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C.so Venezia, 93/d 37047 San Bonifacio (VR)
                                                                                                 Ennio Finzi
tel. 0456104123 · fax 0456600403 · e-mail: info@boxartgallery.com · web: www.boxartgallery.com
copyright © 2001
BOXART
Corso Venezia, 93/d
37047 San Bonifacio (VR)
e-mail: info@boxartgallery.com
web: www.boxartgallery.com

coordinamento editoriale: Giorgio Gaburro
presentazione: Giovanni Granzotto
riproduzioni: Luca Elettri
progetto ed impaginazione: www.empublishing.com
stampa: Tipografia Grafiche Stella Legnago

un ringraziamento particolare alla galleria d’arte Dante Vecchiato (Padova)

finito di stampare nel mese di aprile 2001

in collaborazione con:
Ennio Finzi
1970-1990: gli anni della luce e del buio
4
Presentazione
   Nei primi anni 50, Ennio Finzi giovanissimo artista, peraltro già considerato da critici e colleghi,
dopo una primissima affascinazione per il rigoroso e possente impianto astrattista (di cui si dovrà pur
parlare, magari in un'altra occasione), si era già indirizzato a scompaginare il fronte dell’”astratti-
smo” tradizionale. Mentre gli altri coetanei esploravano le nuove frontiere del gesto-colore, e del
gesto massa-materia, o le segrete matematiche di una struttura formale che doveva trovare al pro-
prio interno le stesse ragioni di esistenza, Finzi già cominciava ad applicarsi sistematicamente alla
sua rivoluzione cromatica. Da una posizione quasi duplice, forse bifronte, di demiurgo e ricercato-
re, egli veniva a presentare una sua cosmogonia del colore, che già annunciava valenze e porta-
ti ontologici. Il pittore-ricercatore non doveva cercare ed accontentarsi degli equilibri e delle strut-
ture che si reggevano su confronti bilanciati, ma doveva far scaturire tutte le potenzialità, le pulsio-
ni, le contraddizioni, gli scontri del colore: il vero padrone dello spazio. Anzi lo spazio stesso.
   Lo spazio era (ed è) percorso da una energia interna: il colore; ed il compito, anzi la missione del
pittore era proprio riconoscere questa energia, e possibilmente trasmetterla.
   Le problematiche legate agli equilibri formali ed ai rapporti strutturali, venivano quindi a cadere
di fronte al problema primario; la scoperta dell’energia, e quindi della sonorità del colore.
   E questo, era stato anche il filo conduttore, nonostante le sottili geometrie, le formule apparen-
temente matematiche, che si combinavano ad un raffinato tecnicismo, dell’operazione sulla luce
intrapresa da Finzi negli anni 60. Luce come componente e momento fondante del colore, da con-
durre quindi alla disamina estrema, ancora una volta non finalizzata ai punti di equilibrio formale, o
a conquiste di sapienza tonale e naturalistica.
   Bensì elemento di incontro, di conoscenza (attraverso la percezione), veicolo e motore al tempo
stesso, del rapporto artista-colore-spazio.
   “…….risultato sarà l’accrescersi esponenziale delle possibili interpretazioni visuali percettive. A
Finzi ora preme soprattutto comprendere e far affiorare l’ontologismo delle proprietà cromatico-
luministiche. Certo l’artista diventava percettore, ed allo stesso tempo attore di questo accadi-
mento visuale e pittorico; ma, in realtà, tutto già esisteva, galleggiando più o meno identificabile o
percettibile, nella smisurata capienza dell’universo colore”.(1) Confermava anche Toniato:
“…….alla base della sua pittura, Finzi pone la luce, il comportamento, nella percezione visiva dei
processi formali che nascono dal colore e dalle sue modificazioni. Egli sfrutta in ciò, varie possibilità
percettive adottando più spesso un criterio di contrasto simultaneo senza tuttavia farsi prendere da
quella ambiguità formale e illusionistica con cui, successivamente, si sono perdute varie motivazio-
ni di questa poetica visuale”.(2)




                                                   5
Sono gli anni delle “Strutture-Luce”, e poi di “Luci-Vibrazioni”, dove, “la struttura bidimensionale
del dipinto, in cui ogni tensione luministica si dispiega verticalmente ed orizzontalmente per fasce
seriali, ritmiche, irradianti in direzioni ed allusioni centrifughe (nonostante si possa anche rivelare un
nucleo o coagulo luminoso centrale), testimonia sempre più chiaramente che la pittura di Finzi e la
sua dannazione per la luce, non sono un esclusivo portato della sua ricerca formale. Sono la
coscienza che il suo universo, il micro-macro cosmo di Finzi, comunque sostenuti da principi pura-
mente estetico-formali, si sviluppa e si dipana solo attraverso gli incontri (prevalenti negli ultimi anni)
e gli scontri, le interrelazioni, gli zampillii luminosi, le deflagrazioni cromatiche, i rimandi fra colore e
luce, fra la loro organizzazione di gamme contrastanti e complementari. Lo spazio è il luogo primi-
genio dove tutto si fa, tutto avviene, attraverso il dispiegarsi di questi elementi…………”.(3)
     Finzi dunque si sentiva un po’ lo scienziato della luce e del colore, ma non era capito. Per lo meno
così gli appariva. Ed allora decide di rinchiudersi nel proprio laboratorio privato, a scandagliare
sempre più tracciati luminosi, a penetrare i segreti della percezione e della riflessione. Anni in cui a
Finzi resta il rammarico di non essere in grado di costruire macchine dinamico-luministiche capaci
di offrire soluzioni concrete alle infinite occasioni di matrice cinetica.
     Ma era troppo artista, troppo pittore per trasformarsi in un tecnico, anche solo in un artigiano.
Non poteva che confermarsi come il facitore di soluzioni pittoriche di straordinaria sensibilità, e di
grande finezza nella scansione ritmica e nella padronanza dei moduli. Con esiti sempre di grande
suggestione. Ormai l’approccio è quasi interamente monocromatico: “Come un bruco che, rien-
trato al coperto, ed al sicuro dai pericoli, dai rischi della superficie, accetta di perlustrare meticolo-
samente il proprio limitatissimo territorio. Finzi si isola nelle proprie astrazioni che non sono puramen-
te mentali. Ha ormai preso coscienza di essere padrone dell’elemento spaziale, e contempora-
neamente cresce in lui la delusione per non vedersi compreso. Così si rintana in ciò che più cono-
sce, che più ama, assieme al colore, che più considera possa arricchire la sua individuale e solita-
ria esperienza.”(4)
     Finzi dunque nei dipinti dei cicli, “Tensiomodulari ultralineari”e “Scale transcromatiche”, dimostra
una tensione ossessiva, parossistica, a toccare gli estremi delle possibilità, degli azzardi, e delle pro-
vocazioni luministiche, lambendo quasi il limite della percezione pura, per poi, comunque, ricon-
durre il tutto sotto l’ombrello e la guida della speculazione razionale, del magistero della ragione.
La potenza dell’insegnamento guidiano restava anche per lui, come per quasi tutti gli artisti della
sua generazione , un riferimento imprescindibile. Ma sul finire degli anni 70 il giovane maestro sente
il rischio di un ripiegamento su se stesso; percepisce la fatica, magari anche la noia, di un ciclo per-
fino troppo approfondito, vissuto e macerato. E come in altre occasioni, d’un tratto, si scrolla di ogni
impaccio metodologico, esce dal laboratorio, si rituffa nel colore, ripassa perfino l’informale, ricon-




