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http://www.iipnl.it        Fabrizio Pieroni
                                fabripieroni@libero.it
                                http://fabriziopieroni.weebly.com




L’arte di essere saggi è l’arte di sapere che
cosa trascurare
                                   William James
problema




           Il Problem solving             Il Problem solving
           orientato al problema          orientato alla soluzione
           analizza le cause del          orienta verso il
           problema allo scopo di         raggiungimento di una
           rimuoverle o di                soluzione, senza occuparsi
           rimuoverne gli effetti, ed è   di analizzare il problema e
           sulla base di questo           le sue cause.
           intervento che si
           raggiunge una soluzione




                                                                        soluzione
   Il focus sui problemi ha un grande successo in contesti
    diversi.
     Un medico, prima di individuare una soluzione fa una diagnosi, cioè
      un’analisi dei sintomi
     Un meccanico opera in modo analogo per riparare un’automobile
     Un programmatore per eliminare i «bachi» da un software


   Questi successi tendono a renderlo una risposta automatica
    di fronte a situazioni complicate.
 Nasce a Milwaukee come approccio di terapia breve,
  sviluppato da Steve De Shazer insieme con la moglie Insoo
  Kim Berg
 Grazie all’immediatezza e alla grande incisività del suo
  percorso breve e strategico, si sta sviluppando in tutto il
  mondo in diversi ambiti, dal counseling, al coaching, alla
  consulenza aziendale.
 Dall’esterno si osserva un processo specifico e mirato,
  organizzato in step, che attraverso una serie di domande
  sposta il punto di vista dal problema alla sua soluzione.
   Risolvere un problema del cliente «non
    significa che il problema del cliente
    necessiti di un’attenta analisi, e non c’è
    bisogno di parlarne molto a lungo» ,
    infatti «non c’è bisogno che le soluzioni
    siano direttamente connesse al
    problema che vogliono risolvere» (De
    Shazer)
 Ogni soluzione ad un problema implica un cambiamento
 Il cambiamento si verifica quando qualcuno fa qualcosa di
  diverso o guarda qualcosa in modo diverso
 È vero anche l’opposto: se nessuno ha fatto nulla di diverso o
  ha guardato in modo diverso, non si è prodotto alcun
  cambiamento
Tutti i clienti
   hanno le risorse e la forza necessaria per risolvere i propri
    problemi
   sanno e desiderano ciò che è meglio per se stessi
   fanno quello che possono per ottenerlo
 Invece di pensare a ciò che non funziona e a come
  correggerlo, cerchiamo ciò che funziona per utilizzarlo.
 Un effetto meno ovvio di questo presupposto è l’attenzione
  dedicata alle risposte del cliente al problema: crediamo che
  siano i clienti, e non i consulenti, ad avere le soluzioni ai loro
  problemi.
 Le soluzioni generate spontaneamente dal cliente sono più
  facili da incorporare nel suo stile di vita di quelle che
  potrebbe suggerirgli un esperto.
 Utilizzando questo approccio, è raro che i clienti «resistano»,
  in quanto evitiamo di «vendere» loro soluzioni.
   L’approccio centrato sulla soluzione non fa ipotesi circa la
    vera natura dei problemi che le persone vivono.
   Il Consulente abbandona il ruolo di esperto o insegnante in
    favore del ruolo di studente o apprendista.
   Non si dedica tempo a cercare la spiegazione del perché
    esista un problema: il punto di vista del cliente viene
    semplicemente accettato così come viene espresso.
 Ciò che appare è ciò con cui lavoriamo
 “Restate in superficie, lavorate con quello che trovate. C’è
  molto per lavorare. Se altri elementi sono importanti, a
  tempo debito faranno la loro comparsa” (De Shazer)
 È un modo positivo e relativamente facile di cercare soluzioni
 Impedisce di immaginare cose che non ci sono, correndo il
  rischio di andare fuori strada
 Porterà ad una soluzione radicata nella realtà di questo
  particolare insieme di circostanze
 L’approccio centrato sulla soluzione si basa sul principio che il
  cambiamento è implicito nella vita, e che i clienti non
  possono evitare di cambiare.
 Occorre identificare i cambiamenti che avvengono
  naturalmente e utilizzarli e far emergere la soluzione.
 «Niente accade per sempre». In qualsiasi situazione
  problematica ci sono momenti in cui il problema non si
  verifica. Ma spesso le eccezioni non vengono notate.
 L’identificazione delle eccezioni non è di per sé sufficiente a
  generare delle soluzioni: è fondamentale aiutare il cliente a
  capire come le eccezioni si sono verificate.
Principi che guidano l’azione del consulente:
1. Se non è rotto, non aggiustarlo.
2. Quando scopri cosa funziona, usala di più.
3. Se non funziona, non insistere, fa qualcosa di diverso.

Principi che, di conseguenza, guideranno le azioni del cliente:
1. Smettere di fare ciò che non funziona
2. Identificare ciò che funziona e fare di più in tal senso
   Secondo il presupposto riduzionista, la conoscenza di tutte le
    parti ci renderà capaci di comprendere l’insieme.

   In un sistema complesso, l’insieme mostra comportamenti
    che non possono essere colti attraverso l’esame delle singole
    parti. Le interazioni tra le parti sono cruciali e producono
    fenomeni come l’auto-organizzazione e l’adattamento.

   SF ha una grande fiducia nell’interazione e nella capacità
    auto-correttiva dei Sistemi.
   L’interazione ha, apparentemente, una vita propria. E se
    volete cambiare le cose lo potete fare aiutando qualcuno
    degli attori del sistema a cambiare il proprio
    comportamento.
   Frequentemente c’è bisogno di cambiamenti minimi per
    iniziare a risolvere i problemi, e, una volta innescato il
    cambiamento, questo viene portato avanti dal cliente.
   Un beneficio di questo modo di pensare è che la consulenza
    diventa una semplice questione di spingere il primo tassello
    del domino. In altre parole, un piccolo cambiamento
    all’interno di un sistema complesso, può provocare profondi
    cambiamenti in molte altre aree (effetto Butterfly)
   È inutile cercare di comprendere il sistema analizzandolo, o
    forzare una soluzione con un’azione innaturale.
   Se le giornate migliori si registrano quando il capo offre a
    Mario più responsabilità, il percorso più semplice (in primo
    luogo) è di proporre al capo di dare a Mario maggiori
    responsabilità per più giorni.
   Se funziona, non è importante che qualcuno ne conosca o ne
    capisca le ragioni.

