzione come prodotto di nicchia,     quelli che vogliono collaborare mi propongono storie Usa, pochi sanno
 prodotto particolare.                                   vedere l’innovazione dentro casa.
Ho da subito notato nelle vostre pagine una se-                                                                ti? Possiamo davvero pensare a una sorta di talentscouting?




                                                             raccontare l’innovazione
zione dedicata a giovani menti brillanti. Mi con-                                                              Gli eventi ci sono e Wired può concorrere a farli diventare più impor-
forta pensare che anche da noi ci sia gente che                                                                tanti. Vorremmo contribuire a cambiare l’agenda del paese, far tornare
apre dei trend innovativi. Sarà questa la lingua                                                               l’innovazione di moda.
di Wired Italia? E come pensate di monitorare le
nuove realtà?
Pensiamo di monitorarle aprendo una conversazio-
ne ininterrotta con tutte le nicchie di innovazione che
esistono in Italia. Eventi, convegni, parchi scientifici e
tecnologici, start up e aziende consolidate. Wired girerà
l’Italia. Sempre. Così sarà più facile bussare alla nostra
porta.
Una grande attesa per Wired, un bellissimo pro-
dotto. Ho notato, poi, la straordinaria offerta
dell’abbonamento. Qual è la strategia di mar-
keting che avete scelto?
Il prezzo basso degli abbonamenti punta a creare un
club, un superclub di innovatori, per dare al giornale
una base autorevole di riferimento. Visti i risultati, la
cosa ha avuto successo subito.
Wired potrebbe diventare un hub creativo, o
                                                                                        la copertina del numero zero di Wired italia



nella tua idea lo è già e ne vedremo delle bel-
le?
Deve diventare un hub creativo, ma servono tempo la-
voro e umiltà.
Qualcosa si muove nella dialettica culturale ita-
liana. Penso a Venice Sessions di Telecom. Che
ruolo potrà avere Wired in questa serie di even-
LifeGate nasce nel 2001 come “network di comunicazio-




                                                                   l’imprenditore etico
                                                                                    intervista a Marco Roveda, fondatore di LifeGate
                                                                                                                                       ne” – Radio, Portale e Magazine – proprio per diffondere
                                                                                                                                       consapevolezza e creare un punto di riferimento comune
a cura di Francesca Fornari                                                                                                            per tutte le realtà operanti nel settore dell’alimentazio-
                                                                                                                                       ne biologica, della salute olistica, della salvaguardia am-
                                                                                                                                       bientale, della ricerca interiore: un mezzo per diffondere
                                                                                                                                       il concetto stesso di “qualità della vita” e indurre le per-
                                                                                                                                       sone – e le aziende – a una riflessione e alla scoperta
                                                                                                                                       dei valori della coscienza, già insiti in ognuno, ma spesso
                                                                                                                                       trascurati per distrazione. In pochi anni LifeGate diventa
LifeGate è un vero e proprio modello nel settore della nuova                                                                           punto di riferimento per il “mondo ecosostenibile” e, a
economia sostenibile. Impegnata da tempo nel segmento                                                                                  fianco ai mezzi di comunicazione, nascono nuovi progetti
eco-culturale, diffonde progetti legati all’ambiente e all’uo-                                                                         in cui la teoria si fa pratica. Progetti concreti, a favore
mo, alla cura di se stessi e di ciò che ci circonda. Eppure, che                                                                       dell’ambiente, come Impatto Zero®, che offre la pos-
è la cosa davvero interessante, LifeGate è anche un merca-                                                                             sibilità ad aziende e persone di compensare l’impatto
to. Il profit visto come naturale e spontanea conseguenza                                                                              ambientale attraverso la creazione di nuove foreste e Li-
dell’agire, del lavorare contribuendo al miglioramento del                                                                             feGate® Energia Rinnovabile, ovvero la distribuzione ad
mondo. Da Fattoria Scaldasole al Nuovo Rinascimento di Li-                                                                             aziende e privati di energia ricavata esclusivamente da
feGate tra musica, cultura, benessere...                                                                                               fonti rinnovabili. Gli ultimi progetti LifeGate mirano invece
                                                                                                                                       direttamente al “cuore” delle persone: sono nati così i
Se si dovesse definire il modus imprenditoriale di                                                                                     LifeGate Ecojeans per indossare un messaggio di amore
Marco Roveda, cosa si potrebbe dire?                                                                                                   e di armonia con l’uomo e l’ambiente, e YouImpact®, la
È il modello delle 3p: people, planet, profit. Ovvero uno stile                                                                        nuova piattaforma online per condividere immagini, vi-
di business in cui persone, profitto e pianeta vivono in ar-                                                                           deo e audio di qualità.
monia.
                                                                                                                                       Proprio in quanto manifesto, si parte dal pre-
LifeGate, ancora prima di un progetto, è un manife-                                                                                    supposto di una condivisione di valori e di ideali,
sto. Quali sono gli obiettivi che vuole raggiungere                                                                                    di conoscenze e competenze. Esiste un profilo
e per mezzo di quali attività intende farlo?                                                                                           particolare per lavorare in e con LifeGate?
Il desiderio di una Società più consapevole e sostenibile.            white dunk anni ’60 sono stati gli anni della distribuzione, gli anni ’70 quelli
                                                                               Gli
Oggi lo scenario attorno è cambiato. Le tecnologie stanno rendendo della qualità, gli anni ’80 quelli dell’estetica, gli anni ’90 quelli del pro-
possibile una maggiore partecipazione delle persone. Le informazioni dotto “sano o sicuro”; gli anni 2000 hanno portato l’ultimo elemento
circolano più velocemente. Le persone sono maggiormente in grado di che mancava alla formula del prodotto perfetto, l’etica. L’imprenditore
farsi un’opinione, di scegliere e decidere per sé. Le imprese non posso- di nuova generazione, quindi, è un imprenditore etico. Il nuovo modello
no più guardare solo al profitto, le tematiche attuali le richiamano a una di business sarà, come dicevamo, quello delle 3P, people, planet profit.
maggiore assunzione di responsabilità che vada oltre al profitto.              Un modello sostenibile: una filiera di produzione, distribuzione, consumo
                                                                               che guardi al pianeta nel suo complesso, che assicuri risposte reali alla
Qual è la posizione di LifeGate in proposito?                                  domanda, che faccia girare il denaro perché ci possa essere lavoro, che
LifeGate promuove dal 2000 – quando ancora non si parlava di “pro- generi il legittimo ed equo profitto all’imprenditore, all’impresa e ai suoi
blematiche ambientali” – un nuovo modello di business etico, che non collaboratori.
guarda solo al profitto, ma è in grado di coniugare le esigenze aziendali
a quelle ambientali e delle persone. Da circa dieci anni siamo dunque in Dedichiamo questo numero di EventMag al concetto di “s-
prima fila nella diffusione di una coscienza ecologica e nella promozione low”, nella doppia accezione di ritmo meno frenetico di vita e
di uno stile di vita etico, eco-sostenibile, equo-solidale per ottenere una di economie accessibili. Visto che per noi la vostra è un’azien-
vita migliore e un progresso sano. Il successo dei nostri progetti dimo- da “slow”, quali sono gli scenari di mercato futuri che si van-
stra che le persone e le aziende sono ricettive e disposte a cambiare le no aprendo secondo LifeGate?
loro abitudini. Basti pensare che attraverso Impatto Zero®, dal 2002 a Ci sarà un vero e proprio cambiamento da una società consumista com-
oggi, oltre cinquecento aziende hanno deciso di compensare le proprie pulsiva a una società di consumatori consapevoli. I nostri consumi non
emissioni di CO2, tanto che oggi sono presenti sul mercato oltre duecen- saranno più allineati all’apparire ma finalmente all’essere.
to milioni di prodotti con il marchio Impatto Zero®.

