Just move - Numero Zero del Magazine vincitore del concorso "Sogna e Realizza" del Liceo Scientifico C.Jucci di Rieti
1. Persone
Musica
il mare negli occhi
Ho imparato a sognare
Intervista a Shekib Dolatzai.
Negrita.
Cult
Sport
27 gennaio 1945
Allenati a sognare
Perchè bisogna ricordare.
Passione e sacrifici.
On the road
Sinapsi
localizzazione
perchè sognamo?
Rieti
Curiosità sul mondo dei sogni
1
3. 4 | focus
18 | SPORT
Tra sogno e realtà
Allenàti a sognare
6 | PERSONE
19 | carta e pellicola
Sogno a modo mio
Il mare negli occhi
Nel mare ci sono i coccodrilli
Il grande sogno
10 | CULT
Un sogno per domani
Mlk i have a dream
27 gennaio 1945
20 | MUSICA
you may say i’m a dreamer
12 | SINAPSI
Negrita
Perchè sognamo?
Playlist
13 | CURIOSARE&CURIOSARE
22 | SIMBOLI
14 | ON THE ROAD
localizzazione Rieti
Lettera di una mamma
Smorfia
Giochi
Eventi
A tu per tu: simone petrangeli
3
DIREZIONE COMMERCIALE
Massimo Martellucci
CAPOREDATTORE
Serena Pitotti
DIREZIONE CREATIVA
Maria Chiara Giovannelli
Massimo Martellucci
CORREZIONE BOZZE
Prof.ssa Anna Rita Rizzo
LA REDAZIONE:
Beatrice Cianetti
Chiara Cauletti
Federica D’orazi
Sofia Galgani
Simona Romagnoli
Elvisa Rossetti
Daniele Bolletta
Serena Pitotti
4. focus
| tra sogno e realtà
A
bbiano imparato che, se ci credi veramente un sogno può essere realizzato. Grinta, passione e tenacia fanno la differenza.
Volevamo dare l'opportunità a tutti i nostri compagni di espri
mere il proprio talento nelle pagine di un giornale. Per questo
abbiamo iniziato a sognare insieme a quelli che, da tempo, condividono
con noi il desiderio di lottare per risvegliare le coscienze dei nostri coetanei e di altre generazioni.
Se c'è qualcuno a cui dobbiamo dire grazie è l'associazione degli ex studenti del mio Liceo che, mossi dal nostro stesso ardore, hanno inventato
il progetto "Sogna e Realizza" con il quale si propongono di stimolare
e supportare le idee di giovani "sognatori", mettendo a disposizione le
loro risorse.
Ce l'abbiamo fatta: hanno creduto in noi, ci abbiamo messo l'impegno
e la dedizione, abbiamo superato i momenti di sconforto, ma abbiamo
avuto anche tante soddisfazioni. La più grande è stata vincere la seconda
edizione del concorso.
Come sottovalutare, poi, l'emozione che abbiamo provato quel giorno in
cui abbiamo incontrato Shekib? O quando ci hanno detto che avremmo
avuto l'opportunità di intervistare personaggi famosi?
Giorno per giorno costruiamo la nostra esperienza e la nostra identità
di mentore.
Stiamo lavorando per migliorare qualcosa in questa città che, ormai da
tempo, ha smesso di sognare. Crediamo fermamente che la nostra Rieti
non abbia nulla da invidiare alla altre province italiane; per questo vogliamo farvi conoscere meglio il nostro bellissimo territorio.
Speriamo di stimolare il lettore ad affrontare con più determinazione gli
ostacoli che la vita pone davanti.
Non importa quanti di voi leggeranno quello che scriviamo: la nostra
più grande vittoria è stata metterci in gioco ed aver avuto l'opportunità
di provarci.
4
Martha Medeiros “lentamente muore”
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle i piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle
che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore
e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno, chi
non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge
l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi
non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde
quando gli
chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una
splendida felicità.
SOGNA CON ME:
COMBATTIAMO INSIEME L'OMERTÀ E
L'IGNORANZA CHE STANNO PROVANDO
A DISTRUGGERE IL NOSTRO FUTURO.
la redazione
6. PERSONE |Sogno a modo mio
G
6
iuseppe D’Antonio, 40enne, è amministratore network su internet e vorrebbe che il progetto “Sogna e Realizza”
in una ditta che lavora nel settore informatico e venga conosciuto al di fuori della città di Rieti. Non ha ancora una
soprattutto nei social network. Ha frequentato la famiglia, tuttavia , il giorno in cui avesse dei figli, Giuseppe sarebfacoltà di ingegneria presso l’università dell’Aqui- be contento che avessero la possibilità di andare all’estero, ma
la, ma ha concluso i suoi studi negli Stati Uniti, non vorrebbe mai che lasciassero l’Italia per scappare dalla realtà
dove è rimasto per diversi anni. Ha vissuto anche attuale, credendo che quella al di là dei confini sia migliore. “Se
in Francia, in Inghilterra, a Singapore e in Svizze- avete voglia di andare all’estero e avete la curiosità di imparare,
ra. Già dal liceo pensava
ben venga, ma se andare via dall’Italia siGiuseppe D’Antonio parlando di Gabriella Grasso
a qualcosa che avrebbe cambiato il “futugnifica scappare da qualcosa perché quero” della società e, in virtù di quella che è
paese non va bene, questo credo sia
“è fantastico che lei abbia sto errore.” Giuseppe pensa che, se avessempre stata una sua grande passione, si
un
avuto il coraggio di
informava spesso di quali fossero i nuose frequentato il liceo oggi, sarebbe covi trend tecnologici, le scoperte in qua- realizzare questo suo sogno” munque riuscito a diventare quello che
.
lunque settore e sperava che un giorno
è, perché se si crede veramente in quello
egli stesso potesse essere protagonista di
che si fa, se si diventa un “sognatore-requesto cambiamento. Cinque o sei anni fa, inseguendo un sogno alizzatore”, i sogni possono essere realizzati, indipendentemente
che stava maturando in lui già da tempo, è entrato in contatto con dal periodo storico in cui si vive.
il mondo del teatro e ancora oggi la recitazione è un suo hobby.
Tuttavia non si sente realizzato al 100%: “sentirsi realizzato è un’alUno dei tanti sogni di Giuseppe è quello di fare qualcosa per mi- tra cosa, perché, secondo me, non si avrebbero più stimoli, cioè
gliorare la società e lo sta facendo con il progetto “Sogna e realiz- non si avrebbe più alcun modo di fare cose; deve esserci sempre
za”, nato tre anni fa da un’associazione di ex-studenti, con lo sco- qualcosa che uno ha il desiderio di fare e che trascina ad andare
po di aiutare i giovani, mettendo a disposizione la loro esperienza avanti.
e le loro risorse. Durante la sua carriera professionale, Giuseppe
ha incontrato diversi ostacoli, che lo hanno più volte portato a Quindi per fortuna non mi sento totalmente realizzato, continuo
considerare l’idea di mollare tutto. Basti pensare che aveva deciso a rendermi conto che sono stato fortunato, quando ho fatto delle
di abbandonare l’università, perché insoddisfatto dei propri studi cose che comunque si sono avverate, ho vissuto i cambiamenti,
e della propria vita. La vincita di una borsa di studio, lo spinse a ho provato e magari diverse volte ho fallito, però ci ho provato,
iscriversi di nuovo e a concludere gli studi universitari negli Stati insomma.
Uniti. “Credo che le difficoltà maggiori non siano legate alle proprie risorse, ai problemi burocratici, al trovare le persone giuste E’ fondamentale avere degli obiettivi, voler realizzare delle cose
ecc..,; l’ostacolo più grande, secondo me, è il pessimismo, perché nella vita; per farlo bisogna essere assolutamente ottimisti, rimla convinzione che nulla si possa cambiare o migliorare tende a boccarsi le maniche e crederci veramente. Se tutti fossero ottimifrenare le persone dal sognare.”
sti, in una società ideale si potrebbe davvero ottenere tanto di più.
Sognare significa non doversi accontentare, cercare di migliorare
Ora Giuseppe spera di riuscire a migliorare il settore dei social non solo la propria condizione , ma anche quella degli altri.”
7. G
abriella Grasso, 34enne, fa la mamma a tempo
pieno. Dopo aver lavorato come segretaria presso
uno studio legale, ha deciso di lasciare l’impiego
per dedicarsi interamente a suo figlio Francesco.
Ora spera di aprire un’attività e sta aspettando il
momento giusto per farlo. È tra i banchi del liceo,
però che è nato il suo sogno più grande: “Un giorno la mia professoressa di lettere ci portò da suor
Marilena che ci raccontò di lei, della sua vocazione e di quella dei
suoi genitori, cioè fare i genitori.
PERSONE |sogno a modo mio
hanno mai fatto mancare niente, ma non si sono mai chiesti quello
che la loro figlia avesse voluto veramente. Le dimostravano affetto
a modo loro.
I ragazzi della sua età erano ossessionati dai loro sogni; Gabriella,
no: lei li viveva con serenità. Oggi, anche se non è laureata e non
ha un lavoro, si sente realizzata al 100% ; in parte lo deve anche
a suo marito, Andrea, che ha sempre appoggiato le sue decisioni.
Tuttavia, anche se non avrebbe voluto una vita diversa, si è sempre
chiesta come sarebbe stato vivere in modo più avventuroso.
Considerata la situazione attuale dell’Italia, Gabriella ha timore
Quel giorno ho pensato che mi sarebbe piaciuto essere una mam- per suo figlio, perché vive in un momento in cui molte cose gli
ma così”. Ebbene, la sua illuminazione fu proprio questa: realizza- vengono concesse e ha paura che i ‘no’ che la vita gli porrà davanti
re una famiglia e diventare la mamma che le sarebbe piaciuto ave- gli possano fare del male. Il periodo storico che stiamo vivendo
re. Non che alla sua mancasse qualcosa,
non le da una base per sognare il futuro
ma la comunicazione con lei e con suo
di suo figlio, e non riuscendo ad immagiGabriella Grasso parlando dei suoi compagni
padre era difficile, poiché appartenevano
narlo, cerca di costruirlo giorno per giorad una generazione lontana dalla sua. Da “Non invidio i miei compagni no, partendo dall’educazione.
figlia unica, Gabriella non aveva nessun del liceo che si sono realizintermediario che potesse avvicinarla ai
Le aspettative, invece, che i suoi genitori
zati in ambito lavorativo”. avevano per lei erano tante e molto pesuoi genitori, che, si badi bene, non le
santi; per loro era molto importante che
Gabriella si realizzasse e diventasse qualcuno con un ‘nome’ nel
mondo del lavoro. Seppur ciò non sia avvenuto, Gabriella è convinta che i suoi genitori, ora morti, sarebbero stati fieri di lei e di
quello che è diventata.