“Una spiegazione è qualcosa che il destinatario accetta come
spiegazione” (Humberto Maturana)
"Qualsiasi cambiamento può essere compreso come il
     tentativo di conservare una certa costanza, e ogni costanza
     viene conservata mediante il cambiamento"

                                                 Gregory Bateson



stabilità       cambiamento
Secondo la teoria dei sistemi, la tendenza di un sistema
             (un ecosistema, una persona, un’Azienda) a mantenere
                un determinato equilibrio o omeostasi è una delle
            risorse fondamentali della sopravvivenza negli organismi




stabilità           cambiamento    intervento    stabilità       cambiamento
   Quando non si mira a ciò che funziona ci si concentra su ciò
    che non c’è, deficit, disfunzioni, carenze e mancanza di
    collaborazione tra persone.

   Spendere del tempo su questi aspetti non è un modo efficace
    per iniziare e non è un’utile premessa al cambiamento: è più
    efficace approfondire le esperienze e le competenze positive
    che soffermarsi su esperienze e comportamenti negativi.

   Il percorso verso la soluzione dipende dal tipo di soluzione,
    non dal tipo di problema. Parlare del problema produce una
    digressione non necessariamente utile.
       In ogni società, organizzazione o gruppo c’è qualcosa che funziona bene
       Quello su cui ci concentriamo diventa la nostra realtà
       La realtà è costruita continuamente e ci sono più realtà
       Porre domande alle persone è un’azione che le influenza
       La gente guarda con più positività il futuro, se conosce il passato
       E’ importante valorizzare le differenze
       Il linguaggio che utilizziamo crea la nostra realtà



     Questo approccio alla Consulenza Aziendale ha notevoli punti di contatto
      con Solutions Focus.
     Secondo A.I., i sistemi umani crescono in direzione di ciò che studiano e
      prendono in esame.
   L’Apprecitivity Inquiry viene suddiviso in quattro passaggi
     pratici :

Discover    Scoperta-apprezzamento    Indagine sui momenti di successo

Dream       Sogno-immaginazione       Sviluppo della visione

Design      Progetto-determinazione   Elaborazione delle ricette

Destiny     Destino-creazione         Sperimentazione delle alternative di
                                      comportamento
Gli elementi fondamentali per un intervento Focalizzato sulle Soluzioni
   Piattaforma (la situazione attuale)

                                       Futuro perfetto (situazione ideale)

   Gettoni ( eccezioni positive, risorse, abilità, …)

              Scala (per misurare i progressi e identificare le differenze)

                                                                 Conferme

   Piccole azioni
   La piattaforma è il punto di partenza, la situazione attuale.

   Più che come situazione problematica, viene
    concettualizzata come «soluzione insufficiente e ancora
    parziale».
   Il «Futuro prefetto» viene costruito nel rispetto dei temi della
    Piattaforma.

   Non è un obiettivo da raggiungere ad ogni costo.

   È, soprattutto, un indicatore di direzione.
   I Gettoni sono competenze, risorse, esperienze di successo

   Sono strettamente collegate alle eccezioni positive al
    problema

   Il gettone più utile è quello che vi permette di scoprire che la
    soluzione in ogni caso sta già avvenendo, proprio sotto il
    vostro naso, anche se per qualche motivo non l’avete
    riconosciuta
   Nessun problema si manifesta ininterrottamente: ci sono momenti un cui
    le cose vanno meglio e meno male
     Quando si realizza il futuro perfetto, anche in minima parte?
     Quando parti del futuro perfetto si sono già realizzate?
     Quando eventi somiglianti al futuro perfetto si sono già verificati?
     Che cosa pensate di aver fatto per far si che si verificassero?
     In che modo? Che altro?
   Se non avete ancora la descrizione del futuro perfetto
     Quando il problema non è così terribile?
     Pensa all’ultima volta in cui il problema non si è verificato: cosa è emerso,
       invece?
   Se tutto questo non funziona:
     Come sei riuscito ad arrivare a questo punto?
     Come hai gestito la situazione?
     Che cosa hai fatto per evitare che le cose peggiorassero?
   I numeri hanno qualcosa di magico. Si può chiedere al cliente
    di porre su una scala numerica i suoi problemi, le sue priorità,
    i suoi successi, il suo coinvolgimento emotivo nelle relazioni,
    il suo livello di autostima.

   Le domande riguardo alle scale sono progettate per ottenere
    informazioni, ma anche per motivare, per incoraggiare e
    facilitare il processo del cambiamento.
   Su una scala da 1 a 10, dove 0 rappresenta il peggio che si sia mai fatto e il
    10 il futuro perfetto, a che punto collocheresti la situazione attuale?
   In questo momento ti trovi al punto X: che cosa hai fatto per arrivare fin
    qui?
   Cosa ti impedisce di scivolare al punto X-1?
   Di cosa avresti bisogno per arrivare a X+1?
   Come potresti capire di aver raggiunto X+1? Come lo potrebbero capire
    gli altri?
   Da 0 a 10, quanto fiduciosi siete del fatto che queste operazioni vi stiano
    portando nella direzione giusta?
   Da 0 a 10, fino a che punto vi impegnate a intraprendere queste azioni?
   Scoprite ciò che il cliente vuole fare e poi lavorate per
    ottenere quel risultato mettendo da parte il pensiero di cosa
    dovrebbe fare.

   Sottolineare e valorizzare l’impegno, i piccoli risultati, in
    particolare ciò che il cliente dà per scontato.

