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Convegno Legautonomie: “Costi standard e costi sociali”




   FEDERALISMO FISCALE E
    WELFARE COMUNALE

                          Franco Pesaresi
          Direttore Servizi alla persona e alla famiglia Comune Ancona
   Presidente Associazione nazionale operatori sociali e sociosanitari (ANOSS)



                         Roma 8 luglio 2010
1° parte

La spesa sociale
     attuale

                   2
La spesa europea per la
                 protezione sociale
   La spesa sociale (malattia/assistenza sanitaria, invalidità, vecchiaia, superstiti,
    famiglia/infanzia, disoccupazione, abitazione, esclusione sociale) italiana è inferiore alla
    media europea dei 15.
   Italia al 9° posto per spesa con il 25,7% del PIL contro il 26,4% dell’Europa
    (2006).
   L’Italia si caratterizza:
     – per la spesa in assoluto più elevata per vecchiaia e superstiti: 15,5%
         del PIL;
     – per la spesa in assoluto più bassa per le politiche per le famiglie:
         1,2% del PIL;
     – per la spesa in assoluto più bassa per l’inclusione sociale: 0,1% del
         PIL;
     – per la tra le più basse per gli invalidi e gli inabili (superiore solo a
         Grecia ed Irlanda): 1,5% del PIL.
                                                                                                   3
Spesa sociale pubblica totale                     (2003)

                   Prestazioni    Milioni di €   In % sul PIL   In % su totale spesa
Assegno sociale                      3.346          0,24                  7,7
Integrazione al minimo pensioni     13.945          1,00                 32,3
Pensioni di invalidità civile        2.544          0,18                  5,9
Indennità di accompagnamento         8.166          0,59                 18,9
Maggiorazione sociale                1.620          0,12                  3,7
Assegno per il nucleo familiare      5.495          0,40                 12,7
Sostegno locazione                    248           0,02                  0,6
Assegno per 3° figlio                 423           0,03                  1,0
Assegno di maternità                  290           0,02                  0,7
Pensioni di guerra                   1.558          0,11                  3,6
Ministero solidarietà sociale         31            0,00                  0,1
Totale prestazioni nazionali        37.666          2,71                 87,2
Servizi sociali comunali             5.378          0,39                 12,5
Province                              129           0,01                  0,3
Totale prestazioni locali            5.507          0,40                 12,8 4
TOTALE SPESA PER L’ASSISTENZA       43.173          3,11                 100,0
LA SPESA COMUNALE PER
  SERVIZI SOCIALI - 2006
RIPARTIZIONE   SPESA PRO-CAPITE

NORD-OVEST           117           Spesa più alta RSS:
                                    Valle d’Aosta: 359
 NORD-EST            146

  CENTRO             114          Spesa più alta RSO:
                                  Emilia Romagna: 151

    SUD               44            Spesa più bassa:
                                      Calabria : 25
   ISOLE              86          Spesa più bassa RSS:
                                       Sicilia: 75
   ITALIA            101
                                                       5
Sintesi (spesa bassa e disomogenea)
– Italia spende poco per l’assistenza. Il 3,1% del
  PIL mentre la media europea è di almeno il
  5,1%. Il dato italiano è il più basso nell’Europa
  dei 15.

– Spesa locale marginale (12,8%) rispetto alla
  spesa complessiva e con tassi di crescita
  inferiori alle necessità.

– La spesa sociale locale presenta grandi
  differenze fra le aree del paese.
                                                      6
2° parte: Con il federalismo fiscale


  Come verrà
  finanziato il
     welfare
  comunale?                            7
La classificazione delle spese
                comunali
1.   Spese fondamentali: definite dalla legislazione
     statale; comprensive dei livelli essenziali delle
     prestazioni eventualmente da esse implicate;
     finanziate integralmente in base al fabbisogno
     standard.
2.   Spese non fondamentali: relative ad altre funzioni.
     Finanziate da tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo
     basato sulla capacità fiscale per abitante (obiettivo: ridurre le differenze tra le capacità
     fiscali). Il finanziamento integrale non è più garantito.

3.   Spese speciali: Non dirette a tutte le territorialità.
     Finanziate da contributi speciali, finanziate dall’UE o
     cofinanziate con i fondi di cui al 5° comma art. 119
     Cost..
                                                                                                     8
Le spese fondamentali
        (individuate provvisoriamente dalla L. 42/2009)
1.   Funzioni generali di amministrazione, di gestione e
     di controllo
2.   Funzioni di polizia locale
3.   Funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi
     per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e
     refezione, nonché l’edilizia scolastica
4.   Funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti
5.   Funzioni riguardanti la gestione del territorio e
     dell’ambiente
6.   Funzioni del settore sociale
                                                           9
Il finanziamento delle funzioni
          fondamentali
   Le Funzioni fondamentali sono finanziate
    integralmente in base al fabbisogno standard
    con:
    –   Tributi propri;
    –   Compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali
        (senza vincolo di destinazione);
    –   Compartecipazioni e addizionali al gettito di tributi erariali e
        regionali;
    –   Fondo perequativo (senza vincolo di destinazione).



                                                                       10
Regioni e LEPS/1
   Non ci sarà, dunque, alcun finanziamento
    regionale (o statale) specifico per i LEPS
    (confermato anche dalle norme transitorie art. 21 c.1, lett. 3/2). Rimane
    invece per i LEA.