Non si sente inferiore ai suoi compagni del liceo, che si sono realizzati in altri ambiti. Anche se non ha superato gli esami all’università, ritiene di averne superati di più difficili, quelli per cui “non è
consentito essere bocciati”.
La sua definizione di sogno è: “sfumatura del desiderio, qualcosa
di più irrealizzabile. Il sogno è proprio quello che fai di notte,
qualcosa che non si potrà mai realizzare. La mia vita non è stato un
sogno, ma un desiderio, una sfumatura utopica.”
7
a cura di
Beatrice Cianetti
Simona Romagnoli
8. PERSONE |Il mare negli occhi
IL MARE NEGLI OCCHI
“Quando vivi cosa fai? tutto.
Quando non vivi cosa fai? niente.”
nostri problemi. Inizialmente sono stato inserito in un progetto di
prima accoglienza a Venezia, poi sono stato trasferito qui a Rieti,
dove il 9 ottobre mi hanno rilasciato i documenti. Ho diritto a
rimanere nel progetto per altri sei mesi, dopodiché dovrò iniziare
a integrarmi autonomamente, trovando un lavoro e una sistemazione.
Sei arrivato da solo o con amici e parenti?
Sono venuto solo, senza nessun parente o amico.
per quale motivo sei fuggito dall’afghanistan?
Mio padre era un sacerdote. I talebani gli dissero di andare con
loro: dopo un mese lo hanno ucciso. Poi lo hanno proposto anche
a me. Avevo paura, cosi ho accettato. Io non volevo uccidere né
essere ucciso da militari o talebani, che mi minacciavano continuamente. Per fortuna, mio zio, venuto a conoscenza della situazione,
mi ha aiutato a fuggire, grazie ad un accordo con persone a me
sconosciute. Ho attraversato l’Iran, la Turchia, la Grecia e infine
sono giunto in Italia.
con che mezzo di trasporto sei venuto?
A piedi o sotto i camion.
che età avevi quando sei fuggito?
17 anni.
Andavi a scuola in Afghanistan?
No, mio padre mi insegnava il Corano.
8
COME TI CHIAMI? SHEKIB
QUANTI ANNI HAI? 20
DA DOVE VIENI? AFGHANISTAN, JALALABAD
M
Sei rimasto in contatto con tua madre?
No, l’ho sentita una sola volta da quando sono fuggito. Ora non
so come sta, né se è ancora viva o morta. Quando ero sotto un camion, mi è caduto lo zaino, ho perso il cellulare e molte altre cose.
Quanto tempo hai impiegato per arrivare in Italia?
entre dall’altra parte del mondo i ragazzi della
sua età si ribellano al regime familiare per posticipare il rientro a casa dopo una serata passata in
discoteca, in Afghanistan, Shekib, a soli 17 anni,
fugge dal terrorismo talebano che avrebbe voluto
fare di lui l’ennesima vittima-carnefice.
da quanto tempo sei qui in italia?
Sono fuggito dall’Afghanistan tre anni fa. Da due anni vivo in Italia, a Rieti da otto mesi. Ho soggiornato per un breve periodo in
Danimarca.
allora perché sei tornato in italia?
Per le ragazze (ride)! Nel Nord Europa è difficile ottenere i documenti, mentre qui c’è più tolleranza: il paese è più sensibile ai
Due mesi.
in tutto questo viaggio, hai mai avuto paura?
Troppa. In Iran volevano uccidermi, e molte delle persone con cui
sono fuggito sono morte.
Come sei riuscito a scappare?
C’è un’organizzazione criminale, che si fa pagare ed aiuta le persone a fuggire dall’Afghanistan.
Quanto hai pagato?
Tredicimila euro.
Puoi raccontarci tutto il tuo viaggio?
Partito dalla mia città, Jalalabad, sono arrivato a Kabul, dopo
Nimros. In queste città ho viaggiato in macchina. Sono arrivato,
9. poi, in Iran a piedi. Ci sono dei posti di blocco sul confine e un
grande muro che ho dovuto scavalcare. I poliziotti di guardia sono
corrotti dai membri dell’organizzazione. Sono stato 15 giorni in
Iran e poi sono giunto in Turchia, a Istanbul, dentro un camion.
Come vi hanno trattato gli autisti dei camion?
Né bene, neanche male. Non si preoccupavano di nulla: quando
qualcuno moriva, veniva abbandonato li, sulla strada…
Con te c’erano donne o bambini?
Si, anche anziani. In Turchia abbiamo salvato un bambino che era
caduto dal camion.
Come sei arrivato dalla Grecia all’Italia?
Via mare. Lo sbarco è avvenuto a Bari, dove finalmente mi sono
sganciato (dal motore).
Come mangiavi?
Non ho mangiato nulla anche per giornate intere.
Ora come stai? Ti sei sistemato?
Ora ho una casa, ma sono solo. Mi manca la mia famiglia.
Torneresti in Afghanistan?
No! forse quando se ne andranno le forze NATO e quindi i talebani.
I tuoi genitori che lavoro facevano?
Mio padre era un Imam e vendeva il te, che da noi è come il caffè
qui, si ha quasi un culto per quest’infuso.
Ora che fai qui a Rieti?
Sono stato inserito in un progetto, pensato per aiutare gli extracomunitari a trovare una sistemazione: in sei mesi bisogna imparare
la lingua e inserirsi nella società, trovando lavoro. Al termine del
semestre dovrò camminare con le mie gambe.
Quando eri in Afghanistan sognavi l’Italia?
No, sognavo di fuggire dal mio paese. Ora sono rifugiato politico
e ho diritto a rimanere in Italia per altri 5 anni, dal momento che
sono vittima di una persecuzione a livello personale.
Qual è il tuo sogno adesso?
Avere una famiglia e trovare lavoro.
a cura di
Daniele Bolletta
9
10. CULT |Mlk i have a dream
I HAVE
A DREAM
Martin luter king 28 agosto 1963
a cura di
Beatrice Cianetti
Chiara Cauletti
10
I have a dream è probabilmente uno dei più famosi discorsi contro la segregazione razziale. Il 28 agosto 1963 Martin Luther King passò alla storia
come uno dei più grandi difensori della libertà e dei diritti inalienabili di
tutti gli uomini e riuscì a imprimere le sue parole nella memoria e nei cuori
di quelle 250 mila persone (bianchi e neri) che parteciparono alla marcia
pacifica di Washington. Martin era consapevole che quel giorno, con le sue
parole piene di disperazione, ma anche di speranza infinita, avrebbe dato
una svolta alla storia americana e di tutto il mondo; parlava di uguaglianza, libertà, giustizia, diritti, infondendo negli animi un messaggio di speranza che spingeva la popolazione di colore a credere in un futuro migliore.
Il 4 aprile 1968 fu ucciso a Memphis da qualcuno che non voleva che il suo
sogno diventasse realtà!
DOPO CIRCA 40 ANNI, IL SUO PAESE HA ELETTO, PER LA PRIMA VOLTA, UN PRESIDENTE DI COLORE!
“...Siamo venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che
le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo
è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia; questo è il momento di sollevare la nostra nazione
dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza;
questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la
fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento e se
sottovalutasse la determinazione del Negro. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto
un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.
Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano
bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati,
avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente
fosse successo.
Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai neri non
saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno
a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il
giorno luminoso della giustizia.
Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida
soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso
la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.
Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa
dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al
piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.
Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra
non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca,
perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi,
sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono
giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà.
Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non
possiamo camminare da soli.
E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti.
Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che
chiedono i diritti civili: “Quando vi riterrete soddisfatti?”. Non potremo mai
essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non
potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città.
Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai neri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande. Non potremo
mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da
cartelli che dicono:”Riservato ai bianchi”. Non potremo mai essere soddisfatti
finché i neri del Mississippi non potranno votare e i neri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e
non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come
un fiume possente.
Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e
tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un
carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha la-
11. CULT |27 gennaio 1945
sciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della
brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate
ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.
Ritornate nel Mississippi, ritornate in Alabama, ritornate nel South Carolina,
ritornate in Georgia, ritornate in Louisiana, ritornate ai vostri quartieri e ai
ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione
può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.
E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le difficoltà di
oggi e di domani, io ho un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel
sogno americano.
Io ho un sogno, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino
in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che
tutti gli uomini sono creati uguali.
che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo
furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno
sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si
trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per
le qualità del loro carattere. Io ho un sogno oggi.
Ho un sogno che un giorno lo stato dell’Alabama sarà trasformato in una
situazione in cui i ragazzini neri e bambine nere saranno in grado di unire le
mani con i ragazzini bianchi e bambine bianche e camminare insieme come
fratelli e sorelle. Ho un sogno oggi.
Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni
montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi,
insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la
quale io mi avvio verso il Sud. Con questa fede saremo in grado di strappare
alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una
bellissima sinfonia di fratellanza. Con questa fede saremo in grado di lavorare
insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere,
di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello
sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi:
“paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i
miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà.” E se l’America vuole essere una grande nazione possa questo
accadere.
Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.
Risuoni la libertà negli alti Allegani della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di
neve.
Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.
Ma non soltanto.
Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.
E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili,
cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del
vecchio spiritual: “Liberi finalmente! Liberi finalmente! Grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente!”
perchè bisogna ricordare?
