Tesi di Laurea Magistrale in Design e Comunicazione Visiva e Multimediale
"Che cosa direbbe Gutenberg? Il rinascimento digitale dell'editoria"
Ricerca intorno alla progettazione di una rivista digitale per iPad o altri device
Master in comunicazione ~ lez. 2 Abitare nei nuovi media, capire i contesti
Tesi di Laurea Magistrale "Che cosa direbbe Gutenberg? Il rinascimento digitale dell'editoria"
1. Che cosa direbbe
Gutenberg? Il Rinascimento
digitale dell’editoria
Ricerca intorno
alla progettazione
di una rivista
digitale per iPad
o altri device
Candidato
Daniela VERONA
Relatore
Prof. Franco ZERI
Tesi di Laurea Magistrale
in Design e Comunicazione
Visiva e Multimediale
ANNO ACCADEMICO 2010/11
Che cosa direbbe Gutenberg? 1
Tesi di Daniela Verona
2.
3. Che cosa direbbe
Gutenberg? Il Rinascimento
digitale dell’editoria
Ricerca intorno
alla progettazione
di una rivista
digitale per iPad
o altri device
Candidato
Daniela VERONA
matr. 1087068
Relatore
Prof. Franco ZERI
Tutor
Prof. Carlo MARTINO
Tesi di Laurea Magistrale
in Design e Comunicazione
Visiva e Multimediale
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ANNO ACCADEMICO 2010/11
DI ROMA “LA SAPIENZA”
Facoltà di Architettura –
Facoltà di Scienze Politiche,
Sociologia, Comunicazione
7. Indice
7 Introduzione
9 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
11 1.1 Cos’è “digitale”
12 1.2 La digitalizzazione
19 1.3 Il linguaggio ipermediale
21 1.4 I visionari
29 1.5 Interfaccia grafica e interazione
39 2. L’EDITORIA DIGITALE
41 2.1 La quarta rivoluzione: dal libro all’eBook
43 2.2 Cronologia dell’editoria digitale
49 2.3 eBook o Digital Magazine?
52 2.4 eBook reader o tablet?
59 2.5 DRM (Digital Rights Management)
67 2.6 Come si progetta una rivista digitale
75 3. IL PROGETTO “Artribune”
77 3.1 Cos’è Artribune
85 3.2 Progettazione della rivista digitale Artribune
per iPad
100 Bibliografia
Che cosa direbbe Gutenberg? 5
Tesi di Daniela Verona
8.
9. Introduzione
Questa ricerca nasce da un riflessione sui nuovi dispositivi multimediali
e sulla grande crescita di domanda ed offerta riguardante riviste e
libri digitali. Da quando nel 1971 un giovane studente americano
decise di digitalizzare la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati
Uniti distribuendola poi in rete, il mondo dell’editoria ha iniziato a
preoccuparsi per il suo futuro.
Oltre ad abolire il passaggio in tipografia e semplificare le problematiche
della distribuzione, è avvenuta una vera e propria rivoluzione, che può
essere paragonata solo a quella compiuta da Gutenberg con l’invenzione
della stampa a caratteri mobili. Non a caso il primo progetto di biblioteca
digitale libera e gratuita prende proprio il suo nome.
Il vero mutamento è stato, però, nel modo di scrivere e fare letteratura.
Con i nuovi mezzi è possibile pubblicare il proprio manoscritto senza
la figura dell’editore e promuoverlo e distribuirlo a costi limitati ad un
grandissimo bacino di lettori quale è internet.
Con l’introduzione, poi, di nuovi strumenti come eBook Reader e tablet
è cambiato anche il modo di fruizione della conoscenza, che è diventato
più interattivo, multimediale e personalizzabile.
La prima preoccupazione degli addetti al settore fu credere che il
digitale avrebbe sostituito completamente la carta, ma questo a distanza
di anni non è ancora avvenuto e probabilmente non avverrà mai.
Questo è successo ogni volta che è stato introdotto un nuovo media:
tuttavia né la radio, né il cinema sono stati rimpiazzati. Hanno casomai
trovato “nuove strade”. La differenza principale è che ora il libro fisico,
da prodotto di massa diventerà sempre più di nicchia, mentre la grande
diffusione prediligerà sempre più gli eBook e le riviste digitali.
Il digitale ha portato a un nuovo Rinascimento della cultura,
dalla letteratura classica a quella scientifica, dalle testate giornalistiche
alle riviste di settore, che hanno ora a disposizione nuove tecnologie
ed opportunità.
Che cosa direbbe Gutenberg? 7
Tesi di Daniela Verona
10. Come, infatti, dice McLuhan nel suo libro “Il medium è il massaggio”:
[...] L’interazione fra i vecchi e i nuovi ambienti crea numerosi problemi
e confusioni. L’ostacolo principale a una chiara comprensione degli
effetti dei nuovi mezzi di comunicazione è la nostra radicata abitudine
a osservare i fenomeni da un punto di vista fisso. Parliamo, ad esempio,
di “acquisire la prospettiva”. Questo processo psico-logico deriva
inconsciamente dalla tecnologia della stampa.
La tecnologia della stampa ha creato il pubblico. La tecnologia
elettrica ha creato la massa. Il pubblico consiste di individui distinti,
che si muovono con un punto di vista separato e fisso. La tecnologia
richiede che abbandoniamo il lusso di questa posizione, questo modo di
vedere frammentario. (McLuhan & Quentin, 1967)
Questa riflessione è lo spunto per l’approfondimento di questa ricerca
che percorrerà la storia della rivoluzione digitale, fatta di nuove scoperte,
ma anche di grandi visionari, fino all’analisi più dettagliata dei nuovi
strumenti per la progettazione editoriale. Nell’applicare quanto appreso
sui Digital Magazine per iPad, verrà illustrato il progetto reale del primo
numero di una rivista italiana sull’arte contemporanea “Artribune”.
Che cosa direbbe Gutenberg? 8
Tesi di Daniela Verona
11. 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
La ruota è un’estensione del piede,
il libro è un’estensione dell’occhio,
i vestiti, un’estensione della pelle,
i circuiti elettrici, un’estensione del sistema nervoso centrale.
Quando questi rapporti cambiano,
cambiano gli uomini.
Marshall McLuhan
Che cosa direbbe Gutenberg? 9
Tesi di Daniela Verona
12.
13. 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
1.1 Cos’è “digitale”
Il termine “digitale” deriva dall’inglese “digit” (“cifra”) e più anticamente
dal latino “digitus” (“dito”) ed è un termine usato nell’ambito informatico
ed elettronico per indicare tutto ciò che può essere rappresentato
attraverso un numero limitato di cifre: il codice binario.
Trattandosi di un insieme di valori finito, composto da due elementi
pari a 0 e 1, viene anche chiamato discreto e si contrappone al termine
analogico che invece indica un sistema considerato infinito, variabile
e continuo.
ANALOGICO
DIGITALE 001001010001000101001000100010010001001
Alla base del digitale si trova il bit, la più piccola unità d’informazione
riconosciuta da un elaboratore elettronico, che interpreta il singolo
impulso come un valore binario. Nell’ambito informatico il bit può
assumere due significati diversi a seconda del contesto:
come unità di misura dell’informazione (dall’inglese “binary
unit”), termine introdotto dalla Teoria dell’informazione di Claude
Shannonnel 1948 ed ancora oggi usato nel campo della compressione
dati e delle trasmissioni numeriche;
o come una delle due cifre della sequenza binaria (in inglese “binary
digit”) equivalente alla scelta tra due valori (sì/no, vero/falso, acceso/
spento) quando questi hanno la stessa probabilità di essere scelti.
Tale unità è stata paragonata all’entità fisica dell’atomo da Nicholas
Negroponte, esperto e visionario del pensiero digitale, che, già nel 1995,
aveva capito cosa il futuro ci avrebbe prospettato: una digitalizzazione
di massa. (Zeri, 1998)
Che cosa direbbe Gutenberg? 11 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
14. 1.2 La digitalizzazione
La digitalizzazione è il processo di conversione attraverso il quale una
grandezza analogica, composta da valori continui, diventa digitale
(discreta). In questo modo qualsiasi tipo di elemento – un’informazione,
un’immagine, un suono, un testo – può essere ridotto a un codice
numerico formato unicamente dai valori 0 e 1. (Zeri, 2000)
La digitalizzazione si sviluppa in tre momenti:
l’acquisizione (o capturing) del segnale analogico attraverso specifici
strumenti come scanner o sintetizzatori;
l’elaborazione dei dati codificati in modo da comprimerli e convertirli
in un formato leggibile dal computer o altri dispositivi;
la scrittura di tale codice su un supporto che ne permetta la diffusione.
La necessità di questa trasformazione si affianca all’invenzione dei
primi sistemi informatici e l’introduzione dei primi microprocessori
negli anni ’70, ma già dagli anni ’30 molti esperti avevano ipotizzato
un modo per potenziare la conoscenza e renderla più efficiente e
diretta. La rivoluzione digitale nasce quindi molto tempo prima di
quanto siamo soliti pensare e va letta come un processo che ha seguito
la rivoluzione tecnologica in base alle richieste del sistema produttivo.