   Le regioni perdono il principale
    strumento a sostegno delle proprie
    politiche sociali. Senza il finanziamento
    delle politiche le regioni indeboliscono
    pesantemente la loro azione. (Rimane il Fondo
    perequativo che non ha destinazione vincolata e può essere distribuito solo ad alcuni comuni).

                                                                                                     11
Regioni e LEPS/2
   Questa situazione è insostenibile. E’ impensabile
    che la regione non partecipi al finanziamento
    almeno parziale dei LEPS vista la competenza
    legislativa esclusiva in materia sociale. Non
    avrebbe strumenti per le proprie politiche.
   Bisogna trovare il modo di far partecipare le
    regioni. Non è attualmente previsto ma non è
    detto che in sede di decreti legislativi non si trovi
    il modo di inserire questa necessità.
   (In questo quadro) Lo
                      strumento della deliberazione per organizzare i
    servizi dovrà essere sostituito dalla legge regionale.


                                                                    12
3° parte: Per i comuni




IL FABBISOGNO
 STANDARD (FS)
                            13
Che cosa è il fabbisogno standard?
   Il fabbisogno standard (FS) è il criterio di
    riferimento per il finanziamento delle spese
    per le funzioni fondamentali degli EE.LL (e i
    LEPS).


   La L. 42/2009 cita il fabbisogno standard 13
    volte ma mai per definirlo e per indicare il
    metodo di calcolo. Possibile che nessuno
    abbia posto con forza questo problema?

                                                    14
La letteratura
   La teoria economica non definisce il
    fabbisogno (di spesa) standard in modo
    univoco. C’è chi:
    –   Fa riferimento a comportamenti medi di spesa (che devono però trovare
        riscontro in fattori oggettivi esogeni);


    –   Definisce la spesa standard per abitante mettendola in relazione
        a variabili ritenute e a priori le determinanti dei fabbisogni di spesa
        dei singoli enti;

    –   Definisce la spesa standard come il livello di spesa pro-capite che
        consente la fornitura di un livello di servizi considerato standard.

                                                                                15
I Metodi per il FS
             seguendo la logica della Legge Delega
   Seguendo la logica della Legge Delega sono
    due le metodologie possibili per calcolare i
    fabbisogni standard dei comuni:

    1. Calcolo dei costi standard (se ne parla nei
       primissimi articoli della legge a proposito dei principi
       fondamentali);



    2. Calcolo della spesa standardizzata (se ne
       parla a proposito dei criteri per il Fondo perequativo) o
       analisi dei determinanti di spesa.
                                                                  16
Il FS secondo i costi standard
   Il costo standard consiste nel costo di produzione ideale (di una
    prestazione) ottenuto supponendo condizioni operative normali.
   Per determinare il FS occorre conoscere il Costo standard, calcolato
    conoscendo la qualità standard delle prestazioni e lo standard di
    erogazione delle prestazioni.
   Non si basa sulla spesa storica.
   L’Uso del costo standard consente di catturare meglio le esigenze di
    recupero di efficienza e di efficacia della spesa, dato che determina
    valori degli standard non eccessivamente difformi lungo il territorio
    nazionale giustamente differenti al variare della dimensione del
    comune coerentemente con la presenza di economie/diseconomie di
    scala presenti nella produzione di un bene/servizio.
   Operazione complessa per la carenza di un dataset più omogeneo
    circa le caratteristiche dei servizi erogati dai comuni (ministeri
    impreparati) ma può garantire il finanziamento realmente necessario.
                                                                           17
Il FS secondo la spesa standardizzata
   A lungo utilizzato dal Ministero dell’Interno.
   Il metodo utilizza le regressioni multiple per stimare la dipendenza
    della spesa da un numero limitato di variabili (determinanti) come
    l’ampiezza demografica, le caratteristiche territoriali, ecc. Il dato di
    partenza è la spesa storica su cui si innestano le variabili.
   La stima consente di determinare quale è la quota giustificabile dal
    contesto strutturale e socio-economico in cui l’ente opera (la spesa
    standard) e quale invece è la porzione di spesa in eccesso rispetto ai
    comportamenti medi di spesa di enti con analoghe caratteristiche.
   Si caratterizza (rispetto al costo standard) per una maggiore
    semplicità e per una minore necessità di arricchimento del set
    informativo disponibile ma definisce valori di stima a volte poco idonei
    a descrivere standard comportamentali di spesa (essendo questi
    erraticamente variabili lungo il territorio e per la dimensione dell’ente e, soprattutto,
    largamente influenzati dai livelli di occupazione e dal reddito dei residenti). Rialloca    la
    spesa storica senza modificarne il livello.
                                                                                                 18
Il metodo della RES                          (Representative expenditure system)


La relazione governativa sul Federalismo fiscale al Parlamento del 30
     giugno ha indicato anche il metodo della RES come uno dei più
     tradizionali per il calcolo del Fabbisogno standard.

Il metodo prevede l’utilizzo di indicatori fisici relativi ai fattori incidenti
     sull’amministrazione locale (popolazione servita, strade curate, servizi
     forniti, ecc.). Dato un livello di spesa pro-capite definito necessario o
     semplicemente medio, questo viene corretto attraverso indicatori di
     copertura della domanda potenziale, produttività e di costo dell’input
     della produzione.