Dal 2001 anche in Italia, il 27 gennaio, ricorre il
giorno della memoria, che coincide con quello
in cui, nel 1945, le truppe sovietiche entrarono
nel campo di Auschwitz. In questo giorno si
ricordano le vittime del nazismo, lo sterminio
degli ebrei (“Shoah”) e, nello specifico italiano,
le leggi razziali del 1938 e il dramma dei deportati nei lager.
L’istituzione di questa
giornata è stata riparatrice della fatica del
ricordo nei sopravvissuti e della sottovalutazione del fenomeno
che, almeno fino agli
anni Sessanta, ha attraversato anche il panorama italiano.
Gli internati venivano
privati del nome: l’unico identificativo era
un numero di matricola inciso sulla carne,
primo atto di degradazione dell’individuo, che nel
campo vale meno di uno schiavo.
La privazione dell’identità diventava, con i giorni,
progressiva perdita del proprio corpo sino a che
le persone non furono ridotte a fantasmi di ossa
barcollanti. A quel punto, quando le guardie constatavano che la capacità lavorativa dei prigionieri
era esaurita, venivano condotti nelle camere a gas,
dove anche la morte non avveniva in maniera indolore, ma era lenta nel patimento dell’asfissia.
Nei campi trovano la morte oltre 6 milioni di
persone tra ebrei, prigionieri di guerra sovietici,
oppositori politici, zingari Rom, omosessuali,
Cristiani, testimoni di Geova, disabili e malati di
mente.
I pochi sopravvissuti a questo orrore, oltre a
portarsi una ferita indelebile per tutta la vita,
hanno faticato a raccontare la loro esperienza e
ad essere compresi da coloro che non l’avevano
vissuta e non accettavano di capire tanto dolore o semplicemente se ne volevano distaccare
per ricominciare a vivere dopo la guerra. Yakov
Vincenko, un soldato semplice dell’Armata rossa
che ha aperto i cancelli di Auschwitz, ricorda:
“Nemmeno noi che abbiamo visto ci volevamo
credere. Ho sperato per anni di riuscire a dimenticare, poi ho capito che sarebbe stato da complice, da colpevole. Così adesso ricordo, anche se
non sono riuscito ancora a comprendere”.
11
12. sinapsi
|Perchè sognamo?
perchè
sognamo?
E’ ormai da tempo che sono immersa nel tema del
funzionamento dei sogni nel campo scientifico. Su
ciò si basa la domanda che oggi voglio porvi per
addentrarci nel nostro mondo sognante e realistico
allo stesso modo: quale ruolo svolgono i sogni nella
nostra mente?
Siamo del tutto consapevoli della nostra tendenza a
sognare tutto ciò che percepiamo, pensiamo e proviamo. Sognare,sognare,sognare. Sognare è un’attività del sistema nervosa che ha luogo durante il sonno ovvero una perdita momentanea di conoscenza.
I neurologi hanno rilevato nel sonno la presenza
di cinque stadi differenti, tra cui la fase detta Rem,
nella quale ognuno di noi fa fatica a svegliarsi in
quanto la massa muscolare raggiunge il massimo
rilassamento.
Concentriamoci ora sul metabolismo che regola la
creazione e la venuta dei sogni.
Da cosa sono provocati? Cosa li caratterizza? Perché sogniamo? Il sogno è un bisogno reale e quotidiano che non viene soddisfatto?
12
Il corpo durante il sonno è sottoposto ad una serie di stimoli che possono essere esterni, interni,
sensoriali e corporei. Ad esempio, se colpiti da
una luce intensa, potremmo riconoscere in essa
la fonte del nostro sogno. Le sensazioni corporee,
inoltre, vengono percepite più profondamente e la
nostra mente è così portata ad accogliere e a subire
cambiamenti somatici: la posizione di un arto può
addirittura corrispondere a quella reale o stimolare
pensieri legati all’arto stesso. Questi impulsi insieme alle rappresentazioni illusionistiche, prodotte
dall’impressione sensoriale, rendono possibile la
creazione e l’inizio di un sogno. Il cervello è fatto
di neuroni che immagazzinano e si trasmettono
informazioni attraverso meccanismi di tipo elettrostatico.
Nel sonno è come se si chiudessero “a caso”, generando così delle allucinazioni sensoriali, comunemente chiamate “sogni”.
a cura di
Sofia Galgani
Federica D’Orazi
Ma qual è il motivo che rende possibile il sogno?
Il punto di partenza di tutti i sogni è costituito da
una miscela di ricordi, desideri, timori e speranze;
la parte conscia si mescola con quella inconscia.
Durante la notte, la mente opera una “riorganizzazione” dei pensieri in cui gli stimoli esterni ed
interni, insieme alle informazioni particolarmente
rilevanti che sono presenti nella memoria, vengono
strutturati in sequenze che si manifestano sotto forma di immagini nell’ordine in cui il sonno procede.
E’ come quando un grande magazzino chiude bottega e gli impiegati si mettono a riordinare tutto, a
pulire e porre la merce sugli scaffali.
Le immagini e le parole utilizzate nel sogno dipendono dal livello di sviluppo generale di ogni singolo
individuo e quindi dalla singola capacità di elaborare l’informazione, dalla capacità di ragionamento e
dalle capacità comunicative/espressive.
E’ possibile rimuovere il sogno?
Al risveglio, il ricordo dei sogni notturni si dissolve tutto o almeno in parte. La spiegazione è molto
semplice: al sogno, infatti, mancano sia coerenza
sia ordine e quindi la ricostruzione dei sogni non
è sempre attendibile in quanto talvolta inavvertitamente, quando richiamo alla memoria un sogno,
colmiamo e integriamo le sue lacune. Può anche capitare che al mattino non si abbia alcun ricordo del
sogno e che questo compaia in qualche momento
della giornata. E’ impossibile verificare la veridicità
dei sogni poiché per fare ciò dovremmo ricorrere
ad un controllo obbiettivo, cosa non applicabile al
sogno per gli stessi motivi sopra citati. I sogni sono
determinanti per la buona riuscita di una giornata;
ci svegliamo, infatti, con umori e visioni del mondo
che sono una conseguenza degli eventi notturni
e che noi sappiamo essere il frutto anche dell’immersione in ricordi di eventi passati, felici, sereni o
oscuri.
La psicanalisi è stata la prima corrente psicologica
che ne ha studiato scientificamente il significato, e
l’analisi del sogno è parte fondamentale del trattamento psicanalitico. Nel sogno si distinguono due
contenuti: manifesto e latente.
Il contenuto manifesto è quello che ricordiamo una
volta svegli, il contenuto latente è quello vero ma i
motivi che lo hanno determinato sono sconosciuti.
Questo contenuto può essere scoperto solo con
procedimenti specialisti poiché il contenuto manifesto possiede una serie di stimoli che sono molto
lontani dal contenuto latente.
Questi stimoli possono avere un significato universale, quasi come se costituissero un codice valido
per tutti gli uomini
Ognuno di noi sogna in base alle proprio esperienze, ambizioni, rimpianti, dispiaceri e dolori.
Ognuno di noi sogna sulla base di ricordi, vissuti e
capacità singole.
Ognuno di noi sogna continuamente, a modo proprio.
13. CURIOSARE&CURIOSARE
T
...Tutti sogniamo?
Ogni persona, eccetto in caso di malattie mentali gravissime, sogna, ma
uomini e donne hanno sogni differenti e reazioni fisiche differenti. Gli
uomini sognano più maschi che femmine, mentre le donne riescono a
sognare in egual modo sia i maschi che le femmine.
S
...Sogniamo solo ciò che conosciamo?
I nostri sogni sono di frequente pieni di persone, ma i loro volti non
vengono mai inventati dalla nostra mente. Sono infatti tutte persone che
abbiamo visto durante la nostra vita e che ricordiamo per una particolare
ragione.
N
I
...Non tutti sognano a colori?
Circa il 12% delle persone sogna in bianco e nero, mentre le restanti a
colori. L’impatto che hanno le persone che sognano a colori, su sogni
contenenti violenza o morte, è molto più carico emotivamente rispetto a
chi sogna in bianco e nero.
...I fumatori hanno sogni più vividi e reali?
Le persone che hanno fumato per molti anni e poi hanno smesso, hanno
sogni molto più vividi. Come riporta il “Journal Of Abnormal Psychology”
su circa 293 fumatori astinenti, il 33% ha fatto sogni riguardanti il fumo
o riguardanti se stessi da fumatori e questo è il risultato di astinenza da
nicotina. Questi tipi di sogni sono molto più verosimili rispetto a quelli
“normali”.
O
...Ogni volta dimentichiamo il 90% dei nostri sogni?
Entro 5min da quando sei sveglio, hai già dimenticato la metà dei tuoi
sogni. Un altro po’ di tempo e ricorderai solo il 10.90% dei sogni che hai
avuto quella notte. Il poeta Samuel Coleridge dopo aver fumato oppio, si
addormentò e fece un sogno ambientato nell’Antico Oriente e pieno di riti
magici. Una volta sveglio volle mettere nero su bianco ciò che aveva sognato, ma fu interrotto dall’arrivo di un suo amico. Il giorno dopo non ricordava la fine del sogno. Questo poema “Kubla Khan”, rimase incompiuto!
Q
...Gli stimoli esterni invadono i sogni?
Questo fenomeno è chiamato “Dream Incorporation”ed è ciò che accade
molto spesso alla maggior parte di noi quando ad esempio sentiamo un
suono provenire dalla realtà, all’interno del nostro sogno, inserito in qualche modo.
F
I
...Quando sogni sei paralizzato?
Durante il sonno il nostro corpo è paralizzato, forse per evitare di fare ciò
che stiamo sognando. Alcune ghiandole comunicano a secernere ormoni
che aiutano a dormire ed i neuroni inviano segnali alla spina dorsale che
provocano un rilassamento del corpo.
...Facciamo un gran numero di sogni?
Pare infatti che si possano sperimentare fino a quattro sogni per notte. Normalmente il tempo dedicato ai sogni varia da una alle due ore per notte.
R
A
I
S
L
...I sogni prevengono la psicosi?
Studi recenti hanno messo in luce come gli studenti che si svegliano all’inizio di un sogno, pur avendo dormito le classiche 8 ore,in soli 3 giorni di-
ventano soggetti a difficoltà nella concentrazione, irritabilità, allucinazioni
e mostrano segni di psicosi.
