1. CHI VUOL ESSERE LIETO SIA
28 FEBBRAIO 2014ANNO II, NUMERO IV
LA FENICE
I.I.S. MARCO TERENZIO VARRONE
N
on giunge nuovo che gli otti-
misti siano immancabilmen-
te tacciati di ingenuità dagli
irriducibili pessimisti. Tuttavia, il se-
greto del successo e della felicità ha
ragione di essere immaginato dalle
tinte varie e sfavillanti piuttosto he
immerso in cupi monocromatici gri-
giori. La positività autentica non si
riempie di entusiasti sorrisi forzati o
proverbiali frasi di incoraggiamento,
ma è un atteggiamento della mente,
una chiave di lettura della realtà. A
ciò segue che l'ottimista non tenga gli
occhi ben serrati rispetto al mondo
che gli si staglia prepotente dinanzi,
bensì che lo studi minuziosamente
per cogliere una scintilla di luce in
fondo all'oblio. Il ben pensante non
inibisce la propria percezione dei pro-
blemi, ma la loro capacità di espan-
sione e di contaminazione. Per di più,
limitare le difficoltà ai loro stretti con-
fini significa conservare lucidità e
prontezza oltre che focalizzare nitida-
mente gli ostacoli ed aggirarli con
efficacia. Non lasciare che il proprio
campo visivo sia interamente ingom-
brato da asperità rigonfie e lievitate
consente di contemplarvi di fianco le
proprie capacità di rimettere a posto
le cose. Dunque, imprime un podero-
so impulso alle fiducia in se stessi,
terreno notoriamente fertile per la
coltivazione di progetti ed ambizioni.
Piuttosto che offuscare la vista per-
mettendo solo una visione semplici-
stica degli eventi, l'ottimismo è ciò
che consente di cogliere la costante
complessità della realtà: ogni disav-
ventura, infatti, cela l'opportunità di
spolverare un tassello in più della
propria personalità e di irrobustire la
propria forza d'animo. Difatti, è l'osti-
nata speranza che qualcosa di meglio
possa sempre sopravvenire che ali-
menta la tenacia e la perseveranza
necessarie a realizzarsi. D'altra parte,
nell'incertezza dell'avvenire, conviene
assaporare il presente condendolo
col miele dell'ottimismo. Il risultato
sarà senz'altro più positivo di quanto
non sarebbe quello di una costante
attitudine pessimistica nei riguardi
della vita: se la speranza sarà soddi-
sfatta, si sarà goduto della felicità più
a lungo; se invece sarà disattesa, non
si sarà già fiaccati da una milizia di
sopportazione, ma si sarà in forze per
la resistenza.
MARTA RINALDI, III D
SPINELLI AL POSTO
DEI SOGNI
ROBERTA AMELINI - Pagina 2
“C’era una volta un Paese in cui studia-
re serviva a qualcosa, proiettarsi nel
mondo del lavoro era possibile e, avere
dei sogni, lecito. In questo Paese le pa-
role “raccomandazione” e
“clientelismo” erano pressoché ignote,
e la meritocrazia, invece, aveva lustro,
valore e pregio...
OPEN NIGHT:
IL VARRONE CAMBIA PELLE
UNA SERA
DEMETRIO DI GENOVA - Pagina 3
Venerdì 21 febbraio si è tenuto in pale-
stra l’”Open Night”, un modo per far
conoscere ai ragazzi delle terze medie
l’altra faccia di quella scuola tan-
to temuta per la presunta pesantezza: il
Liceo Classico. Una faccia fatta di di-
vertimento per gli studenti liceali e
soprattutto per quelli delle medie, con
musica dal vivo, balli di gruppo e anche
un corposo buffet.
LA NOSTRA VOCAZIONE
PIETRO SCASCIAFRATTE - Pagina 3
L’aula magna da poco intitolata ad In-
dro Montanelli era piena come si vede
raramente, complice anche la riuscita
operazione di marketing messa in atto
dalla prof.ssa Manuela Marinelli, pro-
motrice degli incontri del Cineforum.
Nell’ultimo di questi veniva esaminata
la figura di S.Francesco nella cinemato-
grafia insieme ad un insolito ospite: Frà
Marino.
