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2011

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Associazione Dipingiamo il loro futuro - Associazione Culturale senza fini di lucro
Corso Torino 1/19 - 16129 Genova - Tel. 010 869 29 95 - info@dipingiamoillorofuturo.com
www.dipingiamoillorofuturo.com

Favole e fiabe africane per ‘Dipingiamo il loro futuro’

€ 10,00			

ISBN XXXXXXXXXXXXXX

Dipingiamo il loro futuro!

COMUNE DI GENOVA

Storie di LEPRI E LEONI	

C.F. 95134540103 - Conto Corrente Ubi Banco San Giorgio Ag. 2 Bolzaneto - IBAN IT60A0552601403000000011858

con il patrocinio di

Storie di
lepri e leoni

Grazie.
Con l’acquisto di questo libro, hai
contribuito anche tu a sostenere il progetto
Dipingiamo il loro futuro 2011 a favore di
Find The Cure, Comitato no profit in aiuto
alle aree a risorse limitate e a basso livello di
sviluppo.
Il ricavato delle vendite del libro sarà
devoluto al sostegno e allo sviluppo della
Assumption High School di Msolwa
Ujamaa, in Tanzania.

Per sostenere il progetto:
Associazione Dipingiamo il loro futuro
C/C n.11858 Ubi Banco San Giorgio ag. 2
Genova Bolzaneto
IBAN IT60A0552601403000000011858

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3 a ed izio ne
Indice
pag 2

Dare colore alle storie d’Africa
Una nota introduttiva di Anselmo Roveda

pag 4

DIPINGIAMO IL LORO FUTURO!
Un progetto di responsabilità sociale

pag 6

FIND THE CURE
Dedicato a tutti quelli che credono che la fantasia sia un diritto

pag 8
pag 13
pag 18
pag 30
pag 37
pag 46
pag 54
pag 60
pag 70
pag 76
pag 81
pag 87
pag 92
pag 97
pag 103
pag 108
pag 115
pag 121
pag 128
pag 133
pag 140

La coda degli animali - Garibaldi S. Teodoro
Il camaleonte - Fabbriche
La mucca e il cane - Acquasanta
L’astore e la tartaruga - Il Delfino
La lepre e la iena - Villa Banfi
Quando la scimmia faceva il giudice - Papa Giovanni XXIII
Il ragno, la lepre e saggezza - Il Piccolo Principe
Il bruco, la lepre e il ranocchio - Cavallotti
I pipistrelli - Romagnosi
Il leone, la iena e la volpe - D’Eramo
Due strane città - Modugno
Gli scolari e l’ago - L’Albero Azzurro
Il pastore e il saggio - Le Pratoline
La giraffa vanitosa - Il Pratone
La memoria dello sceicco - Perasso/Scribanti
L’uccellino dei fiori, re di tutti gli animali - S. Luigi
Il leone e la lepre - Tollot Orientale
L’albatros e il camaleonte - Girotondo
I due furbi - Nemo
Il sole, la luna e l’acqua - Fabrizi
Il pidocchio e la pulce - Assumption High School, Msolwa Ujamaa
Una fiaba ligure per la Tanzania

pag 152

L’Africa raccontata ai bambini
Una bibliografia a cura di Stefania Usai
Dare colore
alle storie d’Africa
Una nota introduttiva di Anselmo Roveda
In queste pagine incontrerete camaleonti, leoni, giraffe, iene e tanti altri animali rincorrersi tra le illustrazioni vivaci e colorate
realizzate da venti scuole dell’infanzia e primarie genovesi. Oltre millecinquecento bambini coinvolti in una catena magica
di narrazioni. Un percorso divertente e virtuoso: ascoltare, immaginare, creare, disegnare e al contempo compiere un’azione
capace di offrire opportunità ad altri realizzando un progetto di cooperazione in Africa.
E sì, perché i giovanissimi artisti delle scuole genovesi, accompagnati con sapienza affettuosa dalle insegnanti, sono stati in
un percorso - ricevendo in dono una favola e regalando a loro volta un’illustrazione - che ha per finalità quella di sostenere
un progetto di cooperazione internazionale. Le favole, non solo quelle africane, arrivano da lontano e portano lontano.
Il lavoro delle scuole genovesi per la terza edizione di “Dipingiamo il loro futuro!” contribuirà, infatti, a sostenere lo sviluppo
della scuola di Msolwa Ujamaa, nella parte sud della Tanzania. Una scuola costruita dall’associazione Find The Cure e che
può ospitare fino a 200 alunni, di cui circa una trentina sotto i 6 anni. E anche i bambini di Msolwa Ujamaa parteciperanno
attivamente al progetto illustrando, in questo ideale scambio di narrazioni e doni, una fiaba della tradizione ligure.
I bambini delle scuole genovesi sono stati chiamati a dare colore alle favole dopo averne incontrato la magia e la meraviglia
evocativa. Favole soprattutto di animali, ma anche qualche fiaba di magia. L’esito delle rappresentazioni grafiche e pittoriche, lo
vedrete sfogliando, è sorprendente: mai banale, sempre intenso. L’arte infantile si esprime a pieno nelle tecniche proposte, nelle
soluzioni trovate, nella trama intrecciata di parole e segni, scantonando il rischio di un disegno solo ornamentale o didascalico,
riuscendo anzi a farsi pienamente linguaggio. A farsi, insomma, narrazione autonoma: oltre, eppure dentro, al testo.
Le fiabe sono leggibili a più livelli. Fiabe e favole, in Africa e in ogni alta parte del mondo, non sono storie (ancor prima
che testi) destinate ad un pubblico esclusivamente infantile. Anzi. Un tempo erano la narrazione di tutta la comunità:
assolvevano ad una funzione di inculturazione e acculturazione, offrivano modelli e stili di condotta, suggerivano le idee
sul mondo pratico e morale attese e condivise dalla comunità di riferimento. Le fiabe della tradizione hanno dimensione
universale ma traggono origine in un mondo arcaico e difficile: normale quindi trovare rappresentata una realtà distante dal
nostro vissuto; normale quindi incontrare storie nelle quali si sgrossa bene da male in modo spiccio, si punisce il malvagio
in maniera cruenta, si favorisce l’astuto a discapito del giusto.
In considerazione dell’età dei bambini e di legittime preoccupazioni pedagogiche delle insegnanti, ho qui scelto fiabe capaci
di essere evocative della tradizione narrativa africana e al contempo di essere pienamente comprensibili e godibili. E’ stato
un piacere, a maggior ragione vista la finalità benefica dell’iniziativa, tornare alle favole africane. Alcune sono per me una
scoperta. Altre, molte di quelle qui presentate, sono invece un’ulteriore riscrittura di storie comprese in due miei volumi: “Il
giorno in cui il leone regalò una coda agli animali. Favole dell’Africa nera” (Terre di mezzo, Milano 2005) e “La bella sposa
grassa e altre fiabe africane” (Terre di mezzo, Milano, 2006).
2
In questo libro incontrerete favole e fiabe dell’Africa nera, la porzione subsahariana
del continente; sono storie con una spiccata specificità nonostante le favole siano
sempre dotate di universalità e riescano a parlare al cuore e all’immaginazione di
tutti, a tutte le latitudini.
Il rapporto tra l’Italia e l’Africa è antico, fatto di cose belle e brutte, di pregiudizi e di
fascinazioni, ma soprattutto è un rapporto in continua via di definizione. Nel 1955,
quando usciva “Fiabe africane” (Einaudi) di Paul Radin, la prima raccolta organica
presentata al lettore italiano, il continente nero ci era ampiamente sconosciuto. Una
minoranza di italiani sapeva qualcosa dell’Africa; e Italo Calvino, nell’introdurre il
libro di Radin, spalancava una nuova finestra sul continente. Per le generazioni di
allora il legame dell’Italia con l’Africa era relegato a memorie coloniali. Memorie
che rappresentavano, come più tardi mostrò Angelo Del Boca, più una vergogna
che un vanto. Oggi l’Africa è più vicina, grazie all’informazione e ai viaggi, ma
anche e soprattutto grazie ai tanti africani che sono arrivati in Italia con la speranza
di migliorare le proprie condizioni di vita; con loro hanno portato tradizioni, cibo,
narrazioni.
Oggi il lettore italiano ha a disposizione molti testi della tradizione fiabistica
d’Africa. Nella monumentale “Enciclopedia della fiaba” di Vladislav Stanovsky e
Jan Vladislav (edizione italiana a cura di Gianni Rodari, Editori Riuniti 1970), ad
esempio, trovano posto racconti di quel continente; e negli ultimi anni abbiamo
visto crescere il numero delle raccolte di fiabe e favole africane. Da segnalare
almeno “Fiabe africane” a cura di Friedrich Becker (Mondadori 1991, ma frutto
di un lavoro del 1969), le opere in catalogo per l’Editrice Missionaria Italiana di
Bologna e - tra le moltissime opere destinate all’infanzia - le riscritture di fiabe
senegalesi (“La sposa del leone”, Mondadori 1993) e nigeriane (“La novantesima
moglie del re” Mondadori 1995) di Francesca Lazzarato. Ma c’è un’altra ricca
fonte, più antica e sovente dimenticata, di narrazioni africane. Si tratta dell’opera
di Giacomo Prampolini (1898-1975). L’autore ha proposto, lungo tutto l’arco del
Novecento, sguardi curiosi su molte letterature popolari, facendo un ideale giro del
mondo che portò nelle case degli italiani racconti di popoli e luoghi sconosciuti.
L’Africa non faceva eccezione.
A proposito di fiabe e Africa, qualche tempo fa scrivevo così: “affacciarsi sul mondo
delle favole offre sempre un senso di vertigine e d’incanto. Si apre al lettore una
dimensione che ha in sé la sorpresa del nuovo e la capacità di evocare suggestioni
antiche, intessute del ritmo della parola. Parola detta, condivisa, concatenata ad
altre a formare un racconto, come intorno al fuoco, stretti da legami di solidarietà”.
Mi pare oggi, con questa iniziativa “Dipingiamo il loro futuro!”, ancor più vero.
Non ci resta che augurarci buone fiabe, accompagnati dai disegni che i bambini
genovesi hanno realizzato per l’Africa.
3
DIPINGIAMO IL LORO
FUTURO
Un progetto di responsabilità sociale

L’Associazione Dipingiamo il loro futuro è nata nel 2009 per volere del Colorificio Tassani e Adv Consulting, entusiasti dei
risultati della prima edizione dell’omonimo progetto di Cause Related Marketing (letteralmente: marketing collegato ad una
causa sociale), col desiderio di far crescere sempre di più il progetto Dipingiamo il loro futuro!
Nato nei primi anni ’80 negli Stati Uniti, il CRM è uno strumento del marketing cosiddetto “sociale” attraverso il quale
le aziende for profit collaborano con organizzazioni non profit per progetti socialmente utili, coprendo un ruolo attivo
e consapevole nell’affrontare le preoccupazioni sociali. Poiché il Colorificio Tassani e Adv Consulting operano su tutto il
territorio nazionale ma hanno sede a Genova, è da qui che si è scelto di partire, sviluppando un progetto che si rivolgesse
ai bambini e alle loro famiglie per promuovere la sensibilizzazione a favore di cause socialmente utili. Dopo l’Ospedale
pediatrico Giannina Gaslini e l’Amri, Associazione Malattie Reumatiche Infantili, quest’anno Dipingiamo il loro futuro
devolverà il ricavato del progetto a Find The Cure, Comitato no profit in aiuto alle aree a risorse limitate e a basso livello di
sviluppo. In particolare, saranno raccolti fondi a sostegno dello sviluppo della scuola Msolwa Ujamaa, in Tanzania.
Per sostenere il progetto, l’Associazione Dipingiamo il loro futuro ha coinvolto venti scuole materne genovesi, per un totale
di oltre 1.800 bambini che hanno illustrato le fiabe e favole africane di Anselmo Roveda. Ad essi vanno aggiunti i bambini
della scuola di Msolwa che hanno voluto dare il proprio contributo realizzando i dipinti sulla base di una fiaba genovese.
Anche per il 2011 il progetto si è articolato in tre fasi: Le scuole materne coinvolte hanno ricevuto in dono le idropitture
Tassani che, oltre a rispettare maggiormente l’ambiente perché a base acqua, sono facilmente lavabili e risultano idonee e
sicure per i bambini. Nei primi mesi dell’anno le insegnanti hanno letto le fiabe e favole che erano state assegnate a ciascuna
scuola, facendo realizzare ai bambini i dipinti di gruppo, esposti successivamente alla mostra aperta al pubblico nel Cortile
Maggiore di Palazzo Ducale.
Infine la fase di raccolta fondi: durante e dopo l’esposizione sarà possibile acquistare il libro che raccoglie le ventuno fiabe e
favole illustrate dai bambini.
Caratteristica fondamentale del progetto è la responsabilità sociale. Non solo le aziende e i partner coinvolti ma anche le
insegnanti, i bambini delle scuole materne e le loro famiglie vengono sensibilizzati verso una tematica sociale e collaborano
attivamente al progetto. Un entusiasmo contagioso che ha fatto crescere velocemente Dipingiamo il loro futuro!

4
5
FIND THE CURE
Dedicato a tutti quelli che credono che la fantasia sia un diritto

La Assumption High School è a Msolwa Ujamaa, un villaggio della Tanzania del Sud, distretto di Kilombero, regione di
Morogoro. Una costellazione di piccole case nascoste tra gli enormi alberi della foresta africana, stretta tra i parchi nazionali
meridionali, la catena montuosa delle Udzungwa Mountains e le immense coltivazioni di canna da zucchero. Questi disegni
arrivano da lì.
A Msolwa i bambini sono tantissimi, gli anziani pochi. La mortalità infantile è piuttosto alta, soprattutto nei primi cinque
anni di vita. Le condizioni igieniche nel villaggio sono precarie, aids e malaria sono presenze costanti. Ma la Assumption
High School è una piccola grande oasi: i ragazzi stanno bene, sono puliti e ben nutriti. Studiano e imparano. E da qualche
tempo giocano anche con la fantasia.
Find The Cure è un comitato non profit fondato dal dottor Daniele Sciuto nel dicembre 2006. L’associazione è nata insieme
al progetto di costruzione d’un ambulatorio per cure mediche primarie a Kozhinjampara, nello stato del Kerala nel sud
dell’India. A seguito di una notevole risposta anche da parte di alcune strutture ospedaliere, soprattutto della Liguria e del
Piemonte, ha proseguito la sua attività ideando nuovi progetti, monitorati costantemente da missioni umanitarie di personale
specializzato che opera in stretta collaborazione con la popolazione locale. A oggi, FTC ha concepito e portato a termine

6
molti progetti negli stati del Kerala, del Tamil Nadu e
dell’Andra Pradesh, finalizzati a migliorare non solo le
condizioni medico-sanitarie di quelle regioni, ma anche
la qualità della alimentazione e il livello di istruzione di
ragazzi e bambini.
Lo strumento fondamentale, è l’attività medica in loco
attraverso i Free Medical Camp, campi medici mobili
attrezzati nei centri abitati più poveri. Grazie a questa
risorsa, i medici di FTC stanno a stretto contatto con la
popolazione del posto, osservano le condizioni di vita e
valutano le necessità primarie alle quali poi tentano di
trovare la cura.
Ma allora perché un’associazione che – nomen omen – ha
una dichiarata vocazione sanitaria si occupa anche di arte
e di fantasia? Forse nella ferma convinzione che lo stare
bene passa anche di lì. E soprattutto nella certezza che
non c’è futuro senza immaginazione.
Di qui il progetto per la Assumption High School,
legato a Find the Art, il nuovo canale di FTC che vuole
avvicinare due mondi che possono contaminarsi e aiutarsi
reciprocamente in modo profondo, che nasce nel dicembre
del 2009 con il sostegno per la costruzione dell’edificio
scolastico e continua nel 2010 con un missione sociale
in cui FTC e Find the Art cominciano a gettare i semi
per un’ipotesi educativa diversa, nella direzione di un
empowerment individuale e sociale che passi attraverso
l’attività creativa. Per potersi inventare un futuro. Perché
la Assumption High School può e deve fare la differenza.
E i semi per fortuna spesso germogliano, così nell’aprile
del 2011 parte la missione “Dipingiamo il loro Futuro”,
grazie alla collaborazione con Adv Consulting e il
Colorificio Tassani: per la prima volta quattro infermiere
e un medico sono impegnati in un Free Painting Camp.
Trentaquattro bambini dai tre ai sei anni per dieci giorni
hanno potuto giocare, inventare, colorare, pensare,
ripensare, immaginare, raccontare, masticare, recitare,
divorare, disegnare una storia che arrivava dall’altra parte
del mondo. Una favola ligure che ha preso corpo tra le
mani piene di colori di bambini che probabilmente da
domani riusciranno a vedere un po’ oltre l’orizzonte. E il
risultato è davanti ai vostri occhi.

Grazie Happyness, straordinaria insegnante di una scuola
in mezzo alla foresta.
Perché chi ci crede può fare la differenza in qualunque
parte del mondo.
Grazie Dipingiamo il loro Futuro per averci creduto.
Grazie ragazzi della IV IBO della Vittoria International
School di Torino
per aver tradotto in inglese la fiaba, primo passaggio verso
lo swahili.
Grazie Daniele Sciuto per aver iniziato, un giorno.

