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Tempo e spazio nel Medioevo
Mondo dell’uomo, mondo del mistero, aldilà.
Premessa
Spazio reale e spazio simbolico: il mondo come foresta di
simboli.
Il simbolismo medievale
Basta pensare all’etimologia della parola «simbolo» per comprendere quale sia il
posto occupato dal pensiero simbolico non soltanto nella teologia, nella letteratura
e nell’arte dell’Occidente medievale, ma anche negli strumenti del pensiero. Il
σύμβολον era presso i greci un segno di riconoscimento rappresentato dalle due
metà di un oggetto diviso fra due persone. Il simbolo è segno di contratto. È il
riferimento a un’unità perduta, ricorda e richiama una realtà superiore e nascosta.
Ora, nel pensiero medievale, «ogni oggetto materiale era considerato come la
raffigurazione di qualcosa che gli corrispondeva su un piano più elevato e
diventava così il suo simbolo».
È attraverso le parole che il simbolo medievale si lascia meglio cogliere. Per molti
autori medievali nelle parole risiede la verità degli esseri e delle cose: ritrovando
l’origine e la storia di ogni parola si può dunque avere accesso alla verità
ontologica dell’essere o dell’oggetto che essa designa. Ma l’etimologia medievale
non è l’etimologia moderna.
Il simbolismo medievale
Esempi
Fra gli alberi il noce passa per malefico perché il nome latino che lo designa, nux, è
generalmente collegato al verbo che significa nuocere, nocēre. Il noce è dunque un albero
nocivo: non bisogna addormentarsi sotto le sue fronde per paura di essere visitati dal
diavolo o dagli spiriti maligni, non bisogna lasciare che le sue radici si avvicinini alle stalle o
alle scuderie perché gli animali ne morirebbero; infine, bisogna evitare di intagliare nel
legno di noce una statua di Cristo o della Vergine o d’un santo venerato perché sarebbe un
sacrilegio.
Lo stesso vale per il melo, il cui nome, malus, evoca il male. D’altronde deve essere a causa
del nome che il melo, a poco a poco, è divenuto, nella tradizione e nell’iconografia, l’albero
del frutto proibito, causa della caduta e del peccato originale.
L’uccello che trattiene il serpente, dall’Apocalisse del Beato di Liebana (XI sec.)
Il simbolismo medievale
La simbologia del nome proprio gioca un ruolo importante nella letteratura e nell’agiografia. È il nome a
dare significato alla vita. Molti santi, per esempio, devono la loro «vita», passione, iconografia o le loro
virtù, unicamente al proprio nome.
Il caso più noto è quello di santa Veronica, che deve la sua esistenza – tardiva – solamente alla
costruzione di un nome proprio di persona sulle due parole latine vera icona, che designano il Sacro
Volto, cioè la «vera immagine» del Salvatore rimasta impressa su un sudario. Veronica è così divenuta
una giovane donna che, durante la salita al Calvario, ha asciugato con un panno il sudore di Cristo che
portava la croce.
Nei paesi germanici sant’Agostino guarisce la cecità o reca sollievo al male degli occhi (die Augen), per gli
stessi problemi s’invoca in Francia santa Chiara e in Italia santa Lucia (lux, -cis, «luce»).
dal FISIOLOGO (antenato di tutti i bestiari
medievali).
Il Salmo dice: "E sarà innalzato come quello
dell'unicorno il mio corno" [Salmi, 91.11].
Il Fisiologo ha detto dell'unicorno che ha
questa natura: è un piccolo animale, simile al
capretto, ma ferocissimo. Non può
avvicinarglisi il cacciatore a causa della sua
forza straordinaria; ha un solo corno in mezzo
alla testa. E allora come gli si dà la caccia?
Espongono davanti ad esso una vergine
immacolata, e l'animale balza nel seno della
vergine, ed essa lo allatta, e lo conduce al
palazzo del re.
L'unicorno è un'immagine del Salvatore:
infatti "ha suscitato un corno nella casa di
Davide padre nostro" [Luca, 1.69], ed è
divenuto per noi corno di salvezza. Non hanno
potuto aver dominio su di Lui gli angeli e le
potenze, ma ha preso dimora nel ventre della
vera e immacolata Vergine Maria, "e il Verbo
si è fatto carne, e ha preso dimora fra di noi "
[Giov., 1.14].
A mon seul desir – La dama e l’unicorno
La sirena era simbolo della lussuria
(Pavia, san Michele Maggiore)
Il diavolo divoratore, in figura di animale
mostruoso, nei capitelli della Chiesa
romanica di Chauvigny, XII sec.