                                                     6
quista una sensibilità segnica, gestuale e materica, che per quasi due decenni aveva abbando-
nato. Dipinge i fiori del colore; le fantasie, le avventure, le espressioni più squillanti, le sonorità più
accentuate del colore; come una liberazione, ma anche come una immersione quasi panica in
quel suo elemento naturale. Nascono allora i “Rossi Sommersi” i “Contrasti”, quei dipinti del 1983, ed
anche del 1984, che ci parlano di una libertà particolarmente fantasiosa ed effervescente.
   Poi, quasi all’improvviso, su questo percorso coerente anche se disomogeneo, cala un silenzio
davvero formidabile. A Finzi pare di aver compreso tutto e niente, di dover, per continuare ad esse-
re pittore, risalire alle origini, alle falde primigenie della luce e del colore; di dover scendere negli
abissi e di dover salire ai paradisi del nero.
   Probabilmente era li che andava cercata la sorgente dello spazio, in quel nero che rappresen-
tava “i territori dell’oscurità e delle assenze di suono, dove la luce era germinata, ma anche anda-
va a placare, a quietare ogni irraggiamento….. Il nero assoluto e totalizzante era la nuova frontie-
ra: quel colore non colore, capace di assumere perfino una propria dimensione plastica…..”(5)
   E Finzi sembrava, proprio, voler scavare, in opere come i “Neroiridi”, all’interno del gorgo, fino a
trovare una plasticità di masse ancora bloccate, costruite solo su stratificazioni purissime e velature
misteriose.
   Ed a me parve, questa sua fase stilistico-ideale, l’ennesima e conclusiva conferma delle mie
buone ragioni nel considerare il suo lavoro come una delle più coerenti testimonianze della parola
e dell’avventura spaziale; in un simpatico disaccordo, sul punto, con Ennio Marangon, peraltro il più
attento e profondo biografo del maestro veneziano, che andava, invece, privilegiando – separan-
dola – la matrice propriamente coloristica, rispetto a quella spazialista.
   Negli altri, per di più successivi, cicli del nero, come nelle “Ideopolicromie”, e nei “Neroluce”, pro-
prio una più riconoscibile levità spaziale, ed una tensione centrifuga, sembravano confermare il diri-
gersi verso una nuova apertura e dilatazione dei confini; in un campo del nero comunque “… vio-
lato, mutilato, perlomeno contaminato da nuovi ed antichi paradigmi cromatici: da inserti di scale
cromatiche, da accensioni, o bagliori, o strappi di colore, come ferite, o come rimandi ad un’altra
verità dello spazio-colore, ad un’altra realtà mai dimenticata…… In questa profonda immersione
nella vastità del nero e dei neri, (senza, però, rimanerne sommerso) Finzi prendeva coscienza della
infinitezza, della illimitatezza spaziale. D'altronde quale colore più del nero, il 7limite per definizione,
risulta appunto non definibile, non contornabile? Affrontabile, forse, ed esplorabile nelle profondità
delle proprie stratificazioni e del proprio spessore…. Nasce una pittura che assomma e coniuga la
ricerca della dilatazione spaziale e la compenetrazione fra stratificazioni materiche e stratificazioni
luministiche, in un approccio di tipo neo-platonico, al colore sostanza, che si conferma come una
entità primigenia. Ma che concede anche interferenze, immissioni apparentemente fortuite: pietre,




                                                     7
pulviscoli luminosi, scaglie vetrose; contingenti testimonianze dei percorsi accidentali della con-
temporaneità…. E comunque, come già accennato, il vuoto, il rifiuto del colore e della sua sono-
rità, non è completamente fedele: epifanie di azzurri e di verdi, tersità di bianchi accecanti, o squar-
ci improvvisi come bagliori, di rossi purissimi; conquistano piccole, ma determinanti, porzioni del
dipinto, rimandandoci a universi alternativi, a spazi non più siderali, ma forse più personali e condi-
visibili. E già percettivamente si annunciava il ritorno del colore, di cui nunzi e ambasciatori risulte-
ranno i dipinti della fine degli anni ottanta.”(6) Proprio Dino Marangon aveva annunciato una
nuova stagione: “Rispetto all’apodittica perentorietà dei Neri, cominciano a farsi strada le più inti-
me e familiari penombre, crepuscolari o mattinali, delle eleganti misuratissime gamme delle terre,
sapientemente addensate o rarefatte in continue fasce verticali,…. Dando vita ad armoniche tes-
siture tonali su cui si accampano aritmicamente le uniformi squillanti “tarsie” timbriche dei verdi, dei
rosa, dei gialli….”(7). Dipinti come “Verso l’iride”, o “Verso la luce”, o “Verso il rosa”, o “Il verso del
rosa” ci avvertono, dunque, di una nuova, colorata e vitale, frontiera; ma sono anche l’offerta con-
clusiva e poeticamente altissima di uno dei passaggi più importanti e decisivi delle ricerche esteti-
che del dopoguerra italiano.

                                                                        Giovanni Granzotto

NOTE
(1) Giovanni Granzotto: “Ennio Finzi” di Dino Marangon e Giovanni Granzotto; edizioni Galleria
Dante Vecchiato, Padova 2000.
(2) Toni Toniato: “Ennio Finzi” di Umbro Apollonio e Toni Toniato; edizioni Galleria il Traghetto, Venezia
1969.
(3) Giovanni Granzotto: “Finzi e Licata a confronto” di Giovanni Granzotto; edizioni Verso l’Arte;
Castello Cinquecentesco dell’Aquila 2000.
(4) Giovanni Granzotto: “Finzi e Licata a confronto” di Giovanni Granzotto; edizioni Verso l’Arte;
Castello Cinquecentesco dell’Aquila 2000.
(5) Giovanni Granzotto: “Ennio Finzi” di Dino Marangon e Giovanni Granzotto; edizioni Galleria
Dante Vecchiato, Padova 2000.
(6) Giovanni Granzotto: “Finzi e Licata a confronto” di Giovanni Granzotto; edizioni Verso l’Arte;
Castello Cinquecentesco dell’Aquila 2000.
Giovanni Granzotto: “Ennio Finzi” di Dino Marangon e Giovanni Granzotto; edizioni Galleria Dante
Vecchiato, Padova 2000.
(7) Dino Marangon: “Ennio Finzi: colore, l’ornamento, altro” Catalogo a cura di Dino Marangon,
Mostra Galleria Civica Palazzo Todeschini, Desenzano del Garda 1990.



                                                    8
opere
(…) La regola base di questa pittura è tuttora un concetto di simultaneità coloristica nel contra-
sto dei complementari, e la visione di uno spazio rappresentato quale campo ambiente di forze
organiche, come processo della loro indeterminazione e continuità. Visualizza lo spazio nei suoi
aspetti di profondità e di estensione illimitata che il colore intercetta nel piano di un flusso, il quale
rappresenta il ritmo di una sostanza universale.
   Ogni piano di colore slitta dal piano della superficie oppure vi rientra, si allontana o si avvicina,
oscillando nell’onda indefinita della luce. Essa distingue quei piani non tanto quale vuoto e pieno,
nettamente contrapposti, bensì come elementi di un processo di diversa saturazione o dissoluzione,
di una materia spaziale che si condensa nelle dimensioni delle apparenze naturali o svapora, con
progressive precipitazioni, in una sostanza fluida fino a raggiungere l’omogeneità assoluta di una
superficie monocroma.

Toni Toniato dal testo della monografia Ennio Finzi, edita dalla galleria “Il Traghetto”, Venezia 1969.




                                                   10
“senza titolo” · tempera su tela · 45x45 cm · 1969

                                                     11
“tensimodulatore ultralineare bianco-rosso” · tempera su tela · 45x45 cm · 1972

                                                     12
“cromostruttura nero-bianco” · tempera su tela · 65x65 cm · 1974

                                                    13
“cromostruttura azzurro-bianco” · tempera su tela · 65x65 cm · 1974

                                                     14
“cromostruttura azzurro-bianco” · tempera su tela · 45x45 cm · 1974

                                                     15
“luce vibrazione” · tempera su tela · 65x65 cm · 1975

                                                        16
“senza titolo” · tempera su tela · 65x65 cm · 1976

                                                     17
(…) Così la recente pittura di Finzi, attraverso lo sviluppo degli ultimi dieci anni di ricerca, si sostan-
zia in una problematica della decostruzione lineare per espansione ottico-vibratoria.
Nel risultano reticoli, geometricamente determinati, in condizioni di elasticità virtuale del raccordo
di concatenazione ortogonale o di semplici allineamenti perpendicolari a segmenti di retta, dove
il colore si sottintende per ampiezza vibratoria proporzionale all’equidistanza o al grado di torsione
del tracciato lineare.
    Sono equazioni di propagazione luminosa, progressivamente saturanti, visualmente tensibili per
intermittenza percettiva.
    In questo ambito la struttura del campo ottico promosso da Finzi si decotomizza in segmenti epi-
fanici dove l’energia può ripartirsi a intervalli cadenzati costituiti da un massimo centrale di illumi-
nazione cromescente periferizzata da contorni gradatamente indefiniti, virtualmente interferenti
per espansione visiva.
    La transizione dell’oscurità verso la luce diventa la qualità temporale di un progredire matemati-
co a posteriori dove la presenza di frange diffratte, nelle zone illuminate, si costituisce spettacolo del
colore-atmosfera metabolica.
Per frammentare l’evento luminoso del colore Finzi si avvale di un sistema di decrescenze segmen-
tali che condizionano, in termini metaformali, un siderale itinerario ottico, inedito della misura della
propria tipicità.
    Con Finzi la forma-luce può dunque diventare luce formata nel colore interlineato: cromolucisio-
ne degli intervalli translineari.