FIND THE CURE
Comitato No Profit
Cooperazione Internazionale
In aiuto alle aree a basso livello di sviluppo
Sedi Operative :
Liguria: P.za Lombardia, 13 - 17023 Ceriale (SV)
Piemonte: Via Quintino Sella, 27 - 14100 Asti (AT)
E-mail: info@findthecure.it
Sito Internet: www.findthecure.it

7
La coda degli
animali
illustrata da Scuola Materna Statale
Garibaldi S. Teodoro

C’era un tempo in cui... gli
animali non avevano la
coda. Non aveva la coda il
cane per fare le feste, né
il gatto per accarezzare le
gambe dell’uomo.
Non aveva la coda il cavallo
per scacciare le mosche, né
lo scoiattolo per saltare tra
gli alberi. Non aveva la coda
neppure la volpe per farsi
bella. Non aveva la coda
nessuno. Un giorno
8
Un giorno il leone, re di tutti gli animali, decise di porre rimedio
alla situazione.
Fissò un posto e un giorno in cui avrebbe distribuito code per
tutti.
Quel giorno arrivarono in molti: il cavallo, lo scoiattolo, il cane e
il gatto. E poi ancora e ancora, e arrivarono anche l’elefante e il
maiale.
Per ultima arrivò la lepre. E si iniziò la distribuzione.
9
Per primo scelse il leone e prese una bella
coda lunga, color dell’oro e con un fiocco
alla sommità.
Poi vennero il turno della volpe e quello
dello scoiattolo, che ricevettero due
code folte, pelose e belle.
Il cavallo scelse una coda lunga fatta
di molti peli, utile a scacciar le
mosche e altri insetti noiosi.
Anche al cane e al gatto
toccarono due belle code.
Poi vennero gli altri.

10
In fondo alla fila rimasero:
l’elefante, il maiale e la lepre.
All’elefante toccò una corda sottile e setolosa,
e da quel giorno la vergogna fu tale che
cammina trascinando la proboscide per
terra.
Al maiale toccò un codino a forma
di vermiciattolo e fu costretto ad
arrotolarlo per farlo sembrare
almeno un ricciolo.
Alla lepre invece non
toccò nulla, perché
nulla era
rimasto.

11
11
Ma il cane e il gatto
iniziarono a litigare:
“La mia coda è più bella!”
“No! E’ più bella la mia!”
Litigarono tanto che il
cane spazientito diede un
morso alla coda del gatto
e ne strappò un ciuffo.
Da quel giorno gatto e
cane sono nemici.
12

La lepre però si affrettò
a raccogliere quel ciuffo
rimasto sul campo e
se lo attaccò: così ebbe
anch’essa una piccola
coda.
FINE
il
camaleonte
illustrata da Scuola Materna Statale
Via Fabbriche

C’era un tempo in cui il dio della
creazione chiamò tutti gli esseri a sé.
Chiamò gli uomini e chiamò gli
animali.
13
Quando tutti furono al cospetto del dio della creazione il dio
annunciò:
“Ciascuno di voi mi dirà che cosa desidera per vivere sulla terra e
io lo accontenterò”
.

14
Gli uomini risposero: “Vogliamo vivere in villaggi e coltivare la
terra” E furono accontentati.
.
Gli animali risposero: “Vogliamo vivere nelle foreste, nella savana
e sulla montagna” E furono accontentati.
.
15
Ma il dio della creazione si accorse che qualcuno aveva taciuto:
era il camaleonte.
Il dio della creazione gli chiese allora:
“E tu, cosa desideri?”

16
E il camaleonte: “Io vorrei che mi appartenesse ogni luogo in cui
andrò” E fu accontentato.
.
Da quel giorno il camaleonte assume il colore di ogni luogo in cui
va, e così ovunque si sente come a casa propria.
FINE
17
La MUCCA
E IL CANE

illustrata da Scuola Materna Statale Acquasanta

18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
FINE
29
L’ASTORE E LA
TARTARUGA

illustrata da Scuola Materna Statale Il Delfino

30
C’era un tempo in cui... l’astore e la tartaruga erano grandi amici.
Un giorno l’astore disse alla tartaruga: “È un peccato che tu sia
così piccola e lenta, cosa succederà il giorno in cui avrò bisogno di
te? La tua lentezza non ti permetterà certo di arrivare in tempo”
.
31
32
Ma la tartaruga rispose:
“Nella vita non conta solo
essere grandi, forti e veloci
e sta pur certo che quando
sarà il momento, quando
avrai bisogno di me, se
tu mi avvertirai, io sarò
immediatamente da te”
.

L’astore ridacchiò tra sé
ma non volle contraddire
l’amica. Venne il giorno in
cui l’astore ebbe bisogno
della tartaruga. Così mandò
il grifone ad avvisarla. La
tartaruga disse: “Vola dal
mio amico astore e digli che
sarò subito da lui. Però poi
torna qui, che nel frattempo
preparerò una borsa con dei
doni. Se non mi trovi, prendi
la borsa e portagliela”
.

33
Il grifone fece come gli aveva detto la tartaruga e andò
dall’astore. Questo, sentita la risposta della sua amica, disse:
“Povera tartaruga, non sarà mai qua in tempo.
Capirà a sue spese che nella vita contano più la forza e la velocità
dell’intelligenza.

34
Comunque, amico grifone, voglio vedere i doni che mi ha
preparato, va quindi a prendere la borsa” Il grifone volò fino
.
alla tana della tartaruga e trovò la borsa, la prese e raggiunse
nuovamente l’astore. Poi l’astore disse al grifone: “Visto?
Come ti avevo detto, la tartaruga non è arrivata in tempo.”
35
Ma non aveva ancora finito di parlare che dalla borsa fece
capolino la testa della tartaruga: “Spero che ti sarai convinto,
amico astore, che nulla vale più dell’intelligenza”
.

FINE
36
LA LEPRE
E LA IENA

illustrata da Scuola Materna Statale
Villa Banfi

37
C’era un tempo in cui...
la iena e la lepre
andavano a pesca insieme.
La lepre e la iena
si recarono al fiume
e iniziarono a pescare.
Fu una giornata fortunata e
presero molti pesci.
A sera, dopo aver messo
da parte il pesce fresco da
mangiare quella sera e il
giorno dopo, decisero di
affumicare il resto, in modo
da poterlo conservare.
Fatta notte, la iena chiese alla
lepre di rimanere vicino alle
braci per affumicare il cibo.
38
39
40
Lei sarebbe invece andata dall’altra
parte del fiume, a cercare un
giaciglio per dormire e badare che
non arrivassero malintenzionati.
Così dicendo, la iena prese la sua
parte di pesce fresco e si avviò al
guado. Dopo un po’, ormai a notte
fonda, la iena gridò alla lepre di
non addormentarsi, altrimenti i
ladri avrebbero rubato il frutto
delle loro fatiche.
Ma la lepre, nonostante fosse
sveglia, non rispose. Invece, protetta
dal buio, infilò per precauzione uno
spiedo nelle braci ancora roventi e
si sentì più tranquilla.
41
La iena fece passare ancora qualche tempo e chiamò nuovamente
la lepre. Una e due e tre volte. Ma la lepre, nonostante fosse
sveglia, non rispose.
La iena a quel punto pensò che la lepre fosse caduta in un sonno
profondo e allora quatta quatta attraversò il fiume, si avvicinò ai
pesci della lepre, ne prese uno e lo mangiò avidamente.
42
La lepre rimase immobile e silenziosa nel buio. Allora la iena
prese un altro pesce e lo trangugiò in fretta, ma la lepre le balzò
sulla schiena e la colpì a più riprese con lo spiedo rovente.
La iena scappò fino all’altra riva del fiume trattenendo a fatica
i guaiti di dolore.

43
44
Dopo poco, la iena chiese alla
lepre se fosse per caso venuto un
ladro. La lepre rispose di sì, ma che
non c’era da preoccuparsi perché
l’aveva picchiato e messo in fuga.
La iena fece finta di apprezzare la
difesa del pesce e chiese alla lepre
con cosa avesse picchiato il ladro,
che s’erano sentiti i colpi
fin dall’altra parte del fiume.
La lepre rispose:
“Con uno spiedo rovente”
.
La mattina seguente, allo spuntar
del sole, la iena non era più nei
dintorni e da quel giorno gira per
il mondo con il dorso segnato da
strisce rossastre.
FINE
45
QUANDO LA
SCIMMIA
FACEVA IL
GIUDICE
illustrata da Scuola Materna Statale
Papa Giovanni XXIII

C’era un tempo in cui …
la scimmia faceva il giudice.
Era un tempo in cui i sarti
facevano i vestiti con l’erba.
Venne il giorno in cui un
sarto andò dalla scimmia
e disse:
“Giudice, il topo ha
mangiato i miei vestiti
d’erba. Voglio giustizia”
.
“D’accordo” disse
la scimmia e fece chiamare
il topo.
46
“Giudice, è colpa del gatto, lui ha
mangiato i vestiti del sarto, non io”
.
“D’accordo” disse la scimmia e fece
chiamare il gatto.

47
“Giudice, è colpa del cane,
lui ha mangiato i vestiti del
sarto, non io”•
“D’accordo” disse la scimmia
e fece chiamare il cane.

48

“Giudice, è colpa del bastone,
lui ha rovinato i vestiti del
sarto, non io”
.
“D’accordo” disse la scimmia
e fece chiamare il bastone.
“Giudice, è colpa del fuoco,
lui ha bruciato i vestiti del
sarto, non io”•
“D’accordo” disse la scimmia
e fece chiamare il fuoco.
“Giudice, è colpa dell’acqua,
lei ha distrutto i vestiti del
sarto, non io”•

“D’accordo” disse la scimmia
e fece chiamare l’acqua.
“Giudice, è colpa
dell’elefante, lui ha mangiato
i vestiti del sarto, non io”•
“D’accordo” disse la scimmia
e fece chiamare l’elefante.
49
“Giudice, è colpa della formica,
lei ha mangiato i vestiti del sarto, non io”
.
“D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare la formica.
Ma la formica, arrivata davanti alla scimmia disse:
“Giudice, mi spiace ma io sono un po’ sorda, non ho capito perché
mi ha fatto chiamare”
.
50
E allora la scimmia si avvicinò alla formica e gridò forte:
“Il sarto dice che gli hai mangiato i suoi vestiti d’erba”
.
A quel punto però intervenne il sarto e disse:
“Non è vero, è stato il topo!”
Ma il topo disse: “Non è vero, è stato il gatto!”
Ma il gatto disse: “Non è vero, è stato il cane!”
51
Ma il cane disse: “Non è vero, è stato il bastone!”
Ma il bastone disse: “Non è vero, è stato il fuoco!”
Ma il fuoco disse: “Non è vero, è stata l’acqua!”
Ma l’acqua disse: “Non è vero, è stato l’elefante!’”
Ma l’elefante disse: “Non è vero, è stata la formica!”
Ma la formica disse: “Scusate... cosa è colpa di chi?
Non ho mica capito perché mi avete fatto chiamare...
ci sento così male...”

52
La scimmia si arrabbiò moltissimo e mandò via la formica,
l’elefante, l’acqua, il fuoco, il bastone, il cane, il gatto, il topo e il
sarto; dopodiché saltò dalla finestra e da quel giorno la formica
pizzica l’elefante, l’elefante beve l’acqua, l’acqua spegne il fuoco,
il fuoco brucia il bastone, il bastone picchia il cane, il cane morde
il gatto, il gatto insegue il topo, il sarto si lamenta sempre e la
scimmia scappa chiunque incontri, nel timore che la costringano
a fare il giudice un’altra volta.
FINE

53
IL RAGNO,
LA LEPRE E
LA SAGGEZZA

illustrata da Scuola Materna Statale Il Piccolo Principe

C’era un tempo in cui... il ragno era invidioso
della saggezza degli altri.
Il ragno era invidioso che ci fossero tanti saggi
tra gli animali e tra gli uomini, così volle provare
a raccogliere tutta la saggezza per poterla usare
soltanto lui, i suoi figli e i figli dei suoi figli.
Prese un grande vaso e decise di riempirlo di
saggezza. Il ragno percorse tutte le strade della
terra e a ogni animale e a ogni uomo poneva le
più difficili tra le domande.
Quando le risposte erano particolarmente sagge
e argute il ragno ringraziava, si allontanava e le
sussurrava dentro al suo vaso.
54
55
Arrivò il giorno in
cui il ragno pensò di
aver raccolto tutta la
saggezza del mondo
e, canticchiando
allegro, riprese la
strada di casa.
Ma, quando vide le
capanne del proprio
villaggio, pensò che
forse era meglio
nascondere il vaso
della saggezza
cosicché nessuno
potesse rubarglielo.

56
Cercò a lungo un
nascondiglio e alla
fine decise che
avrebbe riposto il
vaso sui rami più alti
dell’albero più alto.
Il ragno si legò allora
il vaso sulla pancia e
iniziò a salire lungo
il tronco dell’albero,
ma il vaso era troppo
grande, le zampe
troppo corte e la
posizione troppo
scomoda e così finì
con lo scivolare e
cadere sulla schiena.
57
Ci volle un po’ prima che riuscisse a
mettersi di nuovo in piedi. Il ragno
però non si arrese e riprovò e ricadde
e riprovò e ricadde. E riprovò ancora e
cadde nuovamente.
E così per tre giorni.
In quei tre giorni era passata di lì,
più volte, una lepre.
Il terzo giorno la lepre si rivolse al
ragno e disse: “Buongiorno amico
ragno, cos’hai in quel vaso di così
prezioso che ti ostini a volerlo portare a
quel modo in cima all’albero?”
Il ragno rispose: “Non posso dirtelo,
se te lo dicessi moriremmo tutti e due
all’istante”
.
58
La lepre non volle insistere ma disse:
“D’accordo, non voglio sapere cos’hai
nel vaso, ma accetta almeno un
consiglio: potresti legarti il vaso sulla
schiena anziché sulla pancia.
Vedrai che riuscirai nell’impresa”
.
Ma il ragno si disperò e iniziò a
gridare: “E io che pensavo di aver
raccolto tutta la saggezza del mondo
dentro al mio vaso... Ora invece capisco
che c’è sempre qualcuno che ne sa più
di me, che è più saggio di me”
.
Dopodiché si slegò il vaso dalla pancia
e lo scagliò contro l’albero.
E la saggezza si disperse per le strade
della terra.
FINE
59
IL BRUCO
LA LEPRE E
IL RANOCCHIO

illustrata da Scuola Materna Statale Via Cavallotti

60

C’era un tempo in cui... il
bruco faceva strani scherzi.
Un giorno il bruco entrò
nella tana di una lepre
mentre lei era in giro.
Ritornando verso casa, la lepre vide all’ingresso della tana delle
strane orme ed esclamò: “Chi c’è nella mia casa?”
Il bruco fece la voce bassa e rispose:
“Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle
caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un
elefante! Sono l’invincibile!” La lepre scappò via: non c’era nulla
da fare contro qualcuno capace di far poltiglia di un elefante!

61
62
Sulla sua strada incontrò lo sciacallo e gli chiese aiuto.
Lo sciacallo allora andò davanti alla tana della lepre e chiese:
“Chi c’è nella casa della mia amica lepre?”
E il bruco rispose:
“Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle
caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte
e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!”
La lepre e lo sciacallo scapparono via: non c’era nulla da fare
contro qualcuno capace di far poltiglia di un elefante!

63
La lepre allora andò a chiedere aiuto al leopardo. Il leopardo
arrivò davanti alla tana della lepre e chiese: “Chi c’è nella casa
della mia amica lepre?” Il bruco rispose nuovamente: “Sono un
guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie
in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un
elefante! Sono l’invincibile!” Anche il leopardo scappò.

64
Allora la lepre andò a chiedere aiuto al rinoceronte,
e quando questi arrivò davanti alla tana chiese:
“Chi c’è nella casa della mia amica lepre?”
Ma il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio
dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in
battaglia. Calpesto il rinoceronte
e faccio poltiglia di un elefante!
Sono l’invincibile!” Pure il rinoceronte scappò via.
Non aveva certo voglia di finire schiacciato!

65
Allora la lepre andò a chiedere aiuto all’elefante.
Quando l’elefante arrivò davanti alla tana chiese:
“Chi c’è nella casa della mia amica lepre?”
Il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che
perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e
faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!”
Anche l’elefante scappò via.
Non aveva proprio voglia di diventare poltiglia!

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67
La lepre era ormai disperata, quando passò di lì un ranocchio che
si offrì di aiutarla. Il ranocchio chiese:
“Chi c’è nella casa della mia amica lepre?”
E il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che
perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e
faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!”
Ma il ranocchio non scappò. Si fece più vicino e disse:
“Io sono l’invincibile! Sono il forte e il saltatore,
sono come una catapulta e sono l’orribile”
.
Allora il bruco si terrorizzò e uscendo disse:
“Sono soltanto il bruco! Sono soltanto il bruco!”
E tutti gli animali risero dello strano scherzo del bruco.