1. Il tempo nel Medioevo
Tempo della Chesa, tempo del mercante.
Il tempo nel Medioevo
Tempo della Chiesa
Sino al XIII sec. la vita nell’Occidente
cristiano era scandita dal tempo della
Chiesa. Era il «tempo dei chierici,
ritmato dagli uffici religiosi, dalle
campane che li annunciano,
indicato dalle
meridiane
imprecise e
mutevoli,
talvolta
misurato da
clessidre grossolane» (J. Le Goff)
Il tempo nel Medioevo
Tempo della Chiesa
Sino al XIII sec. la vita nell’Occidente
cristiano era scandita dal tempo della
Chiesa. Era il «tempo dei chierici,
ritmato dagli uffici religiosi, dalle
campane che li annunciano,
indicato dalle
meridiane
imprecise e
mutevoli,
talvolta
misurato da
clessidre grossolane» (J. Le Goff)
Durante tutto l’Alto
Medioevo il tempo
del monaco e il
tempo del contadino
vanno di pari passo:
cfr. l’etimologia del
termine campana
che dà Giovanni di
Garlandia nel XIII
sec. : «Campanae
dicuntur a rusticis
qui habitant in
campo, qui nesciant
judicare horas nisi
per campanas»
da Les très riches heures du Duc de Berry – calendario (mese di Ottobre)
Il tempo cristiano
Tempo liturgico
Il tempo è scandito da periodi e date definiti dalla religione.
I punti nodali della settimana erano ormai le domeniche, divenute essenziali
di tutta la vita umana: tempo del lavoro definito da un periodo di sei giorni
di fatica e da una sosta ogni settimo giorno. L’istituzione della domenica fu
un evento che si impose gradualmente sul lungo periodo come fenomeno
obbligatorio, prescritto dai Concili cristiani e dai poteri temporali cristiani
fino al XII sec.
Tempo ciclico della liturgia. Tempo CIRCOLARE costruito sulla vita di
Cristo (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua)
Tempo lineare
La grande innovazione del tempo cristiano consistette nel propugnare, in
combinazione con il tempo ciclico annuale, l’idea di un tempo lineare, quello
della Storia, del tempo storico creato da Dio.
La storia delle sei età dell’umanità comincia con Adamo e in questa
prospettiva il periodo medievale fu considerato dalla Chiesa quello della sesta
e ultima età. Fu definito come la vecchiaia del mondo e dell’umanità:
«Mundus senescit».
Tempo sacro e orientato Il tempo cristiano procede da una doppia origine divina: la Creazione
rinnovata dall’Incarnazione. Va verso un compimento, una fine
segnata dal Giudizio finale. Il tempo si dirige verso l’eternità che lo
abolirà
Tempo del mercante
Al tempo della Chiesa
mercanti e artigiani
sostituiscono il tempo più
esattamente misurato,
utilizzabile per le faccende
profane e laiche, il tempo
degli orologi, rizzati
dappertutto di fronte ai
campanili delle Chiese.
Il tempo che prima
apparteneva solo a Dio è
ora proprietà dell’uomo: è il
tempo moderno del lavoro,
della produttività, e quindi
del denaro.Berna, torre del’orologio
2. Lo spazio nel Medioevo
Lo spazio
nel Medioevo
Questa mappa mundi proviene da un manoscritto del X
sec. Come è evidente, le conoscenze geografiche
sono scarse: la terra è piatta, le indicazioni sui luoghi
e le distanze sono irreali, si mescolano parsi esistenti
a regioni fantastiche (la terra delle Amazzoni). Al
centro del mondo conosciuto si pone di solito
Gerusalemme per il suo significato religioso: in alto
sono rappresentati Adamo ed Eva e il peccato
originale. La terra non è uno spazio da misurare ma
una valle di lacrime, la sede di un dramma morale:
per darne un’idea si ricorre ad una rappresentazione
esclusivamente simbolica)
Le immagini del cosmo nel
Medioevo
È il filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.) ad elaborare il sistema geocentrico, secondo
cui, quando ormai il modello della Terra piatta era stato abbandonato e la sfericità del
nostro pianeta generalmente ammessa, l’universo viene concepito a due sfere: quella della
Terra, posta al centro del cosmo (in modo tale che il centro della Terra coincida con quello
dell’universo), e quella del cielo, entro cui ruotano le sfere dei pianeti (Luna e Sole
compresi). Le sfere celesti sono per Aristotele corpi fisici, costituiti di materia cristallina
purissima e incorruttibile; il loro moto è circolare e uniforme e deriva il proprio impulso
da Dio, motore immobile dell’universo. Nella loro perfezione i cieli si contrappongono al
mondo sublunare, costituito dei quattro elementi diversamente pesanti (terra e acqua che
tendono verso il basso, aria e fuoco che tendono verso l’alto), e caratterizzato dalle
continue trasformazioni naturali, dalla corruzione e dalla morte.