L’obiettivo principale individuato dalle avanguardie della ricerca è
quindi quello di organizzare la grande quantità d’informazioni che ci
sommerge, attraverso un procedimento di semplificazione estrema che
ha alimentato lo sviluppo della tecnologia ed ha generato innovazioni
fondamentali come gli ipertesti, i personal computer ed internet.
La digitalizzazione, però, non si limita solo a trasformare un segnale
analogico in codice binario o creare contenuti nativi discreti: è anche in
grado di trasformare qualunque forma di attività umana in software,
cioè in istruzioni modificabili e programmabili utili a descrivere e
controllare il comportamento di una macchina.
Che cosa direbbe Gutenberg? 12 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
15. A questo proposito è necessario guardare più nel dettaglio tale processo
di trasformazione che si articola attraverso diversi livelli: codifica
numerica, programmabilità, modularità, trasmissibilità, archiviabilità e
transcodifica. (Manovich, 2002)
1.2.1 Codifica numerica
La codifica numerica è il concetto primario della conversione digitale,
ma le modalità di tale processo possono essere differenti a seconda del
segnale analogico originale.
Tanto quanto un suono viene sintetizzato con l’ausilio di un microfono
1 ed un video attraverso dei programmi specifici, allo stesso modo i
ASCII (American Standard Code testi possono essere trasformati in codice ASCII1 o acquisiti tramite la
for Information Interchange).
tecnologia OCR2 che permette il riconoscimento dei caratteri scritti.
2
OCR (Optical Character
Recognition).
3
Il termine pixel deriva dalla
contrazione delle parole inglesi
picture element. Rappresenta il più
piccolo elemento dell’immagine e
possiede caratteristiche variabili
in funzione del sistema di
rappresentazione adottato.
4
RGB è il nome di un modello
Per quanto riguarda le immagini bidimensionali, si può usufruire di
di colori le cui specifiche sono uno scanner, strumento in grado di trasformare le informazioni di
state descritte nel 1931 dalla CIE luminosità e saturazione in pixel3. Questo procedimento è anche detto
(Commission internationale de
l’éclairage). Tale modello di colori quantizzazione, perché quantifica i valori analogici del colore in valori
è di tipo additivo e si basa sui tre numerici da 0 a 255 sui canali RGB4. Nelle immagini rappresentate
colori rosso (Red), verde (Green)
da dati informatici solitamente i punti riprodotti sono così piccoli e
e blu (Blue), da cui appunto il
nome RGB. numerosi da non essere distinguibili ad occhio nudo e si fondono in
5 un’unica immagine solo quando vengono stampati su carta o visualizzati
L’unità di misura dpi si riferisce su un monitor. Si parla quindi di risoluzione, ovvero la densità dei punti
al numero di punti per lunghezza,
dove quest’ultima viene indicata di immagine (dot) all’interno di una matrice visiva misurabile in dpi
con l’unità di misura del pollice. (dot per inch)5.
Che cosa direbbe Gutenberg? 13 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
16. Le immagini tridimensionali possono invece essere convertite in
strutture statiche, voxel6, o in movimento, NURBS7, attraverso uno
scanner 3D.
La trasformazione di questi segnali analogici in una rappresentazione
codificata comporta una differenza peculiare: mentre un’informazione
analogica, una volta impressa su un supporto (carta, nastro magnetico)
rimane indelebile, permanente e non modificabile, il corrispettivo
numerico rimane, per natura, modificabile e scalabile. A tale libertà
di manipolazione è seguìto lo sviluppo di linguaggi inediti sul piano
culturale e visivo che hanno permesso la creazione di opere multimediali
ed ipermediali dalla fusione di testi, audio, video ed animazioni,
prevedendo anche un interessante grado d’interattività con l’utente.
Una delle caratteristiche del segnale digitalizzato è l’omogeneità.
Come afferma infatti Nicholas Negroponte:
“Non esiste infatti differenza qualitativa tra un bit di colore e un bit che
rappresenta un suono, in quanto qualsiasi sia l’input di partenza esso
viene tradotto in una serie omogenea di valori binari.” (Negroponte, 1996)
Questa grande versatilità è sicuramente uno dei punti di forza del
6 digitale, che risulta essere in questo modo ampiamente adattabile e
Voxel (volumetric pixel o più
precisamente volumetric picture
programmabile.
element) elemento di volume che
rappresenta un valore di intensità
di segnale o di colore in uno spazio
tridimensionale, analogamente al
pixel che rappresenta un dato di
un’immagine bidimensionale.
7
NURBS (Non Uniform Rational
B-Splines) traducibile in B-Splines
razionali non uniformi, una classe
di curve geometriche utilizzate
nella grafica tridimensionale per
rappresentare curve e superfici. Processo di digitalizzazione di un’immagine analogica.
Che cosa direbbe Gutenberg? 14 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
17. 1.2.2 Programmabilità
La programmabilità è la capacità di un segnale digitale di evolversi e
modificarsi in base alle diverse esigenze. Considerando le potenzialità e la
semplicità del codice binario, si è sentita fin da subito l’esigenza di creare
dei linguaggi di programmazione in grado di convertire la sequenza di
valori o e 1 in istruzioni per i diversi dispositivi. L’interpretazione varia
secondo molti fattori: la macchina, l’obiettivo, l’interazione con l’utente
e il linguaggio. Quest’ultimo, in particolare, si è sviluppato fino a creare
moltissime varianti che possono sembrare diverse tra loro, ma dal punto
di vista della capacità computazionale sono tutte equivalenti; ovvero,
un programma scritto in un certo linguaggio può sempre essere
codificato con qualsiasi altro linguaggio. E allora ci si chiede il perché
di questa molteplicità. Il fatto è che ogni linguaggio risulta più o
meno adatto a secondo del tipo di applicazione che si vuole ottenere,
mentre tutti i tentativi di creazione di un linguaggio unico standard
hanno dato scarsi risultati. Questo perché ogni linguaggio possiede una
caratteristica che lo rende più adatto ad un programma piuttosto che a
un altro, un po’ come accade con le lingue naturali (italiano, inglese, ...)
e le metalingue come l’esperanto,8 che sono rimaste nei fatti degli
esperimenti di glottologia.
Una classificazione generica dei linguaggi di programmazione li divide
in basso livello e alto livello. I linguaggi di programmazione di basso
livello, come il linguaggio macchina, permettono la connessione
di una stringa di bit con un’operazione elementare. Essendo molto
vicino alla logica del processore risulta essere molto lontano dal modo
di ragionare dell’uomo e quindi poco adatto alla codifica di algoritmi
8
più complessi. è per questo che sono nati i linguaggi di alto livello,
L’esperanto è una lingua
artificiale sviluppata tra il 1872 e
con cui poter scrivere i programmi in grado di tradurre e convertire
il 1887 dall’oftalmologo polacco i file sorgente nelle corrispondenti istruzioni per il processore in
Ludwik Lejzer Zamenhof, ed è linguaggio macchina. Il grande vantaggio dei linguaggi di alto livello,
di gran lunga la più conosciuta e
utilizzata tra le Lingue Ausiliarie motivo del loro sviluppo e successo, è il fatto di essere indipendenti dal
Internazionali (LAI). processore e dalla macchina su cui si sviluppa. In questo modo si ha una
Che cosa direbbe Gutenberg? 15 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
18. maggiore portabilità delle applicazioni, in quanto è possibile utilizzare lo
stesso sorgente su macchine differenti senza problemi di compatibilità.
Una grande differenza la fa la scelta di rendere disponibile o meno al
pubblico i sorgenti, e quindi si parla di codici aperti o codici chiusi a
seconda che sia possibile o meno l’interazione e la modifica del codice
anche da parte di terzi.
Evoluzione della programmazione è l’automazione, che tenta di
rimuovere l’intenzionalità umana ogni qual volta che il software esegue
un’azione indicata nel programma. Da diverso tempo si progettano
sistemi, come nel campo dell’intelligenza artificiale o della ricerca
semantica, che tentano l’emulazione dell’intelligenza umana dando un
significato ad ogni istruzione e al suo rispettivo risultato.
1.2.3 Modularità
Altra importante caratteristica del prodotto digitale è la sua modularità.
Gli elementi mediali, infatti, vengono assemblati in strutture di
dimensioni più ampie, ma continuano a mantenere le loro identità
originali. In questo modo possono essere combinati in strutture sempre
più complesse senza però perdere la propria indipendenza. Un esempio
chiaro ed efficace è il caso della pagina web HTML9. Essa riesce infatti
a contenere immagini, testi, video, suoni ed interazioni che possono
essere riorganizzati e collegati tra loro liberamente.
Dall’idea di modulo reiterabile si passa conseguentemente al concetto
di scalabilità, che si applica sia alla possibilità di variazione della
dimensione senza perdita d’informazioni che avviene nei file vettoriali,
sia alla capacità di un file digitale di contenere diversi livelli di dettaglio.
Il principio di modularità si può descrivere anche attraverso la
similitudine con una mappa. Se paragoniamo infatti un oggetto mediale
9 a un territorio geografico, le diverse mappe riprodotte con scale differenti
HTML (HyperText Markup forniranno maggiori o minori particolari sulla sua struttura originale.
Language), è il linguaggio utilizzato
per descrivere i documenti Allo stesso modo un’immagine a tutto schermo visualizzerà una serie di
ipertestuali disponibili online. dettagli che saranno esclusi nella sua versione iconica.