In sostanza, per determinare quanto ciascun ente locale dovrebbe
     spendere per finanziare un certo mix di servizi vengono considerate le
     caratteristiche demografiche, socioeconomiche e geografiche che
     influiscono sui bisogni di quel dato territorio.



                                                                                19
La metodologia degli studi di settore
Il Governo ritiene inadeguate le metodologie precedenti e propone la
     metodologia degli studi di settore (relazione al Parlamento del 30/6/10).

In cosa consiste il metodo?
1.   1. Utilizzare la SOSE (Società per gli studi di settore) (di proprietà pubblica).

2.   2. Condivisione (con chi?) delle scelte tecniche nelle diverse fasi
     della procedura di costruzione del Fabbisogno standard.

3.   3. Gradualità e dinamicità del percorso. Ragionevole gradualità nel
     perseguimento dell’efficienza. Gli standard, a regime, vanno
     rideterminati a scadenze periodiche (per tener conto dei cambiamenti,
     delle innovazioni e delle necessità di crescita del sistema).

4.   4. Tiene conto dei dati contabili e “degli aspetti strutturali” (?) dei
     servizi erogati” “da considerare coerenti con un livello accettabile di
     efficienza” (pag. 18 allegato 3 Relazione al Parlamento 30/6/2010).

                                                                                         20
Si definisce un percorso?
SI.

Il SOSE provvede al calcolo del fabbisogno standard

Coinvolgendo i soggetti interessati. Questa parte è
   insufficiente e va esplicitata meglio. Chi viene
   coinvolto e in quali passaggi?

L’implemetazione del sistema sarà graduale. Il sistema
    di calcolo sarà dinamico permettendo obiettivi
    modulabili.


                                                         21
C’è la definizione di un sistema di
            calcolo del FS?
No. Gli elementi forniti sono ancora insufficienti a
   definire il metodo di calcolo.

Non si fa cenno al costo standard per il calcolo del
  Fabbisogno standard.

C’è però un importante accenno anche alla valutazione
   degli aspetti strutturali dei servizi che è significativo
   per i possibili sviluppi (in termini di obiettivi di
   servizio, garanzie di qualità minima, costo standard,
   promozione della efficienza).

L’accenno è però ancora insufficiente per chiarire i reali
   intendimenti del Governo.
                                                           22
Passi avanti?
Qualche passo avanti si è fatto per quel che
  riguarda la definizione del fabbisogno standard
  ma ancora insufficienti.

Secondo la legge 42/2009 la Relazione del 30 giugno
   doveva contenere il quadro generale di
   finanziamento degli enti territoriali e ipotesi di
   definizione su base quantitativa della struttura
   fondamentale dei rapporti finanziari tra lo stato,
   le regioni e gli enti locali con l’indicazione delle
   possibili distribuzioni delle risorse.

Per quel che riguarda gli enti locali questo obiettivo non
   è stato ancora raggiunto.
                                                          23
Una valutazione applicata ai LEPS
    Il metodo degli studi di settore – per quel
     poco che se ne sa - è compatibile con la
     necessità di finanziare maggiormente i
     settori che si devono ancora sviluppare
     come quello sociale e socio-educativo.
     (teoricamente permette la crescita – seppur contenuta - di
     taluni settori all’interno di una spesa complessiva
     predefinita).




                                                              24
Fabbisogno standard: qualche proposta

   Il settore sociale e socio-educativo comunale per
    l’attuazione dei LEPS ha oggettivamente bisogno
    di più risorse. Il meccanismo di calcolo del FS
    presentato dal governo definisce il percorso ma
    non i criteri di calcolo.

   Questa stessa necessità di crescita non c’è per il
    complesso delle Funzioni Fondamentali.

   Occorre trovare un meccanismo di calcolo del FS
    che sappia far crescere i servizi assistenziali e
    socio-educativi.
                                                     25
Proposta: costo standard per i LEPS
   Per i LEPS si potrebbe puntare sulla valutazione del calcolo
    del costo standard a partire dalle prestazioni principali.

   Anche nel settore sociale c’è un gruppo di poche
    prestazioni (asili nido, ass. residenziale,…) in grado di
    determinare la gran parte della spesa.

   Si tratterebbe di un percorso graduale di acquisizione dei
    dati e di applicazione del criterio analitico. Mano a mano
    che si rendono disponibili i dati si amplia gradualmente
    l’applicazione del criterio. Ipotesi in linea con il metodo
    degli studi di settore.

   Si tratta di un percorso complesso ma nello stesso tempo
    realista e non si rinuncia ad un percorso graduale di
    crescita delle risorse ed alla costruzione del “pacchetto di
    cittadinanza” uguale per tutti.

                                                                   26
Risorse dall’invalidita’?
La relazione al parlamento del 30/6/2010, vista la ampia
   differenza regionale (1 a 2) nella concessione delle pensioni
   di invalidità, chiede la corresponsabilità di stato e regioni
   nella corresponsione delle pensioni di invalidità (25% della
   spesa assistenziale nazionale).

In particolare si chiede di programmare dettagliatamente le
   azioni di governo nazionale e regionale volte ad assicurare
   l’equilibrio economico e finanziario delle pensioni di
   invalidità per ogni singola regione. Che cosa significa?

