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PERIODICO A CURA DEI DELEGATI FIOM G.D FONDATO NEL 2009
   PERIODICO A CURA DEI DELEGATI FIOM G.D FONDATO NEL 2009
                               6° NUMERO NOVEMBRE 2010
                                  3° NUMERO SETTEMBRE


                                                           NUMERI UTILI
                                                  Sede territoriale FIOM-CGIL
                                                  Santa Viola, via del Giglio7 Bologna
                                                  Tel. 051-3145211
                                                  Fax 051-3145222
                                                  Uff. Segreteria FIOM-CGIL
                                                  Via Marconi 69
                                                  Tel. 051-248210
                                                  Fax 051-251564




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Privatizzazione dell’acqua: storia
Articolo di Mario Monari, delegato
                                                      condividere a:
                                                          Scrivete notizie
di ordinaria disinformazione                         sul mondo G.D e non.
KPL Packaging.                                   ilrosso_fiomgd@libero.it
Hugo Liberi
                                                               Scrivete a:
“Quelli che ben pensano”               Pag.7
“La verità Frascari
  Valeria derogata”                    Pag.4     ilrosso_fiomgd@libero.it
 Fabrizio Torri                                  IL ROSSO lo trovi anche su internet,
“..................................”   Pag.8    sul NUOVO sito dei delegati FIOM-G.D
“Breve storia della FIAT.....”         Pag.8     ILhttp://fiomgd.altervista.org
                                                    ROSSO lo trovi anche su internet,
  Sandra Sandrolini
  Andrea Felisatti
                                                     sul sito dei delegati FIOM-G.D
“Nel bel Paese.....”              Pag.10
“Manifestazione 16 Ottobre 2010 Pag.12
   Andrea Felisatti                             http://digilander.libero.it/fiomgd
 e considerazioni personali (!) ”                    I DELEGATI FIOM SONO SU
   Valeria Frascari
“..........................”      Pag.10
                                                            FACEBOOK:
  Fabrizio Torri                                     I DELEGATI FIOM SONO SU
Volantino: Detassazione lavoro         Pag.19                FIOMGD e
notturno e straordinari                                     FACEBOOK
                                                        RSU GD BOLOGNA
                                                http://digilander.libero.it/fiomgd

                                         Pag.1
Privatizzazione dell’acqua: storia
         di ordinaria disinformazione
Il recente decreto Ronchi (Dl. n. 135 del 25/09/2009), recante l’ obbligo di assegnare la gestione
delle società di distribuzione dell’ acqua a società private, offre lo s punto per dimostrare
materialmente il sistema di disinformazione che caratterizza la quasi totalità dei mezzi di
informazione in Italia.
Secondo la versione ufficiale propagandata, il suddetto decreto governativo avrebbe semplicemente
recepito la direttiva europea sulla liberalizzazione dei s        ervizi nel me rcato interno (direttiva
2006/123/CE del 12/12/2006, meglio nota come “ex Bolkenstein”), la quale obbliga gli Stati
membri a liberalizzare i servizi di pubblica utilità gestiti da enti pubblici di qualunque natura. Di
fatto si tratta di una privatizzazione in regime di monopolio in quanto l’ utente del servizio non
dispone di una platea di operatori commerciali tra cui scegliere ma di un unico soggetto economico
che eroga il servizio a causa della natura dello st esso (“monopolio naturale”).
Tutto ciò, tradotto in pratica, indica che l’ utente non può scegliere tra più acquedotti quello che può
soddisfare meglio le sue richieste (ad es. in termini di preminenza della qualità o del prezzo del
servizio) come teorizzato dalla dottrina del libero mercato nella sua versione classica, al contrario
egli si trova di fronte ad un monopolio privato della più importante risorsa naturale.
La verità è ben diversa: la direttiva europea indica in maniera evidente che la libera prestazione di
servizi non si applica ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro,
fra cui i servizi di distribuzione e fornitura idriche, i servizi di gestione delle acque reflue (art. 17
comma 1 punto D) ed il trattamento dei rifiuti (punto E). La stessa direttiva lascia inoltre ai singoli
stati membri la possibilità di definire quali siano i servizi ad interesse economico e quali siano
intrinsecamente quelli non a scopo di lucro, consentendo per questi ultimi il divieto totale di
apertura al mercato (art. 1 comma 2 e 3). L'Italia, dopo 3 anni, non ha ancora stabilito una
distinzione di questo tipo e si avvia anche verso la privatizzazione di tutti i gli altri servizi.
In ultima analisi, il decreto accoglie un grossolano emendamento del PD (n. 15.504) in cui si
distingue, con un sofisma degno del miglior Azzeccagarbugli, tra la proprietà della risorsa idrica
(che rimane pubblica) e la “gestione” (che va in mano privata), come se il proprietario di fatto della
risorsa in questione non fosse lo stesso soggetto che ne re alizza la distribuzione! Il decreto è stato
dunque approvato da tutte le formazioni politiche ad eccezione dell’ IDV e di tre isolati senatori del
PD. La “necessità” di privatizzare l’ acqua per ottemperare la diret tiva europea come se fosse un
obbligo è quindi una palese falsità diffusa dai telegiornali di regime. Il motivo della mancata
smentita da parte della quasi totalità dei giornali d’opposizione parlamentare risiede nel contributo
apportato dall’ opposizione parlamentare stessa alla stesura del decreto.



                                                   Pag.2
C’è da chiedersi se sia politicamente accettabile che un settore vitale come l’ acqua (potremmo
aggiungere, poiché viviamo nel 21° sec., energia, telecomunicazioni, infrastrutture per il trasporto
di cose e persone, sanità, istruzione) sia affidato alla “gestione privata” (leggi “lucro”). La risposta è
negativa: è proprio l’ inconciliabilità tra l’ interesse privato e l’ interesse vitale della cittadinanza
alla buona e comunitaria gestione delle risorse essenz iali e/o strategiche per la Nazione che
costituisce la “ratio legis” (la motivazione alla base di una legge) degli art. 41 e 43 della
Costituzione, palesemente violati anch’ essi. Infatti nell’ art. 41 si indica che la iniziativa
economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’ utilità sociale e nell’ art. 43
(alla cui lettura diretta rimandiamo il lettore) si indica la possibilità ai fini di ut ilità generale di
riservare originariamente o trasferire […]imprese […] che si riferiscano a servizi pubblici
essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente
interesse generale. Non vi è traccia invece nella Costituzione di un articolo o comma che preveda la
possibilità di percorrere a ritroso la strada tracciata dall’ art. 43, ovvero la “privatizzazione” dei
servizi pubblici etc.: anche questo elemento deve essere sfuggito alla politica ed alla stampa
nostrane, impegnate su questioni certamente di non maggiore rilevanza.
Alla doverosa difesa della parte “politica” della nostra Costituzione, che contempla il diritto alla
libertà d’ informazione, si deve aggiungere la difesa della parte “economica”, poiché quest’ ultima
non è meno importante di quella “politica”. Ne è invece il complemento, come ogni pilastro lo è
nella struttura di un palazzo. Il presidente Pertini ci ha ricordato, con la saggezza che gli era propria,
che “non c’ è giustizia senza libertà, e non c’è libertà senza giustizia”.
Noi siamo d’ accordo.




                                                                                  Hugo Liberi




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LA VERITA’ DEROGATA
Il 29/9/2010 FIM-CISL, UILM-UIL e FEDERMECCANICA, hanno siglato un accordo che
apre “l’autostrada” per le deroghe al Contratto Nazionale separato, quello da loro firmato
nel 2009. Quel CCNL era stato votato solo dagli iscritti di FIM e UILM, quindi escludendo
la maggioranza dei lavoratori metalmeccanici; l’accordo sulle deroghe, invece, non l’ha
votato proprio nessuno. Ambedue però ricadono sulla testa di tutti i metalmeccanici.
Questo scritto potrebbe tranquillamente finire qui, i significati nel merito e nel metodo di
quello che è avvenuto e la totale mancanza di rispetto di quello che pensano i lavoratori
metalmeccanici nel loro insieme, sono di per se più che evidenti. Però forse vale la pena di
esplicitare meglio qualche considerazione. Quando si deroga un contratto, si riduce il suo
ambito di applicazione, il che in soldoni significa che uno o più temi in cui
precedentemente si è trovato un accordo, non vengono più applicati; si parte da qui e c’è
poco da fare o da giustificare. Da un pò di tempo a questa parte, FIM e UILM non si
risparmiano davvero in giustificazioni sul loro operato. Ma la cosa vera è un’altra, ed è
qualcosa che sta tra il ridicolo ed il grottesco, cioè le deroghe le esigono i padroni e la
rincorsa a tranquillizzare i lavoratori la fanno i sindacati complici di quegli accordi. D’altra
parte i padroni fanno il loro mestiere e, da sempre, non è che provino particolari simpatie
per il sindacato, in particolar modo un per un sindacato come la FIOM che ha la pretesa -
ma che parolone inaccettabile per il padrone! - di fare almeno delle mediazioni ragionevoli
quando si tratta di stipulare un’accordo. Allora è evidente che quando mal si sopporta la
mediazione, la prima cosa che si fa, quando le condizioni generali te lo consentono, è
quella di cominciare a togliere attraverso lo strumento della deroga, quanto
precedentemente concordato. Ad onor del vero le hanno chiamate “intese modificative del
CCNL”, termine “politicamente corretto” creato per ... non indurre apprensione nel
lavoratore ... ma sempre di deroghe si tratta, ovviamente. I padroni hanno per lo più
giustificato questa necessità, appellandosi alla crisi in atto; di fatto affermando che una
crisi la si affronta riducendo i diritti dei lavoratori e che le quote di produttività e redditività
da recuperare, sono strettamente correlate a quel peggioramento e non ad investimenti in
innovazione del prodotto, da tradursi principalmente - come pensa invece la FIOM - in
investimenti sulla progettazione, sui macchinari e sulla professionalità dei lavoratori. Quale
è stata invece la pensata di FIM e UILM ? “ I padroni hanno ragione!”. Poi magari un
giorno ci spiegheranno come mai, ad esempio, l’accordo alla FIAT di Pomigliano, non sta
producendo gli effetti desiderati: gli investimenti promessi da Marchionne non sono ancora
stati sbloccati, gli ultimi dati sul settore auto parlano di una FIAT in calo delle vendite di