IL VARRONE IN MASCHERA
LAURA CAROSELLA - Pagina 6
Foto dell’ Assemblea d’Istituto
A lato:
“Gli dei
dell’Olimpo”
Classe II B
Vincitrice
Assemblea di
Carnevale
2. PAGINA II LA FENICE
OTTIMISMO
"
L'ottimismo è il profumo della
vita" recitava uno spot di qualche
anno fa. Una frase forte e veritie-
ra in quanto l'ottimismo è l'essenza
delle nostre vite, è quella mano invisi-
bile che zucchera, colora, ammorbidi-
sce le azioni, le conversazioni, i proget-
ti quotidiani che viviamo. E di ottimi-
smo (di bicchieri mezzi pieni per inten-
derci!) al giorno d'oggi si parla poco:
c'è forse il tempo di sprecare un servi-
zio giornalistico (ho le mie riserve su
Studio Aperto!) su quest'argomento
quando ci sono Renzi che diventa pre-
sidente del Consiglio, spread e trattati-
ve varie e Zuckemberg che acquista
Whatsapp? No, però, anche se
quest'ultimo Sanremo non è stato friz-
zante ed intrigante come l'anno scor-
so, quest'anno ha apportato un miglio-
ramento sul palco dell'Ariston: non si è
parlato del Quirinale ma di bellezza, di
quella vera, naturale, di quella sorri-
dente e poi anche il temuto arrivo di
Crozza si è dissolto quando il comico
ha cominciato a decantare le bellezze
del nostro paese, per una volta senza
introdurre la politica -a parte l'imita-
zione renziana finale-, senza inutili
disfattismi, ma con tanta voglia di ri-
sollevare gli umori e di istillare un po'
di sano orgoglio patriottico. Ma tutto
questo deve essere un impulso, non un
punto di arrivo: l'ottimismo da solo ha
vita breve ("chi vive di speranze, muore
disperato"), alla lunga quel bicchiere
mezzo pieno, se non riempito, si svuo-
ta, cade, si frantuma, quindi deve esse-
re sorretto dal pragmatismo, applicato
in ogni singolo settore della nostra
esistenza. E le critiche non devono
essere prese esclusivamente come
tentativi di demolizione (correremmo
anche il rischio di offendere Kant), se
sono costruttive possono migliorare
qualsiasi ambiente che si frequenta:
casa, palestra, scuola... Per esempio
facciamo sí che nella nostra scuola
quest'entusiasmo generato dall'Open
Night non sia inghiottito dall'oblio, che
all'impegno per accogliere si affianchi
anche quello di conservare l'ottimismo
di chi è già studente al Varrone, che la
mattina, passando per i corridoi i no-
stri flebili "buongiorno" ricevano rispo-
sta, che si combatta per una scuola a
misura di studente, che a volte si chiu-
da un occhio sugli sbagli del vicino di
banco, del personale Ata, del professo-
re dell'ora dopo o della segreteria e si
tenti di aiutare e di rimediare, senza
subito sparare a zero, anche perché
nonostante che ci siano una cattedra e
ruoli diversi a dividerci, facciamo tutti
una gran fatica ad alzarci presto e vor-
remmo vivere quelle 5/6 ore all'inse-
gna del pacifismo e della solarità.
PERLA TOZZI, III B
“
C’era una volta un Paese in cui
studiare serviva a qualcosa,
proiettarsi nel mondo del lavoro
era possibile e, avere dei sogni, lecito.