FINE
68
69
I PIPISTRELLI

illustrata da Scuola Materna Statale di Piazza Romagnosi

C’era un tempo in cui... gli animali che abitano la terra non
andavano d’accordo con gli uccelli. Ogni occasione era buona
per litigare e le giornate passavano a suon di dispetti. I pipistrelli,
però, in queste continue liti non sapevano da che parte stare.
Avevano, infatti, il pelo e i denti come gli animali della terra, ma
anche le ali come gli uccelli e con questi ultimi dividevano il cielo.
Alla fine decisero di stare con gli uccelli, ma questi dissero:
“Voi siete animali della terra, non uccelli!”
.
Ma i pipistrelli risposero: “Noi abbiamo le ali e voliamo nel cielo!”
e tanto fecero che convinsero gli uccelli a prenderli nel loro
schieramento.
70
71
72
La lite divenne presto guerra e
gli animali della terra presero
il sopravvento sugli uccelli del
cielo. Così i pipistrelli si riunirono
e decisero di abbandonare gli
uccelli e di chiedere protezione
agli animali della terra.
Si recarono allora dall’elefante,
ma il pachiderma rispose:
“Non siete animali della terra.
Andate via!”
.
I pipistrelli provarono a
convincerlo dicendo: “No, noi
siamo animali della terra come
voi, guarda il pelo e i denti...” ma
,
l’elefante spazientito soffiò con
la proboscide e li mise in fuga.
73
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Si recarono allora dal leone a
chiedere protezione, ma il re della
foresta rispose:
“Non siete animali della terra!
Andate via!”
I pipistrelli provarono a convincerlo
dicendo: “No, noi siamo animali
della terra come voi, guarda il pelo e
i denti...” ma il leone ruggì forte e i
,
pipistrelli scapparono via.
Da allora i pipistrelli, scacciati dagli
uccelli e dagli animali della terra,
preferiscono uscire di notte e passare
il giorno nascosti.
FINE
75
IL LEONE,
LA IENA E LA VOLPE
illustrata da Scuola Materna Statale Italo D’Eramo

C’era un tempo in cui leone, iena e volpe erano grandi amici e
cacciavano insieme. Una notte partirono come sempre per la
caccia e all’alba radunarono il bottino.
76
Si erano procurati una scimmia, una gazzella e una lepre. Il leone
si rivolse alla iena e disse:
“Avanti iena, dividi le parti della caccia!”
77
La iena fu contenta
di essere scelta per
la spartizione e
ridacchiando disse:
“Giusto, giusto, nessuno
è più capace di me nel
fare le parti. Faremo
così: io prendo la
gazzella, tu leone
prendi la scimmia e tu
volpe avrai la lepre”
.
Ma il leone s’arrabbiò
molto di tale divisione,
e la colpì così forte che
questa rimase a terra
tramortita.
78
Poi il leone fece un
ruggito, si schiarì la
voce e disse: “Avanti
volpe, dividi tu le parti
della caccia!”
La volpe ci pensò un
attimo e poi disse:
“Giusto, io sono ben
capace di fare le parti.
Faremo così: tu leone
farai colazione con
la scimmia e pranzo
con la gazzella. Se poi
avrai ancora appetito
gusterai la lepre, e se
ti venisse la noia la
lascerai a me”
.
79
Il leone fu molto soddisfatto della divisione e chiese alla volpe:
“Amica volpe, come hai fatto a diventare così saggia nelle tue
scelte?” La volpe rispose seria:
FINE
“Guarda come hai ridotto la iena”
.
80
due strane città
illustrata da Scuola Materna Statale Viale Modugno

C’era un tempo in cui… sulla
terra c’erano città dalle strane
usanze.
Una donna aveva due figlie:
una aveva sposato un uomo
che viveva in una città dove
era proibito dormire, l’altra un
uomo che viveva in una città

dove era proibito sputare.
Un giorno la donna decise di
andare in visita dalla figlia
che viveva nella città dove era
proibito dormire. Quando arrivò
le fecero una grande festa e
il genero fece preparare un
grande banchetto, quindi disse
contento:
“Questa è mia suocera , portate
da mangiare” Ma la figlia la
.
prese in disparte e disse:
“O madre mia, non mangiare
troppo, ricordati che in questa
città è proibito dormire”
.
81
La madre rispose: “Tranquilla, so da molto prima che tu nascessi
che qui è proibito dormire” e prese a mangiare tutto quello che
portarono. Quella notte, sebbene si fosse sdraiata, riuscì a restare
sveglia. La mattina dopo la figlia andò al pozzo a prendere
l’acqua e la madre si addormentò. Prima del ritorno della figlia
si presentò in casa una vicina. La vicina vedendo la donna
addormentata iniziò a gridare:
“Aiuto aiuto! La suocera venuta da altrove è morta!”
Arrivarono i suonatori di tamburo, arrivarono gli uomini per
scavare la fossa e le donne per i riti funebri, ma in quel momento
arrivò anche la figlia e gridò:
“Fermi, fermi! Non è morta!
E’ che da dove viene lei si è
abituati a dormire” quindi
,
scrollò la madre e disse:
“Svegliati, svegliati!”
E la donna si svegliò.
82
Un altro giorno la donna decise di andare in visita dalla figlia
che viveva nella città dove era proibito sputare. Quando arrivò
le fecero una grande festa e il genero fece preparare un grande
banchetto, quindi disse contento:
“Questa è mia suocera , portate da mangiare”
.
83
Ma la figlia la prese in disparte e disse:
“O madre mia, non mangiare troppo, ricordati che in questa città
è proibito sputare”
.
La madre rispose:
“Tranquilla, so da molto prima che tu nascessi che qui è proibito
sputare” e prese a mangiare tutto quello che portarono.
Quella notte alla madre venne voglia di sputare, resistette un po’,
poi cercò un posto dove nessuno avrebbe potuto vederla. Quando
finalmente lo trovò, sputò.
Ma la terra, che non era abituata agli sputi, iniziò a lamentarsi
ululando nella notte: uiùi uiùi uiùi, non ci sono abituata,
uiùi uiùi uiùi, non ci sono
abituata!
Tutta la gente arrivò sul
posto e disse: “Chi ha
sputato qui?” ma la donna
,
era già lontana.
84
Un vecchio suggerì allora: “C’è un solo modo per saperlo, portate
le zucche magiche, ci cammineremo tutti sopra e le zucche ci
diranno chi ha sputato” Portarono le zucche, ci camminarono tutti
.
sopra ma nessuno fu preso.
Allora qualcuno disse: “C’è anche quella suocera venuta da
altrove, facciamo camminare anche lei sulle zucche”
.
E quando la suocera camminò sulle zucche subito queste la
afferrarono, tutta la gente gridò: “Lei ha sputato!”
E le zucche cantarono: le cose che afferrano e stringono, la
suocera le ha avute, la suocera. La donna non poteva sedersi,
sdraiarsi o fare i lavori perché aveva le zucche attaccate al corpo.
Stava saltellando disperata, con le zucche che continuavano a
cantare le cose che afferrano e stringono, la suocera le ha avute,
la suocera, quando incontrò quel ficcanaso strampalato del
ragno che disse: “O suocera, beata te! Come sei fortunata, come
sei fortunata ad avere due zucche come queste, due zucche che
cantano un canto così bello. Magari potessi averle io!”
85
Così la donna disse: “Beh, guarda che è facile, basta che sputi per
terra e dici di non essere stato tu” Il ragno sputò per terra e disse:
.
“Non sono stato io a sputare, non sono stato io. Se sono stato
io, zucche magiche prendetemi” Le zucche magiche lasciarono
.
la donna e presero il ragno, poi iniziarono a cantare: le cose che
afferrano e stringono, il ragno le ha avute, il ragno.
FINE

86
GLI SCOLARI E L’AGO

illustrata da Scuola Materna Statale Via Opisso “L’albero Azzurro”

C’era un tempo in cui… sull’altipiano una maestra faceva lezione
di calligrafia a un vivace gruppo di bambini.
La maestra era molto brava e molto amata.
87
88
Un giorno finita la lezione, mentre i bambini si
preparavano a tornare a casa, la maestra disse:
“Domani avremo bisogno di un ago. Potete
portarne uno?”
I bambini risposero in coro:
“Sì!” salutarono e andarono via felici, ma…
,
appena giunti sulla strada di terra battuta
fuori dalla scuola iniziarono a litigare:
“Lo porto io!” disse uno, subito seguito da un
secondo: “No, lo porto io” e un terzo:
,
“No, no, io!” e un altro: “Guardate che l’ho
,
detto prima io e lo porto io!” e ancora tutti a
,
schiamazzare: “ Io, ho detto io!”“No, io!”“Tocca
,
,
a me!”“Lo devo fare io!”
,
.

89
90
Litiga che ti litiga stavano
quasi per arrivare ai cazzotti
quando uno gridò forte:
“Mi è venuta un’idea! Venite
qui che ve la racconto…”
Bisbigliarono per un po’ e
trovarono la soluzione.
Il giorno dopo la maestra
vide la scolaresca arrivare:
portavano tutti insieme, a
spalla, un lungo bastone.
Sul bastone era piantato
l’ago.

FINE
91
IL PASTORE E IL SAGGIO
illustrata da Scuola Materna Statale Varenna “Le Pratoline”

C’era un tempo in cui… gli
uomini saggi si mettevano in
cammino per il mondo.
Ma c’era, e c’è ancora, un
tempo in cui gli uomini saggi
non sempre fanno i saggi.

92

E quando gli uomini saggi non
fanno i saggi finiscono con il
burlarsi degli sciocchi.
Un giorno lungo il suo
peregrinare per il mondo un
saggio incontrò un pastore.
Il pastore era lì con il proprio
gregge di pecore, bianche e
nere, e capre, bianche, nere e
marroni, quando il saggio si
avvicinò. Il saggio lo salutò e il
pastore disse:

“Vedo che sei un uomo saggio,
voglio farti una domanda.
Se mi risponderai ti regalerò
una pecora, ma se non saprai
rispondere ti picchierò con il
mio bastone”
.

93
“Bene, parla”
,
acconsentì il saggio.
“Hai presente
quando la luna
sparisce del tutto,
poi riappare
sottile sottile e
a poco a poco
diventa di nuovo
grande, rotonda e
luminosa? Bene,
quando sparisce, sai
dove va a cacciarsi?”
,
chiese curioso il
pastore.
94
“Ma certo! E tu non lo sai?”
,
disse sicuro di sé il saggio,
poi continuò
“Sei proprio ignorante.
La luna, quando invecchia,

va dalle stelle, le inghiotte,
mangia a sazietà e poi ritorna
grande, rotonda, luminosa e
giovane.
95
E ora sei contento pastore?”
Il pastore fu colpito dalla risposta e regalò
al savio la più bella delle sue pecore.

FINE

96
La giraffa vanitosa
illustrata da Scuola Materna Statale Il Pratone

C’era un tempo in cui... la giraffa pensava di essere il migliore
degli animali solo perché si considerava la più bella. In effetti era
proprio bella, alta e agile, anche gli altri animali la pensavamo
così. Ma la giraffa a suon di pensarsi più bella degli altri divenne
superba, vanitosa e anche un po’ antipatica.

97
La giraffa non aveva più rispetto per nessuno, diceva
sempre: “Intanto io sono più bella, intanto sono più
bella, e voi siete brutti, bruttini e certi pure bruttoni”
.
Gli altri animali della savana erano stufi e così iniziarono
a prenderla in giro per quel suo considerarsi meglio
degli altri. La giraffa, tanto era presa dalla sua bellezza,
che non li stava a sentire, non capiva neanche quando
scherzavano.
98
Un giorno la scimmia decise di farle uno scherzo e darle una
lezione. Così la scimmia iniziò a fare tanti complimenti alla giraffa:
“Come sei bella! Come sei alta! Sei certo la più bella, la più alta:
con la tua testa puoi arrivare dove nessuno altro animale può
arrivare...“. E così dicendo, la scimmia e la giraffa andarono sotto
una palma altissima.
99
Quando furono lì, la scimmia chiese alla giraffa di prendere i
datteri che stavano in alto, quelli più dolci e buoni. Il collo della
giraffa era lunghissimo, ma per quanto si sforzasse di allungarlo
ancor di più, non riusciva a raggiungere i datteri.
100
Allora la scimmia saltò
sulla schiena della giraffa
con un balzo, poi salì lungo
il collo e infine salì ancora,
in cima alla testa della
giraffa, e riuscì a prendere i
datteri più buoni e dolci.
101
La scimmia, una volta tornata a terra, le offrì i datteri e disse:
“Vedi, cara amica giraffa, sei la più alta, la più bella, però non puoi
vivere senza gli altri, non puoi fare a meno degli amici”
.
La giraffa sorrise, da quel giorno cominciò a essere meno vanitosa,
a collaborare con gli altri animali e a rispettarli.
FINE

102
LA MEMORIA DELLO SCEICCO
illustrata da Scuola Materna Statale G.B. Perasso - succ. via Scribanti

C’era un tempo in cui… viveva uno sceicco amato e saggio, famoso
per la sua attenzione a tutte le cose e per la memoria che di queste
conservava. Quello sceicco amministrò con giustizia, saggezza e
carità,insegnò a leggere
e scrivere agli uomini e
alle donne.
La sua fama si diffuse
ben oltre i confini del
regno e molti erano
quelli che si recavano
in visita da lui.

103
104
Un giorno giunse da oriente un uomo
che voleva accertarsi di persona sulle
capacità dello sceicco. L’uomo giunto
da oriente voleva capire se erano vere
le voci sulla saggezza e sulla memoria
dello sceicco, doti di cui si parlava fin
nelle sue terre.
L’uomo giunto da oriente, prima di
entrare nella capitale del regno,si gettò
su testa e spalle il mantello, come sono
soliti fare i pellegrini di ritorno dalla
Mecca.
Nella capitale l’uomo si fermò qualche
giorno, gironzolò per le vie della città,
seguì da lontano le passeggiate e le
udienze dello sceicco.
105
Al terzo giorno si
fece largo tra la folla
raccolta intorno allo
sceicco e quando
finalmente gli fu
vicino chiese:
“Mio sceicco, vorrei
ricevere da te una
risposta”
“Ci illumini Allah, gloria a lui l’altissimo, e vedrò di rispondere
dimmi…”
“Mio sceicco, nel vostro paese che cosa mettono nella zuppa?”
“Foglie di baobab, sale, pepe e spezie”
.
L’uomo giunto da oriente se ne andò senza dire nulla, tornò al suo
paese e dopo due anni fece nuovamente ritorno nella capitale del
regno dello sceicco, dove ormai nessuno più ricordava di un uomo
venuto da oriente.
106
Nella capitale l’uomo si fermò
qualche giorno, gironzolò per le
vie della città, seguì da lontano
le passeggiate e le udienze
dello sceicco. Questa volta
però l’uomo giunto da oriente
vestiva il costume tradizionale
degli Haussa del Niger ed era
difficile riconoscerlo.
Al terzo giorno si fece largo

tra la folla raccolta intorno allo
sceicco e quando finalmente
gli fu vicino chiese: “E niente
altro?” Lo sceicco che ricordava
la prima domanda rispose:
“Chi è ricco ci mette anche la
carne”L’uomo giunto da oriente
.
si pentì di avere dubitato della
memoria dello sceicco e tornò
al suo paese.
FINE

107
L’UCCELLINO DEI FIORI,
RE DI TUTTI GLI ANIMALI
illustrata da Scuola Materna Comunale S. Luigi

C’era un tempo in cui... gli animali si riunirono per eleggere un re
che potesse sostituire il leone. Gli animali più forti si fecero avanti
per primi.

108
L´elefante fece vedere la sua forza nello sradicare gli alberi da terra,
il leopardo si vantò della sua velocità e della sua forza nella lotta,
il rinoceronte disse che era il più robusto di tutti e mostrò il suo
terribile corno.
Ma nessuno dei tre riuscì a
convincere gli altri animali.
Così l´aquila propose di
nominare re l´animale
capace di volare più in alto
di tutti e disse che lei era
quella di certo che sapeva
volare più in alto.
E in effetti: gli altri animali,
pensando che nessuno
potesse volare più in alto
di lei, la acclamarono
come nuovo re.
109
Ma mentre la folla
di animali stava per
festeggiare il nuovo re,
l’uccellino nettarino - una
bestiola piccina che si ciba
solo del polline dei fiori
- si alzò in volo e disse
all´aquila: “Dimostrami
che sai volare più in alto
di tutti, me compreso, e
anch´io ti riconoscerò
	
come re” L´aquila
.
accettò la sfida
ridacchiando, anche gli altri
animali che ridevano: il
piccolo uccellino nettarino
contro la grande aquila.
110
I due uccelli partirono dallo stesso albero, ma l’uccellino nettarino
si sistemò su un ramo posto proprio sopra la testa dell´aquila.
Quando la scimmia diede il segnale di partenza, l’uccellino
nettarino saltò sulla schiena dell´aquila che non se ne accorse
neppure, tanto era piccolo l’uccellino nettarino. L´aquila volò in
su, sempre più in su, sempre più in alto verso il sole.