                                              Pag.4
circa il 40% contro un calo medio del settore, a livello internazionale, di circa il 23%. Ma
non sarà che la produttività la recuperi facendo investimenti su un prodotto vendibile e non
togliendo diritti? Banale ma vero! Premesso che ciascuno di noi ha il diritto di “vederla
come vuole”, bisognerebbe però almeno capire che condividere coi padroni questo
percorso di riduzione dei diritti, come stanno facendo FIM e UILM, significa accettare il
concetto di “redistribuzione della miseria”, cioè di una rincorsa - in un paese come l’Italia
con un costo del lavoro principalmente costruito su decenni di lotte sindacali per migliorare
diritti e salario per tutti - verso condizioni di lavoro tipiche di quei paesi con poche o
nessuna regola o tutela. Paesi dove i lavoratori, sono obbligati ad accettare salari che
valgono magari un terzo o anche meno di quelli spesso già insufficienti erogati in Italia.
Significa disincentivare ulteriormente gli investimenti nel lavoro e lasciare che il padronato
sposti sempre più le sue risorse in investimenti finanziari. Significa incentivare un
arretramento culturale generale e di cultura industriale in particolare; non dimentichiamo
mai che solo la difesa dei diritti e del salario attraverso le lotte sindacali cioè il “mettere dei
paletti” su questi temi, ha obbligato negli anni il padronato a porre l’asticella degli
investimenti produttivi più i n alto. Ed ancora, significa allargare le sacche di disagio
sociale, fatte di lavoratori e di famiglie a cui si chiede di farsi carico in tutto e per tutto della
crisi in atto. Significa alimentare una rabbia che purtroppo c’è e che solo gli stolti si
rifiutano di vedere. Significa, estremizzando il concetto, contribuire a minare alle
fondamenta il sistema industriale e sociale italiano. E’ questa l’idea di lavoro, di società,
che si vuole trasmettere alle generazioni future? Invece di creare un fronte comune
sindacale e politico che cominci a porre delle questioni concrete rispetto al ricatto tipico di
molti padroni: “o mi date quello che voglio o vado a progettare e produrre fuori dall’Italia”,
cosa hanno pensato di fare FIM e UILM ? Hanno scelto la strada degli accordi separati e
delle deroghe a quegli accordi. La solerzia con cui hanno voluto essere più “realisti del Re”
è provata dal fatto che la loro disdetta del CCNL 2008, l’ultimo firmato unitariamente ed in
scadenza alla fine del 2011, è d atata estate 2009. Nemmeno i padroni hanno avuto un
approccio così estremista, infatti la loro disdetta - pardon...recesso - a quel CCNL è stata
formalizzata nel Settembre del 2010. Per inciso una delle motivazioni di questa presa di
posizione , così come evidenziato nel comunicato di FEDERMECCANICA del 7/9/2010, è
quella tesa ad ostacolare il più possibile le azioni legali che la FIOM ha messo e metterà in
campo per garantire l’applicazione del CCNL 2008. Non mi sembra che questo attacco
frontale alla FIOM da part e di F          EDERMECCANICA, che e             segue un ordi     ne di
CONFINDUSTRIA, che esegue un ordine della Marcegaglia, che esegue un ordine di



                                               Pag.5
Marchionne, abbia scandalizzato più di tanto FIM e UILM. Scusate, ma a me lo schema
della “Fabbrica Italia Delle Nuove Relazioni Sindacali” (chiamiamola così.....) sembra
abbastanza chiaro. All’interno di quel perimetro c’è la FIAT che con i suoi diktat ha preso
in ostaggio perfino Confindustria, l’attuale Governo con le sue idee sul mondo del lavoro e
con uno “Statuto Dei Lavori” destinato nelle sue intenzioni a sostituire in toto lo “Statuto
Dei Lavoratori”, dove fin dal titolo è abbastanza chiaro che la centralità del lavoratore deve
essere sostituita con la centralità dell’impresa, e ci sono dei sindacati più o meno piccoli,
complessivamente poco rappresentativi anche se molto ben visti da Confindustria e
Governo, che si affannano a dire ai lavoratori di stare tranquilli che si derogano i contratti,
ma in “ambiente controllato”. Almeno fino a quando qualcuno gli imporrà di firm are un
accordo che deroga “l’ambiente controllato“ stesso.


“Ma in G.D tutto questo....” qualcuno si domanderà. Beh, intanto G.D non si è, ad oggi ,
ancora dissociata dalle decisioni di FEDERMECCANICA (e non sto a rifare la filiera di chi
decide per chi ...). Avremo anche un padrone progressista...però...boh...al momento non è
che su questo tema la cosa emerga particolarmente, anzi...il silenzio è preoccupante. C’è
comunque una vertenza per il rinnovo del Contratto Aziendale G.D alle porte che, credo,
chiarirà la situazione. Nel senso che in quell’ambito, come abbiamo già detto in svariate
assemblee, chiederemo la riconferma di quanto concordato nel CCNL 2008. Ricordo che
questa è la linea assunta dalla FIOM a livello nazionale e che quindi vale per tutte le
aziende metalmeccaniche italiane. Fronte ampissimo, da conquistare metro dopo metro,
dagli esiti incerti, ma che potevamo fare? Abbandonare i lavoratori alla barbarie di una
logica di contrattazione sempre più al ribasso, come ho cercato di spiegare prima? Senza
neanche tentare? Non credo proprio! Non appartiene alla nostra storia!


All’interno della vicenda G.D, in q uest’ultimo periodo sono poi accadute delle cose o
meglio sono apparsi dei volantini della FIM-CISL che affermano che in G.D la FIOM ha già
condiviso con loro e con la UILM, alcune deroghe al CCNL. Si fa riferimento esplicito
all’Accordo sui nuovi orari di lavoro per le Officine siglato unitariamente nel 2005 e
aggiornato con miglioramenti di natura principalmente salariale nel 2010. In particolare la
FIM-CISL afferma che i sabati programmati, che ogni anno vengono concordati tra RSU e
Azienda, sono di per se una deroga al suddetto CCNL. Davvero, lungi da me l’idea di
offendere qualcuno, però...davanti ad un’affermazione del genere non si sa se ridere o
piangere. Io ero assolutamente convinto che i Delegati della FIM-CISL avessero capito



                                            Pag.6
che in quell’ambito sono stati contrattati elementi flessibilità così come previsto dal CCNL,
almeno fino all’ultimo firmato unitariamente: mi sbagliavo nel mio giudizio?. Ripeto, i sabati
programmati sono, annualmente, “oggetto di confronto preventivo con la RSU”, che ai
lavoratori     eventualmente           inseriti    nel     piano      annuale       è     “lasciata      libertà    di
autoregolamentazione” rispetto all a pres enza (i vir golettati s ono frasi del s uddetto
accordo). Le deroghe producono imposizioni, in G.D non si deroga, si fa un confronto e si
ricerca un accordo. Ed ancora, sono sabati che la RSU ha sempre bl occato durante i
periodi di lotta con blocco d elle flessibilità. Son o sab ati i n cui se av viene un a
manifestazione Sindacale, - come è successo a quella organizzata dalla FIOM il 16
ottobre a Roma - il lavoratore che ha il sabato programmato, vi può partecipare
tranquillamente. Insomma...dirò sicuramente una banalità (e fanno due!), ma credo che gli
Accordi non vadano solo letti, ma vadano soprattutto capiti, a maggior ragione se capita
poi di doverli firmare. Perchè se no, si rischia di scrivere, come segnalavo prima, volantini
pieni di sciocchezze c ome quello, appunto, della FIM -CISL. A meno che non sia tutta una
cosa fatta in piena malafede, frutto locale del pesante fardello nazionale che Bonanni ha
voluto     caricare      sulle     spalle     della      sua     organizzazione.         Segni      di    malcelato
nervosismo?...chissà...


Certo è che in mezzo a tutto questo, dove si potrà mai collocare la credibilità di FIM -CISL
e UILM-UIL rispetto alle loro pressanti richieste di un percorso unitario nella Contrattazione
Aziendale G.D ?
Chiedo scusa, ma non l’ho mica capito.................................................................................


Fabrizio Torri




                                                         Pag.7
Breve storia della FIAT
                                                         La FIAT potrebbe riuscire benissimo
                                                         in   qualsiasi       regime     economico,
                                                         perchè in Italia l'industria meccanica
                                                         in generale e quella automobilista in
                                                         particolare, se pure hanno deficienza
                                                         di materie possono contare su un
                                                         mercato basso della manodopera più
                                                         che altrove e per de cenni. Era il 6
                                                         aprile 1946 quando Vittorio Valletta
                                                         spiegò     così,      alla     Commissione
                                                         economica per la Costituente, il
                                                         segreto della strategia FIAT: salari
                                                         bassi e di conseguenza comando
                                                         incontrastato sulla forza lavoro. In
                                                         quell'inizio    di   aprile,    alba   della
                                                         ricostruzione          post-bellica,      il
                                                         professore era tranquillo. Sapeva di
essere uscito indenne dal processo di epurazione che, nel marzo dell' anno precedente, lo
aveva costretto a lasciare la direzione della FIAT. Il senatore Giovanni Agnelli , presiden te
della FIAT, era morto in dicembre e la sua scomparsa rese più facile l'archiviazione del
procedimento per compromissione con il regime. Gli americani premevano per il ritorno del
professore al comando e il PCI, pragmatico, era concorde. La priorità era ricostruire gli
stabilimenti, riavviare a pieno ritmo il processo produttivo ed a tal scopo chi meglio di
Vittorio Valletta, classe 1883, direttore centrale dell'azienda nel 1921, direttore generale
nel '28, amministratore delegato dal '39, l'uomo che conosceva la FIAT come le proprie
tasche, tanto che nei mesi di epurazione era stato necessario chiedergli continuamente
consiglio. Del resto, il senatore e il professore, si erano preparati per tempo e già nel '44
avevano spedito il vicepresidente della FIAT in missione segreta presso gli americani per
segnalare i vantaggi che avrebbe offerto la solita carta vincente dell'azienda torinese,
manodopera a basso costo. In quello stesso aprile Valletta f u reintegrato nel ruolo di
amministratore delegato e poche settimane dopo mise il giovane Gianni Agnelli di fronte al
secco aut aut, "Qui il presidente o lo fa lei o lo faccio io" e l'avvocato non es itò a
rispondere: "Professore, lo faccia lei". Alla morte, nel '67, il quotidiano la stampa avrebbe
definito Valletta "il primo o peraio della FIAT". In vent'anni il professore avrebbe esercitato