   Nell’originaria formulazione di De Shazer, esisteva una fase
    del colloquio riservata ai «complimenti», finalizzata a
    valorizzare tutti quegli aspetti della vita del cliente che non
    vengono presentati come problemi
   Si analizza in che modo i passati successi sono rilevanti per la
    situazione corrente
   Sulla base di quanto appreso dall’analisi dei passati successi, si
    progetta un piccolo passo in avanti
   Il piccolo passo in avanti può essere visto come un
    esperimento: dopo tutto, la situazione non sarà comunque
    del tutto identica alla precedente
   I piccoli passi sono basati su ciò che funziona o ciò che ci si attende che
    funzioni. Scegliete:
     Ciò che ha più probabilità di accadere
     Il modo più semplice
     Notando che cosa funziona


   Scegliete azioni:
     Da fare domani
     Concrete
     Per partire, non per stare fermi
Chiarire il desiderio di
                                   cambiamento


      Verificare l’eventuale
                                                            Definizione di ciò che
      ulteriore desiderio di
                                                            si vuole raggiungere
         cambiamento




Riesame: monitorare i                                                Definizione della
      progressi                                                     situazione attuale




                  Un piccolo passo alla          Analisi dei successi
                         volta                         passati
   Su cosa vuoi lavorare?
   Cosa vuoi ottenere?
   Futuro perfetto (domanda miracolo)
   Piattaforma –Dove sei adesso (scala)
   Primo piccolo passo avanti (scala)
   In positivo (la presenza, piuttosto che l’assenza di qualcosa)
   Obiettivi concreti, specifici e basati sul comportamento
   Importanti per il cliente
     Ad esempio, potrebbe essere: conservare il lavoro, scrollarsi di dosso
      il capo…
     È più utile accettare l’obiettivo del cliente che insistere sulla scelta di
      un obiettivo più «adeguato»
   Obiettivi «piccoli»
     Il cliente deve stabilire obiettivi abbastanza piccoli da essere
      raggiungibili
     A fronte di obiettivi vaghi e troppo grandi, la domanda è : «Quale
      sarebbe il primo piccolo passo che le indicherebbe di essersi
      avviato…»
   Un inizio, piuttosto che una fine
     Il fatto che i clienti si pongano obiettivi ambiziosi è positivo, è segno
      che riescono a percepire la possibilità di una vita diversa.
     Ma senza un aiuto a definire il cambiamento passo per passo,
      potrebbe rimanere una possibilità e nulla più.
   Serve a proteggere il cliente nel caso non riesca a
    raggiungere l’obiettivo.
   Qualunque sia il risultato, cliente e consulente possono
    considerare i loro sforzi come un successo:
     Se il cliente non raggiunge l’obiettivo si ha solo un indice della
      necessità di compiere altro «duro lavoro»
     Se il cliente ottiene ciò che vuole in breve tempo può essere lodato per
      aver risolto un problema difficile in tempi brevi
     Se il cliente fa progressi costanti ma lenti, la cosa sarà considerata
      normale e ci sarà comunque spazio per congratularsi per il duro lavoro
      svolto.
   Mentre una strategia convenzionale consiste nella messa a
    punto di un piano di azione per andare dal punto di partenza
    a quello di arrivo, l’approccio SF segue un percorso diverso,
    perché qualsiasi piano a lungo termine diventa obsoleto.

   SF considera il passato per individuare ciò che già si fa
    verso la direzione desiderata e questo dà la motivazione,
    l’incoraggiamento e l’orientamento ai passi graduali da fare
    verso il futuro perfetto.