111
L’aquila guardò sotto e non vide l’uccellino
nettarino, ormai era sicura di avere vinto. Per
dimostrare tutta la sua potenza, l´aquila andò
ancora più su, quasi fino al sole. Ma a un certo
punto sentì un grande caldo e per paura di
bruciarsi le penne cominciò a scendere. L’uccellino
nettarino, che fino a quel momento era rimasto
nascosto aggrappato alla schiena dell’aquila, ne
approfittò per lanciarsi nell´aria e salire un pochino
più in alto. L´aquila incredula vide l’uccellino
nettarino sopra di sé e tentò di raggiungerlo, ma
ormai era stanca per lo sforzo fatto fino a quel
punto. L’uccellino nettarino invece, tutto riposato,
salì ancora un pochino. All’aquila mancarono le
forze e tornò a terra, accolta dalle risate degli altri
animali, che l´avevano vista perdere la sfida.
Fu così che l’uccellino nettarino
FINE
divenne il nuovo re degli animali.
112
113
114
IL LEONE E LA LEPRE
illustrata da Scuola Materna Comunale Tollot Orientale

C’era un tempo in cui... la lepre voleva
vendicarsi del leone per tutte le
cattiverie che il felino aveva fatto. Un
giorno la lepre incontrò il leone e visto
che il felino aveva la pancia piena perché
si era appena mangiato una gazzella, si
offrì di togliergli le pulci dalla pelliccia.
Il leone ne fu felice e promise alla lepre
che non le avrebbe fatto del male. La
lepre convinse però il leone a fare una
bella dormita durante il lavoro di pulizia,
così tutt’e due sarebbero stati più
tranquilli.
115
116
Appena il leone si fu
addormentato, la lepre si mise
al lavoro. Ignorò le pulci che
saltellavano sulla pelliccia del
leone e cominciò a scavare una
buca sotto la coda del felino.
Quando la buca fu abbastanza
profonda, la lepre ci infilò dentro
la coda del leone. Poi riempì di
nuovo la buca di terra, quindi
la spianò ben bene. Infine ci
mise tre grosse pietre sopra, in
modo che il leone non potesse
liberarsi. Compiuta l´opera,
lanciò un fischio molto forte.
117
118
Il leone si svegliò di improvviso,
un po´ confuso. Siccome ormai
aveva digerito la gazzella,
decise di mangiarsi anche la
lepre, nonostante la promessa
fatta. La lepre, che aveva capito
l´intenzione del leone, non
si mosse. Il leone fece per
lanciarsi sulla lepre, ma la coda
imprigionata nella buca
lo trattenne.
Per quanti sforzi facesse il leone
non riuscì ad alzarsi e capì che
senza aiuto non ce l´avrebbe
mai fatta.
119
Allora si mise a supplicare la lepre di liberarlo, promettendo in
cambio di proteggere per sempre lei e la sua famiglia.“So bene
che sei un imbroglione - rispose la lepre - Se ti liberassi
mi uccideresti subito.
Resta pure lì, così impari a fare tante cattiverie” 
.
FINE
120
L’ALBATROS E
IL CAMALEONTE

illustrata da Scuola Servizi Educativi per l’Infanzia
“Girotondo” dell’Ente Morale Santa Maria Bambina

C’era un tempo in cui...
un camaleonte incontrò
un albatros.
Il camaleonte non aveva mai
visto un uccello così grande,
dallo spavento cambiò
colore e tentò di scappare.

121
122
“Non devi avere paura”
,
disse l´albatros,
“non voglio farti alcun male.
Io sono l´albatros, il più
antico animale del mondo,
e volo per notti e giorni
senza mai fermarmi.
Per questo ora voglio
riposare un poco”
.

123
Allora camaleonte, tranquillizzato, chiese curioso:
“Ma come il più antico? Credevo di essere io,
vivo sulla terra da quando era ancora
tutta inondata dalle acque.
Per non affogare ho imparato ad arrampicarmi
sulle cime più alte degli alberi. Per questa ragione
oggi ho le zampe e la coda prensili”
.
124
“Amico camaleonte” disse l´albatros, “ora ti racconterò la mia
,
storia, così saprai che l´animale più antico del mondo sono io.
Vivo sulla terra da quando era ancora un unico mare di fiamme.
Insieme ai miei vecchi abbiamo volato per lunghi anni,
senza mai trovare un posticino per riposare.
Ecco perché ancora oggi posso compiere tragitti così lunghi.
125
Quando i miei vecchi erano troppo vecchi per volare, non me la
sono sentita di lasciarli precipitare tra le fiamme. E quindi li ho
raccolti nel mio becco, e per moltissimi anni ho continuato il mio
volo. Per questo ora ho il becco ricurvo:
il peso dei miei vecchi lo ha deformato”
.

126
Il camaleonte ascoltò, poi, dopo averlo guardato a lungo, disse:
“Amico albatros mi inchino a te con rispetto e riverenza, ora so
che il più antico animale di questo mondo sei tu:
l’albatros che vola su tutti i mari”
.
FINE
127
I DUE FURBI
illustrata da Scuola Materna Statale
Via Cialli “Nemo”

128

C’era un tempo in cui... chi
voleva passare per furbo
finiva col rischiare di passare
per sciocco.
Un giorno un mercante, conosciuto da tutti per essere molto
furbo, prese un cesto e lo riempì di carta, ci mise del sale sopra, e
lo dispose talmente bene da far sembrare che il suo cesto fosse
pieno di sale.
La stessa idea venne a un altro mercante, che però al posto del
sale sistemò dei tessuti colorati.
129
I due uomini lasciarono i rispettivi villaggi e andarono a vendere
i loro prodotti al mercato. Quando si incontrarono il primo uomo
rimase colpito dai tutti quei tessuti e disse: “Nel mio villaggio le
donne non trovano tessuti così belli per cucirsi i vestiti”
.
130
E l´altro di rimando: “Nel mio villaggio nessuno ha un sale come
il tuo, si mangia sempre insipido”
.
Entrambi convinti di fare un ottimo affare, e di truffare l´altro,
decisero di scambiarsi i loro cesti.
131
Quando tornarono ognuno al proprio villaggio, e aprirono i cesti,
scoprirono di essersi ingannati a vicenda e le urla di disperazioni
si sentirono da molto lontano. 
FINE
132
C’era un tempo in cui... il sole e la luna che
IL SOLE,
LA LUNA E erano marito e moglie avevano una grande
L’ACQUA
amica: l’acqua. Vivevano tutti insieme sulla
illustrata da Scuola Materna
Statale Fabrizi

terra, erano buoni vicini di casa. Il sole
andava a trovare tutti i giorni l’acqua, ma
l’acqua non contraccambiava mai la visita.

133
134
Così un giorno il sole domandò all’acqua
come mai non andava mai a trovarlo a casa.
L’acqua disse che la casa del sole e della luna
non era grande abbastanza, se lei ci fosse
andata con i suoi famigliari, il sole e la luna
non avrebbero più avuto spazio.
Poi l’acqua disse:
“Se vuoi che venga a trovarti devi costruire
una casa molto grande, ma guarda che
dovrà essere proprio una casa grandissima,
anzi enorme, anzi sconfinata, perché la mia
famiglia è molto numerosa e occupa molto
spazio” Il sole promise di costruire una casa
.
molto grande, poi tornò a casa dalla moglie,
la luna.
Il sole disse alla luna ciò che aveva promesso
all’acqua, la luna fu contenta.
135
Quindi incominciarono a costruirsi una casa grandissima, anzi
enorme, anzi sconfinata, per ospitare l’amica acqua e i suoi
parenti. Quando la casa fu pronta il sole andò dall’acqua e le disse
di fargli visita il giorno seguente.
136
Il giorno dopo quando l’acqua arrivò alla porta chiamò il sole e gli
chiese se poteva entrare.
Il sole rispose:
- Sì, entra pure acqua, amica mia.
137
138
Allora l’acqua cominciò a entrare, accompagnata dai
pesci e da tutti gli animali dell’acqua. Poco dopo l’acqua,
ormai arrivata al ginocchio del sole, chiese se poteva
ancora entrare.
E il sole rispose: “Sì, entra pure acqua, amica mia”
.
L’acqua continuò a entrare. Quando ormai era alta come
un uomo, chiese al sole: “Vuoi che io e la mia gente
continuiamo a entrare?”
Il sole guardò la luna e insieme risposero: “Sì, entra
pure acqua, amica nostra” E l’acqua continuò a entrare,
.
seguitò ad affluire fino a quando il sole e la luna
dovettero mettersi sul tetto. Quindi l’acqua fece di
nuovo la stessa domanda e ottenne la stessa risposta.
L’acqua continuò a entrare, in breve sommerse anche il
tetto e il sole e la luna furono obbligati a salire in cielo.
E da allora lì, dove li possiamo vedere, sono restati.

FINE
139
Il pidocchio
e la pulce
illustrata da Scuola Assumption High School
Msolwa Ujamaa, Sud Tanzania, Africa

C’era una volta un pidocchio
che sposò una pulce.
Il pidocchio e la pulce un
giorno decisero di fare la
polenta. La pulce iniziò a girare il bastone di legno per fare
la polenta. Gira, gira, gira... poi la pulce si stancò e chiese al
pidocchio di girar il bastone per fare la polenta. Il pidocchio allora
girò girò e girò il bastone per fare la polenta ma era talmente
piccolo e la pentola talmente grande che finì per caderci dentro.
140
NI CHAWA
NA KIROBOTO

Hapo zamani zakale chawa
ali muoa kiroboto siku
moja chawa ali mwambia
kiroboto ampikie ugali.
Kiroboto alianza kupika katika jiko la kuni. Baada ya hapo
kiroboto alichoka, aka mwambia chawa amsaidie.
Chawa aka anza kumsaidia mkewe kiroboto kupika ugali.
Kwakua chawa alikua mfupi alitumbukia ndani ya sufuria ya
ugali. Akafa.
141
142
E così il pidocchio morì e la pulce,
diventata vedova, iniziò a piangere.
La sedia vedendo piangere la pulce
chiese il perché di quel pianto.
La pulce rispose: “Se sapessi, il
pidocchio è morto e io piango!”
Allora la sedia disse: “E io salto!” e
si mise a saltare. Il tavolo vedendo
saltare la sedia chiese “Perché salti?”
.
E la sedia rispose: “Se sapessi, il
pidocchio è morto, la pulce piange e
io salto!” Allora il tavolo disse: “E io
ballo!” e si mise a ballare. La porta
vedendo ballare il tavolo chiese
“Perché balli?” E il tavolo rispose: “Se
sapessi, il pidocchio è morto, la pulce
piange, la sedia salta e io ballo!”

Kiroboto analia.
Kiti kina muuliza
kiroboto “Kwanini
unalia?”
Kiroboto anajibu
“Chawa ame kuja”
Kiti akaseme kama ni
hivyo mimi nitaruka.
Meza akamuona kiti
anarukaruka, aka
muuliza kiti kwanini
unarukaruka.
Kiti akasema “Naruka
kwasababu nime
ona kiroboto analia
sababu, chawa
amekufa”
143
Allora la porta disse: “E io
sbatto!” e si mise a sbattere.
Davanti a casa c’era una
carriola che vedendo sbattere
la porta chiese “Perché
sbatti?” E la porta rispose:
“Se sapessi, il pidocchio è
morto, la pulce piange, la
sedia salta, il tavolo balla e
io sbatto!” Allora la carriola
disse: “E io corro senza che
nessuno mi spinga!” e si mise
a correre da sola. Un uccellino
che volava lì in giro chiese al
carro il perché corresse senza
nessuno che la spingesse.
La carriola rispose: “Se
sapessi, il pidocchio è morto,
144
Meza akasema “Nime ona kiti
anaruka, kiroboto analia, chawa
amekufa”
.
Mlango akasema “Kama ni hivyo
mimi na jifunga kwa nguvu bamiza”
.
Mbele ya nyumba kulikua na torori
akasema.
Torori akasema “Kwanini una
jibamiza hivyo”
.
Mlango ukasema “Nimeona meza
ina cheza, kiti ana ruka ruka,
kiroboto analia, chawa ame kufa”
.
Torori akasema “Kama ni hivyo
mimi nitakimbia bila mtu kuni
beba”
.
Ndege akauliza “ Kwanini una
kimbia mwenye we bila mtu kuku
sukuma?”
145
la pulce piange, la sedia salta,
il tavolo balla, la porta sbatte
e io corro senza che nessuno
mi spinga!” Allora l’uccellino
disse: “E io volo senza piume!”
e si mise a volare senza
piume. L’uccellino che volava
senza piume si fermò a bere
a un rubinetto. Il rubinetto
domandò all’uccellino il perché
di quel volo senza piume.
L’uccellino che volava senza
piume rispose: “Se sapessi, il
pidocchio è morto, la pulce
piange, la sedia salta, il tavolo
balla, la porta sbatte, la carriola
corre senza che nessuno la
spinga e io volo senza piume!”
146
Torori akasema “Nime ona
mlango unajifunga, meza in
cheza, kiti kina ruka, kiroboto
analia, chawa amekufa”
.
Ndege akasema “Kama ni
hivyo nita ruka juu/angani
bila manyoya,
Akaanza kunika na kusimama
juu ya bomba la maji”
.
Bomba akauliza “Kwanini una
ruka angani bila manyoya?”
Ndege akasema “Nime ona
torori anakimbia peke yake
bila mtu yeyote kumbe ba,
mlango ume jifunga, meza
ina chera, kiti kinaruka,
kiroboto analia, chawa
amekufa”
.
147
Allora il rubinetto: “E io mi secco!” e si seccò. Una bambina arrivò
al rubinetto e vedendolo senza neppure una goccia d’acqua
gliene domandò il perché.
E il rubinetto rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce
piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte, la carriola
corre senza nessuno che la spinga, l’uccellino vola senza piume
e io mi sono asciugato!” Allora la bambina disse: “E allora io mi
metto il secchio per cappello!” e così fece. Quando la bambina
tornò a casa la mamma le chiese: “Perché hai messo il secchio per
cappello?” E la bambina rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto,
la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte, la
carriola corre senza nessuno che la spinga, l’uccellino vola senza
piume, il rubinetto si è asciugato e io mi sono messa il secchio per
cappello!” Allora la mamma disse: “E io ti pesto come il sale nel
mortaio!”
La mamma l’ha inseguita e forse la insegue ancora ora…
Favola in qua, favola in là la mia favola è bella che anda.
148
Bomba akasema “Kama ni hivyo mimi nita kauka ma la moja”
.
Msichana akauliza “Kula nini hakuna maji?”
Bomba aka jibu “Wewe hujui kua ndege anaruka bila mabawa,
torori anakimbi bila kubebwana mtu, mlango unajifunga, meza
ina chera, kiti kinaruka ruka, kiroboto analia, chawa amekufa”
.
Msichana akasema “Kama ni hivyo nitavaa ndoo kawa kofia”
.
Mama akasema “Kwa nini umevaa ndoo kichwani kawa kofia?”
Msichana akajibu “Hakuna maji, ndege anaruka bila mabawa,
torori linakimbia bila kusuku mwa, mlango umejifunga, meza
inachera, kiti kinaruka ruka, kiroboto analia, chawa amekufa”
.
Mama akasema “ Nita kutwanga/kusaga kama chumvi katika
kinu”
.
Msichana ana kimbia.
Mama ana nikimbiza mwanae mpka ampate.

FINE
149
150
151
BIBLIOGRAFIA
a cura di Stefania Usai della libreria “L’albero delle lettere” Genova

u	Il leone Kandinga, di Boniface Ofogo, ill. di Elisa Arguilè, Ed. Kalandraka
u	Ada Maty - una storia cantata a più voci + cd, di Angela Cattelan, Ed. Artebambini
u	L’Africa piccolo Chaka, di Selleir Marie e Lesage Marion, Ed. L’ippocampo
u	Tatiana struzza africana, di Chaundler Rachel e Carvalho Bernardo, Ed. Logos
u	L’africa di Zigomar, di Philippe Corentin, Ed. Babalibri
u	Fior di giuggiola, di Wilsdorf Anne, Ed. Babalibri
u	All’ombra del baobab, L’Africa nera in 30 filastrocche con CD audio, di Grosléziat Chanatal, Ed. Mondatori
u	Le mie fiabe africane, di Nelson Mandela, Ed. Donzelli
u	L’albero e la strega, di Gek Tessaro, Ed. Artebambini
u	Gira e rigira nella savana, di Perrin Martine, Ed. Nord-Sud
u	Tam tam di colori, di Caroline Desnoëttes e Isabelle Hartmann, Ed. L’ippocampo
u	La storia di Yakouba - volume 1: Yakouba di Thierry Dedieu, Ed. L’ippocampo
u	La storia di Yakouba - volume 2: Kibwe di Thierry Dedieu, Ed. L’ippocampo
u	Festa nella giungla, di Wildsmith Brian, Ed. Il Castoro
u	Kirikù e la strega Karabà, di Michel ocelot, Ed. Ape junior
u	Il giorno in cui il leone regalò una coda agli animali - favole dell’Africa nera,

	

Testi di Anselmo Roveda, ill. Allegra Agliardi, Ed. Terre di Mezzo

u	La bella sposa grassa, di Anselmo Roveda, ill. Chiara Dattola,

	

Ed. Terre di Mezzo

u	Il sofà di Bamako, di Anselmo Roveda e Stefania Vincenti,

	