Che cosa direbbe Gutenberg? 16 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
19. 1.2.4 Trasmissibilità e archiviabilità
Tra le conseguenze della codifica numerica di un prodotto digitale
possiamo riscontrare la trasmissibilità e l’archiviabilità.
La trasmissibilità è la capacità di trasformazione dell’oggetto analogico
in informazioni fedeli all’originale, in modo tale da mantenere l’esattezza
del messaggio nonostante la possibilità infinita di copie che si possono
produrre. Ad esempio, una volta che un suono è stato trasformato in
una sequenza di numeri, esso può essere duplicato un’infinità di volte
senza per questo perdere di consistenza e di fedeltà.
La problematica prettamente morale e legale nata con lo sviluppo del
digitale, fu teorizzata già nel 1936 dal filosofo tedesco Water Benjamin
nel suo saggio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica”. Egli, infatti, s’interrogava sull’autenticità dell’opera d’arte
con l’avvento delle nuove tecniche artistiche, quali la fotografia ed il
cinema, e a modo suo spiegava come la facilità di realizzazione di copie
indistinguibili dall’originale avrebbe portato alla “perdita dell’aura”
dell’opera in sé. Stessa cosa avviene ora nella duplicazione digitale,
Logo USB. che mantiene ancora irrisolta la questione.
L’archiviabilità, invece, si riferisce alla possibilità di conservazione
dell’informazione codificata su supporti fisici o digitali che consentono
10 la registrazione, la conservazione e la rilettura dei dati. Tali dispositivi
USB (Universal Serial Bus), di memoria di massa utilizzano uno o più dischi magnetici per
standard di comunicazione l’archiviazione dei dati e possono essere di tipo fisso, come l’Hard Disk
seriale che consente di collegare
interno al computer; rimovibile, come le pendrive e i dischi esterni che
diverse periferiche ad un computer.
è stato progettato per consentire a solitamente comunicano con la macchina attraverso una porta USB10
più periferiche di essere connesse o come CD e DVD, che utilizzano l’apposito lettore. A questi si
usando una sola interfaccia
standardizzata ed un solo tipo
aggiungono i database (in italiano base di dati), archivi elettronici in
di connettore, e per migliorare grado di immagazzinare e organizzare grandi quantità di dati differenti.
la funzionalità plug-and-play La loro potenzialità sta nella possibilità di stabilire delle connessioni
consentendo di collegare o
scollegare i dispositivi senza tra gli elementi, in modo tale da creare dei collegamenti tra le diverse
dover riavviare il computer. informazioni riutilizzabili successivamente in modo dinamico.
Che cosa direbbe Gutenberg? 17 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
20. 1.2.5 Transcodifica
Durante il processo di elaborazione digitale avviene un’altra
integrazione: la fusione dell’aspetto numerico e quantitativo con quello
più propriamente contenutistico.
I due livelli s’intrecciano a un punto tale da determinare la nascita di
una cultura ibrida, tra il modo tradizionale dell’uomo di percepire il
mondo ed il modo in cui i computer lo rappresentano.
Ogni informazione digitale si divide infatti in due livelli:
un’organizzazione strutturale che ha senso per gli utenti, nel
quale le immagini descrivono oggetti riconoscibili, i file di testo si
compongono di frasi articolate e gli spazi virtuali vengono definiti
attraverso il sistema degli assi cartesiani;
e una struttura che segue gli schemi dell’archiviazione di dati tipica
dei computer.
Questa trasformazione appartiene quindi sia al piano culturale,
attraverso il dialogo tra i diversi elementi semantici, dal contenuto alla
qualità formale dell’immagine; sia al sistema informatico, attraverso
il quale interagisce con altri file presenti sul computer comunicando
caratteristiche puramente tecniche, quali la dimensione, il tipo di file, il
tipo di compressione utilizzata, il formato, etc.
Il livello culturale e il livello informatico fusi tra loro portano quindi
a una ridefinizione dei modelli espressivi e comunicativi. Il digitale
produce un’elaborazione profonda dei contenuti, tale da consentire
una nuova concettualizzazione della comunicazione visiva in forme
inedite e originali di tipo ipermediale. Sul piano culturale questo
significa un sapere diffuso e partecipativo, modificabile in tempo reale
dallo spettatore/attore, che influisce sull’andamento comportamentale
e stilistico della società e permette il passaggio da ricezione passiva a
partecipazione attiva (interazione).
Che cosa direbbe Gutenberg? 18 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
21. 1.3 Il linguaggio ipermediale
Il linguaggio ipermediale nasce dall’esperienza pionieristica del Memex
(dalla contrazione di “memory extender”), una sorta di calcolatore
analogico dotato di un sistema di archiviazione descritto dall’ingegnere
statunitense Vannevar Bush nel suo saggio “As We May Think”
(Come potremmo pensare) pubblicato su The Atlantic Monthly nel
1945. In realtà, tale intuizione risaliva già agli anni trenta quando Bush
capì che la letteratura scientifica si stava espandendo a una velocità
superiore rispetto alla capacità dell’uomo:
“Nelle nostre attività professionali siamo ancora attaccati in modo
piuttosto stretto a metodi di rivelare, trasmettere e recensire i risultati,
che sono vecchi di generazioni ed oramai inadeguati per i loro scopi.”
(Bush, 1945)
Copertina del saggio
“As We May Think” di V. Bush.
Ideò quindi una macchina a estensione della propria memoria, che
risolveva il problema della gestione e della consultazione rapida di grandi
quantità d’informazioni, fondando le basi dell’odierna ipertestualità e
rispecchiando l’esigenza di un’organizzazione non lineare.
Egli sapeva perfettamente che per le tecnologie dell’epoca non era
realizzabile, ma questo non fermò la progettazione dettagliata di tale
scrivania meccanizzata dotata di schermi traslucidi, una tastiera, set di
bottoni e leve in grado di gestire un vasto archivio di testi e immagini.
Disegno progettuale del Memex
di V. Bush. Il Memex presenta alcune delle caratteristiche principali dell’ipertesto:
i collegamenti (link); il ruolo partecipativo dell’utente e la possibilità di
sviluppare percorsi diversi a partire da uno stesso documento, tali da
renderlo il precursore del personal computer e del World Wide Web.
Sulla base di queste intuizioni Theodor Holm Nelson fondò nel 1960
il progetto Xanadu, con l’intento di creare un’interconnessione tra
computer dotati di un’interfaccia utente molto semplice.
Che cosa direbbe Gutenberg? 19 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
22. Questo tentativo è documentato nei libri Dream Machines (Nelson, 1974)
e Literary Machines (Nelson, 1981) e può essere spiegato e visualizzato
attraverso il seguente grafico.
Modello Il documento si presenta come una lista
del principio FILE di contenuti = FILE VIRTUALE
di Xanadu. VIRTUALE
ed è disponibile così come è richiesto
dal lettore
Logo del progetto Xanadu. SCRIVANIA = insieme dei contenuti disponibili Un nuovo documento viene inserito
sempre accessibili e collegati tra loro nella scrivania ed entra nel processo
Quest’esperienza permise a Nelson di coniare, nel 1965, il termine
hypertext (ipertesto), dalla contrazione di hyper (dal greco “superiore”)
e text (dal latino “trama, intreccio, tessere”), coinvolgendo nel significato
ogni sistema di scrittura non lineare che utilizza l’informatica.
Gli si attribuisce anche il primo utilizzo della parola “ipermedia”,
nata dall’esigenza di indicare la fusione tra ipertesto e multimedialità
dovuta all’inserimento di contenuti provenienti da media differenti e
non più solo testo ed immagini.
Il linguaggio ipermediale si è evoluto nel tempo fino a diventare
indispensabile e basilare per moltissime tecnologie moderne, ma è
rimasto sostanzialmente quello immaginato da Bush e Nelson, ovvero
un insieme di blocchi di contenuto collegati digitalmente fra loro
secondo una rete di connessioni semantiche non sequenziali. (Zeri, 2000)
Che cosa direbbe Gutenberg? 20 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
23. 1.4 I visionari
Se la tecnologia digitale si è sviluppata fino a quella che conosciamo oggi,
è anche grazie a degli uomini visionari che in tempi non sospetti hanno
saputo vedere e cogliere il futuro. Oltre ai già citati Vannevar Bush e
Theodor Nelson bisogna parlare anche di altri pionieri informatici come
Nicholas Negroponte, Alan Key e Steve Jobs.
Nicholas Negroponte (1943)
La citazione a lato descrive perfettamente lo spirito e la vocazione per
l’evoluzione digitale di Negroponte. E come poteva non essere tale.
Lui era presente quando l’IBM ha assemblato il primo personal
computer e quando il Dipartimento della Difesa Americana investì in un
sistema di comunicazione che permettesse un futuro ai superstiti in caso
di attacco nucleare creando Internet. Fu l’unico a credere in una rivista
d’avanguardia sull’attualità e la tecnologia, Wired, che ora è considerata
una pietra miliare del settore. Ha creato nel 2005 l’associazione no profit
One Laptop per Child11 perché crede fermamente che con un computer
Computing is not about da 100 Dollari si possa diffondere l’istruzione e la libertà anche nei
computers any more. luoghi più remoti dell’Africa e dell’Asia, oltre a sostenere la causa per
It is about living. l’attribuzione del Nobel per la pace a Internet. (Negroponte, 2010)
L’informatica non riguarda
più solo i computer. Si tratta Già nel 1985, mentre lavorava al MIT,12 fondò insieme a Jerome Wiesner
di un modo di vivere. uno dei più prestigiosi laboratori d’innovazione al mondo: il MediaLab.
