1. Total Quality Management
Secondo l’ ISO 8402 [1] , il quality management può essere
definito come segue:
le attività della funzione di management nel
“Tutte
suo complesso che determinano la politica della
qualità, gli obbiettivi e le responsabilità, e li
implementano con mezzi quali la pianificazione della
qualità, il quality control, la quality assurance ed il
miglioramento qualitativo all’interno del sistema
della qualità”.
ISO 8402, “Quality Management and Quality Assurance”, Vocabulary, International Organization for Standardization, 1994
[1]
Prof. Gandolfo Dominici 1
2. Total Quality Management
Il Total Quality Management si può considerare come una
filosofia manageriale per il miglioramento continuo delle
performance dell’impresa nel suo complesso. Esso è basato su:
Lo stile di leadership;
La vision aziendale;
La gestione della qualità dei fornitori;
Il controllo ed il miglioramento dei processi;
Il design del prodotto;
La partecipazione, valorizzazione e formazione dei
dipendenti;
La customer satisfaction.
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3. Total Quality Management
Storia ed evoluzione
1946- Occupazione americana del Giappone sotto la
guida del Generale Mac Arthur. Educazione dei
giapponesi tramite la radio, ricostruzione della
rete di comunicazione;
1947- Homer Sarasohn fu assunto per organizzare
l’operazione mediante il ripristino e l’istallazione
di apparecchiature, la fornitura di materiali e
componenti, il ripristino degli stabilimenti, la
fondazione dell’ Equipment Test Laboratory e la
fissazione di più alti standard di prodotto.
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4. Total Quality Management
Storia ed evoluzione
- 1948 Koji Kobayashi della NEC creò corsi di formazione
nella gestione della qualità per gli alti dirigenti giapponesi;
- Prima del suo ritorno negli Stati Uniti, egli raccomandò W.
Edwards Deming per un seminario sullo Statistical Quality
Control (SQC) in Giappone;
- In quegli anni il concetto di Qualità Totale fu introdotto da
Armand V. Feigenbaun [1] che lo definì come un efficace
sistema per integrare gli sforzi dei vari gruppi in materia di
sviluppo della qualità, quality maintenance e miglioramenti
della qualità nell’organizzazione, in modo da attivare
produzione e servizio ai livelli più economici che garantiscano
la piena soddisfazione del cliente.
[1] La prima edizione del libro: “Total Quality Control”, scritto dal Dr, Armand V. Feigenbaun,
venne pubblicata nel 1951.
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5. Total Quality Management
Storia ed evoluzione
• Deming svolse un seminario di trenta giorni
sponsorizzato dalla Japanese Union of
Scientists and Engineers (JUSE) e presentò i
criteri per il famoso concorso giapponese
“Deming”;
• Per il suo contributo all’industrializzazione
del Giappone, Deming fu insignito del
Secondo Ordine del Sacro Tesoro dal Primo
Ministro giapponese.
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6. Il primo “guru” della qualità:
Deming
• Deming sviluppò e strutturò il concetto di
qualità all’interno dell’impresa. Egli
affermò il concetto che la qualità comincia
dal top management e rappresenta
un’attività strategica. La filosofia di Deming
afferma che la qualità e la produttività
crescono al decrescere della variabilità.
Prof. Gandolfo Dominici 6
7. I 14 step verso la qualità per
Deming
Deming sottolineò 14 tappe che i manager possono seguire per
l’implementazione di un programma di qualità in qualunque tipo di
organizzazione:
Creare costanza di scopi, nei campi: dell’innovazione,
1)
degli investimenti in ricerca e formazione, del
miglioramento continuo di prodotto e di servizio, della
manutenzione delle apparecchiature;
Adottare una nuova filosofia. Il management deve
2)
affrontare una profonda trasformazione e cominciare a
credere nell’importanza della qualità dei prodotti e dei
servizi;
Smettere di essere dipendenti dalle ispezioni di massa. I
3)
prodotti ed i servizi devono essere ispezionati il giusto
necessario da permettere di identificare le modalità per
migliorare il processo;
Prof. Gandolfo Dominici 7
8. I 14 step verso la qualità per
Deming
Smettere di fare affari basandosi sul prezzo. I prodotti a
4)
minor prezzo non sempre sono quelli di migliore qualità;
si devono scegliere i fornitori in base ai loro risultati di
miglioramento ed instaurare con essi rapporti a lungo
termine;
5) Migliorare continuamente il sistema di produzione e/o di
servizio. Il miglioramento non deve essere visto come un
impegno una-tantum; il management ha la
responsabilità di dirigere l’organizzazione verso la
pratica del miglioramento continuo della qualità e della
produttività;
Istituire la formazione sul lavoro. I lavoratori hanno
6)
bisogno di sapere come fare il loro lavoro in maniera
appropriata, imparando nuovi metodi a tal fine;
Prof. Gandolfo Dominici 8
9. I 14 step verso la qualità per
Deming
Istituire lo stile di leadership. I manager hanno la
7)
responsabilità di individuare gli ostacoli che impediscono
ai lavoratori di staff di essere soddisfatti del loro lavoro;
8) Eliminare la paura. I lavoratori spesso temono ritorsioni
qualora causino problemi sul lavoro. I manager devono
creare un ambiente dove i lavoratori possono esprimere i
loro problemi con fiducia;
9) Abbattere le barriere tra i dipartimenti. Il lavoro di
squadra deve essere incoraggiato aiutando i lavoratori
dei diversi dipartimenti a lavorare insieme;
10) Eliminare gli slogan e le esortazioni per la forza lavoro. Il
solo uso di slogan, senza un’indagine del luogo di lavoro,
può essere offensiva per i lavoratori. I manager devono
imparare metodi più efficaci per motivare le persone
all’interno dell’organizzazione;
Prof. Gandolfo Dominici 9
10. I 14 step verso la qualità per
Deming
11) Eliminare le quote numeriche. Le quote ostacolano la
qualità non lasciando spazio al miglioramento. I
lavoratori hanno bisogno della flessibilità necessaria per
dare ai clienti il livello di servizi che richiedono;
12) Dare orgoglio ai lavoratori e feedback su come stanno
svolgendo il loro lavoro;
13) Istituire un programma di formazione e di auto-
miglioramento. Con il miglioramento continuo, le
definizioni delle mansioni cambiano, gli impiegati
necessitano , dunque, della formazione necessaria per il
successo nel loro lavoro;
14) Agire per compiere la trasformazione. Il management
deve lavorare in team per portare a compimento i 13
punti di cui sopra.