1. Non si può legare un diritto soggettivo (la pensione di
   invalidità) agli obiettivo di bilancio.

2. Gli effetti delle azioni di contrasto degli abusi devono essere
   riallocati per interventi assistenziali locali evitando che a
   beneficiarne siano soprattutto le regioni dove maggiori
   sono stati gli abusi.
                                                                27
4° parte

SI RIDURRANNO
 LE
 DIFFERENZE?
                28
LA SPESA COMUNALE PRO-CAPITE:
                PROVENIENZA E DISTRIBUZIONE TERRITORIALE
    Zona           Intervento   Intervento   Pressione     Totale
 territoriale        erariale    regionale   finanziaria
Nord                  67           41           794         902
occidentale
Nord orientale        49           111          717         877

Centrale              114          51           772         937

Meridionale           211          43           450         704

Insulare              278          206          359         843

Nazionale             130          74           647         851


                                                                  29
Differenze negli asili nido
                     Spesa procapite   Spesa x posto nido   % posti prima
                                                              infanzia
Nord-ovest                 49                10.960             15,0

Nord-est                   51                9.573              17,8

Centro                     55                12.712             15,1

Sud e Isole                23                8.732               4,3

Comuni <5000               54                6.822
Comuni 5001-1000           41                7.684
Comuni 10001-20000         33                8.330
Comuni 20001-60000         33                10.239
Comuni >60000              61                12.540


ITALIA                     49                10.999             11,7

                                                                       30
Valutare le differenze
La tabella sugli asili nido dimostra che i dati economici
  sulla spesa pro capite da soli non bastano ad
  evidenziare i livelli di efficienza.
Ci sono comuni che puntano di più sugli asili nido e ci
  sono standard strutturali e di personale diversi nelle
  varie regioni che determinano una grande varietà della
  spesa.
Per questo è importante che il fabbisogno standard si
  calcoli tenendo conto anche degli “aspetti strutturali “
  dei servizi (come indicato nella relazione al parlamento) intendendo
  con questo gli aspetti quali-quantitativi che
  influenzano la spesa. Questo per evitare di
  penalizzare i comuni più attenti ed efficienti.
                                                                 31
Spesa comunale per assistenza
   La spesa sociale comunale pro-capite presenta
    enormi differenze (1 a 12).

   Riuscirà il federalismo a ridurre gradualmente le
    differenze?

   Sappiamo che questo dipenderà:
    1. Dal sistema di calcolo del fabbisogno standard (basato sul
       costo standard o sulla spesa storica?);
    2. Dalla dimensione del fondo perequativo e dalle sue modalità
       di riparto;
    3. Dal collegamento del fabbisogno standard con i LEPS.


                                                              32
5° parte

FEDERALISMO E
    LEPS

               33
FEDERALISMO E LEPS
   Le necessità di sviluppare la spesa sociale locale e di
    ridurre le differenze rendono necessario agganciare
    fortemente le modalità di finanziamento degli enti locali alla
    definizione dei LEPS. Nel momento in cui tutti i comuni
    saranno impegnati a garantire i LEPS le differenze non
    scompariranno ma si dovrebbero ridurre.

   Occorre pertanto:
     – Definire in modo non generico i LEPS;
     – Calcolare il fabbisogno standard sulla base dei LEPS (di
       un gruppo crescente di prestazioni);
     – Definire un percorso graduale.

                                                                 34
LEPS e legge 42
   A questa esigenza non risponde in modo coerente il 2°
    comma dell’art. 20 della L.42/09 che stabilisce che fino alla
    loro approvazione con nuova legge si considerano LEP
    quelli già fissati in base alla legislazione statale.

   Questo comma introduce una nuova preoccupante ipotesi:
    quella del calcolo del Fabbisogno standard considerando le
    norme nazionali largamente incomplete sull’assistenza e
    non considerando le prestazioni e le risorse regionali e
    comunali sull’assistenza (peraltro inadeguate).
    RISULTATO: UN FEDERALISMO SENZA LA SUA
    GARANZIA COSTITUZIONALE CHE SONO I LEP.

   Questo porterebbe alla fine del federalismo (solidale) e
    all’esplosione delle differenze regionali.
                                                                    35
Definire i LEPS in modo non
                generico
L’obiettivo di elevare la spesa sociale e di ridurre gli squilibri
   territoriali richiede di definire i LEPS in questo modo   :
    – Devono essere individuate con precisione le
      prestazioni;
    – Per ogni prestazione va definito lo standard di
      erogazione;
    – Ogni servizio/prestazione deve essere
      sottoposto ad autorizzazione e
      accreditamento;
    – Il riferimento deve essere al bacino di
      popolazione e non all’ambito sociale.
                                                                     36
obiettivi di servizio dei LEPS
Occorre rilevare positivamente un interesse della legge verso la
  definizione non generica dei LEP.

Spetta infatti ai decreti legislativi definire anche gli obiettivi di
  servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali
  nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali
  delle prestazioni (o alle funzioni fondamentali) (art. 2, c.2, lett. f).

Che cosa sono gli obiettivi di servizio se non qualcosa di
  assimilabile agli standard di erogazione delle prestazioni?

La delega è comunque difficile da attuare se non si definiscono
   prioritariamente i LEPS.