Una radio, un magazine, un portale internet, pubblicazioni,
cd; insomma, attorno a LifeGate prodotti e servizi del mon-
do Eco. Un’organizzazione che produce una sorta di “cultura
altra” che si diffonde anche nei tradizionali valori d’impresa.
Fino al marchio, a questa certificazione di qualità e di appar-
tenenza al mondo eco-culturale. Come deve essere l’impren-
ditore sociale di nuova generazione, l’imprenditore LifeGate?
                                                       Marco Roveda
Un evento per raccontare una storia
                                         la sensazione, denominatore                                                            di Silvia Galli
                                              comune degli eventi
                                                targati DROME




                                      the inspired
                                      «Serendipità è lo scoprire una cosa non cercata e imprevista «Nullus locus sine Genio», ha scritto Servio. Con Norberg Schultz, in una
                                      mentre se ne sta cercando un’altra, è un atto di ricerca pura, dimensione cronologica a noi più vicina, il genius loci diventa una matrice
                                      scevra dal pre-giudizio, in grado di accettare l’errore e di di caratteristiche sociali, culturali, architettoniche, linguistiche che qua-
                                      seguire fino il fondo la sequenza inesorabile del caso fino a...
                                      scoprire di nuovo le Americhe? Un concetto, quello di seren-
                                      dipità, che richiede una forte dose di coraggio perché il risul-
                                      tato non è certo, di autonomia di pensiero e azione perché si
                                      tratta di un tracciato inesplorato». (Anna Barbara)

                                      C’è un denominatore comune negli eventi firmati da DROME:
                                      ogni luogo “colonizzato” dai suoi artisti regala una sensazio-
                                      ne inedita che avvolge il visitatore, come se il Genius loci sve-
                                      lasse una dimensione imprevista, così chiara eppure mai letta
                                      prima, proprio attraverso la performance, il site specific.
lificano un luogo, rappresentandone l’anima e distinguendolo dal puro            come neve al sole non appena la musica e la danza si fermano,
spazio. DROME ha quella straordinaria sensibilità necessaria a entrare in        ma che lascia una sensazione profonda in chi ha assistito, in chi
scena con una maschera, con una performance artistica capace di stra-            ha scoperto questo squarcio.
volgere l’abitudinarietà del luogo e di renderlo qualcosa di improvvisa-                                                immagini da DROMEmagazine
mente effimero e diverso. Un’installazione, la danza, il canto, poco impor-
ta, l’arte diventa il medium per riscoprire spazi privati o spazi dimenticati,
per esplorare dimensioni alternative. ALMA DROMESTICA, realizzato in
occasione del secondo compleanno di DROME, rappresenta proprio que-
sto: l’arte è un filtro che ci permette di rileggere sette abitazioni private
nel quartiere romano del Pigneto, eccezionalmente aperte al pubblico per
un solo giorno, di farle essere non più nidi, bensì esperimenti psicogeo-
grafici, plurimediali, ma sempre fedeli a se stessi. Capita così, nella casa
dedicata al tema della Fede, di trovare dei ceri e un filo di piccole luci a
illuminare un poster sbiadito con l’immagine di Che Guevara, o, nella casa
dedicata alla Follia, di scoprire una donna in bagno davanti allo specchio,
intenta a truccarsi. Peccato soltanto che si tratti di una maschera di cera
bianca con un rossetto ciliegia troppo sbavato, che la fanno somigliare
più a un terribile joker che a una ragazza.
Piccoli gesti, segni di un lato oscuro, irrazionale, viscerale, presente negli
oggetti e nelle persone, si manifestano inaspettati come un corto circuito,
pur risiedendo già nell’essenza di quel luogo.

Diversa cornice, diverso evento, stessa sensazione. The inspired by DRO-
ME night porta questo spirito inquieto all’ex Mattatoio di Testaccio a
Roma, dove, all’interno del Festival Bestiario del settembre 2008, sbarca-
no alcuni tra i più sorprendenti artisti della scena emergente. Uno di que-
sti è il gruppo MK, che mette in scena uno spettacolo di ricerca corporea,
in cui la danza diventa un moto di deriva e di costruzione di un rapporto
spaziale, pura energia che con il suono e il movimento invade il Mattatoio
e lo rapisce in una dimensione selvaggia. Pura ipnosi, che si scioglie
a cura di Stefano Rollo
slow foot
        Esiste una via mediterranea al marketing, un design cre-
        ativo e “industriale” che non tradisca tradizioni e valori?          tradizioni, lifestyle e ricerca in azienda;
        È possibile raggiungere i propri consumatori in modo non             intervista a Silvia Storelli,
        predatorio e aggressivo, ma avvicinarli rimescolandosi               responsabile comunicazione di Camper
        con essi in una corrispondenza di sensibilità e culture dif-
        ferenti? Si può, partendo da questo bagaglio identitario,
        guardare al futuro orientandosi finalmente, verso sud?
        Ironia e creatività, spontaneità e design, imprenditorialità      incontro – possibilmente democratico – tra acquirente e brand.
        e autenticità sono binomi che hanno qualche possibilità di
        successo nella “contemporaneità”? La risposta – almeno            Quello che sappiamo di Camper è che si tratta di un brand che
        secondo alcuni – è “sì”, o, per dirla attraverso un caso di       si ispira a una forte tradizione territoriale. Nasce nel 1975
        marketing internazionale, la risposta è “Camper”.                 nell’isola di Maiorca grazie alla famiglia Fluxà. E, sembra,
        «Camper e la sua fortuna possono essere visti come figli          che lo spunto sia venuto dalla trasformazione dell’economia
        del “Pensiero meridiano”» (Franco Cassano, Laterza, Bari          dell’isola, diventata ben presto meta turistica. È corretto?
        1996), ossia come il prodotto di un’autentica attitudine          Non proprio. Camper è la realizzazione di un sogno che prende il via
        mediterranea al pensiero globale, una forma mentis smus-          dalla tradizione di una famiglia che fa scarpe da oltre 130 anni, ha ori-
        sata e levigata da secoli di storia e di incontri tra popoli e    gini antiche con un prodotto e un’immagine fatti di contenuti reali; con
        culture differenti. Un serbatoio di identità e tradizioni forti   una comunicazione sempre in divenire che non ha come unico obiettivo
        che oggi – paradossalmente – possono costituire un pa-            quello di vendere, bensì quello di trasmettere uno stile di vita, un valo-
        trimonio inestimabile per un mercato post-moderno dove            re. Valore applicabile sia in città che in campagna, sia al passato che al
        non esistono più marchi leader in senso assoluto, ma in           futuro… Un plus creativo per dare densità alla nostra parte emotiva. Sì,
        cui il consumatore ricerca brand autentici con cui condivi-       Camper è un brand “emozionale” che è nato da una pulsione creativa
        dere simboli, valori e stili di vita. Prodotti che custodiscono   con forti radici nel settore, divenuta idea commerciale non strettamen-
        storie, reali o immaginifiche, che possono nascere da un          te legata alla trasformazione economica dell’isola in meta turistica. La
cellula che anima il sistema è davvero notevole. La nostra energia viene
                                                                                  investita per mantenere sempre alto il livello qualitativo dei prodotti, la
                                                                                  produzione; la scelta del canale distributivo (sia per i monomarca che
                                                                                  per i multibrand), cioè il retail, non è solo un punto vendita per Camper,
                                                                                  ma l’universo Camper, dove il consumatore di qualsiasi età e provenien-
                                                                                  za è libero di entrare, fermarsi e nutrirsi dei nostri valori per capire la
                                                                                  nostra storia, le radici, le idee rivoluzionarie. Il punto vendita Camper è
                                                                                  una porta sul Mediterraneo e la sua anima, e arriva a un target preciso
                                                                                  di consumatore, tra l’altro molto trasversale. La dimensione industriale
                                                                                  che è partita dal 1981 a Barcellona con il primo monomarca e nel 1992
                                                                                  con una forte accelerazione in ambito internazionale, non ha per nulla
                                                                                  intaccato la nostra anima localmente radicata nel Mediterraneo, perché
coincidenza può sussistere ma non è la vera spinta di questo grande               è da qui che partono le idee che si concretizzano in prodotto e nei
progetto. Direi che ha potuto solo facilitare e accelerare la fase di start       nostri progetti di diversificazione (come Casa Camper e Dos Palillos a
up, niente di più.                                                                Barcellona); idee che sono frutto del lavoro di team internazionali sele-
                                                                                  zionati, legati alla tradizione e allo stesso tempo con un occhio attento
Il salto del brand verso una dimensione, come dire, indu-                         verso tutto ciò che è modernità su scala industriale: a Inca come a New
striale, non ha fatto allontanare l’azienda da una certa cul-                     York, da Parigi a Tokyo, per poi tornare a Milano.