Nel II sec. d.C. l’astronomo e geografo alessandrino Claudio Tolomeo perfeziona e
completa l’opera di Aristotele spiegandone in maniera soddisfacente alcune
contraddizioni e rendendo quel modello compatibile con le più raffinate osservazioni
astronomiche.
Il sistema solare
copernicano
Il sistema solare
tolemaico
Implicazioni filosofiche e teologiche
del sistema aristotelico-tolemaico:
Nel tardo Medioevo le antiche teorie astronomiche sono recuperate dalla cultura
occidentale, quando, grazie alle traduzioni arabe, il patrimonio filosofico e scientifico
di Aristotele in particolare è assimilato dalla Scolastica. Soprattutto nel XIII sec. la
cultura astronomica degli antichi è accolta dal cristianesimo, che vi riconosce un
supporto fondamentale alle proprie convinzioni religiose e morali: il successo che il
modello tolemaico incontra a partire da allora è dovuto alla sua corrispondenza con
l’evidenza della percezione umana, ma soprattutto alla sua corrispondenza con la fede
cristiana. La centralità della Terra si accorda perfettamente con l’idea di un universo
retto dalla provvidenza divina e con la dottrina dell’incarnazione salvifica di Cristo; la
distinzione qualitativa fra Terra e cielo corrisponde all’idea di che l’uomo sia fatto di
materia e di spirito e che il suo destino sia sospeso fra la tentazione di sprofondare nel
peccato e la vocazione a salire in cielo; i cieli incorruttibili e sferici rappresentano un
universo ordinato e gerarchico, che richiama l’ordine e la gerarchia della società
umana.
Nel tardo Medioevo le antiche teorie astronomiche sono recuperate dalla cultura
occidentale, quando, grazie alle traduzioni arabe, il patrimonio filosofico e scientifico
di Aristotele in particolare è assimilato dalla Scolastica. Soprattutto nel XIII sec. la
cultura astronomica degli antichi è accolta dal cristianesimo, che vi riconosce un
supporto fondamentale alle proprie convinzioni religiose e morali: il successo che il
modello tolemaico incontra a partire da allora è dovuto alla sua corrispondenza con
l’evidenza della percezione umana, ma soprattutto alla sua corrispondenza con la fede
cristiana. La centralità della Terra si accorda perfettamente con l’idea di un universo
retto dalla provvidenza divina e con la dottrina dell’incarnazione salvifica di Cristo; la
distinzione qualitativa fra Terra e cielo corrisponde all’idea di che l’uomo sia fatto di
materia e di spirito e che il suo destino sia sospeso fra la tentazione di sprofondare nel
peccato e la vocazione a salire in cielo; i cieli incorruttibili e sferici rappresentano un
universo ordinato e gerarchico, che richiama l’ordine e la gerarchia della società
umana.
Ildegarda di Bingen (1098-1179), Liber divinorum
operum (ms della Bib. Statale di Lucca) L’influsso dei segni zodiacali sugli
organi del corpo umano
Chiostro dell’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra
L’aldilà
rappresentazioni del mondo ultraterreno
Per la religione cristiana – e anche per la mentalità medievale – il destino degli uomini e delle
donne dopo la morte riveste un ruolo essenziale. Questo pensiero non riguarda soltanto lo
«stato» degli individui ma anche la localizzazione della loro vita futura.
Un sistema binario distingue e contrappone i luoghi dell’aldilà e i loro abitatori umani. I
«buoni», dopo la resurrezione che si verifica alla fine del mondo, vivono in eterno in un luogo
di delizie, il paradiso; i «cattivi» sono condannati a risiedere, sempre in eterno, in un luogo di
supplizio, l’inferno.