   Compiendo nuovi piccoli passi, oltre ciò che già facciamo,
    possiamo valutarne l’impatto e deciderne l’utilità.
   La differenza principale è costituita dal fatto che la voce del
    singolo è sostituita dalla molteplicità delle voci del gruppo.
   È la differenza di prospettive, desideri, speranze,
    preoccupazioni che rendono i gruppi così potenti.
   È cruciale rispondere alle differenze con interesse, senza
    infastidirsi.
   Possono manifestarsi differenze, ad esempio, nel definire il
    Futuro perfetto. Si può intavolare una discussione e lasciare
    che faccia il suo corso. Oppure spostare l’attenzione
    sull’interazione tra il team e i clienti: come faranno i clienti a
    sapere che il miracolo è avvenuto nella notte?
 Come orientare la discussione sulle soluzioni?
 Pensate alle domande che vorreste porre al Team e quindi
  rispondetevi da soli a voce alta.
     «Una della cose che è andata bene negli ultimi tempi è …»
     «Quindi, la prossima volta vorremmo che accadesse X!»
     «Mi sembra che ciò che la volta scorsa ci aveva aiutato ad affrontare la
      cosa fosse…»
   Dopo aver costruito la piattaforma (speranze, aspettative,
    lamentele, recriminazioni, ma anche punti di forza) si
    scavalca il problema guardando le cose come potrebbero
    essere.
   Immaginate che siano trascorsi sei mesi e che stiamo per
    tenere un incontro come questo. Le cose sono
    notevolmente migliorate nel frattempo. Il nostro scopo è
    scoprire:
       Che cosa va meglio adesso?
       Da cosa si vede che le cose vanno meglio?
       Quali differenze ci sono per le persone coinvolte?
       Di che cosa siete più orgogliosi?
       Dove vi collocate sulla scala del progresso?
   Esempio: associazione che non aveva una buona immagine
    pubblica
   Chiedere ad ognuno di posizionarsi a seconda di come
    personalmente contribuivano alla buona immagine
    dell’associazione
   Intervista alle persone collocate ai vari punti della scala: che cosa
    stavano già facendo e cos’altro avrebbe potuto contribuire
   Chiedere ad ognuno di spostarsi dove avrebbero voluto trovarsi da
    lì ad un anno: come avrebbero potuto contribuire?
   Il gruppo si divide in sottogruppi e ciascuno lavora su un
    tema. Sono previsti momenti in cui i diversi sottogruppi
    interagiscono e condividono il lavoro svolto.
   Che cosa state cercando di raggiungere? Creazione scenario
    futuro perfetto. N.B.: non considerare ancora quello che si
    deve fare per arrivarci
     Dove siamo ora sulla scala?
     Che cosa state già facendo?
     Che cosa potrete fare di più nelle prossime settimane?
     È abbastanza?
     In caso contrario, cos’altro si può fare?
 Gli elementi del team vengono divisi in coppie e si chiedono:
  “ che cosa ti rende un membro prezioso per il team?” e poi
  “che altro?” (chiederselo fino a 15 volte)
 In che modo si mostra tutto questo?
 Qual è il più piccolo segno di ciò?
 Che cosa apprezzano gli altri?
 Quando si lavora con un Team, c’è il vantaggio che le persone possono
  interagire mentre le azioni sono in corso, notarle e rispondere in vari
  modi
 Si può installare una «paranoia positiva» chiedendo ai membri del gruppo
  di fare un’azione utile al gruppo mantenendola segreta, senza dire di che
  si tratta o quando lo ha fatto.
 Entro un certo periodo (una settimana) ogni membro del team deve fare
  qualcosa di utile per un collega o per il team, ma ognuno creca di
  individuare quando vengono effettuate le azioni utili. Tutto sarà rivelato
  alla fine, in un incontro con il coach, e si sarà creata un’atmosfera nella
  quale le persone cercano di individuare i colleghi quando fanno cose utili
  per gli altri
5 tipi di domande utili:
1. Domande che evidenziano il cambiamento pre-incontro
2. Domande per trovare le eccezioni
3. La «miracle question»
4. Le scale
5. Domande sulla capacità di gestire le difficoltà
   I cambiamenti si verificano in continuazione, e non è raro che si
    verifichino già prima del primo incontro. Vengono riferiti
    spontaneamente solo di rado, per cui è utile indagare sulla loro
    esistenza.
   «L’esperienza mi dice che molte persone notano che le cose vanno
    meglio nel periodo tra quando hanno preso l’appuntamento e il
    primo incontro. Lei ha notato qualche cambiamento di questo
    genere nella sua situazione?»
   Esempio di primo contatto telefonico: «Da ora a quando ci
    incontreremo, vorrei che prestasse attenzione alle cose della sua
    vita che vanno bene e che vorrebbe continuassero»
   Un eccezione al problema si verifica quando il cliente non
    incontra la situazione problematica, sia per una scelta
    ragionata, sia per una scelta spontanea. È importante
    rendere il cliente consapevole della strategia che ha
    utilizzato.

 Quando il problema non si è presentato?
 Qual è stato il suo comportamento in quei casi?
 Come ha fatto a scoprire che questo era di aiuto?
 Secondo lei, cosa notano gli altri (colleghi, capo…) in lei, in
  quei momenti?
   È una domanda importante, perché orienta il cliente verso uno stato
    futuro in cui il problema è risolto.
   Poiché l’immagine viene generata dal cliente, questa si inserisce
    naturalmente nel suo stile di vita e, di conseguenza, è connotata da
    realizzabilità.
   La descrizione del miracolo è tanto più utile quanto più è dettagliata
    e sensorialmente basata.
   Il passo successivo è fare accadere qualcosa in quella direzione, con
    domande come:
     Qual è l’ultima volta che questo miracolo è avvenuto, anche solo un po’?
     Quale pensa che sarebbe il primo passo da fare perché un po’ di miracolo
      si realizzi?
   Le domande ripetute sulle potenziali soluzioni funzionano come
    ritornelli cognitivi e aiutano a tracciare la mappa della soluzione: più
    il cliente ripete verbalmente l’esito positivo, più questo diventa reale
    per lui.
   Quando i clienti non hanno fiducia in se stessi e nelle loro
    possibilità, può rivelarsi utile domandare:
     «In questa situazione così difficile, come fa ad andare avanti?»
   I piccoli passi che fa il cliente per andare avanti, per
    sopravvivere, diverranno la base di ciò che dovrà continuare
    a fare.
 L’idea non è che il compito funzionerà, anche se può avere
  effetti benefici, ma che lo utilizzate per aumentare la vostra
  conoscenza di ciò che funziona
 Non sappiamo che cosa succederà, ma sappiamo come
  sfruttarlo, qualunque cosa esso sia.
   Come si comporterebbe se X non ci fosse? Qual è la più
    piccola cosa che potrebbe fare? Tutti i giorni scelga la più
    piccola cosa, la più minimale e la metta in pratica
 Di qui alla prossima volta che ci vediamo, io voglio che,
  durante l'arco della giornata, lei cerchi di trovare qualcosa
  che le permetterebbe di dire che è passata da 5 a 6.
 Se, durante la giornata Lei trova che c'è qualcosa che è
  avvenuto spontaneamente per cui può dirmi che siamo
  passati da 5 a 6, a 7, me lo dirà, se lo annoti.
 Se non ha trovato nulla, Lei, prima di sera, faccia
  volontariamente qualcosa che le permetta di dirmi che è
  passata da 5 a 6, ma non oltre il 6.
   Presti attenzione, da qui al nostro prossimo incontro, a ciò
    che va bene nella sua vita, a ciò che vorrebbe continuasse per
    sempre. Faccia una lista di quello che nota.
   Per la prossima settimana, ogni mattina al risveglio getti in
    aria una moneta. Se viene testa faccia conto che il miracolo
    sia già successo, e si comporti di conseguenza per mezz’ora,
    non di più. Osservi con attenzione ciò che fa e come
    reagiscono gli altri al suo comportamento. Se viene croce
    può fare come vuole.
   Da oggi alla prossimo nostro incontro, vorrei che ogni sera,
    prima di dormire, lei predica il comportamento che terrà
    l’indomani in relazione a X. Il giorno dopo, alla fine della
    giornata, lei confronterà le sue attività con la predizione fatta
    la sera precedente per vedere se si è avverata. Inoltre,
    prenda nota delle differenze che noterà nella sua vita.
    Prosegua questo esercizio per una settimana.
   Presta attenzione a quello che fai quando si verifica
    [eccezione]
   Non se, quando!
Titolo                            Autore             Editore
Quando bere diventa un problema   Insoo Kim Berg     Ponte alle Grazie
                                  Scott. D. Miller
Punta alla soluzione              Paul Z. Jackson    FrancoAngeli
                                  Mark McKergow