Carlo Belloli, 30 situazioni transcromatiche; Ennio Finzi, Galleria Falchi, Milano, 28 febbraio 1972.




                                                      18
“vibrazione luce” · tempera su tela · 65x65 cm · 1976

                                                        19
“vibrazione luce” · tempera su tela · 65x65 cm · 1976

                                                        20
“vibrazione luce” · tempera su tela · 65x65 cm · 1976

                                                        21
“senza titolo” · tempera su tela · 45x45 cm · 1976

                                                     22
“senza titolo” · tempera su tela · 45x45 cm · 1976

                                                     23
“senza titolo” · tempera su tela · 65x65 cm · 1977

                                                     24
“scale transcromatiche” · tempera su tela · 65x65 cm · 1978

                                                    25
“scale transcromatiche” · tempera su tela · 45x45 cm · 1978

                                                    26
“senza titolo” · matita colorata su carta · 28x22 cm · 1978        “senza titolo” · matita su carta · 27,5x21 cm · anni ‘70




   “senza titolo” · matita su carta · 28x22 cm · anni ‘70           “senza titolo” · matita su carta · 28x22 cm · anni ‘70




                                                              27
(…) Finzi, all’inizio degli anni ottanta, si sentì in diritto e in dovere di affrontare direzioni opposte:
quelle del segno, della libertà intuitiva, quelle del gioco e della fantasia; senza, però, tralasciare il
tentativo di allargare lo spazio, di aprirlo, lasciando che venisse invaso e irradiato dal suo elemen-
to fondante: il colore. L’universo cromatico verrà così apparendo sempre più dilatato, senza quasi
confini, delimitato forse solo dai riferimenti fantastici di autentiche fioriture (non più emersioni) di
colore, ora interpretato anche gestualmente.

Giovanni Granzotto, Ennio Finzi I versi del colore, nel catalogo della personale presso la Galleria
d’Arte Dante Vecchiato.




                                                    28
“il grande uccello rapace” · olio su tela · 100x100 cm · 1983

                                                      29
“ideoiridescenza az” · tempera su tela · 70x70 cm · 1984

                                                     30
“superficie cromo-percettiva” · olio su tela · 50x70 cm · 1984

                                       31
“superfice cromo percettiva” · olio su tela · 40x30 cm · 1984




                                                      32
“alternanze verso la luce” · tecnica mista su tela · 40x40 cm · 1988

                                                       33
Il nero. Un colore scelto come condizione unica per tentare la pittura, per proporla in termini cri-
tici e insieme poetici.
    Una decisione estrema, dopo aver sostato per anni nell’ampiezza e varietà del colore in ogni sua
gamma di intensità e di luce, assunta con intelligenza appassionata e rigorosa, cui si unisce un tem-
poraneo problematico, e fors’anche lunatico, incline a lasciare aperte le questioni di fondo con
soluzioni provvisorie di una raggelata eleganza. Una pittura senza alternativa, tranne quella del
bianco; ma una volta verificata con agostiniana devozione, tutto resterebbe com’è qui, in questi
testi: problemi e soluzioni.
    Invariato. Una parola potrebbe dirla Lucio Fontana con cognizione, che a questo bivio ango-
scioso s’è trovato, da solo, quarant’anni prima. Uomo diverso e culturalmente meno condizionato,
ha deciso di non aggiungere nulla, tranne il segno improvviso e perentorio della propria presenza.
Il nero è nero, ma dentro a quel nero che la mente si prefigura, l’occhio e tout le propos du corps
scoprono un’infinità di varianti possibili, dall’opacità allo splendore, dall’immobilità al movimento,
dal segno che partisce la superficie alla sua negazione, dalla presenza all’improvvisa di sparizione
delle diverse qualità della texture, all’emergenza lenta dello spazio estenso, inerte, informe ed infi-
nito.
    Pittura con un solo colore non colore, sperimentata in ogni sua possibilità e disponibilità, per
coglierne i segreti del sogno, del senso, del silenzio e del tempo, da fuori, attraverso i rituali di un
gioco sottile della memoria.

Giuseppe Mazzariol, Finzi, nel catalogo della personale presso la Galleria del Traghetto, Venezia,
agosto-settembre 1986.




                                                  34
“ideocromo in nero” · olio su tela · 70x80 cm · 1985

                                               35
“neroiride 10” · olio su cartone telato · 28x34 cm · 1985

                                             36
“neroiride” · olio su tela · 50x70 cm · 1987

                                      37
“ideopolicromia” · olio su tela · 70x50 cm · 1987




                                                    38
“neroiride” · olio su tela · 70x50 cm · 1987




                                               39
“neroiride” · olio su cartone telato · 34x28 cm · 1987




                                                         40
“senza titolo” · tecnica mista su carta · 50x70 cm · anni ‘80

                                       41
“senza titolo” · tecnica mista su carta · 70x50 cm · anni ‘80




                                                         42
“senza titolo” · olio su carta incollata su tavola · 35x50 cm · anni ‘80




“senza titolo” · olio su carta incollata su tavola · 35x50 cm · anni ‘80



                                43
(…) Ecco che allora, accettando la pittura di mettersi in gioco, di compromettersi con il volgere
dei tempi, i diversi attributi iconici paiono acquisire la loro massima efficacia comunicativa: così gli
immani orizzonti cartesianamente circolari o più naturalmente ovali ed ellittici che, con impercetti-
bile imponenza, affiorano dalle opposte polarità del bianco e del nero – (veri e propri confini con-
cettuali dell’universo del colore) – nella illimite virtualità del piano del quadro, sembrano alludere
ad un profondo desiderio di ordine, ad un rinnovato e ritrovato Kósmos a cui approdare al di là di
ogni indifferenza, oggi così diffusa, mentre la stessa sobrietà e castigatezza delle stesure, unita-
mente alle austere e solenni modulazioni delle superfici pittoriche sembrano, quasi pudicamente,
ma con grande fermezza, ribadire la tacita, ma energica e drammatica insorgenza di profondi
impeti e moventi etici.

Dino Marangon, Ennio Finzi: i versi del colore, nel catalogo della personale presso la Galleria del
Cavallino, Venezia, 22 febbraio-28 marzo 1991.