Una sorta di Salon de Refusès dove raccogliere tutte le ricerche più valide
nel campo multimediale che non riuscivano a trovare il loro posto nelle
categorie più importanti del momento: dai sistemi operativi ai protocolli
11 di rete, dai linguaggi di programmazione all’architettura di sistema.
One Laptop per Child
L’obiettivo del laboratorio era ideare, prevedere e realizzare i sistemi
http://one.laptop.org
12
d’interfaccia uomo-macchina, in modo da facilitarne l’interazione.
MIT (Massachusetts Institute Di questi progetti, non tutti sono stati realizzati, ma hanno comunque
of Technology). influito su quello che è il design dell’interazione oggi.
Che cosa direbbe Gutenberg? 21 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
24. Molte delle sue intuizioni, tra cui la definizione del bit come la più piccola
unità di misura dell’informazione digitale, sono raccolte nel libro Being
Digital, pubblicato per la prima volta nel 1995 e in seguito tradotto in
25 lingue.
Alan Curtis Kay (1940)
Alan Kay è stato forse il più attivo tra i pionieri informatici. Non c’è
strumento o linguaggio attuale, che non sia già stato pensato e realizzato
da Kay quarant’anni fa.
Negli anni ’70 entra a far parte del gruppo di ricercatori dello Xerox
Palo Alto Research Center (PARC), un luogo speciale dove le migliori
menti del tempo hanno potuto sperimentare e inventare buona parte
delle tecnologie che utilizziamo ancora oggi, dal mouse al concetto di
icona e finestra. È considerato il padre della programmazione orientata
agli oggetti (OOP, Object Oriented Programming) per il suo impegno
Don’t worry about nella creazione del linguaggio Smalltalk, con il quale ha permesso
what anybody else is l’interazione tra uomo e computer attraverso lo sviluppo delle prime
going to do. The best way interfacce grafiche.
to predict the future is
to invent it. L’idea più visionaria di Alan Kay rimane però il Dynabook, ideato ancora
Non preoccuparti di cosa sta nel 1968, e considerato l’antenato dei laptop e dei tablet. Egli concepì
per fare qualcun altro. questo dispositivo come un personal computer interattivo e portatile,
Il miglior modo per predire il accessibile come un libro ed utile all’apprendimento dei bambini.
futuro è inventarlo. (Rampersad, 1997)
Questa connotazione educativa lo ha spinto, infatti, a partecipare al
progetto di Negroponte One Laptop per Child con il linguaggio open
source Squeak, evoluzione del suo Smalltalk. Purtroppo era consapevole
che le tecnologie dell’epoca non erano ancora pronte per uno strumento
così elaborato, un po’ come accadde con il Memex di Vannevar Bush,
ma questo non fermò i suoi studi e possiamo, in effetti, costatare come
nel mercato odierno la sua intuizione si sia tramutata in un oggetto reale
e indispensabile.
Che cosa direbbe Gutenberg? 22 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
25. La sua personale opinione su quanto è stato fatto in quegli anni e su
quanto si fa oggi in ambito digitale rimane comunque molto critica:
“Twenty years ago at PARC, I thought we would be way beyond where
we are now. I was dissatisfied with what we did there. The irony is
that today it looks pretty good. The result of our work is techniques for
doing software in an interesting and more powerful way. That was
back in the seventies. People today aren’t doing a lot of work to move
programming to its next phase.”
Venti anni fa al PARC, pensavo saremmo andati più avanti di dove siamo oggi.
Ero poco soddisfatto di quello che stavamo facendo. L’ironia è che oggi sembra
invece tutto fantastico. Il risultato del nostro lavoro è stato in pratica creare
software in modo più interessante e potente. Questo negli anni ’70. La gente
oggi non si sta impegnando molto per portare la programmazione a un livello
più avanzato.
Progetto e foto del protipo
del Dynabook di A. Kay (1968).
Che cosa direbbe Gutenberg? 23 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
26. Steven Paul Jobs (1955-2011)
Uno dei personaggi più influenti ed importanti del mondo informatico
è sicuramente lui: Steve Jobs, fondatore della Apple Inc. nel 1976.
Le sue capacità imprenditoriali, oltre a quelle tecniche, hanno reso il
marchio Apple un brand fondamentale dell’Information Technology
distinguendosi dalla concorrenza per stile, design, qualità ed affidabilità.
Quello che non tutti sanno è che Jobs non ha ricevuto un’illuminazione
divina, ma egli stesso ammette di essersi ispirato agli studi che si stavano
svolgendo allo Xerox PARC. Invitato insieme ad altri suoi dipendenti a
visitare il centro di ricerca nel dicembre 1979, egli poté vedere i primi
Stay hungry, stay foolish. esperimenti di interfaccia grafica basati sul linguaggio Smalltalk di
Siate affamati, siate folli. Alan Kay. Egli capì subito le potenzialità di questa metafora di utilizzo del
computer e fu il primo a rendere reale quest’idea commercializzando nel
1983 il modello Apple Lisa,13 il primo computer con mouse e interfaccia
a icone.
“And they showed me really three things. But I was so blinded by
the first one I didn’t even really see the other two. One of the things
they showed me was object orienting programming they showed me
that but I didn’t even see that. The other one they showed me was a
networked computer system...they had over a hundred Alto computers
all networked using email etc., etc., I didn’t even see that. I was so
blinded by the first thing they showed me which was the graphical
Apple Lisa (1983). user interface. I thought it was the best thing I’d ever seen in my life.
Now remember it was very flawed, what we saw was incomplete,
they’d done a bunch of things wrong. But we didn’t know that at the
time but still though they had the germ of the idea was there and they’d
done it very well and within you know ten minutes it was obvious to
me that all computers would work like this some day.” (Jobs, 1996)
13
LISA (Local Integrated Software In realtà, mi fecero vedere tre cose. Ma ero così accecato dalla prima che non ho
Architecture) neanche visto le altre due. Una di queste era la programmazione orientata agli
Che cosa direbbe Gutenberg? 24 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
27. oggetti, me l’hanno mostrata ma non l’ho neanche vista. L’altra era un sistema di
computer in rete… avevano più di cento computer Alto, tutti collegati, che usavano
email etc, ma non ho visto nemmeno questa. Ero talmente accecato dalla prima
cosa che mi presentarono: l’interfaccia grafica. Ho pensato fosse la cosa migliore
che avessi mai visto in vita mia. Ora ricordandola era piena di difetti, quello che
vedemmo era incompleto, avevano fatto alcuni errori. Non lo sapevamo allora,
nemmeno immaginato, ma ebbero il germe di un idea… Era lì, e l’avevano anche
realizzata molto bene. E in circa dieci minuti per me fu ovvio che tutti i computer
avrebbero funzionato così, un giorno.
La sua capacità visionaria non fu tanto nelle idee, ma nell’impegno che
mise nel concretizzarle prima di altri. Seguirono, infatti, altri modelli e
sistemi operativi sempre più all’avanguardia fino a uscire dal mercato
dei computer per entrare in altri settori merceologici con l’iPod, l’iPhone
e l’iPad, dettando ogni volta legge per i prodotti concorrenti. è proprio
l’ultimo device a scatenare il dubbio che Steve Jobs non fosse il più
grande inventore del nostro secolo, ma solo un bravissimo imprenditore
in grado di recuperare le idee di più di quarant’anni fa. La somiglianza
con il progetto del Dynabook di Alan Kay è, in effetti, impressionante.
L’unico modo per capire se davvero Jobs ha rubato l’idea di Kay è
chiederlo direttamente a quest’ultimo e fortunatamente Wolfgang
Gruener, un attento giornalista del Tom’s Hardware US, l’ha già fatto
al posto nostro.
Che cosa direbbe Gutenberg? 25 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
28. Did Steve Jobs Steal The Steve Jobs ha rubato l’iPad?
iPad? Genius Inventor Alan Il geniale inventore Alan Kay
Kay Reveals All (Gruener, 2010) rivela tutto
[…] Kay believes that computers […] Kay crede che i computer
can be much more powerful potrebbero essere più potenti
than most people can imagine di quanto le persone possano
today. A significant component immaginare oggi.
of the Dynabook’s usage model Una caratteristica significativa
was that its users would be del modo d’utilizzo del Dynabook
able to easily develop simple era la possibilità per gli utenti
applications. di sviluppare facilmente delle
semplici applicazioni.
[…] There is a clear difference
between the Dynabook concept […] C’è una differenza chiara tra
and what the iPad is today. il concetto del Dynabook e quello
If you look at the iPad and the che è l’iPad oggi. Se guardi ad
Dynabook, the usage models entrambi, il modello d’utilizzo
could not be any different. non potrebbe essere più diverso.
You could even claim that the Si potrebbe perfino affermare che
iPad is geared for passive l’iPad sia stato realizzato per un
computing, while the Dynabook uso passivo, mentre il Dynabook
represented an idea of active rappresentava un’idea di uso attivo
computing. The last thing you del computer. L’ultima cosa
would want to do on an iPad is che vorresti fare con un iPad è
write your own software. scriverti da solo il software.