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Approccio focalizzato sulle soluzioni nel coaching e nella consulenza aziendale

  • 1. http://www.iipnl.it Fabrizio Pieroni fabripieroni@libero.it http://fabriziopieroni.weebly.com L’arte di essere saggi è l’arte di sapere che cosa trascurare William James
  • 2. problema Il Problem solving Il Problem solving orientato al problema orientato alla soluzione analizza le cause del orienta verso il problema allo scopo di raggiungimento di una rimuoverle o di soluzione, senza occuparsi rimuoverne gli effetti, ed è di analizzare il problema e sulla base di questo le sue cause. intervento che si raggiunge una soluzione soluzione
  • 3. Il focus sui problemi ha un grande successo in contesti diversi.  Un medico, prima di individuare una soluzione fa una diagnosi, cioè un’analisi dei sintomi  Un meccanico opera in modo analogo per riparare un’automobile  Un programmatore per eliminare i «bachi» da un software  Questi successi tendono a renderlo una risposta automatica di fronte a situazioni complicate.
  • 4.  Nasce a Milwaukee come approccio di terapia breve, sviluppato da Steve De Shazer insieme con la moglie Insoo Kim Berg  Grazie all’immediatezza e alla grande incisività del suo percorso breve e strategico, si sta sviluppando in tutto il mondo in diversi ambiti, dal counseling, al coaching, alla consulenza aziendale.  Dall’esterno si osserva un processo specifico e mirato, organizzato in step, che attraverso una serie di domande sposta il punto di vista dal problema alla sua soluzione.
  • 5. Risolvere un problema del cliente «non significa che il problema del cliente necessiti di un’attenta analisi, e non c’è bisogno di parlarne molto a lungo» , infatti «non c’è bisogno che le soluzioni siano direttamente connesse al problema che vogliono risolvere» (De Shazer)
  • 6.  Ogni soluzione ad un problema implica un cambiamento  Il cambiamento si verifica quando qualcuno fa qualcosa di diverso o guarda qualcosa in modo diverso  È vero anche l’opposto: se nessuno ha fatto nulla di diverso o ha guardato in modo diverso, non si è prodotto alcun cambiamento
  • 7.
  • 8. Tutti i clienti  hanno le risorse e la forza necessaria per risolvere i propri problemi  sanno e desiderano ciò che è meglio per se stessi  fanno quello che possono per ottenerlo
  • 9.  Invece di pensare a ciò che non funziona e a come correggerlo, cerchiamo ciò che funziona per utilizzarlo.  Un effetto meno ovvio di questo presupposto è l’attenzione dedicata alle risposte del cliente al problema: crediamo che siano i clienti, e non i consulenti, ad avere le soluzioni ai loro problemi.  Le soluzioni generate spontaneamente dal cliente sono più facili da incorporare nel suo stile di vita di quelle che potrebbe suggerirgli un esperto.  Utilizzando questo approccio, è raro che i clienti «resistano», in quanto evitiamo di «vendere» loro soluzioni.
  • 10. L’approccio centrato sulla soluzione non fa ipotesi circa la vera natura dei problemi che le persone vivono.  Il Consulente abbandona il ruolo di esperto o insegnante in favore del ruolo di studente o apprendista.  Non si dedica tempo a cercare la spiegazione del perché esista un problema: il punto di vista del cliente viene semplicemente accettato così come viene espresso.
  • 11.  Ciò che appare è ciò con cui lavoriamo  “Restate in superficie, lavorate con quello che trovate. C’è molto per lavorare. Se altri elementi sono importanti, a tempo debito faranno la loro comparsa” (De Shazer)  È un modo positivo e relativamente facile di cercare soluzioni  Impedisce di immaginare cose che non ci sono, correndo il rischio di andare fuori strada  Porterà ad una soluzione radicata nella realtà di questo particolare insieme di circostanze
  • 12.  L’approccio centrato sulla soluzione si basa sul principio che il cambiamento è implicito nella vita, e che i clienti non possono evitare di cambiare.  Occorre identificare i cambiamenti che avvengono naturalmente e utilizzarli e far emergere la soluzione.  «Niente accade per sempre». In qualsiasi situazione problematica ci sono momenti in cui il problema non si verifica. Ma spesso le eccezioni non vengono notate.  L’identificazione delle eccezioni non è di per sé sufficiente a generare delle soluzioni: è fondamentale aiutare il cliente a capire come le eccezioni si sono verificate.
  • 13. Principi che guidano l’azione del consulente: 1. Se non è rotto, non aggiustarlo. 2. Quando scopri cosa funziona, usala di più. 3. Se non funziona, non insistere, fa qualcosa di diverso. Principi che, di conseguenza, guideranno le azioni del cliente: 1. Smettere di fare ciò che non funziona 2. Identificare ciò che funziona e fare di più in tal senso
  • 14. Secondo il presupposto riduzionista, la conoscenza di tutte le parti ci renderà capaci di comprendere l’insieme.  In un sistema complesso, l’insieme mostra comportamenti che non possono essere colti attraverso l’esame delle singole parti. Le interazioni tra le parti sono cruciali e producono fenomeni come l’auto-organizzazione e l’adattamento.  SF ha una grande fiducia nell’interazione e nella capacità auto-correttiva dei Sistemi.
  • 15. L’interazione ha, apparentemente, una vita propria. E se volete cambiare le cose lo potete fare aiutando qualcuno degli attori del sistema a cambiare il proprio comportamento.  Frequentemente c’è bisogno di cambiamenti minimi per iniziare a risolvere i problemi, e, una volta innescato il cambiamento, questo viene portato avanti dal cliente.  Un beneficio di questo modo di pensare è che la consulenza diventa una semplice questione di spingere il primo tassello del domino. In altre parole, un piccolo cambiamento all’interno di un sistema complesso, può provocare profondi cambiamenti in molte altre aree (effetto Butterfly)