                                                                         37
Monitoraggio e sanzioni
   La legge sul federalismo fiscale garantisce il
    finanziamento delle funzioni fondamentali e non
    dei LEPS. Questo modello è debole. Quali
    strumenti e garanzie per la realizzazione dei
    LEPS?
   Senza lo strumento del finanziamento finalizzato
    si è quasi disarmati. Decisivo diventa pertanto, il
    monitoraggio sulla loro realizzazione.
   Occorre anche un sistema di incentivazione e di
    meccanismi sanzionatori da applicare ai comuni
    da affidare anche alle regioni (e non solo allo
    Stato – art.2 , c.2,ett. z)
                                                      38
Gradualità

   La situazione della finanza pubblica rende
    improbabile uno sviluppo significativo dei
    finanziamenti dedicati al welfare sociale
    locale ma la conoscenza del settore
    rendono irrinunciabile la costruzione della
    rete completa dei servizi.
   Questo rende plausibile un percorso
    graduale di valutazione analitica del
    fabbisogno, di finanziamento e di sviluppo
    del settore.
                                              39
GRAZIE PER L’ATTENZIONE




                      40

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Federalismo fiscale e welfare comunale

  • 1. Convegno Legautonomie: “Costi standard e costi sociali” FEDERALISMO FISCALE E WELFARE COMUNALE Franco Pesaresi Direttore Servizi alla persona e alla famiglia Comune Ancona Presidente Associazione nazionale operatori sociali e sociosanitari (ANOSS) Roma 8 luglio 2010
  • 2. 1° parte La spesa sociale attuale 2
  • 3. La spesa europea per la protezione sociale  La spesa sociale (malattia/assistenza sanitaria, invalidità, vecchiaia, superstiti, famiglia/infanzia, disoccupazione, abitazione, esclusione sociale) italiana è inferiore alla media europea dei 15.  Italia al 9° posto per spesa con il 25,7% del PIL contro il 26,4% dell’Europa (2006).  L’Italia si caratterizza: – per la spesa in assoluto più elevata per vecchiaia e superstiti: 15,5% del PIL; – per la spesa in assoluto più bassa per le politiche per le famiglie: 1,2% del PIL; – per la spesa in assoluto più bassa per l’inclusione sociale: 0,1% del PIL; – per la tra le più basse per gli invalidi e gli inabili (superiore solo a Grecia ed Irlanda): 1,5% del PIL. 3
  • 4. Spesa sociale pubblica totale (2003) Prestazioni Milioni di € In % sul PIL In % su totale spesa Assegno sociale 3.346 0,24 7,7 Integrazione al minimo pensioni 13.945 1,00 32,3 Pensioni di invalidità civile 2.544 0,18 5,9 Indennità di accompagnamento 8.166 0,59 18,9 Maggiorazione sociale 1.620 0,12 3,7 Assegno per il nucleo familiare 5.495 0,40 12,7 Sostegno locazione 248 0,02 0,6 Assegno per 3° figlio 423 0,03 1,0 Assegno di maternità 290 0,02 0,7 Pensioni di guerra 1.558 0,11 3,6 Ministero solidarietà sociale 31 0,00 0,1 Totale prestazioni nazionali 37.666 2,71 87,2 Servizi sociali comunali 5.378 0,39 12,5 Province 129 0,01 0,3 Totale prestazioni locali 5.507 0,40 12,8 4 TOTALE SPESA PER L’ASSISTENZA 43.173 3,11 100,0
  • 5. LA SPESA COMUNALE PER SERVIZI SOCIALI - 2006 RIPARTIZIONE SPESA PRO-CAPITE NORD-OVEST 117 Spesa più alta RSS: Valle d’Aosta: 359 NORD-EST 146 CENTRO 114 Spesa più alta RSO: Emilia Romagna: 151 SUD 44 Spesa più bassa: Calabria : 25 ISOLE 86 Spesa più bassa RSS: Sicilia: 75 ITALIA 101 5
  • 6. Sintesi (spesa bassa e disomogenea) – Italia spende poco per l’assistenza. Il 3,1% del PIL mentre la media europea è di almeno il 5,1%. Il dato italiano è il più basso nell’Europa dei 15. – Spesa locale marginale (12,8%) rispetto alla spesa complessiva e con tassi di crescita inferiori alle necessità. – La spesa sociale locale presenta grandi differenze fra le aree del paese. 6
  • 7. 2° parte: Con il federalismo fiscale Come verrà finanziato il welfare comunale? 7
  • 8. La classificazione delle spese comunali 1. Spese fondamentali: definite dalla legislazione statale; comprensive dei livelli essenziali delle prestazioni eventualmente da esse implicate; finanziate integralmente in base al fabbisogno standard. 2. Spese non fondamentali: relative ad altre funzioni. Finanziate da tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo basato sulla capacità fiscale per abitante (obiettivo: ridurre le differenze tra le capacità fiscali). Il finanziamento integrale non è più garantito. 3. Spese speciali: Non dirette a tutte le territorialità. Finanziate da contributi speciali, finanziate dall’UE o cofinanziate con i fondi di cui al 5° comma art. 119 Cost.. 8
  • 9. Le spese fondamentali (individuate provvisoriamente dalla L. 42/2009) 1. Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo 2. Funzioni di polizia locale 3. Funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica 4. Funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti 5. Funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente 6. Funzioni del settore sociale 9
  • 10. Il finanziamento delle funzioni fondamentali  Le Funzioni fondamentali sono finanziate integralmente in base al fabbisogno standard con: – Tributi propri; – Compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali (senza vincolo di destinazione); – Compartecipazioni e addizionali al gettito di tributi erariali e regionali; – Fondo perequativo (senza vincolo di destinazione). 10