Prof. Gandolfo Dominici 10
11. Il secondo guru: Juran
• 1954 - un altro americano Joseph M. Juran estese il
concetto di quality management dalla fabbrica a tutta
l’organizzazione sottolineando l’importanza di ripensare il
sistema dal design del prodotto alle apparecchiature, dal
sistema di test al processo di feedback;
• Egli modificò il modo di pensare l’organizzazione dalla
tradizionale filosofia della qualità come “conformità alle
specifiche tecniche” basata sulla realtà industriale ad un
approccio basato sull’utente per il quale coniò il termine
“fitness for use” (conformità all’utilizzo);
• Juran fece infatti notare come con il tradizionale
approccio , un prodotto pericoloso risulterebbe “conforme
alle specifiche tecniche”, ma non “fit for use”.
Prof. Gandolfo Dominici 11
12. Il primo guru giapponese:
Kaoru Ishikawa
1968 - Kaoru Ishikawa, crea i “circoli di qualità” ed i
“diagrammi causa-effetto”. Egli fece notare come si
fosse data in passato eccessiva enfasi al controllo
statistico della qualità, rendendo l’implementazione
della qualità troppo complessa. La conseguente
standardizzazione dei prodotti e dei processi era
diventata un carico che rendeva difficile il
cambiamento e le persone infastidite dalla eccessiva
regolamentazione.
Per Ishikawa la partecipazione dei lavoratori è la
chiave per il successo nell’implementazione del Total
Quality Management; i circoli di qualità sono uno
strumento importante Gandolfo Dominici
a questo scopo.
Prof. 12
13. Gli step verso la qualità per
Kaoru Ishikawa
I punti chiave della qualità totale secondo Ishikawa sono:
• La qualità prima di tutto, prevalendo specialmente sulla
logica del profitto a breve termine;
• Il cliente innanzi tutto, prima del produttore;
• I clienti sono il processo successivo, senza barriere
organizzative;
• Le decisioni sono basate su fatti e dati;
• Il management è partecipativo e rispettoso di tutti i
lavoratori;
• I comitati inter-funzionali devono guidare il management
coprendo le funzioni di pianificazione di prodotto, design
di prodotto, pianificazione della produzione, acquisti,
vendite e distribuzione.
Prof. Gandolfo Dominici 13
14. Il “guru” manager: Crosby
• Philip B. Crosby iniziò la sua carriera come
ispettore della qualità lavorando per diverse
aziende fino a divenire vice presidente della
ITT.
• Nel 1979 lasciò la ITT per fondare la “Philip
Crosby Associates Inc.” ed il “Crosby
Quality College”.
Prof. Gandolfo Dominici 14
15. Il contributo di Crosby
• “Zero Defects” non è solamente un programma
motivazionale per i lavoratori ma anche uno standard
manageriale, con un messaggio sulla qualità diretto
anche al management;
• Strumenti per la gestione della qualità tra cui la
misurazione dei costi della qualità, la “Management
Maturity Grid” (griglia della maturità manageriale );
• Programma in 14 punti per il miglioramento della
qualità;
• Stimò che il costo medio della qualità per la maggior
parte delle imprese varia tra il 15% e il 20% del
valore delle vendite
Prof. Gandolfo Dominici 15
16. Il Management Maturity Grid di
Crosby
Incertezza, quando la qualità non è ancora riconosciuta
I.
come strumento manageriale;
Risveglio, quando l’impresa riconosce l’importanza della
II.
qualità senza però agire;
Illuminazione, quando il management inizia
III.
l’implementazione di un programma per la qualità;
Saggezza, quando la prevenzione funziona bene, i
IV.
problemi sono identificati in anticipo e si fanno efficaci
azioni correttive;
Certezza, quando l’agire per la qualità diventa un elemento
V.
essenziale del lavoro nell’impresa e i problemi sono meno
frequenti.
Prof. Gandolfo Dominici 16
17. I 14 step per la qualità di Crosby
Stabilire l’impegno del management; è necessario
1)
convincere il top management circa la necessità del
miglioramento qualitativo e renderlo noto a tutta l’impresa.
Questo primo passo implica la stesura di un documento circa
la politica per la qualità;
Formare team interdipartimentali per la qualità; il
2)
management deve formare dei gruppi costituiti dai capi area
e dai capi dipartimento per la supervisione del
miglioramento qualitativo;
Stabilire la misurazione della qualità; è necessario
3)
implementare misurazioni specifiche per ogni attività al fine
da evidenziare le aree che devono essere migliorate;
Prof. Gandolfo Dominici 17
18. I 14 step per la qualità di Crosby
Valutare il costo della qualità; l’ufficio di controllo deve
4)
stimare i costi della qualità per identificare le aree dove
necessitano miglioramenti;
5) Accrescere la consapevolezza sulla qualità tra i dipendenti;
i supervisori devono trasmettere a tutti i lavoratori il
messaggio sulla importanza della conformità del prodotto
agli standard qualitativi con strumenti quali i programmi
formativi, l’utilizzo di filmati didattici, opuscoli e poster;
Promuovere azioni correttive; le opportunità di
6)
miglioramento dei punti 3 e 4 e i suggerimenti dei lavoratori
devono essere esposte a livello di supervisione e, se
possibile, risolte a questo livello oppure passate ai livelli
superiori qualora necessario;
Prof. Gandolfo Dominici 18
19. I 14 step per la qualità di Crosby
7) Istituire un comitato ad hoc per il programma “difetti
zero”; questo comitato deve essere opportunamente formato
da membri del team di “quality improvement” e pianificare
un programma di “difetti zero” che sia conciliabile con la
cultura aziendale;
Formazione dei supervisori; tutti i livelli del management
8)
devono essere istruiti a proposito del programma qualità;
Fissare una “giornata dei difetti zero”; una giornata del
9)
difetti zero deve essere fissata per mandare un messaggio
chiaro a tutti i dipendenti riguardo i nuovi standard
qualitativi dell’azienda;
Prof. Gandolfo Dominici 19
20. I 14 step per la qualità di Crosby
10) Fissare i goal dei dipendenti; ogni dipendente deve fissare i
suoi obiettivi e comunicarli al suo supervisore il quale
stabilirà delle riunioni per discutere il raggiungimento di tali
obiettivi;
11) Rimozione delle cause di errore; i lavoratori devono essere
incoraggiati a comunicare rapidamente ai supervisori ogni
problema che impedisce loro il raggiungimento degli
obiettivi di performance;
12) Riconoscimento per il raggiungimento e/o il superamento
degli obiettivi; a coloro che raggiungono o superano gli
obiettivi di performance prefissati deve essere riconosciuto
un apprezzamento pubblico, esplicito e non-pecuniario;
Prof. Gandolfo Dominici 20
21. I 14 step per la qualità di Crosby
13) Costituire i Consigli di qualità; i Consigli di qualità tra
esperti della qualità e i team-leader devono essere tenuti
regolarmente al fine di condividere le esperienze e trovare
soluzioni ai problemi occorsi;
14) Rifare tutto di nuovo; il programma di cui sopra dal punto 1
al punto 13 deve essere ripetuto i modo da dare maggiore
enfasi al processo della qualità e di rinnovare l’impegno di
tutti i lavoratori.