                                                  44
“neroluce” · olio su tela · 50x70 cm · 1991

                                       45
“aereo luce” · olio su tela · 30x50 cm · 1991

                                 46
“aereo luce” · olio su tela · 35x55 cm · 1991




                                                47
“senza titolo” · olio su carta intelata · 70x100 cm · fine anni ‘80




                                                           48
“senza titolo” · olio su carta intelata · 70x100 cm · fine anni ‘80




                                                         49
“senza titolo” · olio su carta intelata · 70x100 cm · 1990




                                                       50
“senza titolo” · olio su carta intelata · 70x100 cm · 1990




                                                       51
ENNIO FINZI - Note biografiche

    Ennio Finzi nasce a Venezia nel 1931 e, giovanissimo, si interessa alla pittura ed alla musica. Dopo
una temporanea frequenza dei corsi dell’Istituto d’Arte di Venezia viene attratto dall’affascinante
scoperta dello sconvolgimento strutturale del cubismo, il che gli permette di trascendere il dato
reale della rappresentazione. Dopo la Biennale del 1948 si riapre a Venezia l’Archivio Storico delle
Arti Contemporanee e questo fatto offre a Finzi la possibilità di dedicarsi allo studio dei maestri delle
avanguardie storiche.
    L’incontro con Atanasio Soldati, che soggiornò a Venezia per qualche tempo, generò uno sti-
molo che probabilmente influenzò le opere successive con accesi cromatismi e rigorosi equilibri for-
mali. Nascono così le prime “invenzioni” in cui il ritmo, il colore, la luce, il timbro assumono il ruolo di
elementi portanti e diverranno una costante basilare di tutta la sua ricerca. Notevole influenza in
quegli anni sarà esercitata su Finzi da Virgilio Guidi per la forza ideologica del pensiero creativo e
da Emilio Vedova per l’impeto del gesto che aggredisce la superficie. La scoperta della musica
dodecafonica lo porta ad appropriarsi del principio della “dissonanza”. Improvvisamente, in tal
modo, la prassi di un colore sciolto da ogni relazione di tono e che si assumeva l’esclusiva funzione
di timbro, apriva nuovi e vasti orizzonti, tanto che da quel momento e fino al termine degli anni ’50
il suo lavoro risulterà una ossessiva ricerca sulla semantica del gesto, della luce, del timbro. Il rap-
porto suono-colore, un colore che Finzi, più che “vedere”, ama “ascoltare” nelle sue risonanze più
intime, gli permette di esprimersi secondo altre regole del tutto aleatorie in svincolata autonomia.
Sul finire degli anni ’50, segnati dalle sconvolgenti intuizioni di Lucio Fontana, che Finzi conobbe a
Milano in occasione di una sua mostra alla galleria Apollinaire, la turbolenza gestuale e l’urgenza
espressiva si placano e subentra una dimensione più riflessiva nella direzione di un superamento
della pittura stessa, con l’avvicinamento alle teorie gestaltiche sulla fenomenologia della percezio-
ne. I principi della optical art informarono le sue ricerche sulla suggestione ottica, dovuta al feno-
meno della conservazione retinica delle immagini, fino al 1978. Dopo una breve crisi seguita all’e-
saurimento dell’interesse per i principi della visualità strutturata, nel 1980 Finzi si abbandona, con rin-
novata energia ed entusiasmo, alla ritrovata immediatezza della pittura scandagliando nuova-
mente le fascinose trame del colore, che si eleva oltre le dissonanze degli anni ’50. La pittura ricon-
quista lo spazio dominante con un successivo alternarsi di colore e non colore, di luce ed oscurità
che si contendono la superficie dell’opera. Il nero viene posto come la luce del buio, del vuoto del
silenzio, e lo conduce a sondare le risonanze più segrete dell’inesistente sull’invisibilità della pittura
stessa. Nella continua dialettica della ricerca, Finzi procede per stadi successivi di evoluzione carat-


                                                    52
terizzati da espansioni di sontuosità cromatiche e da improvvisi azzeramenti di ogni luminosità in cui
concentra allo stato potenziale ogni emissione energetica. Questo incessante porre in discussione
i propri modi operativi, lo rende estraneo ad ogni precostituita forma stilistica e gli fa assumere il
“non-stile” ad etica professionale. Attraverso il succedersi delle esperienze Finzi insegue continua-
mente il sogno della pittura con una tensione sempre rivolta alla rigenerazione, alla catarsi e negli
anni più recenti si riappropria delle connotazioni insite nella pittura e nel colore non più inibiti da
regimi ideologicamente chiusi, bensì con un abbandono totalmente aperto e disponibile alla sfera
globale del sentimento della pittura stessa.



ESPOSIZIONI - Principali esposizioni personali
· 1956 Fondazione B.L.M. Venezia (presentazione di T. Toniato).
· 1957 Galleria Schneider, Roma (testo di V. Guidi).
       Galleria S. Stefano, Venezia.
       Galleria Numero, Firenze.
· 1958 Galleria Apollinaire, Milano (testo G. Marchiori).
       Circolo di Cultura, Bologna.
       Fondazione B.L.M. Venezia (testo di U. Apollonio).
· 1961 Galleria Il Traghetto, Venezia.
· 1964 Galleria Gritti, Venezia.
· 1969 Galleria Il Traghetto, Venezia (nell’occasione viene pubblicata una monografia edita
       dalla Galleria Il Traghetto introdotta da U. Apollonio e T. Toniato).
       Galleria Schreiber, Brescia.
· 1970 Galleria l’Argentario, Trento (testo di U. Apollonio).
       Galleria Il Traghetto, Venezia.
       Galleria l’Incontro, Vicenza.
· 1971 Galleria 3B, Bolzano.
       Galleria G3N, Seregno.
· 1972 Galleria Falchi, Milano (testo di C. Belloni).
       Galleria S. Giorgio, Venezia-Mestre.
       Galleria Michelangelo, Bergamo.
· 1973 Gallerie 58, Rapperswill, Svizzera (testo critico registrato su nastro di C. Belloli).
       Galleria Quarta Dimensione, Arezzo.
· 1974 Galleria Il Traghetto, Venezia.
       Galleria L’Argentario, Trento.
· 1975 Galleria Erika, Torino.
       Galleria Il Traghetto, Venezia.
       Galleria l’Incontro, Vicenza.


                                                  53
· 1977 Galleria L’Argentario, Trento.
       Galleria Fidesarte, Venezia-Mestre.
· 1978 Galleria Arte Struktura, Milano (testo di U. Apollonio).
       Galleria Rosati, Ascoli Piceno.
       La Cooperativa Associazione Esperienze Culturali, Pescara.
· 1979 Galleria Meeting, Venezia-Mestre.
· 1980 “Artisti per la Scuola” Comune di Venezia (testo di P. Fraccalini).
       Centro d’Arte, Acqui Terme.
       Fondazione B.L.M. Venezia, mostra antologica (testo intervista di T. Toniato a E. Finzi).
· 1981 Galleria Seno, Milano.
       Galleria Il Traghetto, Venezia.
· 1982 Galleria d’Arte Moderna Dino Del Vecchio, Monopoli.
       Galleria Lillo, Venezia-Mestre.
· 1983 Galleria L’Argentario, Trento.
       Galleria Il Traghetto, Venezia.
       Galerie BIMC, Parigi (testo di E. Di Martino).
· 1986 Galleria Il Sole, Bolzano.
       Galleria Tommaseo, Trieste.
       Mostra lezione tenuta dal prof. G. Mazzariol al Dipartimento di Storia e
       Critica delle Arti, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi, Venezia.
       Galleria Il Traghetto, Venezia (testo di G. Mazzariol).
       Galleria Borgo, Treviso.
       Galleria Meeting, Venezia-Mestre.
· 1987 “42 Opere Inedite 1950-1955” Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di
       Palazzo Forti, Verona (testo di G. Cortenova e T. Toniato: catalogo edito da Mazzotta).
· 1988 Galleria La Virgola, Fabriano.
       Galleria Sintesi, Treviso.
       Galleria d’Arte Moderna Palazzo dei Diamanti, Ferrara (testo di T. Toniato).
       Galleria Meeting, Venezia-Mestre.
· 1989 Galleria Rosati, Ascoli Piceno.
       Associazione Artistica “La Cooperativa” Bari.
       Jazz e pittura, Valdagno.
· 1990 Mostra antologica Galleria Tommaso, Trieste (testo di D. Marangon).
       Galleria Civica Palazzo Todeschini, Città di Desenzano del Garda (testi di E. Di Martino e
        D. Marangon).
· 1991 Galleria del Cavallino “I versi del colore” Venezia.
· 1992 Galleria Centro d’Arte la Fenice, Treviso.
       Studio d’Arte L’Argentario, Trento.
· 1993 Mostra Seminario Incontro con l’Artista, Università degli Studi di Venezia, Dipartimento di
       Storia e Critica delle Arti “Giuseppe Mazzariol”.




                                                54
· 1994 Arte Fiera, Bologna (testo di Ernesto L. Francalanci).
       Mostra Antologica, Comune di Sarego (testo di G. Menato).
· 1995 Galleria d’Arte Moderna “Spriano” Omega (No).
· 1996 Palazzetto dell’Arte Città di Foggia.
       Galleria Sagittaria, Ennio Finzi Opere 1951-1958, Pordenone (testo di D. Marangon).
       Galleria “Linea 70” Verona (testo di S. Stocco).
       Galleria Cheiros, Vicenza.
· 1997 Arte Fiera, Bologna, personale galleria Fidesarte e galleria Meeting.
       San Gregorio Art Gallery, Venezia “I versi del colore” (testo di Luca M. Barbero).
       Galleria Fidesarte, Venezia-Mestre (nell’occasione viene pubblicato il volume “I versi del
       colore” edito da Fidesarte e introdotto da Luca M. Barbero).
       Galleria Morone, Milano (testo di L. Caramel).
· 1998 Galleria Bluart, Padova.
       Ca’ Lozzio Incontri, Oderzo (testo di F. Batacchi).
       Galleria Vega Spazio, Trento.
       Galleria Studio Delise, Portogruaro.
· 1999 Galleria Dante Vecchiato, Vicenza.
       Galleria Studio d’Arte GR Sacile.
· 2000 Galleria d’Arte Tarozzi, Pordenone.
       Teatro Comunale Lonigo – Vicenza (a cura di G. Menato).
       Galleria “Arte Più”, Ferrara, presentata da G. Granzotto.
       “Finzi e Licata a confronto”, Castello Cinquecentesco L’Aquila, catalogo a cura di
       G. Granzotto.
       Città di Carole, centro Civico Comunale – Piazza Vesco.