  • 16. È inutile cercare di comprendere il sistema analizzandolo, o forzare una soluzione con un’azione innaturale.  Se le giornate migliori si registrano quando il capo offre a Mario più responsabilità, il percorso più semplice (in primo luogo) è di proporre al capo di dare a Mario maggiori responsabilità per più giorni.  Se funziona, non è importante che qualcuno ne conosca o ne capisca le ragioni. “Una spiegazione è qualcosa che il destinatario accetta come spiegazione” (Humberto Maturana)
  • 17. "Qualsiasi cambiamento può essere compreso come il tentativo di conservare una certa costanza, e ogni costanza viene conservata mediante il cambiamento" Gregory Bateson stabilità cambiamento
  • 18. Secondo la teoria dei sistemi, la tendenza di un sistema (un ecosistema, una persona, un’Azienda) a mantenere un determinato equilibrio o omeostasi è una delle risorse fondamentali della sopravvivenza negli organismi stabilità cambiamento intervento stabilità cambiamento
  • 19. Quando non si mira a ciò che funziona ci si concentra su ciò che non c’è, deficit, disfunzioni, carenze e mancanza di collaborazione tra persone.  Spendere del tempo su questi aspetti non è un modo efficace per iniziare e non è un’utile premessa al cambiamento: è più efficace approfondire le esperienze e le competenze positive che soffermarsi su esperienze e comportamenti negativi.  Il percorso verso la soluzione dipende dal tipo di soluzione, non dal tipo di problema. Parlare del problema produce una digressione non necessariamente utile.
  • 20. In ogni società, organizzazione o gruppo c’è qualcosa che funziona bene  Quello su cui ci concentriamo diventa la nostra realtà  La realtà è costruita continuamente e ci sono più realtà  Porre domande alle persone è un’azione che le influenza  La gente guarda con più positività il futuro, se conosce il passato  E’ importante valorizzare le differenze  Il linguaggio che utilizziamo crea la nostra realtà  Questo approccio alla Consulenza Aziendale ha notevoli punti di contatto con Solutions Focus.  Secondo A.I., i sistemi umani crescono in direzione di ciò che studiano e prendono in esame.
  • 21. L’Apprecitivity Inquiry viene suddiviso in quattro passaggi pratici : Discover Scoperta-apprezzamento Indagine sui momenti di successo Dream Sogno-immaginazione Sviluppo della visione Design Progetto-determinazione Elaborazione delle ricette Destiny Destino-creazione Sperimentazione delle alternative di comportamento
  • 22. Gli elementi fondamentali per un intervento Focalizzato sulle Soluzioni
  • 23. Piattaforma (la situazione attuale)  Futuro perfetto (situazione ideale)  Gettoni ( eccezioni positive, risorse, abilità, …)  Scala (per misurare i progressi e identificare le differenze)  Conferme  Piccole azioni
  • 24. La piattaforma è il punto di partenza, la situazione attuale.  Più che come situazione problematica, viene concettualizzata come «soluzione insufficiente e ancora parziale».
  • 25. Il «Futuro prefetto» viene costruito nel rispetto dei temi della Piattaforma.  Non è un obiettivo da raggiungere ad ogni costo.  È, soprattutto, un indicatore di direzione.
  • 26. I Gettoni sono competenze, risorse, esperienze di successo  Sono strettamente collegate alle eccezioni positive al problema  Il gettone più utile è quello che vi permette di scoprire che la soluzione in ogni caso sta già avvenendo, proprio sotto il vostro naso, anche se per qualche motivo non l’avete riconosciuta
  • 27. Nessun problema si manifesta ininterrottamente: ci sono momenti un cui le cose vanno meglio e meno male  Quando si realizza il futuro perfetto, anche in minima parte?  Quando parti del futuro perfetto si sono già realizzate?  Quando eventi somiglianti al futuro perfetto si sono già verificati?  Che cosa pensate di aver fatto per far si che si verificassero?  In che modo? Che altro?  Se non avete ancora la descrizione del futuro perfetto  Quando il problema non è così terribile?  Pensa all’ultima volta in cui il problema non si è verificato: cosa è emerso, invece?  Se tutto questo non funziona:  Come sei riuscito ad arrivare a questo punto?  Come hai gestito la situazione?  Che cosa hai fatto per evitare che le cose peggiorassero?
  • 28. I numeri hanno qualcosa di magico. Si può chiedere al cliente di porre su una scala numerica i suoi problemi, le sue priorità, i suoi successi, il suo coinvolgimento emotivo nelle relazioni, il suo livello di autostima.  Le domande riguardo alle scale sono progettate per ottenere informazioni, ma anche per motivare, per incoraggiare e facilitare il processo del cambiamento.
  • 29. Su una scala da 1 a 10, dove 0 rappresenta il peggio che si sia mai fatto e il 10 il futuro perfetto, a che punto collocheresti la situazione attuale?  In questo momento ti trovi al punto X: che cosa hai fatto per arrivare fin qui?  Cosa ti impedisce di scivolare al punto X-1?  Di cosa avresti bisogno per arrivare a X+1?  Come potresti capire di aver raggiunto X+1? Come lo potrebbero capire gli altri?  Da 0 a 10, quanto fiduciosi siete del fatto che queste operazioni vi stiano portando nella direzione giusta?  Da 0 a 10, fino a che punto vi impegnate a intraprendere queste azioni?
  • 30. Scoprite ciò che il cliente vuole fare e poi lavorate per ottenere quel risultato mettendo da parte il pensiero di cosa dovrebbe fare.  Sottolineare e valorizzare l’impegno, i piccoli risultati, in particolare ciò che il cliente dà per scontato.  Nell’originaria formulazione di De Shazer, esisteva una fase del colloquio riservata ai «complimenti», finalizzata a valorizzare tutti quegli aspetti della vita del cliente che non vengono presentati come problemi