tura artigiana, da certe radici locali che non sono andate in
conflitto con l’esplosione del brand a livello globale. Come è                    Mi piace molto la definizione di Cultural Brand, ovvero l’at-
stato possibile?                                                                  tenzione ai valori del quality lifestyle. In che modo questa
Camper non è il primo esempio né l’ultimo di realtà industriali partite da        scelta di posizionamento è diventata strategia di managment
una dimensione artigianale con un’evoluzione di respiro fortemente in-            all’interno del gruppo?
ternazionale, ma questo aspetto commerciale non intacca minimamente               Non è stata una scelta fatta a tavolino, una scelta di management fredda
la forza della tradizione artigiana da cui nasce il prodotto; né il suo spirito   e schematica, ma tutto ha seguito una naturale evoluzione; un pas-
creativo e ironico o l’attenzione sempre alta verso il design e il confort,       saggio morbido che non poteva avere altra forma, altrimenti avremmo
caratteristiche imprescindibili per tutti i prodotti Camper, indipendente-        perso la nostra identità e i punti di forza che ci differenziano sostanzial-
mente dalla famiglia e progetto a cui appartengono. Anzi, la sfida è sem-         mente dagli altri marchi presenti sul mercato nazionale e internazionale.
pre più stimolante e lo sforzo di ogni dipartimento dell’azienda, di ogni         Avremmo potuto correre il rischio di confondere e perdere il nostro con-
sumatore finale a cui invece teniamo molto e che non è solo un fruitore
di scarpe da mettersi ai piedi per camminare, ma è un vero appassiona-
to del brand. La strategia ha seguito l’idea, in modo complementare e
senza snaturarla, si sono alimentate a vicenda grazie a un management
internazionale di altissimo livello.

Camper è famosa in tutto il mondo per la sua creatività. Ha
lanciato e spesso propone una serie di “azioni culturali” dav-
vero interessanti. Ce ne fai qualche esempio?
Lo scambio e la contaminazione culturale hanno sempre caratterizzato
l’evoluzione di Camper – fin dal design del primo negozio a progetto
To&ether – che si declina in architettura con concetti di negozi disegnati
da partner creativi diversi o nella collezione di prodotto che è oggi alla
sua seconda stagione. In Italia, abbiamo sostenuto il Festival del Cinema
Spagnolo di Roma e la Mostra Indigena a Milano; in Spagna, abbiamo
collaborato con il Festival Internazionale di fotografia “Photo Espagna”
e a Parigi col Fiac (Foire Internationale d’Art Contemporain). I nostri
prodotti icona sono stati scelti e pubblicati su diverse riviste riguardanti
il design moderno e contemporaneo o in testi universitari specialistici
editi da Electa e Mondadori.

Quali sono i valori dell’azienda e come intende comunicarli
in futuro?
I valori Camper sono la creatività, l’innovazione e la rottura con gli sche-
mi, insieme a un forte attaccamento ai valori della terra: onestà, auten-
ticità, una certa austerità che nasce dal rispetto dell’ambiente culturale
e naturale e la tradizione come chiave di lettura del futuro. Attraverso il
nostro prodotto, la comunicazione e le iniziative di Camper come azien-
da, comunicheremo anche in futuro.
di Francesca Fornari


                    Forse è vero che le nostre decisioni sono, ormai, il frutto
                    di tempi troppo veloci di decisione, tempi che non possono
                    corrispondere a una coscienza di lungo periodo. L’impa-
                    zienza si affronta con il ritrovamento della responsabilità,
il lungo presente



                    con la lungimiranza, con un processo a lungo termine. Ste-
                    wart Brand, inventore, designer, scrittore, anticipatore della
                    critica sociologica sull’informatica dei “personal computer”,
                    con questo saggio non facile, ma affascinante, introduce
                    il lettore nella dimensione de The Long Now Foundation,
                    istituita nel 1996 per la promozione della responsabilità a
                    lungo termine.
                    Insieme ad altri grandi menti, tra cui citiamo – per conven-
                    zienza e sintesi – Danile Hillis di Disney, Kevin Kelly, editore
                    esecutivo di Wired e Brian Eno, grande guru della musica
                    elettronica ambient e artista concettuale visivo, Brand si fa
                    portavoce di una riflessione sull’importanza del tempo, dei
                    ritmi connessi al suo scorrere, tra preveggenza, cutlura e
                    costruzione di un futuro sostenibile.


                            Stewart Brand, Il lungo presente, tempo e responsabilità
                            prefazione di Brian Eno
                            Mattioli editore, 2009
in basso, un’opera di BOL23
Eventmag Aprile 2009

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Eventmag Aprile 2009

  • 1. eventmag - periodico on line, anno 1 - numero 4- Aprile 2009 eventmag (s-low) 4 mestieri Intervista a Marco Roveda, fondatore di Lifegate linguaggi Wired Italia raccontata dal direttore Riccardo Luna management Camper: tradizioni, lifestyle e ricerca in azienda strategie Incontro con Silvio Barbero, segretario nazionale di Slow Food
  • 2. Pag 4 editoriale Pag 6 eye tech eventmag - periodico on line anno 1 - numero 4 - Aprile 2009 Pag 9 profondo web direttore editoriale Pag 13 strategie Davide Pellegrini Pag 17 linguaggi capo redattore Francesca Fornari francescafornari@eventlab.eu Pag 20 mestieri ufficio stampa Pag 22 eventi Silvia Galli Pag 24 serious comics progetto grafico e illustrazioni sommario Alessandro Denci Niccolai Pag 26 management hanno collaborato Davide Bennato, Francesca Fornari, Pag 30 recensioni Arnaldo Funaro, Silvia Galli, Davide Pellegrini, Stefano Rollo, Enrico Tanno, Bol Pag 31 no words