                                               55
C.so Venezia, 93/d 37047 San Bonifacio (VR)
                                                                                                 Ennio Finzi
tel. 0456104123 · fax 0456600403 · e-mail: info@boxartgallery.com · web: www.boxartgallery.com

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Anni della luce-4

  • 1. C.so Venezia, 93/d 37047 San Bonifacio (VR) Ennio Finzi tel. 0456104123 · fax 0456600403 · e-mail: info@boxartgallery.com · web: www.boxartgallery.com
  • 2. copyright © 2001 BOXART Corso Venezia, 93/d 37047 San Bonifacio (VR) e-mail: info@boxartgallery.com web: www.boxartgallery.com coordinamento editoriale: Giorgio Gaburro presentazione: Giovanni Granzotto riproduzioni: Luca Elettri progetto ed impaginazione: www.empublishing.com stampa: Tipografia Grafiche Stella Legnago un ringraziamento particolare alla galleria d’arte Dante Vecchiato (Padova) finito di stampare nel mese di aprile 2001 in collaborazione con:
  • 3. Ennio Finzi 1970-1990: gli anni della luce e del buio
  • 4. 4
  • 5. Presentazione Nei primi anni 50, Ennio Finzi giovanissimo artista, peraltro già considerato da critici e colleghi, dopo una primissima affascinazione per il rigoroso e possente impianto astrattista (di cui si dovrà pur parlare, magari in un'altra occasione), si era già indirizzato a scompaginare il fronte dell’”astratti- smo” tradizionale. Mentre gli altri coetanei esploravano le nuove frontiere del gesto-colore, e del gesto massa-materia, o le segrete matematiche di una struttura formale che doveva trovare al pro- prio interno le stesse ragioni di esistenza, Finzi già cominciava ad applicarsi sistematicamente alla sua rivoluzione cromatica. Da una posizione quasi duplice, forse bifronte, di demiurgo e ricercato- re, egli veniva a presentare una sua cosmogonia del colore, che già annunciava valenze e porta- ti ontologici. Il pittore-ricercatore non doveva cercare ed accontentarsi degli equilibri e delle strut- ture che si reggevano su confronti bilanciati, ma doveva far scaturire tutte le potenzialità, le pulsio- ni, le contraddizioni, gli scontri del colore: il vero padrone dello spazio. Anzi lo spazio stesso. Lo spazio era (ed è) percorso da una energia interna: il colore; ed il compito, anzi la missione del pittore era proprio riconoscere questa energia, e possibilmente trasmetterla. Le problematiche legate agli equilibri formali ed ai rapporti strutturali, venivano quindi a cadere di fronte al problema primario; la scoperta dell’energia, e quindi della sonorità del colore. E questo, era stato anche il filo conduttore, nonostante le sottili geometrie, le formule apparen- temente matematiche, che si combinavano ad un raffinato tecnicismo, dell’operazione sulla luce intrapresa da Finzi negli anni 60. Luce come componente e momento fondante del colore, da con- durre quindi alla disamina estrema, ancora una volta non finalizzata ai punti di equilibrio formale, o a conquiste di sapienza tonale e naturalistica. Bensì elemento di incontro, di conoscenza (attraverso la percezione), veicolo e motore al tempo stesso, del rapporto artista-colore-spazio. “…….risultato sarà l’accrescersi esponenziale delle possibili interpretazioni visuali percettive. A Finzi ora preme soprattutto comprendere e far affiorare l’ontologismo delle proprietà cromatico- luministiche. Certo l’artista diventava percettore, ed allo stesso tempo attore di questo accadi- mento visuale e pittorico; ma, in realtà, tutto già esisteva, galleggiando più o meno identificabile o percettibile, nella smisurata capienza dell’universo colore”.(1) Confermava anche Toniato: “…….alla base della sua pittura, Finzi pone la luce, il comportamento, nella percezione visiva dei processi formali che nascono dal colore e dalle sue modificazioni. Egli sfrutta in ciò, varie possibilità percettive adottando più spesso un criterio di contrasto simultaneo senza tuttavia farsi prendere da quella ambiguità formale e illusionistica con cui, successivamente, si sono perdute varie motivazio- ni di questa poetica visuale”.(2) 5
  • 6. Sono gli anni delle “Strutture-Luce”, e poi di “Luci-Vibrazioni”, dove, “la struttura bidimensionale del dipinto, in cui ogni tensione luministica si dispiega verticalmente ed orizzontalmente per fasce seriali, ritmiche, irradianti in direzioni ed allusioni centrifughe (nonostante si possa anche rivelare un nucleo o coagulo luminoso centrale), testimonia sempre più chiaramente che la pittura di Finzi e la sua dannazione per la luce, non sono un esclusivo portato della sua ricerca formale. Sono la coscienza che il suo universo, il micro-macro cosmo di Finzi, comunque sostenuti da principi pura- mente estetico-formali, si sviluppa e si dipana solo attraverso gli incontri (prevalenti negli ultimi anni) e gli scontri, le interrelazioni, gli zampillii luminosi, le deflagrazioni cromatiche, i rimandi fra colore e luce, fra la loro organizzazione di gamme contrastanti e complementari. Lo spazio è il luogo primi- genio dove tutto si fa, tutto avviene, attraverso il dispiegarsi di questi elementi…………”.(3) Finzi dunque si sentiva un po’ lo scienziato della luce e del colore, ma non era capito. Per lo meno così gli appariva. Ed allora decide di rinchiudersi nel proprio laboratorio privato, a scandagliare sempre più tracciati luminosi, a penetrare i segreti della percezione e della riflessione. Anni in cui a Finzi resta il rammarico di non essere in grado di costruire macchine dinamico-luministiche capaci di offrire soluzioni concrete alle infinite occasioni di matrice cinetica. Ma era troppo artista, troppo pittore per trasformarsi in un tecnico, anche solo in un artigiano. Non poteva che confermarsi come il facitore di soluzioni pittoriche di straordinaria sensibilità, e di grande finezza nella scansione ritmica e nella padronanza dei moduli. Con esiti sempre di grande suggestione. Ormai l’approccio è quasi interamente monocromatico: “Come un bruco che, rien- trato al coperto, ed al sicuro dai pericoli, dai rischi della superficie, accetta di perlustrare meticolo- samente il proprio limitatissimo territorio. Finzi si isola nelle proprie astrazioni che non sono puramen- te mentali. Ha ormai preso coscienza di essere padrone dell’elemento spaziale, e contempora- neamente cresce in lui la delusione per non vedersi compreso. Così si rintana in ciò che più cono- sce, che più ama, assieme al colore, che più considera possa arricchire la sua individuale e solita- ria esperienza.”(4) Finzi dunque nei dipinti dei cicli, “Tensiomodulari ultralineari”e “Scale transcromatiche”, dimostra una tensione ossessiva, parossistica, a toccare gli estremi delle possibilità, degli azzardi, e delle pro- vocazioni luministiche, lambendo quasi il limite della percezione pura, per poi, comunque, ricon- durre il tutto sotto l’ombrello e la guida della speculazione razionale, del magistero della ragione. La potenza dell’insegnamento guidiano restava anche per lui, come per quasi tutti gli artisti della sua generazione , un riferimento imprescindibile. Ma sul finire degli anni 70 il giovane maestro sente il rischio di un ripiegamento su se stesso; percepisce la fatica, magari anche la noia, di un ciclo per- fino troppo approfondito, vissuto e macerato. E come in altre occasioni, d’un tratto, si scrolla di ogni impaccio metodologico, esce dal laboratorio, si rituffa nel colore, ripassa perfino l’informale, ricon- 6