Prof. Gandolfo Dominici 21
22. Gli stadi di evoluzione del TQM
Tutte le funzioni ed i dipendenti sono coinvolti
I fornitori sono coinvolti
TQM
Teamwork
Staff empoverment
Viene sviluppata una strategia
della qualità Quality Assurance
Programma di manutenzione
Quality Costing
Quality Control
Problem soving
Pianificazione della qualità
Ispezione
Controllo statistico della qualità
Performance dei processi
Standard qualitativi
Individuazione degli errori
Rettificazione degli errori
Prof. Gandolfo Dominici 22
23. La vision
• Include i concetti fondamentali del TQM nella filosofia
aziendale contenuta nel testo della “vision”;
• La filosofia aziendale descrive come l’impresa vuole essere
vista nel suo settore. Essa descrive valori, convinzioni e
standard che sono la comunicazione degli elementi basilari
dell’intenzione di implementare una politica aziendale.
• Grazie alla filosofia aziendale tutti i dipendenti sono in
grado di capire come possono contribuire al
raggiungimento dei fini dell’impresa.
• Una vision efficace deve essere redatta usando un
linguaggio capace di motivare i dipendenti verso alti livelli
di performance incoraggiando il loro coinvolgimento.
Prof. Gandolfo Dominici 23
24. La vision
La vision cambia seguendo i contesti socio-culturali. In Giappone la redazione
di un documento contenente i valori dell’impresa non è una novità. Esempi:
• Periodo Meiji: filosofia aziendale della Mitsui: “Assicurare
la prosperità dei discendenti attraverso il duro lavoro e
ringraziando i nostri antenati”;
• Anni ’70 introduzione del concetto di qualità: filosofia della
Riken Forge Co. :“Assicurare profitti che accrescono la
felicità dei dipendenti. Assicurare prodotti di alta qualità e
basso costo in quantità, cosi da costruire la fiducia dei
clienti”;
• 1998 Asahi Breweries: “Il Gruppo Asahi Breweries mira a
soddisfare i clienti con i più alti livelli di qualità ed integrità,
nel contempo contribuendo alla promozione di uno stile di
vita salutare e all’arricchimento della società in tutto il
mondo”.
Prof. Gandolfo Dominici 24
25. Il concetto del cliente e del fornitore
interno
• Ogni componente dell’organizzazione è
visto come un come un cliente che consuma
e produce beni da e verso gli altri
componenti.
• Si eliminano concettualmente i confini tra
interno ed esterno;
• Ognuno diventa responsabile per i bisogni
del proprio cliente, interno od esterno che
sia.
Prof. Gandolfo Dominici 25
26. SCM e TQM
• Deming ha sottolineato come il lavorare in
cooperazione con i fornitori, considerandoli
partner in relazioni a lungo termine aiuta a
migliorare la qualità dei materiali in entrata e
dunque a diminuire i costi della qualità;
• Le imprese devono spostare l’attenzione dalla
minimizzazione del costo di acquisto dei materiali
alla minimizzazione del costo medio totale delle
ispezioni e della perdita di qualità.
Prof. Gandolfo Dominici 26
27. SCM e TQM
Juran e Gryna hanno evidenziato come il compratore deve aggiungere
al prezzo d’acquisto tutto l’insieme dei costi della qualità quali:
• Il costo di nuove ispezioni
• Il costo della revisione dei materiali
• Il costo per ritardi nelle linea di produzione
• Il costo per fallimenti interni
• Il costo dovuto a maggiori scorte
• Il costo per interruzioni della linea di produzione
• Il costo per fallimenti esterni
Prof. Gandolfo Dominici 27
28. Autonomazione
• L’autonomazione (traduzione per sillabe del
termine giapponese Jidoka) è alla base di
ogni sistema di lean production sia esso il
JIT o il Total Quality;
• Schroeder [1] definisce il JIT come:
“l’eliminazione degli sprechi nel processo di
produzione utilizzando la piena capacità dei
lavoratori”.
[1] Schroeder, R.G. “Operations Management”, McGraw-Hill, 2000.
