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                          BOLLETTINO UFFICIALE
                    DELL'ARCIDIOCESI METROPOLITANA
                            DI PESCARA-PENNE
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           periodico                                                 amministratore:
           della diocesi di pescara                                  sac. antonio di giulio
           anno 63 - n° 2
           bollettino@diocesipescara.it                              editore:
                                                                     curia arcivescovile metropolitana pescara-penne
           presidente:                                               sede legale:
           s. e. r. mons. tommaso valentinetti                       curia arcivescovile metropolitana pescara-penne
           arcivescovo@diocesipescara.it                             piazza spirito santo, 5
                                                                     65121 pescara
           direttore responsabile:
           dott. ernesto grippo                                      fotocomposizione e stampa:
                                                                     tipografia grafica ltd
           direttore:                                                65016 montesilvano (pe)
           dott.ssa lidia basti
           l.basti@diocesipescara.it                                 rivista diocesana
                                                                     c..c.p. n° 16126658
           programma editoriale                                      periodico registrato presso il tribunale di pescara
           a cura del dott. simone chiappetta                        al n° 11/95 in data 24.05.1995
           s.chiappetta@diocesipescara.it                            spedizione in abb. postale 50% pescara



                                                       curia metropolitana
                          piazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-4222571 - fax 085-4213149
                                                      www.diocesipescara.it
                                                           arcivescovado
                                     piazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-2058897
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                                                                                          INDICE




                   LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                   DISCORSI
           7       Ai giornalisti durante il volo verso Madrid
           12      Alla festa di accoglienza dei giovani
           15      Alle famiglie e ai sacerdoti
           19      Ai giovani fidanzati
           23      Al Parlamento Federale
           31      Alla Celebrazione Ecumenica
           35      Ai Seminaristi
           40      Alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia
                   nel mondo “Pellegrini della vertià, pellegrini della pace”
           45      Ai Membri del Governo, i Rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica,
                   il Corpo Diplomatico e i Rappresentanti delle principali Religioni
           51      Alla Caritas Italiana nel 40° di fondazione
           55      Ai detenuti
           59      Risposte alle domande dei detenuti

                   MESSAGGI
           67      Per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù
           77      Al Cardinale Arcivescovo di Monaco e Frisinga, Reinhard Marx, in occasio-
                   ne dell’Incontro Internazionale di preghiera per la pace “Bound to live to-
                   gether”: Religioni e Culture in Dialogo, organizzato dalla Comunità di
                   Sant’Egidio”
           80      Al Signor Jacques Diouf, Direttore Generale della F.A.O., in occasione della
                   Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2011
           83      Per la Giornata Missionaria Mondiale 2011
           87      Al secondo Congresso Nazionale della Famiglia in Ecuador
           90      Per il Natale 2011

                   OMELIE
           93      Ai Primi Vespri della Solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio Te Deum di
                   ringraziamento

                   MOTU PROPRIO
           98      Porta Fidei


                   LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI
                   CEI - CONSIGLIO PERMANENTE - ROMA, 26/29 SETTEMBRE 2011
           116     Comunicato finale
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         INDICE




                   MESSAGGI
           123     Messaggio per la 6ª Giornata per la Salvaguardia del Creato
           128     Per la Giornata del Ringraziamento


                   LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTI
                   NOMINE E DECRETI
           133     Nomine
           137     Escardinazione - Ordinazione e Ministeri
           138     Commissione Diocesana per l’Arte Sacra e i Beni Culturali
           139     Statuto della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra e i Beni Culturali Ec-
                   clesiastici
           143     Componenti della Commissione Arte Sacra


                   IN DIOCESI
                   NOTIZIE
           147     Notizie in breve
           149     Notizie in rassegna
                   La missione riparte da Montesilvano - di Davide De Amicis
           152     Una casa accogliente è “Mia Gioia” - di Simone Chiappetta
           153     Desocializzati in una società desocializzante - di Davide De Amicis
           155     Gravelli, il nunzio gentile - di Simone Chiappetta

                   APPROFONDIMENTI
           156     “Formare alla vita secondo lo Spirito” - del dott. Salvatore Martinez

                   VARIE
           199     Omelia del Cardinale Jean Louis Tauran durante la commemorazione del
                   XXX Anniversario della Morte di Monsignor Gravelli


                   SPECIALE VLLAZNIA
           209     Con Sapa per essere chiesa missionaria - di Simone Chiappetta
           211     “Vllaznia” Sapa e Pescara sempre più sorelle - di Simone Chiappetta
           213     L’Albania, tra la voglia di dimenticare e celare la storia - di Simone Chiap-
                   petta
           215     L’Arcidiocesi di Pescara una Chiesa in missione - di Davide De Amicis


                   AMMINISTRAZIONE
           221     Errata corrige
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                                   LA PAROLA
                               DI BENEDETTO XVI
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                                                               LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                 DISCORSI



                  Ai giornalisti durante il volo verso Madrid
                                Volo Papale verso la Spagna,
                 in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù
                                   Giovedì, 18 agosto 2011


               P. Lombardi: Santità, benvenuto tra noi, grazie mille, come al soli-
           to, di darci questo breve incontro durante il volo di andata. La “comu-
           nità volante” dei giornalisti, qui, è composta di 56 persone di tanti
           Paesi diversi, ma i giornalisti che la aspettano a Madrid sono più di
           4.000: quasi 5.000. E’ un record per la Spagna e anche per gli avveni-
           menti mondiali. Ci impegneremo tutti, naturalmente, a dare l’eco ade-
           guata alle sue parole per questo bellissimo avvenimento. Come al so-
           lito, le propongo alcune domande che mi sono state date nei giorni
           passati dai giornalisti qui presenti.

              Santo Padre, siamo alla 26a Giornata Mondiale della Gioventù, la
           12a celebrata con un grande incontro mondiale. Giovanni Paolo II,
           che le ha inventate, ora è Beato ed è Protettore ufficiale di questa
           GMG di Madrid. All’inizio del Suo Pontificato ci si era domandati se
           lei avrebbe continuato sulla linea del suo Predecessore. Ora lei è già
           alla sua terza Giornata mondiale, dopo Colonia e Sydney. Come vede
           il significato di questi eventi nella “strategia” pastorale della Chiesa
           universale nel terzo Millennio?

              Santo Padre: Cari amici, buongiorno! Sono contento di andare con
           voi in Spagna per questo grande avvenimento. Dopo due GMG vissu-
           te anche personalmente, posso soltanto dire che è stata realmente
           un’ispirazione quella che è stata donata a Papa Giovanni Paolo II,
           quando ha creato questa realtà di un grande incontro dei giovani e
           del mondo con il Signore. Direi che queste GMG sono un segnale, una
           cascata di luce; danno visibilità alla fede, visibilità alla presenza di Dio
           nel mondo e creano così il coraggio di essere credenti. Spesso i cre-
           denti si sentono isolati in questo mondo, quasi perduti. Qui, vedono
           che non sono soli, che c’è una grande rete di fede, una grande comu-
           nità di credenti nel mondo, che è bello vivere in questa amicizia uni-

                                                                                  7
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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



           versale. E così, mi sembra, nascono amicizie, amicizie oltre i confini
           delle diverse culture, dei diversi Paesi. E questa nascita di una rete
           universale di amicizia, che collega mondo e Dio, è un’importante
           realtà per il futuro dell’umanità, per la vita dell’umanità di oggi. Natu-
           ralmente, la GMG non può essere un avvenimento isolato: fa parte di
           un cammino più grande, va preparato da questo cammino della Croce
           che trasmigra in diversi Paesi e già unisce giovani nel segno della Cro-
           ce e nel meraviglioso segno della Madonna. E così la preparazione
           della GMG è molto più che preparazione tecnica di un avvenimento
           con tanti problemi tecnici, naturalmente; è una preparazione interiore,
           un mettersi in cammino verso gli altri, insieme verso Dio. E poi, dopo,
           segue la fondazione di gruppi di amicizia, tenere questo contatto uni-
           versale che apre le frontiere delle culture, dei contrasti umani, religio-
           si, e così è un cammino continuo che poi guida ad un nuovo vertice,
           ad una nuova GMG. Mi sembra, in questo senso, che si debba vedere
           la GMG come segno, parte di un grande cammino; crea amicizie, apre
           frontiere e rende visibile che è bello essere con Dio, che Dio è con
           noi. In questo senso, vogliamo continuare con questa grande idea del
           Beato Papa Giovanni Paolo II.