  • 7. quista una sensibilità segnica, gestuale e materica, che per quasi due decenni aveva abbando- nato. Dipinge i fiori del colore; le fantasie, le avventure, le espressioni più squillanti, le sonorità più accentuate del colore; come una liberazione, ma anche come una immersione quasi panica in quel suo elemento naturale. Nascono allora i “Rossi Sommersi” i “Contrasti”, quei dipinti del 1983, ed anche del 1984, che ci parlano di una libertà particolarmente fantasiosa ed effervescente. Poi, quasi all’improvviso, su questo percorso coerente anche se disomogeneo, cala un silenzio davvero formidabile. A Finzi pare di aver compreso tutto e niente, di dover, per continuare ad esse- re pittore, risalire alle origini, alle falde primigenie della luce e del colore; di dover scendere negli abissi e di dover salire ai paradisi del nero. Probabilmente era li che andava cercata la sorgente dello spazio, in quel nero che rappresen- tava “i territori dell’oscurità e delle assenze di suono, dove la luce era germinata, ma anche anda- va a placare, a quietare ogni irraggiamento….. Il nero assoluto e totalizzante era la nuova frontie- ra: quel colore non colore, capace di assumere perfino una propria dimensione plastica…..”(5) E Finzi sembrava, proprio, voler scavare, in opere come i “Neroiridi”, all’interno del gorgo, fino a trovare una plasticità di masse ancora bloccate, costruite solo su stratificazioni purissime e velature misteriose. Ed a me parve, questa sua fase stilistico-ideale, l’ennesima e conclusiva conferma delle mie buone ragioni nel considerare il suo lavoro come una delle più coerenti testimonianze della parola e dell’avventura spaziale; in un simpatico disaccordo, sul punto, con Ennio Marangon, peraltro il più attento e profondo biografo del maestro veneziano, che andava, invece, privilegiando – separan- dola – la matrice propriamente coloristica, rispetto a quella spazialista. Negli altri, per di più successivi, cicli del nero, come nelle “Ideopolicromie”, e nei “Neroluce”, pro- prio una più riconoscibile levità spaziale, ed una tensione centrifuga, sembravano confermare il diri- gersi verso una nuova apertura e dilatazione dei confini; in un campo del nero comunque “… vio- lato, mutilato, perlomeno contaminato da nuovi ed antichi paradigmi cromatici: da inserti di scale cromatiche, da accensioni, o bagliori, o strappi di colore, come ferite, o come rimandi ad un’altra verità dello spazio-colore, ad un’altra realtà mai dimenticata…… In questa profonda immersione nella vastità del nero e dei neri, (senza, però, rimanerne sommerso) Finzi prendeva coscienza della infinitezza, della illimitatezza spaziale. D'altronde quale colore più del nero, il 7limite per definizione, risulta appunto non definibile, non contornabile? Affrontabile, forse, ed esplorabile nelle profondità delle proprie stratificazioni e del proprio spessore…. Nasce una pittura che assomma e coniuga la ricerca della dilatazione spaziale e la compenetrazione fra stratificazioni materiche e stratificazioni luministiche, in un approccio di tipo neo-platonico, al colore sostanza, che si conferma come una entità primigenia. Ma che concede anche interferenze, immissioni apparentemente fortuite: pietre, 7
  • 8. pulviscoli luminosi, scaglie vetrose; contingenti testimonianze dei percorsi accidentali della con- temporaneità…. E comunque, come già accennato, il vuoto, il rifiuto del colore e della sua sono- rità, non è completamente fedele: epifanie di azzurri e di verdi, tersità di bianchi accecanti, o squar- ci improvvisi come bagliori, di rossi purissimi; conquistano piccole, ma determinanti, porzioni del dipinto, rimandandoci a universi alternativi, a spazi non più siderali, ma forse più personali e condi- visibili. E già percettivamente si annunciava il ritorno del colore, di cui nunzi e ambasciatori risulte- ranno i dipinti della fine degli anni ottanta.”(6) Proprio Dino Marangon aveva annunciato una nuova stagione: “Rispetto all’apodittica perentorietà dei Neri, cominciano a farsi strada le più inti- me e familiari penombre, crepuscolari o mattinali, delle eleganti misuratissime gamme delle terre, sapientemente addensate o rarefatte in continue fasce verticali,…. Dando vita ad armoniche tes- siture tonali su cui si accampano aritmicamente le uniformi squillanti “tarsie” timbriche dei verdi, dei rosa, dei gialli….”(7). Dipinti come “Verso l’iride”, o “Verso la luce”, o “Verso il rosa”, o “Il verso del rosa” ci avvertono, dunque, di una nuova, colorata e vitale, frontiera; ma sono anche l’offerta con- clusiva e poeticamente altissima di uno dei passaggi più importanti e decisivi delle ricerche esteti- che del dopoguerra italiano. Giovanni Granzotto NOTE (1) Giovanni Granzotto: “Ennio Finzi” di Dino Marangon e Giovanni Granzotto; edizioni Galleria Dante Vecchiato, Padova 2000. (2) Toni Toniato: “Ennio Finzi” di Umbro Apollonio e Toni Toniato; edizioni Galleria il Traghetto, Venezia 1969. (3) Giovanni Granzotto: “Finzi e Licata a confronto” di Giovanni Granzotto; edizioni Verso l’Arte; Castello Cinquecentesco dell’Aquila 2000. (4) Giovanni Granzotto: “Finzi e Licata a confronto” di Giovanni Granzotto; edizioni Verso l’Arte; Castello Cinquecentesco dell’Aquila 2000. (5) Giovanni Granzotto: “Ennio Finzi” di Dino Marangon e Giovanni Granzotto; edizioni Galleria Dante Vecchiato, Padova 2000. (6) Giovanni Granzotto: “Finzi e Licata a confronto” di Giovanni Granzotto; edizioni Verso l’Arte; Castello Cinquecentesco dell’Aquila 2000. Giovanni Granzotto: “Ennio Finzi” di Dino Marangon e Giovanni Granzotto; edizioni Galleria Dante Vecchiato, Padova 2000. (7) Dino Marangon: “Ennio Finzi: colore, l’ornamento, altro” Catalogo a cura di Dino Marangon, Mostra Galleria Civica Palazzo Todeschini, Desenzano del Garda 1990. 8
  • 10. (…) La regola base di questa pittura è tuttora un concetto di simultaneità coloristica nel contra- sto dei complementari, e la visione di uno spazio rappresentato quale campo ambiente di forze organiche, come processo della loro indeterminazione e continuità. Visualizza lo spazio nei suoi aspetti di profondità e di estensione illimitata che il colore intercetta nel piano di un flusso, il quale rappresenta il ritmo di una sostanza universale. Ogni piano di colore slitta dal piano della superficie oppure vi rientra, si allontana o si avvicina, oscillando nell’onda indefinita della luce. Essa distingue quei piani non tanto quale vuoto e pieno, nettamente contrapposti, bensì come elementi di un processo di diversa saturazione o dissoluzione, di una materia spaziale che si condensa nelle dimensioni delle apparenze naturali o svapora, con progressive precipitazioni, in una sostanza fluida fino a raggiungere l’omogeneità assoluta di una superficie monocroma. Toni Toniato dal testo della monografia Ennio Finzi, edita dalla galleria “Il Traghetto”, Venezia 1969. 10
  • 11. “senza titolo” · tempera su tela · 45x45 cm · 1969 11
  • 12. “tensimodulatore ultralineare bianco-rosso” · tempera su tela · 45x45 cm · 1972 12
  • 13. “cromostruttura nero-bianco” · tempera su tela · 65x65 cm · 1974 13
  • 14. “cromostruttura azzurro-bianco” · tempera su tela · 65x65 cm · 1974 14
  • 15. “cromostruttura azzurro-bianco” · tempera su tela · 45x45 cm · 1974 15
  • 16. “luce vibrazione” · tempera su tela · 65x65 cm · 1975 16
  • 17. “senza titolo” · tempera su tela · 65x65 cm · 1976 17