  • 31. Si analizza in che modo i passati successi sono rilevanti per la situazione corrente  Sulla base di quanto appreso dall’analisi dei passati successi, si progetta un piccolo passo in avanti  Il piccolo passo in avanti può essere visto come un esperimento: dopo tutto, la situazione non sarà comunque del tutto identica alla precedente
  • 32. I piccoli passi sono basati su ciò che funziona o ciò che ci si attende che funzioni. Scegliete:  Ciò che ha più probabilità di accadere  Il modo più semplice  Notando che cosa funziona  Scegliete azioni:  Da fare domani  Concrete  Per partire, non per stare fermi
  • 33. Chiarire il desiderio di cambiamento Verificare l’eventuale Definizione di ciò che ulteriore desiderio di si vuole raggiungere cambiamento Riesame: monitorare i Definizione della progressi situazione attuale Un piccolo passo alla Analisi dei successi volta passati
  • 34. Su cosa vuoi lavorare?  Cosa vuoi ottenere?  Futuro perfetto (domanda miracolo)  Piattaforma –Dove sei adesso (scala)  Primo piccolo passo avanti (scala)
  • 35. In positivo (la presenza, piuttosto che l’assenza di qualcosa)  Obiettivi concreti, specifici e basati sul comportamento  Importanti per il cliente  Ad esempio, potrebbe essere: conservare il lavoro, scrollarsi di dosso il capo…  È più utile accettare l’obiettivo del cliente che insistere sulla scelta di un obiettivo più «adeguato»  Obiettivi «piccoli»  Il cliente deve stabilire obiettivi abbastanza piccoli da essere raggiungibili  A fronte di obiettivi vaghi e troppo grandi, la domanda è : «Quale sarebbe il primo piccolo passo che le indicherebbe di essersi avviato…»  Un inizio, piuttosto che una fine  Il fatto che i clienti si pongano obiettivi ambiziosi è positivo, è segno che riescono a percepire la possibilità di una vita diversa.  Ma senza un aiuto a definire il cambiamento passo per passo, potrebbe rimanere una possibilità e nulla più.
  • 36. Serve a proteggere il cliente nel caso non riesca a raggiungere l’obiettivo.  Qualunque sia il risultato, cliente e consulente possono considerare i loro sforzi come un successo:  Se il cliente non raggiunge l’obiettivo si ha solo un indice della necessità di compiere altro «duro lavoro»  Se il cliente ottiene ciò che vuole in breve tempo può essere lodato per aver risolto un problema difficile in tempi brevi  Se il cliente fa progressi costanti ma lenti, la cosa sarà considerata normale e ci sarà comunque spazio per congratularsi per il duro lavoro svolto.
  • 37. Mentre una strategia convenzionale consiste nella messa a punto di un piano di azione per andare dal punto di partenza a quello di arrivo, l’approccio SF segue un percorso diverso, perché qualsiasi piano a lungo termine diventa obsoleto.  SF considera il passato per individuare ciò che già si fa verso la direzione desiderata e questo dà la motivazione, l’incoraggiamento e l’orientamento ai passi graduali da fare verso il futuro perfetto.  Compiendo nuovi piccoli passi, oltre ciò che già facciamo, possiamo valutarne l’impatto e deciderne l’utilità.
  • 38.
  • 39. La differenza principale è costituita dal fatto che la voce del singolo è sostituita dalla molteplicità delle voci del gruppo.  È la differenza di prospettive, desideri, speranze, preoccupazioni che rendono i gruppi così potenti.  È cruciale rispondere alle differenze con interesse, senza infastidirsi.  Possono manifestarsi differenze, ad esempio, nel definire il Futuro perfetto. Si può intavolare una discussione e lasciare che faccia il suo corso. Oppure spostare l’attenzione sull’interazione tra il team e i clienti: come faranno i clienti a sapere che il miracolo è avvenuto nella notte?
  • 40.  Come orientare la discussione sulle soluzioni?  Pensate alle domande che vorreste porre al Team e quindi rispondetevi da soli a voce alta.  «Una della cose che è andata bene negli ultimi tempi è …»  «Quindi, la prossima volta vorremmo che accadesse X!»  «Mi sembra che ciò che la volta scorsa ci aveva aiutato ad affrontare la cosa fosse…»
  • 41. Dopo aver costruito la piattaforma (speranze, aspettative, lamentele, recriminazioni, ma anche punti di forza) si scavalca il problema guardando le cose come potrebbero essere.  Immaginate che siano trascorsi sei mesi e che stiamo per tenere un incontro come questo. Le cose sono notevolmente migliorate nel frattempo. Il nostro scopo è scoprire:  Che cosa va meglio adesso?  Da cosa si vede che le cose vanno meglio?  Quali differenze ci sono per le persone coinvolte?  Di che cosa siete più orgogliosi?  Dove vi collocate sulla scala del progresso?
  • 42. Esempio: associazione che non aveva una buona immagine pubblica  Chiedere ad ognuno di posizionarsi a seconda di come personalmente contribuivano alla buona immagine dell’associazione  Intervista alle persone collocate ai vari punti della scala: che cosa stavano già facendo e cos’altro avrebbe potuto contribuire  Chiedere ad ognuno di spostarsi dove avrebbero voluto trovarsi da lì ad un anno: come avrebbero potuto contribuire?
  • 43. Il gruppo si divide in sottogruppi e ciascuno lavora su un tema. Sono previsti momenti in cui i diversi sottogruppi interagiscono e condividono il lavoro svolto.  Che cosa state cercando di raggiungere? Creazione scenario futuro perfetto. N.B.: non considerare ancora quello che si deve fare per arrivarci  Dove siamo ora sulla scala?  Che cosa state già facendo?  Che cosa potrete fare di più nelle prossime settimane?  È abbastanza?  In caso contrario, cos’altro si può fare?
