2. 2 I caratteri fondamentali
Le origini del teatro si perdono nella Grecia arcaica,
intorno al VII sec. a.C., cioè prima dell’età classica, che si
colloca invece nel V e nel IV sec. a.C.
Il modello teatrale della Grecia classica è affidato
principalmente alla tragedia, e ai suoi autori più
importanti: Eschilo, Sofocle, Euripide.
Il teatro assume con i Greci i caratteri di una straordinaria
esperienza di formazione.
3. 3 I caratteri fondamentali
I Greci elaborarono una complessa teoria della
formazione, la Paidèia (παιδεία), che consisteva in un
insieme di discipline retoriche, filosofiche e scientifiche,
unite all’esercizio fisico e alle discipline militari.
All’interno di questo complesso iter formativo, il teatro
assume una centralità decisiva, soprattutto in quanto
esso rappresenta una formazione dei sentimenti, delle
emozioni, delle passioni: cioè di quello che i Greci
chiamavano Pàthos (πάθος ).
4. 4 I caratteri fondamentali
Nel teatro classico vengono messe a fuoco alcune
importanti strutture formali, stilistiche.
Esse sono le regole per la costruzione del discorso teatrale:
Le unità aristoteliche di spazio, tempo e azione
La funzione della mimesi (rappresentazione)
Il ruolo della catarsi (purificazione)
Aristotele, nella Poetica, è il grande teorico del teatro
classico
5. 5 I caratteri fondamentali
Assistere alla rappresentazione teatrale assume la
funzione di una partecipazione ad un rito collettivo.
Per i Greci il teatro si ricollegava alla ritualità religiosa
che avveniva durante i periodi dell’anno dedicati a
Dioniso, il dio dell’ebbrezza e della frenesia.
La stessa origine della tragedia sembra avere questa
provenienza
6. 6 I caratteri fondamentali
Sul palcoscenico vengono dunque rappresentate le
passioni umane, i drammi collettivi della pòlis (πóλις ): la
guerra, l’odio, la vendetta, l’amore, i conflitti.
In particolare, il conflitto sembra essere il tema
portante del dramma, non solo antico ma anche e
soprattutto moderno.
La modernità ha rielaborato il conflitto alla luce delle
cultura e della società contemporanee.
7. 7 Le origini della tragedia
La tragedia nasce ad Atene alla fine del VI sec. a.C., ma la
sua origine è assai problematica e discussa. Il termine
stesso tragodìa è inteso in vari modi: a) "canto dei capri";
b) “canto per il sacrificio del capro”; c) “canto per il capro”
(inteso come premio).
Aristotele scrive: “Trae la sua origine dall’improvvisazione,
non solo la tragedia, ma anche la commedia: la prima dai
corifei che intonavano il ditirambo, la seconda da chi
guidava le processioni falliche, rimaste in uso ancora oggi
in varie città” (Poetica, 1449a, 10).
8. 8 Le origini della tragedia
Secondo Aristotele l’origine va dunque rintracciata nei
rituali dionisiaci, durante i quali satiri travestiti da capri,
cioè i tràgoi seguaci di Dioniso, cantavano il ditirambo,
un coro di natura magico-religiosa legato ai culti agresti
in onore del dio.
All’inizio, il coro avrebbe improvvisato una danza e un
canto intorno all’altare di Dioniso e davanti ad un
pubblico identificato religiosamente con lo stesso coro.
Più tardi un corifeo (o capocoro) si sarebbe staccato dal
gruppo per raccontare l’azione (dràma) del dio. Un’altra
ipotesi fa risalire questo genere di spettacolo ad una
forma mimico-drammatica di lamentazione funebre che
cantava i pàthea, le sofferte vicissitudini, di un eroe.
9. 9 La catarsi
Aristotele nella Poetica scrive che "la tragedia è
l’imitazione di un’azione seria e compiuta in se stessa , di
una certa estensione, in un linguaggio adorno di vari
abbellimenti, applicati ciascuno a suo luogo nelle parti
diverse, rappresentata da personaggi che agiscono e non
narrata, la quale mediante una serie di casi che suscitano
pietà e terrore, ha per effetto di sollevare e purificare
l’animo da siffatte passioni ".