  • 18. (…) Così la recente pittura di Finzi, attraverso lo sviluppo degli ultimi dieci anni di ricerca, si sostan- zia in una problematica della decostruzione lineare per espansione ottico-vibratoria. Nel risultano reticoli, geometricamente determinati, in condizioni di elasticità virtuale del raccordo di concatenazione ortogonale o di semplici allineamenti perpendicolari a segmenti di retta, dove il colore si sottintende per ampiezza vibratoria proporzionale all’equidistanza o al grado di torsione del tracciato lineare. Sono equazioni di propagazione luminosa, progressivamente saturanti, visualmente tensibili per intermittenza percettiva. In questo ambito la struttura del campo ottico promosso da Finzi si decotomizza in segmenti epi- fanici dove l’energia può ripartirsi a intervalli cadenzati costituiti da un massimo centrale di illumi- nazione cromescente periferizzata da contorni gradatamente indefiniti, virtualmente interferenti per espansione visiva. La transizione dell’oscurità verso la luce diventa la qualità temporale di un progredire matemati- co a posteriori dove la presenza di frange diffratte, nelle zone illuminate, si costituisce spettacolo del colore-atmosfera metabolica. Per frammentare l’evento luminoso del colore Finzi si avvale di un sistema di decrescenze segmen- tali che condizionano, in termini metaformali, un siderale itinerario ottico, inedito della misura della propria tipicità. Con Finzi la forma-luce può dunque diventare luce formata nel colore interlineato: cromolucisio- ne degli intervalli translineari. Carlo Belloli, 30 situazioni transcromatiche; Ennio Finzi, Galleria Falchi, Milano, 28 febbraio 1972. 18
  • 19. “vibrazione luce” · tempera su tela · 65x65 cm · 1976 19
  • 20. “vibrazione luce” · tempera su tela · 65x65 cm · 1976 20
  • 21. “vibrazione luce” · tempera su tela · 65x65 cm · 1976 21
  • 22. “senza titolo” · tempera su tela · 45x45 cm · 1976 22
  • 23. “senza titolo” · tempera su tela · 45x45 cm · 1976 23
  • 24. “senza titolo” · tempera su tela · 65x65 cm · 1977 24
  • 25. “scale transcromatiche” · tempera su tela · 65x65 cm · 1978 25
  • 26. “scale transcromatiche” · tempera su tela · 45x45 cm · 1978 26
  • 27. “senza titolo” · matita colorata su carta · 28x22 cm · 1978 “senza titolo” · matita su carta · 27,5x21 cm · anni ‘70 “senza titolo” · matita su carta · 28x22 cm · anni ‘70 “senza titolo” · matita su carta · 28x22 cm · anni ‘70 27
  • 28. (…) Finzi, all’inizio degli anni ottanta, si sentì in diritto e in dovere di affrontare direzioni opposte: quelle del segno, della libertà intuitiva, quelle del gioco e della fantasia; senza, però, tralasciare il tentativo di allargare lo spazio, di aprirlo, lasciando che venisse invaso e irradiato dal suo elemen- to fondante: il colore. L’universo cromatico verrà così apparendo sempre più dilatato, senza quasi confini, delimitato forse solo dai riferimenti fantastici di autentiche fioriture (non più emersioni) di colore, ora interpretato anche gestualmente. Giovanni Granzotto, Ennio Finzi I versi del colore, nel catalogo della personale presso la Galleria d’Arte Dante Vecchiato. 28
  • 29. “il grande uccello rapace” · olio su tela · 100x100 cm · 1983 29
  • 30. “ideoiridescenza az” · tempera su tela · 70x70 cm · 1984 30
  • 31. “superficie cromo-percettiva” · olio su tela · 50x70 cm · 1984 31
  • 32. “superfice cromo percettiva” · olio su tela · 40x30 cm · 1984 32
  • 33. “alternanze verso la luce” · tecnica mista su tela · 40x40 cm · 1988 33
  • 34. Il nero. Un colore scelto come condizione unica per tentare la pittura, per proporla in termini cri- tici e insieme poetici. Una decisione estrema, dopo aver sostato per anni nell’ampiezza e varietà del colore in ogni sua gamma di intensità e di luce, assunta con intelligenza appassionata e rigorosa, cui si unisce un tem- poraneo problematico, e fors’anche lunatico, incline a lasciare aperte le questioni di fondo con soluzioni provvisorie di una raggelata eleganza. Una pittura senza alternativa, tranne quella del bianco; ma una volta verificata con agostiniana devozione, tutto resterebbe com’è qui, in questi testi: problemi e soluzioni. Invariato. Una parola potrebbe dirla Lucio Fontana con cognizione, che a questo bivio ango- scioso s’è trovato, da solo, quarant’anni prima. Uomo diverso e culturalmente meno condizionato, ha deciso di non aggiungere nulla, tranne il segno improvviso e perentorio della propria presenza. Il nero è nero, ma dentro a quel nero che la mente si prefigura, l’occhio e tout le propos du corps scoprono un’infinità di varianti possibili, dall’opacità allo splendore, dall’immobilità al movimento, dal segno che partisce la superficie alla sua negazione, dalla presenza all’improvvisa di sparizione delle diverse qualità della texture, all’emergenza lenta dello spazio estenso, inerte, informe ed infi- nito. Pittura con un solo colore non colore, sperimentata in ogni sua possibilità e disponibilità, per coglierne i segreti del sogno, del senso, del silenzio e del tempo, da fuori, attraverso i rituali di un gioco sottile della memoria. Giuseppe Mazzariol, Finzi, nel catalogo della personale presso la Galleria del Traghetto, Venezia, agosto-settembre 1986. 34
  • 35. “ideocromo in nero” · olio su tela · 70x80 cm · 1985 35
  • 36. “neroiride 10” · olio su cartone telato · 28x34 cm · 1985 36
  • 37. “neroiride” · olio su tela · 50x70 cm · 1987 37
  • 38. “ideopolicromia” · olio su tela · 70x50 cm · 1987 38
  • 39. “neroiride” · olio su tela · 70x50 cm · 1987 39
  • 40. “neroiride” · olio su cartone telato · 34x28 cm · 1987 40
  • 41. “senza titolo” · tecnica mista su carta · 50x70 cm · anni ‘80 41
  • 42. “senza titolo” · tecnica mista su carta · 70x50 cm · anni ‘80 42
  • 43. “senza titolo” · olio su carta incollata su tavola · 35x50 cm · anni ‘80 “senza titolo” · olio su carta incollata su tavola · 35x50 cm · anni ‘80 43
  • 44. (…) Ecco che allora, accettando la pittura di mettersi in gioco, di compromettersi con il volgere dei tempi, i diversi attributi iconici paiono acquisire la loro massima efficacia comunicativa: così gli immani orizzonti cartesianamente circolari o più naturalmente ovali ed ellittici che, con impercetti- bile imponenza, affiorano dalle opposte polarità del bianco e del nero – (veri e propri confini con- cettuali dell’universo del colore) – nella illimite virtualità del piano del quadro, sembrano alludere ad un profondo desiderio di ordine, ad un rinnovato e ritrovato Kósmos a cui approdare al di là di ogni indifferenza, oggi così diffusa, mentre la stessa sobrietà e castigatezza delle stesure, unita- mente alle austere e solenni modulazioni delle superfici pittoriche sembrano, quasi pudicamente, ma con grande fermezza, ribadire la tacita, ma energica e drammatica insorgenza di profondi impeti e moventi etici. Dino Marangon, Ennio Finzi: i versi del colore, nel catalogo della personale presso la Galleria del Cavallino, Venezia, 22 febbraio-28 marzo 1991. 44
  • 45. “neroluce” · olio su tela · 50x70 cm · 1991 45
  • 46. “aereo luce” · olio su tela · 30x50 cm · 1991 46
  • 47. “aereo luce” · olio su tela · 35x55 cm · 1991 47
  • 48. “senza titolo” · olio su carta intelata · 70x100 cm · fine anni ‘80 48
  • 49. “senza titolo” · olio su carta intelata · 70x100 cm · fine anni ‘80 49
  • 50. “senza titolo” · olio su carta intelata · 70x100 cm · 1990 50
  • 51. “senza titolo” · olio su carta intelata · 70x100 cm · 1990 51