Prof. Gandolfo Dominici 28
29. Multifunzionalità della forza lavoro
• L’utilizzo di operai multifunzionali è l’elemento
chiave della gestione delle risorse umane al fine di
migliorare la qualità e rendere il processo più
flessibile;
• Grazie al lavoro multifunzionale, i processi operativi
possono essere cambiati più facilmente per incontrare
le richieste della domanda riducendo allo stesso tempo
la sensazione di alienazione e noia dei lavoratori e d i
problemi ergonomici;
• La flessibilità delle mansioni fa si che i lavoratori
accettino maggiori responsabilità aumentando la loro
stima di se stessi e la loro sensazione di valere per
l’impresa. Prof. Gandolfo Dominici 29
30. Routine operativa standard
Alla Toyota vige un motto:
IL DIAVOLO STA’ NEI DETTAGLI
Ciò significa che l’attenzione hai dettagli è considerata
fondamentale e pertanto tutte le mansioni sono meticolosamente
standardizzate in un documento per ciascuna mansione:
la routine operativa standard
Prof. Gandolfo Dominici 30
31. Benefici della Multifunzionalità
Grazie alla standardizzazione del lavoro è possibile,
dopo una appropriata formazione, cambiare i lavoratori
assegnati alle varie mansioni, con diversi benefici:
I lavoratori multifunzionali possono meglio
partecipare al processo di produzione e ridurre
l’alienazione tipica del lavoro in fabbrica;
La conoscenza multi-processo aumenta l’efficacia
del lavoro di squadra e del kaizen;
Prof. Gandolfo Dominici 31
32. Benefici della Multifunzionalità
I lavoratori multifunzionali possono essere spostati in
diversi processi ed operazioni rendendo il lead-time
più flessibile ed adattabile ai cambiamenti della
domanda evitando di dovere aumentare il numero dei
kanban ;
Si rende possibile la “produzione a singola unità di
prodotto” (Ikko nagashi); il lavoratore
multifunzionale può seguire la produzione di un
singolo prodotto lungo tutta la linea gestendo diversi
macchinari di diversi processi produttivi.
Procedendo con la mansione successiva solo quando
termina la mansione precedente l’introduzione nel
processo successivo avviene solo quando viene
introdotta nella linea una nuova unità.
Prof. Gandolfo Dominici 32
33. Autonomazione: Jidoka , etimologia
Il termine “Jidoka” in giapponese ha due diversi significati
poiché può essere scritto con diversi ideogrammi ( o kanji):
• 自動化 : con il significato di processo meccanico
automatico;
• 自働化 : con il significato di autocontrollo dei difetti
effettuato da una macchina ma con l’aiuto di una
mente umana.
La parola Jidoka è composta di tre ideogrammi giapponesi
(kanji)[ JI – DO – KA]. A seconda dell’ideogramma centrale DO
cambia il significato della parola e così da “automazione” si
passa ad “autonomazione” con il significato di “automazione
con un elemento umano”.Prof. Gandolfo Dominici 33
34. Autonomazione
• L’autonomazione è il risultato
dell’evoluzione del controllo di qualità. Con
l’autonomazione non vi è infatti bisogno di
molte ispezioni poiché il controllo e la
responsabilità è delegata all’operaio. Le
ispezioni statistiche vengono comunque
effettuate ma le decisioni del management
non si basano su queste.
Prof. Gandolfo Dominici 34
35. Kaizen: miglioramento continuo
• Maasaki Imai definisce il kaizen nel modo
seguente: “La filosofia kaizen presume che il
nostro modo di vivere, la vita lavorativa o
quella domestica, debba concentrarsi
nell’impegno verso un costante
miglioramento” [1] .
[1] Imai Maasaki, “Gemba Kaizen, Come ottenere crescita e profitti con l’innovazione
continua”, pag.1, IlSole24ore, 2001.
Prof. Gandolfo Dominici 35
36. Le tre regole d’oro del kaizen
Pulizia;
Eliminazione degli sprechi (o muda in
giapponese);
Standardizzazione
Prof. Gandolfo Dominici 36
37. Kaizen: pulizia (5S)
Seiri (separare): la separazione delle cose inutili da
•
quelle necessarie e l’eliminazione delle prime;
Seiton (riordinare): il mettere accuratamente ed
•
efficientemente in ordine tutti gli oggetti non rigettati
dal Seiri.
Seiso (pulire): il tenere puliti tutti i macchinari e tutte le
•
attrezzature così come tutto l’ambiente di lavoro;
Seiketsu (sistematizzare): mettere in pratica i
•
precedenti punti estendendoli alla propria persona
Shitsuke (standardizzare): migliorare l’auto-disciplina
•
tramite l’abitudine a seguire gli standard delle 5S.
Prof. Gandolfo Dominici 37
38. Kaizen:
eliminazione degli sprechi
• L’eliminazione degli sprechi (muda in
giapponese) si riferisce a tutti gli sprechi
all’interno dell’azienda come: l’eccesso di
risorse, la sovrapproduzione, l’eccesso di
scorte, le mansioni inutili, i tempi morti, gli
sprechi nei trasporti, ecc.
• L’eliminazione degli sprechi è come si è
visto, uno dei principi fondamentali del Just
in Time.
Prof. Gandolfo Dominici 38
40. Kaizen: standardizzazione
Qualora siano necessarie delle modificazioni del processo si deve
seguire il ciclo PDCA (Plan, Do Check, Act):
Act Plan
Check Do
Prof. Gandolfo Dominici 40
41. Applicazione del kaizen nell’impresa
Seiri (separare),Seiton (riordinare),Seiso (pulire),Seiketsu (sistematizzare),Shitsuke(standardizzare)
Gli scarti del Seiri vengono segnalati con delle targhette
Rosse (Seiri Visivo) secondo una procedura di 6 passi successivi
che vengono messi in opera due volte l’anno:
1. Stabilire un progetto di “targhette rosse”
2. Determinare gli oggetti che devono essere contrassegnati
3. Determinazione del criterio per contrassegnare gli oggetti
4. Preparazione delle targhette
5. Mettere le targhette
6. Valutazione degli oggetti contrassegnati dalle targhette
Prof. Gandolfo Dominici 41
42. Seiri (separare) visivo
1. Stabilire un progetto di “targhette rosse”
Vi sono due tipi di strategie per l’applicazione delle
targhette rosse:
– Contrassegnare con targhette rosse in ciascuna postazione
di lavoro (da fare giornalmente)
– Contrassegnare con targhette rosse in tutta l’impresa (una
o due volte l’anno)
Prof. Gandolfo Dominici 42
43. Seiri (separare) visivo
2. Determinare gli oggetti che devono essere
contrassegnati
Le tipologie di oggetti che devono essere contrassegnati
sono:
•
Stock
• Macchinari
• Spazi
Prof. Gandolfo Dominici 43
44. Seiri (separare) visivo
3. Determinazione del criterio per contrassegnare gli
oggetti
Determinare i criteri per decidere cosa sia “non
necessario” e deva di conseguenza essere contrassegnato.