In questo Paese le parole
“raccomandazione” e “clientelismo”
erano pressoché ignote, e la meritocra-
zia, invece, aveva lustro, valore e pre-
gio. Le scuole erano pullulanti di stu-
denti motivati, l’edilizia scolastica in
ottimo stato, e i docenti affabili e di-
sponibili. La popolazione aveva tanta
fiducia nella classe politica e nelle isti-
tuzioni, integre e di buoni costumi, che
alle elezioni l’ affluenza non era mai in
calo. Tutti avevano un lavoro, non vi
erano privilegi di sorta e la giustizia era
applicata per chiunque allo stesso mo-
do. Anche un eventuale cittadino X, Y o
Z che avesse posseduto reti televisive,
un impero edilizio e una carica di rilie-
vo nella politica, sarebbe stato trattato
come tutti gli altri. Le notizie erano
diffuse dai media con veridicità e senza
alcun tipo di estromissione o distorsio-
ne delle informazioni dettate dai poteri
forti. Nessuno mai aveva dovuto la-
sciare gli studi perché non disponeva di
denaro sufficiente, né i genitori erano
costretti a privare i propri bambini di
qualsivoglia piacere perché cassinte-
grati o, peggio ancora, disoccupati. In
questo Paese vivevano tutti felici e
contenti, ma soprattutto ottimisti!” Sì,
avete capito bene, non stiamo parlan-
do dell’Italia. Il ritratto precedente è
estremamente discordante con la so-
cietà che ci accoglie che “Madre è di
parto, ma di voler matrigna”, per defi-
nirla con un celebre verso di Leopardi.
Non farebbe forse la stessa invettiva
presente nel VI canto del Purgatorio il
povero Dante Alighieri, se potesse ve-
dere le condizioni in cui versa il Bel
Paese? “Ahi serva Italia, di dolore o-
stello”. Eppure, soprattutto ai giovani,
si chiede ottimismo! Ma è giusto, che
diavolo! Mai perdersi d’animo. Suvvia,
magari uno la “spintarella” la trova e
ben che vada rimedia anche un lavo-
retto. Ottimismo signori, sopportate la
pressione fiscale ormai insostenibile,
che a luglio del 2013 si aggirava intor-
no al 44.6% del Pil, tanto tutti i soldi
che si pagano d’imposte vengono inve-
stiti nel potenziamento dei servizi pub-
blici, è evidente. Ma sì, siate speranzo-
si. Il governo si sta spendendo in nome
della giustizia, con quel geniale stru-
mento di controllo dell’evasione fisca-
le, quale è il redditometro. Se infatti
siete un povero artigiano che per man-
dare avanti la propria famiglia fa del
lavoro a nero, sarete colti in flagrante
e surclassati da una miriade di tasse
penali aggiuntive. Poi, il fatto che im-
prenditori e politici evadano milioni di
euro senza essere disturbati, questo è
un dettaglio, dovranno pur avere un
compenso per tutto quello che fanno
per noi! Ed infine, ragazzi, pensate che
meraviglia quando subito dopo esservi
laureati avrete un nuovo quadro da
appendere in camera e tanto, tanto
tempo libero. Ma tranquilli, il Movi-
mento 5 stelle nel gennaio 2014 ha
proposto la legge per la legalizzazione
delle droghe leggere. Potrete sempre
farvi le canne tutto il giorno e cantare
il famoso verso di Daniele Silvestri
“Che bello quattro amici, una chitarra
e uno spinello” con Grillo e Casaleggio.
S’azzardano a chiederci ottimismo.
Non ci avrete mai come volete voi!
ROBERTA AMELINI, III E
SPINELLI AL POSTO DEI SOGNI
3. IL VARRONE CAMBIA PELLE UNA SERA
PAGINA IIIANNO II, NUMERO IV
V
enerdì 21 febbraio si è tenuto
in palestra l’”Open Night”, un
modo per far conoscere ai
ragazzi delle terze medie l’altra faccia
di quella scuola tanto temuta per la
presunta pesantezza: il Liceo Classico.
Una faccia fatta di divertimento per gli
studenti liceali e soprattutto per quelli
delle medie, con musica dal vivo, balli
di gruppo e anche un corposo buffet.