              P Lombardi: Santità, i tempi cambiano. L’Europa e il mondo occi-
           dentale in generale vivono una crisi economica profonda, ma che ma-
           nifesta anche dimensioni di grave disagio sociale e morale e di grande
           incertezza per il futuro, che diventano particolarmente dolorose per i
           giovani. Nei giorni scorsi abbiamo visto, ad esempio, i fatti avvenuti in
           Gran Bretagna, con scatenamento di ribellione o di aggressività. Allo
           stesso tempo ci sono segni di impegno generoso ed entusiasta, di vo-
           lontariato e solidarietà, di giovani credenti e non credenti. A Madrid
           incontreremo moltissimi giovani meravigliosi. Quali messaggi può da-
           re la Chiesa per la speranza e l’incoraggiamento dei giovani del mon-
           do, soprattutto quelli che sono oggi tentati di scoraggiamento e di ri-
           bellione?

              Santo Padre: Ecco. Si conferma nell’attuale crisi economica quanto
           è già apparso nella precedente grande crisi, che la dimensione etica,
           cioè, non è una cosa esteriore ai problemi economici, ma una dimen-
           sione interiore e fondamentale. L’economia non funziona solo con

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                                                               LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                 DISCORSI



           un’autoregolamentazione di mercato, ma ha bisogno di una ragione
           etica per funzionare per l’uomo. E appare di nuovo quanto aveva già
           detto nella sua prima enciclica sociale Papa Giovanni Paolo II, che
           l’uomo dev’essere il centro dell’economia e che l’economia non è da
           misurare secondo il massimo del profitto, ma secondo il bene di tutti,
           include responsabilità per l’altro e funziona veramente bene solo se
           funziona in modo umano, nel rispetto dell’altro. E con le diverse di-
           mensioni: responsabilità per la propria Nazione e non solo per se
           stessi; responsabilità per il mondo – anche una Nazione non è isolata,
           anche l’Europa non è isolata, ma è responsabile per l’intera umanità e
           deve pensare ai problemi economici sempre in questa chiave della re-
           sponsabilità anche per le altre parti del mondo, per quelle che soffro-
           no, hanno sete e fame, non hanno futuro. E quindi – terza dimensio-
           ne di questa responsabilità – è la responsabilità per il futuro. Sappia-
           mo che dobbiamo proteggere il nostro pianeta, ma dobbiamo proteg-
           gere – tutto sommato – il funzionamento del servizio del lavoro eco-
           nomico per tutti e pensare che il domani è anche l’oggi. Se i giovani
           di oggi non trovano prospettive nella loro vita, anche il nostro oggi è
           sbagliato e “male”. Quindi, la Chiesa con la sua dottrina sociale, con
           la sua dottrina sulla responsabilità verso Dio, apre la capacità di ri-
           nunciare al massimo del profitto e di vedere le cose nella dimensione
           umanistica e religiosa, cioè: essere l’uno per l’altro. Così si possono
           anche aprire le strade. Il grande numero di volontari che lavorano in
           diverse parti del mondo, non per sé ma per l’altro, e trovano proprio
           così il senso della vita, dimostrano che è possibile fare questo e che
           un’educazione a questi grandi scopi, come cerca di fare la Chiesa, è
           fondamentale per il nostro futuro.

              P Lombardi: Santità, i giovani del mondo di oggi vivono general-
           mente in ambienti multiculturali e multiconfessionali. La tolleranza re-
           ciproca è più necessaria che mai. Lei insiste sempre molto sul tema
           della verità. Non pensa che questa insistenza sulla verità e sull’unica
           Verità che è Cristo sia un problema per i giovani di oggi? Non pensa
           che questa insistenza li indirizzi alla contrapposizione e alla difficoltà
           di dialogare e cercare insieme agli altri?

                                                                                  9
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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



              Santo Padre: Il collegamento tra verità e intolleranza, monoteismo
           e incapacità di dialogo con gli altri, è un argomento che spesso ritor-
           na nel dibattito sul cristianesimo di oggi. E, naturalmente, è vero che
           nella storia ci sono stati anche abusi, sia del concetto della verità, sia
           del concetto del monoteismo; ma sono stati abusi. La realtà è total-
           mente diversa. L’argomento è sbagliato, perché la verità è accessibile
           solo nella libertà. Si possono imporre con violenza, comportamenti,
           osservanze, attività, ma non la verità! La verità si apre solo alla libertà,
           al consenso libero, e perciò libertà e verità sono intimamente unite,
           l’una è condizione per l’altra. E, del resto, cercare la verità, i veri valo-
           ri che danno vita e futuro, é senza alternativa: non vogliamo la men-
           zogna, non vogliamo il positivismo di norme imposte con una certa
           forza; solo i valori veri portano al futuro e diciamo che è necessario,
           quindi, cercare i valori veri e non permettere l’arbitrio di alcuni, non
           lasciare che si fissi una ragione positivista che ci dice, circa i problemi
           etici, i grandi problemi dell’uomo: non c’è una verità razionale. Que-
           sto sarebbe veramente esporre l’uomo all’arbitrio di quanti hanno il
           potere. Dobbiamo essere sempre alla ricerca della verità, dei veri va-
           lori; abbiamo un nucleo nei valori, nei diritti umani fondamentali; altri
           simili elementi fondamentali sono riconosciuti e, proprio questi, ci
           mettono in dialogo l’uno con l’altro. La verità come tale è dialogica
           perché cerca di conoscere meglio, di capire meglio e lo fa in dialogo
           con gli altri. Così, ricercare la verità e la dignità dell’uomo è la mag-
           giore difesa della libertà.

              Padre Lombardi: Un ultima domanda, Santità. Le Giornate Mon-
           diali della Gioventù sono un tempo bellissimo e suscitano molti entu-
           siasmi, ma i giovani poi tornano a casa e ritrovano un mondo in cui la
           pratica religiosa è in diminuzione fortissima. Molti di loro probabil-
           mente non si vedranno più in chiesa. Come si può dare continuità ai
           frutti delle Giornate Mondiali della Gioventù? Pensa che diano effetti-
           vamente frutti di lunga durata al di là dei momenti di grande entusia-
           smo?