                                            Pag.8
in FIAT un potere assoluto, tale da consentirgli di trattare alla pari con i vari governi
repubblicani e di intrecciare autonome e redditizie relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti.
La frase del suo vero erede, Cesare Romiti, è fra le più celebri: " La FIAT è sempre stata
governativa ", prendere il più possibile, dare il meno possibile. Il professore, come nuovo
re insediato sul trono, iniziò subito a prendere a piene mani. Nel '47, per c ontrastare la
recessione, fu creato il Fondo per l'assistenza meccanica, e finì per la massima parte nelle
casse della FIAT. Nel '48 l'azienda si assicuro da sola il12% dei fondi americani stanziati
col piano Marshall. Il 18 aprile dello stesso anno, la vi ttoria elettorale della DC permise a
Valletta di ripristinare la disciplina operaia col pugno durissimo. Migliaia di licenziamenti
per motivi disciplinari, spostamento dei militanti operai nei reparti confino a partire
dall'officina sussidiaria ricambi creata nel '52 e immediatamente riba ttezzata dagli operai li
confinati, Officina Stella Rossa. La repressione serviva a garantire il mantenimento
dell'asso nella manica, i salari bassi, ma era necessario anche per accontentare gli
americani, il cui appoggio era utile per esercitare le debite pressioni sul governo italiano.
Ricostruzione significava infatti operare scelte strategiche che per la FIAT er ano
determinanti. Si trattava di scegliere tra il puntare solo sull'industria leggera dell'auto o se
difendere anche il peso dell'industria pesante, incarnata dalle Reggiane e dall'Ansaldo. Si
trattava di scegliere tra il potenziamento del trasporto pubblico e il suo abbandono, a tutto
vantaggio dell'industria dell'auto. Si trattava infine di costruire una rete autostradale
finalizzata proprio a sopportare la strategia di Valletta, centrata sul consumo di massa. Il
professore vinse su tutti i fronti: i suoi viaggi nella capitale sempre più frequenti, dettava
legge, disegnava i percorsi delle autostrade in costruzione, indirizzava la politica a tutto
vantaggio dell'industria pesante, chiedeva e prontamente otteneva qualsiasi supporto gli
apparisse di volta in volta necessario, condizionava a piacimento il governo in virtù dello
stato nello stato rappresentato dalla FIAT. Ma anc he del d eterminante a ppoggio
dell'ambasciatore americano a Roma, il quale, appena nominato, incontrò Valletta a
Roma, lamentando che nonostante i cospicui aiuti americani, i comunisti continuavano ad
aumentare in Italia ed in particolare in FIAT. Valletta non si fece pregare ed inviò agli
americani un corposo rapporto segreto in cui vantava i numerosi licenziamenti politici,
sottolineava la creazione dei reparti confino per quegli operai militanti contro i quali non
era stato possibile trovare appigli per il licenziamento, illustrava il prossimo passo:
l'introduzione, ogni anno, di trecento nuovi operai bene educati attraverso le scuole
professionali FIAT e des tinati a diventare in seguito capisquadra. Ci fù poi, da parte
dell'azienda, la fondazione del s indacato giallo (Sida), che nel '58      arrivò addirittura a



                                             Pag.9
vincere le elezioni per la Commissione interna. La mattanza sociale diede i suoi frutti. Nel
'55 la Fiom perse per la prima volta le elezioni in FIAT. Per ricostruire una presenza forte
in fabbrica il sindacato dei metalmeccanici CGIL ci mise dieci anni e passa. Per la FIat di
Valletta furono gli anni del trionfo: fatturato aumentato dal '52 al '68 di oltre il 500%,
volume produttivo decuplicato, capacità degli impianti passata dalla produzione di 500
auto al giorno del '52 alle 7mila del '68. Nel '66 Valletta fu messo alla porta e l'anno
seguente morì, proprio alla vigilia di una ripresa del conflitto operaio. Gli anni del
contropotere operaio in fabbrica videro un secco peggioramento negli armoniosi rapporti
tra la nuova FIAT di Gianni Agnelli ed i l potere politico. La firma del contratto dei
metalmeccanici nel dicembre del '69, a termine dell'autunno caldo e poi il varo dello
statuto dei lavoratori, furono bocconi amari per la FIAT, e d inaugurarono un decennio
pieno di dispiaceri. Quando nel 1980, pianificò la sua battaglia frontale con quella che era
stata la classe operaia più agguerrita, Cesare Romiti, sapeva di non potere contare su di
un governo che era contrarissimo all'affondo. Romiti andò alla guerra con le spalle coperte
da Mediobanca e prevedendo sgambetti da parte del governo. Previsione confermata: alla
vigilia dell'offensiva,   l' intero stato maggiore di Corso Marconi, si recò dal capo
dell'esecutivo il quale chiese di evitare i previsti licenziamenti. Poco più di due settimane
dopo, a battaglia oramai ingaggiata il ministro del lavoro presentò alle parti un piano
ultimativo. Prevedeva il ritiro dei licenziamenti e 12mila prepensionamenti, ma il cuore del
progetto era nella proposta di 24mila casse integrazioni a rotazione, l'opposto di quello
che voleva la FIAT che puntava invece su c asse integrazioni senza nessunissima
rotazione. Due giorni dopo a Mirafiori arrivò Enrico Berlinguer. Il segretario del PCI sapeva
che esisteva una concreta ipotesi di occupazione della FIAT. Nel governo, c’era chi
chiedeva un atto di imperio per costringere la FIAT ad acc ettare il piano presentato dal
ministro del lavoro, senza escludere neppure il decreto. Non si arrivò a tanto, ma una
pressione fortissima era imminente e difficilmente la FIAT avrebbe potuto tenervi testa. Se
non fosse che proprio a quel punto, per un voto, il governo venne abbattuto su un
decretone economico che aumentò il prezzo della benzina. Chissà se in quel voto
negativo al governo, c’era lo zampino di Corso Marconi come in molti sospettavano. O per
una volta era davvero solo il destino che aveva messo al tappeto, non solo la classe
operaia della Fiat, ma l'intera sinistra italiana? Certo è che Romiti non si lasciò sfuggire
l'occasione. Tre giorni dopo, nel vuoto del potere politico, comunicò i nomi dei futuri
cassaintegrati, ovviamente senza rotazione, ed una volta indicati i sommersi ed i salvati,
molto, se non il più fù fatto. Il resto: la marcia dei 40mila, la storica sconfitta operaia, l'avvio




                                              Pag.10
degli anni '80 sotto il segno della restaurazione del comando mai più tramontata, sono
storia. Nella seconda repubblica le cose sono cambiate, in peggio!!! Gli eredi hanno dato,
e dato, e dato, senza nemmeno provare a farsi restituire dai sovrani del Li ngotto
qualcosina. Destinata a passare alla storia la dichiarazione di Montezemolo del 2009,
secondo cui, la sua FIAT, non aveva ricevuto un soldo dallo Stato. Una bugia smentita
dall' Amministratore Delegato Marchionne, che valutava gli aiuti incassati sottoforma di
ecoincentivi, in 600milioni di euro e altrettanti quelli incamerati dal 2004 sottoforma di aiuti
alla ricerca e altre agevolazioni. Senza contare la cassa integrazione, ma soprattutto,
senza mai dare nulla in cambio.




                                                                     Andrea Felisatti




                                            Pag.11
16 Ottobre 2010: Diario di bordo e
        considerazioni personali




Sabato 16 ottobre 2010, ore 06.45
Noi che siamo appena arrivati alla Stazione Centrale di Bologna, ancora non sappiamo che questa
manifestazione entrerà nella storia come una delle più imponenti d’Italia degli ultimi anni.
Ci troviamo nel piazzale esterno alla stazione. Ho una lista di lavoratori G.D della qual e vado
assolutamente fiera, un gruppo numeroso di persone che vogliono esserci, non solo con lo spirito,
ma fisicamente. Alla nostra lista si sono aggiunti anche lavoratori della Datalogic. Siamo tutti
puntuali e alle 07.15 ci dirigiamo verso il treno speciale che ci porterà a Roma. La nostra carrozza è
la 7 e direi che per l’80% è tutta occupata dalla G.D.
Ci dicono che la FIOM di BOLOGNA aprirà uno dei due cortei, quello che parte da Ostiense.
Inoltre, alla FIOM Emilia Romagna sarà affidato il servizio d’ordine sotto il palco e nell’area
antistante. Partiamo in orario, che per un treno speciale è già una conquista. Sul treno scambiamo
qualche chiacchiera con il controllore che ci dice essere di sin istra e comunista, inoltre ci fa notare
che alla guida del treno abbiamo un macchinista che si vanta di essere il migliore del mondo. E’
sicuramente vero perché arriviamo a Roma alle 12.30 spaccate, orario perfetto. Scendiamo carichi e
affrettiamo il passo perché dobbiamo arrivare alla testa del corteo. Ci perdiamo un pò in
chiacchiere, chi a mangiare qualcosa, chi a salutare amici di altre aziende e non ci accorgiamo che
la testa del corteo è già partita. Partiamo di corsa, inseguendo la FIOM di Bologna che è avanti a
noi di troppi chilometri. E’ lunghissimo, un fiume di bandiere e felpe rosse, fischietti, cori, famiglie
intere dal papà al figlio, chi segue il corteo sui pattini, chi in bicicletta. Non riesco a vedere la testa
del corteo, mi giro e la stess a cosa vale per la coda. Arriviamo in piazza S.Giovanni, è già piena, il
secondo corteo deve ancora arrivare. Troviamo posto sul prato per ascoltare gli interventi dal palco.
I ringraziamenti vanno soprattutto all’ANPI che ha partecipato in gran numero, ad EMERGENCY


                                                 Pag.12
che poco dopo entra in piazza con il suo corteo e viene accolta con l’applauso spontaneo delle
persone. Sul palco si alternano per gli interventi anche degli studenti, ce ne sono molti in piazza con
la FIOM. Scuola e lavoro sono unite contro un disegno che li accomuna, perché la Gelmini fa
sapere che il disegno Marchionne lo vuole importare anche all’interno della scuola. Il futuro di
questi ragazzi è sempre più cupo. Non vedono prospettive e non vedono sbocchi professionali in un
posto di lavoro sicuro. Ma ci sono: determinati, pieni di carica positiva, pieni di speranze, si
riconoscono nella FIOM e sono con lei. Alcuni di loro erano a Pomigliano e hanno spalleggiato le
scelte della FIOM e dei lavoratori.
Non solo lavoratori, sindacalisti o studenti si sono espressi dal palco, ma anche esponenti di altre
organizzazioni, come la figlia di Teresa Sarti e Gino Strada, Cecilia Strada, che alla fine del suo
intervento dice “la FIOM sta con Emergency ed Emergency sta con la FIOM”. Anche molti artisti,
scrittori, intellettuali, giornalisti, esponenti del mondo della cultura, hanno voluto rimarcare la loro
adesione alla manifestazione della FIOM, schierandosi apertamente, come: Sabina Guzzanti, Paolo
Flores d’Arcais, don Andrea Gallo, Margherita Hack, Dario Fo, Moni Ovadia, Andrea Camilleri,
Gino Strada, Luigi De Magistris, Valerio Mastandrea e Andrea Rivera che ha fatto un intervento
bellissimo, poi tanti altri, tantissimi. Partecipano anche alcuni esponenti politici, da Di Pietro a
Nichi Vendola, quest’ultimo accolto da applausi e strette di mano, segnale importante per un centro
sinistra che esita a farlo emergere (sbagliando!) . E’ il momento di Maurizio Landini, appena sale
sul palco la folla si anima e sale dalla piazza il coro “MAURIZIO MAURIZIO”. La voce rotta
dall’emozione da il via ad un intervento impeccabile, pieno di contenuti e forza, le sue frasi
rimbombano per la piazza e si lascia andare anche a qualche frase ironica del tipo “il ministro
Brunetta ci accusa di difendere i fannulloni e i nullafacenti, NON E’ VERO, noi lui non lo abbiamo
mai difeso!!!”, ne ha anche per le affermazioni di Maroni e dice “E' sbagliato e pericoloso
alimentare un clima mediatico che cerca di modificare il senso e le ragioni della manifestazione”.
Ricorda ancora il perché del NO a Fedrmeccanica con questa frase “Se vogliono cancellare i diritti e
i contratti diremo sempre no”.
                                                Pag.13
Il suo intervento si conclude con un’ovazione di tutto il popolo presente. Sale ora sul palco
Guglielmo Epifani: non fa in tempo ad iniziare il suo intervento, che dalla folla si alza il grido di
“SCIOPERO GENERALE” a ricordare alla CGIL che la FIOM, non v a lasciata sola, che v a
sostenuta e i numeri dei partecipanti, obbligano la risposta del segretario generale della CGIL, che
dice: “La Cgil non lascerà sola la Fiom in queste battaglie, se non arriveranno risposte positive,
dopo la manifestazione del 27 novembre a Roma, si andrà allo sciopero generale”. La
manifestazione chiude gli interventi con Epifani, Landini e Cremaschi che applaudono questa marea
di lavoratori, di precari, di disoccupati, di studenti, di lavoratori di altre categorie che si sentono di
sostenere la FIOM e sono tutti, ma proprio tutti, uniti per la rinascita da quella piazza, di una nuova
Italia che ricorda a tutti che “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità
appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
La manifestazione si scioglie, ognuno torna verso i treni e i pullman che li riporteranno a casa.
Stanchi, ma felici, pieni di una speranza che si stava quasi affievolendo. Ritrovarsi così in tanti,
assieme, uniti in un unico pensiero, ci ha ricordato che questa Italia non è ancora persa. Questo era
il mio resoconto della manifestazione, ora però vorrei esprimere qualche parere personale per tutto
ciò che è circolato attorno alla giornata del 16 ottobre, lo farò toccando il lato umano e non tanto
quello sindacale e politico. La manifestazione del 16 faceva parecchia paura al Governo, il fatto
stesso che dei ministri si permettano di cercare di modificare il senso della manifestazione
facendola passare per una massa di delinquenti che scendono in piazza per distruggere e creare
incidenti, la dice lunga. Che addirittura si arrivi ad invocare il morto per far si che vada tutto a rotoli
è da pazzi malati.