Bella iniziativa, soprattutto se si guar-
da al prossimo anno ed alle future i-
scrizioni in questa scuola. Sappiamo
bene come, purtroppo, il nostro liceo
stia subendo un calo esponenziale de-
gli iscritti. Che sia per la crisi, che non
permette più a molti di poter intra-
prendere studi del genere sia per soldi
che per possibilità lavorative future,
che sia per la poca voglia che i ragazzi
hanno di studiare molto e in maniera
seria. Ma questo non importa. Il punto
centrale è: come fare per far innamo-
rare di nuovo i giovani del Liceo Classi-
co? Basta un’iniziativa del genere? E'
difficile trovare una risposta,anche se
Venerdì l’affluenza è stata abbastanza
buona da parte dei ragazzi non ancora
liceali, e questo è un buon segno. Dato
che la vita ci impone ottimismo noi
facciamo gli ottimisti. “Perlomeno ora
sanno che esistiamo ancora e che ogni
tanto apriamo anche la sera”! –
verrebbe da dire. Ma non basta una
serata “diversa” per convincere giova-
ni confusi –soprattutto dalle famiglie-
e in maggior parte timorosi di questo
dinosauro armonico chiamato “Liceo”.
Bisogna continuare a mostrare quanto
studiare certe materie e donarsi –
perché ci si dona- a una vita all’insegna
del pensiero e del metodo, sia, oltre
che estremamente importante, bellis-
simo. Che poi, diciamocelo, questa
scuola, nel bene e nel male, così infer-
nale non è, anzi. Il problema si trova
fuori dalle nostre mura –anche se in
alcuni casi anche dentro-: mediocrità
su mediocrità su mediocrità. Questo
bisogna sconfiggere. L’indifferente
accontentarsi di noi giovani delle mo-
de, del divertimento facile, dei telefoni
che sostituiscono il libri e così via. Da
studente che sta quasi finendo il suo
percorso, mi sento in dovere di dire
fermamente quanto questa scuola sia
eccezionale, da ogni punto di vista.
Dallo studio fino al divertimento. Per-
sonalmente credo davvero che questa
scuola sia unica -lo penserò sempre-
nonostante tante cose e persone sba-
gliate che la avvelenano. Quindi, va
benissimo l’”Open Night”, felicitazioni
per la buona partecipazione, sperando
che a settembre si formino almeno un
paio classi (ridiamoci su!). .
DEMETRIO DI GENOVA, II D
SPECIALE OPEN NIGHT !
L
’aula magna da poco intitolata
ad Indro Montanelli era piena
come si vede raramente, com-
plice anche la riuscita operazione di
marketing messa in atto dalla prof.ssa
Manuela Marinelli, promotrice degli
incontri del Cineforum. Nell’ultimo di
questi veniva esaminata la figura di
S.Francesco nella cinematografia insie-
me ad un insolito ospite: Frà Marino.
Questi è un religioso dell’ordine dei
francescani minori, riuniti nel nostro
territorio a Fonte Colombo. I punti
salienti dell’intervento del nostro ospi-
te sono stati molti, anche senza un
nesso logico tra loro, riferiti come pen-
nellate impressioniste che, alla fine
dell’incontro, ci hanno aiutato a rico-
struire il quadro della personalità del
frate. Frà Marino ha dato alcuni cenni
storici su Francesco d’Assisi e
sull’Ordine Francescano, ma anche
spunti biografici della sua vita, dal Lice-
o Classico fatto a Tivoli, fino ai 15 anni
di missione in Africa. Questo frate non
si è limitato a fornirci informazioni su
di sé e sul suo Ordine, anzi, non si
è risparmiato nemmeno di dire la sua
su questioni di grande attualità, parlan-
do senza peli sulla lingua del menefre-
ghismo internazionale nei confronti di
alcuni Paesi africani e della vita di pro-
vincia, calma quasi al punto di alienare
chi la conduce. Fa riflettere il fatto che
un uomo che ha fatto una scelta di vita
così povera ci abbia lasciato in qualche
modo più ricchi. Il nostro ospite ha
messo grande passione nel dire che se
che se si ha un sogno, esso non può
essere coltivato come una chiacchiera
da salotto, e tantomeno come un argo-
mento da spendere dopo l’ennesimo
caffè al bar, ma bisogna lottare, rag-
giungere i propri obiettivi mettendosi
in gioco. Infine è stato proiettato un
video, dove Frà Marino è il protagoni-
sta. Guardando i suoi occhi sereni,
mentre balla giocosamente con donne
poverissime, escluse anche dalla socie-
tà africana, si afferra per un attimo
l’idea che la pienezza di vivere non
risiede nel raggiungere i canoni e le
apparenze imposte dalla società del
2014, ma nel seguire liberamente la
strada che ci indica il cuore, o, come la
chiamerebbe il nostro amico Marino,
<<la nostra vocazione>>.