10. 10 La catarsi
Lo spettatore, dalla visione del dramma, era cioè
sottoposto ad un effetto di ‘catarsi’, di purificazione:
s’interrogava sul senso della vita, sul mistero della morte,
sulla presenza del male, della colpa, del dolore, sul
destino individuale e collettivo.
Quei sentimenti quali l’amore, l’odio, la vendetta, la pietà
che dominavano negli eroi tragici, una volta proiettati
sulla scena, venivano razionalizzati e come espulsi,
liberati, dagli strati più profondi della coscienza.
11. 11 Gli spettacoli
Per la vita collettiva del cittadino ateniese l’evento
teatrale era d’importanza assoluta, tanto che alle
procedure agonistiche era preposto un magistrato
statale, l’arconte eponimo, che durava in carica un anno.
Era l’arconte che in occasione delle Grandi Dionisie (le
feste in onore di Dioniso che cadevano alla fine di marzo)
selezionava tre tragediografi, i quali presentavano una
tetralogia (tre tragedie più un dramma satiresco).
12. 12 Gli spettacoli
Lo stesso arconte affidava
l’allestimento del coro (coregia),
costituito da cittadini addestrati
nella dizione, nel canto e nella
danza, ad un cittadino ricco e
facoltoso (corego), che in cambio
vedeva accresciuti prestigio ed
immagine presso la comunità
cittadina.
13. 13 Gli spettacoli
La coregia rientrava nelle cosiddette liturgie, ossia
prestazioni in denaro che i cittadini abbienti erano
chiamati a dare a favore della collettività. Gli attori erano
tutti professionisti, godevano di grande reputazione ed
erano remunerati con grosse cifre dallo Stato.
Le rappresentazioni duravano tre intere giornate, dall’alba
al tramonto, ma il giorno precedente la festa si celebrava il
proagone, una presentazione delle opere cui partecipavano
autori, musici, coreuti, attori.
14. 14 La funzione educativa
I grandi temi tragici, come abbiamo detto, derivavano
dall’antica storia sacra del popolo greco e avevano al
centro quegli stessi dèi ed eroi cantati anche dall’epica e
dalla lirica corale.
La tragedia come noi la intendiamo, quella “classica” di
Eschilo, Sofocle e Euripide, nasce quando il mito comincia
ad essere sottoposto a verifica, quando cioè la pòlis
democratica si confronta col proprio passato eroico,
innescando un conflitto fra due mondi socialmente e
ideologicamente organizzati in modo diverso.
15. 15 La funzione educativa
Tale rapporto conflittuale produce quelle ambiguità e
antinomie (contrasti-conflitti) che caratterizzano la
dimensione dell’eroe tragico il quale si mette in
discussione, si problematizza, ricerca le ragioni etiche
delle sue azioni, delle sue colpe, scoprendo dimensioni
inquietanti del proprio essere e al tempo stesso
proponendo alla collettività raccolta in teatro valori e
modelli di comportamento.
16. 16 La funzione educativa
È questa la funzione ‘paideutica’, educativa, del teatro
antico, una funzione di cui il tragediografo era
assolutamente conscio dal momento in cui sceglieva
l’episodio mitico per attualizzarlo nella prospettiva della
sua contemporaneità, cercando così di rispondere alle
attese del pubblico, senza per questo rinunciare alla sua
personale creatività ed inventiva sia sul piano della
sintassi drammatica sia su quello dell’interpretazione
morale del mito messo in scena.
17. 17 La funzione educativa
La valenza educativa degli spettacoli è testimoniata sul
piano politico e sociale anche dal theorikòn, ossia il
denaro che da Pericle in poi si prelevava dalle casse dello
Stato per pagare l’ingresso a teatro ai cittadini meno
abbienti.