You have the App Store, so why Esiste l’Apple Store, perché
would you program anything? dovresti programmare qualcosa?
[…] So, did the Dynabook […] Quindi, il Dynabook ha
influence Steve Jobs and the influenzato Steve Jobs e l’iPad?
iPad? “Hard to imagine that it “Difficile pensare che non l’abbia
didn’t,” Kay said. “Of course, fatto” dice Kay “Sicuramente molte
Che cosa direbbe Gutenberg? 26 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
29. many things in the multi-touch cose come l’interfaccia multi-
UI, page turning animations, etc. tuoch, le animazioni delle pagine,
were first done by the group of ecc. sono state fatte prima dal
my friend Nicholas Negroponte gruppo del mio amico Nicholas
at MIT,” Kay said. “The idea of Negroponte al MIT.
touch screen interaction also Anche l’idea del touch screen
goes back to this community, appartiene a questo gruppo,
both at PARC and Negroponte’s tra il PARC e il MIT inventarono
research group at MIT that un tablet multi-touch già negli
invented a multi-touch tablet in anni ‘70.” Il rapporto tra Kay
the 70s.” So Kay and Jobs have e Jobs è quindi di lunga data.
a lasting relationship. There is C’è una curiosità particolarmente
a particularly interesting event interessante tra i due legata
between the two that relates to all’iPhone e all’iPad.
the iPhone and the iPad. “Quando Steve mi mostrò l’iPhone
“When Steve showed me the al suo lancio qualche anno fa e mi
iPhone at its introduction a few chiese se ‘era buono abbastanza
years ago and asked me if ‘it was da essere criticato’, cioè ciò che
good enough to criticize,’ which gli dissi a proposito del Mac nel
is what I had said about the Mac 1984, ho preso il mio notebook
in 1984, I held up my Moleskine Moleskine e dissi “fai lo schermo
notebook and said “make the almeno 13 x 20 cm e detterai
screen at least 5”x8” and you legge nel mondo”.
will rule the world”.
[…] Ovviamente, chiesi a Kay,
[…] I asked Kay, of course, se riteneva che Jobs avesse
whether he felt that Jobs had rubato l’idea per l’iPad. Kay fermò
stolen the idea for the iPad. subito l’insinuazione.
Kay quickly denied such a In realtà è contento del successo
thought. He actually enjoys che Jobs ha ottenuto con
the success Jobs has with this questo prodotto e afferma che
product and said credit has been è stato dato credito a tutte le
given to all parties involved. parti coinvolte.
Che cosa direbbe Gutenberg? 27 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
30. […] Clearly, the idea of the […] Chiaramente, l’idea del
Dynabook went far beyond Dynabook andava molto
what the iPad is today and it oltre quello che è l’iPad oggi
does not represent the vision of tanto da non rappresentare la
the Dynabook idea. In a way, lungimiranza di quel progetto.
Apple may have taken the best In un certo senso, Apple ha
thoughts of the Dynabook and probabilmente preso il meglio
squeezed it into a marketable del Dynabook e l’ha compresso in
model and a scenario that fit into un modello commercializzabile
Apple’s business plan. No doubt, all’interno di un contesto che
there has been a lot of brainwork rientra nella strategia di business
to make the Dynabook work della Apple. Senza dubbi, ci si è
for Apple. However, the whole dovuti spremere le meningi per
iPad release and Apple’s claim cercare di rendere il Dynabook
as an innovator just does not adatto ad Apple. Tuttavia, tutta
feel right. The iPad seems to be la storia del rilascio dell’iPad e
a typical Apple product and not della proclamazione di Apple
quite the innovation it seems to come innovatrice suona male.
be at first sight. L’iPad dà l’impressione di essere
il tipico prodotto Apple e non
[…] I wonder: Is there an l’innovazione che poteva sembrare
opportunity for Alan Kay’s a prima vista.
Dynabook? An iPad with a
Squeak implementation […] Mi chiedo: Esiste una
that enables any user to write possibilità per il Dynabook di
his or her own applications, Alan Kay? Un iPad con il
rather than resorting to linguaggio Squeak che permetta
purchasing an app? agli utenti di scrivere le proprie
applicazioni, piuttosto che dover
ripiegare sull’acquisto di una app?
Che cosa direbbe Gutenberg? 28 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
31. 1.5 Interfaccia grafica e interazione
Abbiamo visto come l’intuizione dell’utilizzo di un’interfaccia grafica
per semplificare la comunicazione e l’interazione tra utente e macchina
sia stata la scelta decisiva per rendere la tecnologia digitale accessibile a
tutti, ma cosa s’intende per interfaccia?
Nel senso più generale del termine, qualunque strumento che ci aiuti
a interagire col mondo intorno a noi nel modo più ‘adatto’ alla nostra
conformazione fisica e sensoriale, alle nostre abitudini e alle nostre
convenzioni culturali e sociali – svolgendo dunque una funzione di
mediazione fra noi e il mondo – può essere considerato un’interfaccia.
Nell’ambito informatico l’interfaccia uomo-macchina ha attraversato
tre fasi evolutive: da una visualizzazione complessa per righe di codice,
all’introduzione di paradigmi visivi ed icone che interagiscono con
sistemi di input quali il mouse e la tastiera, fino alla più moderna
interfaccia naturale che permette un apprendimento più veloce delle
gestualità necessarie alla comunicazione con device touchscreen.
CLI codice GUI metafore NUI gesti
WIMP OCGM
Command Line Interface (CLI)
L’interfaccia a riga di comando deriva dai primi calcolatori, i quali
non erano in grado di compiere alcuna elaborazione autonomamente
ed avevano bisogno di un’interazione di tipo testuale, tramite tastiera,
tra utente ed elaboratore. Attualmente un’interfaccia di tipo CLI si
ottiene per mezzo di un programma che permette all’utente di interagire
digitando opportuni comandi su un emulatore di terminale testuale ed
è ancora molto diffusa per il controllo e la configurazione di dispositivi
Screenshot di un’interfaccia a riga
come router, switch e stampanti di rete, ma anche per connettere in
di comando con linguaggio DOS. remoto una rete di computer.
Che cosa direbbe Gutenberg? 29 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
32. Graphic User Interface (GUI)
L’interfaccia grafica, come siamo abituati ad intenderla, deriva invece
dall’intuizione nata allo Xerox PARC e realizzata dal giovane Steve Jobs
nel 1983 nel computer Apple Lisa.
Essa rappresenta il paradigma visivo con il quale l’utente può dare
istruzioni al computer o ad altri device attraverso immagini piuttosto
che codici. Utilizza metafore semplici da comprendere che vengono poi
Esempi di icone utilizzate per il tradotte in icone cliccabili, in sistemi di archiviazione tramite cartelle e
cursore del mouse sullo schermo.
in finestre che permettono di esplorarne il contenuto. Questo sistema
viene anche chiamato WIMP14, acronimo di “Window, Icon, Menu
e Pointing device” (in italiano “finestra, icona, menu e dispositivo di
puntamento”) proprio perché questi quattro elementi rappresentano le
basi dell’interfaccia grafica su qualsiasi sistema operativo e non solo,
il termine è stato infatti esteso anche al mondo dei videogiochi.
In ogni caso l’unico modo con cui l’utente può interagire con la macchina
e con questo tipo di interfaccia è per mezzo di tastiera e mouse, attraverso
i quali è possibile compiere azioni come cliccare, spostare, ingrandire in
modo semplice e abbastanza intuitivo.
Natural User Interface (NUI)
Infine, l’interfaccia che più di tutte rende i movimenti e l’interazione
immediata e quasi scontata è quella naturale. Questo aggettivo
evidenzia quanto sia facile apprendere questo nuovo linguaggio, tanto
da diventarne esperti con poche e mirate istruzioni.
Sfrutta le gestualità più comuni dell’agire quotidiano e rende l’interfaccia
stessa praticamente invisibile. I comandi vengono dati attraverso
movimenti del corpo dell’utente, in particolare gesti delle dita della
mano che possono essere singoli o combinati. Si riferisce infatti a tutta
14
la nuova generazione di dispositivi con display touchscreen, ma anche
Termine coniato da Merzouga alle ultime piattaforme di gioco che sfruttano i sensori di movimento
Wilberts nel 1980. per rendere l’esperienza più completa e immersiva.
Che cosa direbbe Gutenberg? 30 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
33. Si passa quindi dal sistema WIMP a quello OCGM, acronimo di “Objects,
Containers, Gestures e Manipulations” (in italiano “oggetti, contenitori,
gesti e manipolazioni”). (George, 2009)
Tale cambio di paradigma è stato annunciato da Ron George, un designer
americano, che ha cercato di dare una spiegazione chiara, ma anche
filosofica di questo mutamento. Gli “oggetti” rappresentano l’essenza
dell’esperienza perchè diventano essi stessi l’interfaccia fisica o virtuale.
Esempio di gesti e manipolazioni I “contenitori” sono il raggruppamento di tali oggetti, che non devono
su schermo touchscreen.
per forza essere finestre o archivi gerarchici. I “gesti” e le “manipolazioni”
riguardano, invece, i movimenti necessari a comunicare con il
sistema. Nei primi l’azione indica l’inizio di una funzione ed è quindi
indiretta perché necessita la risposta del dispositivo, nelle seconde
l’influenza sull’oggetto o sul contenitore diventa diretta ed immediata.