  • 52. ENNIO FINZI - Note biografiche Ennio Finzi nasce a Venezia nel 1931 e, giovanissimo, si interessa alla pittura ed alla musica. Dopo una temporanea frequenza dei corsi dell’Istituto d’Arte di Venezia viene attratto dall’affascinante scoperta dello sconvolgimento strutturale del cubismo, il che gli permette di trascendere il dato reale della rappresentazione. Dopo la Biennale del 1948 si riapre a Venezia l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee e questo fatto offre a Finzi la possibilità di dedicarsi allo studio dei maestri delle avanguardie storiche. L’incontro con Atanasio Soldati, che soggiornò a Venezia per qualche tempo, generò uno sti- molo che probabilmente influenzò le opere successive con accesi cromatismi e rigorosi equilibri for- mali. Nascono così le prime “invenzioni” in cui il ritmo, il colore, la luce, il timbro assumono il ruolo di elementi portanti e diverranno una costante basilare di tutta la sua ricerca. Notevole influenza in quegli anni sarà esercitata su Finzi da Virgilio Guidi per la forza ideologica del pensiero creativo e da Emilio Vedova per l’impeto del gesto che aggredisce la superficie. La scoperta della musica dodecafonica lo porta ad appropriarsi del principio della “dissonanza”. Improvvisamente, in tal modo, la prassi di un colore sciolto da ogni relazione di tono e che si assumeva l’esclusiva funzione di timbro, apriva nuovi e vasti orizzonti, tanto che da quel momento e fino al termine degli anni ’50 il suo lavoro risulterà una ossessiva ricerca sulla semantica del gesto, della luce, del timbro. Il rap- porto suono-colore, un colore che Finzi, più che “vedere”, ama “ascoltare” nelle sue risonanze più intime, gli permette di esprimersi secondo altre regole del tutto aleatorie in svincolata autonomia. Sul finire degli anni ’50, segnati dalle sconvolgenti intuizioni di Lucio Fontana, che Finzi conobbe a Milano in occasione di una sua mostra alla galleria Apollinaire, la turbolenza gestuale e l’urgenza espressiva si placano e subentra una dimensione più riflessiva nella direzione di un superamento della pittura stessa, con l’avvicinamento alle teorie gestaltiche sulla fenomenologia della percezio- ne. I principi della optical art informarono le sue ricerche sulla suggestione ottica, dovuta al feno- meno della conservazione retinica delle immagini, fino al 1978. Dopo una breve crisi seguita all’e- saurimento dell’interesse per i principi della visualità strutturata, nel 1980 Finzi si abbandona, con rin- novata energia ed entusiasmo, alla ritrovata immediatezza della pittura scandagliando nuova- mente le fascinose trame del colore, che si eleva oltre le dissonanze degli anni ’50. La pittura ricon- quista lo spazio dominante con un successivo alternarsi di colore e non colore, di luce ed oscurità che si contendono la superficie dell’opera. Il nero viene posto come la luce del buio, del vuoto del silenzio, e lo conduce a sondare le risonanze più segrete dell’inesistente sull’invisibilità della pittura stessa. Nella continua dialettica della ricerca, Finzi procede per stadi successivi di evoluzione carat- 52
  • 53. terizzati da espansioni di sontuosità cromatiche e da improvvisi azzeramenti di ogni luminosità in cui concentra allo stato potenziale ogni emissione energetica. Questo incessante porre in discussione i propri modi operativi, lo rende estraneo ad ogni precostituita forma stilistica e gli fa assumere il “non-stile” ad etica professionale. Attraverso il succedersi delle esperienze Finzi insegue continua- mente il sogno della pittura con una tensione sempre rivolta alla rigenerazione, alla catarsi e negli anni più recenti si riappropria delle connotazioni insite nella pittura e nel colore non più inibiti da regimi ideologicamente chiusi, bensì con un abbandono totalmente aperto e disponibile alla sfera globale del sentimento della pittura stessa. ESPOSIZIONI - Principali esposizioni personali · 1956 Fondazione B.L.M. Venezia (presentazione di T. Toniato). · 1957 Galleria Schneider, Roma (testo di V. Guidi). Galleria S. Stefano, Venezia. Galleria Numero, Firenze. · 1958 Galleria Apollinaire, Milano (testo G. Marchiori). Circolo di Cultura, Bologna. Fondazione B.L.M. Venezia (testo di U. Apollonio). · 1961 Galleria Il Traghetto, Venezia. · 1964 Galleria Gritti, Venezia. · 1969 Galleria Il Traghetto, Venezia (nell’occasione viene pubblicata una monografia edita dalla Galleria Il Traghetto introdotta da U. Apollonio e T. Toniato). Galleria Schreiber, Brescia. · 1970 Galleria l’Argentario, Trento (testo di U. Apollonio). Galleria Il Traghetto, Venezia. Galleria l’Incontro, Vicenza. · 1971 Galleria 3B, Bolzano. Galleria G3N, Seregno. · 1972 Galleria Falchi, Milano (testo di C. Belloni). Galleria S. Giorgio, Venezia-Mestre. Galleria Michelangelo, Bergamo. · 1973 Gallerie 58, Rapperswill, Svizzera (testo critico registrato su nastro di C. Belloli). Galleria Quarta Dimensione, Arezzo. · 1974 Galleria Il Traghetto, Venezia. Galleria L’Argentario, Trento. · 1975 Galleria Erika, Torino. Galleria Il Traghetto, Venezia. Galleria l’Incontro, Vicenza. 53
  • 54. · 1977 Galleria L’Argentario, Trento. Galleria Fidesarte, Venezia-Mestre. · 1978 Galleria Arte Struktura, Milano (testo di U. Apollonio). Galleria Rosati, Ascoli Piceno. La Cooperativa Associazione Esperienze Culturali, Pescara. · 1979 Galleria Meeting, Venezia-Mestre. · 1980 “Artisti per la Scuola” Comune di Venezia (testo di P. Fraccalini). Centro d’Arte, Acqui Terme. Fondazione B.L.M. Venezia, mostra antologica (testo intervista di T. Toniato a E. Finzi). · 1981 Galleria Seno, Milano. Galleria Il Traghetto, Venezia. · 1982 Galleria d’Arte Moderna Dino Del Vecchio, Monopoli. Galleria Lillo, Venezia-Mestre. · 1983 Galleria L’Argentario, Trento. Galleria Il Traghetto, Venezia. Galerie BIMC, Parigi (testo di E. Di Martino). · 1986 Galleria Il Sole, Bolzano. Galleria Tommaseo, Trieste. Mostra lezione tenuta dal prof. G. Mazzariol al Dipartimento di Storia e Critica delle Arti, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi, Venezia. Galleria Il Traghetto, Venezia (testo di G. Mazzariol). Galleria Borgo, Treviso. Galleria Meeting, Venezia-Mestre. · 1987 “42 Opere Inedite 1950-1955” Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Forti, Verona (testo di G. Cortenova e T. Toniato: catalogo edito da Mazzotta). · 1988 Galleria La Virgola, Fabriano. Galleria Sintesi, Treviso. Galleria d’Arte Moderna Palazzo dei Diamanti, Ferrara (testo di T. Toniato). Galleria Meeting, Venezia-Mestre. · 1989 Galleria Rosati, Ascoli Piceno. Associazione Artistica “La Cooperativa” Bari. Jazz e pittura, Valdagno. · 1990 Mostra antologica Galleria Tommaso, Trieste (testo di D. Marangon). Galleria Civica Palazzo Todeschini, Città di Desenzano del Garda (testi di E. Di Martino e D. Marangon). · 1991 Galleria del Cavallino “I versi del colore” Venezia. · 1992 Galleria Centro d’Arte la Fenice, Treviso. Studio d’Arte L’Argentario, Trento. · 1993 Mostra Seminario Incontro con l’Artista, Università degli Studi di Venezia, Dipartimento di Storia e Critica delle Arti “Giuseppe Mazzariol”. 54
  • 55. · 1994 Arte Fiera, Bologna (testo di Ernesto L. Francalanci). Mostra Antologica, Comune di Sarego (testo di G. Menato). · 1995 Galleria d’Arte Moderna “Spriano” Omega (No). · 1996 Palazzetto dell’Arte Città di Foggia. Galleria Sagittaria, Ennio Finzi Opere 1951-1958, Pordenone (testo di D. Marangon). Galleria “Linea 70” Verona (testo di S. Stocco). Galleria Cheiros, Vicenza. · 1997 Arte Fiera, Bologna, personale galleria Fidesarte e galleria Meeting. San Gregorio Art Gallery, Venezia “I versi del colore” (testo di Luca M. Barbero). Galleria Fidesarte, Venezia-Mestre (nell’occasione viene pubblicato il volume “I versi del colore” edito da Fidesarte e introdotto da Luca M. Barbero). Galleria Morone, Milano (testo di L. Caramel). · 1998 Galleria Bluart, Padova. Ca’ Lozzio Incontri, Oderzo (testo di F. Batacchi). Galleria Vega Spazio, Trento. Galleria Studio Delise, Portogruaro. · 1999 Galleria Dante Vecchiato, Vicenza. Galleria Studio d’Arte GR Sacile. · 2000 Galleria d’Arte Tarozzi, Pordenone. Teatro Comunale Lonigo – Vicenza (a cura di G. Menato). Galleria “Arte Più”, Ferrara, presentata da G. Granzotto. “Finzi e Licata a confronto”, Castello Cinquecentesco L’Aquila, catalogo a cura di G. Granzotto. Città di Carole, centro Civico Comunale – Piazza Vesco. 55
  • 56. C.so Venezia, 93/d 37047 San Bonifacio (VR) Ennio Finzi tel. 0456104123 · fax 0456600403 · e-mail: info@boxartgallery.com · web: www.boxartgallery.com