18. 18 Il coro
Completamente perdute per noi sono la musica e i
movimenti della danza corale, che per la tragedia era
detta emmèleia ed aveva un carattere grave e solenne.
Testimonianze antiche parlano di "danza del bastone", di
"mani sopra la testa", di movimento a "tenaglia", ma non
è possibile dare indicazioni sicure su queste posizioni.
Nella tragedia classica il coro entrava spesso nel vivo
dell’azione drammatica, si faceva portatore delle istanze e
dei valori etici, propri della comunità della pòlis, e aiutava
lo spettatore a decifrare il significato profondo degli
eventi. Poi finì col perdere gradualmente d’importanza.
19. 19 L’attore e la maschera
Proprio il corifeo si sarebbe
trasformato in seguito
nell’attore. Il numero degli attori
passò da uno a due (con
Eschilo), a tre (con Sofocle) e
rimase per sempre invariato.
L’uso della maschera, forse un
ricordo degli antichi rituali
religiosi, permetteva agli attori
(che dovevano essere tutti
maschi) di recitare diverse parti
nella stessa opera.
20. 20 L’attore e la maschera
Nelle Troiane di Euripide, ad esempio, il protagonista
aveva la parte di Ecuba; il deuteragonista quelle di Atena,
Cassandra, Andromaca ed Elena; il tritagonista (cioè il
“terzo attore”) quelle di Poseidone,Taltibio e Menelao; il
coro era composto da 15 prigioniere troiane;
personaggio muto (kòphon pròsopon) era Astianatte.
Nell'Elettra di Sofocle il protagonista aveva la parte di
Elettra; il deuteragonista quella di Oreste, Crisotemi e
Clitemnestra; il tritagonista quella del Precettore ed
Egisto; il coro era composto da quindici donne di Micene;
personaggio muto era Pilade.
21. 21 L’attore e la maschera
La maschera, senza dubbio,
consentiva di creare effetti
drammatici di grande
intensità e potenza, ma,
secondo alcuni, contribuiva
soprattutto ad amplificare il
suono della voce cosicché
l’attore poteva essere udito
anche da grande distanza.
22. 22 L’attore e la maschera
Come per il coro, è difficile ricostruire i movimenti scenici
degli attori. Nel teatro antico le didascalie erano “interne”
al testo, contenute cioè nella battuta del personaggio.
Nelle Troiane di Euripide, ad esempio, Ecuba suggerisce le
posizioni da lei assunte nel primo monologo, dicendo: "Su,
misera, solleva la testa. Su la gola da terra... Questo giacere
sulla pietra nuda mi sfibra. Oh, la mia testa! Volgersi sui
fianchi ogni momento".
La recitazione non era di tipo naturalistico, bensì
declamatorio e quindi protesa ad un effetto di forte
straniamento a differenza del teatro moderno che tende
piuttosto al concetto di interpretazione.
23. 23 L’attore e la maschera
L’abbigliamento era quello della vita quotidiana e quindi
mirava in genere a sottolineare la posizione sociale e
l’età, ma anche lo stato d’animo del personaggio.
Euripide, in particolare, fu molto criticato per avere, in
alcune sue tragedie, vestito eroi e principesse con abiti
miseri e cenciosi (si pensi alla sua Elettra in abiti da
contadina).
Comune nella tragedia fu un particolare tipo di calzatura
detta coturno, una specie di stivaletto a mezza gamba
con una suola molto spessa (circa 10-20 cm.) che
conferiva al personaggio un aspetto imponente.
24. 24 L’edificio teatrale
Gli spettacoli si svolgevano all’aperto: i primi, al tempo di
Tespi e Pisistrato (prima metà del VI sec. a.C.),
nell’orchestra dell’Agorà di Atene e i cittadini assistevano
agli spettacoli da tribune in legno. Poi di lì a poco, al
tempo di Eschilo, sulle pendici meridionali dell’Acropoli
fu costruito il teatro di Dioniso Eleutherios, dove
saranno tenute le rappresentazioni più significative
dell’età classica.