                                                 Pag.14
Sacconi dice che in piazza quel sabato è scesa la minoranza, verrebbe da dire che per Natale un bel
pallottoliere, sarebbe il regalo giusto da fargli. A dare una mano al Governo, come se ce ne fosse
bisogno, interviene Bonanni il quale ha usato e        spressioni come “ Rossi in stile fascista” o
“'Squadracce che si muovono con uno stile da fascisti”, non sa nemmeno di cosa parla e
sicuramente gli brucia sentire che viene considerato il galoppino di Confindustria e Governo, ma
questo è. L’unica spiegazione per il quale ha venduto i lavoratori e anche i suoi iscritti è solo uno,
per un attimo di vanità e visibilità, non certo perché mosso da valori o ideali. Come se non bastasse,
Emma Marcegaglia, ha rincarato la dose sulla manifestazi one dicendo “isolate i violenti… perchè il
timore che il Paese vada in una direzione di spirale di violenza è un fatto molto negativo”. Io la
inviterei a partecipare ad una manifestazione come quella del 16 ottobre. Io inviterei tutti gli
imprenditori a scendere in piazza una volta sola nella loro vita, in incognito, fra la folla. Perché io
penso che quando si ricoprono ruoli del genere, ci si dimentica che i numeri dei quali parlano, sono
persone. I violenti che ho visto sabato avevano dai 3 ai 90 anni, le armi che avevano a disposizione
erano bandiere, fischietti e cappellini, qualche palloncino e …. ah si, c’era anche una banda, in
effetti, quei tromboni e quei sassofoni potevano essere delle armi contundenti. La risata di un
bambino, la carezza ad un cane con una bandiera della FIOM legata al collo, gli scherzi fra amici, le
nuove amicizie strette, tutte queste cose sono il massimo della violenza vista sabato.
E poi, cara Emma, ad ognuno il suo lavoro ed è vero. Ma allora penso, il lavoratore che non fa il
suo dovere viene richiamato e paga lo sbaglio fatto, ma fino qui, tutto giusto. Ma se ci sono
imprenditori o dirigenti che fanno scelte manageriali sbagliate, perché devono comunque far pagare
ai lavoratori le loro inadempienze?! Il lavoratore non si sveglia la mattina e decide cosa farà o cosa
non farà, non decide come dovrà essere l’organizzazione del proprio lavoro e non farà scelte
imprenditoriali! Si sveglierà, andrà al lavoro e farà ciò che il datore di lavoro o il dirigente preposto
gli dirà di fare. L’azienda andrà male? Ma perché devono essere i lavoratori a pagare??!!! Non ci
vuole una scala, non è fantascienza, è la verità e basta.

                                                Pag.15
Accipicchia, sai cosa faccio io imprenditore? Voglio avere minima spesa e massima resa, sposto
l’azienda e tutte le lavorazioni all’est o in Cina, ma sì, così avrò manodopera sottopagata e non avrò
tutte quelle seccature dei lavoratori italiani che vogliono stipendio adeguato e diritti. E allora via,
via tutti, lasciamola marcire questa Italia, che di Italiano, lavor ativamente parlando, ha ormai ben
poco. E i lavoratori italiani lasciati a c asa? Pazienza, si arrangeranno. Cara Emma, ormai una
grande parte di imprenditori dei quali sei a capo, di Italiano hanno solo il nome. Dove sta quindi la
vostra forza? Perché non lottate anche voi per qualcosa di più alto che non sia un facile profitto?!
Dici che bisogna riformare ed essere competitivi. E come, uscendo dall’Italia? Dici che la causa dei
dieci punti di competitività che avete perso, sono da attribuire anche alle relazioni sindacali, ne sei
sicura? O queste sono solo scuse per mascherare che il vero problema parte dalle vostre scelte
sbagliate e dal Governo?! Confindustria è alla mercè di Marchionne che ha minacciato di uscirne se
non aveva il tuo appoggio. A Pomigli ano, prender e o lasciare è quello che ave         te imposto a i
lavoratori, sancendo assieme a CISL e UIL, un accordo che è solo un ricatto. Basterebbe solo capire
che i diritti sono il fondamentale elemento che fa si che un lavoratore sia considerato un essere
umano. Dire al Governo che le cose così non vanno, non basta, lo avete visto anche voi,
riconoscendo che siete in imbarazzo anche voi imprenditori. Voi che viaggiate il mondo in giro per
clienti e che dovete giustificare la scelta di un Governo che molti d i voi hanno appoggiato. Allora
perché non provare a cambiare le cose assieme, perché non riprenderci tutti la n ostra Italia
mantenendo il lavoro qui e cercando di arrivare tutti allo stesso scopo, avere un lavoro, diritti e uno
stipendio che permetta a t utti di vivere degnamente. Non si svegliano i lavoratori e decidono di far
fallire una fabbrica, un’azienda, sanno bene che hanno bisogno tutti di lavorare e di fare andare
bene le cose e allora, perché non provarci tutti!




                                                    Pag.16
Ciò che sabato 16 ottobre è successo in quella piazza, nessuno lo può negare, è stata la
dimostrazione che ormai la maggior parte degli italiani sono stanchi. Sfiniti di vergognarsi del
proprio paese perchè governato da ignoranti senza cultura, amareggiati perché si sentono solo merce
di scambio o pedine senza un’anima, indignati perché non è possibile che ad oggi, non venga tenuto
conto del loro parere quando è grazie a loro che tutti questi politici ed imprenditori campano.
Questo Governo che pensa che gli Italiani siano ciechi, questo Governo che pensa di poter
governare con la repressione mediatica, togliendo il potere di informazione e propinando bugie su
bugie, negando anche l’evidenza. Questo Governo che non tiene conto del parere del popolo e che
continua con il suo gioco forza al Parlamento. Le teste pensanti non sono un optional e non sono
certo le loro. Accozzaglia colorita quella di questi politici pronti a vendere al miglior offerente le
teste della propria gente. E ora capisco perché c’è sempre più gente che si candida per il
Parlamento, voglio dire, si sbaglia se si dice che il Parlamento italiano è tutto un bordello? Dico
qualcosa di così trascendentale? No, ora io non ho niente contro queste signorine Escort che
lavorano con questi politici, bellissime ragazze sicuramente, lo dico io che mi sento un “Doblò” e
che quindi apprezzo la loro bellezza. Ma con tutti gli ENORMI problemi che abbiamo in Italia cosa
me ne frega di chi si porta a letto chi! Giusto una cosa, con che soldi le pagano?? Soprattutto, voglio
qualcuno che si meriti i profumati e scandalosi stipendi che percepisce per un lavoro che non fa
minimamente!

                              ITALIANI !!!!
                SMETTETE DI VOTARE ANTONIO LA TRIPPA!!!!




                                               Pag.17
Nel mondo, nel corso dei secoli, siamo stati etichettati come “Italiani = mafia e mangia spaghetti…
italiani brava gente”, cosa vogliamo aggiungere anche pu….. ?! Non lo scrivo ma avete capito.
Cresciamo tutti intellettualmente, culturalmente, nonché politicamente e convinciamoci che non
sono le belle parole di un buffo nano o dei giullari che gli stanno attorno (compresi quelli che “si ti
do la fiducia…no aspetta ci ho ripensato….però forse sto comunque con te….no non ci sto più), che
ci risolvono i problemi, ma i fatti concreti. Arriverà, speriamo (ma ci sarebbe già per quello che mi
riguarda), qualcuno che sappia che governare un paese è ben altro che pensare ai proprio interessi. Il
16 ottobre ha segnato una svolta, l’Italia forse si sta svegliando: le persone vedono, sentono e
finalmente si confrontano, sta rifiorendo una cultura sociale e sono orgogliosa che la sveglia sia
stata la FIOM!




Tutte le bellissime foto della manifestazione sono state scattate dai lavoratori e dai delegati
                        presenti alla manifestazione. Grazie a tutti voi!

                                               Pag.18
DETASSAZIONE
                      LAVORO NOTTURNO
                       E STRAORDINARI

Finalmente l’ Agenzia delle Entrate ha formaliz zato la de cisione di
posticipare al 2011 le richieste di rimborso per l’errata applicazione della
detassazione (imposta sostitutiva del 10% anziché tassazione ordinaria) su
notturno, straordinari e salario produttività negli anni 2008 e 2009.

Il datore di lavoro dovrà quindi indicare nel CUD/2011 le somme erogate negli
anni 2008 e 2009 soggette a detassazione e il dipendente potrà recuperare il
proprio credito mediante la dichiarazione dei redditi da presentare nel 2011.

ATTENZIONE, però: le circolari 47/E e 48/E del 27/9/2010 della Agenzia
delle Entrate indicano una serie di altri aspetti legati a questo tema e più
esattamente :
• Sugli straordinari è opportuno sapere che:
       1.    sono stati agevolati senza ulteriori condizioni solo nel 2008
    (Art.2 D.L. 93/2008)
       2.    nel 2009 / 2010 le di sposizioni che ne prev edevano la
    detassazione, non sono state prorogate, pertanto l’imposta sostitutiva
    del 10% può essere applicata solo a straordinario riconducibile a
    incrementi di produttività (quindi legato a parametri di produttività)
       3.    il nesso tra lavoro straordinario e incrementi di produttività, deve
    trovare riscontro in una documentazione fornita dall’Azienda
• Lavoro notturno e lavoro organizzato su t urni: l’agevolazione delle
  retribuzioni è subordinata anch’essa al perseguimento di un incremento di
  produttività che trovi riscontro in una dichiarazione dell’Azienda.