...Riportiamo le nostre esperienze?
Nei sogni spesso riportiamo le esperienze vissute durante la giornata. Ma
anche i nostri desideri, una particolare emozione o un problema.
...Anche i cani sognano?
Numerosi studi scientifici hanno stabilito che anche gli animali, in particolare quelli domestici come cani e gatti, sognano.
...I bambini fino a 3 anni non sognano se stessi e hanno fino ai 7/8 anni molti
...Le persone che perdono la vista possono vedere immagini nei loro sogni;
mentre quelle cieche sin dalla nascita non vedono nessuna immagine, ma
hanno sogni che coinvolgono tutti gli altri sensi.
13
14. con
le province a
posto delle capitali). Probabilmente rimarrete sorpresi, ma pochi sono
venuti almeno una volta nell’Umbilicus Italiae e ancora di
meno sanno in che regione si trova. Eppure è il centro geografico d’Italia, è dove S. Francesco ha vissuto alcuni dei momenti più intensi della
sua esperienza umana e spirituale ed è addirittura la capitale italiana
dell’atletica leggera.
V
illeggiature in Sabina questo era il
titolo del supplemento dell’Avvenire
della Sabina del 28 Febbraio 1904.
Così come i Romani erano soliti trascorrere i loro momenti di riposo nella Valle Santa, anche agli inizi del ‘900 c’era la possibilità di venire in vacanza a Rieti. “Nei pressi
di Roma, la regione Sabina, per salubrità e dolcezza di clima, cordialità degli ospitali
abitanti, bellezza del paesaggio, è uno dei luoghi che meglio si prestano per un economica e tranquilla villeggiatura. Sono attualmente disponibili in Sabina i seguenti
villini ed appartamenti:
RIETI
14
A quattrocentoquaranta m. sul livello del
mare, splendide passeggiate in piano e collina, clima delizioso. A 3 chilometri dalla stazione ferroviaria si affitta il Villino Stoli composto di 12 ambienti
mobiliati. Non si somministra né biancheria, né
posate, ma solo le stoviglie da tavola e cucina. Il villino è fornito in
abbondanza di acqua potabile: nella prossima città di Rieti si possono
acquistare viveri a buon mercato ed anche sulla via principale è facile
procurarsi polli, uova, frutta, carbone ecc. Il prezzo di affitto viene stabilito a seconda dei letti richiesti e della durata dell’affitto. Per trattative rivolgersi al Sig. Cav. Giovanni Stoli – Rieti.”
Per una volta metti in tasca il tuo smartphone e lasciati abbracciare dalla
città di Rieti: passeggia tra le vie del centro storico, alla scoperta degli
edifici medievali, degli antichi portali e dei palazzi gentilizi.
Parti da Piazza Cavour, è facile riconoscerla! Lì si erge il famoso monumento alla Lira istallato nel 2003 e realizzato con la fusione di
2.200.000 monete da 200 lire. Passa sopra a quello che era l’antico ponte
romano e inizia a salire per Via Roma. Lo sai che stai passeggiando lungo
una delle principali vie consolari utilizzate dai romani per i commerci?
Finalmente sei in cima!
Ora puoi riprendere fiato! Sei in Piazza Vittorio Emanuele II e, a darti il benvenuto, c’è la fontana dei Delfini che risale alla prima metà dell’800’. Il tuo cuore
ha smesso di battere così forte per la fatica? Preparati
perché a pochi passi da lì il tuo cuore verrà colto
di sorpresa da un’altra meraviglia: è il Teatro Flavio Vespasiano, gioiello
ottocentesco noto per la sua straordinaria acustica e la sua spettacolare
cupola, dipinta da Giulio Rolland. Voltati, fai due passi e sei a Piazza San
Rufo dove una lapide ricorda che Rieti è l’Umbilicus Italiae. Se, però, non
vuoi addentrarti per vicoli, slarghi e scalette umide per paura di perderti,
torna indietro fino al salotto della città finché in lontananza non scorgi
degli archi. Butta l’occhio sulla cattedrale di Santa Maria Assunta con
il vicino palazzo Vescovile, famoso per il gotico salone e per l’arco del
vescovo (fatto edificare da papa Bonifacio VIII).
Ora ti ripeto la domanda:
cosa c’è da visitare a Rieti?
Reate
C’era chi veniva a
per respirare lo spirito francescano e chi, invece, guidato sherpa reatini, raggiungeva il Terminillo, la famosa montagna
di Roma.
Ci volevano ben due giorni di cammino ma la fatica veniva ripagata dalla
tranquillità e dalla bellezza del paesaggio.
Anche Mussolini e la “dolce vita romana” erano soliti trasferirvisi d’inverno.
Per un attimo immagina di fare un’indagine: prendi 19 persone,
ognuna appartenente a una regione diversa (escluso il Lazio) e chiedi loro se sanno cosa c’è a Rieti e, soprattutto, se sanno posizionarla
sulla cartina geografica (un po’ come si fa nel gioco Geo Challenge, solo
Ascolta la voce del silenzio.
Vivi un pellegrinaggio naturale e mistico: è questo ciò che offre il cammino di S. Francesco. Segui le frecce gialle lungo le strade.. ma questa è
un’altra storia, ne parleremo in un altro numero.
la Redazione
15. on the road
|Localizzazione Rieti
Lettera di una mamma
“Fregnacce alla reatina”
Il piatto tipico della città di Rieti.
Portata: Primo
Tempo: 95 minuti
Difficolta’: Elaborata
Preparazione
- 500 g di farina di grano duro
- 2,5 dl di acqua
- 250 g di sedano
- 300 g di pomodori pelati
- 1 pezzetto di peperoncino (per chi lo apprezza)
- 2 cucchiai abbondanti di pecorino grattugiato (da porre sul piatto
terminato)
- 50 g di lardo o di pancetta
- 250 g di cipolla
- 1 dl di olio extravergine di oliva della Sabina
sale
1) Ponete la farina a fontana sulla spianatoia, unite l’acqua fredda
e lavorate l’impasto con la punta delle dita per circa 15-20 minuti.
Avvolgete l’impasto in una pellicola per alimenti e lasciatelo riposare
per almeno 30 minuti.
2) Tirate con il matterello una sfoglia non troppo sottile facendo attenzione a non romperla. Tagliate la sfoglia a piccoli romboidi irregolari di circa 2 cm. Tritate molto finemente il lardo; fate lo stesso
con la cipolla e il sedano, preparando così il sugo.
3) Fate rosolare il trito in una casseruola con l’olio extravergine di
oliva.
4) Cuocere i romboidi in acqua bollente e salata, aspettare che salgano in superficie per scolarle ed insugarle con il sugo preparato
precedentemente.
NOSTARGIA
Riète se sobbudula nna piana
tra li colli de Tancia e Termenillu.
Me chjiama co’ un lamentu de campana
e io.. me la remiro un cinichillu.
Reédo casa mea, casa lontana
bedo papà – me pare de sentillue mamma che sferruzza co’ la lana…
e me sento più forte e più tranquillu!
Reédo tanta gente che è passata:
cammina pe’ le piazze e pe’ le strai
de un’epoca ‘n po’ menu compricata.
E come me recordo gioie e guai,
sento ìn mocca una lacrima salata:
Riète mea.. non me tte scordo mai.
Un rubbiu dde sale
Giuseppe Rosati
“Se scenderà la notte/ se scenderà la notte nera/ io non avrò paura/ io non avrò paura/ Spero soltanto che una stella almeno/ spero che almeno una risplenderà nel buio/
e mi illuminerà la strada/ strada segnata lungo questa terra coltivata a grano/ strada che segna questa terra/ dove io sono nato”.
(tratto da “Radici-I Ratti della
Sabina”)
Io sono la Terra coltivata a grano, da sempre ambita dalle popolazioni circostanti perché ricca di risorse agricole, territoriali e per la mia strategica posizione. Attribuiscono
perfino la mia nascita alla Rea Silvia, madre di Romolo, fondatore dell’immensa Roma.
Sono al centro per nomenclatura: mi chiamano “Ombelico d’Italia”.
Fulcro anche dell’agricoltura grazie alla coltivazione dell’ulivo e alla pastorizia, sarei dovuta diventare una grande forza industriale. Ho abbandonato, però, i miei progetti e a
tutt’oggi non ho ancora idee chiare su cosa farò da grande. Mi definiscono tra le province più tranquille di mamma Italia; sono cresciuta responsabilmente, lontano dal caos di
mia sorella Roma e ponendo sempre al primo posto il rispetto per le regole e la legalità.
Tuttavia, ho i sintomi di una malattia degenerativa: la ‘ndrangheta. Ultimamente soffro
di “calo della popolazione operaia educata ai modelli di azione collettiva, declino del
sindacato come ambito di socializzazione per i lavoratori immigrati, crescente gracilità
e autoreferenzialità dei partiti politici e di altre associazioni, indebolimento della vita
di parrocchia, sviluppo sfrenato di culture egoistiche.” (Buccinasco, la ‘ndrangheta al
nord – Nando Dalla Chiesa e Martina Panzarasa).
I miei figli amano il perbenismo e a volte si lasciano corrompere dai loro istinti criminali
influenzati da cattive compagnie. Vivo un malessere talvolta tutt’altro che apparente.
Il mio protettore (questore dott. Carlo Casini), in un’intervista, mi ha elogiato dicendo
che l’unico mio difetto è aver educato male certi pargoli, anche adottati, che amano
appropriarsi delle cose dei loro fratelli; lo fanno per tanti motivi: sono dispettosi, è una
loro caratteristica innata e, a volte, anche perché hanno fame. In una grande famiglia è
difficile riuscire a saziare oltre centosessantamila pance. Allora adottano questo metodo
barbaro perché è il più facile nella mia casa grande e dispersiva e poi non incorrono in
grandi punizioni, al massimo per qualche mese me li tolgono e li mandano in prigione.