Ed. Coccole e caccole

u	Cioccolata, di Marisa nunez e Helga Bansch, Ed. Logos

152
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Storie di lepri e leoni

  • 1. 2011 advconsulting.net Associazione Dipingiamo il loro futuro - Associazione Culturale senza fini di lucro Corso Torino 1/19 - 16129 Genova - Tel. 010 869 29 95 - info@dipingiamoillorofuturo.com www.dipingiamoillorofuturo.com Favole e fiabe africane per ‘Dipingiamo il loro futuro’ € 10,00 ISBN XXXXXXXXXXXXXX Dipingiamo il loro futuro! COMUNE DI GENOVA Storie di LEPRI E LEONI C.F. 95134540103 - Conto Corrente Ubi Banco San Giorgio Ag. 2 Bolzaneto - IBAN IT60A0552601403000000011858 con il patrocinio di Storie di lepri e leoni Grazie. Con l’acquisto di questo libro, hai contribuito anche tu a sostenere il progetto Dipingiamo il loro futuro 2011 a favore di Find The Cure, Comitato no profit in aiuto alle aree a risorse limitate e a basso livello di sviluppo. Il ricavato delle vendite del libro sarà devoluto al sostegno e allo sviluppo della Assumption High School di Msolwa Ujamaa, in Tanzania. Per sostenere il progetto: Associazione Dipingiamo il loro futuro C/C n.11858 Ubi Banco San Giorgio ag. 2 Genova Bolzaneto IBAN IT60A0552601403000000011858 3 a ed izio ne
  • 2. 2011 advconsulting.net Associazione Dipingiamo il loro futuro - Associazione Culturale senza fini di lucro Corso Torino 1/19 - 16129 Genova - Tel. 010 869 29 95 - info@dipingiamoillorofuturo.com www.dipingiamoillorofuturo.com Favole e fiabe africane per ‘Dipingiamo il loro futuro’ € 10,00 ISBN XXXXXXXXXXXXXX Dipingiamo il loro futuro! COMUNE DI GENOVA Storie di LEPRI E LEONI C.F. 95134540103 - Conto Corrente Ubi Banco San Giorgio Ag. 2 Bolzaneto - IBAN IT60A0552601403000000011858 con il patrocinio di Storie di lepri e leoni Grazie. Con l’acquisto di questo libro, hai contribuito anche tu a sostenere il progetto Dipingiamo il loro futuro 2011 a favore di Find The Cure, Comitato no profit in aiuto alle aree a risorse limitate e a basso livello di sviluppo. Il ricavato delle vendite del libro sarà devoluto al sostegno e allo sviluppo della Assumption High School di Msolwa Ujamaa, in Tanzania. Per sostenere il progetto: Associazione Dipingiamo il loro futuro C/C n.11858 Ubi Banco San Giorgio ag. 2 Genova Bolzaneto IBAN IT60A0552601403000000011858 3 a ed izio ne
  • 3. Indice pag 2 Dare colore alle storie d’Africa Una nota introduttiva di Anselmo Roveda pag 4 DIPINGIAMO IL LORO FUTURO! Un progetto di responsabilità sociale pag 6 FIND THE CURE Dedicato a tutti quelli che credono che la fantasia sia un diritto pag 8 pag 13 pag 18 pag 30 pag 37 pag 46 pag 54 pag 60 pag 70 pag 76 pag 81 pag 87 pag 92 pag 97 pag 103 pag 108 pag 115 pag 121 pag 128 pag 133 pag 140 La coda degli animali - Garibaldi S. Teodoro Il camaleonte - Fabbriche La mucca e il cane - Acquasanta L’astore e la tartaruga - Il Delfino La lepre e la iena - Villa Banfi Quando la scimmia faceva il giudice - Papa Giovanni XXIII Il ragno, la lepre e saggezza - Il Piccolo Principe Il bruco, la lepre e il ranocchio - Cavallotti I pipistrelli - Romagnosi Il leone, la iena e la volpe - D’Eramo Due strane città - Modugno Gli scolari e l’ago - L’Albero Azzurro Il pastore e il saggio - Le Pratoline La giraffa vanitosa - Il Pratone La memoria dello sceicco - Perasso/Scribanti L’uccellino dei fiori, re di tutti gli animali - S. Luigi Il leone e la lepre - Tollot Orientale L’albatros e il camaleonte - Girotondo I due furbi - Nemo Il sole, la luna e l’acqua - Fabrizi Il pidocchio e la pulce - Assumption High School, Msolwa Ujamaa Una fiaba ligure per la Tanzania pag 152 L’Africa raccontata ai bambini Una bibliografia a cura di Stefania Usai
  • 4. Dare colore alle storie d’Africa Una nota introduttiva di Anselmo Roveda In queste pagine incontrerete camaleonti, leoni, giraffe, iene e tanti altri animali rincorrersi tra le illustrazioni vivaci e colorate realizzate da venti scuole dell’infanzia e primarie genovesi. Oltre millecinquecento bambini coinvolti in una catena magica di narrazioni. Un percorso divertente e virtuoso: ascoltare, immaginare, creare, disegnare e al contempo compiere un’azione capace di offrire opportunità ad altri realizzando un progetto di cooperazione in Africa. E sì, perché i giovanissimi artisti delle scuole genovesi, accompagnati con sapienza affettuosa dalle insegnanti, sono stati in un percorso - ricevendo in dono una favola e regalando a loro volta un’illustrazione - che ha per finalità quella di sostenere un progetto di cooperazione internazionale. Le favole, non solo quelle africane, arrivano da lontano e portano lontano. Il lavoro delle scuole genovesi per la terza edizione di “Dipingiamo il loro futuro!” contribuirà, infatti, a sostenere lo sviluppo della scuola di Msolwa Ujamaa, nella parte sud della Tanzania. Una scuola costruita dall’associazione Find The Cure e che può ospitare fino a 200 alunni, di cui circa una trentina sotto i 6 anni. E anche i bambini di Msolwa Ujamaa parteciperanno attivamente al progetto illustrando, in questo ideale scambio di narrazioni e doni, una fiaba della tradizione ligure. I bambini delle scuole genovesi sono stati chiamati a dare colore alle favole dopo averne incontrato la magia e la meraviglia evocativa. Favole soprattutto di animali, ma anche qualche fiaba di magia. L’esito delle rappresentazioni grafiche e pittoriche, lo vedrete sfogliando, è sorprendente: mai banale, sempre intenso. L’arte infantile si esprime a pieno nelle tecniche proposte, nelle soluzioni trovate, nella trama intrecciata di parole e segni, scantonando il rischio di un disegno solo ornamentale o didascalico, riuscendo anzi a farsi pienamente linguaggio. A farsi, insomma, narrazione autonoma: oltre, eppure dentro, al testo. Le fiabe sono leggibili a più livelli. Fiabe e favole, in Africa e in ogni alta parte del mondo, non sono storie (ancor prima che testi) destinate ad un pubblico esclusivamente infantile. Anzi. Un tempo erano la narrazione di tutta la comunità: assolvevano ad una funzione di inculturazione e acculturazione, offrivano modelli e stili di condotta, suggerivano le idee sul mondo pratico e morale attese e condivise dalla comunità di riferimento. Le fiabe della tradizione hanno dimensione universale ma traggono origine in un mondo arcaico e difficile: normale quindi trovare rappresentata una realtà distante dal nostro vissuto; normale quindi incontrare storie nelle quali si sgrossa bene da male in modo spiccio, si punisce il malvagio in maniera cruenta, si favorisce l’astuto a discapito del giusto. In considerazione dell’età dei bambini e di legittime preoccupazioni pedagogiche delle insegnanti, ho qui scelto fiabe capaci di essere evocative della tradizione narrativa africana e al contempo di essere pienamente comprensibili e godibili. E’ stato un piacere, a maggior ragione vista la finalità benefica dell’iniziativa, tornare alle favole africane. Alcune sono per me una scoperta. Altre, molte di quelle qui presentate, sono invece un’ulteriore riscrittura di storie comprese in due miei volumi: “Il giorno in cui il leone regalò una coda agli animali. Favole dell’Africa nera” (Terre di mezzo, Milano 2005) e “La bella sposa grassa e altre fiabe africane” (Terre di mezzo, Milano, 2006). 2
  • 5. In questo libro incontrerete favole e fiabe dell’Africa nera, la porzione subsahariana del continente; sono storie con una spiccata specificità nonostante le favole siano sempre dotate di universalità e riescano a parlare al cuore e all’immaginazione di tutti, a tutte le latitudini. Il rapporto tra l’Italia e l’Africa è antico, fatto di cose belle e brutte, di pregiudizi e di fascinazioni, ma soprattutto è un rapporto in continua via di definizione. Nel 1955, quando usciva “Fiabe africane” (Einaudi) di Paul Radin, la prima raccolta organica presentata al lettore italiano, il continente nero ci era ampiamente sconosciuto. Una minoranza di italiani sapeva qualcosa dell’Africa; e Italo Calvino, nell’introdurre il libro di Radin, spalancava una nuova finestra sul continente. Per le generazioni di allora il legame dell’Italia con l’Africa era relegato a memorie coloniali. Memorie che rappresentavano, come più tardi mostrò Angelo Del Boca, più una vergogna che un vanto. Oggi l’Africa è più vicina, grazie all’informazione e ai viaggi, ma anche e soprattutto grazie ai tanti africani che sono arrivati in Italia con la speranza di migliorare le proprie condizioni di vita; con loro hanno portato tradizioni, cibo, narrazioni. Oggi il lettore italiano ha a disposizione molti testi della tradizione fiabistica d’Africa. Nella monumentale “Enciclopedia della fiaba” di Vladislav Stanovsky e Jan Vladislav (edizione italiana a cura di Gianni Rodari, Editori Riuniti 1970), ad esempio, trovano posto racconti di quel continente; e negli ultimi anni abbiamo visto crescere il numero delle raccolte di fiabe e favole africane. Da segnalare almeno “Fiabe africane” a cura di Friedrich Becker (Mondadori 1991, ma frutto di un lavoro del 1969), le opere in catalogo per l’Editrice Missionaria Italiana di Bologna e - tra le moltissime opere destinate all’infanzia - le riscritture di fiabe senegalesi (“La sposa del leone”, Mondadori 1993) e nigeriane (“La novantesima moglie del re” Mondadori 1995) di Francesca Lazzarato. Ma c’è un’altra ricca fonte, più antica e sovente dimenticata, di narrazioni africane. Si tratta dell’opera di Giacomo Prampolini (1898-1975). L’autore ha proposto, lungo tutto l’arco del Novecento, sguardi curiosi su molte letterature popolari, facendo un ideale giro del mondo che portò nelle case degli italiani racconti di popoli e luoghi sconosciuti. L’Africa non faceva eccezione. A proposito di fiabe e Africa, qualche tempo fa scrivevo così: “affacciarsi sul mondo delle favole offre sempre un senso di vertigine e d’incanto. Si apre al lettore una dimensione che ha in sé la sorpresa del nuovo e la capacità di evocare suggestioni antiche, intessute del ritmo della parola. Parola detta, condivisa, concatenata ad altre a formare un racconto, come intorno al fuoco, stretti da legami di solidarietà”. Mi pare oggi, con questa iniziativa “Dipingiamo il loro futuro!”, ancor più vero. Non ci resta che augurarci buone fiabe, accompagnati dai disegni che i bambini genovesi hanno realizzato per l’Africa. 3
  • 6. DIPINGIAMO IL LORO FUTURO Un progetto di responsabilità sociale L’Associazione Dipingiamo il loro futuro è nata nel 2009 per volere del Colorificio Tassani e Adv Consulting, entusiasti dei risultati della prima edizione dell’omonimo progetto di Cause Related Marketing (letteralmente: marketing collegato ad una causa sociale), col desiderio di far crescere sempre di più il progetto Dipingiamo il loro futuro! Nato nei primi anni ’80 negli Stati Uniti, il CRM è uno strumento del marketing cosiddetto “sociale” attraverso il quale le aziende for profit collaborano con organizzazioni non profit per progetti socialmente utili, coprendo un ruolo attivo e consapevole nell’affrontare le preoccupazioni sociali. Poiché il Colorificio Tassani e Adv Consulting operano su tutto il territorio nazionale ma hanno sede a Genova, è da qui che si è scelto di partire, sviluppando un progetto che si rivolgesse ai bambini e alle loro famiglie per promuovere la sensibilizzazione a favore di cause socialmente utili. Dopo l’Ospedale pediatrico Giannina Gaslini e l’Amri, Associazione Malattie Reumatiche Infantili, quest’anno Dipingiamo il loro futuro devolverà il ricavato del progetto a Find The Cure, Comitato no profit in aiuto alle aree a risorse limitate e a basso livello di sviluppo. In particolare, saranno raccolti fondi a sostegno dello sviluppo della scuola Msolwa Ujamaa, in Tanzania. Per sostenere il progetto, l’Associazione Dipingiamo il loro futuro ha coinvolto venti scuole materne genovesi, per un totale di oltre 1.800 bambini che hanno illustrato le fiabe e favole africane di Anselmo Roveda. Ad essi vanno aggiunti i bambini della scuola di Msolwa che hanno voluto dare il proprio contributo realizzando i dipinti sulla base di una fiaba genovese. Anche per il 2011 il progetto si è articolato in tre fasi: Le scuole materne coinvolte hanno ricevuto in dono le idropitture Tassani che, oltre a rispettare maggiormente l’ambiente perché a base acqua, sono facilmente lavabili e risultano idonee e sicure per i bambini. Nei primi mesi dell’anno le insegnanti hanno letto le fiabe e favole che erano state assegnate a ciascuna scuola, facendo realizzare ai bambini i dipinti di gruppo, esposti successivamente alla mostra aperta al pubblico nel Cortile Maggiore di Palazzo Ducale. Infine la fase di raccolta fondi: durante e dopo l’esposizione sarà possibile acquistare il libro che raccoglie le ventuno fiabe e favole illustrate dai bambini. Caratteristica fondamentale del progetto è la responsabilità sociale. Non solo le aziende e i partner coinvolti ma anche le insegnanti, i bambini delle scuole materne e le loro famiglie vengono sensibilizzati verso una tematica sociale e collaborano attivamente al progetto. Un entusiasmo contagioso che ha fatto crescere velocemente Dipingiamo il loro futuro! 4
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  • 8. FIND THE CURE Dedicato a tutti quelli che credono che la fantasia sia un diritto La Assumption High School è a Msolwa Ujamaa, un villaggio della Tanzania del Sud, distretto di Kilombero, regione di Morogoro. Una costellazione di piccole case nascoste tra gli enormi alberi della foresta africana, stretta tra i parchi nazionali meridionali, la catena montuosa delle Udzungwa Mountains e le immense coltivazioni di canna da zucchero. Questi disegni arrivano da lì. A Msolwa i bambini sono tantissimi, gli anziani pochi. La mortalità infantile è piuttosto alta, soprattutto nei primi cinque anni di vita. Le condizioni igieniche nel villaggio sono precarie, aids e malaria sono presenze costanti. Ma la Assumption High School è una piccola grande oasi: i ragazzi stanno bene, sono puliti e ben nutriti. Studiano e imparano. E da qualche tempo giocano anche con la fantasia. Find The Cure è un comitato non profit fondato dal dottor Daniele Sciuto nel dicembre 2006. L’associazione è nata insieme al progetto di costruzione d’un ambulatorio per cure mediche primarie a Kozhinjampara, nello stato del Kerala nel sud dell’India. A seguito di una notevole risposta anche da parte di alcune strutture ospedaliere, soprattutto della Liguria e del Piemonte, ha proseguito la sua attività ideando nuovi progetti, monitorati costantemente da missioni umanitarie di personale specializzato che opera in stretta collaborazione con la popolazione locale. A oggi, FTC ha concepito e portato a termine 6
  • 9. molti progetti negli stati del Kerala, del Tamil Nadu e dell’Andra Pradesh, finalizzati a migliorare non solo le condizioni medico-sanitarie di quelle regioni, ma anche la qualità della alimentazione e il livello di istruzione di ragazzi e bambini. Lo strumento fondamentale, è l’attività medica in loco attraverso i Free Medical Camp, campi medici mobili attrezzati nei centri abitati più poveri. Grazie a questa risorsa, i medici di FTC stanno a stretto contatto con la popolazione del posto, osservano le condizioni di vita e valutano le necessità primarie alle quali poi tentano di trovare la cura. Ma allora perché un’associazione che – nomen omen – ha una dichiarata vocazione sanitaria si occupa anche di arte e di fantasia? Forse nella ferma convinzione che lo stare bene passa anche di lì. E soprattutto nella certezza che non c’è futuro senza immaginazione. Di qui il progetto per la Assumption High School, legato a Find the Art, il nuovo canale di FTC che vuole avvicinare due mondi che possono contaminarsi e aiutarsi reciprocamente in modo profondo, che nasce nel dicembre del 2009 con il sostegno per la costruzione dell’edificio scolastico e continua nel 2010 con un missione sociale in cui FTC e Find the Art cominciano a gettare i semi per un’ipotesi educativa diversa, nella direzione di un empowerment individuale e sociale che passi attraverso l’attività creativa. Per potersi inventare un futuro. Perché la Assumption High School può e deve fare la differenza. E i semi per fortuna spesso germogliano, così nell’aprile del 2011 parte la missione “Dipingiamo il loro Futuro”, grazie alla collaborazione con Adv Consulting e il Colorificio Tassani: per la prima volta quattro infermiere e un medico sono impegnati in un Free Painting Camp. Trentaquattro bambini dai tre ai sei anni per dieci giorni hanno potuto giocare, inventare, colorare, pensare, ripensare, immaginare, raccontare, masticare, recitare, divorare, disegnare una storia che arrivava dall’altra parte del mondo. Una favola ligure che ha preso corpo tra le mani piene di colori di bambini che probabilmente da domani riusciranno a vedere un po’ oltre l’orizzonte. E il risultato è davanti ai vostri occhi. Grazie Happyness, straordinaria insegnante di una scuola in mezzo alla foresta. Perché chi ci crede può fare la differenza in qualunque parte del mondo. Grazie Dipingiamo il loro Futuro per averci creduto. Grazie ragazzi della IV IBO della Vittoria International School di Torino per aver tradotto in inglese la fiaba, primo passaggio verso lo swahili. Grazie Daniele Sciuto per aver iniziato, un giorno. FIND THE CURE Comitato No Profit Cooperazione Internazionale In aiuto alle aree a basso livello di sviluppo Sedi Operative : Liguria: P.za Lombardia, 13 - 17023 Ceriale (SV) Piemonte: Via Quintino Sella, 27 - 14100 Asti (AT) E-mail: info@findthecure.it Sito Internet: www.findthecure.it 7