  • 11. Regioni e LEPS/1  Non ci sarà, dunque, alcun finanziamento regionale (o statale) specifico per i LEPS (confermato anche dalle norme transitorie art. 21 c.1, lett. 3/2). Rimane invece per i LEA.  Le regioni perdono il principale strumento a sostegno delle proprie politiche sociali. Senza il finanziamento delle politiche le regioni indeboliscono pesantemente la loro azione. (Rimane il Fondo perequativo che non ha destinazione vincolata e può essere distribuito solo ad alcuni comuni). 11
  • 12. Regioni e LEPS/2  Questa situazione è insostenibile. E’ impensabile che la regione non partecipi al finanziamento almeno parziale dei LEPS vista la competenza legislativa esclusiva in materia sociale. Non avrebbe strumenti per le proprie politiche.  Bisogna trovare il modo di far partecipare le regioni. Non è attualmente previsto ma non è detto che in sede di decreti legislativi non si trovi il modo di inserire questa necessità.  (In questo quadro) Lo strumento della deliberazione per organizzare i servizi dovrà essere sostituito dalla legge regionale. 12
  • 13. 3° parte: Per i comuni IL FABBISOGNO STANDARD (FS) 13
  • 14. Che cosa è il fabbisogno standard?  Il fabbisogno standard (FS) è il criterio di riferimento per il finanziamento delle spese per le funzioni fondamentali degli EE.LL (e i LEPS).  La L. 42/2009 cita il fabbisogno standard 13 volte ma mai per definirlo e per indicare il metodo di calcolo. Possibile che nessuno abbia posto con forza questo problema? 14
  • 15. La letteratura  La teoria economica non definisce il fabbisogno (di spesa) standard in modo univoco. C’è chi: – Fa riferimento a comportamenti medi di spesa (che devono però trovare riscontro in fattori oggettivi esogeni); – Definisce la spesa standard per abitante mettendola in relazione a variabili ritenute e a priori le determinanti dei fabbisogni di spesa dei singoli enti; – Definisce la spesa standard come il livello di spesa pro-capite che consente la fornitura di un livello di servizi considerato standard. 15
  • 16. I Metodi per il FS seguendo la logica della Legge Delega  Seguendo la logica della Legge Delega sono due le metodologie possibili per calcolare i fabbisogni standard dei comuni: 1. Calcolo dei costi standard (se ne parla nei primissimi articoli della legge a proposito dei principi fondamentali); 2. Calcolo della spesa standardizzata (se ne parla a proposito dei criteri per il Fondo perequativo) o analisi dei determinanti di spesa. 16
  • 17. Il FS secondo i costi standard  Il costo standard consiste nel costo di produzione ideale (di una prestazione) ottenuto supponendo condizioni operative normali.  Per determinare il FS occorre conoscere il Costo standard, calcolato conoscendo la qualità standard delle prestazioni e lo standard di erogazione delle prestazioni.  Non si basa sulla spesa storica.  L’Uso del costo standard consente di catturare meglio le esigenze di recupero di efficienza e di efficacia della spesa, dato che determina valori degli standard non eccessivamente difformi lungo il territorio nazionale giustamente differenti al variare della dimensione del comune coerentemente con la presenza di economie/diseconomie di scala presenti nella produzione di un bene/servizio.  Operazione complessa per la carenza di un dataset più omogeneo circa le caratteristiche dei servizi erogati dai comuni (ministeri impreparati) ma può garantire il finanziamento realmente necessario. 17
  • 18. Il FS secondo la spesa standardizzata  A lungo utilizzato dal Ministero dell’Interno.  Il metodo utilizza le regressioni multiple per stimare la dipendenza della spesa da un numero limitato di variabili (determinanti) come l’ampiezza demografica, le caratteristiche territoriali, ecc. Il dato di partenza è la spesa storica su cui si innestano le variabili.  La stima consente di determinare quale è la quota giustificabile dal contesto strutturale e socio-economico in cui l’ente opera (la spesa standard) e quale invece è la porzione di spesa in eccesso rispetto ai comportamenti medi di spesa di enti con analoghe caratteristiche.  Si caratterizza (rispetto al costo standard) per una maggiore semplicità e per una minore necessità di arricchimento del set informativo disponibile ma definisce valori di stima a volte poco idonei a descrivere standard comportamentali di spesa (essendo questi erraticamente variabili lungo il territorio e per la dimensione dell’ente e, soprattutto, largamente influenzati dai livelli di occupazione e dal reddito dei residenti). Rialloca la spesa storica senza modificarne il livello. 18