              Santo Padre: La seminagione di Dio è sempre silenziosa, non ap-
           pare subito nelle statistiche. E con il seme che il Signore mette nella
           terra con le GMG, è come con il seme del quale Egli parla nel Vange-

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



           lo: qualcosa cade sulla strada e si perde; qualcosa cade sulla pietra, e
           si perde; qualcosa cade tra i rovi, e si perde; ma qualcosa cade sulla
           terra buona e porta grande frutto. Proprio così è anche con la semina-
           gione della GMG: molto si perde – e questo è umano. Con altre paro-
           le del Signore: il granello di senape è piccolo, ma cresce e diventa un
           grande albero. Con altre parole ancora: certamente, molto si perde,
           non possiamo subito dire: da domani ricomincia una grande crescita
           della Chiesa. Dio non agisce così. Ma cresce in silenzio e tanto. So
           dalle altre GMG che sono nate tante amicizie, amicizie per la vita; tan-
           te nuove esperienze che Dio c’è. E su questa crescita silenziosa noi ri-
           poniamo fiducia e siamo sicuri, anche se le statistiche non parleranno
           molto, che il seme del Signore realmente cresce e sarà per moltissime
           persone l’inizio di un’amicizia con Dio e con altri, di un’universalità
           del pensiero, di una responsabilità comune che realmente ci mostra
           che questi giorni portano frutto. Grazie!

              P. Lombardi: Grazie a lei, Santità, di questa conversazione che già
           ci orienta verso i temi essenziali di questi giorni bellissimi. Le faccia-
           mo, naturalmente, i nostri auguri perché siano giorni – nonostante il
           caldo – pieni di gioia e di soddisfazioni. Però, prima di lasciarla torna-
           re al suo posto, volevo dire che anche per la nostra comunità oggi è
           un giorno di festa in particolare, perché c’è una delle nostre decane,
           una che ha fatto tutti i viaggi di Giovanni Paolo II e tutti i suoi, tranne
           uno solo, perché non stava molto bene, e che oggi compie gli anni.
           Gli anni sono naturalmente pochi, anche se i viaggi sono stati molti.
           Si tratta di Paloma Gómez Borrero a cui tutti facciamo gli auguri, e
           glieli facciamo insieme a lei.




                                                                                  11
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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



                        Alla festa di accoglienza dei giovani
                               Plaza de Cibeles, Madrid in Spagna
                                    Giovedì, 18 agosto 2011


              Cari amici,

              ringrazio per le affettuose parole che mi hanno rivolto i giovani
           rappresentanti dei cinque continenti. Saluto con affetto tutti coloro
           che sono qui radunati, giovani di Oceania, Africa, America, Asia ed
           Europa; e anche coloro che non sono potuti venire. Vi tengo sempre
           presenti e prego per voi. Dio mi ha concesso la grazia di potervi ve-
           dere e udire più da vicino, e di porci insieme in ascolto della sua Pa-
           rola.

              Nella lettura che è stata proclamata, abbiamo ascoltato un passo
           del Vangelo nel quale si parla di accogliere le parole di Gesù e di
           metterle in pratica. Vi sono parole che servono solamente per intratte-
           nere e passano come il vento; altre istruiscono la mente in alcuni
           aspetti; quelle di Gesù, invece, devono giungere al cuore, radicarsi in
           esso e forgiare tutta la vita. Senza ciò, rimangono vuote e divengono
           effimere. Esse non ci avvicinano a Lui. E, in tal modo, Cristo continua
           ad essere lontano, come una voce tra molte altre che ci circondano e
           alle quali ci siamo già abituati. Il Maestro che parla, inoltre, non inse-
           gna ciò che ha appreso da altri, ma ciò che Egli stesso è, l’unico che
           conosce davvero il cammino dell’uomo verso Dio, perché è Egli stes-
           so che lo ha aperto per noi, lo ha creato perché potessimo raggiunge-
           re la vita autentica, quella che sempre vale la pena di vivere, in ogni
           circostanza, e che neppure la morte può distruggere. Il Vangelo prose-
           gue spiegando queste cose con la suggestiva immagine di chi costrui-
           sce sopra la roccia stabile, resistente agli attacchi delle avversità, con-
           trariamente a chi edifica sulla sabbia, forse in un luogo paradisiaco,
           potremmo dire oggi, ma che si sgretola al primo soffio dei venti e si
           trasforma in rovina.

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



               Cari giovani, ascoltate veramente le parole del Signore, perché sia-
           no in voi "spirito e vita" (Gv 6,63), radici che alimentano il vostro es-
           sere, criteri di condotta che ci assimilano alla persona di Cristo: essere
           poveri di spirito, affamati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore,
           amanti della pace. Fatelo ogni giorno con costanza, come si fa con il
           vero Amico che non ci defrauda e con il quale vogliamo condividere
           il cammino della vita. Ben sapete che, quando non si cammina al fian-
           co di Cristo, che ci guida, noi ci disperdiamo per altri sentieri, come
           quello dei nostri impulsi ciechi ed egoisti, quello delle proposte che
           lusingano, ma che sono interessate, ingannevoli e volubili, lasciano il
           vuoto e la frustrazione dietro di sé.

              Approfittate di questi giorni per conoscere meglio Cristo e avere la
           certezza che, radicati in Lui, il vostro entusiasmo e la vostra allegria, i
           vostri desideri di andare oltre, di raggiungere ciò che è più elevato, fi-
           no a Dio, hanno sempre un futuro certo, perché la vita in pienezza di-
           mora già nel vostro essere. Fatela crescere con la grazia divina, gene-
           rosamente e senza mediocrità, prendendo in considerazione seriamen-
           te la meta della santità. E, davanti alle nostre debolezze, che a volte ci
           opprimono, contiamo anche sulla misericordia del Signore, che è
           sempre disposto a darci di nuovo la mano e che ci offre il perdono at-
           traverso il Sacramento della Penitenza.

              Edificando sulla ferma roccia, non solamente la vostra vita sarà soli-
           da e stabile, ma contribuirà a proiettare la luce di Cristo sui vostri coe-
           tanei e su tutta l’umanità, mostrando un’alternativa valida a tanti che si
           sono lasciati andare nella vita, perché le fondamenta della propria esi-
           stenza erano inconsistenti. A tanti che si accontentano di seguire le
           correnti di moda, si rifugiano nell’interesse immediato, dimenticando
           la giustizia vera, o si rifugiano nelle proprie opinioni invece di cercare
           la verità senza aggettivi.

              Sì, ci sono molti che, credendosi degli dei, pensano di non aver bi-
           sogno di radici, né di fondamenti che non siano essi stessi. Desidere-
           rebbero decidere solo da sé ciò che è verità o no, ciò che è bene o
           male, giusto e ingiusto; decidere chi è degno di vivere o può essere
           sacrificato sull’altare di altre prospettive; fare in ogni istante un passo

                                                                                  13
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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



           a caso, senza una rotta prefissata, facendosi guidare dall’impulso del
           momento. Queste tentazioni sono sempre in agguato. È importante
           non soccombere ad esse, perché, in realtà, conducono a qualcosa di
           evanescente, come un’esistenza senza orizzonti, una libertà senza Dio.
           Noi, in cambio, sappiamo bene che siamo stati creati liberi, a immagi-
           ne di Dio, precisamente perché siamo protagonisti della ricerca della
           verità e del bene, responsabili delle nostre azioni, e non meri esecuto-
           ri ciechi, collaboratori creativi nel compito di coltivare e abbellire l’o-
           pera della creazione. Dio desidera un interlocutore responsabile, qual-
           cuno che possa dialogare con Lui e amarlo. Per mezzo di Cristo lo
           possiamo conseguire veramente e, radicati in Lui, diamo ali alla nostra
           libertà. Non è forse questo il grande motivo della nostra gioia? Non è
           forse questo un terreno solido per edificare la civiltà dell’amore e del-
           la vita, capace di umanizzare ogni uomo?