  • 10. La coda degli animali illustrata da Scuola Materna Statale Garibaldi S. Teodoro C’era un tempo in cui... gli animali non avevano la coda. Non aveva la coda il cane per fare le feste, né il gatto per accarezzare le gambe dell’uomo. Non aveva la coda il cavallo per scacciare le mosche, né lo scoiattolo per saltare tra gli alberi. Non aveva la coda neppure la volpe per farsi bella. Non aveva la coda nessuno. Un giorno 8
  • 11. Un giorno il leone, re di tutti gli animali, decise di porre rimedio alla situazione. Fissò un posto e un giorno in cui avrebbe distribuito code per tutti. Quel giorno arrivarono in molti: il cavallo, lo scoiattolo, il cane e il gatto. E poi ancora e ancora, e arrivarono anche l’elefante e il maiale. Per ultima arrivò la lepre. E si iniziò la distribuzione. 9
  • 12. Per primo scelse il leone e prese una bella coda lunga, color dell’oro e con un fiocco alla sommità. Poi vennero il turno della volpe e quello dello scoiattolo, che ricevettero due code folte, pelose e belle. Il cavallo scelse una coda lunga fatta di molti peli, utile a scacciar le mosche e altri insetti noiosi. Anche al cane e al gatto toccarono due belle code. Poi vennero gli altri. 10
  • 13. In fondo alla fila rimasero: l’elefante, il maiale e la lepre. All’elefante toccò una corda sottile e setolosa, e da quel giorno la vergogna fu tale che cammina trascinando la proboscide per terra. Al maiale toccò un codino a forma di vermiciattolo e fu costretto ad arrotolarlo per farlo sembrare almeno un ricciolo. Alla lepre invece non toccò nulla, perché nulla era rimasto. 11 11
  • 14. Ma il cane e il gatto iniziarono a litigare: “La mia coda è più bella!” “No! E’ più bella la mia!” Litigarono tanto che il cane spazientito diede un morso alla coda del gatto e ne strappò un ciuffo. Da quel giorno gatto e cane sono nemici. 12 La lepre però si affrettò a raccogliere quel ciuffo rimasto sul campo e se lo attaccò: così ebbe anch’essa una piccola coda. FINE
  • 15. il camaleonte illustrata da Scuola Materna Statale Via Fabbriche C’era un tempo in cui il dio della creazione chiamò tutti gli esseri a sé. Chiamò gli uomini e chiamò gli animali. 13
  • 16. Quando tutti furono al cospetto del dio della creazione il dio annunciò: “Ciascuno di voi mi dirà che cosa desidera per vivere sulla terra e io lo accontenterò” . 14
  • 17. Gli uomini risposero: “Vogliamo vivere in villaggi e coltivare la terra” E furono accontentati. . Gli animali risposero: “Vogliamo vivere nelle foreste, nella savana e sulla montagna” E furono accontentati. . 15
  • 18. Ma il dio della creazione si accorse che qualcuno aveva taciuto: era il camaleonte. Il dio della creazione gli chiese allora: “E tu, cosa desideri?” 16
  • 19. E il camaleonte: “Io vorrei che mi appartenesse ogni luogo in cui andrò” E fu accontentato. . Da quel giorno il camaleonte assume il colore di ogni luogo in cui va, e così ovunque si sente come a casa propria. FINE 17
  • 20. La MUCCA E IL CANE illustrata da Scuola Materna Statale Acquasanta 18
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  • 24. 22
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  • 32. L’ASTORE E LA TARTARUGA illustrata da Scuola Materna Statale Il Delfino 30
  • 33. C’era un tempo in cui... l’astore e la tartaruga erano grandi amici. Un giorno l’astore disse alla tartaruga: “È un peccato che tu sia così piccola e lenta, cosa succederà il giorno in cui avrò bisogno di te? La tua lentezza non ti permetterà certo di arrivare in tempo” . 31
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  • 35. Ma la tartaruga rispose: “Nella vita non conta solo essere grandi, forti e veloci e sta pur certo che quando sarà il momento, quando avrai bisogno di me, se tu mi avvertirai, io sarò immediatamente da te” . L’astore ridacchiò tra sé ma non volle contraddire l’amica. Venne il giorno in cui l’astore ebbe bisogno della tartaruga. Così mandò il grifone ad avvisarla. La tartaruga disse: “Vola dal mio amico astore e digli che sarò subito da lui. Però poi torna qui, che nel frattempo preparerò una borsa con dei doni. Se non mi trovi, prendi la borsa e portagliela” . 33
  • 36. Il grifone fece come gli aveva detto la tartaruga e andò dall’astore. Questo, sentita la risposta della sua amica, disse: “Povera tartaruga, non sarà mai qua in tempo. Capirà a sue spese che nella vita contano più la forza e la velocità dell’intelligenza. 34
  • 37. Comunque, amico grifone, voglio vedere i doni che mi ha preparato, va quindi a prendere la borsa” Il grifone volò fino . alla tana della tartaruga e trovò la borsa, la prese e raggiunse nuovamente l’astore. Poi l’astore disse al grifone: “Visto? Come ti avevo detto, la tartaruga non è arrivata in tempo.” 35
  • 38. Ma non aveva ancora finito di parlare che dalla borsa fece capolino la testa della tartaruga: “Spero che ti sarai convinto, amico astore, che nulla vale più dell’intelligenza” . FINE 36
  • 39. LA LEPRE E LA IENA illustrata da Scuola Materna Statale Villa Banfi 37
  • 40. C’era un tempo in cui... la iena e la lepre andavano a pesca insieme. La lepre e la iena si recarono al fiume e iniziarono a pescare. Fu una giornata fortunata e presero molti pesci. A sera, dopo aver messo da parte il pesce fresco da mangiare quella sera e il giorno dopo, decisero di affumicare il resto, in modo da poterlo conservare. Fatta notte, la iena chiese alla lepre di rimanere vicino alle braci per affumicare il cibo. 38
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  • 43. Lei sarebbe invece andata dall’altra parte del fiume, a cercare un giaciglio per dormire e badare che non arrivassero malintenzionati. Così dicendo, la iena prese la sua parte di pesce fresco e si avviò al guado. Dopo un po’, ormai a notte fonda, la iena gridò alla lepre di non addormentarsi, altrimenti i ladri avrebbero rubato il frutto delle loro fatiche. Ma la lepre, nonostante fosse sveglia, non rispose. Invece, protetta dal buio, infilò per precauzione uno spiedo nelle braci ancora roventi e si sentì più tranquilla. 41
  • 44. La iena fece passare ancora qualche tempo e chiamò nuovamente la lepre. Una e due e tre volte. Ma la lepre, nonostante fosse sveglia, non rispose. La iena a quel punto pensò che la lepre fosse caduta in un sonno profondo e allora quatta quatta attraversò il fiume, si avvicinò ai pesci della lepre, ne prese uno e lo mangiò avidamente. 42
  • 45. La lepre rimase immobile e silenziosa nel buio. Allora la iena prese un altro pesce e lo trangugiò in fretta, ma la lepre le balzò sulla schiena e la colpì a più riprese con lo spiedo rovente. La iena scappò fino all’altra riva del fiume trattenendo a fatica i guaiti di dolore. 43
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  • 47. Dopo poco, la iena chiese alla lepre se fosse per caso venuto un ladro. La lepre rispose di sì, ma che non c’era da preoccuparsi perché l’aveva picchiato e messo in fuga. La iena fece finta di apprezzare la difesa del pesce e chiese alla lepre con cosa avesse picchiato il ladro, che s’erano sentiti i colpi fin dall’altra parte del fiume. La lepre rispose: “Con uno spiedo rovente” . La mattina seguente, allo spuntar del sole, la iena non era più nei dintorni e da quel giorno gira per il mondo con il dorso segnato da strisce rossastre. FINE 45
  • 48. QUANDO LA SCIMMIA FACEVA IL GIUDICE illustrata da Scuola Materna Statale Papa Giovanni XXIII C’era un tempo in cui … la scimmia faceva il giudice. Era un tempo in cui i sarti facevano i vestiti con l’erba. Venne il giorno in cui un sarto andò dalla scimmia e disse: “Giudice, il topo ha mangiato i miei vestiti d’erba. Voglio giustizia” . “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il topo. 46
  • 49. “Giudice, è colpa del gatto, lui ha mangiato i vestiti del sarto, non io” . “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il gatto. 47
  • 50. “Giudice, è colpa del cane, lui ha mangiato i vestiti del sarto, non io”• “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il cane. 48 “Giudice, è colpa del bastone, lui ha rovinato i vestiti del sarto, non io” . “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il bastone.
  • 51. “Giudice, è colpa del fuoco, lui ha bruciato i vestiti del sarto, non io”• “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare il fuoco. “Giudice, è colpa dell’acqua, lei ha distrutto i vestiti del sarto, non io”• “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare l’acqua. “Giudice, è colpa dell’elefante, lui ha mangiato i vestiti del sarto, non io”• “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare l’elefante. 49
  • 52. “Giudice, è colpa della formica, lei ha mangiato i vestiti del sarto, non io” . “D’accordo” disse la scimmia e fece chiamare la formica. Ma la formica, arrivata davanti alla scimmia disse: “Giudice, mi spiace ma io sono un po’ sorda, non ho capito perché mi ha fatto chiamare” . 50
  • 53. E allora la scimmia si avvicinò alla formica e gridò forte: “Il sarto dice che gli hai mangiato i suoi vestiti d’erba” . A quel punto però intervenne il sarto e disse: “Non è vero, è stato il topo!” Ma il topo disse: “Non è vero, è stato il gatto!” Ma il gatto disse: “Non è vero, è stato il cane!” 51
  • 54. Ma il cane disse: “Non è vero, è stato il bastone!” Ma il bastone disse: “Non è vero, è stato il fuoco!” Ma il fuoco disse: “Non è vero, è stata l’acqua!” Ma l’acqua disse: “Non è vero, è stato l’elefante!’” Ma l’elefante disse: “Non è vero, è stata la formica!” Ma la formica disse: “Scusate... cosa è colpa di chi? Non ho mica capito perché mi avete fatto chiamare... ci sento così male...” 52
  • 55. La scimmia si arrabbiò moltissimo e mandò via la formica, l’elefante, l’acqua, il fuoco, il bastone, il cane, il gatto, il topo e il sarto; dopodiché saltò dalla finestra e da quel giorno la formica pizzica l’elefante, l’elefante beve l’acqua, l’acqua spegne il fuoco, il fuoco brucia il bastone, il bastone picchia il cane, il cane morde il gatto, il gatto insegue il topo, il sarto si lamenta sempre e la scimmia scappa chiunque incontri, nel timore che la costringano a fare il giudice un’altra volta. FINE 53
  • 56. IL RAGNO, LA LEPRE E LA SAGGEZZA illustrata da Scuola Materna Statale Il Piccolo Principe C’era un tempo in cui... il ragno era invidioso della saggezza degli altri. Il ragno era invidioso che ci fossero tanti saggi tra gli animali e tra gli uomini, così volle provare a raccogliere tutta la saggezza per poterla usare soltanto lui, i suoi figli e i figli dei suoi figli. Prese un grande vaso e decise di riempirlo di saggezza. Il ragno percorse tutte le strade della terra e a ogni animale e a ogni uomo poneva le più difficili tra le domande. Quando le risposte erano particolarmente sagge e argute il ragno ringraziava, si allontanava e le sussurrava dentro al suo vaso. 54
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  • 58. Arrivò il giorno in cui il ragno pensò di aver raccolto tutta la saggezza del mondo e, canticchiando allegro, riprese la strada di casa. Ma, quando vide le capanne del proprio villaggio, pensò che forse era meglio nascondere il vaso della saggezza cosicché nessuno potesse rubarglielo. 56
  • 59. Cercò a lungo un nascondiglio e alla fine decise che avrebbe riposto il vaso sui rami più alti dell’albero più alto. Il ragno si legò allora il vaso sulla pancia e iniziò a salire lungo il tronco dell’albero, ma il vaso era troppo grande, le zampe troppo corte e la posizione troppo scomoda e così finì con lo scivolare e cadere sulla schiena. 57
  • 60. Ci volle un po’ prima che riuscisse a mettersi di nuovo in piedi. Il ragno però non si arrese e riprovò e ricadde e riprovò e ricadde. E riprovò ancora e cadde nuovamente. E così per tre giorni. In quei tre giorni era passata di lì, più volte, una lepre. Il terzo giorno la lepre si rivolse al ragno e disse: “Buongiorno amico ragno, cos’hai in quel vaso di così prezioso che ti ostini a volerlo portare a quel modo in cima all’albero?” Il ragno rispose: “Non posso dirtelo, se te lo dicessi moriremmo tutti e due all’istante” . 58
  • 61. La lepre non volle insistere ma disse: “D’accordo, non voglio sapere cos’hai nel vaso, ma accetta almeno un consiglio: potresti legarti il vaso sulla schiena anziché sulla pancia. Vedrai che riuscirai nell’impresa” . Ma il ragno si disperò e iniziò a gridare: “E io che pensavo di aver raccolto tutta la saggezza del mondo dentro al mio vaso... Ora invece capisco che c’è sempre qualcuno che ne sa più di me, che è più saggio di me” . Dopodiché si slegò il vaso dalla pancia e lo scagliò contro l’albero. E la saggezza si disperse per le strade della terra. FINE 59
  • 62. IL BRUCO LA LEPRE E IL RANOCCHIO illustrata da Scuola Materna Statale Via Cavallotti 60 C’era un tempo in cui... il bruco faceva strani scherzi. Un giorno il bruco entrò nella tana di una lepre mentre lei era in giro.
  • 63. Ritornando verso casa, la lepre vide all’ingresso della tana delle strane orme ed esclamò: “Chi c’è nella mia casa?” Il bruco fece la voce bassa e rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” La lepre scappò via: non c’era nulla da fare contro qualcuno capace di far poltiglia di un elefante! 61
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  • 65. Sulla sua strada incontrò lo sciacallo e gli chiese aiuto. Lo sciacallo allora andò davanti alla tana della lepre e chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” E il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” La lepre e lo sciacallo scapparono via: non c’era nulla da fare contro qualcuno capace di far poltiglia di un elefante! 63
  • 66. La lepre allora andò a chiedere aiuto al leopardo. Il leopardo arrivò davanti alla tana della lepre e chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” Il bruco rispose nuovamente: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” Anche il leopardo scappò. 64
  • 67. Allora la lepre andò a chiedere aiuto al rinoceronte, e quando questi arrivò davanti alla tana chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” Ma il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” Pure il rinoceronte scappò via. Non aveva certo voglia di finire schiacciato! 65
  • 68. Allora la lepre andò a chiedere aiuto all’elefante. Quando l’elefante arrivò davanti alla tana chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” Il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” Anche l’elefante scappò via. Non aveva proprio voglia di diventare poltiglia! 66
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  • 70. La lepre era ormai disperata, quando passò di lì un ranocchio che si offrì di aiutarla. Il ranocchio chiese: “Chi c’è nella casa della mia amica lepre?” E il bruco rispose: “Sono un guerriero, figlio dell’alto uomo che perse gli anelli delle caviglie in battaglia. Calpesto il rinoceronte e faccio poltiglia di un elefante! Sono l’invincibile!” Ma il ranocchio non scappò. Si fece più vicino e disse: “Io sono l’invincibile! Sono il forte e il saltatore, sono come una catapulta e sono l’orribile” . Allora il bruco si terrorizzò e uscendo disse: “Sono soltanto il bruco! Sono soltanto il bruco!” E tutti gli animali risero dello strano scherzo del bruco. FINE 68