Di solito sono considerati non necessari gli oggetti non
usati per più di un mese e che non servono nel mese
successivo.
Prof. Gandolfo Dominici 44
46. Seiri (separare) visivo
5. Mettere le targhette
Deve essere un manager a mettere le
targhette e non un lavoratore della
postazione , poiché una figura distaccata
può essere più oggettiva nella valutazione
delle condizioni dell’oggetto da dismettere.
Prof. Gandolfo Dominici 46
47. Seiri (separare) visivo
6. Valutazione degli oggetti contrassegnati
dalle targhette
Gli oggetti contrassegnati sono classificati in 4
gruppi:
a) Difettosi
b) Stock morti
c) Oggetti fermi (stock in eccesso)
d) Materiali abbandonati (da esaminare)
Prof. Gandolfo Dominici 47
48. Seiri (separare) visivo
Al termine dei 6 step i risultati devono essere
riassunti in una lista di oggetti inutili e una lista
di risorse inutili e accompagnati da un commento
riguardante le azioni necessarie per evitare gli
sprechi in futuro.
Prof. Gandolfo Dominici 48
50. Seiton (riordinare) visivo
Una volta eliminati gli oggetti inutili con il
Seiri si devono identificare gli oggetti non
scartati in termini di: posizione, tipo di
oggetto e quantità.
Il Seiton visivo permette ai lavoratori di
identificare facilmente gli attrezzi ed i
materiali così che dopo l’uso li possano
rimettere a posto facilmente.
Prof. Gandolfo Dominici 50
54. Seiton (riordinare) visivo
L’implementazione del Seiton visivo avviene in
5 step:
1. Decidere la collocazione dell’oggetto; in
base alla frequenza d’uso e all’utilità per i
lavoratori
2. Preparare i contenitori; senza aggiungerne
di nuovi
Prof. Gandolfo Dominici 54
55. Seiton (riordinare) visivo
3. Indicare la
posizione di
ciascun
oggetto;
mediante
targette
identificative
creando dei
codici per
ciascuno
spazio
Prof. Gandolfo Dominici 55
56. Seiton (riordinare) visivo
4. Indicare il codice di ogni oggetto e la sua quantità; tramite targhette
su ogni oggetto indicanti il codice e piastre su ogni scaffale che contiene
gli oggetti
Prof. Gandolfo Dominici 56
58. Seiton (riordinare)
regole pratiche
Le regole del Seiton vengono anche specificamente
applicate nella gestione del WIP:
Regola 1. Utilizzare il criterio FIFO;
Regola 2. Implementare e settare per ottenere
facilità di movimentazione (indice di vivibilità);
Regola 3. Considerare gli spazi di stoccaggio come
parte integrante della linea produttiva;
Prof. Gandolfo Dominici 58
59. Seiso (pulire),Seiketsu
(sistematizzare),Shitsuke(standardizzare)
Le altre 3 S delle 5S del Kaizen sono strettamente
interrelate nella loro applicazione ai processi
produttivi.
Ciò implica diversi accorgimenti per prevenire la
sporcizia (seiso) nell’ambiente di lavoro
sistematizzando la pulizia (seiketsu).
Prof. Gandolfo Dominici 59
62. Seiso (pulire), Seiketsu (sistematizzare),
Shitsuke(standardizzare)
Lo Shitsuke lo standardizzare i comportamenti è
innato nel lavoratore giapponese. Il tentativo in
Giappone di introdurre il metodo motivazionale
del “bastone e della carota” come in occidente è
fallito. I lavoratori Giapponesi vengono meglio
motivati dal metodo “orgoglio-vergogna”.
Prof. Gandolfo Dominici 62
64. Gestione dei fornitori
• Nella produzione di massa la selezione dei fornitori era
basata sul solo criterio di costo. Era (ed in molte realtà
ancora oggi è) considerato il miglior fornitore colui che era
in grado di fornire il materiale al minor costo unitario;
• Secondo l’approccio snello (o lean), un minor numero di
fornitori può essere meglio coinvolto in relazioni dirette ed
a lungo termine con l’impresa produttrice. I fornitori
vengono scelti in base alla performance anziché in base al
prezzo ed i fornitori di prima linea hanno un ruolo
importante anche nella progettazione del prodotto. Le
relazioni a lungo termine con i fornitori migliorano la
cooperazione che è garantire la puntualità delle consegne e
gli standard qualitativi.
Prof. Gandolfo Dominici 64
65. Gestione dei fornitori
Crosby :
“Le relazioni con i fornitori si sviluppano in un in un
lungo arco temporale in cui si fanno affari insieme
[…] L’effetto di ciò si sente attraverso l’intero
processo. Questa è parte del processo di
prevenzione” [1]
La “qualità logistica” è fondamentale per prevenire
i problemi legati agli standard qualitativi
[1] Crosby P.B., “Quality Is Still Free: Making Quality Certain in Uncertain Times” McGraw Hill, 1995,
pagina 54.
Prof. Gandolfo Dominici 65
66. L a gestione dei fornitori nella lean
production
Selezionare i fornitori;
Valutare i fornitori;
Gestire i fornitori;
Sviluppare i fornitori
Prof. Gandolfo Dominici 66
67. Decisione di
esternalizzazione / integrazione del processo
Fattori positivi dell’esternalizzazione:
• Il costo; grazie alla loro minore dimensione i fornitori
possono avere costi di minori restrizioni sindacali e dunque
minori costi (vero in Giappone, meno nei paesi
occidentali);
• Esperienza e know-how sviluppati da fornitori
specializzati;
• Veloce risposta al mercato;
• Condivisione del rischio;
• Eliminazione delle attività “non- caratteristiche con
conseguente miglioramento del controllo e della
professionalità specifica dell’impresa;
• Cash flow derivante dalla vendita della proprietà
intellettuale. Prof. Gandolfo Dominici 67
68. Decisione di
esternalizzazione / integrazione del processo
Costi ed i rischi dell’esternalizzazione:
• I costi di transazione;
• Il rischio di fallibilità del fornitore;
• Il rischio di perdita di know-how associato con lo
spostamento della produzione di componenti;
• La riduzione del controllo sulla produzione dei
componenti;
• La perdita di capitale intellettuale;
• L’eccessiva esternalizzazione può causare sotto-
occupazione;
• Il rischio di liti con i fornitori.