              Cari amici: siate prudenti e saggi, edificate la vostra vita sulla base
           ferma che è Cristo. Questa saggezza e prudenza guiderà i vostri passi,
           nulla vi farà temere e nel vostro cuore regnerà la pace. Allora sarete
           beati, felici, e la vostra allegria contagerà gli altri. Si domanderanno
           quale sia il segreto della vostra vita e scopriranno che la roccia che
           sostiene tutto l’edificio e sopra la quale si appoggia tutta la vostra esi-
           stenza è la persona stessa di Cristo, vostro amico, fratello e Signore, il
           Figlio di Dio fatto uomo, che dà consistenza a tutto l’universo. Egli
           morì per noi e risuscitò perché avessimo vita, e ora, dal trono del Pa-
           dre, continua ad essere vivo e vicino a tutti gli uomini, vegliando con-
           tinuamente con amore per ciascuno di noi.

              Affido i frutti di questa GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
           alla Santissima Vergine Maria, che seppe dire "sì" alla volontà di Dio, e
           ci insegna come nessun altro la fedeltà al suo divin Figlio, che seguì
           fino alla sua morte sulla croce. Mediteremo tutto ciò più attentamente
           nelle diverse stazioni della Via Crucis. Preghiamo che, come Lei, il no-
           stro "sì" di oggi a Cristo sia anche un "sì" incondizionato alla sua ami-
           cizia, alla fine di questa Giornata e durante tutta la nostra vita. Grazie.




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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



                               Alle famiglie e ai sacerdoti
                                Cattedrale di San Ciriaco, Ancona
                                  Domenica, 11 settembre 2011


              Cari sacerdoti e cari sposi

               Il colle su cui è costruita questa Cattedrale ci ha consentito un bel-
           lissimo sguardo sulla città e sul mare; ma nel varcare il maestoso por-
           tale l’animo rimane affascinato dall’armonia dello stile romanico, arric-
           chito da un intreccio di influssi bizantini e di elementi gotici. Anche
           nella vostra presenza – sacerdoti e sposi provenienti dalle diverse dio-
           cesi italiane – si coglie la bellezza dell’armonia e della complementa-
           rità delle vostre differenti vocazioni. La mutua conoscenza e la stima
           vicendevole, nella condivisione della stessa fede, portano ad apprez-
           zare il carisma altrui e a riconoscersi all’interno dell’unico “edificio
           spirituale” (1 Pt 2,5) che, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo
           Gesù, cresce ben ordinato per essere tempio santo nel Signore (cfr Ef
           2,20-21). Grazie, dunque, per questo incontro: al caro Arcivescovo,
           Mons. Edoardo Menichelli – anche per le espressioni con cui lo ha in-
           trodotto – e a ciascuno di voi.

              Vorrei soffermarmi brevemente sulla necessità di ricondurre Ordine
           sacro e Matrimonio all’unica sorgente eucaristica. Entrambi questi stati
           di vita hanno, infatti, nell’amore di Cristo, che dona se stesso per la
           salvezza dell’umanità, la medesima radice; sono chiamati ad una mis-
           sione comune: quella di testimoniare e rendere presente questo amo-
           re a servizio della comunità, per l’edificazione del Popolo di Dio (cfr
           Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1534). Questa prospettiva con-
           sente anzitutto di superare una visione riduttiva della famiglia, che la
           considera come mera destinataria dell’azione pastorale. È vero che, in
           questa stagione difficile, essa necessita di particolari attenzioni. Non
           per questo, però, ne va sminuita l’identità e mortificata la specifica re-
           sponsabilità. La famiglia è ricchezza per gli sposi, bene insostituibile
           per i figli, fondamento indispensabile della società, comunità vitale
           per il cammino della Chiesa.

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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



               A livello ecclesiale valorizzare la famiglia significa riconoscerne la
           rilevanza nell’azione pastorale. Il ministero che nasce dal Sacramento
           del Matrimonio è importante per la vita della Chiesa: la famiglia è luo-
           go privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane, per questa
           finalità, la migliore alleata del ministero sacerdotale; essa è un dono
           prezioso per l’edificazione della comunità. La vicinanza del sacerdote
           alla famiglia, a sua volta, l’aiuta a prendere coscienza della propria
           realtà profonda e della propria missione, favorendo lo sviluppo di una
           forte sensibilità ecclesiale. Nessuna vocazione è una questione privata,
           tantomeno quella al matrimonio, perché il suo orizzonte è la Chiesa
           intera. Si tratta, dunque, di saper integrare ed armonizzare, nell’azione
           pastorale, il ministero sacerdotale con “l’autentico Vangelo del matri-
           monio e della famiglia” (CEI, Direttorio di pastorale familiare, 25 lu-
           glio 1993, 8) per una comunione fattiva e fraterna. E l’Eucaristia è il
           centro e la sorgente di questa unità che anima tutta l’azione della
           Chiesa.

              Cari sacerdoti, per il dono che avete ricevuto nell’Ordinazione, sie-
           te chiamati a servire come Pastori la comunità ecclesiale, che è “fami-
           glia di famiglie”, e quindi ad amare ciascuno con cuore paterno, con
           autentico distacco da voi stessi, con dedizione piena, continua e fede-
           le: voi siete segno vivo che rimanda a Cristo Gesù, l’unico Buon Pa-
           store. Conformatevi a Lui, al suo stile di vita, con quel servizio totale
           ed esclusivo di cui il celibato è espressione. Anche il sacerdote ha una
           dimensione sponsale; è immedesimarsi con il cuore di Cristo Sposo,
           che dà la vita per la Chiesa sua sposa (cfr Esort. ap. postsin. Sacra-
           mentum caritatis, 24). Coltivate una profonda familiarità con la Parola
           di Dio, luce nel vostro cammino. La celebrazione quotidiana e fedele
           dell’Eucaristia sia il luogo dove attingere la forza per donare voi stessi
           ogni giorno nel ministero e vivere costantemente alla presenza di Dio:
           è Lui la vostra dimora e la vostra eredità. Di questo dovete essere te-
           stimoni per la famiglia e per ogni persona che il Signore pone sulla
           vostra strada, anche nelle circostanze più difficili (cfr ibid., 80). Inco-
           raggiate i coniugi, condividetene le responsabilità educative, aiutateli
           a rinnovare continuamente la grazia del loro matrimonio. Rendete
           protagonista la famiglia nell’azione pastorale. Siate accoglienti e mise-
           ricordiosi, anche con quanti fanno più fatica ad adempiere gli impegni

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



           assunti con il vincolo matrimoniale e con quanti, purtroppo, vi sono
           venuti meno.

               Cari sposi, il vostro Matrimonio si radica nella fede che “Dio è
           amore” (1Gv 4,8) e che seguire Cristo significa “rimanere nell’amore”
           (cfr Gv 15,9-10). La vostra unione – come insegna San Paolo – è se-
           gno sacramentale dell’amore di Cristo per la Chiesa (cfr Ef 5,32), amo-
           re che culmina nella Croce e che è “significato e attuato nell’Eucari-
           stia” (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 29). Il Mistero eucaristico inci-
           da sempre più profondamente nella vostra vita quotidiana: traete ispi-
           razione e forza da questo Sacramento per il vostro rapporto coniugale
           e per la missione educativa a cui siete chiamati; costruite le vostre fa-
           miglie nell’unità, dono che viene dall’alto e che alimenta il vostro im-
           pegno nella Chiesa e nel promuovere un mondo giusto e fraterno.
           Amate i vostri sacerdoti, esprimete loro l’apprezzamento per il genero-
           so servizio che svolgono. Sappiate sopportarne anche i limiti, senza
           mai rinunciare a chiedere loro che siano fra voi ministri esemplari che
           vi parlano di Dio e che vi conducono a Dio. La vostra fraternità è per
           loro un prezioso aiuto spirituale e un sostegno nelle prove della vita.