Come si vede non esiste nessun automatismo che determini l’esigibilità
dell’imposta sostitutiva del 10% da parte del Lavoratore.

I Delegati FIOM della RSU-G.D, si ritengono quindi impegnati a ricercare
elementi chiarificatori su questi temi, attraverso un confronto con
l’Azienda.
In tal senso invitiamo i Lavoratori ad attendere l’esito di questa discussione.




Bologna 25/10/2010                             I Delegati FIOM della RSU-G.D


                                     Pag.19
16 OTTOBRE 2010




GRAZIE A TUTTI!!!!

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Il rosso n6

  • 1. PERIODICO A CURA DEI DELEGATI FIOM G.D FONDATO NEL 2009 PERIODICO A CURA DEI DELEGATI FIOM G.D FONDATO NEL 2009 6° NUMERO NOVEMBRE 2010 3° NUMERO SETTEMBRE NUMERI UTILI Sede territoriale FIOM-CGIL Santa Viola, via del Giglio7 Bologna Tel. 051-3145211 Fax 051-3145222 Uff. Segreteria FIOM-CGIL Via Marconi 69 Tel. 051-248210 Fax 051-251564 La posta de IlRosso Rosso SOMMARIO Per ricevere Rosso La posta de Il risposte e condividere notizie Rosso: Per la posta de IlRosso: Pag.2 Pag.2 sul mondo G.D e non. Per ricevere risposte e Per la posta de IlRosso: Rosso: Pag.2 Pag.2 Privatizzazione dell’acqua: storia Articolo di Mario Monari, delegato condividere a: Scrivete notizie di ordinaria disinformazione sul mondo G.D e non. KPL Packaging. ilrosso_fiomgd@libero.it Hugo Liberi Scrivete a: “Quelli che ben pensano” Pag.7 “La verità Frascari Valeria derogata” Pag.4 ilrosso_fiomgd@libero.it Fabrizio Torri IL ROSSO lo trovi anche su internet, “..................................” Pag.8 sul NUOVO sito dei delegati FIOM-G.D “Breve storia della FIAT.....” Pag.8 ILhttp://fiomgd.altervista.org ROSSO lo trovi anche su internet, Sandra Sandrolini Andrea Felisatti sul sito dei delegati FIOM-G.D “Nel bel Paese.....” Pag.10 “Manifestazione 16 Ottobre 2010 Pag.12 Andrea Felisatti http://digilander.libero.it/fiomgd e considerazioni personali (!) ” I DELEGATI FIOM SONO SU Valeria Frascari “..........................” Pag.10 FACEBOOK: Fabrizio Torri I DELEGATI FIOM SONO SU Volantino: Detassazione lavoro Pag.19 FIOMGD e notturno e straordinari FACEBOOK RSU GD BOLOGNA http://digilander.libero.it/fiomgd Pag.1
  • 2. Privatizzazione dell’acqua: storia di ordinaria disinformazione Il recente decreto Ronchi (Dl. n. 135 del 25/09/2009), recante l’ obbligo di assegnare la gestione delle società di distribuzione dell’ acqua a società private, offre lo s punto per dimostrare materialmente il sistema di disinformazione che caratterizza la quasi totalità dei mezzi di informazione in Italia. Secondo la versione ufficiale propagandata, il suddetto decreto governativo avrebbe semplicemente recepito la direttiva europea sulla liberalizzazione dei s ervizi nel me rcato interno (direttiva 2006/123/CE del 12/12/2006, meglio nota come “ex Bolkenstein”), la quale obbliga gli Stati membri a liberalizzare i servizi di pubblica utilità gestiti da enti pubblici di qualunque natura. Di fatto si tratta di una privatizzazione in regime di monopolio in quanto l’ utente del servizio non dispone di una platea di operatori commerciali tra cui scegliere ma di un unico soggetto economico che eroga il servizio a causa della natura dello st esso (“monopolio naturale”). Tutto ciò, tradotto in pratica, indica che l’ utente non può scegliere tra più acquedotti quello che può soddisfare meglio le sue richieste (ad es. in termini di preminenza della qualità o del prezzo del servizio) come teorizzato dalla dottrina del libero mercato nella sua versione classica, al contrario egli si trova di fronte ad un monopolio privato della più importante risorsa naturale. La verità è ben diversa: la direttiva europea indica in maniera evidente che la libera prestazione di servizi non si applica ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro, fra cui i servizi di distribuzione e fornitura idriche, i servizi di gestione delle acque reflue (art. 17 comma 1 punto D) ed il trattamento dei rifiuti (punto E). La stessa direttiva lascia inoltre ai singoli stati membri la possibilità di definire quali siano i servizi ad interesse economico e quali siano intrinsecamente quelli non a scopo di lucro, consentendo per questi ultimi il divieto totale di apertura al mercato (art. 1 comma 2 e 3). L'Italia, dopo 3 anni, non ha ancora stabilito una distinzione di questo tipo e si avvia anche verso la privatizzazione di tutti i gli altri servizi. In ultima analisi, il decreto accoglie un grossolano emendamento del PD (n. 15.504) in cui si distingue, con un sofisma degno del miglior Azzeccagarbugli, tra la proprietà della risorsa idrica (che rimane pubblica) e la “gestione” (che va in mano privata), come se il proprietario di fatto della risorsa in questione non fosse lo stesso soggetto che ne re alizza la distribuzione! Il decreto è stato dunque approvato da tutte le formazioni politiche ad eccezione dell’ IDV e di tre isolati senatori del PD. La “necessità” di privatizzare l’ acqua per ottemperare la diret tiva europea come se fosse un obbligo è quindi una palese falsità diffusa dai telegiornali di regime. Il motivo della mancata smentita da parte della quasi totalità dei giornali d’opposizione parlamentare risiede nel contributo apportato dall’ opposizione parlamentare stessa alla stesura del decreto. Pag.2
  • 3. C’è da chiedersi se sia politicamente accettabile che un settore vitale come l’ acqua (potremmo aggiungere, poiché viviamo nel 21° sec., energia, telecomunicazioni, infrastrutture per il trasporto di cose e persone, sanità, istruzione) sia affidato alla “gestione privata” (leggi “lucro”). La risposta è negativa: è proprio l’ inconciliabilità tra l’ interesse privato e l’ interesse vitale della cittadinanza alla buona e comunitaria gestione delle risorse essenz iali e/o strategiche per la Nazione che costituisce la “ratio legis” (la motivazione alla base di una legge) degli art. 41 e 43 della Costituzione, palesemente violati anch’ essi. Infatti nell’ art. 41 si indica che la iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’ utilità sociale e nell’ art. 43 (alla cui lettura diretta rimandiamo il lettore) si indica la possibilità ai fini di ut ilità generale di riservare originariamente o trasferire […]imprese […] che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale. Non vi è traccia invece nella Costituzione di un articolo o comma che preveda la possibilità di percorrere a ritroso la strada tracciata dall’ art. 43, ovvero la “privatizzazione” dei servizi pubblici etc.: anche questo elemento deve essere sfuggito alla politica ed alla stampa nostrane, impegnate su questioni certamente di non maggiore rilevanza. Alla doverosa difesa della parte “politica” della nostra Costituzione, che contempla il diritto alla libertà d’ informazione, si deve aggiungere la difesa della parte “economica”, poiché quest’ ultima non è meno importante di quella “politica”. Ne è invece il complemento, come ogni pilastro lo è nella struttura di un palazzo. Il presidente Pertini ci ha ricordato, con la saggezza che gli era propria, che “non c’ è giustizia senza libertà, e non c’è libertà senza giustizia”. Noi siamo d’ accordo. Hugo Liberi Pag3
  • 4. LA VERITA’ DEROGATA Il 29/9/2010 FIM-CISL, UILM-UIL e FEDERMECCANICA, hanno siglato un accordo che apre “l’autostrada” per le deroghe al Contratto Nazionale separato, quello da loro firmato nel 2009. Quel CCNL era stato votato solo dagli iscritti di FIM e UILM, quindi escludendo la maggioranza dei lavoratori metalmeccanici; l’accordo sulle deroghe, invece, non l’ha votato proprio nessuno. Ambedue però ricadono sulla testa di tutti i metalmeccanici. Questo scritto potrebbe tranquillamente finire qui, i significati nel merito e nel metodo di quello che è avvenuto e la totale mancanza di rispetto di quello che pensano i lavoratori metalmeccanici nel loro insieme, sono di per se più che evidenti. Però forse vale la pena di esplicitare meglio qualche considerazione. Quando si deroga un contratto, si riduce il suo ambito di applicazione, il che in soldoni significa che uno o più temi in cui precedentemente si è trovato un accordo, non vengono più applicati; si parte da qui e c’è poco da fare o da giustificare. Da un pò di tempo a questa parte, FIM e UILM non si risparmiano davvero in giustificazioni sul loro operato. Ma la cosa vera è un’altra, ed è qualcosa che sta tra il ridicolo ed il grottesco, cioè le deroghe le esigono i padroni e la rincorsa a tranquillizzare i lavoratori la fanno i sindacati complici di quegli accordi. D’altra parte i padroni fanno il loro mestiere e, da sempre, non è che provino particolari simpatie per il sindacato, in particolar modo un per un sindacato come la FIOM che ha la pretesa - ma che parolone inaccettabile per il padrone! - di fare almeno delle mediazioni ragionevoli quando si tratta di stipulare un’accordo. Allora è evidente che quando mal si sopporta la mediazione, la prima cosa che si fa, quando le condizioni generali te lo consentono, è quella di cominciare a togliere attraverso lo strumento della deroga, quanto precedentemente concordato. Ad onor del vero le hanno chiamate “intese modificative del CCNL”, termine “politicamente corretto” creato per ... non indurre apprensione nel lavoratore ... ma sempre di deroghe si tratta, ovviamente. I padroni hanno per lo più giustificato questa necessità, appellandosi alla crisi in atto; di fatto affermando che una crisi la si affronta riducendo i diritti dei lavoratori e che le quote di produttività e redditività da recuperare, sono strettamente correlate a quel peggioramento e non ad investimenti in innovazione del prodotto, da tradursi principalmente - come pensa invece la FIOM - in investimenti sulla progettazione, sui macchinari e sulla professionalità dei lavoratori. Quale è stata invece la pensata di FIM e UILM ? “ I padroni hanno ragione!”. Poi magari un giorno ci spiegheranno come mai, ad esempio, l’accordo alla FIAT di Pomigliano, non sta producendo gli effetti desiderati: gli investimenti promessi da Marchionne non sono ancora stati sbloccati, gli ultimi dati sul settore auto parlano di una FIAT in calo delle vendite di Pag.4
