5 i network nelle organizzazioni knowledge intensive conclusioni e bibliogorafia
1. Florindo Russo
I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. - 2002
Conclusioni - Bibliografia
I NETWORK NELLE ORGANIZZAZIONI
KNOWLEDGE INTENSIVE.
IL CASO MILK
CONCLUSIONI
2. Florindo Russo
I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002
Conclusioni - Bibliografia
CONCLUSIONI
Lo studio condotto attraverso questa tesi ha permesso di comprendere che
il valore della conoscenza non è assoluto, esso dipende dal luogo, dal
momento e dagli individui o gruppi che stanno utilizzando quel particolare
sapere. La Conoscenza, la tacit knowledge, si riferisce all’abilità e alle
esperienze delle persone di usare le informazioni per prendere decisioni,
realizzare attività e raggiungere risultati.
Le considerazioni delle differenti fasi del progetto MILK e, in particolare,
delle attività di analisi offrono uno spunto di riflessione sull’importanza di
gestire la conoscenza nelle organizzazioni knowledge intensive per
migliorare i processi di apprendimento. Questi sono inequivocabilmente
situati nel contesto lavorativo, dal quale non possono prescindere.
All’interno di questi contesti, soluzioni di knowledge management basate
su un’infrastruttura di ICT e incentrate sulla relazione tra contenuto
conoscitivo e contesto lavorativo, consentono di supportare i processi di
gestione della conoscenza e di apprendimento, contribuendo a migliorare
le performance dell’organizzazione nel suo complesso.
L’applicazione della parte teorica elaborata nella tesi durante l’esperienza
nel progetto MILK offre uno spunto di riflessione sulla comprensione
dell’importanza e difficoltà della gestione della conoscenza nelle
organizzazioni.
La rilevanza degli ambienti di consulenza, quali Butera e Partners, come
esempio significativo di luoghi nei quali sono complesse e delicate le
dinamiche di knowledge management, è testimoniata dal fatto che le
caratteristiche di questi contesti organizzativi presentano numerosi punti di
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convergenza con la descrizione fatta nei capitoli iniziali della tesi
relativamente ai tratti distintivi delle organizzazioni knowledge intensive.
Un aspetto che emerge dall’analisi di queste realtà è quello relativo alla
natura sociale e collaborativa del lavoro, che comporta un ripensamento di
tali processi, assumendo come unità di analisi non più i singoli individui,
ma i knowledge network, cioè comunità di persone che condividono le
stesse esperienze, le stesse pratiche di lavoro e partecipano
congiuntamente alla creazione della conoscenza e alla costruzione della
loro identità (Lave e Wenger, 1991; Wenger, 1998). Quindi, emerge con
evidenza la natura distribuita della conoscenza e dell’apprendimento, che
avviene principalmente attraverso la partecipazione diretta degli individui
ai network di appartenenza. Le comunità che si creano spontaneamente
all’interno di un’organizzazione, attraverso la condivisione di pratiche di
lavoro e di esperienze comuni, diventano il luogo privilegiato
dell’apprendimento situato e dell’acquisizione di abilità e conoscenze
rilevanti per svolgere l’attività lavorativa.
I knowledge network rappresentano i luoghi privilegiati di circolazione e
condivisione della conoscenza e la sua creazione è, quindi, fortemente
mediata dall’interazione sociale tra gli attori coinvolti nei processi
lavorativi e dal contesto in cui operano.
Se la conoscenza è costantemente mediata dalle interazioni sociali e viene
creata attraverso continui processi di partecipazione e reificazione, che
rendono possibile la negoziazione dei significati delle attività svolte e la
creazione di artefatti comuni, sia cognitivi che materiali, i processi di
apprendimento non possono prescindere da tali variabili. L’apprendimento
può avvenire solo attraverso il coinvolgimento diretto degli individui alle
pratiche di lavoro e attraverso l’interazione con gli altri membri della
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comunità. I knowledge network rappresentano un dispositivo sociale
capace di attivare quella intelligenza distribuita nel tessuto di relazioni
informali che attraversa l'organizzazione e, in un certo senso, presidiano la
conoscenza organizzativa, promovendo l'apprendimento dei suoi membri.
In queste comunità l’elemento chiave consiste nella capacità di ridefinire
in modo collettivo i problemi, nell’esistenza di ambiguità nei concetti e
nelle rappresentazioni del mondo.
Questo non significa semplicemente affermare che la conoscenza esiste
nelle persone che la posseggono e non nelle organizzazioni. Tutt’altro:
significa affermare che la conoscenza esiste solo in quanto attivata dal
dialogo tra gli individui, dal confronto dialettico di più persone che,
continuamente, producono e riproducono significati, negoziano ambiguità.