              Cari sacerdoti e cari sposi, sappiate trovare sempre nella santa Mes-
           sa la forza per vivere l’appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa, nel
           perdono, nel dono di sé stessi e nella gratitudine. Il vostro agire quo-
           tidiano abbia nella comunione sacramentale la sua origine e il suo
           centro, perché tutto sia fatto a gloria di Dio. In questo modo, il sacrifi-
           cio di amore di Cristo vi trasformerà, fino a rendervi in Lui “un solo
           corpo e un solo spirito” (cfr Ef 4,4-6). L’educazione alla fede delle
           nuove generazioni passa anche attraverso la vostra coerenza. Testimo-
           niate loro la bellezza esigente della vita cristiana, con la fiducia e la
           pazienza di chi conosce la potenza del seme gettato nel terreno. Co-
           me nell’episodio evangelico che abbiamo ascoltato (Mc 5,21-24.35-43),
           siate, per quanti sono affidati alla vostra responsabilità, segno della
           benevolenza e della tenerezza di Gesù: in Lui si rende visibile come il
           Dio che ama la vita non è estraneo o lontano dalle vicende umane,
           ma è l’Amico che mai abbandona. E nei momenti in cui si insinuasse
           la tentazione che ogni impegno educativo sia vano, attingete dall’Eu-
           caristia la luce per rafforzare la fede, sicuri che la grazia e la potenza

                                                                                  17
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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



           di Gesù Cristo possono raggiungere l’uomo in ogni situazione, anche
           la più difficile.

              Cari amici, vi affido tutti alla protezione di Maria, venerata in que-
           sta Cattedrale con il titolo di “Regina di tutti i Santi”. La tradizione ne
           lega l’immagine all’ex voto di un marinaio, in ringraziamento per la
           salvezza del figlio, uscito indenne da una tempesta di mare. Lo sguar-
           do materno della Madre accompagni anche i vostri passi nella santità
           verso un approdo di pace.

              Grazie.




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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



                                    Ai giovani fidanzati
                                  Piazza del Plebiscito, Ancona
                                  Domenica, 11 settembre 2011


              Cari fidanzati!

               Sono lieto di concludere questa intensa giornata, culmine del Con-
           gresso Eucaristico Nazionale, incontrando voi, quasi a voler affidare
           l’eredità di questo evento di grazia alle vostre giovani vite. Del resto,
           l’Eucaristia, dono di Cristo per la salvezza del mondo, indica e contie-
           ne l’orizzonte più vero dell’esperienza che state vivendo: l’amore di
           Cristo quale pienezza dell’amore umano. Ringrazio l’Arcivescovo di
           Ancona-Osimo, Mons. Edoardo Menichelli, per il suo cordiale e
           profondo saluto, e tutti voi per questa vivace partecipazione; grazie
           anche per le domande che mi avete rivolto e che io accolgo confidan-
           do nella presenza in mezzo a noi del Signore Gesù: Lui solo ha parole
           di vita eterna, parole di vita per voi e per il vostro futuro!

              Quelli che ponete sono interrogativi che, nell’attuale contesto so-
           ciale, assumono un peso ancora maggiore. Vorrei offrirvi solo qualche
           orientamento per una risposta. Per certi aspetti, il nostro è un tempo
           non facile, soprattutto per voi giovani. La tavola è imbandita di tante
           cose prelibate, ma, come nell’episodio evangelico delle nozze di Ca-
           na, sembra che sia venuto a mancare il vino della festa. Soprattutto la
           difficoltà di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezza sul-
           l’avvenire. Questa condizione contribuisce a rimandare l’assunzione di
           decisioni definitive, e incide in modo negativo sulla crescita della so-
           cietà, che non riesce a valorizzare appieno la ricchezza di energie, di
           competenze e di creatività della vostra generazione.

              Manca il vino della festa anche a una cultura che tende a prescin-
           dere da chiari criteri morali: nel disorientamento, ciascuno è spinto a
           muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel solo perime-
           tro del presente. La frammentazione del tessuto comunitario si riflette
           in un relativismo che intacca i valori essenziali; la consonanza di sen-

                                                                                  19
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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



           sazioni, di stati d’animo e di emozioni sembra più importante della
           condivisione di un progetto di vita. Anche le scelte di fondo allora di-
           ventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene
           ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnala piuttosto la carenza.
           Appartiene a una cultura priva del vino della festa anche l’apparente
           esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessualità e tende a
           farla vivere al di fuori di un contesto di comunione di vita e d’amore.

              Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non per-
           dete mai la speranza. Abbiate coraggio, anche nelle difficoltà, rima-
           nendo saldi nella fede. Siate certi che, in ogni circostanza, siete amati
           e custoditi dall’amore di Dio, che è la nostra forza. Dio è buono. Per
           questo è importante che l’incontro con Dio, soprattutto nella preghie-
           ra personale e comunitaria, sia costante, fedele, proprio come è il
           cammino del vostro amore: amare Dio e sentire che Lui mi ama. Nulla
           ci può separare dall’amore di Dio! Siate certi, poi, che anche la Chiesa
           vi è vicina, vi sostiene, non cessa di guardare a voi con grande fidu-
           cia. Essa sa che avete sete di valori, quelli veri, su cui vale la pena di
           costruire la vostra casa! Il valore della fede, della persona, della fami-
           glia, delle relazioni umane, della giustizia. Non scoraggiatevi davanti
           alle carenze che sembrano spegnere la gioia sulla mensa della vita.
           Alle nozze di Cana, quando venne a mancare il vino, Maria invitò i
           servi a rivolgersi a Gesù e diede loro un’indicazione precisa: “Qualsia-
           si cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Fate tesoro di queste parole, le ultime
           di Maria riportate nei Vangeli, quasi un suo testamento spirituale, e
           avrete sempre la gioia della festa: Gesù è il vino della festa!

              Come fidanzati vi trovate a vivere una stagione unica, che apre alla
           meraviglia dell’incontro e fa scoprire la bellezza di esistere e di essere
           preziosi per qualcuno, di potervi dire reciprocamente: tu sei impor-
           tante per me. Vivete con intensità, gradualità e verità questo cammi-
           no. Non rinunciate a perseguire un ideale alto di amore, riflesso e te-
           stimonianza dell’amore di Dio! Ma come vivere questa fase della vo-
           stra vita, testimoniare l’amore nella comunità? Vorrei dirvi anzitutto di
           evitare di chiudervi in rapporti intimistici, falsamente rassicuranti; fate
           piuttosto che la vostra relazione diventi lievito di una presenza attiva
           e responsabile nella comunità. Non dimenticate, poi, che, per essere

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



           autentico, anche l’amore richiede un cammino di maturazione: a parti-
           re dall’attrazione iniziale e dal “sentirsi bene” con l’altro, educatevi a
           “volere bene” all’altro, a “volere il bene” dell’altro. L’amore vive di
           gratuità, di sacrificio di sé, di perdono e di rispetto dell’altro.