Tale differenziazione è fondamentale per la progettazione di
un’interfaccia naturale in quanto i “gesti” sono i movimenti più intuitivi,
semplici e legati al mondo delle metafore, mentre le “manipolazioni”
sono più complesse ed hanno bisogno di essere apprese.
Che cosa direbbe Gutenberg? 31 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
34. 1.5.1 Storia dell’interazione
Chiarite le diverse definizioni di interfaccia è utile osservare come
le modalità di interazione si sono evolute nel tempo. Se si parla
d’interazione tra l’uomo ed il mondo che lo circonda, i computer sono
l’ultima cosa con cui si è dovuto interfacciare. Dagli utensili più comuni
a quelli meccanici, il genere umano ha sempre dovuto trovare il modo di
mettersi in relazione con gli strumenti che esso stesso creava e questo è
avvenuto attraverso diverse fasi. (Rigamonti, 2011)
L’era della manopola
Negli anni ’20 - ’30, a seguito della rivoluzione industriale, la macchina
industriale era al centro dell’attenzione e venivano costruite secondo
l’esaltazione estetica tipica del periodo. Erano marchingegni enormi che
potevano essere controllati dall’uomo solo attraverso delle manopole,
che quindi permettevano solo ed unicamente la regolazione del compito
che essa svolgeva.
Modern Times,
Charlie Chaplin (1936).
Che cosa direbbe Gutenberg? 32 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
35. L’era del pulsante
Dagli anni ’40 - ’50 la situazione cambia e finalmente l’uomo torna
ad essere al centro del sistema produttivo costruendo delle macchine
di dimensione più umana. Si aggiunge anche una nuova funzionalità,
quella del bottone, che quindi dà la possibilità di scelta tra due stati:
acceso e spento, attivo e disattivo.
Nasce in questo periodo il concetto di workdesk, ovvero della postazione
di controllo alla quale hanno accesso i cosiddetti colletti bianchi,
una nuova categoria di operai che non ha più bisogno di tute per non
sporcarsi, ma al contrario può permettersi il lusso di una camicia
bianca. La grande novità è che l’interazione uomo-macchina non
avviene più solamente a lavoro, ma entra nelle case della gente con i
primi elettrodomestici. Il design dell’interazione diventa fondamentale
perchè non deve più comunicare solo con utenti tecnicamente preparati,
ma anche con casalinghe e persone inesperte, che devono essere in
grado di dare istruzioni complesse in modo semplice ed essenziale.
Workstation ORACLE
(anni ‘40).
Che cosa direbbe Gutenberg? 33 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
36. L’era del “punta e clicca”
è solo negli anni ’80, con l’introduzione dei personal computer e del
mouse, che l’interazione diventa più completa, ma anche più complicata.
Per questo nasce l’esigenza di un’interfaccia grafica, che approfitti di un
sistema di metafore visive che rendano semplice la comunicazione con
questa nuova macchina.
Il design di tale interazione si sviluppa su tre livelli:
la messa in pagina, legata all’aspetto estetico-grafico dell’interfaccia;
la messa in forma, che si occupa dell’organizzazione funzionale,
tramite l’utilizzo o meno di periferiche quali il mouse e la tastiera;
e la messa in scena, che riguarda le azioni da compiere per fare
in modo che “accada qualcosa”, un evento che si attivi in risposta
ad un movimento come ad esempio cliccare, puntare, selezionare,
trascinare, ecc. (Anceschi, 1993)
Rimangono sempre presenti i precedenti paradigmi della manopola e
dei bottoni, che diventano virtuali ed aiutano l’utente a mantenere una
certa confidenza con le azioni che svolge in ambito digitale rispetto
a quelle che fa fisicamente. A questo si aggiungono tutta una serie di
movimenti che cercano di essere il più simili possibili a quelli quotidiani
aiutati da un insieme di richiami visivi iconici che indirizzano l’utente
verso la prossima mossa da fare.
Primo prototipo di mouse
realizzato da Douglas Engelbart
presso lo e Stanford Research
Institute (1963) a confronto con
un mouse moderno.
Che cosa direbbe Gutenberg? 34 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
37. L’era del gesto
Con l’introduzione massiccia del touchscreen sui dispositivi mobili, tutto
quello che prima veniva fatto con una periferica esterna, come il mouse
o la tastiera, diventa gestibile con un semplice tocco. Per i nativi digitali
sembra impossibile che un comando non si possa dare sfiorando lo
schermo con un dito o agitando lo strumento, ma per tutti quelli che sono
cresciuti con il concetto del punta e clicca, non è stato facile cambiare
completamente modo di comportarsi davanti ad un nuovo device.
è l’iPhone nel 2007 a permettere questo grande salto di paradigma,
che cambia completamente il modo di utilizzare un telefono. Tutte le
macchine iniziano a diventare sempre più dei terminali multimediali e
non unici portatori di quella tal funzione: con un telefono posso ascoltare
musica e fare foto, come con una TV digitale posso navigare su internet
ed interagire veramente. Questo ha richiesto un nuovo e più profondo
lavoro di ricerca per quanto riguarda le interfacce grafiche, che hanno
dovuto reinterpretare il passato, ma permettere azioni sempre più libere
e personali.
Che cosa direbbe Gutenberg? 35 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
38. Come, infatti, si può vedere nell’abaco dell’interfaccia iPhone, i pulsanti
sono fondamentali per la scelta di attivazione o disattivazione di una
certa funzionalità, ma data la virtualità di tale gesto, in mancanza di un
bottone fisico da poter cliccare, questo deve essere simulato graficamente
con molta cura.
Elementi per l’interfaccia
grafica dell’iPhone.
è un chiaro esempio di interfaccia naturale, perchè simula pulsanti e
regolatori con cui l’utente ha già familiarità nell’ambito fisico per indurlo
a compiere dei gesti studiati per dare quella determinata istruzione
al dispositivo.
Un esempio evidente è l’idea promossa da Apple di ingrandire
un’immagine semplicemente con il gesto di due dita che allontanandosi
dal centro compiono un movimento talmente banale ed ovvio da non
avere bisogno di spiegazioni.
Che cosa direbbe Gutenberg? 36 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
39. 1.5.2 La metafora della scrivania
Un modo per capire l’evoluzione dell’interfaccia grafica nella storia è
osservare com’è cambiata graficamente la metafora della scrivania
nei diversi sistemi operativi. Il desktop è stato reinterpretato dalle
diverse case produttrici a seconda del target e dell’esperienza grafica
del momento, dalla prima versione in bianco e nero realizzata da Steve
Jobs per il computer Apple Lisa nel 1983 alla più attuale legata ai tablet
e gli smartphone. Di seguito alcuni esempi.
Apple Lisa Xerox Star
1983 1985
Amiga Workbench Apple GS/OS desktop Windows 3.11
1985 1986 1993
Che cosa direbbe Gutenberg? 37 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
40. Windows 95 Windows XP Mac OS X 10.3 “Panther”
1995 2001 2003
Windows Vista Mac OS X 10.5 “Leopard” Apple iPhone
2006 2007 2007
Windows 7 Apple iPad Mac OS X 10.7 “Lion”
2009 2010 2011
Che cosa direbbe Gutenberg? 38 1. LE ORIGINI DEL DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
41. 2. L’EDITORIA DIGITALE
Il digitale rende la convergenza non solo possibile,
ma inevitabile.
Brian O’Leary
Che cosa direbbe Gutenberg? 39
Tesi di Daniela Verona
42.
43. 2. L’EDITORIA DIGITALE
2.1 La quarta rivoluzione: dal libro all’eBook
La realtà in cui viviamo si basa, per molti aspetti, sulla scrittura.
Dal libro sacro delle religioni monoteiste al testo scolastico, dal libro
contabile all’editoria tradizionale, il “libro” è un elemento onnipresente
nella nostra società.
Da quando, nel 1455, Johann Gutenberg inventò la stampa a caratteri
mobili, la diffusione del testo scritto si è ampliata in modo esponenziale,
sfruttando un supporto che è diventato familiare e alla portata di tutti.
Il libro è considerato un mezzo di comunicazione perfetto. (Laconi, 2010)
La sua fisicità e la libertà che lascia al lettore di decidere quando leggerlo
e come utilizzarlo, lo rende uno strumento di potere sotto il nostro
controllo. Una fisiologica trasformazione è avvenuta nei secoli con il
miglioramento delle tecniche di stampa e l’introduzione del computer,
ma mai come adesso l’editoria sta cambiando forma, diventando
completamente digitale.
“La pagina è sostituita dallo schermo, i caratteri stampati si
trasformano in bit. E il libro – o almeno, il libro al quale siamo abituati
– sembra minacciato su più fronti.” (Roncaglia, 2010)
L’ipertestualità si sostituisce alla scrittura lineare, l’introduzione di
nuovi media cambia completamente le abitudini e le gestualità del
lettore. Nascono nuovi canali di distribuzione e archiviazione, differenti
modalità di gestione dei guadagni e problemi di protezione dei diritti
d’autore, sono richieste nuove professionalità e competenze ben diverse
da quelle coinvolte nell’editoria classica.