Altri hanno il maledetto vizio di accettare caramelle dagli sconosciuti, abusarne e non
di rado passarle ai loro amichetti in cambio di ricompense. Purtroppo sono tanti a
farlo, in rapporto alla totalità del nucleo familiare. Le comprano durante i loro viaggi
“all’estero”, o gliele portano parenti da lontano; ma il brutto è che ne usufruiscono
proprio sotto ai miei occhi, dentro casa. Dovrei essere più vigile: nella mia dimora non
“produco caramelle”, nuocciono gravemente alla salute, causano tante brutte malattie,
e se si esagera … Morte sicura!
Sono molto preoccupata poi, per quei figli e figlie che per mia colpa non conosco
estremamente bene e che, chiusi, intimiditi, introversi e soprattutto spaventati, non
piangono e non si sfogano. Credo che questi atteggiamenti abbiano a che fare con
quella tendenza che chiamano usura. E’ difficile per una mamma venire a conoscenza
di quegli episodi ad essa strettamente collegati. Carlo lo definisce un fenomeno sotterraneo proprio perché se non si hanno testimonianze dirette non è possibile svelarlo e
fermarlo. Comunque sono sicura della sua esistenza: noto alcuni movimenti strani da
parte di alcuni di loro e poi, si sa, certe cose.. una mamma le capisce! Vi racconto una
favola: c’era una volta un bambino, Pinocchio, che, tornando verso casa, si imbatté in
due imbroglioni, il Gatto e la Volpe, raccontando loro di essere in possesso di alcune
monete d’oro per acquistare un nuovo abbecedario. Si lasciò convincere a sotterrarle in
un campo miracoloso dove sarebbero cresciuti alberi colmi di zecchini d’oro. Durante
la notte Pinocchio si incamminò per raggiungere il campo dei miracoli e incontrò il
Gatto e la Volpe travestiti da assassini, i quali cercarono di rapinarlo, il bambino oppose resistenza e i due mascalzoni lo impiccarono. Fortunatamente il burattino riuscì a
salvarsi e, spaventato, confessò il tutto alla fata turchina (operazione “Due di Coppe”,
arrestati una banda di usurai reatini denunciati da un imprenditore locale, 18 Gennaio
2011; tratto da Rieti in Vetrina).
Il pericolo e le minacce incombono, devo sorvegliare attentamente e non lasciarmi
ingannare dalle apparenze: il lavoro di mamma mi chiama, devo correre a badare ai
miei piccoli cittadini. Non posso permettere che qualcuno mi sottragga il titolo fino
ad ora da me tanto difeso né che i miei pronipoti vivano in una casa buia e lacerata dal
terremoto della Criminalità. Ma se davvero, “scenderà la notte nera”, tenebrosa, terrificante, io non avrò paura e combatterò come una mamma che protegge i suoi cuccioli.
Rieti
15
16. on the road |A tu per tu con simone petrangeli
NOME:
SIMONE
COGNOME:
PETRANGELI
ETà:
38 ANNI
sindaco di Rieti?
Mah, sinceramente no.
Che studi ha fatto?
Ho fatto il liceo classico,
poi l’università a Roma e
mi sono laureato in giurisprudenza.
Avrebbe mai immaginato che un giorno
sarebbe diventato
Definisca il sindaco Petrangeli in tre parole.
Tre parole è difficile.Con tanta voglia di fare per questa città, impegnato a migliorarla in un momento
così difficle e a ricostruire un senso di comunità nella
prospettiva di condivedere con i cittadini la responsabilità di amministrare.
Quale era il suo sogno ai tempi del liceo?
Il mio sogno era quello di fare il possibile per cambiare Rieti, e più in generale i luoghi dove sono vissuto.
Condividevo questa aspirazione con tanti altri ragazzi della mia età. E’ stato allora che ho iniziato il mio
impegno politico, sono stati dei momenti bellissimi.
Ha raggiunto il suo sogno come voleva o è dovuto scendere a compromessi?
Questa è una bella domanda. Secondo me, la cosa
importante è che ci sia un sogno, non che si realizzi.
Inseguirlo permette di vivere con entusiasmo. E’ bello essere guidati da una forte aspirazione nella vita.
Dunque, posso dire di non averlo realizzato, perché
spero che ce ne sia sempre un altro dietro l’angolo.
16
Il suo sogno oggi?
Il mio sogno oggi è rimasto quello di allora. Vorrei
migliorare questa città e soprattutto condividere
quest’esperienza così difficile ed entusiasmante con
tutti i cittadini. Fare in modo, quindi, che l’amministrazione diventi pubblica per quanto possibile.
Quali opportunità concrete offre oggi Rieti
per realizzare i sogni?
Rieti purtroppo vive una situazione difficile, simile
a quella del paese e forse dell’Europa intera. Probabilmente questo è il momento più ostico nella storia
dell’Italia del dopo-guerra. Fino ad oggi, i figli sono
sempre stati meglio dei genitori, grazie al progressivo
miglioramento delle condizioni di vita: i figli erano
un sostegno per i genitori. Invece la mia generazione, e ancor di più la vostra, si troverà a vivere peggio
di loro. Sono preoccupato per le mie figlie, poiché
sono convinto che non potrò fare per loro quello che
i miei genitori hanno fatto per me.
Dobbiamo fare i conti con la crisi ed essere consapevoli che è necessario cambiare gli stili di vita. Rieti
certo vive delle difficoltà endemiche, molto conseguenza dell’isolamento. Appare, infatti, proprio
come un’isola: è una valle circondata da montagne.
Dobbiamo evitare che ci sia l’allontanamento dalla
città dei giovani, che invece per studiare sono spesso
costretti ad andarsene. Ecco, l’obbiettivo è proprio
questo: fare in modo che tutti i nostri ragazzi tornino
a farsi una vita qui. Il futuro di Rieti è collegato al loro
futuro. Se non riusciamo a vincere questa sfida, tra
vent’anni rischia di essere una città per anziani. Ovvio
è che il tema cruciale di questo momento è il lavoro.
Tutti, soprattutto ai livelli più alti, devono impegnarsi
a trovare delle soluzioni che diminuiscano la disoccupazione e fare in modo, quindi, che i giovani pensino
il loro futuro qui.
Il sogno di una Rieti più produttiva e aperta
mentalmente, si realizzerà un giorno?
Il sogno di una Rieti produttiva è molto legato alla
situazione economica locale ma anche all’apertura
mentale. Questa città ha avuto uno sviluppo importante dal punto di vista sociale e culturale che le ha
permesso di entrare in contatto con tante personalità non indigene. L’economia muove le persone:
quando c’è un tessuto economico vivo, molte personalità interagiscono quindi aumenta la possibilità
di scambio. In questo modo si evita l’isolamento e si
apre mentalmente la città. Dobbiamo essere un po’
più coraggiosi. Incosciamente ci sentiamo protetti da
questa isola: è questo il vero ostacolo che va ad influire sulle difficoltà economiche. Esiste un mondo al di
fuori di questa vallata. Spero, alla fine del mio mandato, di lasciare una città più disponibile mentalmente e
culturalmente. Ovvio, i processi culturali hanno bisogno di decenni, dunque questo spetta soprattutto a
voi giovani: voi avete l’opportunità di fare rivoluzioni.
Lei ha due figlie, cosa consiglia loro?
Adesso di crescere, andare a scuola, studiare, perché
la crescita personale è un’arma eccezionale. “Studio”
non significa prendere voti alti a scuola, ma essere
curiosi di conoscere. Studiare significa anche sviluppare un senso critico e di conseguenza riuscire ad
analizzare ciò che accade nella società. Io, nei limiti
del possibile, cerco di spronarle. Dovranno poi anche
imparare a costruirsi buoni rapporti sociali tra la gente. Quando diventeranno grand,i io farò di tutto per
trasmettere loro il mio impegno. Quello che facciamo
qui lo facciamo per chi viene dopo di noi.
Lei preferirebbe che le sue figlie rimanessero
a Rieti o andassero via?
Mi piacerebbe che avessero la possibilità di scegliere.
La cosa che vorrei evitare è che fossero COSTRETTE
ad andare via.
Ha mai pensato di rassegnare le dimissioni?
A volte sopraggiunge l’esasperazione: è un momento
molto difficile per avere incarichi pubblici; ma vale la
pena provarci fino in fondo. Se si agisce con coscienza, non si potrà dire di non aver dato il massimo.
Si ritiene il sindaco del cambiamento?
Penso di si. Lo vedremo alla fine del mandato. Sono
Una definizione di sogno:
E’ ciò che ti permette
di guardare avanti,
è qualcosa che ti
arde dentro.
E’ uno stimolo che ti
anima durante la vita.
comunque convinto di esserlo, perché credo di aver
messo in crisi alcune dinamiche cittadine, che hanno
reso questa città ferma per troppi anni.
Lei è un sindaco al primo mandato, quali difficoltà ha incontrato?
Innanzitutto difficoltà finanziarie, perché abbiamo
ereditato una situazione veramente complessa, e poi
difficoltà organizzative. La macchina burocratica funzionava malissimo, o meglio, non funzionava quasi
per niente. Abbiamo dovuto rimetterla in corsa. La
pubblica amministrazione vive un momento di crisi
dovunque, ma con l’aiuto di coloro che hanno voglia
di fare stiamo comunque costruendo.
Non crede che ciò che i ragazzi oggi sognano
siano dei diritti che in teoria gli apparterrebbero?
Penso di si. Credo che il sogno dei ragazzi sia quello di avere un futuro ed è assolutamente giusto che
essi possano esaudire almeno in parte i loro desideri,
proprio come hanno fatto i loro genitori. Il futuro è
un diritto anche in un momento in cui la precarietà si
presenta come una questione esistenziale. Il lavoro,
poi, è il tema centrale di quest’epoca, che sta alla base
di una buona società. Rimetterlo al centro deve essere un impegno assillante per tutti, soprattutto per chi
17. detiene poteri alti. Se non si parte dai diritti di cittadinanza, difficilmente si potrà
costruire una società migliore, anzi rischieremo di aumentare le insicurezze e i
conflitti.
Quale sarà il nostro futuro a Rieti?