               Cari amici, ogni amore umano è segno dell’Amore eterno che ci ha
           creati, e la cui grazia santifica la scelta di un uomo e di una donna di
           consegnarsi reciprocamente la vita nel matrimonio. Vivete questo tem-
           po del fidanzamento nell’attesa fiduciosa di tale dono, che va accolto
           percorrendo una strada di conoscenza, di rispetto, di attenzioni che
           non dovete mai smarrire: solo a questa condizione il linguaggio dell’a-
           more rimarrà significativo anche nello scorrere degli anni. Educatevi,
           poi, sin da ora alla libertà della fedeltà, che porta a custodirsi recipro-
           camente, fino a vivere l’uno per l’altro. Preparatevi a scegliere con
           convinzione il “per sempre” che connota l’amore: l’indissolubilità, pri-
           ma che una condizione, è un dono che va desiderato, chiesto e vissu-
           to, oltre ogni mutevole situazione umana. E non pensate, secondo
           una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro.
           Bruciare le tappe finisce per “bruciare” l’amore, che invece ha biso-
           gno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno
           di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fe-
           dele, felice e indissolubile. La fedeltà e la continuità del vostro volervi
           bene vi renderanno capaci anche di essere aperti alla vita, di essere
           genitori: la stabilità della vostra unione nel Sacramento del Matrimo-
           nio permetterà ai figli che Dio vorrà donarvi di crescere fiduciosi nella
           bontà della vita. Fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita sono i
           pilastri di ogni famiglia, vero bene comune, patrimonio prezioso per
           l’intera società. Fin d’ora, fondate su di essi il vostro cammino verso il
           matrimonio e testimoniatelo anche ai vostri coetanei: è un servizio
           prezioso! Siate grati a quanti con impegno, competenza e disponibilità
           vi accompagnano nella formazione: sono segno dell’attenzione e della
           cura che la comunità cristiana vi riserva. Non siete soli: ricercate e ac-
           cogliete per primi la compagnia della Chiesa.

               Vorrei tornare ancora su un punto essenziale: l’esperienza dell’amo-
           re ha al suo interno la tensione verso Dio. Il vero amore promette
           l’infinito! Fate, dunque, di questo vostro tempo di preparazione al ma-

                                                                                  21
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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
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           trimonio un itinerario di fede: riscoprite per la vostra vita di coppia la
           centralità di Gesù Cristo e del camminare nella Chiesa. Maria ci inse-
           gna che il bene di ciascuno dipende dall’ascoltare con docilità la pa-
           rola del Figlio. In chi si fida di Lui, l’acqua della vita quotidiana si mu-
           ta nel vino di un amore che rende buona, bella e feconda la vita. Ca-
           na, infatti, è annuncio e anticipazione del dono del vino nuovo del-
           l’Eucaristia, sacrificio e banchetto nel quale il Signore ci raggiunge, ci
           rinnova e trasforma. Non smarrite l’importanza vitale di questo incon-
           tro: l’assemblea liturgica domenicale vi trovi pienamente partecipi:
           dall’Eucaristia scaturisce il senso cristiano dell’esistenza e un nuovo
           modo di vivere (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 72-73).
           E non avrete, allora, paura nell’assumere l’impegnativa responsabilità
           della scelta coniugale; non temerete di entrare in questo “grande mi-
           stero”, nel quale due persone diventano una sola carne (cfr Ef 5,31-
           32).

              Carissimi giovani, vi affido alla protezione di San Giuseppe e di
           Maria Santissima; seguendo l’invito della Vergine Madre – “Qualsiasi
           cosa vi dica, fatela” – non vi mancherà il gusto della vera festa e sa-
           prete portare il “vino” migliore, quello che Cristo dona per la Chiesa e
           per il mondo. Vorrei dirvi che anch’io sono vicino a voi e a tutti colo-
           ro che, come voi, vivono questo meraviglioso cammino di amore. Vi
           benedico con tutto il cuore!




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                                                                                  DISCORSI



                                 Al Parlamento Federale
                                 Reichstag di Berlin in Germania
                                   Giovedì, 22 settembre 2011


              Illustre Signor Presidente Federale!
              Signor Presidente del Bundestag!
              Signora Cancelliere Federale!
              Signora Presidente del Bundesrat!
              Signore e Signori Deputati!

              È per me un onore e una gioia parlare davanti a questa Camera alta
           – davanti al Parlamento della mia Patria tedesca, che si riunisce qui
           come rappresentanza del popolo, eletta democraticamente, per lavora-
           re per il bene della Repubblica Federale della Germania. Vorrei ringra-
           ziare il Signor Presidente del Bundestag per il suo invito a tenere que-
           sto discorso, così come per le gentili parole di benvenuto e di apprez-
           zamento con cui mi ha accolto. In questa ora mi rivolgo a Voi, stimati
           Signori e Signore – certamente anche come connazionale che si sa le-
           gato per tutta la vita alle sue origini e segue con partecipazione le vi-
           cende della Patria tedesca. Ma l’invito a tenere questo discorso è rivol-
           to a me in quanto Papa, in quanto Vescovo di Roma, che porta la su-
           prema responsabilità per la cristianità cattolica. Con ciò Voi riconosce-
           te il ruolo che spetta alla Santa Sede quale partner all’interno della Co-
           munità dei Popoli e degli Stati. In base a questa mia responsabilità in-
           ternazionale vorrei proporVi alcune considerazioni sui fondamenti
           dello Stato liberale di diritto.

              Mi si consenta di cominciare le mie riflessioni sui fondamenti del
           diritto con una piccola narrazione tratta dalla Sacra Scrittura. Nel Pri-
           mo Libro dei Re si racconta che al giovane re Salomone, in occasione
           della sua intronizzazione, Dio concesse di avanzare una richiesta. Che
           cosa chiederà il giovane sovrano in questo momento? Successo, ric-
           chezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici? Nulla di tutto questo
           egli chiede. Domanda invece: “Concedi al tuo servo un cuore docile,
           perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il

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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



           bene dal male” (1Re 3,9). Con questo racconto la Bibbia vuole indi-
           carci che cosa, in definitiva, deve essere importante per un politico. Il
           suo criterio ultimo e la motivazione per il suo lavoro come politico
           non deve essere il successo e tanto meno il profitto materiale. La poli-
           tica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizio-
           ni di fondo per la pace. Naturalmente un politico cercherà il successo
           senza il quale non potrebbe mai avere la possibilità dell’azione politi-
           ca effettiva. Ma il successo è subordinato al criterio della giustizia, alla
           volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto. Il successo può
           essere anche una seduzione e così può aprire la strada alla contraffa-
           zione del diritto, alla distruzione della giustizia. “Togli il diritto – e al-
           lora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?” ha
           sentenziato una volta sant’Agostino. [1] Noi tedeschi sappiamo per no-
           stra esperienza che queste parole non sono un vuoto spauracchio.
           Noi abbiamo sperimentato il separarsi del potere dal diritto, il porsi
           del potere contro il diritto, il suo calpestare il diritto, così che lo Stato
           era diventato lo strumento per la distruzione del diritto – era diventato
           una banda di briganti molto ben organizzata, che poteva minacciare il
           mondo intero e spingerlo sull’orlo del precipizio. Servire il diritto e
           combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamen-
           tale del politico. In un momento storico in cui l’uomo ha acquistato
           un potere finora inimmaginabile, questo compito diventa particolar-
           mente urgente. L’uomo è in grado di distruggere il mondo. Può mani-
           polare se stesso. Può, per così dire, creare esseri umani ed escludere
           altri esseri umani dall’essere uomini. Come riconosciamo che cosa è
           giusto? Come possiamo distinguere tra il bene e il male, tra il vero di-
           ritto e il diritto solo apparente? La richiesta salomonica resta la que-
           stione decisiva davanti alla quale l’uomo politico e la politica si trova-
           no anche oggi.