  • 4. una riflessione su tutto ciò che è Slow il tempo ritrovato Mentre l’Europa cerca di rattoppare i dissesti dell’intenso processo di americanizzazione del proprio sistema economico e culturale, negli di Davide Pellegrini USA si assiste al fenomeno inverso: con una progressiva affermazio- ne di uno stato centrale che amministra e controlla, Obama ripropone l’idea di uno Stato centrale forte, che nell’assumersi direttamente le re- sponsabilità della ripresa, cerca di ripristinare un ordine civile di rego- le e buon senso. Senza alcuna forzata glorificazione del personaggio, quello che ne viene fuori è il fallimento dell’uomo in quanto individuo auto-organizzato, l’idea che la natura umana – in fondo – non possa che produrre altro che lo spettacolo a cui stiamo assistendo: specula- zione, sperequazione, individualismo. In realtà, e forse i nuovi ecosiste- mi del 2.0 lo dimostrano, c’e’ un mondo di persone che vorrebbe fare, partecipare, contribuire al miglioramento, ma che semplicemente non può. Perchè, qual è la causa? È chiaro, verrebbe da dire, l’accessibilità, ma in realtà tutto ciò dipende dalla gestione del tempo, dal ritmo ec- cessivamente accelerato non solo delle risposte alle nostre necessità, ma dei modelli che vi ruotano attorno. Da un lato, l’idea di un orizzonte più ampio di possibilità e di opportunità ha vanificato la tollerabilità di ogni rinuncia, tutto è diventato rincorsa, compulsivo e nevrotico rag- giungimento di obiettivi incalzanti. Dall’altro, la preoccupazione di non avere tempo a sufficienza, di non voler invecchiare, non consente di accettare serenamente il proprio destino che, per molti di noi, sarà quello di testimoni di una lunga, continua, immutata (se mi consentite il gioco di parole) trasformazione. Il nuovo che avanza e che deve essere consumato il più in fretta possibile è solo un’utopia; il nuovo avanzerà
  • 5. comunque, lasciando molte persone a godersi il proprio piccolo mondo re il ritmo delle cose è potersi fermare un momento, riflettere sul senso antico. E non c’è nulla di male né di sbagliato, se non che l’angosciata e la qualità della nostra vita, magari consapevoli del fatto che c’è una corsa al benessere ci costringe a trattare il futuro come una discarica naturale staffetta, con il tempo che passa, dal meno giovane al giovane, – come ha detto benissimo Alessandro Baricco in un intervento di Ve- fatta di un moderno trasferimento di possibilità. nice Sessions, progetto Telecom. Tutti i problemi che richiederebbero di In questo numero di Eventmag vi proponiamo, perciò, una riflessione su essere analizzati, studiati, affrontati ora affinché possano essere risolti tutto ciò che è Slow, nel senso di lento, economico, leggero. Una rifles- dalle prossime generazioni, vengono solo posticipati, buttati in un futuro sione che coinvolge i linguaggi, il web, gli stili di vita e che passa da Wi- che proprio perché a venire non dà preoccupazioni. Ecco allora, ritrova- red italia a Slow Food, da Camper a Lifegate. Diteci cosa ne pensate... illustrazione di Enrico Tanno
  • 6. di Davide Bennato “come rendere una tecnologia umana, sostenibile, etica” una questione di Una vulgata piuttosto diffusa sulla tecnologia – considerata rispetto alla società – la vuole come un elemento “disumanizzante”: la tecnolo- gia è qualcosa di artificiale, di estraneo all’uomo e, in quanto tale, po- design tenzialmente pericolosa. Questo atteggiamento poteva essere – solo in parte – giustificato da una società che aveva subito l’invasione della tecnologia, come il mondo industriale del XVIII secolo, che aveva visto avanzare i mostri di metallo, fumo e rumore. Oggi le cose sono piuttosto cambiate e l’equazione tecnologia come disumanizzazione è difficile da sostenere. Si può avere una tecnologia frutto di una cattiva progettazione, ma la tecnologia non è disumaniz- zante in sé, semplicemente perché è frutto dell’uomo. A questo punto il paradosso: è possibile una tecnologia che sia in sintonia con i ritmi umani? La risposta a questa domanda spesso è tecnologicamente so- fisticata. Si prenda il caso di Segway. Questo interessante sistema di locomozione a due ruote sfrutta un originale apparato di giroscopi particolarmente innovativi per dar vita a un mezzo di trasporto elettri- co che non inquina e dà un’accezione completamente nuova al concet- to di movimento. Infatti usa lo spostamento del corpo per trasportare il passeggero in modo morbido e compatibile con l’ambiente: nessun rumore, nessun gas di scarico. Oppure la plastica intelligente Power Plastic sviluppata dalla Konarka: è un materiale formato da composti organici fotovoltaici in grado di convertire la luce del sole in energia elettrica e di ricaricare piccoli
  • 7. dispositivi elettronici (iPod, palmari, cellulari). Se la cosa suonasse poco McLuhan, «L’artista è sempre impegnato a scrivere una mi- interessante, si rifletta sul fatto che il fotovoltaico organico viene prodotto nuziosa storia del futuro perché è la sola persona consape- in sintonia con i ritmi umani?” usando procedure tipiche delle nanotecnologie più avanzate. Un modo ad vole della natura del presente». altissimo contenuto di conoscenza per ottenere e consumare energia. Ma “è possibile una tecnologia la conoscenza dentro una tecnologia non prende forma solo dalla ricerca, bensì anche dall’osservazione creativa. È il caso di Soil Lamp di Marieke Staps, una lampada formata da un led che illumina grazie all’energia pro- dotta da una particolare batteria fatta di fango, in cui i microrganismi che la compongono sviluppano l’elettricità usata per alimentare il led. Alcune volte la tecnologia diventa semplicemente materia prima in grado di dare vita ad altri artefatti: lo chiamano “riciclaggio”, ma molto spesso è progettazione creativa per usi alternativi. Gli esempi possono essere tanti, ma uno particolarmente curioso è Bob Hanger di Joan Nadal. Die- tro questo nome c’è una curiosissima gruccia fatta di cartone ondulato pre-stampato e bottiglie di plastica riciclate. Il cartone opportunamente piegato diventa una base all’interno della quale inserire le classiche bot- tiglie di PET che diventano i bracci della nostra gruccia, così da poter appendere qualsiasi tipo di abito. La conoscenza in questo caso diventa l’idea progettuale che vede usi innovativi di materiali che potrebbero es- sere considerati poveri o di scarto. Un mezzo di trasporto avveniristico, materiali fotovoltaici del futuro, lam- pade a fango e appendiabiti in cartone e bottiglie di plastica. Cos’hanno in comune tutti questi artefatti? Sono conoscenza incarnata dentro oggetti, sono idee che diventano sapere grazie al contributo del design. Perché Soil Lamp di Marieke Staps è il design a rendere una tecnologia umana, sostenibile, leggera, compa- tibile o come la si vuole chiamare. Il futuro necessita di un modo diverso di concepire la tecnologia, non solo per motivi ecologici – salvaguardia dell’ambiente – ma per motivi etici. Finora il futuro è stato appannag- gio degli ingegneri – i produttori di tecnologia – adesso è appannaggio degli artisti – i produttori di bellezza, dal momento che, come ricordava
  • 8.