Tutte queste considerazioni sono indispensabili per la progettazione di
interventi finalizzati a migliorare i processi di gestione della conoscenza e
l'apprendimento in contesti organizzativi concreti. Gli artefatti in cui tale
conoscenza può essere incorporata - un documento, una presentazione, un
oggetto - costituiscono solo un aspetto parziale dell'immenso patrimonio
conoscitivo di un'organizzazione. Per essere compresi completamente,
questi artefatti devono, in primo luogo, essere disponibili a tutti gli
individui in maniera contestualizzata; devono, cioè, essere posti in stretta
relazione con tutti gli elementi cognitivi, sia taciti che espliciti, che hanno
contribuito alla loro produzione rendendo visibile il complesso e articolato
sistema di relazioni all’interno del quale essi vivono.
Le considerazione fino ad ora realizzate sono indispensabili per la
progettazione di interventi finalizzati a migliorare i processi di knowlegde
management e l'apprendimento in contesti organizzativi concreti. Lo
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spirito che anima il progetto MILK è che la tecnologia deve essere
progettata a partire innanzitutto dalle persone, attraverso lo studio delle
dinamiche concrete tramite le quali la conoscenza viene creata e condivisa,
e dei processi di apprendimento reali. Sulla base di ciò, i knowledge
network rappresentano l’unità di analisi privilegiata e la tecnologia deve
essere progettata in maniera tale che risulti uno strumento in grado di
supportare tali dispositivi sociali e di facilitare le interazioni tra i membri
che ne fanno parte.
Il seductive design come approccio socio-tecnico si rivela, quindi,
adeguato come schema teorico da seguire per la progettazione di una
soluzione di knowledge management basata su un’infrastruttura
tecnologica, perché promuove una progettazione congiunta della
tecnologia, dell'organizzazione e degli aspetti sociali e culturali. In questo
modo è possibile evitare che la componente tecnologica assuma
un’importanza assoluta, attribuendo il giusto peso a tutte le variabili che
devono essere prese in considerazione, per garantire che il sistema si riveli
adeguato al contesto in cui deve essere implementato.
L’esperienza vissuta durante le prime fasi del progetto MILK dimostra che,
affinché un sistema di ICT per il knowledge management venga introdotto
con successo all’interno di un’organizzazione, è indispensabile che questo
sia perfettamente allineato con le pratiche di lavoro e le dinamiche
attraverso cui la conoscenza circola e si diffonde all’interno dell'ambiente
lavorativo. Se manca questa condizione, le potenzialità di tale strumento
non si attualizzano a causa delle barriere culturali, cognitive e psicologiche
degli utenti. Un sistema che non è in grado di integrarsi armoniosamente
all’interno del flusso di attività quotidiane viene percepito come
un’imposizione dall’esterno e un freno all’efficienza delle proprie
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performance lavorative, creando avversione e rifiuto verso il suo possibile
utilizzo. L’attenzione verso la componente umana del knowledge
management è un presupposto essenziale per garantire che un intervento in
questa direzione abbia delle probabilità di successo in un’organizzazione.
È evidente come la tecnologia diventi una variabile determinante, ma non
assoluta all’interno di un intervento di knowledge management. In altre
parole, il potenziale dei supporti tecnologici è altissimo, ma per fare in
modo che si attualizzi, è necessario che il punto di partenza per la
progettazione siano le persone e le dinamiche sociali in cui queste sono
coinvolte. L’attenzione deve essere posta non più sull’interazione tra
l’uomo e lo strumento tecnologico, bensì sull’interazione tra persone
mediata da artefatti di varia natura, tra cui un ruolo sempre più importante
rivestono quelli tecnologici.
Quindi, il presupposto per la progettazione di un sistema di knowledge
management basato sulle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione che prenda corpo a partire da una strategia di knowledge-
based management, è l'acquisizione della consapevolezza, all’interno delle
organizzazioni, dell’estrema importanza che ricoprono i knowledge
network, veri e propri motori dei processi di creazione e condivisione della
conoscenza, fabbrica sociale dell’apprendimento e leva strategica per il
miglioramento continuo delle performance aziendali.
Certo la tecnologia è uno strumento potente. Tuttavia, la tecnologia
principale è rappresentata dall’interazione tra gli individui, dalla continua
produzione e riproduzione del knowledge: un po’ come il pane, la
conoscenza può derivare solo da un impasto ben lavorato (Fanelli, 1999).
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