              In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della
           maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nel-
           le questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità
           dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel pro-
           cesso di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità de-
           ve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento. Nel terzo seco-
           lo, il grande teologo Origene ha giustificato così la resistenza dei cri-

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



           stiani a certi ordinamenti giuridici in vigore: “Se qualcuno si trovasse
           presso il popolo della Scizia che ha leggi irreligiose e fosse costretto a
           vivere in mezzo a loro … questi senz’altro agirebbe in modo molto ra-
           gionevole se, in nome della legge della verità che presso il popolo
           della Scizia è appunto illegalità, insieme con altri che hanno la stessa
           opinione, formasse associazioni anche contro l’ordinamento in vigo-
           re…” [2]

               In base a questa convinzione, i combattenti della resistenza hanno
           agito contro il regime nazista e contro altri regimi totalitari, rendendo
           così un servizio al diritto e all’intera umanità. Per queste persone era
           evidente in modo incontestabile che il diritto vigente, in realtà, era in-
           giustizia. Ma nelle decisioni di un politico democratico, la domanda su
           che cosa ora corrisponda alla legge della verità, che cosa sia veramen-
           te giusto e possa diventare legge non è altrettanto evidente. Ciò che in
           riferimento alle fondamentali questioni antropologiche sia la cosa giu-
           sta e possa diventare diritto vigente, oggi non è affatto evidente di per
           sé. Alla questione come si possa riconoscere ciò che veramente è giu-
           sto e servire così la giustizia nella legislazione, non è mai stato facile
           trovare la risposta e oggi, nell’abbondanza delle nostre conoscenze e
           delle nostre capacità, tale questione è diventata ancora molto più diffi-
           cile.

              Come si riconosce ciò che è giusto? Nella storia, gli ordinamenti
           giuridici sono stati quasi sempre motivati in modo religioso: sulla base
           di un riferimento alla Divinità si decide ciò che tra gli uomini è giusto.
           Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai
           imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamen-
           to giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla na-
           tura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armo-
           nia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppo-
           ne l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio.
           Con ciò i teologi cristiani si sono associati ad un movimento filosofico
           e giuridico che si era formato sin dal secolo II a. Cr. Nella prima metà
           del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto natu-
           rale sociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto
           romano. [3] In questo contatto è nata la cultura giuridica occidentale,

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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



           che è stata ed è tuttora di un’importanza determinante per la cultura
           giuridica dell’umanità. Da questo legame precristiano tra diritto e filo-
           sofia parte la via che porta, attraverso il Medioevo cristiano, allo svi-
           luppo giuridico dell’Illuminismo fino alla Dichiarazione dei Diritti
           umani e fino alla nostra Legge Fondamentale tedesca, con cui il no-
           stro popolo, nel 1949, ha riconosciuto “gli inviolabili e inalienabili di-
           ritti dell'uomo come fondamento di ogni comunità umana, della pace
           e della giustizia nel mondo”.

               Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato de-
           cisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto
           religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte
           della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ra-
           gione e la natura nella loro correlazione. Questa scelta l’aveva già
           compiuta san Paolo, quando, nella sua Lettera ai Romani, afferma:
           “Quando i pagani, che non hanno la Legge [la Torà di Israele], per na-
           tura agiscono secondo la Legge, essi… sono legge a se stessi. Essi di-
           mostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come ri-
           sulta dalla testimonianza della loro coscienza…” (Rm 2,14s). Qui com-
           paiono i due concetti fondamentali di natura e di coscienza, in cui
           “coscienza” non è altro che il “cuore docile” di Salomone, la ragione
           aperta al linguaggio dell’essere. Se con ciò fino all’epoca dell’Illumini-
           smo, della Dichiarazione dei Diritti umani dopo la seconda guerra
           mondiale e fino alla formazione della nostra Legge Fondamentale la
           questione circa i fondamenti della legislazione sembrava chiarita, nel-
           l’ultimo mezzo secolo è avvenuto un drammatico cambiamento della
           situazione. L’idea del diritto naturale è considerata oggi una dottrina
           cattolica piuttosto singolare, su cui non varrebbe la pena discutere al
           di fuori dell’ambito cattolico, così che quasi ci si vergogna di menzio-
           narne anche soltanto il termine. Vorrei brevemente indicare come mai
           si sia creata questa situazione. È fondamentale anzitutto la tesi secon-
           do cui tra l’essere e il dover essere ci sarebbe un abisso insormontabi-
           le. Dall’essere non potrebbe derivare un dovere, perché si tratterebbe
           di due ambiti assolutamente diversi. La base di tale opinione è la con-
           cezione positivista, oggi quasi generalmente adottata, di natura. Se si
           considera la natura – con le parole di Hans Kelsen – “un aggregato di
           dati oggettivi, congiunti gli uni agli altri quali cause ed effetti”, allora

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



           da essa realmente non può derivare alcuna indicazione che sia in
           qualche modo di carattere etico. [4] Una concezione positivista di natu-
           ra, che comprende la natura in modo puramente funzionale, così co-
           me le scienze naturali la riconoscono, non può creare alcun ponte
           verso l’ethos e il diritto, ma suscitare nuovamente solo risposte funzio-
           nali. La stessa cosa, però, vale anche per la ragione in una visione po-
           sitivista, che da molti è considerata come l’unica visione scientifica. In
           essa, ciò che non è verificabile o falsificabile non rientra nell’ambito
           della ragione nel senso stretto. Per questo l’ethos e la religione devono
           essere assegnati all’ambito del soggettivo e cadono fuori dall’ambito
           della ragione nel senso stretto della parola. Dove vige il dominio
           esclusivo della ragione positivista – e ciò è in gran parte il caso nella
           nostra coscienza pubblica – le fonti classiche di conoscenza dell’ethos
           e del diritto sono messe fuori gioco. Questa è una situazione dramma-
           tica che interessa tutti e su cui è necessaria una discussione pubblica;
           invitare urgentemente ad essa è un’intenzione essenziale di questo di-
           scorso.

              Il concetto positivista di natura e ragione, la visione positivista del
           mondo è nel suo insieme una parte grandiosa della conoscenza uma-
           na e della capacità umana, alla quale non dobbiamo assolutamente ri-
           nunciare. Ma essa stessa nel suo insieme non è una cultura che corri-
           sponda e sia sufficiente all’essere uomini in tutta la sua ampiezza. Do-
           ve la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, rele-
           gando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa ridu-
           ce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità. Lo dico proprio in vista del-
           l’Europa, in cui vasti ambienti cercano di riconoscere solo il positivi-
           smo come cultura comune e come fondamento comune per la forma-
           zione del diritto, riducendo tutte le altre convinzioni e gli altri valori
           della nostra cultura allo stato di una sottocultura. Con ciò si pone l’Eu-
           ropa, di fronte alle altre culture del mondo, in una condizione di man-
           canza di cultura e vengono suscitate, al contempo, correnti estremiste
           e radicali. La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e
           non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale,
           assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci dia-
           mo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le
           cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in

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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
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           tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risor-
           se” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spa-
           lancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il
           cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto.