La contrapposizione tra i luoghi dell’aldilà si fonda su basi scritturali: Matteo (25.31-46) dice
che nel momento del Giudizio finale, alla fine del mondo, Cristo farà sedere i buoni alla sua
destra e i cattivi alla sua sinistra, dicendo a quelli di sinistra: «Andate via da me, maledetti, nel
fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli [i demoni]». La conferma dell’esistenza
del paradiso, che rimanda al giardino dell’Eden, luogo di delizie creato da Dio secondo il
racconto della Genesi, si trova nel Vangelo di Luca, nella seconda Lettera ai Corinzi di Paolo e
nell’Apocalisse di San Giovanni. Luca riferisce che Gesù, prima di morire sulla croce, disse al
buon ladrone crocifisso alla sua destra: «In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso»
(23.43).
Quanto alla localizzazione, l’inferno è rappresentato sotto terra, il paradiso si trova in cielo.
La contesa fra angelo e diavolo per
l’anima dei cristiani
cappella Bolognini in San Petronio
L’invenzione del Purgatorio
Le due principali questioni poste dall’aldilà sono la data del giudizio, con la quale
Dio manda un defunto in cielo o all’inferno, e la possibilità di ritardare il verdetto
definitivo al periodo che intercorre tra la morte individuale e il Giudizio finale.
Sul primo punto si contrapposero due concezioni, entrambe ammesse dalla
Chiesa medievale. Secondo gli uni, tutti i defunti dovevano attendere il Giudizio
finale alla fine dei tempi prima di conoscere il loro destino ultraterreno. Secondo
gli altri, Dio accoglieva in paradiso, immediatamente dopo la morte solo quegli
eletti che non davano adito a discussioni, i santi.
Per gli altri, gli eletti ‘rimandati’, si pensò dapprima ad un luogo di ristoro, il
refrigerium, tutto all’opposto del fuoco divorante dell’inferno; poi al cosiddetto
«seno di Abramo», caratterizzato dall’assenza di pene, di supplizi per questi
morti, privilegiati e tuttavia privi della maggiore fonte della felicità: la grazia di
vedere Dio faccia a faccia.
Solo nella seconda metà del XII secolo s’inventò un luogo indipendente, il
purgatorio, un luogo intermedio fra inferno e paradiso, che sarebbe scomparso nel
momento del Giudizio finale, ormai svuotato dei suoi abitatori, tutti saliti in cielo.
Aldilà e governo della società
terrena
La durata del soggiorno in Purgatorio era proporzionale alla quantità di peccati
che pesavano sulla coscienza del defunto al momento della morte; inoltre
dipendeva dai suffragi (preghiere, messe, elemosine) che alcuni vivi, parenti o
amici, pagavano per abbreviare il tempo di purgatorio; infine la Chiesa, dietro
pagamento, poteva ottenere riscatto parziale o integrale del tempo di
purgatorio che restava da scontare ad alcuni defunti.
L’invenzione del Purgatorio svuotava parzialmente l’inferno e sostituiva il
sistema binario dell’aldilà con un sistema più complesso e più elastico, che fu
ampiamente diffusi dai frati degli ordini mendicanti.
Questo luogo assicurò il trionfo del giudizio individuale al momento della
morte e, andando a contemplare il regime della confessione individuale
obbligatoria per tutti i viventi almeno una volta all’anno (promulgato dal
concilio Laterano IV del 1215) contribuì grandemente all’affermarsi
dell’individuo rispetto ai gruppi. Il Purgatorio fu all’origine di una concezione
matematica dei peccati e delle penitenze che, in quell’epoca di sviluppo
commerciale e mercantile, diede vita ad una «contabilità dell’aldilà». Inoltre
accrebbe in maniera considerevole il potere sui morti della Chiesa, che nel
Duecento trasformò il Purgatorio in un dogma.
Appendice
Alcuni protagonisti del Medioevo.
il monaco
il filosofo
il filosofo
• Averroè (Abu'l-Wald Mohammad Ibn Ahamad Ibn
Roshd o Aven Roshd, diventato Averroes per i latini),
arabo-andaluso, fu filosofo, medico, matematico e
maestro della legge islamica. Nacque a Cordova
(Spagna) nel 1126 e morì a Marrakesh (Marocco) il 10
dicembre 1198.
• Averroè fu importantissimo per le sue traduzioni e
commenti delle opere di Aristotele, che in occidente
erano state quasi completamente dimenticate (prima
del 1150 solo pochissime opere aristoteliche erano
accessibili nell'Europa latina). Il recupero della
traduzione aristotelica in Europa deve moltissimo alla
traduzione in latino degli scritti di Averroè, iniziata nel
XII secolo. Fra gli altri, Tommaso d'Aquino fu influenzato
dalle idee di Averroè; il filosofo cristiano lo riteneva così
importante da non chiamarlo per nome, bensì "il
Commentatore", con la stessa deferenza con cui
chiamava Aristotele "il Filosofo".