  • 19. Il metodo della RES (Representative expenditure system) La relazione governativa sul Federalismo fiscale al Parlamento del 30 giugno ha indicato anche il metodo della RES come uno dei più tradizionali per il calcolo del Fabbisogno standard. Il metodo prevede l’utilizzo di indicatori fisici relativi ai fattori incidenti sull’amministrazione locale (popolazione servita, strade curate, servizi forniti, ecc.). Dato un livello di spesa pro-capite definito necessario o semplicemente medio, questo viene corretto attraverso indicatori di copertura della domanda potenziale, produttività e di costo dell’input della produzione. In sostanza, per determinare quanto ciascun ente locale dovrebbe spendere per finanziare un certo mix di servizi vengono considerate le caratteristiche demografiche, socioeconomiche e geografiche che influiscono sui bisogni di quel dato territorio. 19
  • 20. La metodologia degli studi di settore Il Governo ritiene inadeguate le metodologie precedenti e propone la metodologia degli studi di settore (relazione al Parlamento del 30/6/10). In cosa consiste il metodo? 1. 1. Utilizzare la SOSE (Società per gli studi di settore) (di proprietà pubblica). 2. 2. Condivisione (con chi?) delle scelte tecniche nelle diverse fasi della procedura di costruzione del Fabbisogno standard. 3. 3. Gradualità e dinamicità del percorso. Ragionevole gradualità nel perseguimento dell’efficienza. Gli standard, a regime, vanno rideterminati a scadenze periodiche (per tener conto dei cambiamenti, delle innovazioni e delle necessità di crescita del sistema). 4. 4. Tiene conto dei dati contabili e “degli aspetti strutturali” (?) dei servizi erogati” “da considerare coerenti con un livello accettabile di efficienza” (pag. 18 allegato 3 Relazione al Parlamento 30/6/2010). 20
  • 21. Si definisce un percorso? SI. Il SOSE provvede al calcolo del fabbisogno standard Coinvolgendo i soggetti interessati. Questa parte è insufficiente e va esplicitata meglio. Chi viene coinvolto e in quali passaggi? L’implemetazione del sistema sarà graduale. Il sistema di calcolo sarà dinamico permettendo obiettivi modulabili. 21
  • 22. C’è la definizione di un sistema di calcolo del FS? No. Gli elementi forniti sono ancora insufficienti a definire il metodo di calcolo. Non si fa cenno al costo standard per il calcolo del Fabbisogno standard. C’è però un importante accenno anche alla valutazione degli aspetti strutturali dei servizi che è significativo per i possibili sviluppi (in termini di obiettivi di servizio, garanzie di qualità minima, costo standard, promozione della efficienza). L’accenno è però ancora insufficiente per chiarire i reali intendimenti del Governo. 22
  • 23. Passi avanti? Qualche passo avanti si è fatto per quel che riguarda la definizione del fabbisogno standard ma ancora insufficienti. Secondo la legge 42/2009 la Relazione del 30 giugno doveva contenere il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali e ipotesi di definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo stato, le regioni e gli enti locali con l’indicazione delle possibili distribuzioni delle risorse. Per quel che riguarda gli enti locali questo obiettivo non è stato ancora raggiunto. 23
  • 24. Una valutazione applicata ai LEPS  Il metodo degli studi di settore – per quel poco che se ne sa - è compatibile con la necessità di finanziare maggiormente i settori che si devono ancora sviluppare come quello sociale e socio-educativo. (teoricamente permette la crescita – seppur contenuta - di taluni settori all’interno di una spesa complessiva predefinita). 24
  • 25. Fabbisogno standard: qualche proposta  Il settore sociale e socio-educativo comunale per l’attuazione dei LEPS ha oggettivamente bisogno di più risorse. Il meccanismo di calcolo del FS presentato dal governo definisce il percorso ma non i criteri di calcolo.  Questa stessa necessità di crescita non c’è per il complesso delle Funzioni Fondamentali.  Occorre trovare un meccanismo di calcolo del FS che sappia far crescere i servizi assistenziali e socio-educativi. 25
  • 26. Proposta: costo standard per i LEPS  Per i LEPS si potrebbe puntare sulla valutazione del calcolo del costo standard a partire dalle prestazioni principali.  Anche nel settore sociale c’è un gruppo di poche prestazioni (asili nido, ass. residenziale,…) in grado di determinare la gran parte della spesa.  Si tratterebbe di un percorso graduale di acquisizione dei dati e di applicazione del criterio analitico. Mano a mano che si rendono disponibili i dati si amplia gradualmente l’applicazione del criterio. Ipotesi in linea con il metodo degli studi di settore.  Si tratta di un percorso complesso ma nello stesso tempo realista e non si rinuncia ad un percorso graduale di crescita delle risorse ed alla costruzione del “pacchetto di cittadinanza” uguale per tutti. 26
  • 27. Risorse dall’invalidita’? La relazione al parlamento del 30/6/2010, vista la ampia differenza regionale (1 a 2) nella concessione delle pensioni di invalidità, chiede la corresponsabilità di stato e regioni nella corresponsione delle pensioni di invalidità (25% della spesa assistenziale nazionale). In particolare si chiede di programmare dettagliatamente le azioni di governo nazionale e regionale volte ad assicurare l’equilibrio economico e finanziario delle pensioni di invalidità per ogni singola regione. Che cosa significa? 1. Non si può legare un diritto soggettivo (la pensione di invalidità) agli obiettivo di bilancio. 2. Gli effetti delle azioni di contrasto degli abusi devono essere riallocati per interventi assistenziali locali evitando che a beneficiarne siano soprattutto le regioni dove maggiori sono stati gli abusi. 27