PIETRO SCASCIAFRATTE, II E
LA NOSTRA VOCAZIONE
4. PAGINA IV LA FENICE
I
l Laboratorio di Archeologia è
un’attività, nata per iniziativa del-
la prof.ssa Anna Pasquetti e forte-
mente incoraggiata dal dipartimento di
Latino e Greco, che coinvolge dallo
scorso anno l’attuale classe V A e da
quest’anno anche le matricole della IV
A. Gli alunni si trovano ad affrontare
ogni settimana un’ora di approfondi-
mento focalizzata, per quanto riguarda
la teoria, su usi e costumi dell’antica
Roma: la struttura della familia vista
nel contesto della civiltà dell’Urbe e lo
studio dei suoi componenti, le fasi del-
la crescita del puer e le attività in cui è
impegnato nel corso del tempo, le
tipologie abitative romane e le usanze
ereditate anche di altre civiltà, quale
quella greca, come la funzione del sim-
posio. Queste ore spese all’interno
dell’Istituto non prevedono soltanto
una lezione frontale in classe
(similmente alle altre ore della matti-
nata), ma anche approfondimenti te-
nuti in aula informatica dove - si ritie-
ne - sia più facile reperire informazioni
ulteriori rispetto a quelle riportate sui
testi, sottolineando e quindi riducendo
l’immensa distanza tra antico e moder-
no. Vengono affiancate a queste ore
varie attività laboratoriali che hanno
concretamente avvicinato gli allievi
allo studio dei reperti: più incontri
hanno loro permesso di comprendere
l’immenso lavoro celato dietro la tra-
duzione di iscrizioni antiche e ancor di
più dietro la riesumazione dei reperti
effettuata dagli archeologi che hanno
guidato i ragazzi nel corso di questa
esperienza. Il fatto di interfacciarsi in
modo operativo con la cultura compa-
gna di tutti i giorni all’interno del no-
stro Istituto costituisce una grande
opportunità: diversamente rispetto ad
altre scuole i nostri alunni hanno avuto
la possibilità di lavorare sul campo,
entrando in contatto con oggetti di
vita quotidiana, strutture ed infrastrut-
ture conosciute fino a quel momento
soltanto su carta. Tutto ciò è stato
sperimentato nelle uscite previste
sia presso il sito archeologico di Campo
Reatino (la testimonianza di scavo a-
perto più vicino alla nostra realtà reati-
na unito anche alle Terme di Vespasia-
no) sia presso siti più lontani quali il
Foro Romano. Un vero evento ha poi
riguardato i ragazzi della classe V A
che: dopo un lungo ed impegnativo
lavoro, sono stati chiamati il 31 genna-
io scorso a presentare al pubblico i
reperti appartenenti alla collezione di
Don Vincenzo Boschi presso il Museo
Civico di Rieti, il quale è parte attiva
del progetto stesso. Molto entusiasmo
è stato rilevato dagli alunni di entram-
be le classi che si sono dichiarati soddi-
sfatti per il fatto di essere tutt’ora pro-
tagonisti di questo progetto sperimen-
tale che sicuramente crea un ponte più
solido con il nostro passato: si auspica
che questa iniziativa verrà proposta
anche alle classi entranti nei prossimi
anni.
NICOLO’ BAISTROCCHI, II C
CLASSICISTI IN CAMPO
Studenti al lavoro sulle epigrafi del museo. (Fonte: sito web Museo Civico Rieti)
5. PAGINA VANNO II, NUMERO IV
C
iò che ci rende umani, aldilà
delle funzioni biologiche, è la
capacità di interagire, creare e
soprattutto apprezzare la bellezza in
tutte le sue molteplici forme e sfaccet-
tature. “Le cose non è necessario farle,
nemmeno saperle fare, apprezzarle sì.