Prof. Gandolfo Dominici 68
69. Selezione dei fornitori
La selezione dei fornitori deve tenere conto di diverse
variabili :
• Estensione e profondità dell’esperienza dell’impresa;
• Capacità ed esperienza del personale;
• Solvibilità finanziaria;
• Impegno verso il miglioramento qualitativo e la customer
satisfaction;
• Unicità delle capacità di servizio;
• Livello di comprensione del settore e del mercato del
cliente;
• Impegno al miglioramento tecnologico;
• Volontà di offrire garanzie di performance;
• Impegno di servizio a lungo termine;
• Ampiezza del portafoglio di servizi;
• Reputazione del fornitore.
Prof. Gandolfo Dominici 69
70. Valutazione dei fornitori
Il modello di Grando e Sianesi [1]:
1
A
3
V o lu m i d i
B
f o r n it u r a
C
2
A C
B
V e n d o r R a t in g
[1] Grando A. & Sianesi A., “Il Fornitore: dal prezzo alla prestazione globale”, Economia & Management”, no.22,
Settembre 1991.
Prof. Gandolfo Dominici 70
71. Valutazione dei fornitori :
Caso Toshiba
Una volta selezionati i fornitori le loro performance
devono essere valutate.
Alla Toshiba ad esempio, il Dipartimento Acquisti
Redige delle statistiche comparative dei fornitori
classificandoli per:
“qualità del fornitore”
“qualità delle relazioni del fornitore i con
l’azienda”
Prof. Gandolfo Dominici 71
72. Valutazione dei fornitori :
Caso Toshiba
La qualità del fornitore viene valutata secondo
parametri di:
Prezzo;
Qualità;
Puntualità delle consegne;
Capacità tecnologica;
Competenze manageriali.
Prof. Gandolfo Dominici 72
73. Valutazione dei fornitori :
Caso Toshiba
La qualità delle relazioni con l’azienda viene
valutata in relazione a:
Qualità delle transazioni;
Quantità delle transazioni
Cooperatività;
Prospettive future.
Prof. Gandolfo Dominici 73
74. Valutazione dei fornitori :
Caso Toshiba
I dati vengono poi raggruppati per ogni
gruppo di prodotti acquistati e viene dato un
punteggio per ogni variabile della valutazione.
Il punteggio massimo della valutazione è 200.
Prof. Gandolfo Dominici 74
77. Valutazione dei fornitori :
Caso Toshiba
Una volta classificati secondo lo schema sopra, il risultato viene confrontato con
quello degli altri fornitori e raggruppato in cinque gruppi:
Gruppo I Fornitori superlativi che abbisognano di
poco o nessun controllo
Gruppo II Fornitori eccellenti nel loro campo ma
che necessitano di alcune direttive ed aiuti
Gruppo III Fornitori potenzialente buoni ma
che necessitano di formanzione
Gruppo IV Fornitori che perderanno gli ordinativi se
non iniziano delle attività di miglioramento
Gruppo V Fornitori con cui le transazioni devono
essere ridotte o eliminate
Prof. Gandolfo Dominici 77
78. Valutazione dei fornitori :
Nissan Supplier Evaluation System
Il Nissan Supplier Evaluation System (NX96) basa le
sue decisioni sui seguenti fattori:
• Qualità, valutata tramite misurazioni tecniche della capacità
degli investimenti in termini di parti difettose per milione;
• Costo, con la fissazione del prezzo a seconda del costo di
produzione e dei profitti ottenuti dal fornitore;
• Consegne, in termini di capacità del fornitore di essere
preciso ed affidabile così da assicurare consegne puntuali
con ritardi in termini di ore e non di giorni;
• Design, intesa come abilità del fornitore di proporre idee di
miglioramento per lo sviluppo del prodotto;
• Partnership, come capacità del fornitore di integrarsi e
svilupparsi quale elemento collaborativi della supply chain.
Prof. Gandolfo Dominici 78
79. Shigeo Shingo e la riduzione del
tempo di set-up
Le tecniche di riduzione del
•
tempo di set-up alla Toyota
furono sviluppate a partire
dagli anni ’50 da Shigeo Shingo;
Shigeo Shingo era un consulente
•
assunto nel 1955 dalla Toyota
per studiare sistematicamente il
set-up dello stampaggio al fine
di ridurre i tempi di passaggio
ed insegnare queste tecninche ai
fornitori;
Il suo obiettivo era di ridurre il
•
tempo di cambio degli stampi a
meno di 10 minuti.
Prof. Gandolfo Dominici 79
80. Shigeo Shingo e la riduzione del
tempo di set-up
• Shigeo Shingo determinò che l’operazione di
set-up più problematica era il cambio delle
matrici di stampaggio usate per le parti del
corpo vettura;
• Normalmente le matrici di stampaggio
venivano cambiate manualmente, con chiavi
inglesi e piedi di porco; talvolta si impiegavano
diversi giorni per installare grosse matrici di
stampaggio con una qualità accettabile.
Prof. Gandolfo Dominici 80
81. SMED (Single Minute Exchange of
Dies)
• Shingo implementò un metodo chiamato “Cambio della
matrice di stampaggio in un minuto” (SMED);
• La qualità degli stampaggi venne standardizzata;
• Il tempo residuo venne usato per trovare gli attrezzi e
muovere le matrici;
• L’accorgimento di spostare le nuove matrici in loco, con
l’aiuto di vani attrezzi dedicati mentre la linea di
produzione era ancora operante, ridusse i tempi di
sostituzione delle matrici a circa 40 secondi;
• Quando iniziava il ciclo di produzione le matrici venivano
cambiate in un flusso continuo lungo tutto lo stabilimento.
Prof. Gandolfo Dominici 81
82. SMED (Single Minute Exchange of
Dies)
Il metodo SMED utilizzando strumenti molto semplici
ha cambiato il modo di gestire non soltanto il cambio
delle matrici ma anche di tutte le altre attività di set-up.
Il principio chiave di questo approccio è di dividere il
set-up in due parti:
• Set-up interno: effettuato dall’operaio quando il
macchinario è fermo;
• Set-up esterno: effettuato in anticipo o mentre il
macchinario sta ancora funzionando.