Questa è una città che ha tante potenzialità, ma è ferma da tanti anni. Dobbiamo
cercare di far diventare più intraprendenti i reatini. Un altro nostro limite è infatti
questo: manca l’intraprendenza, la voglia di fare, manca un pò di coraggio. Il futuro dei giovani a Riet, credo sia innanzitutto quello di formarsi dal punto di vista
intellettuale e sono contento che, anche se con fatica riusciamo a tenere in piedi
questa esperienza dell’università. Ci sono circa mille e settecento iscritti, di cui
un migliaio di Rieti. L’università è un’occasione. Bisogna valorizzare le idee che
hanno i ragazzi e il talento che ognuno può esprimere. Il patrimonio naturale
e l’ambiente sono le prime cose sulle quali puntare per lo sviluppo della nostra
terra e coinvolgerli in quest’avventura.
Quando si potrà ricominciare a sognare?
Innanzitutto non si deve smettere. Bisogna condividere i sogni con gli altri. I problemi individuali sono problemi collettivi.
Ci sono persone che si spostano per il sogno di una vita migliore. Cosa
pensa del tema dell’immigrazione?
Non si può essere favorevoli o sfavorevoli. La migrazione è un fenomeno sociale che ha dato origine all’umanità; il mondo si è formato grazie alle migrazioni,
nessuno può bloccarle. Il punto sta nel come governare i flussi migratori e come
accogliere coloro che si spostano. Rieti vive parte dei suoi problemi a causa dell’isolamento. Dico questo a sostegno del fatto che le migrazioni migliorano le con-
dizioni di vita. E’ evidente che questo momento di profonda crisi provoca anche
tensioni sociali, fenomeni di razzismo e xenofobia. Bisogna fare in modo che tutti
abbiano gli stessi diritti: questa è l’unica garanzia per impedire che ci sia sfruttamento, lavoro minorile. Si creano opposizioni tra nativi e immigrati perché l’immigrato è più sfruttato ed entra in contrapposizione con il nativo dal momento
che si accontenta di uno stipendio più basso. I flussi migratori servono alla società.
Tra quaranta-cinquanta anni il 50 % dell’Europa sarà costituito da immigrati o dai
loro figli: andiamo verso una società meticcia, mista, migliore, perché luogo per la
circolazione delle idee e l’incontro di tante culture.
17
Sotto questo punto di vista l’Italia si sta comportando bene?
L’Italia purtroppo ha una legislazione non consapevole di questa situazione. Ci
sono normative che rendono il governo dei flussi migratori più complicato di
quello che è. Le leggi non sono attuali. Bisogna omogeneizzare la nostra normativa con quella del resto dell’Europa, consapevoli del fatto che saremo sempre un
paese di transito migratorio.
Una definizione di sogno.
E’ ciò che ti permette di guardare avanti, è qualcosa che ti arde dentro. E’ uno
stimolo che ti anima durante la vita.
a cura di
Elvisa Rossetti
Federica D’Orazi
18. SPORT | ALLENATI A SOGNARE
Federica D’Orazi , 17 anni.
Federica D’orazi:
17 anni e numerose gare di latino americano
disputate all’estero.
Faccio danza sportiva. Non ho una squadra, ma ballo sotto il nome della scuola “New
dance school” di Roma, dove vado tutti i giorni per allenarmi almeno 3 o 4 ore.
Ho iniziato qui a Rieti 5 anni fa, in una sala dove veniva un maestro di ballo. Pian
piano le cose sono diventate più impegnative, così il mio maestro mi ha consigliato
di andar via da Rieti e continuare ad inseguire il mio sogno fuori da questa città.
Non ho mai avuto un idolo particolare durante la mia infanzia, perché quando sei
piccola consideri ogni sport e, specialmente questo, come un divertimento, senza
prenderlo sul serio. Ti ispiri sempre al tuo maestro, perché è la realtà che vivi. E’
quando inizi a crescere che conosci grandi campioni e cominci a guardare oltre te
stessa e il tuo piccolo mondo.
Questo sport mi ha aiutato a crescere e a diventare più responsabile e matura. Mi ha
insegnato a relazionarmi con ragazzi che vengono da ogni parte del mondo e con
ballerini che hanno realizzato il loro sogno.
Mi ha insegnato a guardare prima me stessa e poi il rivale. Rimane comunque una
gara in cui ti confronti: l’avversario ti aiuta a migliorare la tua performance e a superare quello ‘scoglio’ che ti permette di dare sempre di più.
Il mio sogno è quello di continuare a vivere questo sport, che oggi viene sottovalutato. Vorrei continuare a esprimere quello che sono ballando perché, quando lo faccio,
tiro fuori una parte di me che difficilmente faccio conoscere.
Questo sport implica tanti sacrifici… forse troppi!. Molto spesso devi rinunciare alla
tua vita adolescenziale per allenarti. Ci sono state tante volte in cui ho pensato di
mollare tutto: lo stress, gli impegni scolastici e la voglia di provare ad uscire da questo
mondo e essere una semplice ragazza di 17 anni, ti portano a pensare che quello che
fai non sarà mai ripagato.
allenàti a sognare: passione e sacrifici
Leonardo Bizzoni,17 anni.
18
Pratico Atletica leggera. Gareggio per i colori dell’Atletica Studentesca CA.RI.RI. Tutti
i giorni, eccetto la domenica, mi alleno per almeno 2 ore. Da gennaio a febbraio ci
sono le gare indoor e posso gareggiare anche una volta alla settimana, mentre da
maggio a giugno ci sono quelle outdoor.
Da piccolo, qui a Rieti, facevo sempre le gare con la scuola; poi, in prima media,
ho conosciuto un amico che fa atletica e mi ha detto che è un sport bellissimo; un
contributo l’ha dato anche mia madre che, da giovane, lo praticava. Da piccolo il
mio idolo era Giuseppe Gibilisco, un saltatore con l’asta italiano, che veniva sempre
al Meeting. Adesso, dopo aver conosciuto meglio l’atletica ed essermi specializzato nella corsa ad ostacoli, il mio idolo è diventato Liu Xiang, un ostacolista cinese
che ha vinto le olimpiadi nel 2004. Lo sport insegna a rispettare l’avversario e a non
trattarlo male. Riesce a far passare il messaggio che bisogna credere nelle proprie
capacità e che, quando qualcosa va male, non bisogna abbattersi anzi rialzarsi!
Le soddisfazioni dipendono da gara a gara: in una gara dove conta più il posizionamento, punti a superare gli altri… poi se vinci e fai pure il personale ben venga! Ai
campionati italiani puntavo a superare gli avversari, mentre ai mondiali, dove il livello
degli avversari è molto alto, puntavo solo a fare del mio meglio. Punto a diventare un
atleta a livello internazionale, magari partecipando anche alle Olimpiadi, che credo
sia il sogno di tutti quelli che intraprendono questo sport. Poi a me piace molto anche la musica; quindi, poter avere un futuro incentrato non solo sullo sport, ma che
abbia anche a che fare con la mia passione musicale, sarebbe il massimo.
Qualche volta, quando torno stanchissimo a casa, penso: “ ma chi me lo fa fare di
ritornare così distrutto?” Poi, però, alle gare sono felice perché riesco a togliermi molte soddisfazioni. Grazie all’atletica ho conosciuto molte persone, ho stretto molte
amicizie e credo che alla fine rinunce e sacrifici siano ben ripagati.
Leonardo Bizzoni: 17 anni, campione italiano cadetti nel
2011, bronzo indoor nel 2013, bronzo outdoor nel 2013 e una
presenza in nazionale ai mondiali di Donesk.
a cura di
Serena Pitotti
19. a cura di
Serena Pitotti
Chiara Cauletti
Carta e Pellicola
Autore: Fabio Geda
Titolo: Nel mare ci sono i coccodrilli
Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e
nel momento sbagliato, può capitare che, anche
se sei un bambino alto come una capra, e uno dei
migliori a giocare a Bazul-bazi, qualcuno reclami
la tua vita.Tuo padre è morto lavorando per un
ricco signore, il carico del camion che guidava è
andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento.
Ecco perchè quando bussano alla porta corri
a nasconderti.Ma ora stai diventando troppo
grande per la buca che tua madre ha scavato vicino alle patate.Così un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio.Ti accompagna in Pakistan,ti
accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo.Da questo
tragico atto di amore hanno inizio la prematura
vita adulta di Enaiatollah Akbari e l’incredibile
viaggio che lo porterà in Italia passando per
l’Iran, la Turchia e la Grecia. Un’odissea che lo
ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà
degli uomini e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli perdere l’ironia nè a cancellare dal
volto il suo formidabile sorriso.Enaiatollah ha
infine trovato un posto dove fermarsi e avere la
sua età. Questa è la sua storia.
“E’ così.E la speranza di una vita migliore è più
forte di qualunque sentimento.Mia madre, ad
esempio, ha deciso che sapermi in pericolo lontano da lei, ma in viaggio verso un futuro differente, era meglio che sapermi in pericolo vicino a lei,
ma nel fango della paura di sempre”
.
Sensazionale, coinvolgente e molto realistico.
Impossibile non sentirsi al fianco di Enaiatollah,
che dopo dieci durissimi anni trascorsi in viaggio,
senza mai perdersi d’animo, ha iniziato una nuova
vita, in Italia. Questo libro fotografa una realtà
lontana, come quella dell’Afghanistan,dove ogni
giorno si vive con la paura sul collo,e nessun
luogo è sicuro per un hazara come Enaiatollah.
C’è molto da riflettere!
nel mondo studentesco in forte
fermento. All’università incontra
Laura, una ragazza della buona
borghesia cattolica, brillante
e appassionata studentessa che
sogna un mondo senza ingiustizie,
e Libero, uno studente-operaio leader del movimento studentesco
che sogna la rivoluzione. Tra i tre
nascono sentimenti e forti passioni e Laura -sedotta da entrambidovrà scegliere chi dei due amare.