La rivoluzione che viviamo ai giorni nostri è, con ogni evidenza,
più radicale di quella di Gutenberg, in quanto non modifica solo la
tecnica di riproduzione del testo, ma anche le strutture e le forme stesse
del supporto che lo comunica ai lettori. (Chartier, 1999)
Che cosa direbbe Gutenberg? 41 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
44. Se analizziamo le tappe evolutive della divulgazione dell’informazione,
possiamo indicare come prima grande rivoluzione il passaggio
da comunicazione orale a scritta, con la creazione dell’alfabeto.
Successivamente, la trasformazione del supporto da rotolo a libro
provocò un cambiamento importante nella produzione e diffusione
del testo scritto, alla quale seguì l’intuizione geniale del tipografo di
Magonza, che con i caratteri mobili sconvolse completamente il mondo
della stampa.
Possiamo quindi definire quella odierna come la quarta rivoluzione
(Roncaglia, 2010) che interessa il mondo della testualità e nella quale
è ancora difficile orientarsi. È necessario cambiare linguaggio e
riconsiderare l’intero progetto, introducendo e approfondendo tutte le
caratteristiche tecniche legate al mondo digitale.
Che cosa direbbe Gutenberg? 42 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
45. 2.2 Cronologia dell’editoria digitale
1968 Alan Kay progetta, ma non realizza, il Dynabook:
l’antenato dei laptop e dei tablet.
1971 è l’anno simbolo per la nascita dell’eBook. Il 4 luglio 1971
Michael Stern Hart, un giovane studente dell’Università
dell’Illinois, digitalizza la Dichiarazione di Indipendenza degli
Stati Uniti, realizzando il primo testo digitalizzato scaricabile su
Internet. Intuisce le potenzialità dell’editoria digitale e sceglie
di utilizzare questa tecnologia per diffondere il patrimonio
culturale dell’umanità lanciando il Progetto Gutenberg*,
la biblioteca digitale che distribuisce gratuitamente opere
letterarie di domino pubblico in forma elettronica.
* Cosa direbbe Gutenberg?
Per quanto l’editoria digitale sia il superamento dell’idea di stampa
inventato da Gutenberg, il suo nome ricorre anche nel primo grande
progetto di diffusione della letteratura attraverso la digitalizzazione
dei testi. Il Progetto Gutenberg nasce nel 1971 dalla volontà di Michael
S. Hart di realizzare una biblioteca digitale di libri liberamente
http://www.gutenberg.org
consultabili. Superando i limiti legati alla distribuzione e la riproduzione
di testi cartacei, il progetto crede nel connubio tra eBook ed Internet per
diffondere in tutto il mondo l’eredità letteraria che ci appartiene, con
l’obiettivo di “rompere le barriere dell’ignoranza e dell’analfabetismo”.
Gestito da migliaia di volontari, oggi conta 36 000 eBook, soprattutto
in lingua inglese, pronti per essere scaricati su PC, eReader, iPad o
altri device, a seconda dei formati disponibili: ePub, Kindle, HTML o
normale testo formattato. Tutti i testi sono distribuiti gratuitamente e
non è necessaria nessuna registrazione, anche se sul sito è possibile fare
una piccola donazione per supportare il progetto. La maggior parte dei
titoli è riutilizzabile senza restrizioni perché libera da copyright secondo
le normative in vigore negli Stati Uniti. è necessario però controllare che
non sia ancora protetto in altri Stati e quindi gestirlo di conseguenza.
Che cosa direbbe Gutenberg? 43 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
46. 1981 Dick Brass (Dictronics Publishing Inc.) sviluppa il primo
software che darà vita a un dizionario elettronico: nasce la
prima enciclopedia elettronica, la Random House Electronic
Thesaurus.
1987 Viene pubblicato e distribuito su floppy dalla Eastgate Systems
il primo romanzo ipertestuale tratto dal libro di Michael Joyce
M. Joyce,
“Afternoon” “Afternoon”. Il romanzo, realizzato tramite l’uso di collegamenti
(screenshot) ipertestuali, era caratterizzato da una struttura non lineare.
1993 Franco Crugnola e Isabella Rigamonti progettano e realizzano,
per la loro tesi di laurea al Politecnico di Milano, uno tra i primi
eBook reader e lo chiamano Incipit.
Incipit
Apple presenta il suo primo modello di palmare:
Newton Message Pad.
Adobe lancia il formato PDF (Portable Document Format).
Digital Book offre 50 libri digitali su floppy disk in formato
Apple Newton
Message Pad DBF (dBASE Format).
1994 Liber Liber, una ONLUS italiana che promuove il libero accesso
Logo alla cultura, fonda il Progetto Manuzio, la prima biblioteca
progetto
Manuzio
digitale in lingua italiana ispirata al progetto Gutenberg.
http://www.liberliber.it/progetti/manuzio/index.htm
1995 Amazon inizia la vendita di libri fisici via Internet.
Che cosa direbbe Gutenberg? 44 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
47. 1996 Joe Jacobson inventa la nuova tecnologia e-ink o e-paper.
Fonda la società E-Ink, che negli anni successivi diverrà leader
di settore nella produzione di schermi a inchiostro elettronico.
Il Progetto Gutenberg supera i mille titoli.
1998 Kim Blagg ottiene il primo codice ISBN per un eBook ed inizia
la vendita di libri multimediali via amazon.com, bn.com e
borders.com
NuvoMedia
Rocket Ebook La NuvoMedia lancia sul mercato la prima generazione di
eBook reader: Rocket Ebook e SoftBook. Si tratta dei primi
lettori portatili con schermo touchscreen con tecnologia LCD
retroilluminata, capaci di scaricare eBook direttamente da
NuvoMedia
SoftBook
librerie online attraverso un modem interno che permette la
connessione a Internet.
Cominciano a proliferare siti di vendita di eBook in lingua
inglese, come eReader.com e eReads.com
1999 Dal National Instituite of Standard and Technology (NIST),
nasce l’OpenBook Forum, un’organizzazione internazionale
che vede riuniti i principali editori, autori, produttori hardware
e software, utenti e associazioni. Gli obiettivi comuni sono
quelli di stabilire le specifiche e gli standard per l’editoria
elettronica; sviluppare cioè delle specifiche comuni per tutti i
sistemi stabilendo unformato standard per la conversione di
testi in formato digitale.
Microsoft e Mondadori firmano un accordo per la futura
realizzazione congiuntadell’eBook in Italia.
Che cosa direbbe Gutenberg? 45 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
48. 2000 L’eBook conosce il suo primo periodo di grande popolarità
grazie a Stephen King, che pubblica un romanzo multimediale
S. King, “Riding the Bullet - Passaggio per il nulla” in forma esclusiva
“Riding the Bullet su Internet a soli 2.50$. In solo quarantott’ore il libro fu
- Passaggio
per il nulla” scaricato da cinquecentomila utenti.
2001 Prima fra le università italiane, dall’aprile 2001 l’Università
della Tuscia avvia la sperimentazione del formato eBook come
strumento per la pubblicazione di testi legati alla didattica, alla
ricerca, alla vita universitaria, ma anche a collaborazioni con
altri enti e istituzioni culturali.
2004 Google lancia il progetto Google Book Search, che permette
la ricerca nel testo di libri digitalizzati. Quando il volume
non é protetto da copyright é possibile scaricare l’intero PDF,
mentre in caso contrario, a seconda degli accordi con l’editore,
é possibile vedere l’anteprima di alcune pagine.
2005 Amazon acquista Mobipocket, una compagnia francese di
programmi di lettura di eBook per diversi supporti.
2006 Sony lancia il suo Sony Reader con tecnologia e-ink.
Sony
Il primo eBook reader con schermo e-ink messo in commercio
Reader in Europa è iLiad, progetto di iRex Tecnologies, una derivazione
della Philips.
2007 Amazon lancia il proprio eReader Kindle negli Stati Uniti.
Amazon Bookeen lancia il lettore Cybook Gen3 in Europa.
Kindle 1
Che cosa direbbe Gutenberg? 46 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
49. 2008 Adobe e Sony raggiungono un accordo per la condivisione delle
loro tecnologie legate agli eReader e alla protezione dei diritti
d’autore DRM (Digital Rights Management).
Sony Reader Sony lancia il Sony Reader PRS-505 in Francia e Inghilterra.
PRS-505
BooksOnBoard inizia la vendita di eBook per iPhone.
2009 Amazon lancia il Kindle 2 ed il Kindle DX negli USA.
L’integrazione tra l’eBook store di Amazon ed il Kindle ha
Amazon
Kindle 2 e
permesso ad Amazon di coprire il 60% delle vendite di eBook
Kindle DX alla fine del 2009.
Barnes & Noble lancia il lettore Nook negli USA.
Bookboon.com raggiunge la cifra di dieci milioni di download
di eBook gratuiti in un anno.
Barnes & Noble
Nook
2010 Amazon lancia il Kindle DX International Edition.
Amazon
Kindle DX
Bookeen presenta il Cybook Orizon al Consumer Electronics
International Show.
Edition
Apple lancia il tablet iPad, un dispositivo multifunzione
utilizzabile anche come eReader. Contemporaneamente
annuncia un accordo con i cinque maggiori editori in lingua
inglese, che permette ad Apple di iniziare la vendita su larga
Bookeen
scala di eBook mediante l’iBookstore, in aperta concorrenza
Cybook Orizon
con Amazon e Barnes & Noble.