Prof. Gandolfo Dominici 82
83. SMED (Single Minute Exchange of
Dies)
Il metodo viene implementato in 3 fasi:
1. Separando il set-up interno da quello
esterno;
2. Convertendo il set-up interno in set-up
esterno;
3. Razionalizzando tutti gli aspetti
dell’operazione di set-up.
Prof. Gandolfo Dominici 83
84. Evoluzione del sistema di produzione
Toyota (TPS).
A partire dagli anni ‘90 con il collasso della “bubble economy”
giapponese:
• Le imprese industriali hanno dovuto imparare ad
essere più prudenti nella valutazione degli
investimenti di capitale, poiché non e stato più
possibile finanziare gli investimenti semplicemente
sottoscrivendo obbligazioni convertibili come era
invece uso quando le quotazioni del mercato
azionario erano elevate;
Prof. Gandolfo Dominici 84
85. Evoluzione del sistema di produzione
Toyota (TPS)
• L’apprezzamento dello Yen ha reso (negli anni 90) la
competizione internazionale più dura. Il vantaggio di
produttività del Giappone è stato eroso
dall’apprezzamento dello Yen sul dollaro;
• La rapida crescita d’età della popolazione giapponese
ha avuto rilevanti conseguenze sui risparmi, gli
investimenti, la produzione e la crescita economica [1] .
La popolazione da 18 a 28 anni (l’età di assunzione in
fabbrica) ha avuto un drastico declino dal 1990 al
2000, a ciò si è aggiunto dallo scarso interesse dei
giovani giapponesi per il lavoro in fabbrica.
[1] OECD Economic Surveys: “Japan”, OECD Publications, 1997.
Prof. Gandolfo Dominici 85
86. Evoluzione del sistema di produzione
Toyota (TPS)
La carenza di lavoratori nelle fabbriche è
dovuta allo stereotipo del lavoro in fabbrica
come lavoro “3D”:
1.“Dirty” (sporco);
2. “Damaging” (logorante);
3. “Dangerous” (pericoloso).
Prof. Gandolfo Dominici 86
87. Evoluzione del sistema di produzione
Toyota (TPS)
Per far fronte allo stereotipo delle 3D la Toyota ha sviluppato un
programma di miglioramento della qualità del lavoro che si basa sui
seguenti punti:
• Processo di assemblaggio autonomo e completo;
• Automazione meccanica di assemblaggio in linea;
• Verifica Toyota della linea di assemblaggio (Toyota
Verification of Assembly Line o TVAL);
• Equipaggiamento a basso costo per una migliore
ergonomia;
• Migliore sistema motivazionale per le risorse umane .
Prof. Gandolfo Dominici 87
88. Cellule di lavoro e layout cellulare
Una cellula di lavoro è una unità di lavoro
più grande di una singola macchina o
stazione di lavoro ma più piccola del solito
dipartimento.
Solitamente è formata da 3-12 lavoratori e
5-15 stazioni di lavoro disposti in un layout
compatto
Prof. Gandolfo Dominici 88
91. Cellula di lavoro (workcell)
• Idealmente una cellula di lavoro dovrebbe
produrre una ristretta gamma di prodotti (o
semilavorati) molto simili;
• Essa è autosufficiente avendo a disposizione
tutte le risorse e le attrezzature necessarie ai
compiti ad essa preposti;
• Il layout a cellule di lavoro organizza i
dipartimenti attorno ad un prodotto o una
ristretta gamma di prodotti simili.
Prof. Gandolfo Dominici 91
92. Funzionamento della cellula di
lavoro (workcell)
• Iniziato il processo i materiali si muovono
direttamente da un processo all’altro
all’interno della cellula;
• La comunicazione è molto facile essendo
ogni operatore vicino ai suoi colleghi di altri
processi, ciò crea benefici di coordinazione,
qualità e velocità;
• Si rende indispensabile la propensione al
lavoro di squadra di tutti i lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 92
93. Cellula di lavoro (workcell)
La produzione cellulare è il cuore della
produzione snella. L’adozione della produzione a
cellule di lavoro apporta diversi benefici:
• Ausilio per le politiche di qualità;
• Semplificazione del flusso di materiali;
• Semplificazione della gestione del ciclo produttivo;
• Semplificazione della contabilizzazione analitica
dei costi.
Prof. Gandolfo Dominici 93
94. Cellula di lavoro (workcell)
Il funzionamento della produzione cellulare è
solo all’apparenza semplice ma in realtà
sottintende un sofisticato sistema “socio-tecnico”
(Trist definisce così il sistema di tecnologia e relazioni
sociali della “kaisha” giapponese). Per funzionare esso
necessita di particolare “armonia” tra gli uomini e le
macchine e tra i vari processi in un insieme in cui ogni
elemento si auto-regola e auto-migliora.
Prof. Gandolfo Dominici 94
96. Limiti del layout funzionale
Inefficienza nella movimentazione dei
materiali
Complessità di programmazione
Vulnerabilità ai cambiamenti del mix,
della routine e/o dei volumi di
produzione
Costi proibitivi del cambiamento di
layout
Prof. Gandolfo Dominici 96
97. Benefici del Layout cellulare
• Benefici nella movimentazione dei
materiali;
• Benefici di riduzione degli stock;
• Benefici per le risorse umane;
• Benefici per i clienti.
Prof. Gandolfo Dominici 97
98. Benefici per la movimentazione dei
materiali
Prof. Gandolfo Dominici 98
99. Benefici per la movimentazione dei
materiali
Prof. Gandolfo Dominici 99
104. SHOJINKA: incontrare la Domanda
attraverso la Flessibilità
Significa flessibilità attraverso la flessibilità del numero di
lavoratori in ogni postazione di lavoro e l’ aumento della loro
produttività attraverso l’aggiustamento e la riprogrammazione
dell’uso delle risorse umane. Si basa su tre fattori:
1. Design appropriato del layout dei macchinari;
2. Lavoratori versatili e ben addestrati
(multifunzionali)
3. Valutazione continua e revisione periodica delle
routine operative standard.