IL GRANDE SOGNO
ANNO: 2008
REGIA: Michele Placido
Il grande sogno è un film ambientato in Italia nel 1968, quando i
giovani sognavano di cambiare il
mondo, quando le regole venivano
infrante, l’amore era libero e tutto sembrava possibile. Nicola, un
bel giovane pugliese, è poliziotto,
ma sogna di recitare e si trova,
invece, a dover fare l’infiltrato
“Il grande sogno” di Michele Placido non è un film sul sessantotto, ma su tre ragazzi che hanno
attraversato questo momento
storico, con le loro idee, le loro
contraddizioni politiche, i loro
problemi familiari e le loro confusioni. Molto realistico dal punto di vista della ricostruzione, ci
fa (ri)vivere un periodo di scontri
e di protesta, ma soprattutto parla dei sogni che avevano i giovani
per cambiare il mondo.
UN SOGNO PER DOMANI
Anno: 2000
Regia: Mimi Leder
Profondo e commovente, è la massima rappresentazione del buonismo americano che, però, lascia
passare il messaggio che cambiare
le cose è possibile e che dovremmo tutti cominciare dal nostro
piccolo. E chi se non Haley Joel
Osment, già protagonista nel film
“ Il sesto senso”, avrebbe potuto
interpretare la figura di Trevor,
utopico bambino sognatore? La
sua soluzione è semplice ma è necessaria un po’ di volontà.. è necessario crederci. “ Questo sono
io, e queste sono tre persone, a cui
darò il mio aiuto, ma deve essere
qualcosa di importante, una cosa
che non possono fare da sole, perciò io la faccio per loro... e loro
la fanno per altre tre persone..”
La scelta di Mimi Leder di inserire
due grandi attori come Kevin Space (Nomination Miglior attore in
un film drammatico o romantico
nel 2001 agli Blockbuster Entertainment Awards) ed Helen Hunt
(Nomination Miglior attrice in
un film drammatico o romantico
nel 2001 agli Blockbuster Entertainment Awards) lo rende ancor
più travolgente e di qualità. Un
film imperdibile per chi spera
ancora che le cose possano migliorare. “Non lo so per me certe
persone hanno troppa paura per
pensare che le cose possano essere diverse e.. insomma il mondo, il
mondo non è tutto quanto merda.
Ma credo che sia difficile per certa gente abituata alle cose così
19
20. musica
| you may say i’m a dreamer
a cura di:
Chiara Cauletti
Elvisa Rossetti
Pierluigi Imperatori
Beatrice Cianetti
YOU MAY SAY
I'M A DREAMER.
Nel 1970 i Beatles si sciolgono Nell’aprile del
1973 John e Yoko comprano un appartamento
al Dakota sito nella 72^ strada di New York
di fronte al Central Park, dove vanno a risiedere; John, nel frattempo, ha grossi problemi
con il governo federale per il riconoscimento della cittadinanza americana.
Tra l’altro viene controllato da agenti della
C.I.A. per il suo impegno politico. Nella seconda metà dello stesso anno John e Yoko si separano; la separazione si interrompe un anno
dopo. Un’altra tappa fondamentale della purtroppo breve vita di John è costituita dalla
nascita del suo secondo figlio. Nell’incredibile felicità, John afferma “Sento di essere
più alto dell’Empire State Building”
.
JOHN WINSTON ONO LENNON
20
nasce a Liverpool il 9 Ottobre 1940. Trascorre la sua infanzia e l’adolescenza a casa della
zia Mimi, dalla quale riceve un’educazione
particolarmente severa.
In un intervista John dichiar “in quel periodo
i miei svaghi principali consistevano nell’andare al cinema o nel partecipare ogni estate
al grande ‘garden party’ che si teneva nella
locale sede dell’Esercito della Salvezza
‘Strawberry Fields’. Ricordo che non appena
sentivo le prime note della banda dell’Esercito, cominciavo a saltare come un matto dicendo a mia zia di allungare il passo; a scuola
con la mia banda mi divertivo a rubacchiare
qualche mela, poi ci arrampicavamo sui sostegni esterni dei tram che passavano per
Penny Lane e ci facevamo dei lunghi viaggi per
le vie di Liverpool.
I genitori degli altri ragazzi non mi vedevano di buon’occhio, dicevano ai loro figli che
avrebbero fatto meglio a non frequentarmi”
.
Crescendo comincia a seguire con una certa
attenzione i fenomeni musicali in voga, Elvis
Presley e il rock in generale. Fonda il gruppo
“Quarry Man” ,che durante un’esibizione colpisce profondamente lo spettatore Paul McCarteny. Nasce così il duo Lennon-McCartney
e ha inizio l’avventura “Beatles”
.
Nel dicembre del 1958, John incontra Cynthia
Powell con la quale successivamente si sposerà e dalla quale avrà un figlio;
Nel 1962 i Beatles registrano le loro prime
canzoni negli studi EMI in Abbey Road. Nel Novembre 1966 incontra Yoko Ono, avvenimento
questo che avrebbe cambiato radicalmente
la sua vita :
“Yoko non sapeva chi io fossi quando mi fu
presentata. Lei venne verso di me e mi diede
un cartoncino con su scritto ‘breathe’ (respira). Yoko fu per me uno choc. Nel 1969, in
”
seguito al divorzio con Cynthia, Yoko e John
si sposano iniziando il loro Bed-in all’Hilton
di Amsterdam. L’iniziativa, che è finalizzata a
favore della pace nel mondo, ha grande eco
sulla stampa mondiale. Come gesto simbolico, inviano un pacchettino contenente “semi
di pace” ai maggiori leaders politici mondiali.
Seguono cinque anni di vita familiare trascorsa gran parte ad accudire il suo ultimo
nato. Nell’ultima intervista rilasciata la
mattina dell’8 dicembre 1980, John dichiara
che, avendo compiuto da poco quarant’anni, è
sua ferma intenzione ricominciare a “vivere”
e dedicarsi nuovamente alla musica a tempo
pieno. Infatti, ha già preso in affitto uno studio di registrazione a New York presso la “Hit
Factory”
.
Molti dei progetti qui iniziati o realizzati
saranno poi riorganizzati da Yoko in maniera
esemplare. La sera dell’8 dicembre 1980 alle
22.51, al termine di un pomeriggio trascorso
al Record Plant Studio, mentre si accingeva a
rincasare con la moglie e si trovava di fronte all’ingresso del Dakota Building, un venticinquenne malato di mente di nome Mark
Chapman esplose contro di lui cinque colpi
di pistola, colpendolo quattro volte, mentre
esclamava: «Hey, Mr. Lennon».
Uno dei proiettili trapassò l’aorta e Lennon
fece in tempo a fare ancora qualche passo
mormorando «I was shot...» [Mi hanno sparato] prima di stramazzare al suolo. Soccorso
da una pattuglia di polizia, Lennon perse conoscenza durante la corsa verso il Roosevelt Hospital, dove fu dichiarato morto.
21. Nella seconda metà degli anni
ottanta nascono gli “Inudibili”
,
gruppo rock italiano ancora in
fase di formazione, che però non
ottiene molto successo. Dopo
circa dieci anni e l’avvicendamento di alcuni componenti, la
band è completa e si da il nome
Negrita, prendendolo da una
famosa canzone dei Rolling Stones: “Hey! Negrita”
.
Il 1994 è l’anno dell’esordio discografico: l’album “Negrita” riscuote
sin da subito molto successo di pubblico e critica;
ma la svolta decisiva avviene nel 1997, con l’uscita dell’album “XXX”
,
che raggiungerà le sessantamila copie vendute e contiene brani divenuti veri e propri cavalli di battaglia del gruppo, come ad esempio:
“Ho imparato a sognare”
.
Questo brano verrà inserito da Aldo, Giovanni e Giacomo nella colonna sonora del loro film “Tre uomini e una gamba”
.
I Negrita saranno in tour nel 2014 con vari concerti in tutt’Italia, da
Gli Area765 nascono in seguito
alla decisione
di Roberto Billi,
cantante e co-fondatore del gruppo, di
lasciare la band e al conseguente scioglimento de “I Ratti della Sabina”.
AREA765
Gli altri membri, pur volendo continuare
a condividere palchi e nuove esperienze,
non ritengono più opportuno utilizzare il
nome “I Ratti della Sabina”, perché identificativo di un progetto cresciuto e portato avanti nel tempo da otto persone.
Nel 2011 inizia quindi l’esperienza musicale degli Area765, una band nuova, ma con
c’e’ che
nord a sud: non è da escludere un proseguimenormai ho
to dell’Unplugged tour 2013, un’inedita versione
imparato
live in acustico del loro repertorio nei maggioa sognare
ri teatri italiani. Torino, Milano, Roma, Pescara
non
sono alcune delle città più importanti che hanno
smetter0’!
registrato il “tutto esaurito”
.
Dalla splendida esperienza del tour nasce l’album “Déjà Vu” che non è una greatests hits, bensì un riarrangiamento
,
in chiave semiacustica con cui i Negrita hanno riprodotto i loro brani più celebri e non solo, da “Ma ma maè” a “Rotolando verso sud” con
,
l’aggiunta di due inediti: “La tua canzone” e “Anima lieve”
.
Come hanno spiegato Pau e Cesare:
“Déjà Vu non è una raccolta, non è un greatest hits, non è un live, ma
solo arrangiamenti che sono stati eseguiti per 30, 40 volte nei teatri
italiani e poi risuonati con più cura e accortezza dei suoni in uno studio di registrazione. Con una cura maniacale, quasi da disco di inediti.
Ma è un rivestire una fetta di passato e rendersi conto che quel passato non era così male. Anche perché con altri arrangiamenti i brani
stanno in piedi benissimo.
Dai, è un motivo di orgoglio.
”
radici profonde, che continua un progetto musicale già iniziato con i Ratti, i quali
dal 1996 al 2010 hanno saputo imporsi sulla scena musicale italiana con numerosi
concerti e produzione di dischi.
Gli Area765 ripartono proprio da questo
e, anche se con un nuovo nome, rimane in
loro la volontà di continuare a vivere
insieme nuove esperienze e il piacere di
ricordare quelli che sono i loro luoghi di
provenienza:
765 sono infatti le ultime tre cifre del
prefisso telefonico dell’area geografica
conosciuta come “Sabina”.