  • 5. circa il 40% contro un calo medio del settore, a livello internazionale, di circa il 23%. Ma non sarà che la produttività la recuperi facendo investimenti su un prodotto vendibile e non togliendo diritti? Banale ma vero! Premesso che ciascuno di noi ha il diritto di “vederla come vuole”, bisognerebbe però almeno capire che condividere coi padroni questo percorso di riduzione dei diritti, come stanno facendo FIM e UILM, significa accettare il concetto di “redistribuzione della miseria”, cioè di una rincorsa - in un paese come l’Italia con un costo del lavoro principalmente costruito su decenni di lotte sindacali per migliorare diritti e salario per tutti - verso condizioni di lavoro tipiche di quei paesi con poche o nessuna regola o tutela. Paesi dove i lavoratori, sono obbligati ad accettare salari che valgono magari un terzo o anche meno di quelli spesso già insufficienti erogati in Italia. Significa disincentivare ulteriormente gli investimenti nel lavoro e lasciare che il padronato sposti sempre più le sue risorse in investimenti finanziari. Significa incentivare un arretramento culturale generale e di cultura industriale in particolare; non dimentichiamo mai che solo la difesa dei diritti e del salario attraverso le lotte sindacali cioè il “mettere dei paletti” su questi temi, ha obbligato negli anni il padronato a porre l’asticella degli investimenti produttivi più i n alto. Ed ancora, significa allargare le sacche di disagio sociale, fatte di lavoratori e di famiglie a cui si chiede di farsi carico in tutto e per tutto della crisi in atto. Significa alimentare una rabbia che purtroppo c’è e che solo gli stolti si rifiutano di vedere. Significa, estremizzando il concetto, contribuire a minare alle fondamenta il sistema industriale e sociale italiano. E’ questa l’idea di lavoro, di società, che si vuole trasmettere alle generazioni future? Invece di creare un fronte comune sindacale e politico che cominci a porre delle questioni concrete rispetto al ricatto tipico di molti padroni: “o mi date quello che voglio o vado a progettare e produrre fuori dall’Italia”, cosa hanno pensato di fare FIM e UILM ? Hanno scelto la strada degli accordi separati e delle deroghe a quegli accordi. La solerzia con cui hanno voluto essere più “realisti del Re” è provata dal fatto che la loro disdetta del CCNL 2008, l’ultimo firmato unitariamente ed in scadenza alla fine del 2011, è d atata estate 2009. Nemmeno i padroni hanno avuto un approccio così estremista, infatti la loro disdetta - pardon...recesso - a quel CCNL è stata formalizzata nel Settembre del 2010. Per inciso una delle motivazioni di questa presa di posizione , così come evidenziato nel comunicato di FEDERMECCANICA del 7/9/2010, è quella tesa ad ostacolare il più possibile le azioni legali che la FIOM ha messo e metterà in campo per garantire l’applicazione del CCNL 2008. Non mi sembra che questo attacco frontale alla FIOM da part e di F EDERMECCANICA, che e segue un ordi ne di CONFINDUSTRIA, che esegue un ordine della Marcegaglia, che esegue un ordine di Pag.5
  • 6. Marchionne, abbia scandalizzato più di tanto FIM e UILM. Scusate, ma a me lo schema della “Fabbrica Italia Delle Nuove Relazioni Sindacali” (chiamiamola così.....) sembra abbastanza chiaro. All’interno di quel perimetro c’è la FIAT che con i suoi diktat ha preso in ostaggio perfino Confindustria, l’attuale Governo con le sue idee sul mondo del lavoro e con uno “Statuto Dei Lavori” destinato nelle sue intenzioni a sostituire in toto lo “Statuto Dei Lavoratori”, dove fin dal titolo è abbastanza chiaro che la centralità del lavoratore deve essere sostituita con la centralità dell’impresa, e ci sono dei sindacati più o meno piccoli, complessivamente poco rappresentativi anche se molto ben visti da Confindustria e Governo, che si affannano a dire ai lavoratori di stare tranquilli che si derogano i contratti, ma in “ambiente controllato”. Almeno fino a quando qualcuno gli imporrà di firm are un accordo che deroga “l’ambiente controllato“ stesso. “Ma in G.D tutto questo....” qualcuno si domanderà. Beh, intanto G.D non si è, ad oggi , ancora dissociata dalle decisioni di FEDERMECCANICA (e non sto a rifare la filiera di chi decide per chi ...). Avremo anche un padrone progressista...però...boh...al momento non è che su questo tema la cosa emerga particolarmente, anzi...il silenzio è preoccupante. C’è comunque una vertenza per il rinnovo del Contratto Aziendale G.D alle porte che, credo, chiarirà la situazione. Nel senso che in quell’ambito, come abbiamo già detto in svariate assemblee, chiederemo la riconferma di quanto concordato nel CCNL 2008. Ricordo che questa è la linea assunta dalla FIOM a livello nazionale e che quindi vale per tutte le aziende metalmeccaniche italiane. Fronte ampissimo, da conquistare metro dopo metro, dagli esiti incerti, ma che potevamo fare? Abbandonare i lavoratori alla barbarie di una logica di contrattazione sempre più al ribasso, come ho cercato di spiegare prima? Senza neanche tentare? Non credo proprio! Non appartiene alla nostra storia! All’interno della vicenda G.D, in q uest’ultimo periodo sono poi accadute delle cose o meglio sono apparsi dei volantini della FIM-CISL che affermano che in G.D la FIOM ha già condiviso con loro e con la UILM, alcune deroghe al CCNL. Si fa riferimento esplicito all’Accordo sui nuovi orari di lavoro per le Officine siglato unitariamente nel 2005 e aggiornato con miglioramenti di natura principalmente salariale nel 2010. In particolare la FIM-CISL afferma che i sabati programmati, che ogni anno vengono concordati tra RSU e Azienda, sono di per se una deroga al suddetto CCNL. Davvero, lungi da me l’idea di offendere qualcuno, però...davanti ad un’affermazione del genere non si sa se ridere o piangere. Io ero assolutamente convinto che i Delegati della FIM-CISL avessero capito Pag.6
  • 7. che in quell’ambito sono stati contrattati elementi flessibilità così come previsto dal CCNL, almeno fino all’ultimo firmato unitariamente: mi sbagliavo nel mio giudizio?. Ripeto, i sabati programmati sono, annualmente, “oggetto di confronto preventivo con la RSU”, che ai lavoratori eventualmente inseriti nel piano annuale è “lasciata libertà di autoregolamentazione” rispetto all a pres enza (i vir golettati s ono frasi del s uddetto accordo). Le deroghe producono imposizioni, in G.D non si deroga, si fa un confronto e si ricerca un accordo. Ed ancora, sono sabati che la RSU ha sempre bl occato durante i periodi di lotta con blocco d elle flessibilità. Son o sab ati i n cui se av viene un a manifestazione Sindacale, - come è successo a quella organizzata dalla FIOM il 16 ottobre a Roma - il lavoratore che ha il sabato programmato, vi può partecipare tranquillamente. Insomma...dirò sicuramente una banalità (e fanno due!), ma credo che gli Accordi non vadano solo letti, ma vadano soprattutto capiti, a maggior ragione se capita poi di doverli firmare. Perchè se no, si rischia di scrivere, come segnalavo prima, volantini pieni di sciocchezze c ome quello, appunto, della FIM -CISL. A meno che non sia tutta una cosa fatta in piena malafede, frutto locale del pesante fardello nazionale che Bonanni ha voluto caricare sulle spalle della sua organizzazione. Segni di malcelato nervosismo?...chissà... Certo è che in mezzo a tutto questo, dove si potrà mai collocare la credibilità di FIM -CISL e UILM-UIL rispetto alle loro pressanti richieste di un percorso unitario nella Contrattazione Aziendale G.D ? Chiedo scusa, ma non l’ho mica capito................................................................................. Fabrizio Torri Pag.7
  • 8. Breve storia della FIAT La FIAT potrebbe riuscire benissimo in qualsiasi regime economico, perchè in Italia l'industria meccanica in generale e quella automobilista in particolare, se pure hanno deficienza di materie possono contare su un mercato basso della manodopera più che altrove e per de cenni. Era il 6 aprile 1946 quando Vittorio Valletta spiegò così, alla Commissione economica per la Costituente, il segreto della strategia FIAT: salari bassi e di conseguenza comando incontrastato sulla forza lavoro. In quell'inizio di aprile, alba della ricostruzione post-bellica, il professore era tranquillo. Sapeva di essere uscito indenne dal processo di epurazione che, nel marzo dell' anno precedente, lo aveva costretto a lasciare la direzione della FIAT. Il senatore Giovanni Agnelli , presiden te della FIAT, era morto in dicembre e la sua scomparsa rese più facile l'archiviazione del procedimento per compromissione con il regime. Gli americani premevano per il ritorno del professore al comando e il PCI, pragmatico, era concorde. La priorità era ricostruire gli stabilimenti, riavviare a pieno ritmo il processo produttivo ed a tal scopo chi meglio di Vittorio Valletta, classe 1883, direttore centrale dell'azienda nel 1921, direttore generale nel '28, amministratore delegato dal '39, l'uomo che conosceva la FIAT come le proprie tasche, tanto che nei mesi di epurazione era stato necessario chiedergli continuamente consiglio. Del resto, il senatore e il professore, si erano preparati per tempo e già nel '44 avevano spedito il vicepresidente della FIAT in missione segreta presso gli americani per segnalare i vantaggi che avrebbe offerto la solita carta vincente dell'azienda torinese, manodopera a basso costo. In quello stesso aprile Valletta f u reintegrato nel ruolo di amministratore delegato e poche settimane dopo mise il giovane Gianni Agnelli di fronte al secco aut aut, "Qui il presidente o lo fa lei o lo faccio io" e l'avvocato non es itò a rispondere: "Professore, lo faccia lei". Alla morte, nel '67, il quotidiano la stampa avrebbe definito Valletta "il primo o peraio della FIAT". In vent'anni il professore avrebbe esercitato Pag.8