Prof. Gandolfo Dominici 104
105. SHOJINKA
Ottenere la Flessibilità del numero di lavoratori in ogni unità produttiva per
adattarsi alla domanda
Capacità di cambiare l’ampiezza delle
Riduzione del N°di lavoratori
mansioni per ciascun lavoratore (Shoninka)
Revisione della
Routine operativa
Layout a linee Lavoratori
Standard
U-turn multifunzionali
Miglioramento
del
processo
Job- rotation
Miglioramento
Jidoka delle
operazioni manuali
Prof. Gandolfo Dominici 105
107. Design del layout U-TURN
• L’entrata e l’uscita della linea sono nella stessa
posizione;
• Si possono aggiungere o ridurre il numero dei
lavoratori nelle aree adiacenti numerate (1-3),
(4-7), (8-10) solitamente gestite da un solo
lavoratore;
• L’unità nuova entra quando ne esce una grazie al
fatto che lo stesso lavoratore può gestire entrambe
le operazioni;
• In processi fortemente automatizzati ci sono
lavoratori solo nelle arre 1 e 3.
Prof. Gandolfo Dominici 107
108. Layout NON adottati dalla Toyota
• Gabbia di uccello
• Isola
• Lineare
Prof. Gandolfo Dominici 108
110. Layout a “Gabbia di uccello”
• Un lavoratore per ogni tipo di macchina
crea muda di attesa poiché il lavoratore
deve attendere la macchina dopo averla
caricata per questo con il layout a gabbia
d’uccello un lavoratore è assegnato a più
macchine dello stesso tipo;
• Crea sovrapproduzione e WIP in eccesso;
• Crea problemi di sincronizzazione tra i
processi.
Prof. Gandolfo Dominici 110
112. Layout a “Isola”
• Si basa su lavoratori multifunzionali;
• Rende possibile un flusso livellato tra i processi
gestiti dal singolo lavoratore;
• E’ difficile bilanciare la produzione tra le varie
isole;
• I lavoratori sono isolati e non possono aiutarsi a
vicenda;
• E’ difficile riallocare i lavoratori tra le varie isole;
• Tra le varie isole si tende all’accumulo di WIP.
Prof. Gandolfo Dominici 112
114. Layout lineare
• Evita l’accumulo di stock tra i processi;
• Non consente la riallocazione dei lavoratori
per adattarsi alla domanda: la riallocazione
potrebbe richiedere frazioni di lavoratori il
che non è possibile poiché le linee sono
indipendenti tra loro
Prof. Gandolfo Dominici 114
115. Combinazione di più linee U-Turn per
riallocare i lavoratori
• Come si è visto la riallocazione dei
lavoratori potrebbe richiedere frazioni di
lavoratori il che non è possibile poiché le
linee sono indipendenti tra loro, la
combinazione di linee U-turn evita questo
problema.
Prof. Gandolfo Dominici 115
116. Combinazione di più linee U-Turn per
riallocare i lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 116
117. Combinazione di più linee U-Turn per
riallocare i lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 117
118. Valorizzazione delle risorse umane nel
TPS
• Tutti i tipi di lavoro inutile vengono eliminati
riducendo i carichi di lavoro e dando significato
alle mansioni dei lavoratori aumentando la
produttività;
• Le linee di produzione possono essere fermate dai
lavoratori (Jidoka) dando potere ai lavoratori ed
aumentando la loro responsabilità;
• Piccoli gruppi di qualità si dedicano al kaizen;
• Viene implementato un sistema di suggerimenti;
Prof. Gandolfo Dominici 118
119. SISTEMA DI RISPETTO PER L’UMANITA’
NEL SISTEMA PRODUTTIVO JIT
Miglioramenti promossi dal Dipartimento Miglioramenti promossi dal Dipartimento
di Controllo della Produzione di Ingegneria della Produzione
Eliminazione delle Controllo autonomo Attività di miglioramento
Investimenti in
operazioni umane dei difetti spontanee di piccolo
risorse
inutili Jidoka gruppi autogestiti
I lavoratori svolgono solo I lavoratori possono
lavori utili
fermare la linea
Peggioramento
Miglioramento
della pesantezza
della produttività
del lavoro se abusata
Prof. Gandolfo Dominici 119
120. SCOPO DEGLI INVESTIMENTI
PER L’AUMENTO DELLE RISORSE
INVESTIMENTI IN FATTORI INVESTIMENTI IN RISPETTO
PRODUTTIVI DELLE RISORSE UMANE
ISTALLAZIONE DI MACCHINARI
AUTOMATIZZATI E CIM
Prevenzione della stanchezza
Prevenzione di ambienti
Introduzione di macchinari scomodi, pericolosi, rumorosi, del lavoro e riduzione della
compatibili con i lavoratori Sporchi, puzzolenti, etc.. fatica
Prof. Gandolfo Dominici 120
121. INVESTIMENTI IN RISPETTO DELLE
RISORSE UMANE
• Macchine compatibili con i lavoratori
• Miglioramento delle condizioni di lavoro
• Misure per evitare la stanchezza dei
lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 121
122. Macchine compatibili con i
lavoratori
• Le macchine allocate fuori dalla linea
sonoisolate e non accettate dai lavoratori;
• Le macchine devono essere incorporate
nella linea e progettate per i lavoratori;
Esempio: Nel processo di assemblaggio dei pneumatici i
lavoratori collocano i oneumatici e le macchine li
fissano, i lavoratori lavorano CON le macchine.
Prof. Gandolfo Dominici 122
123. Miglioramento delle condizioni di
lavoro
Esempio di miglioramento alla allo stabilimento Toyota Kyushu
Prof. Gandolfo Dominici 123
124. Altri miglioramenti alla allo stabilimento
Toyota Kyushu
• Integrazione con la natura circostante;
• 730.000 alberi piantati attorno alla
fabbrica;
• Isolamento acustico delle fabbriche e dei
macchinari;
• Miglioramenti ergonomici;
• Distributori di bibite, e sale di riposo
attrezzate;
Prof. Gandolfo Dominici 124
125. Misure per evitare la stanchezza dei
lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 125
126. Misure per evitare la stanchezza dei
lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 126
127. Misure per evitare la stanchezza dei
lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 127
128. Misure per evitare la stanchezza dei
lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 128
129. Misure per evitare la stanchezza dei
lavoratori
Prof. Gandolfo Dominici 129