  • 9. di Arnald Tra attitudine mediattivista e critica video ludica, La Molleindustria si racconta pensare che certe idee debbano travalicare i limiti del discorso politico e infiltrarsi nella pop culture dominata dal monologo capitalista. In fondo è attraverso la cultura popolare, non con idee brillanti, che Berlusconi Cari Navigatori, ha conquistato e continua a ipnotizzare gli italiani. È stato un lungo processo di ottundimento che non ha coinvolto solo il controllo dell’in- per la prima volta la rubrica Profondo web ospita un’in- formazione. Il fascino dei petrolieri di Dallas, la pseudo-satira di Striscia tervista. Non a una persona qualsiasi, badate bene, la notizia, la risata pavloviana di Paperissima, le perverse meccaniche ma a qualcuno che ha fatto della rete qualcosa in cui dei reality show hanno promosso attivamente quel cinismo, individuali- non rimanere intrappolato, bensì uno strumento per smo e sfiducia nella sfera pubblica funzionali al conglomerato mafioso- catturare e liberare cervelli. Sto parlando di Paolo, rap- imprenditoriale tuttora al potere. presentante della ormai famosissima Molleindustria, progetto che ha l’obiettivo di esplorare le potenzialità Ascolta, tu sai che il Pentagono – attraverso un progetto che persuasive del mezzo e decostruire la retorica dei vi- si chiama Army Experience Center – ha trovato un sistema di deogames mainstream. reclutamento eccezionale, facendo giocare i giovani americani alla guerra. Tu cosa ne pensi? Quali sono i risvolti di un’ope- Iniziamo con le domande di rito: come, dove, razione come questa? quando, perché e con chi. È l’ennesimo passo di una campagna di re-branding iniziata con il vide- È l’anno 2003, il cosiddetto movimento no-global rag- ogioco America’s Army. L’idea è quella di promuovere la guerra sfrut- giunge il suo picco e mi trovo sempre più spesso a tando il diffuso feticismo tecnologico. Il soldato di oggi non è un eroe radical games
  • 10. pronto a soffrire e rischiare la vita per un ideale superiore, ma piuttosto Chi vi segue di più, sia dal punto di vista dell’età, che per quan- un cyborg potenziato dai più avanzati ritrovati tecnologici. Si tratta di so- to riguarda lo status sociale? Vi rivolgete a un target preciso o vrapporre un’interfaccia gelida e pulita alla sporca e ingiustificabile realtà cercate di allargare la platea di seguaci? del conflitto asimmetrico. Non c’è da stupirsi che un veterano su cinque Il target è fondamentalmente quello dei “casual gamer”. Sono giocatori soffra di post-traumatic stress disorder. Parliamo di ventenni reclutati e non necessariamente fissati coi videogiochi, senza troppo tempo o denaro addestrati con questi giocattoli hi-tech che si ritrovano improvvisamente da investire nell’intrattenimento. È un segmento di popolazione partico- catapultati nel deserto in mezzo a una guerra civile. larmente vario in termini di sesso ed età, difficile fare una classificazione Le operazioni del Pentagono possono sembrare perversamente intelli- precisa. genti, ma il fallimento delle avventure in Iraq e Afghanistan e la generale perdita di potere internazionale degli USA corrisponde al fallimento di l tuo gioco preferito, tra quelli da voi realizzati ovviamente. questa scienza militare. Non saprei, però sono abbastanza fiero del Papa Parolibero. Sul tuo sito affermi: «Molleindustria non ama i videogiochi, per On-line o download? Pregi e limiti di due modi di giocare. questo motivo li crea». Puoi spiegarci meglio? Online è cross-platform, download puoi metterci dentro più roba. Quello dei videogame è un settore in forte crescita. Ma fino a pochi anni fa praticamente privo di narrazioni alternative. Ci si può lamentare, si Il tema di questo numero di EventMag è “S-low”: il ritmo lento possono scrivere elaborate analisi sul sessismo e il militarismo che per- - slow, appunto - è anche il ritmo di chi abbraccia una filosofia vadono la maggior parte dei giochi come se fossero caratteristiche in- di vita più sana e a misura d’uomo, consumando meno e, quin- trinseche del medium. Oppure ci si può mettere al lavoro e provare a di, privilegiando le economie low cost. Avete mai pensato di cambiare le cose. realizzare giochi educativi in questo senso? screenshots dal sito www.molleindustria.it
  • 11. screenshots dal sito www.molleindustria.it Sto pensando a un paio di giochi che potrebbero essere col- scambio economico, dovremo riscoprire la gioia del mettere in comune legati, ma non posso anticipare niente. Che ci piaccia o no, cose, spazi e conoscenze. la questione della decrescita, intesa come abbandono de- gli attuali parametri di crescita economica, dominerà il resto Bene. Ora una tua previsione sul futuro del web. E una sul fu- delle nostre vite. La crisi appena iniziata è strutturale, non turo della Molleindustria. si tratterà di abbracciare spontaneamente una filosofia, ma Quando hanno lanciato Wikipedia ho dichiarato: «questa roba non funzio- di adeguarsi alla devastazione sociale e ambientale che le nerà mai». Quando hanno lanciato Twitter ho pensato: «Nessuno userà passate generazioni ci hanno lasciato in eredità. Il ruolo di questo sistema demenziale». Qualche anno fa avrei scommesso che entro noi produttori culturali dovrebbe essere quello di mettere in il 2009 un buon sistema di carpooling si sarebbe imposto e siamo ancora evidenza le inedite possibilità che questa crisi ci offre. Avre- in alto mare. Diciamo che ho smesso di fare previsioni sul web. Per quanto mo più tempo da dedicare ad affetti e attività al di fuori dello riguarda Molleindustria, sono sincero, non ne ho la più pallida idea…! “Diciamo che ho smesso di fare previsioni sul web”
  • 13. la strategia della lumaca a cura di Davide Pellegrini C’è chi non ci pensa più ma, parlando dei temi della qualità della vita, della cultura alimentare e della soste- nibilità ambientale, bisogna ammettere che Slow Food è Incontro con Silvio Barbero, stato uno dei più ammirevoli precursori dell’eco-cultura. fondatore dell’associazione e Nato in Piemonte nel 1989, con un manifesto ben presto segretario nazionale di Slow Food diventato la base filosofica dell’associazione, Slow Food parte dall’idea che la consapevolezza sui temi del cibo (e di tutto ciò che ruota attorno ad esso) sia la grande rivoluzione degli ultimi 50 anni e che la globalizzazione, nei suoi ritmi di modernizzazione selvaggia, abbia cau- sato notevoli danni da recuperare. Dottor Barbero, ci può descrivere il movimen- to? Beh, cominciamo col dire che mentre la cultura del fast food è quella dell’uguale dappertutto, dei prodotti artifi- ciali fatti in serie, la cultura dello slow food riconsidera il cibo come forte elemento culturale e territoriale, in cui la diversità si lega all’identità più intima del prodotto natu- rale. Con questo voglio dire che SF riconosce la sovrani- tà dell’identità locale, sottolineando come la biodiversità rappresenti la vera ricchezza del nostro (e non solo) paese. Per noi il cibo è da riconnettere all’idea di piace- re gastronomico, un comportamento, un’attitudine che non si riconosce in un modello efficientista, quanto nella lentezza dell’assaporare e di gustare i diversi sapori.
  • 14. Quali sono gli obiettivi di Slow Food? Questo elemento, in particolare, è di fondamentale importanza: non ci Sono obiettivi di tutela e difesa della cultura gastronomica e della va- sono solo le certificazioni di qualità IGP, IGT, ecc, ma anche produzioni lorizzazione del prodotto di “classe A” come elemento identitario. È minori, spesso poco visibili. Un altro livello di attività dell’Associazio- chiaro che la cultura del cibo è stata ne riguarda la comunicazione. Noi la da sempre l’elemento unificante: all’ini- dividiamo in un’attività di sensibiliz- zio, infatti, si trattava di Arcigola – nata zazione al gusto, una di informazione come Associazione Gastronomica, pri- dei consumatori sull’esistenza della ma italiana, poi internazionale – in cui qualità, un’altra relativa al processo la passione per la gastronomia era la culturale sui temi della gastronomia. cifra stilistica prioritaria… da tutto ciò è nato Slow Food. Ci fa degli esempi? Abbiamo portato nelle scuole elemen- tari un progetto, l’Orto in Condotta, E dal punto di vista organizzati- che ha come obiettivo quello di ripar- vo? tire dalla coltivazione. Prima vengono formati gli insegnanti rispetto a Slow Food ha una struttura a rete che favorisce l’approccio di soluzione quella che noi definiamo la cultura alimentare e sensoriale. In questo per problemi di piccola scala, una rete costituita da gruppi locali – Con- senso, il rapporto con il prodotto è diretto; non c’è tecnicalità o teoria, vivia o Condotte Gastronomiche –, realtà di aggregazione a dimensione ma un rapporto di conoscenza diretta dei processi produttivi. Per noi locale che portano avanti le idee e le attività dell’Associazione con una l’assunto «se non sai come si fa, non puoi sapere cosa è» è sacro. Il coerenza rispetto alle varie identità di territorio. I Convivia sono circa recupero del comportamento sensoriale permette di decidere se un quattrocento in Italia e milleduecento nel mondo. prodotto è buono e se dà piacere. Di cosa si occupano i Convivia? Organizzate anche dei corsi? Principalmente di ricerca e tutela della qualità. Se consideriamo che il Certo, come dicevo, la consapevolezza alimentare è tutto: proponia- mondo “veloce” ha portato al peggioramento della nostra alimenta- mo degustazioni sui vini, sui formaggi sui salumi… un altro dei nostri zione, appare chiara l’importanza di avere una serie di segnalatori per obiettivi è, del resto, la formazione di veri e propri Master of Food. Lo l’individuazione di prodotti di qualità. Ovviamente non si tratta di certi- dimostrano l’Università di Scienze Gastronomiche a Pollenzo, la vecchia ficazioni, perché Slow Food non vuole essere un ente di certificazione, struttura dei Savoia a Parma, la Reggia di Maria Luigia, in cui giovani ma un soggetto culturale con una sua propria capacità di monitoraggio laureati in materie gastronomiche escono pronti a contribuire alla pro- rispetto a prodotti e produttori artigianali che vale la pena valorizzare. mozione e diffusione della cultura della corretta alimentazione.