Goderne la loro esistenza è una fortu-
na”. L’essere umano è artefice delle
più grandi atrocità e autore delle più
spettacolari invenzioni. Probabilmente
senza la sofferenza, che è una condi-
zione dell’uomo, non potremmo bene-
ficiare dell’Arte. Ogni qualsivoglia for-
ma d’arte è frutto di riscatto, denuncia,
presa di coscienza, ribellione, analisi
interiore. La bellezza dell’arte è intrin-
seca, ed è una chiara dimostrazione
della straordinarietà dell’animo uma-
no. Quello che affascina sono la poten-
za delle immagini e le sensazioni che
esse suscitano: più di tutto nell’arte
figurativa. Una costante che si ritrova
in molti pittori è il fiducioso ottimi-
smo verso la vita e la convinzione che,
nonostante tragici avvenimenti perso-
nali e sociali, l’uomo sia più capace di
amare e migliorarsi piuttosto che di
rimanere indifferente. Una famosa
testimonianza è quella di Pablo Picasso
nel Guernica, dipinto realizzato dopo il
bombardamento aereo della città o-
monima durante la guerra civile spa-
gnola. Qui l’artista non
richiama il luogo o il
tempo di tale misfatto,
ma protesta contro la
violenza, la guerra e la
distruzione. E’ una de-
nuncia di come l’uomo
possa essere capace di
impensabili brutalità,
ma è soprattutto un
invito a non rimanere
passivi: ad impegnarsi
per cancellare la crudel-
tà e l’ingiustizia e, nello
stesso momento, per
non dimenticare e non
commettere in futuro
errori simili. Una donna
che è stata capace di
risollevarsi da un terri-
bile incidente, che la
costringerà a sottopor-
si, nel corso della sua
vita, a ben 32 interven-
ti, è Frida Kahlo. Obbli-
gata per anni a rimane-
re nel letto con il busto
ingessato e chiusa in
una profonda solitudi-
ne, Frida inizia a dipingere una serie di
autoritratti essendo “il soggetto che
conosce meglio”. L’arte per la pittrice è
l’unica distrazione da una vita segnata
da un così tragico evento: il simbolismo
che caratterizza le sue opere però non
è frutto di estraniamento, ma piuttosto
di presa di coscienza della sua condi-
zione. I dipinti non si limitano ad e-
sporre fatti della sua vita, anzi raccon-
tano i suoi stati d’animo, la relazione
con il suo corpo, impossibilitato a ge-
nerare, e il rapporto con il mondo che
la circonda: “Ho sempre dipinto la mia
realtà, non i miei sogni”. Nonostante i
numerosi problemi fisici, il travagliato
rapporto con il marito Diego Rivera,
anche lui famoso pittore, e i traumi che
hanno segnato la sua esistenza, Frida
Kahlo visse una vita intensa, scandita
da importanti incontri e dalla certa
compagnia della sua arte. Dimostrazio-
ne della grande voglia di vivere e
dell’audacia che caratterizzò il suo per-
sonaggio, è l’ultimo quadro, realizzato
otto giorni prima della sua prematura
morte: Viva la vida!. Ancora una volta
la pittrice dimostra la forza dei propri
simboli, il potere evocativo del-
le proprie metafore e la complessità
del prorpio essere donna sensuale e
indipendente.
GRETA DE GRANDIS, II A
LA FORZA DELLE IMMAGINI
“Autoritratto”, Frida Kahlo, 1940, Olio su tela 62.2 x
47.6 cm, Harry Ransom Humanities Research Center,
“Guernica”, Pablo Picasso, 1937, olio su tela, 349 cm x 778 cm,
Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia (Madrid).
6. PAGINA VI LA FENICE
IL VARRONE IN MASCHERA !
VA
CLASSIFICA
1°- II B, Dei
dell’Olimpo
2°- I C, Indiani
3°- V C, peter pan
II B
I C
FOTO DI LAURA CAROSELLA, I C
8. FOTO DEL MESE
Gaia Ricci
Direttore Responsabile
Marta Rinaldi
Fotografia
Gaia Ricci
Direzione Grafica
Diego Miluzzi
Redattori
Nicolò Baistrocchi
Roberta Amelini
Pietro Scasciafratte
Greta De Grandis
Perla Tozzi
Demetrio Di Genova
Nikolaj Cocco
LA REDAZIONE