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  • 72. I PIPISTRELLI illustrata da Scuola Materna Statale di Piazza Romagnosi C’era un tempo in cui... gli animali che abitano la terra non andavano d’accordo con gli uccelli. Ogni occasione era buona per litigare e le giornate passavano a suon di dispetti. I pipistrelli, però, in queste continue liti non sapevano da che parte stare. Avevano, infatti, il pelo e i denti come gli animali della terra, ma anche le ali come gli uccelli e con questi ultimi dividevano il cielo. Alla fine decisero di stare con gli uccelli, ma questi dissero: “Voi siete animali della terra, non uccelli!” . Ma i pipistrelli risposero: “Noi abbiamo le ali e voliamo nel cielo!” e tanto fecero che convinsero gli uccelli a prenderli nel loro schieramento. 70
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  • 75. La lite divenne presto guerra e gli animali della terra presero il sopravvento sugli uccelli del cielo. Così i pipistrelli si riunirono e decisero di abbandonare gli uccelli e di chiedere protezione agli animali della terra. Si recarono allora dall’elefante, ma il pachiderma rispose: “Non siete animali della terra. Andate via!” . I pipistrelli provarono a convincerlo dicendo: “No, noi siamo animali della terra come voi, guarda il pelo e i denti...” ma , l’elefante spazientito soffiò con la proboscide e li mise in fuga. 73
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  • 77. Si recarono allora dal leone a chiedere protezione, ma il re della foresta rispose: “Non siete animali della terra! Andate via!” I pipistrelli provarono a convincerlo dicendo: “No, noi siamo animali della terra come voi, guarda il pelo e i denti...” ma il leone ruggì forte e i , pipistrelli scapparono via. Da allora i pipistrelli, scacciati dagli uccelli e dagli animali della terra, preferiscono uscire di notte e passare il giorno nascosti. FINE 75
  • 78. IL LEONE, LA IENA E LA VOLPE illustrata da Scuola Materna Statale Italo D’Eramo C’era un tempo in cui leone, iena e volpe erano grandi amici e cacciavano insieme. Una notte partirono come sempre per la caccia e all’alba radunarono il bottino. 76
  • 79. Si erano procurati una scimmia, una gazzella e una lepre. Il leone si rivolse alla iena e disse: “Avanti iena, dividi le parti della caccia!” 77
  • 80. La iena fu contenta di essere scelta per la spartizione e ridacchiando disse: “Giusto, giusto, nessuno è più capace di me nel fare le parti. Faremo così: io prendo la gazzella, tu leone prendi la scimmia e tu volpe avrai la lepre” . Ma il leone s’arrabbiò molto di tale divisione, e la colpì così forte che questa rimase a terra tramortita. 78
  • 81. Poi il leone fece un ruggito, si schiarì la voce e disse: “Avanti volpe, dividi tu le parti della caccia!” La volpe ci pensò un attimo e poi disse: “Giusto, io sono ben capace di fare le parti. Faremo così: tu leone farai colazione con la scimmia e pranzo con la gazzella. Se poi avrai ancora appetito gusterai la lepre, e se ti venisse la noia la lascerai a me” . 79
  • 82. Il leone fu molto soddisfatto della divisione e chiese alla volpe: “Amica volpe, come hai fatto a diventare così saggia nelle tue scelte?” La volpe rispose seria: FINE “Guarda come hai ridotto la iena” . 80
  • 83. due strane città illustrata da Scuola Materna Statale Viale Modugno C’era un tempo in cui… sulla terra c’erano città dalle strane usanze. Una donna aveva due figlie: una aveva sposato un uomo che viveva in una città dove era proibito dormire, l’altra un uomo che viveva in una città dove era proibito sputare. Un giorno la donna decise di andare in visita dalla figlia che viveva nella città dove era proibito dormire. Quando arrivò le fecero una grande festa e il genero fece preparare un grande banchetto, quindi disse contento: “Questa è mia suocera , portate da mangiare” Ma la figlia la . prese in disparte e disse: “O madre mia, non mangiare troppo, ricordati che in questa città è proibito dormire” . 81
  • 84. La madre rispose: “Tranquilla, so da molto prima che tu nascessi che qui è proibito dormire” e prese a mangiare tutto quello che portarono. Quella notte, sebbene si fosse sdraiata, riuscì a restare sveglia. La mattina dopo la figlia andò al pozzo a prendere l’acqua e la madre si addormentò. Prima del ritorno della figlia si presentò in casa una vicina. La vicina vedendo la donna addormentata iniziò a gridare: “Aiuto aiuto! La suocera venuta da altrove è morta!” Arrivarono i suonatori di tamburo, arrivarono gli uomini per scavare la fossa e le donne per i riti funebri, ma in quel momento arrivò anche la figlia e gridò: “Fermi, fermi! Non è morta! E’ che da dove viene lei si è abituati a dormire” quindi , scrollò la madre e disse: “Svegliati, svegliati!” E la donna si svegliò. 82
  • 85. Un altro giorno la donna decise di andare in visita dalla figlia che viveva nella città dove era proibito sputare. Quando arrivò le fecero una grande festa e il genero fece preparare un grande banchetto, quindi disse contento: “Questa è mia suocera , portate da mangiare” . 83
  • 86. Ma la figlia la prese in disparte e disse: “O madre mia, non mangiare troppo, ricordati che in questa città è proibito sputare” . La madre rispose: “Tranquilla, so da molto prima che tu nascessi che qui è proibito sputare” e prese a mangiare tutto quello che portarono. Quella notte alla madre venne voglia di sputare, resistette un po’, poi cercò un posto dove nessuno avrebbe potuto vederla. Quando finalmente lo trovò, sputò. Ma la terra, che non era abituata agli sputi, iniziò a lamentarsi ululando nella notte: uiùi uiùi uiùi, non ci sono abituata, uiùi uiùi uiùi, non ci sono abituata! Tutta la gente arrivò sul posto e disse: “Chi ha sputato qui?” ma la donna , era già lontana. 84
  • 87. Un vecchio suggerì allora: “C’è un solo modo per saperlo, portate le zucche magiche, ci cammineremo tutti sopra e le zucche ci diranno chi ha sputato” Portarono le zucche, ci camminarono tutti . sopra ma nessuno fu preso. Allora qualcuno disse: “C’è anche quella suocera venuta da altrove, facciamo camminare anche lei sulle zucche” . E quando la suocera camminò sulle zucche subito queste la afferrarono, tutta la gente gridò: “Lei ha sputato!” E le zucche cantarono: le cose che afferrano e stringono, la suocera le ha avute, la suocera. La donna non poteva sedersi, sdraiarsi o fare i lavori perché aveva le zucche attaccate al corpo. Stava saltellando disperata, con le zucche che continuavano a cantare le cose che afferrano e stringono, la suocera le ha avute, la suocera, quando incontrò quel ficcanaso strampalato del ragno che disse: “O suocera, beata te! Come sei fortunata, come sei fortunata ad avere due zucche come queste, due zucche che cantano un canto così bello. Magari potessi averle io!” 85
  • 88. Così la donna disse: “Beh, guarda che è facile, basta che sputi per terra e dici di non essere stato tu” Il ragno sputò per terra e disse: . “Non sono stato io a sputare, non sono stato io. Se sono stato io, zucche magiche prendetemi” Le zucche magiche lasciarono . la donna e presero il ragno, poi iniziarono a cantare: le cose che afferrano e stringono, il ragno le ha avute, il ragno. FINE 86
  • 89. GLI SCOLARI E L’AGO illustrata da Scuola Materna Statale Via Opisso “L’albero Azzurro” C’era un tempo in cui… sull’altipiano una maestra faceva lezione di calligrafia a un vivace gruppo di bambini. La maestra era molto brava e molto amata. 87
  • 90. 88
  • 91. Un giorno finita la lezione, mentre i bambini si preparavano a tornare a casa, la maestra disse: “Domani avremo bisogno di un ago. Potete portarne uno?” I bambini risposero in coro: “Sì!” salutarono e andarono via felici, ma… , appena giunti sulla strada di terra battuta fuori dalla scuola iniziarono a litigare: “Lo porto io!” disse uno, subito seguito da un secondo: “No, lo porto io” e un terzo: , “No, no, io!” e un altro: “Guardate che l’ho , detto prima io e lo porto io!” e ancora tutti a , schiamazzare: “ Io, ho detto io!”“No, io!”“Tocca , , a me!”“Lo devo fare io!” , . 89
  • 92. 90
  • 93. Litiga che ti litiga stavano quasi per arrivare ai cazzotti quando uno gridò forte: “Mi è venuta un’idea! Venite qui che ve la racconto…” Bisbigliarono per un po’ e trovarono la soluzione. Il giorno dopo la maestra vide la scolaresca arrivare: portavano tutti insieme, a spalla, un lungo bastone. Sul bastone era piantato l’ago. FINE 91
  • 94. IL PASTORE E IL SAGGIO illustrata da Scuola Materna Statale Varenna “Le Pratoline” C’era un tempo in cui… gli uomini saggi si mettevano in cammino per il mondo. Ma c’era, e c’è ancora, un tempo in cui gli uomini saggi non sempre fanno i saggi. 92 E quando gli uomini saggi non fanno i saggi finiscono con il burlarsi degli sciocchi. Un giorno lungo il suo peregrinare per il mondo un saggio incontrò un pastore.
  • 95. Il pastore era lì con il proprio gregge di pecore, bianche e nere, e capre, bianche, nere e marroni, quando il saggio si avvicinò. Il saggio lo salutò e il pastore disse: “Vedo che sei un uomo saggio, voglio farti una domanda. Se mi risponderai ti regalerò una pecora, ma se non saprai rispondere ti picchierò con il mio bastone” . 93
  • 96. “Bene, parla” , acconsentì il saggio. “Hai presente quando la luna sparisce del tutto, poi riappare sottile sottile e a poco a poco diventa di nuovo grande, rotonda e luminosa? Bene, quando sparisce, sai dove va a cacciarsi?” , chiese curioso il pastore. 94
  • 97. “Ma certo! E tu non lo sai?” , disse sicuro di sé il saggio, poi continuò “Sei proprio ignorante. La luna, quando invecchia, va dalle stelle, le inghiotte, mangia a sazietà e poi ritorna grande, rotonda, luminosa e giovane. 95
  • 98. E ora sei contento pastore?” Il pastore fu colpito dalla risposta e regalò al savio la più bella delle sue pecore. FINE 96
  • 99. La giraffa vanitosa illustrata da Scuola Materna Statale Il Pratone C’era un tempo in cui... la giraffa pensava di essere il migliore degli animali solo perché si considerava la più bella. In effetti era proprio bella, alta e agile, anche gli altri animali la pensavamo così. Ma la giraffa a suon di pensarsi più bella degli altri divenne superba, vanitosa e anche un po’ antipatica. 97
  • 100. La giraffa non aveva più rispetto per nessuno, diceva sempre: “Intanto io sono più bella, intanto sono più bella, e voi siete brutti, bruttini e certi pure bruttoni” . Gli altri animali della savana erano stufi e così iniziarono a prenderla in giro per quel suo considerarsi meglio degli altri. La giraffa, tanto era presa dalla sua bellezza, che non li stava a sentire, non capiva neanche quando scherzavano. 98
  • 101. Un giorno la scimmia decise di farle uno scherzo e darle una lezione. Così la scimmia iniziò a fare tanti complimenti alla giraffa: “Come sei bella! Come sei alta! Sei certo la più bella, la più alta: con la tua testa puoi arrivare dove nessuno altro animale può arrivare...“. E così dicendo, la scimmia e la giraffa andarono sotto una palma altissima. 99
  • 102. Quando furono lì, la scimmia chiese alla giraffa di prendere i datteri che stavano in alto, quelli più dolci e buoni. Il collo della giraffa era lunghissimo, ma per quanto si sforzasse di allungarlo ancor di più, non riusciva a raggiungere i datteri. 100
  • 103. Allora la scimmia saltò sulla schiena della giraffa con un balzo, poi salì lungo il collo e infine salì ancora, in cima alla testa della giraffa, e riuscì a prendere i datteri più buoni e dolci. 101
  • 104. La scimmia, una volta tornata a terra, le offrì i datteri e disse: “Vedi, cara amica giraffa, sei la più alta, la più bella, però non puoi vivere senza gli altri, non puoi fare a meno degli amici” . La giraffa sorrise, da quel giorno cominciò a essere meno vanitosa, a collaborare con gli altri animali e a rispettarli. FINE 102
  • 105. LA MEMORIA DELLO SCEICCO illustrata da Scuola Materna Statale G.B. Perasso - succ. via Scribanti C’era un tempo in cui… viveva uno sceicco amato e saggio, famoso per la sua attenzione a tutte le cose e per la memoria che di queste conservava. Quello sceicco amministrò con giustizia, saggezza e carità,insegnò a leggere e scrivere agli uomini e alle donne. La sua fama si diffuse ben oltre i confini del regno e molti erano quelli che si recavano in visita da lui. 103
  • 106. 104
  • 107. Un giorno giunse da oriente un uomo che voleva accertarsi di persona sulle capacità dello sceicco. L’uomo giunto da oriente voleva capire se erano vere le voci sulla saggezza e sulla memoria dello sceicco, doti di cui si parlava fin nelle sue terre. L’uomo giunto da oriente, prima di entrare nella capitale del regno,si gettò su testa e spalle il mantello, come sono soliti fare i pellegrini di ritorno dalla Mecca. Nella capitale l’uomo si fermò qualche giorno, gironzolò per le vie della città, seguì da lontano le passeggiate e le udienze dello sceicco. 105
  • 108. Al terzo giorno si fece largo tra la folla raccolta intorno allo sceicco e quando finalmente gli fu vicino chiese: “Mio sceicco, vorrei ricevere da te una risposta” “Ci illumini Allah, gloria a lui l’altissimo, e vedrò di rispondere dimmi…” “Mio sceicco, nel vostro paese che cosa mettono nella zuppa?” “Foglie di baobab, sale, pepe e spezie” . L’uomo giunto da oriente se ne andò senza dire nulla, tornò al suo paese e dopo due anni fece nuovamente ritorno nella capitale del regno dello sceicco, dove ormai nessuno più ricordava di un uomo venuto da oriente. 106
  • 109. Nella capitale l’uomo si fermò qualche giorno, gironzolò per le vie della città, seguì da lontano le passeggiate e le udienze dello sceicco. Questa volta però l’uomo giunto da oriente vestiva il costume tradizionale degli Haussa del Niger ed era difficile riconoscerlo. Al terzo giorno si fece largo tra la folla raccolta intorno allo sceicco e quando finalmente gli fu vicino chiese: “E niente altro?” Lo sceicco che ricordava la prima domanda rispose: “Chi è ricco ci mette anche la carne”L’uomo giunto da oriente . si pentì di avere dubitato della memoria dello sceicco e tornò al suo paese. FINE 107
  • 110. L’UCCELLINO DEI FIORI, RE DI TUTTI GLI ANIMALI illustrata da Scuola Materna Comunale S. Luigi C’era un tempo in cui... gli animali si riunirono per eleggere un re che potesse sostituire il leone. Gli animali più forti si fecero avanti per primi. 108
  • 111. L´elefante fece vedere la sua forza nello sradicare gli alberi da terra, il leopardo si vantò della sua velocità e della sua forza nella lotta, il rinoceronte disse che era il più robusto di tutti e mostrò il suo terribile corno. Ma nessuno dei tre riuscì a convincere gli altri animali. Così l´aquila propose di nominare re l´animale capace di volare più in alto di tutti e disse che lei era quella di certo che sapeva volare più in alto. E in effetti: gli altri animali, pensando che nessuno potesse volare più in alto di lei, la acclamarono come nuovo re. 109
  • 112. Ma mentre la folla di animali stava per festeggiare il nuovo re, l’uccellino nettarino - una bestiola piccina che si ciba solo del polline dei fiori - si alzò in volo e disse all´aquila: “Dimostrami che sai volare più in alto di tutti, me compreso, e anch´io ti riconoscerò come re” L´aquila . accettò la sfida ridacchiando, anche gli altri animali che ridevano: il piccolo uccellino nettarino contro la grande aquila. 110
  • 113. I due uccelli partirono dallo stesso albero, ma l’uccellino nettarino si sistemò su un ramo posto proprio sopra la testa dell´aquila. Quando la scimmia diede il segnale di partenza, l’uccellino nettarino saltò sulla schiena dell´aquila che non se ne accorse neppure, tanto era piccolo l’uccellino nettarino. L´aquila volò in su, sempre più in su, sempre più in alto verso il sole. 111
  • 114. L’aquila guardò sotto e non vide l’uccellino nettarino, ormai era sicura di avere vinto. Per dimostrare tutta la sua potenza, l´aquila andò ancora più su, quasi fino al sole. Ma a un certo punto sentì un grande caldo e per paura di bruciarsi le penne cominciò a scendere. L’uccellino nettarino, che fino a quel momento era rimasto nascosto aggrappato alla schiena dell’aquila, ne approfittò per lanciarsi nell´aria e salire un pochino più in alto. L´aquila incredula vide l’uccellino nettarino sopra di sé e tentò di raggiungerlo, ma ormai era stanca per lo sforzo fatto fino a quel punto. L’uccellino nettarino invece, tutto riposato, salì ancora un pochino. All’aquila mancarono le forze e tornò a terra, accolta dalle risate degli altri animali, che l´avevano vista perdere la sfida. Fu così che l’uccellino nettarino FINE divenne il nuovo re degli animali. 112