• Dalla voce “Averroè” di Wikipedia
la donna
Possibili sviluppi:
-Donna, amore,
diavolo…
-La donna nel
mondo islamico
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Introduzione al medioevo

  • 1. Tempo e spazio nel Medioevo Mondo dell’uomo, mondo del mistero, aldilà.
  • 2. Premessa Spazio reale e spazio simbolico: il mondo come foresta di simboli.
  • 3. Il simbolismo medievale Basta pensare all’etimologia della parola «simbolo» per comprendere quale sia il posto occupato dal pensiero simbolico non soltanto nella teologia, nella letteratura e nell’arte dell’Occidente medievale, ma anche negli strumenti del pensiero. Il σύμβολον era presso i greci un segno di riconoscimento rappresentato dalle due metà di un oggetto diviso fra due persone. Il simbolo è segno di contratto. È il riferimento a un’unità perduta, ricorda e richiama una realtà superiore e nascosta. Ora, nel pensiero medievale, «ogni oggetto materiale era considerato come la raffigurazione di qualcosa che gli corrispondeva su un piano più elevato e diventava così il suo simbolo». È attraverso le parole che il simbolo medievale si lascia meglio cogliere. Per molti autori medievali nelle parole risiede la verità degli esseri e delle cose: ritrovando l’origine e la storia di ogni parola si può dunque avere accesso alla verità ontologica dell’essere o dell’oggetto che essa designa. Ma l’etimologia medievale non è l’etimologia moderna.
  • 4. Il simbolismo medievale Esempi Fra gli alberi il noce passa per malefico perché il nome latino che lo designa, nux, è generalmente collegato al verbo che significa nuocere, nocēre. Il noce è dunque un albero nocivo: non bisogna addormentarsi sotto le sue fronde per paura di essere visitati dal diavolo o dagli spiriti maligni, non bisogna lasciare che le sue radici si avvicinini alle stalle o alle scuderie perché gli animali ne morirebbero; infine, bisogna evitare di intagliare nel legno di noce una statua di Cristo o della Vergine o d’un santo venerato perché sarebbe un sacrilegio. Lo stesso vale per il melo, il cui nome, malus, evoca il male. D’altronde deve essere a causa del nome che il melo, a poco a poco, è divenuto, nella tradizione e nell’iconografia, l’albero del frutto proibito, causa della caduta e del peccato originale.
  • 5. L’uccello che trattiene il serpente, dall’Apocalisse del Beato di Liebana (XI sec.) Il simbolismo medievale La simbologia del nome proprio gioca un ruolo importante nella letteratura e nell’agiografia. È il nome a dare significato alla vita. Molti santi, per esempio, devono la loro «vita», passione, iconografia o le loro virtù, unicamente al proprio nome. Il caso più noto è quello di santa Veronica, che deve la sua esistenza – tardiva – solamente alla costruzione di un nome proprio di persona sulle due parole latine vera icona, che designano il Sacro Volto, cioè la «vera immagine» del Salvatore rimasta impressa su un sudario. Veronica è così divenuta una giovane donna che, durante la salita al Calvario, ha asciugato con un panno il sudore di Cristo che portava la croce. Nei paesi germanici sant’Agostino guarisce la cecità o reca sollievo al male degli occhi (die Augen), per gli stessi problemi s’invoca in Francia santa Chiara e in Italia santa Lucia (lux, -cis, «luce»).
  • 6. dal FISIOLOGO (antenato di tutti i bestiari medievali). Il Salmo dice: "E sarà innalzato come quello dell'unicorno il mio corno" [Salmi, 91.11]. Il Fisiologo ha detto dell'unicorno che ha questa natura: è un piccolo animale, simile al capretto, ma ferocissimo. Non può avvicinarglisi il cacciatore a causa della sua forza straordinaria; ha un solo corno in mezzo alla testa. E allora come gli si dà la caccia? Espongono davanti ad esso una vergine immacolata, e l'animale balza nel seno della vergine, ed essa lo allatta, e lo conduce al palazzo del re. L'unicorno è un'immagine del Salvatore: infatti "ha suscitato un corno nella casa di Davide padre nostro" [Luca, 1.69], ed è divenuto per noi corno di salvezza. Non hanno potuto aver dominio su di Lui gli angeli e le potenze, ma ha preso dimora nel ventre della vera e immacolata Vergine Maria, "e il Verbo si è fatto carne, e ha preso dimora fra di noi " [Giov., 1.14].