  • 9. in FIAT un potere assoluto, tale da consentirgli di trattare alla pari con i vari governi repubblicani e di intrecciare autonome e redditizie relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. La frase del suo vero erede, Cesare Romiti, è fra le più celebri: " La FIAT è sempre stata governativa ", prendere il più possibile, dare il meno possibile. Il professore, come nuovo re insediato sul trono, iniziò subito a prendere a piene mani. Nel '47, per c ontrastare la recessione, fu creato il Fondo per l'assistenza meccanica, e finì per la massima parte nelle casse della FIAT. Nel '48 l'azienda si assicuro da sola il12% dei fondi americani stanziati col piano Marshall. Il 18 aprile dello stesso anno, la vi ttoria elettorale della DC permise a Valletta di ripristinare la disciplina operaia col pugno durissimo. Migliaia di licenziamenti per motivi disciplinari, spostamento dei militanti operai nei reparti confino a partire dall'officina sussidiaria ricambi creata nel '52 e immediatamente riba ttezzata dagli operai li confinati, Officina Stella Rossa. La repressione serviva a garantire il mantenimento dell'asso nella manica, i salari bassi, ma era necessario anche per accontentare gli americani, il cui appoggio era utile per esercitare le debite pressioni sul governo italiano. Ricostruzione significava infatti operare scelte strategiche che per la FIAT er ano determinanti. Si trattava di scegliere tra il puntare solo sull'industria leggera dell'auto o se difendere anche il peso dell'industria pesante, incarnata dalle Reggiane e dall'Ansaldo. Si trattava di scegliere tra il potenziamento del trasporto pubblico e il suo abbandono, a tutto vantaggio dell'industria dell'auto. Si trattava infine di costruire una rete autostradale finalizzata proprio a sopportare la strategia di Valletta, centrata sul consumo di massa. Il professore vinse su tutti i fronti: i suoi viaggi nella capitale sempre più frequenti, dettava legge, disegnava i percorsi delle autostrade in costruzione, indirizzava la politica a tutto vantaggio dell'industria pesante, chiedeva e prontamente otteneva qualsiasi supporto gli apparisse di volta in volta necessario, condizionava a piacimento il governo in virtù dello stato nello stato rappresentato dalla FIAT. Ma anc he del d eterminante a ppoggio dell'ambasciatore americano a Roma, il quale, appena nominato, incontrò Valletta a Roma, lamentando che nonostante i cospicui aiuti americani, i comunisti continuavano ad aumentare in Italia ed in particolare in FIAT. Valletta non si fece pregare ed inviò agli americani un corposo rapporto segreto in cui vantava i numerosi licenziamenti politici, sottolineava la creazione dei reparti confino per quegli operai militanti contro i quali non era stato possibile trovare appigli per il licenziamento, illustrava il prossimo passo: l'introduzione, ogni anno, di trecento nuovi operai bene educati attraverso le scuole professionali FIAT e des tinati a diventare in seguito capisquadra. Ci fù poi, da parte dell'azienda, la fondazione del s indacato giallo (Sida), che nel '58 arrivò addirittura a Pag.9
  • 10. vincere le elezioni per la Commissione interna. La mattanza sociale diede i suoi frutti. Nel '55 la Fiom perse per la prima volta le elezioni in FIAT. Per ricostruire una presenza forte in fabbrica il sindacato dei metalmeccanici CGIL ci mise dieci anni e passa. Per la FIat di Valletta furono gli anni del trionfo: fatturato aumentato dal '52 al '68 di oltre il 500%, volume produttivo decuplicato, capacità degli impianti passata dalla produzione di 500 auto al giorno del '52 alle 7mila del '68. Nel '66 Valletta fu messo alla porta e l'anno seguente morì, proprio alla vigilia di una ripresa del conflitto operaio. Gli anni del contropotere operaio in fabbrica videro un secco peggioramento negli armoniosi rapporti tra la nuova FIAT di Gianni Agnelli ed i l potere politico. La firma del contratto dei metalmeccanici nel dicembre del '69, a termine dell'autunno caldo e poi il varo dello statuto dei lavoratori, furono bocconi amari per la FIAT, e d inaugurarono un decennio pieno di dispiaceri. Quando nel 1980, pianificò la sua battaglia frontale con quella che era stata la classe operaia più agguerrita, Cesare Romiti, sapeva di non potere contare su di un governo che era contrarissimo all'affondo. Romiti andò alla guerra con le spalle coperte da Mediobanca e prevedendo sgambetti da parte del governo. Previsione confermata: alla vigilia dell'offensiva, l' intero stato maggiore di Corso Marconi, si recò dal capo dell'esecutivo il quale chiese di evitare i previsti licenziamenti. Poco più di due settimane dopo, a battaglia oramai ingaggiata il ministro del lavoro presentò alle parti un piano ultimativo. Prevedeva il ritiro dei licenziamenti e 12mila prepensionamenti, ma il cuore del progetto era nella proposta di 24mila casse integrazioni a rotazione, l'opposto di quello che voleva la FIAT che puntava invece su c asse integrazioni senza nessunissima rotazione. Due giorni dopo a Mirafiori arrivò Enrico Berlinguer. Il segretario del PCI sapeva che esisteva una concreta ipotesi di occupazione della FIAT. Nel governo, c’era chi chiedeva un atto di imperio per costringere la FIAT ad acc ettare il piano presentato dal ministro del lavoro, senza escludere neppure il decreto. Non si arrivò a tanto, ma una pressione fortissima era imminente e difficilmente la FIAT avrebbe potuto tenervi testa. Se non fosse che proprio a quel punto, per un voto, il governo venne abbattuto su un decretone economico che aumentò il prezzo della benzina. Chissà se in quel voto negativo al governo, c’era lo zampino di Corso Marconi come in molti sospettavano. O per una volta era davvero solo il destino che aveva messo al tappeto, non solo la classe operaia della Fiat, ma l'intera sinistra italiana? Certo è che Romiti non si lasciò sfuggire l'occasione. Tre giorni dopo, nel vuoto del potere politico, comunicò i nomi dei futuri cassaintegrati, ovviamente senza rotazione, ed una volta indicati i sommersi ed i salvati, molto, se non il più fù fatto. Il resto: la marcia dei 40mila, la storica sconfitta operaia, l'avvio Pag.10
  • 11. degli anni '80 sotto il segno della restaurazione del comando mai più tramontata, sono storia. Nella seconda repubblica le cose sono cambiate, in peggio!!! Gli eredi hanno dato, e dato, e dato, senza nemmeno provare a farsi restituire dai sovrani del Li ngotto qualcosina. Destinata a passare alla storia la dichiarazione di Montezemolo del 2009, secondo cui, la sua FIAT, non aveva ricevuto un soldo dallo Stato. Una bugia smentita dall' Amministratore Delegato Marchionne, che valutava gli aiuti incassati sottoforma di ecoincentivi, in 600milioni di euro e altrettanti quelli incamerati dal 2004 sottoforma di aiuti alla ricerca e altre agevolazioni. Senza contare la cassa integrazione, ma soprattutto, senza mai dare nulla in cambio. Andrea Felisatti Pag.11
  • 12. 16 Ottobre 2010: Diario di bordo e considerazioni personali Sabato 16 ottobre 2010, ore 06.45 Noi che siamo appena arrivati alla Stazione Centrale di Bologna, ancora non sappiamo che questa manifestazione entrerà nella storia come una delle più imponenti d’Italia degli ultimi anni. Ci troviamo nel piazzale esterno alla stazione. Ho una lista di lavoratori G.D della qual e vado assolutamente fiera, un gruppo numeroso di persone che vogliono esserci, non solo con lo spirito, ma fisicamente. Alla nostra lista si sono aggiunti anche lavoratori della Datalogic. Siamo tutti puntuali e alle 07.15 ci dirigiamo verso il treno speciale che ci porterà a Roma. La nostra carrozza è la 7 e direi che per l’80% è tutta occupata dalla G.D. Ci dicono che la FIOM di BOLOGNA aprirà uno dei due cortei, quello che parte da Ostiense. Inoltre, alla FIOM Emilia Romagna sarà affidato il servizio d’ordine sotto il palco e nell’area antistante. Partiamo in orario, che per un treno speciale è già una conquista. Sul treno scambiamo qualche chiacchiera con il controllore che ci dice essere di sin istra e comunista, inoltre ci fa notare che alla guida del treno abbiamo un macchinista che si vanta di essere il migliore del mondo. E’ sicuramente vero perché arriviamo a Roma alle 12.30 spaccate, orario perfetto. Scendiamo carichi e affrettiamo il passo perché dobbiamo arrivare alla testa del corteo. Ci perdiamo un pò in chiacchiere, chi a mangiare qualcosa, chi a salutare amici di altre aziende e non ci accorgiamo che la testa del corteo è già partita. Partiamo di corsa, inseguendo la FIOM di Bologna che è avanti a noi di troppi chilometri. E’ lunghissimo, un fiume di bandiere e felpe rosse, fischietti, cori, famiglie intere dal papà al figlio, chi segue il corteo sui pattini, chi in bicicletta. Non riesco a vedere la testa del corteo, mi giro e la stess a cosa vale per la coda. Arriviamo in piazza S.Giovanni, è già piena, il secondo corteo deve ancora arrivare. Troviamo posto sul prato per ascoltare gli interventi dal palco. I ringraziamenti vanno soprattutto all’ANPI che ha partecipato in gran numero, ad EMERGENCY Pag.12
  • 13. che poco dopo entra in piazza con il suo corteo e viene accolta con l’applauso spontaneo delle persone. Sul palco si alternano per gli interventi anche degli studenti, ce ne sono molti in piazza con la FIOM. Scuola e lavoro sono unite contro un disegno che li accomuna, perché la Gelmini fa sapere che il disegno Marchionne lo vuole importare anche all’interno della scuola. Il futuro di questi ragazzi è sempre più cupo. Non vedono prospettive e non vedono sbocchi professionali in un posto di lavoro sicuro. Ma ci sono: determinati, pieni di carica positiva, pieni di speranze, si riconoscono nella FIOM e sono con lei. Alcuni di loro erano a Pomigliano e hanno spalleggiato le scelte della FIOM e dei lavoratori. Non solo lavoratori, sindacalisti o studenti si sono espressi dal palco, ma anche esponenti di altre organizzazioni, come la figlia di Teresa Sarti e Gino Strada, Cecilia Strada, che alla fine del suo intervento dice “la FIOM sta con Emergency ed Emergency sta con la FIOM”. Anche molti artisti, scrittori, intellettuali, giornalisti, esponenti del mondo della cultura, hanno voluto rimarcare la loro adesione alla manifestazione della FIOM, schierandosi apertamente, come: Sabina Guzzanti, Paolo Flores d’Arcais, don Andrea Gallo, Margherita Hack, Dario Fo, Moni Ovadia, Andrea Camilleri, Gino Strada, Luigi De Magistris, Valerio Mastandrea e Andrea Rivera che ha fatto un intervento bellissimo, poi tanti altri, tantissimi. Partecipano anche alcuni esponenti politici, da Di Pietro a Nichi Vendola, quest’ultimo accolto da applausi e strette di mano, segnale importante per un centro sinistra che esita a farlo emergere (sbagliando!) . E’ il momento di Maurizio Landini, appena sale sul palco la folla si anima e sale dalla piazza il coro “MAURIZIO MAURIZIO”. La voce rotta dall’emozione da il via ad un intervento impeccabile, pieno di contenuti e forza, le sue frasi rimbombano per la piazza e si lascia andare anche a qualche frase ironica del tipo “il ministro Brunetta ci accusa di difendere i fannulloni e i nullafacenti, NON E’ VERO, noi lui non lo abbiamo mai difeso!!!”, ne ha anche per le affermazioni di Maroni e dice “E' sbagliato e pericoloso alimentare un clima mediatico che cerca di modificare il senso e le ragioni della manifestazione”. Ricorda ancora il perché del NO a Fedrmeccanica con questa frase “Se vogliono cancellare i diritti e i contratti diremo sempre no”. Pag.13