  • 44.  Gli elementi del team vengono divisi in coppie e si chiedono: “ che cosa ti rende un membro prezioso per il team?” e poi “che altro?” (chiederselo fino a 15 volte)  In che modo si mostra tutto questo?  Qual è il più piccolo segno di ciò?  Che cosa apprezzano gli altri?
  • 45.  Quando si lavora con un Team, c’è il vantaggio che le persone possono interagire mentre le azioni sono in corso, notarle e rispondere in vari modi  Si può installare una «paranoia positiva» chiedendo ai membri del gruppo di fare un’azione utile al gruppo mantenendola segreta, senza dire di che si tratta o quando lo ha fatto.  Entro un certo periodo (una settimana) ogni membro del team deve fare qualcosa di utile per un collega o per il team, ma ognuno creca di individuare quando vengono effettuate le azioni utili. Tutto sarà rivelato alla fine, in un incontro con il coach, e si sarà creata un’atmosfera nella quale le persone cercano di individuare i colleghi quando fanno cose utili per gli altri
  • 46. 5 tipi di domande utili: 1. Domande che evidenziano il cambiamento pre-incontro 2. Domande per trovare le eccezioni 3. La «miracle question» 4. Le scale 5. Domande sulla capacità di gestire le difficoltà
  • 47. I cambiamenti si verificano in continuazione, e non è raro che si verifichino già prima del primo incontro. Vengono riferiti spontaneamente solo di rado, per cui è utile indagare sulla loro esistenza.  «L’esperienza mi dice che molte persone notano che le cose vanno meglio nel periodo tra quando hanno preso l’appuntamento e il primo incontro. Lei ha notato qualche cambiamento di questo genere nella sua situazione?»  Esempio di primo contatto telefonico: «Da ora a quando ci incontreremo, vorrei che prestasse attenzione alle cose della sua vita che vanno bene e che vorrebbe continuassero»
  • 48. Un eccezione al problema si verifica quando il cliente non incontra la situazione problematica, sia per una scelta ragionata, sia per una scelta spontanea. È importante rendere il cliente consapevole della strategia che ha utilizzato.  Quando il problema non si è presentato?  Qual è stato il suo comportamento in quei casi?  Come ha fatto a scoprire che questo era di aiuto?  Secondo lei, cosa notano gli altri (colleghi, capo…) in lei, in quei momenti?
  • 49. È una domanda importante, perché orienta il cliente verso uno stato futuro in cui il problema è risolto.  Poiché l’immagine viene generata dal cliente, questa si inserisce naturalmente nel suo stile di vita e, di conseguenza, è connotata da realizzabilità.  La descrizione del miracolo è tanto più utile quanto più è dettagliata e sensorialmente basata.  Il passo successivo è fare accadere qualcosa in quella direzione, con domande come:  Qual è l’ultima volta che questo miracolo è avvenuto, anche solo un po’?  Quale pensa che sarebbe il primo passo da fare perché un po’ di miracolo si realizzi?  Le domande ripetute sulle potenziali soluzioni funzionano come ritornelli cognitivi e aiutano a tracciare la mappa della soluzione: più il cliente ripete verbalmente l’esito positivo, più questo diventa reale per lui.
  • 50. Quando i clienti non hanno fiducia in se stessi e nelle loro possibilità, può rivelarsi utile domandare:  «In questa situazione così difficile, come fa ad andare avanti?»  I piccoli passi che fa il cliente per andare avanti, per sopravvivere, diverranno la base di ciò che dovrà continuare a fare.
  • 51.  L’idea non è che il compito funzionerà, anche se può avere effetti benefici, ma che lo utilizzate per aumentare la vostra conoscenza di ciò che funziona  Non sappiamo che cosa succederà, ma sappiamo come sfruttarlo, qualunque cosa esso sia.
  • 52. Come si comporterebbe se X non ci fosse? Qual è la più piccola cosa che potrebbe fare? Tutti i giorni scelga la più piccola cosa, la più minimale e la metta in pratica
  • 53.  Di qui alla prossima volta che ci vediamo, io voglio che, durante l'arco della giornata, lei cerchi di trovare qualcosa che le permetterebbe di dire che è passata da 5 a 6.  Se, durante la giornata Lei trova che c'è qualcosa che è avvenuto spontaneamente per cui può dirmi che siamo passati da 5 a 6, a 7, me lo dirà, se lo annoti.  Se non ha trovato nulla, Lei, prima di sera, faccia volontariamente qualcosa che le permetta di dirmi che è passata da 5 a 6, ma non oltre il 6.
  • 54. Presti attenzione, da qui al nostro prossimo incontro, a ciò che va bene nella sua vita, a ciò che vorrebbe continuasse per sempre. Faccia una lista di quello che nota.
  • 55. Per la prossima settimana, ogni mattina al risveglio getti in aria una moneta. Se viene testa faccia conto che il miracolo sia già successo, e si comporti di conseguenza per mezz’ora, non di più. Osservi con attenzione ciò che fa e come reagiscono gli altri al suo comportamento. Se viene croce può fare come vuole.
  • 56. Da oggi alla prossimo nostro incontro, vorrei che ogni sera, prima di dormire, lei predica il comportamento che terrà l’indomani in relazione a X. Il giorno dopo, alla fine della giornata, lei confronterà le sue attività con la predizione fatta la sera precedente per vedere se si è avverata. Inoltre, prenda nota delle differenze che noterà nella sua vita. Prosegua questo esercizio per una settimana.
  • 57. Presta attenzione a quello che fai quando si verifica [eccezione]  Non se, quando!
  • 58. Titolo Autore Editore Quando bere diventa un problema Insoo Kim Berg Ponte alle Grazie Scott. D. Miller Punta alla soluzione Paul Z. Jackson FrancoAngeli Mark McKergow