  • 7. A mon seul desir – La dama e l’unicorno
  • 8. La sirena era simbolo della lussuria (Pavia, san Michele Maggiore) Il diavolo divoratore, in figura di animale mostruoso, nei capitelli della Chiesa romanica di Chauvigny, XII sec.
  • 9. 1. Il tempo nel Medioevo Tempo della Chesa, tempo del mercante.
  • 10. Il tempo nel Medioevo Tempo della Chiesa Sino al XIII sec. la vita nell’Occidente cristiano era scandita dal tempo della Chiesa. Era il «tempo dei chierici, ritmato dagli uffici religiosi, dalle campane che li annunciano, indicato dalle meridiane imprecise e mutevoli, talvolta misurato da clessidre grossolane» (J. Le Goff)
  • 11. Il tempo nel Medioevo Tempo della Chiesa Sino al XIII sec. la vita nell’Occidente cristiano era scandita dal tempo della Chiesa. Era il «tempo dei chierici, ritmato dagli uffici religiosi, dalle campane che li annunciano, indicato dalle meridiane imprecise e mutevoli, talvolta misurato da clessidre grossolane» (J. Le Goff)
  • 12. Durante tutto l’Alto Medioevo il tempo del monaco e il tempo del contadino vanno di pari passo: cfr. l’etimologia del termine campana che dà Giovanni di Garlandia nel XIII sec. : «Campanae dicuntur a rusticis qui habitant in campo, qui nesciant judicare horas nisi per campanas» da Les très riches heures du Duc de Berry – calendario (mese di Ottobre)
  • 13. Il tempo cristiano Tempo liturgico Il tempo è scandito da periodi e date definiti dalla religione. I punti nodali della settimana erano ormai le domeniche, divenute essenziali di tutta la vita umana: tempo del lavoro definito da un periodo di sei giorni di fatica e da una sosta ogni settimo giorno. L’istituzione della domenica fu un evento che si impose gradualmente sul lungo periodo come fenomeno obbligatorio, prescritto dai Concili cristiani e dai poteri temporali cristiani fino al XII sec. Tempo ciclico della liturgia. Tempo CIRCOLARE costruito sulla vita di Cristo (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua) Tempo lineare La grande innovazione del tempo cristiano consistette nel propugnare, in combinazione con il tempo ciclico annuale, l’idea di un tempo lineare, quello della Storia, del tempo storico creato da Dio. La storia delle sei età dell’umanità comincia con Adamo e in questa prospettiva il periodo medievale fu considerato dalla Chiesa quello della sesta e ultima età. Fu definito come la vecchiaia del mondo e dell’umanità: «Mundus senescit». Tempo sacro e orientato Il tempo cristiano procede da una doppia origine divina: la Creazione rinnovata dall’Incarnazione. Va verso un compimento, una fine segnata dal Giudizio finale. Il tempo si dirige verso l’eternità che lo abolirà
  • 14. Tempo del mercante Al tempo della Chiesa mercanti e artigiani sostituiscono il tempo più esattamente misurato, utilizzabile per le faccende profane e laiche, il tempo degli orologi, rizzati dappertutto di fronte ai campanili delle Chiese. Il tempo che prima apparteneva solo a Dio è ora proprietà dell’uomo: è il tempo moderno del lavoro, della produttività, e quindi del denaro.Berna, torre del’orologio
  • 15. 2. Lo spazio nel Medioevo
  • 17. Questa mappa mundi proviene da un manoscritto del X sec. Come è evidente, le conoscenze geografiche sono scarse: la terra è piatta, le indicazioni sui luoghi e le distanze sono irreali, si mescolano parsi esistenti a regioni fantastiche (la terra delle Amazzoni). Al centro del mondo conosciuto si pone di solito Gerusalemme per il suo significato religioso: in alto sono rappresentati Adamo ed Eva e il peccato originale. La terra non è uno spazio da misurare ma una valle di lacrime, la sede di un dramma morale: per darne un’idea si ricorre ad una rappresentazione esclusivamente simbolica)
  • 18. Le immagini del cosmo nel Medioevo È il filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.) ad elaborare il sistema geocentrico, secondo cui, quando ormai il modello della Terra piatta era stato abbandonato e la sfericità del nostro pianeta generalmente ammessa, l’universo viene concepito a due sfere: quella della Terra, posta al centro del cosmo (in modo tale che il centro della Terra coincida con quello dell’universo), e quella del cielo, entro cui ruotano le sfere dei pianeti (Luna e Sole compresi). Le sfere celesti sono per Aristotele corpi fisici, costituiti di materia cristallina purissima e incorruttibile; il loro moto è circolare e uniforme e deriva il proprio impulso da Dio, motore immobile dell’universo. Nella loro perfezione i cieli si contrappongono al mondo sublunare, costituito dei quattro elementi diversamente pesanti (terra e acqua che tendono verso il basso, aria e fuoco che tendono verso l’alto), e caratterizzato dalle continue trasformazioni naturali, dalla corruzione e dalla morte. Nel II sec. d.C. l’astronomo e geografo alessandrino Claudio Tolomeo perfeziona e completa l’opera di Aristotele spiegandone in maniera soddisfacente alcune contraddizioni e rendendo quel modello compatibile con le più raffinate osservazioni astronomiche. Il sistema solare copernicano Il sistema solare tolemaico