Google annuncia un nuovo servizio di vendita eBook online
(Google Editions), in concorrenza con Amazon, Barnes &
Noble e Apple.
Apple iPad ...
Che cosa direbbe Gutenberg? 47 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
50. ... (2010)
TIM lancia BibletStore, un servizio di vendita di eBook online
che raggruppa i maggiori editori italiani, e Biblet, un eReader
comprensivo di connessione 3G gratuita verso BibletStore.
Samsung Sulla scia di Stealth, la prima piattaforma di distribuzione
Galaxy Tab 7.0 eBook italiana, sorgono BookRepublic, Edigita, Biblet e una
costellazione di eBookstore di libri elettronici in italiano.
Samsung lancia la serie di tablet Galaxy Tab.
2011 L’Association of American Publishers rende noto che nel
febbraio del 2011 per la prima volta il formato più venduto è
stato quello basato su eBook. (Association of American Publishers, 2011)
Apple iPad 2 Apple lancia l’iPad 2.
Samsung lancia la versione 10 e 10.1 del Galaxy Tab con
sistema operativo Android, che può essere considerato il primo
Samsung vero concorrente dell’iPad.
Galaxy Tab 10
Amazon espande il proprio mercato e lancia il suo primo tablet
Kindle Fire.
Amazon
Kindle Fire
Che cosa direbbe Gutenberg? 48 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
51. 2.3 eBook o Digital Magazine?
La definizione concreta di eBook non è ancora unica e condivisa.
Quello che è certo è che il nome deriva dalla contrazione delle parole
inglesi “electronic book” e, da un punto di vista letterale, può indicare
la versione digitale di un libro. Ci sono però ancora molti aspetti da
chiarire e ambiguità da risolvere. Innanzitutto la confusione nata
dall’uso indiscriminato del termine “eBook” per indicare sia i contenuti,
sia i software, sia gli hardware relativi al nuovo medium. (Francia, 2007)
In ogni caso esistono delle definizioni (Subba Rao, 2004) più autorevoli di
altre come:
eBook is a term used to describe a text analogous to a book that is in
digital form to be displayed on a computer screen.
− Cox and Mohammed, 2001
eBook è il termine utilizzato per descrivere un testo simile ad un libro che si presenta
in forma digitale e può essere visualizzato sullo schermo di un computer.
eBooks could expand over print media by adding hypertext links,
search and cross reference functions and multimedia.
− Hi - Tech dictionary
Gli eBook spaziano oltre la stampa, aggiungendo collegamenti ipertestuali, ricerche,
funzioni di riferimento e diversi media.
An eBook is digital reading material that one views on a desktop or
notebook computer or on a dedicated, portable device with a large
storage capacity and the ability to download new titles through a
network connection.
− Adobe Systems, 2001
Gli eBook sono materiale di lettura digitale che possono essere visionati su un
computer fisso, portatile o dedicato, un supporto mobile con un ampia capacità
di archiviazione e la possibilità di scaricare nuovi titoli attraverso la connessione
ad un network.
Che cosa direbbe Gutenberg? 49 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
52. Riassumendo le posizioni sopra indicate, possiamo definire l’eBook
come un testo elettronico, nato con questa forma o successivamente
digitalizzato, che mantiene la conformazione tipica del libro, ma sfrutta
le caratteristiche di multimedialità e interattività proprie del medium
che lo ospita. Si lega a uno specifico sistema di fruizione, con software
o hardware dedicati, è fruibile attraverso uno schermo e prevede
dinamiche di distribuzione legate alle politiche di download di Internet
o delle case editrici proprietarie.
Un altro elemento di confusione è causato dall’ambiguità tra eBook,
Digital Magazine e PDF interattivo. (Elli, 2011)
Si parla di eBook nel caso di libri elettronici prevalentemnete in
formato ePub (Electronic Publication).15 Gli ePub possono contenere
testo, immagini, animazioni, hyperlink a pagine web, audio e video e
possono essere visualizzati su iPad o altri tablet secondo le limitazioni
del supporto (il primo Kindle, ad esempio, non prevede la visualizzazione
di immagini a colori o la riproduzione di suoni e video). Nonostante le
possibilità multimediali, è spesso diffuso come semplice testo di lettura
per eBook reader, dove le parole sono definite dalla tecnologia e-ink,
studiata appositamente per agevolare la leggibilità su schermo.
In ogni caso è necessario installare un programma compatibile con
la propria piattaforma (Windows, Linux, Mac, eBook reader, iPad,
iPod, smartphone) chiamato genericamente “Reader”. Tra i più diffusi:
Adobe Digital Editions, FB Reader, iBooks (per iPad, iPhone).
Completamente diverso è invece il Digital Magazine, una vera e
15
propria applicazione (App) per le piattaforme iOS (iPad, iPhone),
ePub è uno standard aperto basato
su xHTML (Extensible Hypertext
Android e PlayBook (Blackberry). La differenza sostanziale è nella
Markup Language), per il quale natura stessa del prodotto ed è legata al modo di utilizzo del tablet.
esistono strumenti software di Essendo pensato per lettori di device mobili e non per PC, non si
authoring, composizione e lettura
su tutte le piattaforme, da Windows parla di clic o passaggio del mouse per attivare e navigare i contenuti,
a Linux passando per OS X. ma di movimenti delle dita: un “tap” equivale a un clic del mouse.
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53. Inoltre nel Digital Magazine si parla di pagina multilivello, dove non
tutto è presentato a prima vista nella pagina, ma ci sono elementi
nascosti o in pausa, come audio e video, che possono essere attivati
solamente attraverso l’interazione dell’utente con l’interfaccia grafica
touchpad a disposizione. La maggior parte dei Digital Magazine sono
acquistabili e scaricabili dalle più note piattaforme di distribuzione delle
applicazioni come AppStore, Android Market, BlackBerry App World o
direttamente dai siti degli editori.
Meno nobile, ma molto utilizzato, è infine l’eBook come PDF
interattivo, che deve la sua larga diffusione alla possibilità di essere
davvero crossmediale, ovvero la possibilità di lettura su praticamente
tutti i device senza troppi problemi di compatibilità di software e/o
piattaforma. Nonostante il legame con il tradizionale PDF (Portable
Document Format) questa tipologia può includere anche contenuti
multimediali quali filmati, clip audio e pulsanti interattivi, ma non
riesce a sfruttare a pieno le potenzialità d’interazione con l’utente, come
invece accade in un Digital Magazine.
eBook Digtal Magazine PDF interattivo
Che cosa direbbe Gutenberg? 51 2. L’EDITORIA DIGITALE
Tesi di Daniela Verona
54. 2.4 eBook reader o tablet?
Dopo aver chiarito il termine eBook e le diverse alternative esistenti,
è necessario approfondire anche il campo dei supporti di lettura
mobile o più comunemente chiamati eBook reader. Questo termine
può essere utilizzato per indicare sia il dispositivo, che può essere un
personal computer, un tablet o un palmare, sia il software legato alla
consultazione e alla lettura degli eBook. Una differenza sostanziale la
pone la tecnologia e-ink,16 che migliora la leggibilità e la risoluzione del
testo attraverso uno schermo non retroilluminato che emula la stampa
dell’inchiostro sulla carta senza affaticare l’occhio del lettore.
L’oggetto che conosciamo noi oggi è frutto dell’evoluzione dell’idea
avveniristica del Memex di Vannevar Bush del 1945 e delle intuizioni di
Alan Kay che progettò, ma non realizzò, il Dynabook nel 1968.
Tra i primi esperimenti troviamo nel 1993 “Incipit”, un progetto italiano
realizzato da Franco Crugnola e Isabella Rigamonti per la loro Tesi
di Laurea al Politecnico di Milano. Si trattava di una lavagnetta dalla
forma arrotondata con un ampio schermo, dei pulsanti di comando per
navigare tra le pagine e un ingresso per floppy o CD-ROM. Purtroppo
le due grandi aziende a cui era stato proposto, tra cui Microsoft, non
ne capirono la portata commerciale e lo rifiutarono, tanto che i creatori
16 decisero di non brevettarlo. (Pianetaebook.com, 2011)
E-ink o e-paper, è una tecnologia Lo stesso anno, Apple lanciò il primo modello della famiglia Newton,
di display progettata per imitare creando da zero un nuovo mercato e in anticipo su tutti commercializzò
l’aspetto dell’inchiostro su un
il primo vero “palmare”, concetto coniato dall’amministratore delegato
normale foglio. A differenza di
un normale schermo, che usa di Apple, John Sculley, nel 1992 in una conferenza stampa presso la
una luce posteriore al display fiera dell’informatica Consumer Electronics Show di Las Vegas.
per illuminare i pixel, l’e-paper
riflette la luce ambientale come un
Il Newton Message Pad era uno strumento avanzato e dotato di una
foglio di carta. Questa tecnologia è serie di programmi che gli permettevano di interagire con il sistema
stata inventata nel 1996 da operativo esistente sui computer Mac. La causa del suo insuccesso non
Joe Jacobson, fondatore di E-Ink,
ed è attualmente la tecnologia più fu il prezzo, dai 999 ai 799 dollari. A minare la sua credibilità ci hanno
utilizzata dagli eBook reader. pensato la complessità dello strumento e il mancato riconoscimento
Che cosa direbbe Gutenberg? 52 2. L’EDITORIA DIGITALE
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