  • 15. La gastronomia rappresenta anche un possibile valore spen- Che prospettive hanno i giovani nel mondo di Slow Food? dibile nel turismo? Consideriamo che c’è una forte necessità di educare e culturalizzare Certamente, più riusciamo a valorizzare la qualità delle produzioni lo- all’uso del cibo. La formazione può trasmettere questi valori agli altri. I cali, più siamo in grado di formare attitudine al turismo scelto. Inol- Convivia ammettono partnership con altri enti, università, agenzie, per- tre, sono tanti gli eventi territoriali promossi da Slow Food: abbiamo ché l’obiettivo è promuovere la cultura dell’alimentazione e per questo contatti con Regioni, Comuni, Pro-loco, per organizzare manifestazioni obiettivo ci si organizza anche in reti aperte, che rappresentano il dedicate a momenti di distribuzione di prodotti eno-gastronomici. Tra i futuro. nostri eventi, ad esempio, contiamo il Salone del Gusto a Torino, la ma- nifestazione Cheese a Bra, Slow Fish a Genova (in cui si trattano i temi della pesca irresponsabile e dell’ambiente sostenibile), Distinti Salumi, che facciamo nelle Marche. Poi, ci sono i progetti… Appunto. Il Progetto dei Presidi nasce nel 2000, con l’idea che non ci può essere cultura alimentare senza la difesa della biodiversità in cam- po alimentare. I Presidi individuano i prodotti e le tecniche produttive a rischio di estinzione, le recuperano e le inseriscono in progetti di rilan- cio, in cui diventa centrale l’obiettivo di salvare i sapori più tradizionali. Con intense attività agronomiche e pubblicitarie, con circa duecento prodotti e duemila produttori, i Presidi si occupano di alimenti come il Salame di Suino Nero dei Nebrodi, il Bitto della Valtellina, il Cardo Gobbo di Nizza. E le città Slow? Le Città Slow è un progetto nato nel 1995 che riunisce alcuni sindaci convinti che la filosofia slow possa diventare un modello di vita. Potrem- mo vederla così: se il rumore è fast, il silenzio è slow, se il cemento è fast, il verde è slow, se l’omologazione è fast, la bio-diversità è slow...
  • 16.
  • 17. a cura di Davide Pellegrini Intervista a Riccardo Luna, direttore del mensile Wired italia Qual è stato il linguaggio scelto? Direi lo stesso linguaggio che Wired ha oggi: autorevole ma scanzonato, narrativo ma tecnicamente competente. Wired ha riunito sotto la sua ala una serie di giornalisti, opi- nionisti, tecnologi, futurologi, fornendo una visione a tut- to campo. Questo think tank era già all’epoca un precursore dell’era 2.0? Sì, se per 2.0 si intende una partecipazione collettiva e una comun- Riccardo Luna cazione crossmediale. No, se si ragiona in termini di feedback e con- versazione. Wired parlava e la sua voce era il verbo, «the first word on technology». Dedichiamo questo numero al concetto di S-low, contrapposto alla velocità e all’iperconsumo. S-low Qui da noi è tutto un po’ più lento e c’è chi dice “vecchio”. è anche un riferimento al low cost, al fatto che or- Quali sono stati i problemi di ri-collocazione di questa idea in mai l’economia della conoscenza si basa su micro- territorio nostrano? economie, su relazioni e interazioni. Vorrei iniziare Sarebbe forse sbagliato fare paragoni tra Wired Usa e Wired Italia. E’ con una domanda al direttore della rivista Riccardo vero che noi siamo da sempre abituati a leggere di case histories af- Luna su Wired come concetto. Nel 1993, quando è fascinanti, di giovani menti che propongono un’innovazione o un’idea, uscito il primo numero, nasceva un giornale rivolto a ma la vera difficoltà non è trovare grandi storie (che ci sono seppure quanti guardavano all’innovazione. Da subito Wired in numero minore rispetto agli usa), ma saperle raccontare. Quasi tutti si è posto all’attenzione come prodotto di nicchia, quelli che vogliono collaborare mi propongono storie Usa, pochi sanno prodotto particolare. vedere l’innovazione dentro casa.
  • 18. Ho da subito notato nelle vostre pagine una se- ti? Possiamo davvero pensare a una sorta di talentscouting? raccontare l’innovazione zione dedicata a giovani menti brillanti. Mi con- Gli eventi ci sono e Wired può concorrere a farli diventare più impor- forta pensare che anche da noi ci sia gente che tanti. Vorremmo contribuire a cambiare l’agenda del paese, far tornare apre dei trend innovativi. Sarà questa la lingua l’innovazione di moda. di Wired Italia? E come pensate di monitorare le nuove realtà? Pensiamo di monitorarle aprendo una conversazio- ne ininterrotta con tutte le nicchie di innovazione che esistono in Italia. Eventi, convegni, parchi scientifici e tecnologici, start up e aziende consolidate. Wired girerà l’Italia. Sempre. Così sarà più facile bussare alla nostra porta. Una grande attesa per Wired, un bellissimo pro- dotto. Ho notato, poi, la straordinaria offerta dell’abbonamento. Qual è la strategia di mar- keting che avete scelto? Il prezzo basso degli abbonamenti punta a creare un club, un superclub di innovatori, per dare al giornale una base autorevole di riferimento. Visti i risultati, la cosa ha avuto successo subito. Wired potrebbe diventare un hub creativo, o la copertina del numero zero di Wired italia nella tua idea lo è già e ne vedremo delle bel- le? Deve diventare un hub creativo, ma servono tempo la- voro e umiltà. Qualcosa si muove nella dialettica culturale ita- liana. Penso a Venice Sessions di Telecom. Che ruolo potrà avere Wired in questa serie di even-
  • 19.
  • 20. LifeGate nasce nel 2001 come “network di comunicazio- l’imprenditore etico intervista a Marco Roveda, fondatore di LifeGate ne” – Radio, Portale e Magazine – proprio per diffondere consapevolezza e creare un punto di riferimento comune a cura di Francesca Fornari per tutte le realtà operanti nel settore dell’alimentazio- ne biologica, della salute olistica, della salvaguardia am- bientale, della ricerca interiore: un mezzo per diffondere il concetto stesso di “qualità della vita” e indurre le per- sone – e le aziende – a una riflessione e alla scoperta dei valori della coscienza, già insiti in ognuno, ma spesso trascurati per distrazione. In pochi anni LifeGate diventa LifeGate è un vero e proprio modello nel settore della nuova punto di riferimento per il “mondo ecosostenibile” e, a economia sostenibile. Impegnata da tempo nel segmento fianco ai mezzi di comunicazione, nascono nuovi progetti eco-culturale, diffonde progetti legati all’ambiente e all’uo- in cui la teoria si fa pratica. Progetti concreti, a favore mo, alla cura di se stessi e di ciò che ci circonda. Eppure, che dell’ambiente, come Impatto Zero®, che offre la pos- è la cosa davvero interessante, LifeGate è anche un merca- sibilità ad aziende e persone di compensare l’impatto to. Il profit visto come naturale e spontanea conseguenza ambientale attraverso la creazione di nuove foreste e Li- dell’agire, del lavorare contribuendo al miglioramento del feGate® Energia Rinnovabile, ovvero la distribuzione ad mondo. Da Fattoria Scaldasole al Nuovo Rinascimento di Li- aziende e privati di energia ricavata esclusivamente da feGate tra musica, cultura, benessere... fonti rinnovabili. Gli ultimi progetti LifeGate mirano invece direttamente al “cuore” delle persone: sono nati così i Se si dovesse definire il modus imprenditoriale di LifeGate Ecojeans per indossare un messaggio di amore Marco Roveda, cosa si potrebbe dire? e di armonia con l’uomo e l’ambiente, e YouImpact®, la È il modello delle 3p: people, planet, profit. Ovvero uno stile nuova piattaforma online per condividere immagini, vi- di business in cui persone, profitto e pianeta vivono in ar- deo e audio di qualità. monia. Proprio in quanto manifesto, si parte dal pre- LifeGate, ancora prima di un progetto, è un manife- supposto di una condivisione di valori e di ideali, sto. Quali sono gli obiettivi che vuole raggiungere di conoscenze e competenze. Esiste un profilo e per mezzo di quali attività intende farlo? particolare per lavorare in e con LifeGate?