  • 19. Implicazioni filosofiche e teologiche del sistema aristotelico-tolemaico: Nel tardo Medioevo le antiche teorie astronomiche sono recuperate dalla cultura occidentale, quando, grazie alle traduzioni arabe, il patrimonio filosofico e scientifico di Aristotele in particolare è assimilato dalla Scolastica. Soprattutto nel XIII sec. la cultura astronomica degli antichi è accolta dal cristianesimo, che vi riconosce un supporto fondamentale alle proprie convinzioni religiose e morali: il successo che il modello tolemaico incontra a partire da allora è dovuto alla sua corrispondenza con l’evidenza della percezione umana, ma soprattutto alla sua corrispondenza con la fede cristiana. La centralità della Terra si accorda perfettamente con l’idea di un universo retto dalla provvidenza divina e con la dottrina dell’incarnazione salvifica di Cristo; la distinzione qualitativa fra Terra e cielo corrisponde all’idea di che l’uomo sia fatto di materia e di spirito e che il suo destino sia sospeso fra la tentazione di sprofondare nel peccato e la vocazione a salire in cielo; i cieli incorruttibili e sferici rappresentano un universo ordinato e gerarchico, che richiama l’ordine e la gerarchia della società umana. Nel tardo Medioevo le antiche teorie astronomiche sono recuperate dalla cultura occidentale, quando, grazie alle traduzioni arabe, il patrimonio filosofico e scientifico di Aristotele in particolare è assimilato dalla Scolastica. Soprattutto nel XIII sec. la cultura astronomica degli antichi è accolta dal cristianesimo, che vi riconosce un supporto fondamentale alle proprie convinzioni religiose e morali: il successo che il modello tolemaico incontra a partire da allora è dovuto alla sua corrispondenza con l’evidenza della percezione umana, ma soprattutto alla sua corrispondenza con la fede cristiana. La centralità della Terra si accorda perfettamente con l’idea di un universo retto dalla provvidenza divina e con la dottrina dell’incarnazione salvifica di Cristo; la distinzione qualitativa fra Terra e cielo corrisponde all’idea di che l’uomo sia fatto di materia e di spirito e che il suo destino sia sospeso fra la tentazione di sprofondare nel peccato e la vocazione a salire in cielo; i cieli incorruttibili e sferici rappresentano un universo ordinato e gerarchico, che richiama l’ordine e la gerarchia della società umana.
  • 20. Ildegarda di Bingen (1098-1179), Liber divinorum operum (ms della Bib. Statale di Lucca) L’influsso dei segni zodiacali sugli organi del corpo umano
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  • 26. Chiostro dell’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra
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  • 32. L’aldilà rappresentazioni del mondo ultraterreno Per la religione cristiana – e anche per la mentalità medievale – il destino degli uomini e delle donne dopo la morte riveste un ruolo essenziale. Questo pensiero non riguarda soltanto lo «stato» degli individui ma anche la localizzazione della loro vita futura. Un sistema binario distingue e contrappone i luoghi dell’aldilà e i loro abitatori umani. I «buoni», dopo la resurrezione che si verifica alla fine del mondo, vivono in eterno in un luogo di delizie, il paradiso; i «cattivi» sono condannati a risiedere, sempre in eterno, in un luogo di supplizio, l’inferno. La contrapposizione tra i luoghi dell’aldilà si fonda su basi scritturali: Matteo (25.31-46) dice che nel momento del Giudizio finale, alla fine del mondo, Cristo farà sedere i buoni alla sua destra e i cattivi alla sua sinistra, dicendo a quelli di sinistra: «Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli [i demoni]». La conferma dell’esistenza del paradiso, che rimanda al giardino dell’Eden, luogo di delizie creato da Dio secondo il racconto della Genesi, si trova nel Vangelo di Luca, nella seconda Lettera ai Corinzi di Paolo e nell’Apocalisse di San Giovanni. Luca riferisce che Gesù, prima di morire sulla croce, disse al buon ladrone crocifisso alla sua destra: «In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso» (23.43). Quanto alla localizzazione, l’inferno è rappresentato sotto terra, il paradiso si trova in cielo.