  • 115. 113
  • 116. 114
  • 117. IL LEONE E LA LEPRE illustrata da Scuola Materna Comunale Tollot Orientale C’era un tempo in cui... la lepre voleva vendicarsi del leone per tutte le cattiverie che il felino aveva fatto. Un giorno la lepre incontrò il leone e visto che il felino aveva la pancia piena perché si era appena mangiato una gazzella, si offrì di togliergli le pulci dalla pelliccia. Il leone ne fu felice e promise alla lepre che non le avrebbe fatto del male. La lepre convinse però il leone a fare una bella dormita durante il lavoro di pulizia, così tutt’e due sarebbero stati più tranquilli. 115
  • 118. 116
  • 119. Appena il leone si fu addormentato, la lepre si mise al lavoro. Ignorò le pulci che saltellavano sulla pelliccia del leone e cominciò a scavare una buca sotto la coda del felino. Quando la buca fu abbastanza profonda, la lepre ci infilò dentro la coda del leone. Poi riempì di nuovo la buca di terra, quindi la spianò ben bene. Infine ci mise tre grosse pietre sopra, in modo che il leone non potesse liberarsi. Compiuta l´opera, lanciò un fischio molto forte. 117
  • 120. 118
  • 121. Il leone si svegliò di improvviso, un po´ confuso. Siccome ormai aveva digerito la gazzella, decise di mangiarsi anche la lepre, nonostante la promessa fatta. La lepre, che aveva capito l´intenzione del leone, non si mosse. Il leone fece per lanciarsi sulla lepre, ma la coda imprigionata nella buca lo trattenne. Per quanti sforzi facesse il leone non riuscì ad alzarsi e capì che senza aiuto non ce l´avrebbe mai fatta. 119
  • 122. Allora si mise a supplicare la lepre di liberarlo, promettendo in cambio di proteggere per sempre lei e la sua famiglia.“So bene che sei un imbroglione - rispose la lepre - Se ti liberassi mi uccideresti subito. Resta pure lì, così impari a fare tante cattiverie”  . FINE 120
  • 123. L’ALBATROS E IL CAMALEONTE illustrata da Scuola Servizi Educativi per l’Infanzia “Girotondo” dell’Ente Morale Santa Maria Bambina C’era un tempo in cui... un camaleonte incontrò un albatros. Il camaleonte non aveva mai visto un uccello così grande, dallo spavento cambiò colore e tentò di scappare. 121
  • 124. 122
  • 125. “Non devi avere paura” , disse l´albatros, “non voglio farti alcun male. Io sono l´albatros, il più antico animale del mondo, e volo per notti e giorni senza mai fermarmi. Per questo ora voglio riposare un poco” . 123
  • 126. Allora camaleonte, tranquillizzato, chiese curioso: “Ma come il più antico? Credevo di essere io, vivo sulla terra da quando era ancora tutta inondata dalle acque. Per non affogare ho imparato ad arrampicarmi sulle cime più alte degli alberi. Per questa ragione oggi ho le zampe e la coda prensili” . 124
  • 127. “Amico camaleonte” disse l´albatros, “ora ti racconterò la mia , storia, così saprai che l´animale più antico del mondo sono io. Vivo sulla terra da quando era ancora un unico mare di fiamme. Insieme ai miei vecchi abbiamo volato per lunghi anni, senza mai trovare un posticino per riposare. Ecco perché ancora oggi posso compiere tragitti così lunghi. 125
  • 128. Quando i miei vecchi erano troppo vecchi per volare, non me la sono sentita di lasciarli precipitare tra le fiamme. E quindi li ho raccolti nel mio becco, e per moltissimi anni ho continuato il mio volo. Per questo ora ho il becco ricurvo: il peso dei miei vecchi lo ha deformato” . 126
  • 129. Il camaleonte ascoltò, poi, dopo averlo guardato a lungo, disse: “Amico albatros mi inchino a te con rispetto e riverenza, ora so che il più antico animale di questo mondo sei tu: l’albatros che vola su tutti i mari” . FINE 127
  • 130. I DUE FURBI illustrata da Scuola Materna Statale Via Cialli “Nemo” 128 C’era un tempo in cui... chi voleva passare per furbo finiva col rischiare di passare per sciocco.
  • 131. Un giorno un mercante, conosciuto da tutti per essere molto furbo, prese un cesto e lo riempì di carta, ci mise del sale sopra, e lo dispose talmente bene da far sembrare che il suo cesto fosse pieno di sale. La stessa idea venne a un altro mercante, che però al posto del sale sistemò dei tessuti colorati. 129
  • 132. I due uomini lasciarono i rispettivi villaggi e andarono a vendere i loro prodotti al mercato. Quando si incontrarono il primo uomo rimase colpito dai tutti quei tessuti e disse: “Nel mio villaggio le donne non trovano tessuti così belli per cucirsi i vestiti” . 130
  • 133. E l´altro di rimando: “Nel mio villaggio nessuno ha un sale come il tuo, si mangia sempre insipido” . Entrambi convinti di fare un ottimo affare, e di truffare l´altro, decisero di scambiarsi i loro cesti. 131
  • 134. Quando tornarono ognuno al proprio villaggio, e aprirono i cesti, scoprirono di essersi ingannati a vicenda e le urla di disperazioni si sentirono da molto lontano.  FINE 132
  • 135. C’era un tempo in cui... il sole e la luna che IL SOLE, LA LUNA E erano marito e moglie avevano una grande L’ACQUA amica: l’acqua. Vivevano tutti insieme sulla illustrata da Scuola Materna Statale Fabrizi terra, erano buoni vicini di casa. Il sole andava a trovare tutti i giorni l’acqua, ma l’acqua non contraccambiava mai la visita. 133
  • 136. 134
  • 137. Così un giorno il sole domandò all’acqua come mai non andava mai a trovarlo a casa. L’acqua disse che la casa del sole e della luna non era grande abbastanza, se lei ci fosse andata con i suoi famigliari, il sole e la luna non avrebbero più avuto spazio. Poi l’acqua disse: “Se vuoi che venga a trovarti devi costruire una casa molto grande, ma guarda che dovrà essere proprio una casa grandissima, anzi enorme, anzi sconfinata, perché la mia famiglia è molto numerosa e occupa molto spazio” Il sole promise di costruire una casa . molto grande, poi tornò a casa dalla moglie, la luna. Il sole disse alla luna ciò che aveva promesso all’acqua, la luna fu contenta. 135
  • 138. Quindi incominciarono a costruirsi una casa grandissima, anzi enorme, anzi sconfinata, per ospitare l’amica acqua e i suoi parenti. Quando la casa fu pronta il sole andò dall’acqua e le disse di fargli visita il giorno seguente. 136
  • 139. Il giorno dopo quando l’acqua arrivò alla porta chiamò il sole e gli chiese se poteva entrare. Il sole rispose: - Sì, entra pure acqua, amica mia. 137
  • 140. 138
  • 141. Allora l’acqua cominciò a entrare, accompagnata dai pesci e da tutti gli animali dell’acqua. Poco dopo l’acqua, ormai arrivata al ginocchio del sole, chiese se poteva ancora entrare. E il sole rispose: “Sì, entra pure acqua, amica mia” . L’acqua continuò a entrare. Quando ormai era alta come un uomo, chiese al sole: “Vuoi che io e la mia gente continuiamo a entrare?” Il sole guardò la luna e insieme risposero: “Sì, entra pure acqua, amica nostra” E l’acqua continuò a entrare, . seguitò ad affluire fino a quando il sole e la luna dovettero mettersi sul tetto. Quindi l’acqua fece di nuovo la stessa domanda e ottenne la stessa risposta. L’acqua continuò a entrare, in breve sommerse anche il tetto e il sole e la luna furono obbligati a salire in cielo. E da allora lì, dove li possiamo vedere, sono restati. FINE 139
  • 142. Il pidocchio e la pulce illustrata da Scuola Assumption High School Msolwa Ujamaa, Sud Tanzania, Africa C’era una volta un pidocchio che sposò una pulce. Il pidocchio e la pulce un giorno decisero di fare la polenta. La pulce iniziò a girare il bastone di legno per fare la polenta. Gira, gira, gira... poi la pulce si stancò e chiese al pidocchio di girar il bastone per fare la polenta. Il pidocchio allora girò girò e girò il bastone per fare la polenta ma era talmente piccolo e la pentola talmente grande che finì per caderci dentro. 140
  • 143. NI CHAWA NA KIROBOTO Hapo zamani zakale chawa ali muoa kiroboto siku moja chawa ali mwambia kiroboto ampikie ugali. Kiroboto alianza kupika katika jiko la kuni. Baada ya hapo kiroboto alichoka, aka mwambia chawa amsaidie. Chawa aka anza kumsaidia mkewe kiroboto kupika ugali. Kwakua chawa alikua mfupi alitumbukia ndani ya sufuria ya ugali. Akafa. 141
  • 144. 142
  • 145. E così il pidocchio morì e la pulce, diventata vedova, iniziò a piangere. La sedia vedendo piangere la pulce chiese il perché di quel pianto. La pulce rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto e io piango!” Allora la sedia disse: “E io salto!” e si mise a saltare. Il tavolo vedendo saltare la sedia chiese “Perché salti?” . E la sedia rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange e io salto!” Allora il tavolo disse: “E io ballo!” e si mise a ballare. La porta vedendo ballare il tavolo chiese “Perché balli?” E il tavolo rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta e io ballo!” Kiroboto analia. Kiti kina muuliza kiroboto “Kwanini unalia?” Kiroboto anajibu “Chawa ame kuja” Kiti akaseme kama ni hivyo mimi nitaruka. Meza akamuona kiti anarukaruka, aka muuliza kiti kwanini unarukaruka. Kiti akasema “Naruka kwasababu nime ona kiroboto analia sababu, chawa amekufa” 143
  • 146. Allora la porta disse: “E io sbatto!” e si mise a sbattere. Davanti a casa c’era una carriola che vedendo sbattere la porta chiese “Perché sbatti?” E la porta rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla e io sbatto!” Allora la carriola disse: “E io corro senza che nessuno mi spinga!” e si mise a correre da sola. Un uccellino che volava lì in giro chiese al carro il perché corresse senza nessuno che la spingesse. La carriola rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, 144
  • 147. Meza akasema “Nime ona kiti anaruka, kiroboto analia, chawa amekufa” . Mlango akasema “Kama ni hivyo mimi na jifunga kwa nguvu bamiza” . Mbele ya nyumba kulikua na torori akasema. Torori akasema “Kwanini una jibamiza hivyo” . Mlango ukasema “Nimeona meza ina cheza, kiti ana ruka ruka, kiroboto analia, chawa ame kufa” . Torori akasema “Kama ni hivyo mimi nitakimbia bila mtu kuni beba” . Ndege akauliza “ Kwanini una kimbia mwenye we bila mtu kuku sukuma?” 145
  • 148. la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte e io corro senza che nessuno mi spinga!” Allora l’uccellino disse: “E io volo senza piume!” e si mise a volare senza piume. L’uccellino che volava senza piume si fermò a bere a un rubinetto. Il rubinetto domandò all’uccellino il perché di quel volo senza piume. L’uccellino che volava senza piume rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte, la carriola corre senza che nessuno la spinga e io volo senza piume!” 146
  • 149. Torori akasema “Nime ona mlango unajifunga, meza in cheza, kiti kina ruka, kiroboto analia, chawa amekufa” . Ndege akasema “Kama ni hivyo nita ruka juu/angani bila manyoya, Akaanza kunika na kusimama juu ya bomba la maji” . Bomba akauliza “Kwanini una ruka angani bila manyoya?” Ndege akasema “Nime ona torori anakimbia peke yake bila mtu yeyote kumbe ba, mlango ume jifunga, meza ina chera, kiti kinaruka, kiroboto analia, chawa amekufa” . 147
  • 150. Allora il rubinetto: “E io mi secco!” e si seccò. Una bambina arrivò al rubinetto e vedendolo senza neppure una goccia d’acqua gliene domandò il perché. E il rubinetto rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte, la carriola corre senza nessuno che la spinga, l’uccellino vola senza piume e io mi sono asciugato!” Allora la bambina disse: “E allora io mi metto il secchio per cappello!” e così fece. Quando la bambina tornò a casa la mamma le chiese: “Perché hai messo il secchio per cappello?” E la bambina rispose: “Se sapessi, il pidocchio è morto, la pulce piange, la sedia salta, il tavolo balla, la porta sbatte, la carriola corre senza nessuno che la spinga, l’uccellino vola senza piume, il rubinetto si è asciugato e io mi sono messa il secchio per cappello!” Allora la mamma disse: “E io ti pesto come il sale nel mortaio!” La mamma l’ha inseguita e forse la insegue ancora ora… Favola in qua, favola in là la mia favola è bella che anda. 148
  • 151. Bomba akasema “Kama ni hivyo mimi nita kauka ma la moja” . Msichana akauliza “Kula nini hakuna maji?” Bomba aka jibu “Wewe hujui kua ndege anaruka bila mabawa, torori anakimbi bila kubebwana mtu, mlango unajifunga, meza ina chera, kiti kinaruka ruka, kiroboto analia, chawa amekufa” . Msichana akasema “Kama ni hivyo nitavaa ndoo kawa kofia” . Mama akasema “Kwa nini umevaa ndoo kichwani kawa kofia?” Msichana akajibu “Hakuna maji, ndege anaruka bila mabawa, torori linakimbia bila kusuku mwa, mlango umejifunga, meza inachera, kiti kinaruka ruka, kiroboto analia, chawa amekufa” . Mama akasema “ Nita kutwanga/kusaga kama chumvi katika kinu” . Msichana ana kimbia. Mama ana nikimbiza mwanae mpka ampate. FINE 149
  • 152. 150
  • 153. 151
  • 154. BIBLIOGRAFIA a cura di Stefania Usai della libreria “L’albero delle lettere” Genova u Il leone Kandinga, di Boniface Ofogo, ill. di Elisa Arguilè, Ed. Kalandraka u Ada Maty - una storia cantata a più voci + cd, di Angela Cattelan, Ed. Artebambini u L’Africa piccolo Chaka, di Selleir Marie e Lesage Marion, Ed. L’ippocampo u Tatiana struzza africana, di Chaundler Rachel e Carvalho Bernardo, Ed. Logos u L’africa di Zigomar, di Philippe Corentin, Ed. Babalibri u Fior di giuggiola, di Wilsdorf Anne, Ed. Babalibri u All’ombra del baobab, L’Africa nera in 30 filastrocche con CD audio, di Grosléziat Chanatal, Ed. Mondatori u Le mie fiabe africane, di Nelson Mandela, Ed. Donzelli u L’albero e la strega, di Gek Tessaro, Ed. Artebambini u Gira e rigira nella savana, di Perrin Martine, Ed. Nord-Sud u Tam tam di colori, di Caroline Desnoëttes e Isabelle Hartmann, Ed. L’ippocampo u La storia di Yakouba - volume 1: Yakouba di Thierry Dedieu, Ed. L’ippocampo u La storia di Yakouba - volume 2: Kibwe di Thierry Dedieu, Ed. L’ippocampo u Festa nella giungla, di Wildsmith Brian, Ed. Il Castoro u Kirikù e la strega Karabà, di Michel ocelot, Ed. Ape junior u Il giorno in cui il leone regalò una coda agli animali - favole dell’Africa nera, Testi di Anselmo Roveda, ill. Allegra Agliardi, Ed. Terre di Mezzo u La bella sposa grassa, di Anselmo Roveda, ill. Chiara Dattola, Ed. Terre di Mezzo u Il sofà di Bamako, di Anselmo Roveda e Stefania Vincenti, Ed. Coccole e caccole u Cioccolata, di Marisa nunez e Helga Bansch, Ed. Logos 152
  • 155. 2011 advconsulting.net Associazione Dipingiamo il loro futuro - Associazione Culturale senza fini di lucro Corso Torino 1/19 - 16129 Genova - Tel. 010 869 29 95 - info@dipingiamoillorofuturo.com www.dipingiamoillorofuturo.com Favole e fiabe africane per ‘Dipingiamo il loro futuro’ € 10,00 ISBN XXXXXXXXXXXXXX Dipingiamo il loro futuro! COMUNE DI GENOVA Storie di LEPRI E LEONI C.F. 95134540103 - Conto Corrente Ubi Banco San Giorgio Ag. 2 Bolzaneto - IBAN IT60A0552601403000000011858 con il patrocinio di Storie di lepri e leoni Grazie. Con l’acquisto di questo libro, hai contribuito anche tu a sostenere il progetto Dipingiamo il loro futuro 2011 a favore di Find The Cure, Comitato no profit in aiuto alle aree a risorse limitate e a basso livello di sviluppo. Il ricavato delle vendite del libro sarà devoluto al sostegno e allo sviluppo della Assumption High School di Msolwa Ujamaa, in Tanzania. Per sostenere il progetto: Associazione Dipingiamo il loro futuro C/C n.11858 Ubi Banco San Giorgio ag. 2 Genova Bolzaneto IBAN IT60A0552601403000000011858 3 a ed izio ne
  • 156. 2011 advconsulting.net Associazione Dipingiamo il loro futuro - Associazione Culturale senza fini di lucro Corso Torino 1/19 - 16129 Genova - Tel. 010 869 29 95 - info@dipingiamoillorofuturo.com www.dipingiamoillorofuturo.com Favole e fiabe africane per ‘Dipingiamo il loro futuro’ € 10,00 Dipingiamo il loro futuro! COMUNE DI GENOVA Storie di LEPRI E LEONI C.F. 95134540103 - Conto Corrente Ubi Banco San Giorgio Ag. 2 Bolzaneto - IBAN IT60A0552601403000000011858 con il patrocinio di Storie di lepri e leoni Grazie. Con l’acquisto di questo libro, hai contribuito anche tu a sostenere il progetto Dipingiamo il loro futuro 2011 a favore di Find The Cure, Comitato no profit in aiuto alle aree a risorse limitate e a basso livello di sviluppo. Il ricavato delle vendite del libro sarà devoluto al sostegno e allo sviluppo della Assumption High School di Msolwa Ujamaa, in Tanzania. Per sostenere il progetto: Associazione Dipingiamo il loro futuro C/C n.11858 Ubi Banco San Giorgio ag. 2 Genova Bolzaneto IBAN IT60A0552601403000000011858 3 a ed izio ne