  • 21. Il desiderio di una Società più consapevole e sostenibile. white dunk anni ’60 sono stati gli anni della distribuzione, gli anni ’70 quelli Gli Oggi lo scenario attorno è cambiato. Le tecnologie stanno rendendo della qualità, gli anni ’80 quelli dell’estetica, gli anni ’90 quelli del pro- possibile una maggiore partecipazione delle persone. Le informazioni dotto “sano o sicuro”; gli anni 2000 hanno portato l’ultimo elemento circolano più velocemente. Le persone sono maggiormente in grado di che mancava alla formula del prodotto perfetto, l’etica. L’imprenditore farsi un’opinione, di scegliere e decidere per sé. Le imprese non posso- di nuova generazione, quindi, è un imprenditore etico. Il nuovo modello no più guardare solo al profitto, le tematiche attuali le richiamano a una di business sarà, come dicevamo, quello delle 3P, people, planet profit. maggiore assunzione di responsabilità che vada oltre al profitto. Un modello sostenibile: una filiera di produzione, distribuzione, consumo che guardi al pianeta nel suo complesso, che assicuri risposte reali alla Qual è la posizione di LifeGate in proposito? domanda, che faccia girare il denaro perché ci possa essere lavoro, che LifeGate promuove dal 2000 – quando ancora non si parlava di “pro- generi il legittimo ed equo profitto all’imprenditore, all’impresa e ai suoi blematiche ambientali” – un nuovo modello di business etico, che non collaboratori. guarda solo al profitto, ma è in grado di coniugare le esigenze aziendali a quelle ambientali e delle persone. Da circa dieci anni siamo dunque in Dedichiamo questo numero di EventMag al concetto di “s- prima fila nella diffusione di una coscienza ecologica e nella promozione low”, nella doppia accezione di ritmo meno frenetico di vita e di uno stile di vita etico, eco-sostenibile, equo-solidale per ottenere una di economie accessibili. Visto che per noi la vostra è un’azien- vita migliore e un progresso sano. Il successo dei nostri progetti dimo- da “slow”, quali sono gli scenari di mercato futuri che si van- stra che le persone e le aziende sono ricettive e disposte a cambiare le no aprendo secondo LifeGate? loro abitudini. Basti pensare che attraverso Impatto Zero®, dal 2002 a Ci sarà un vero e proprio cambiamento da una società consumista com- oggi, oltre cinquecento aziende hanno deciso di compensare le proprie pulsiva a una società di consumatori consapevoli. I nostri consumi non emissioni di CO2, tanto che oggi sono presenti sul mercato oltre duecen- saranno più allineati all’apparire ma finalmente all’essere. to milioni di prodotti con il marchio Impatto Zero®. Una radio, un magazine, un portale internet, pubblicazioni, cd; insomma, attorno a LifeGate prodotti e servizi del mon- do Eco. Un’organizzazione che produce una sorta di “cultura altra” che si diffonde anche nei tradizionali valori d’impresa. Fino al marchio, a questa certificazione di qualità e di appar- tenenza al mondo eco-culturale. Come deve essere l’impren- ditore sociale di nuova generazione, l’imprenditore LifeGate? Marco Roveda
  • 22. Un evento per raccontare una storia la sensazione, denominatore di Silvia Galli comune degli eventi targati DROME the inspired «Serendipità è lo scoprire una cosa non cercata e imprevista «Nullus locus sine Genio», ha scritto Servio. Con Norberg Schultz, in una mentre se ne sta cercando un’altra, è un atto di ricerca pura, dimensione cronologica a noi più vicina, il genius loci diventa una matrice scevra dal pre-giudizio, in grado di accettare l’errore e di di caratteristiche sociali, culturali, architettoniche, linguistiche che qua- seguire fino il fondo la sequenza inesorabile del caso fino a... scoprire di nuovo le Americhe? Un concetto, quello di seren- dipità, che richiede una forte dose di coraggio perché il risul- tato non è certo, di autonomia di pensiero e azione perché si tratta di un tracciato inesplorato». (Anna Barbara) C’è un denominatore comune negli eventi firmati da DROME: ogni luogo “colonizzato” dai suoi artisti regala una sensazio- ne inedita che avvolge il visitatore, come se il Genius loci sve- lasse una dimensione imprevista, così chiara eppure mai letta prima, proprio attraverso la performance, il site specific.
  • 23. lificano un luogo, rappresentandone l’anima e distinguendolo dal puro come neve al sole non appena la musica e la danza si fermano, spazio. DROME ha quella straordinaria sensibilità necessaria a entrare in ma che lascia una sensazione profonda in chi ha assistito, in chi scena con una maschera, con una performance artistica capace di stra- ha scoperto questo squarcio. volgere l’abitudinarietà del luogo e di renderlo qualcosa di improvvisa- immagini da DROMEmagazine mente effimero e diverso. Un’installazione, la danza, il canto, poco impor- ta, l’arte diventa il medium per riscoprire spazi privati o spazi dimenticati, per esplorare dimensioni alternative. ALMA DROMESTICA, realizzato in occasione del secondo compleanno di DROME, rappresenta proprio que- sto: l’arte è un filtro che ci permette di rileggere sette abitazioni private nel quartiere romano del Pigneto, eccezionalmente aperte al pubblico per un solo giorno, di farle essere non più nidi, bensì esperimenti psicogeo- grafici, plurimediali, ma sempre fedeli a se stessi. Capita così, nella casa dedicata al tema della Fede, di trovare dei ceri e un filo di piccole luci a illuminare un poster sbiadito con l’immagine di Che Guevara, o, nella casa dedicata alla Follia, di scoprire una donna in bagno davanti allo specchio, intenta a truccarsi. Peccato soltanto che si tratti di una maschera di cera bianca con un rossetto ciliegia troppo sbavato, che la fanno somigliare più a un terribile joker che a una ragazza. Piccoli gesti, segni di un lato oscuro, irrazionale, viscerale, presente negli oggetti e nelle persone, si manifestano inaspettati come un corto circuito, pur risiedendo già nell’essenza di quel luogo. Diversa cornice, diverso evento, stessa sensazione. The inspired by DRO- ME night porta questo spirito inquieto all’ex Mattatoio di Testaccio a Roma, dove, all’interno del Festival Bestiario del settembre 2008, sbarca- no alcuni tra i più sorprendenti artisti della scena emergente. Uno di que- sti è il gruppo MK, che mette in scena uno spettacolo di ricerca corporea, in cui la danza diventa un moto di deriva e di costruzione di un rapporto spaziale, pura energia che con il suono e il movimento invade il Mattatoio e lo rapisce in una dimensione selvaggia. Pura ipnosi, che si scioglie