Il gruppo è attualmente composto da set-
te membri
Stefano Fiori (voce, chitarra acustica)
Eugenio Lupi (chitarra elettrica)
Alessandro Monzi (violino)
Paolo Masci (bouzouki, chitarra elettrica, lap
steel)
Alberto Ricci (fisarmonica, keyboards)
Valerio Manelfi (basso)
Carlo Ferretti (batteria)
La loro musica ha subito un processo evolutivo: da un carattere quasi prettamente folk sono giunti a sonorità più vicine
al rock, mettendo sempre al primo posto
l’importanza dei testi.
21
Playlist
I TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI
NEL GIARDINO DEI FANTASMI
La Tempesta Dischi
****
WHO TARM, o meglio I Tre Allegri Ragazzi Morti, che
non sono più ragazzi, ma che non hanno nulla da
invidiare alle nuove leve. Quelli che suonano travestiti con le maschere disegnate dal fondatore, Davide
Toffolo. Nei live sono quattro, ma, per ovviare al nome,
il primo chitarrista si veste da animale che cambia da
album ad album;
WHERE: Pordenone, la piccola città friulana, patria del
punk-rock italiano anni ’70 - ’80, all’epoca del “Great
Complotto”;
“Nel giardino dei fantasmi” ve lo vogliamo consigliare, perché Toffolo non vuole consegnare la
propria immagine ai media e dice di volersi nascondere
dietro la sua matita, con la quale riesce a far uscire il
mondo della sua mente e a mostrarcelo nella completezza e bellezza;
“L’avevamo immaginato come l’incontro con i noWHAT stri fantasmi, come il rock, il reggae, il dub, la
canzone d’autore, il folk con qualche fantasma
più esotico. Il risultato è una musica etnica, di un’etnia
immaginaria, fantastica: la nostra”
Quando sei sveglio tutta la notte. Tra le foglie
WHen cadute dagli alberi; tra una palla di neve e l’altra.
WHY
22. simboli | la smorfia
La Smorfia
è il libro usato per trarre dai sogni i corrispondenti numeri da
giocare al lotto. Ha origini così antiche da ritrovarla nella tradizione ebraica.
Secondo la Cabala (Qabbalah), nella Bibbia non vi è parola, lettera
o segno che non abbia qualche significato misterioso correlato. Il mondo
stesso non sarebbe altro che un insieme di simboli da decodificare.
I cabalisti pertanto crearono una sorta di dottrina interpretativa per svelare i significati nascosti dietro alla realtà apparente. Originariamente tramandata in forma orale, successivamente fu trascritta su carta.
Le teorie sull'origine del termine "smorfia" rimangono incerte ed indefinite, anche se la spiegazione più frequente è che sia legata al nome di
Morfeo, il Dio dei sogni nell’antica Grecia. Nonostante ciò, l’importante
è sapere che spesso e volentieri i sogni portano consigli utili.
Proviamo ad interpretare questi sogni ironicamente:
- Essere incinta, ha una simbologia positiva che ci porta tante belle novità. Secondo la cabala e la smorfia il numero che meglio rappresenta la
maternità è il numero 89.
- Il sangue, normalmente può significare un dolore emotivo, rabbia per
qualcosa o qualcuno, una preoccupazione in generale, ma anche mancanza di energie. A volte nelle donne, il flusso di sangue, può anche
significare la perdita della verginità. Secondo la cabala e la smorfia è l’80.
- Se si sogna di morire vuol dire che avremo una lunga vita. Per la cabala
è il numero 14.
Se sogniamo un ragno o nero o grigio, può significare un momento di
non chiarezza, ma anche una trasformazione in corso. Se sogniamo dei
ragni morti vuol dire che ci siamo liberati da alcuni problemi. Le ragnatele invece hanno il significato di essere intrappolati in una rete di relazioni
o in qualcosa da cui ci fa piacere di uscire. Infine se sogniamo dei ragni
nel letto, vuol dire che abbiamo dei possibili problemi con il nostro partner. Per la cabala e la smorfia il numero è il 34.
- I soldi, hanno un significato particolare. Stanno infatti per un valore
personale, dei bisogni e degli affetti che al momento hanno un ruolo
importante. Per la cabala e la smorfia è il 51.
- L’acqua, può assumere diversi significati. Infatti, se noi sogniamo l’acqua calda (cabala: 30) c’è una malattia in vista; se sogniamo l’acqua fredda (69) c’è un odio dichiarato; se sogniamo di versare dell’acqua (88)
può significare la presenza di un incendio; mentre se sogniamo di cadere
nell’acqua bollente (37) vuol dire che la fortuna ti ha abbandonato.
- L’atto del bere assume significati differenti in base a ciò che stiamo bevendo. Se noi sogniamo di bere dell’acqua (44) vuol dire che c’è una
nascita in famiglia; bere del vino (45) significa felicità ed allegria, bere
alcolici (21) indica il bisogno di un maggior controllo; infine se si sogna
di bere troppo (17) vuol dire che c’è una possibilità di andare incontro
a dei guai.
Tali associazioni non sono una regola assoluta.
I sogni conserveranno sempre una parte di mistero. Sta a noi vedere se vogliamo assolutamente interpretarli o se preferiamo
lasciargli un lato inesplicabile…
a cura di:
Sofia Galgani
- Il ragno, è uno dei tanti simboli “positivi”. Questo indica infatti pazienza, abilità ed operosità.
a cura di:
Daniele Bolletta
22
ORIZZONTALI:
VERTICALI:
1. L’arabica ne è varietà – 6. E’ pieno di iniziative – 11. Un saluto – 13.
Lentamente – 14. Il Tognazzi della commedia all’italiana – 15. Il
de tedesco – 17. Resina nera – 18.
Esibito con teatralità – 20. Non
diminuisce mai – 21. Tipica danza
spagnola – 22. Li richiedono certi
quadri – 24. Pasti quotidiani – 26.
Liquidi usati nei laboratori – 28.
L’inizio dell’autunno – 29. Maiali –
30. Un vorace cetaceo – 32. Iniziali
di Chopin – 33. Si grida sul set – 35.
Possono coprire le spiagge – 37.
Aumento dei prezzi di Borsa – 39.
I Maiden gruppo heavy metal – 40.
Stare in panciolle – 42. I più vecchi
tra i colleghi – 44. Un contabile
– 45. Costringe all’attesa – 46. Il
protagonista del dramma – 47. Un
succo amarissimo – 48. La coda di
paglia.
1. Si conservano in salamoia – 2.
Tra i Pesci e il Toro – 3. Gran rumore che impedisce di concentrarsi
– 4. Corona l’opera – 5. Lungo capitolo di storia – 6. Lusingare,
incensare - 7. Vi si friggono due
uova – 8. Le salmonate hanno carni
rosa – 9. Si ripetono nel picnic – 10.
Assai vispo – 12. Uno per la miss –
16. Robusta tela per vele latine –
18. Scarica a terra l’acqua della
gronda – 19. La scrive il Pontefice
– 21. Mietere l’erba – 23. Lampada a
pile – 25. Il nome di un Bennato – 27.
In mezzo – 29. Iniziali della Cortellesi – 31. Proprietari terrieri – 32.
Spesso è odoroso – 34. Catanzaro –
36. Produce la Civic – 37. C’è quello
musicale – 38. Rancore, livore – 41.
Imperò fino al 1917 – 43. L’estate
francese – 45. I Limiti di Real.
23. Rieti:
Terni:
Eventi musicali:
Area 765 - Novalia (reunion)
Teatro:
DIAPASON: CLOWN IN MUSICA - I Circondati
Teatro:
DELIRIUM VITAE - Michele Vargiu e Giulio Federico Janni
‘NA SPECIE DE CADAVERE LUNGHISSIMO - Fabrizio Gifuni
IL GRANDE MAGO - Luca De Bei
HANSEL E GRETEL - Fondazione Aida
Regia di Diego Carletti e Luciano Menotta
Domenica 26 Gennaio 2014 Teatro Ragazzi
Giovedì 30 Gennaio 2014 ore 21:00 Teatro Flavio Vespasiano
Domenica 26 Gennaio 2014 ore 18:00 Teatro Flavio Vespasiano
dal 31 Gennaio 2014 al 1 Febbraio 2014 Teatro Secci
Domenica 26 Gennaio 2014 ore 21:00 Teatro Flavio Vespasiano
Regia di Lorenzo Bassotto
Domenica 2 Febbraio 2014 Teatro Ragazzi
APRITI CIELO - Ficarra e Picone
Eventi Musicali:
NOTHING ZERO NONE - Mountain Man
Sabato 1 Febbraio 2014 ore 21:00 Teatro Flavio Vespasiano
MR FOREST SHOW - Mago Forest
Mr Mat, voce, chitarre e stompbox; Mr Iano, armonica e voce
Giovedì 6 Febbraio 2014 ore 21:00 Auditorium Gazzoli
Sabato 1 Febbraio 2014 ore 21:00 Teatro Flavio Vespasiano
Gad P.L. Mariani
"LA STROLLACA" - di Mario Travaglini e regia di Fabrizio Festuccia
14, 15, 16 Febbraio 2014 Teatro Flavio Vespasiano
LO SFASCIO - di Gianni Clementi
con Nicolas Vaporidis, Primo Reggiani, Simone Corrente e Alessio Di Clemente
regia di Saverio Di Biagio e Gianni Clementi
Domenica 23 Febbraio 2014 ore 18:00
L’Aquila:
Civitella Roveto, Giorno della Memoria: celebrazioni il 26 gennaio
Il 26 gennaio a partire dalle ore 16:00, presso la sala Vincenzo Zanello
a Civitella Roveto, l’Associazione Culturale “Il Liri”, in collaborazione
con l’Anpi Marsica, celebrerà la ricorrenza del Giorno della Memoria.
Celano, mostra “Arte ed Archeologia nel Parco Regionale Sirente Velino”
dal 29 dicembre al 15 febbraio.
Al Castello Piccolomini di Celano il 29 dicembre alle ore 16:00 è stata
inaugurata la mostra “Arte ed Archeologia nel Parco Regionale Sirente
Velino”. La mostra a cura della soprintendenza per i beni artistici e archeologici d’Abruzzo sarà in esposizione fino al 15 febbraio 2014.
a cura di:
Beatrice Cianetti
Sofia Galgani
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