  • 14. Il suo intervento si conclude con un’ovazione di tutto il popolo presente. Sale ora sul palco Guglielmo Epifani: non fa in tempo ad iniziare il suo intervento, che dalla folla si alza il grido di “SCIOPERO GENERALE” a ricordare alla CGIL che la FIOM, non v a lasciata sola, che v a sostenuta e i numeri dei partecipanti, obbligano la risposta del segretario generale della CGIL, che dice: “La Cgil non lascerà sola la Fiom in queste battaglie, se non arriveranno risposte positive, dopo la manifestazione del 27 novembre a Roma, si andrà allo sciopero generale”. La manifestazione chiude gli interventi con Epifani, Landini e Cremaschi che applaudono questa marea di lavoratori, di precari, di disoccupati, di studenti, di lavoratori di altre categorie che si sentono di sostenere la FIOM e sono tutti, ma proprio tutti, uniti per la rinascita da quella piazza, di una nuova Italia che ricorda a tutti che “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La manifestazione si scioglie, ognuno torna verso i treni e i pullman che li riporteranno a casa. Stanchi, ma felici, pieni di una speranza che si stava quasi affievolendo. Ritrovarsi così in tanti, assieme, uniti in un unico pensiero, ci ha ricordato che questa Italia non è ancora persa. Questo era il mio resoconto della manifestazione, ora però vorrei esprimere qualche parere personale per tutto ciò che è circolato attorno alla giornata del 16 ottobre, lo farò toccando il lato umano e non tanto quello sindacale e politico. La manifestazione del 16 faceva parecchia paura al Governo, il fatto stesso che dei ministri si permettano di cercare di modificare il senso della manifestazione facendola passare per una massa di delinquenti che scendono in piazza per distruggere e creare incidenti, la dice lunga. Che addirittura si arrivi ad invocare il morto per far si che vada tutto a rotoli è da pazzi malati. Pag.14
  • 15. Sacconi dice che in piazza quel sabato è scesa la minoranza, verrebbe da dire che per Natale un bel pallottoliere, sarebbe il regalo giusto da fargli. A dare una mano al Governo, come se ce ne fosse bisogno, interviene Bonanni il quale ha usato e spressioni come “ Rossi in stile fascista” o “'Squadracce che si muovono con uno stile da fascisti”, non sa nemmeno di cosa parla e sicuramente gli brucia sentire che viene considerato il galoppino di Confindustria e Governo, ma questo è. L’unica spiegazione per il quale ha venduto i lavoratori e anche i suoi iscritti è solo uno, per un attimo di vanità e visibilità, non certo perché mosso da valori o ideali. Come se non bastasse, Emma Marcegaglia, ha rincarato la dose sulla manifestazi one dicendo “isolate i violenti… perchè il timore che il Paese vada in una direzione di spirale di violenza è un fatto molto negativo”. Io la inviterei a partecipare ad una manifestazione come quella del 16 ottobre. Io inviterei tutti gli imprenditori a scendere in piazza una volta sola nella loro vita, in incognito, fra la folla. Perché io penso che quando si ricoprono ruoli del genere, ci si dimentica che i numeri dei quali parlano, sono persone. I violenti che ho visto sabato avevano dai 3 ai 90 anni, le armi che avevano a disposizione erano bandiere, fischietti e cappellini, qualche palloncino e …. ah si, c’era anche una banda, in effetti, quei tromboni e quei sassofoni potevano essere delle armi contundenti. La risata di un bambino, la carezza ad un cane con una bandiera della FIOM legata al collo, gli scherzi fra amici, le nuove amicizie strette, tutte queste cose sono il massimo della violenza vista sabato. E poi, cara Emma, ad ognuno il suo lavoro ed è vero. Ma allora penso, il lavoratore che non fa il suo dovere viene richiamato e paga lo sbaglio fatto, ma fino qui, tutto giusto. Ma se ci sono imprenditori o dirigenti che fanno scelte manageriali sbagliate, perché devono comunque far pagare ai lavoratori le loro inadempienze?! Il lavoratore non si sveglia la mattina e decide cosa farà o cosa non farà, non decide come dovrà essere l’organizzazione del proprio lavoro e non farà scelte imprenditoriali! Si sveglierà, andrà al lavoro e farà ciò che il datore di lavoro o il dirigente preposto gli dirà di fare. L’azienda andrà male? Ma perché devono essere i lavoratori a pagare??!!! Non ci vuole una scala, non è fantascienza, è la verità e basta. Pag.15
  • 16. Accipicchia, sai cosa faccio io imprenditore? Voglio avere minima spesa e massima resa, sposto l’azienda e tutte le lavorazioni all’est o in Cina, ma sì, così avrò manodopera sottopagata e non avrò tutte quelle seccature dei lavoratori italiani che vogliono stipendio adeguato e diritti. E allora via, via tutti, lasciamola marcire questa Italia, che di Italiano, lavor ativamente parlando, ha ormai ben poco. E i lavoratori italiani lasciati a c asa? Pazienza, si arrangeranno. Cara Emma, ormai una grande parte di imprenditori dei quali sei a capo, di Italiano hanno solo il nome. Dove sta quindi la vostra forza? Perché non lottate anche voi per qualcosa di più alto che non sia un facile profitto?! Dici che bisogna riformare ed essere competitivi. E come, uscendo dall’Italia? Dici che la causa dei dieci punti di competitività che avete perso, sono da attribuire anche alle relazioni sindacali, ne sei sicura? O queste sono solo scuse per mascherare che il vero problema parte dalle vostre scelte sbagliate e dal Governo?! Confindustria è alla mercè di Marchionne che ha minacciato di uscirne se non aveva il tuo appoggio. A Pomigli ano, prender e o lasciare è quello che ave te imposto a i lavoratori, sancendo assieme a CISL e UIL, un accordo che è solo un ricatto. Basterebbe solo capire che i diritti sono il fondamentale elemento che fa si che un lavoratore sia considerato un essere umano. Dire al Governo che le cose così non vanno, non basta, lo avete visto anche voi, riconoscendo che siete in imbarazzo anche voi imprenditori. Voi che viaggiate il mondo in giro per clienti e che dovete giustificare la scelta di un Governo che molti d i voi hanno appoggiato. Allora perché non provare a cambiare le cose assieme, perché non riprenderci tutti la n ostra Italia mantenendo il lavoro qui e cercando di arrivare tutti allo stesso scopo, avere un lavoro, diritti e uno stipendio che permetta a t utti di vivere degnamente. Non si svegliano i lavoratori e decidono di far fallire una fabbrica, un’azienda, sanno bene che hanno bisogno tutti di lavorare e di fare andare bene le cose e allora, perché non provarci tutti! Pag.16
  • 17. Ciò che sabato 16 ottobre è successo in quella piazza, nessuno lo può negare, è stata la dimostrazione che ormai la maggior parte degli italiani sono stanchi. Sfiniti di vergognarsi del proprio paese perchè governato da ignoranti senza cultura, amareggiati perché si sentono solo merce di scambio o pedine senza un’anima, indignati perché non è possibile che ad oggi, non venga tenuto conto del loro parere quando è grazie a loro che tutti questi politici ed imprenditori campano. Questo Governo che pensa che gli Italiani siano ciechi, questo Governo che pensa di poter governare con la repressione mediatica, togliendo il potere di informazione e propinando bugie su bugie, negando anche l’evidenza. Questo Governo che non tiene conto del parere del popolo e che continua con il suo gioco forza al Parlamento. Le teste pensanti non sono un optional e non sono certo le loro. Accozzaglia colorita quella di questi politici pronti a vendere al miglior offerente le teste della propria gente. E ora capisco perché c’è sempre più gente che si candida per il Parlamento, voglio dire, si sbaglia se si dice che il Parlamento italiano è tutto un bordello? Dico qualcosa di così trascendentale? No, ora io non ho niente contro queste signorine Escort che lavorano con questi politici, bellissime ragazze sicuramente, lo dico io che mi sento un “Doblò” e che quindi apprezzo la loro bellezza. Ma con tutti gli ENORMI problemi che abbiamo in Italia cosa me ne frega di chi si porta a letto chi! Giusto una cosa, con che soldi le pagano?? Soprattutto, voglio qualcuno che si meriti i profumati e scandalosi stipendi che percepisce per un lavoro che non fa minimamente! ITALIANI !!!! SMETTETE DI VOTARE ANTONIO LA TRIPPA!!!! Pag.17
  • 18. Nel mondo, nel corso dei secoli, siamo stati etichettati come “Italiani = mafia e mangia spaghetti… italiani brava gente”, cosa vogliamo aggiungere anche pu….. ?! Non lo scrivo ma avete capito. Cresciamo tutti intellettualmente, culturalmente, nonché politicamente e convinciamoci che non sono le belle parole di un buffo nano o dei giullari che gli stanno attorno (compresi quelli che “si ti do la fiducia…no aspetta ci ho ripensato….però forse sto comunque con te….no non ci sto più), che ci risolvono i problemi, ma i fatti concreti. Arriverà, speriamo (ma ci sarebbe già per quello che mi riguarda), qualcuno che sappia che governare un paese è ben altro che pensare ai proprio interessi. Il 16 ottobre ha segnato una svolta, l’Italia forse si sta svegliando: le persone vedono, sentono e finalmente si confrontano, sta rifiorendo una cultura sociale e sono orgogliosa che la sveglia sia stata la FIOM! Tutte le bellissime foto della manifestazione sono state scattate dai lavoratori e dai delegati presenti alla manifestazione. Grazie a tutti voi! Pag.18
  • 19. DETASSAZIONE LAVORO NOTTURNO E STRAORDINARI Finalmente l’ Agenzia delle Entrate ha formaliz zato la de cisione di posticipare al 2011 le richieste di rimborso per l’errata applicazione della detassazione (imposta sostitutiva del 10% anziché tassazione ordinaria) su notturno, straordinari e salario produttività negli anni 2008 e 2009. Il datore di lavoro dovrà quindi indicare nel CUD/2011 le somme erogate negli anni 2008 e 2009 soggette a detassazione e il dipendente potrà recuperare il proprio credito mediante la dichiarazione dei redditi da presentare nel 2011. ATTENZIONE, però: le circolari 47/E e 48/E del 27/9/2010 della Agenzia delle Entrate indicano una serie di altri aspetti legati a questo tema e più esattamente : • Sugli straordinari è opportuno sapere che: 1. sono stati agevolati senza ulteriori condizioni solo nel 2008 (Art.2 D.L. 93/2008) 2. nel 2009 / 2010 le di sposizioni che ne prev edevano la detassazione, non sono state prorogate, pertanto l’imposta sostitutiva del 10% può essere applicata solo a straordinario riconducibile a incrementi di produttività (quindi legato a parametri di produttività) 3. il nesso tra lavoro straordinario e incrementi di produttività, deve trovare riscontro in una documentazione fornita dall’Azienda • Lavoro notturno e lavoro organizzato su t urni: l’agevolazione delle retribuzioni è subordinata anch’essa al perseguimento di un incremento di produttività che trovi riscontro in una dichiarazione dell’Azienda. Come si vede non esiste nessun automatismo che determini l’esigibilità dell’imposta sostitutiva del 10% da parte del Lavoratore. I Delegati FIOM della RSU-G.D, si ritengono quindi impegnati a ricercare elementi chiarificatori su questi temi, attraverso un confronto con l’Azienda. In tal senso invitiamo i Lavoratori ad attendere l’esito di questa discussione. Bologna 25/10/2010 I Delegati FIOM della RSU-G.D Pag.19
  • 20. 16 OTTOBRE 2010 GRAZIE A TUTTI!!!!