  • 28. 4° parte SI RIDURRANNO LE DIFFERENZE? 28
  • 29. LA SPESA COMUNALE PRO-CAPITE: PROVENIENZA E DISTRIBUZIONE TERRITORIALE Zona Intervento Intervento Pressione Totale territoriale erariale regionale finanziaria Nord 67 41 794 902 occidentale Nord orientale 49 111 717 877 Centrale 114 51 772 937 Meridionale 211 43 450 704 Insulare 278 206 359 843 Nazionale 130 74 647 851 29
  • 30. Differenze negli asili nido Spesa procapite Spesa x posto nido % posti prima infanzia Nord-ovest 49 10.960 15,0 Nord-est 51 9.573 17,8 Centro 55 12.712 15,1 Sud e Isole 23 8.732 4,3 Comuni <5000 54 6.822 Comuni 5001-1000 41 7.684 Comuni 10001-20000 33 8.330 Comuni 20001-60000 33 10.239 Comuni >60000 61 12.540 ITALIA 49 10.999 11,7 30
  • 31. Valutare le differenze La tabella sugli asili nido dimostra che i dati economici sulla spesa pro capite da soli non bastano ad evidenziare i livelli di efficienza. Ci sono comuni che puntano di più sugli asili nido e ci sono standard strutturali e di personale diversi nelle varie regioni che determinano una grande varietà della spesa. Per questo è importante che il fabbisogno standard si calcoli tenendo conto anche degli “aspetti strutturali “ dei servizi (come indicato nella relazione al parlamento) intendendo con questo gli aspetti quali-quantitativi che influenzano la spesa. Questo per evitare di penalizzare i comuni più attenti ed efficienti. 31
  • 32. Spesa comunale per assistenza  La spesa sociale comunale pro-capite presenta enormi differenze (1 a 12).  Riuscirà il federalismo a ridurre gradualmente le differenze?  Sappiamo che questo dipenderà: 1. Dal sistema di calcolo del fabbisogno standard (basato sul costo standard o sulla spesa storica?); 2. Dalla dimensione del fondo perequativo e dalle sue modalità di riparto; 3. Dal collegamento del fabbisogno standard con i LEPS. 32
  • 34. FEDERALISMO E LEPS  Le necessità di sviluppare la spesa sociale locale e di ridurre le differenze rendono necessario agganciare fortemente le modalità di finanziamento degli enti locali alla definizione dei LEPS. Nel momento in cui tutti i comuni saranno impegnati a garantire i LEPS le differenze non scompariranno ma si dovrebbero ridurre.  Occorre pertanto: – Definire in modo non generico i LEPS; – Calcolare il fabbisogno standard sulla base dei LEPS (di un gruppo crescente di prestazioni); – Definire un percorso graduale. 34
  • 35. LEPS e legge 42  A questa esigenza non risponde in modo coerente il 2° comma dell’art. 20 della L.42/09 che stabilisce che fino alla loro approvazione con nuova legge si considerano LEP quelli già fissati in base alla legislazione statale.  Questo comma introduce una nuova preoccupante ipotesi: quella del calcolo del Fabbisogno standard considerando le norme nazionali largamente incomplete sull’assistenza e non considerando le prestazioni e le risorse regionali e comunali sull’assistenza (peraltro inadeguate). RISULTATO: UN FEDERALISMO SENZA LA SUA GARANZIA COSTITUZIONALE CHE SONO I LEP.  Questo porterebbe alla fine del federalismo (solidale) e all’esplosione delle differenze regionali. 35
  • 36. Definire i LEPS in modo non generico L’obiettivo di elevare la spesa sociale e di ridurre gli squilibri territoriali richiede di definire i LEPS in questo modo : – Devono essere individuate con precisione le prestazioni; – Per ogni prestazione va definito lo standard di erogazione; – Ogni servizio/prestazione deve essere sottoposto ad autorizzazione e accreditamento; – Il riferimento deve essere al bacino di popolazione e non all’ambito sociale. 36
  • 37. obiettivi di servizio dei LEPS Occorre rilevare positivamente un interesse della legge verso la definizione non generica dei LEP. Spetta infatti ai decreti legislativi definire anche gli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni (o alle funzioni fondamentali) (art. 2, c.2, lett. f). Che cosa sono gli obiettivi di servizio se non qualcosa di assimilabile agli standard di erogazione delle prestazioni? La delega è comunque difficile da attuare se non si definiscono prioritariamente i LEPS. 37
  • 38. Monitoraggio e sanzioni  La legge sul federalismo fiscale garantisce il finanziamento delle funzioni fondamentali e non dei LEPS. Questo modello è debole. Quali strumenti e garanzie per la realizzazione dei LEPS?  Senza lo strumento del finanziamento finalizzato si è quasi disarmati. Decisivo diventa pertanto, il monitoraggio sulla loro realizzazione.  Occorre anche un sistema di incentivazione e di meccanismi sanzionatori da applicare ai comuni da affidare anche alle regioni (e non solo allo Stato – art.2 , c.2,ett. z) 38
  • 39. Gradualità  La situazione della finanza pubblica rende improbabile uno sviluppo significativo dei finanziamenti dedicati al welfare sociale locale ma la conoscenza del settore rendono irrinunciabile la costruzione della rete completa dei servizi.  Questo rende plausibile un percorso graduale di valutazione analitica del fabbisogno, di finanziamento e di sviluppo del settore. 39