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  • 26. a cura di Stefano Rollo slow foot Esiste una via mediterranea al marketing, un design cre- ativo e “industriale” che non tradisca tradizioni e valori? tradizioni, lifestyle e ricerca in azienda; È possibile raggiungere i propri consumatori in modo non intervista a Silvia Storelli, predatorio e aggressivo, ma avvicinarli rimescolandosi responsabile comunicazione di Camper con essi in una corrispondenza di sensibilità e culture dif- ferenti? Si può, partendo da questo bagaglio identitario, guardare al futuro orientandosi finalmente, verso sud? Ironia e creatività, spontaneità e design, imprenditorialità incontro – possibilmente democratico – tra acquirente e brand. e autenticità sono binomi che hanno qualche possibilità di successo nella “contemporaneità”? La risposta – almeno Quello che sappiamo di Camper è che si tratta di un brand che secondo alcuni – è “sì”, o, per dirla attraverso un caso di si ispira a una forte tradizione territoriale. Nasce nel 1975 marketing internazionale, la risposta è “Camper”. nell’isola di Maiorca grazie alla famiglia Fluxà. E, sembra, «Camper e la sua fortuna possono essere visti come figli che lo spunto sia venuto dalla trasformazione dell’economia del “Pensiero meridiano”» (Franco Cassano, Laterza, Bari dell’isola, diventata ben presto meta turistica. È corretto? 1996), ossia come il prodotto di un’autentica attitudine Non proprio. Camper è la realizzazione di un sogno che prende il via mediterranea al pensiero globale, una forma mentis smus- dalla tradizione di una famiglia che fa scarpe da oltre 130 anni, ha ori- sata e levigata da secoli di storia e di incontri tra popoli e gini antiche con un prodotto e un’immagine fatti di contenuti reali; con culture differenti. Un serbatoio di identità e tradizioni forti una comunicazione sempre in divenire che non ha come unico obiettivo che oggi – paradossalmente – possono costituire un pa- quello di vendere, bensì quello di trasmettere uno stile di vita, un valo- trimonio inestimabile per un mercato post-moderno dove re. Valore applicabile sia in città che in campagna, sia al passato che al non esistono più marchi leader in senso assoluto, ma in futuro… Un plus creativo per dare densità alla nostra parte emotiva. Sì, cui il consumatore ricerca brand autentici con cui condivi- Camper è un brand “emozionale” che è nato da una pulsione creativa dere simboli, valori e stili di vita. Prodotti che custodiscono con forti radici nel settore, divenuta idea commerciale non strettamen- storie, reali o immaginifiche, che possono nascere da un te legata alla trasformazione economica dell’isola in meta turistica. La
  • 27. cellula che anima il sistema è davvero notevole. La nostra energia viene investita per mantenere sempre alto il livello qualitativo dei prodotti, la produzione; la scelta del canale distributivo (sia per i monomarca che per i multibrand), cioè il retail, non è solo un punto vendita per Camper, ma l’universo Camper, dove il consumatore di qualsiasi età e provenien- za è libero di entrare, fermarsi e nutrirsi dei nostri valori per capire la nostra storia, le radici, le idee rivoluzionarie. Il punto vendita Camper è una porta sul Mediterraneo e la sua anima, e arriva a un target preciso di consumatore, tra l’altro molto trasversale. La dimensione industriale che è partita dal 1981 a Barcellona con il primo monomarca e nel 1992 con una forte accelerazione in ambito internazionale, non ha per nulla intaccato la nostra anima localmente radicata nel Mediterraneo, perché coincidenza può sussistere ma non è la vera spinta di questo grande è da qui che partono le idee che si concretizzano in prodotto e nei progetto. Direi che ha potuto solo facilitare e accelerare la fase di start nostri progetti di diversificazione (come Casa Camper e Dos Palillos a up, niente di più. Barcellona); idee che sono frutto del lavoro di team internazionali sele- zionati, legati alla tradizione e allo stesso tempo con un occhio attento Il salto del brand verso una dimensione, come dire, indu- verso tutto ciò che è modernità su scala industriale: a Inca come a New striale, non ha fatto allontanare l’azienda da una certa cul- York, da Parigi a Tokyo, per poi tornare a Milano. tura artigiana, da certe radici locali che non sono andate in conflitto con l’esplosione del brand a livello globale. Come è Mi piace molto la definizione di Cultural Brand, ovvero l’at- stato possibile? tenzione ai valori del quality lifestyle. In che modo questa Camper non è il primo esempio né l’ultimo di realtà industriali partite da scelta di posizionamento è diventata strategia di managment una dimensione artigianale con un’evoluzione di respiro fortemente in- all’interno del gruppo? ternazionale, ma questo aspetto commerciale non intacca minimamente Non è stata una scelta fatta a tavolino, una scelta di management fredda la forza della tradizione artigiana da cui nasce il prodotto; né il suo spirito e schematica, ma tutto ha seguito una naturale evoluzione; un pas- creativo e ironico o l’attenzione sempre alta verso il design e il confort, saggio morbido che non poteva avere altra forma, altrimenti avremmo caratteristiche imprescindibili per tutti i prodotti Camper, indipendente- perso la nostra identità e i punti di forza che ci differenziano sostanzial- mente dalla famiglia e progetto a cui appartengono. Anzi, la sfida è sem- mente dagli altri marchi presenti sul mercato nazionale e internazionale. pre più stimolante e lo sforzo di ogni dipartimento dell’azienda, di ogni Avremmo potuto correre il rischio di confondere e perdere il nostro con-
  • 28. sumatore finale a cui invece teniamo molto e che non è solo un fruitore di scarpe da mettersi ai piedi per camminare, ma è un vero appassiona- to del brand. La strategia ha seguito l’idea, in modo complementare e senza snaturarla, si sono alimentate a vicenda grazie a un management internazionale di altissimo livello. Camper è famosa in tutto il mondo per la sua creatività. Ha lanciato e spesso propone una serie di “azioni culturali” dav- vero interessanti. Ce ne fai qualche esempio? Lo scambio e la contaminazione culturale hanno sempre caratterizzato l’evoluzione di Camper – fin dal design del primo negozio a progetto To&ether – che si declina in architettura con concetti di negozi disegnati da partner creativi diversi o nella collezione di prodotto che è oggi alla sua seconda stagione. In Italia, abbiamo sostenuto il Festival del Cinema Spagnolo di Roma e la Mostra Indigena a Milano; in Spagna, abbiamo collaborato con il Festival Internazionale di fotografia “Photo Espagna” e a Parigi col Fiac (Foire Internationale d’Art Contemporain). I nostri prodotti icona sono stati scelti e pubblicati su diverse riviste riguardanti il design moderno e contemporaneo o in testi universitari specialistici editi da Electa e Mondadori. Quali sono i valori dell’azienda e come intende comunicarli in futuro? I valori Camper sono la creatività, l’innovazione e la rottura con gli sche- mi, insieme a un forte attaccamento ai valori della terra: onestà, auten- ticità, una certa austerità che nasce dal rispetto dell’ambiente culturale e naturale e la tradizione come chiave di lettura del futuro. Attraverso il nostro prodotto, la comunicazione e le iniziative di Camper come azien- da, comunicheremo anche in futuro.
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  • 30. di Francesca Fornari Forse è vero che le nostre decisioni sono, ormai, il frutto di tempi troppo veloci di decisione, tempi che non possono corrispondere a una coscienza di lungo periodo. L’impa- zienza si affronta con il ritrovamento della responsabilità, il lungo presente con la lungimiranza, con un processo a lungo termine. Ste- wart Brand, inventore, designer, scrittore, anticipatore della critica sociologica sull’informatica dei “personal computer”, con questo saggio non facile, ma affascinante, introduce il lettore nella dimensione de The Long Now Foundation, istituita nel 1996 per la promozione della responsabilità a lungo termine. Insieme ad altri grandi menti, tra cui citiamo – per conven- zienza e sintesi – Danile Hillis di Disney, Kevin Kelly, editore esecutivo di Wired e Brian Eno, grande guru della musica elettronica ambient e artista concettuale visivo, Brand si fa portavoce di una riflessione sull’importanza del tempo, dei ritmi connessi al suo scorrere, tra preveggenza, cutlura e costruzione di un futuro sostenibile. Stewart Brand, Il lungo presente, tempo e responsabilità prefazione di Brian Eno Mattioli editore, 2009