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  • 34. La contesa fra angelo e diavolo per l’anima dei cristiani cappella Bolognini in San Petronio
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  • 39. L’invenzione del Purgatorio Le due principali questioni poste dall’aldilà sono la data del giudizio, con la quale Dio manda un defunto in cielo o all’inferno, e la possibilità di ritardare il verdetto definitivo al periodo che intercorre tra la morte individuale e il Giudizio finale. Sul primo punto si contrapposero due concezioni, entrambe ammesse dalla Chiesa medievale. Secondo gli uni, tutti i defunti dovevano attendere il Giudizio finale alla fine dei tempi prima di conoscere il loro destino ultraterreno. Secondo gli altri, Dio accoglieva in paradiso, immediatamente dopo la morte solo quegli eletti che non davano adito a discussioni, i santi. Per gli altri, gli eletti ‘rimandati’, si pensò dapprima ad un luogo di ristoro, il refrigerium, tutto all’opposto del fuoco divorante dell’inferno; poi al cosiddetto «seno di Abramo», caratterizzato dall’assenza di pene, di supplizi per questi morti, privilegiati e tuttavia privi della maggiore fonte della felicità: la grazia di vedere Dio faccia a faccia. Solo nella seconda metà del XII secolo s’inventò un luogo indipendente, il purgatorio, un luogo intermedio fra inferno e paradiso, che sarebbe scomparso nel momento del Giudizio finale, ormai svuotato dei suoi abitatori, tutti saliti in cielo.
  • 40. Aldilà e governo della società terrena La durata del soggiorno in Purgatorio era proporzionale alla quantità di peccati che pesavano sulla coscienza del defunto al momento della morte; inoltre dipendeva dai suffragi (preghiere, messe, elemosine) che alcuni vivi, parenti o amici, pagavano per abbreviare il tempo di purgatorio; infine la Chiesa, dietro pagamento, poteva ottenere riscatto parziale o integrale del tempo di purgatorio che restava da scontare ad alcuni defunti. L’invenzione del Purgatorio svuotava parzialmente l’inferno e sostituiva il sistema binario dell’aldilà con un sistema più complesso e più elastico, che fu ampiamente diffusi dai frati degli ordini mendicanti. Questo luogo assicurò il trionfo del giudizio individuale al momento della morte e, andando a contemplare il regime della confessione individuale obbligatoria per tutti i viventi almeno una volta all’anno (promulgato dal concilio Laterano IV del 1215) contribuì grandemente all’affermarsi dell’individuo rispetto ai gruppi. Il Purgatorio fu all’origine di una concezione matematica dei peccati e delle penitenze che, in quell’epoca di sviluppo commerciale e mercantile, diede vita ad una «contabilità dell’aldilà». Inoltre accrebbe in maniera considerevole il potere sui morti della Chiesa, che nel Duecento trasformò il Purgatorio in un dogma.
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  • 47. il filosofo • Averroè (Abu'l-Wald Mohammad Ibn Ahamad Ibn Roshd o Aven Roshd, diventato Averroes per i latini), arabo-andaluso, fu filosofo, medico, matematico e maestro della legge islamica. Nacque a Cordova (Spagna) nel 1126 e morì a Marrakesh (Marocco) il 10 dicembre 1198. • Averroè fu importantissimo per le sue traduzioni e commenti delle opere di Aristotele, che in occidente erano state quasi completamente dimenticate (prima del 1150 solo pochissime opere aristoteliche erano accessibili nell'Europa latina). Il recupero della traduzione aristotelica in Europa deve moltissimo alla traduzione in latino degli scritti di Averroè, iniziata nel XII secolo. Fra gli altri, Tommaso d'Aquino fu influenzato dalle idee di Averroè; il filosofo cristiano lo riteneva così importante da non chiamarlo per nome, bensì "il Commentatore", con la stessa deferenza con cui chiamava Aristotele "il Filosofo". • Dalla voce “Averroè” di Wikipedia
  • 48. la donna Possibili sviluppi: -Donna, amore, diavolo… -La donna nel mondo islamico