Gli edifici teatrali sono importanti per capire la natura e il
senso profondo del teatro greco, che era soprattutto un
luogo della parola, come l’agorà e il tribunale.
25. 25 L’edificio teatrale
L'edificio dell’epoca classica si sviluppa dall’orchèstra, lo
spazio in cui durante le rappresentazioni agiva il coro, un
cerchio religioso e magico che nella sua forma ricorda
l’aia in cui i contadini celebravano le loro danze rituali in
onore di Dioniso, il dio simbolo della fecondità e della
forza fecondatrice della natura, essenziale in una civiltà
prevalentemente agricola come quella ateniese.
26. 26 L’edificio teatrale
Durante gli agoni tragici una statua del dio veniva portata
con una processione solenne in teatro, posta di fronte al
palcoscenico e celebrata con sacrifici sulla thymèle, l’ara
sacrificale situata al centro dell’orchèstra. La collocazione
ideale del thèatron ("luogo da cui si guarda") era la
pendenza ai piedi di un colle, sulla quale prendevano
posto gli spettatori che così godevano di una visuale più
efficace. Tale pendenza assunse la forma di una gradinata
semicircolare, il koilon o cavea, realizzata per la prima
volta in pietra a Siracusa.
27. 27 L’edificio teatrale
Straordinario edificio teatrale è quello di Epidauro,
appartenente all’età ellenistica. Le gradinate erano
tagliate in senso verticale da quattordici scalinate dette
klìmakes e in senso orizzontale da due corridoi detti
diazòmata. La cavea aveva alle due estremità due
accessi per l’orchèstra, detti pàrodoi, dai quali faceva il
suo ingresso solenne il coro (il canto d’ingresso del coro
era detto appunto pàrodos).
28. 28 L’edificio teatrale
La tenda (skenè, da cui "scena"), che, sviluppandosi
lungo la tangente dell’orchèstra, serviva alle origini da
camerino per gli attori, si trasformò nel tavolato
(proskènion) di una scena che di solito rappresentava un
palazzo reale a tre porte da dove entravano ed uscivano
gli attori, oppure un tempio, una grotta, una tenda
militare. Dalla seconda metà del IV sec. a.C. fu impiegata
la pietra come materiale anche per la scena, che fu spinta
in avanti con un proscenio rialzato, sostenuto da un
piccolo colonnato con tavole di legno dipinte (pìnakes)
per connotare l’ambiente e la parete di fondo venne
ornata di una o più serie di colonne.
30. 30 Il teatro di Epidauro
Parasceni
Proscenio
Orchestra
Skenè
Pàrodoi
Kòilon
Diàzomai
Scale
31. 31 Le macchine teatrali
Nel teatro greco si faceva uso anche di marchingegni
teatrali; i più importanti erano lo enkyklema e la
mechanè.
Il primo era una sorta di piattaforma che, eseguendo un
movimento circolare o rettilineo, girevole, serviva a
rendere visibile al pubblico quanto avveniva in un interno
(soprattutto i fatti di sangue che non venivano
rappresentati davanti agli occhi dello spettatore) e a
consentire il passaggio da un esterno a un interno.
32. 32 Le macchine teatrali
La seconda era una macchina per volare, una specie di
gru che, con un sistema di cavi e carrucole, serviva a
tenere sollevato un personaggio e spesso anche a calare
dall’alto una divinità (deus ex machina).
Gli dèi apparivano anche dal theologèion, una piattaforma
nascosta in alto sopra la parete di fondo. Per le apparizioni
dei fantasmi o delle ombre di morti si ricorreva ad una
botola, posta nell’orchestra, cui si accedeva tramite un
passaggio sotterraneo detto charòneioi klìmakes ("scale di
Caronte").
Il teatro greco non rinunciava nemmeno agli ‘effetti
speciali’ grazie appositi strumenti che servivano a
simulare tuoni, lampi, fiamme, ecc