2. Federico II, figlio dell’imperatore Enrico VI e di Costanza di Altavilla, principessa normanna,era il legittimo erede della corona normanna di Sicilia e fu favorito dal papa Innocenzo III per la successione al trono imperiale in quanto si impegnò a tenere separate le corone imperiale e normanna, qualora fosse stato eletto imperatore.
Nel 1214, a Bouvines,Federico II e Filippo Augusto, sovrano di Francia, sconfissero Ottone di Brunswick, rivale di Federico, e Giovanni Senza Terra, re di Inghilterra.
Federico diventa il successore di suo padre Enrico VI e nel 1220 viene incoronato da papa Onorio imperatore, purché mantenga l’impegno preso con Innocenzo III e parta per una crociata in Terra Santa.
3. -Federico II, dopo essere diventato imperatore, cercò di controllare sia i comuni italiani, sia i principi tedeschi, ma ebbe molte difficoltà. –
-Cominciarono a essere tesi i rapporti con il papa: Federico partì per la crociata solo dopo la minaccia di una scomunica e di fatto ottenne Gerusalemme dopo una trattativa diplomatica con il sultano locale. >>>
-Nel 1230 il papa lo sciolse dall’obbligo di tenere separate le sue due corone (impero e Sicilia) e Federico stabilì la propria corte italiana a Palermo, in Sicilia.
4. Le “Costituzioni Melfitane” del 1231affermano, su impulso di Federico, l’ autorità assoluta dell’imperatore sulla penisola italiana e sui diversi signori feudali presenti in Italia. Anche la Chiesa non ha giurisdizione rispetto ai poteri imperiali.
Fonda l’Università di Napoli (1224) la prima università di tipo “statale”, in cui si studiava soprattutto il diritto, ma anche discipline scientifiche e umanistiche.
Federico controlla strettamente l’Italia meridionale attraverso una schiera di funzionari e burocrati, quasi sempre giuristi.
Presso la sua corte confluirono studiosi di varia origine e credo religioso, anche islamici, arabi e ebrei. Per suo impulso vennero tradotti in latino testi letterari, filosofici e scientifici greci e arabi.
5. L’idea di corte che Federico II realizza è quella per cui le strutture del potere tendono a identificarsi con l’apparato centrale dello Statoe dove quindi anche la cultura s’incarnava di preferenza in funzionari con precise competenze e responsabilità.
Per questa idea accentratrice, i contrasti con il papa e i comuni continuarono fino alla scomparsa di Federico, nel 1250 .
6. Secondo lo studioso Aurelio Roncaglia, in occasione di una delle periodiche visite che Federico II compiva presso i signori feudali d’Italia, che erano suoi vassalli,
Ezzelino da Romano, signore di Treviso, regalò a Federico un codice contenente poesie provenzali (1232).
Federico lo avrebbe portato con sé in Sicilia e questo dono avrebbe costituito l’inizio del movimento letterario chiamato “Scuola siciliana”(1233)
7. Federico diede impulso alla lirica in “volgare”
Questa lirica ebbe come autori i funzionari di corte (nobili, notai e giuristi).
Essi usavano per professione il latino, mentre il volgare diventa una lingua di cultura per la composizione poetica.
9. In realtà la maggior parte dei testi poetici della Scuola sicilianache leggiamo odiernamente sono frutto dell’opera di copisti toscani,della seconda metà del ‘200, che “tradussero” nel proprio volgare gli originali siciliani, di cui abbiamo pochi testi originali.
12. I metri prediletti dai poeti della “Magna curia” furono l’endecasillabo(derivato dal decasilabofrancese) e il settenario.
Le composizioni più usate furono:
La canzone in endecasillabi e settenari(“canzone lirica” per le liriche drammatiche e “canzonetta” per quelle più gioiose)
Il sonetto (14 endecasillabi divisi in due quartine e due terzine ), invenzione di Jacopo da Lentini
L’accompagnamento musicale, a differenza della lirica provenzale, non era sempre presente. Ciò significa che le liriche dei siciliani erano pensate soprattutto , ma non esclusivamente, per la lettura.
16. Un altro elemento che troviamo nei testi siciliani è l’uso di metafore legate al mondo dei fenomeni naturali, ai minerali, alla zoologia. È una conseguenza degli interessi scientifici e naturalistici presenti nella “Magna curia”.
La salamandra audiviche ‘fra lo foco vivi –stando sana;
eosì fo per log’uso:
vivo ‘n foco amoroso,
e non saccioch’eodica;
[…]
Lo vostr’amor che m’ave
in mare tempestoso,
è sì comola nave
c’a la fortuna getta ogni pesanti,
e campanper lo getto
Di loco periglioso
[J. Da Lentini]
17. La mia vit'è sì fort'e dura e fera
ch' eo non posso né viver né morire,
anzi distrug[g]o come al foco cera
e sto com'on che non si pò sentire [ ... ] Ancor che l'aigua per lo foco lassi
la sua grande freddura,
non cangerea natura
s'alcun vasello in mezzo non vi stasse, …
19. Storia della letteratura italiana, diretta da Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Milano, Garzanti, vol. I
Storia della letteratura italiana, a cura di Nino Borsellino e Walter Pedullà, Milano, Federico Motta Editore, vol. I