               Ma come lo si realizza? Come troviamo l’ingresso nella vastità, nel-
           l’insieme? Come può la ragione ritrovare la sua grandezza senza scivo-
           lare nell’irrazionale? Come può la natura apparire nuovamente nella
           sua vera profondità, nelle sue esigenze e con le sue indicazioni? Ri-
           chiamo alla memoria un processo della recente storia politica, nella
           speranza di non essere troppo frainteso né di suscitare troppe polemi-
           che unilaterali. Direi che la comparsa del movimento ecologico nella
           politica tedesca a partire dagli anni Settanta, pur non avendo forse
           spalancato finestre, tuttavia è stata e rimane un grido che anela all’aria
           fresca, un grido che non si può ignorare né accantonare, perché vi si
           intravede troppa irrazionalità. Persone giovani si erano rese conto che
           nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va; che la mate-
           ria non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stes-
           sa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indica-
           zioni. È chiaro che qui non faccio propaganda per un determinato
           partito politico – nulla mi è più estraneo di questo. Quando nel nostro
           rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti
           riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione
           circa i fondamenti della nostra stessa cultura. Mi sia concesso di sof-
           fermarmi ancora un momento su questo punto. L’importanza dell’eco-
           logia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natu-
           ra e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un
           punto che – mi pare – venga trascurato oggi come ieri: esiste anche
           un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve
           rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto
           una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito
           e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli ri-
           spetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che
           è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza
           la vera libertà umana.

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



              Torniamo ai concetti fondamentali di natura e ragione da cui erava-
           mo partiti. Il grande teorico del positivismo giuridico, Kelsen, all’età di
           84 anni – nel 1965 – abbandonò il dualismo di essere e dover essere.
           (Mi consola il fatto che, evidentemente, a 84 anni si sia ancora in gra-
           do di pensare qualcosa di ragionevole.) Aveva detto prima che le nor-
           me possono derivare solo dalla volontà. Di conseguenza – aggiunge –
           la natura potrebbe racchiudere in sé delle norme solo se una volontà
           avesse messo in essa queste norme. Ciò, d’altra parte – dice – presup-
           porrebbe un Dio creatore, la cui volontà si è inserita nella natura. “Di-
           scutere sulla verità di questa fede è una cosa assolutamente vana”,
           egli nota a proposito.[5] Lo è veramente? – vorrei domandare. È vera-
           mente privo di senso riflettere se la ragione oggettiva che si manifesta
           nella natura non presupponga una Ragione creativa, un Creator Spiri-
           tus?

               A questo punto dovrebbe venirci in aiuto il patrimonio culturale
           dell’Europa. Sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio
           creatore sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’ugua-
           glianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’invio-
           labilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolez-
           za della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste cono-
           scenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Igno-
           rarla o considerarla come mero passato sarebbe un’amputazione della
           nostra cultura nel suo insieme e la priverebbe della sua interezza. La
           cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Ro-
           ma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei
           Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma
           l’intima identità dell’Europa. Nella consapevolezza della responsabilità
           dell’uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile
           dell’uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del di-
           ritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico.

              Al giovane re Salomone, nell’ora dell’assunzione del potere, è stata
           concessa una sua richiesta. Che cosa sarebbe se a noi, legislatori di
           oggi, venisse concesso di avanzare una richiesta? Che cosa chiederem-
           mo? Penso che anche oggi, in ultima analisi, non potremmo desidera-
           re altro che un cuore docile – la capacità di distinguere il bene dal

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         DISCORSI



           male e di stabilire così un vero diritto, di servire la giustizia e la pace.
           Vi ringrazio per la vostra attenzione.




           [1]
                 De civitate Dei IV, 4, 1.
           [2]
                 Contra Celsum GCS Orig. 428 (Koetschau); cfr A. Fürst, Monotheismus und Monarchie.
                 Zum Zusammenhang von Heil und Herrschaft in der Antike. In: Theol.Phil. 81 (2006)
                 321 – 338; citazione p. 336; cfr anche J. Ratzinger, Die Einheit der Nationen. Eine Vi-
                 sion der Kirchenväter (Salzburg – München 1971) 60.
           [3]
                 Cfr W. Waldstein, Ins Herz geschrieben. Das Naturrecht als Fundament einer menschli-
                 chen Gesellschaft (Augsburg 2010) 11ss; 31 – 61.
           [4]
                 Waldstein, op. cit. 15 – 21.
           [5]
                 Citato secondo Waldstein, op. cit. 19.


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                                                                                   DISCORSI



                               Alla Celebrazione Ecumenica
               Chiesa dell'ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt in Germania
                                 Venerdì, 23 settembre 2011


              Cari fratelli e sorelle nel Signore!
              “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in
           me mediante la loro parola” (Gv 17,20): così ha detto Gesù nel Cena-
           colo, al Padre. Egli intercede per le generazioni future di credenti.
           Guarda al di là del Cenacolo verso il futuro. Ha pregato anche per
           noi. E prega per la nostra unità. Questa preghiera di Gesù non è sem-
           plicemente una cosa del passato. Sempre Egli sta davanti al Padre in-
           tercedendo per noi, e così in quest’ora sta in mezzo a noi e vuole at-
           trarci nella sua preghiera. Nella preghiera di Gesù si trova il luogo in-
           teriore, più profondo, della nostra unità. Diventeremo una sola cosa,
           se ci lasceremo attirare dentro tale preghiera. Ogni volta che, come
           cristiani, ci troviamo riuniti nella preghiera, questa lotta di Gesù ri-
           guardo a noi e con il Padre per noi dovrebbe toccarci profondamente
           nel cuore. Quanto più ci lasciamo attrarre in questa dinamica, tanto
           più si realizza l’unità.

              È rimasta inascoltata la preghiera di Gesù? La storia del cristianesi-
           mo è, per così dire, il lato visibile di questo dramma, in cui Cristo lot-
           ta e soffre con noi esseri umani. Sempre di nuovo Egli deve sopporta-
           re il contrasto con l’unità, e tuttavia sempre di nuovo si compie anche
           l’unità con Lui e così con il Dio trinitario. Dobbiamo vedere ambedue
           le cose: il peccato dell’uomo, che si nega a Dio, si ritira in se stesso,
           ma anche le vittorie di Dio, che sostiene la Chiesa nonostante la sua
           debolezza e attira continuamente uomini dentro di sé, avvicinandoli
           così gli uni agli altri. Per questo, in un incontro ecumenico, non do-
           vremmo soltanto lamentare le divisioni e le separazioni, bensì ringra-
           ziare Dio per tutti gli elementi di unità che ha conservato per noi e
           sempre di nuovo ci dona. E questa gratitudine deve al contempo esse-
           re disponibilità a non perdere, in mezzo ad un tempo di tentazione e
           di pericoli, l’unità così donata.

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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
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               L’unità fondamentale consiste nel fatto che crediamo in Dio, Padre
           onnipotente, Creatore del cielo e della terra. Che lo professiamo quale
           Dio trinitario – Padre, Figlio e Spirito Santo. L’unità suprema non è so-
           litudine di una monade, ma unità attraverso l’amore. Crediamo in Dio
           – nel Dio concreto. Crediamo nel fatto che Dio ci ha parlato e si è fat-
           to uno di noi. Testimoniare questo Dio vivente è il nostro comune
           compito nel momento attuale.

              L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene
           anche senza di Lui? Quando, in una prima fase dell’assenza di Dio, la
           sua luce continua ancora a mandare i suoi riflessi e tiene insieme l’or-
           dine dell’esistenza umana, si ha l’impressione che le cose funzionino
           abbastanza bene anche senza Dio. Ma quanto più il mondo si allonta-
           na da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo, nell’hybris del potere,
           nel vuoto del cuore e nella brama di soddisfazione e di felicità, “per-
           de” sempre di più la vita. La sete di infinito è presente nell’uomo in
           modo inestirpabile. L’uomo è stato creato per la relazione con Dio e
           ha bisogno di Lui. Il nostro primo servizio ecumenico in questo tempo
           deve essere di testimoniare insieme la presenza del Dio vivente e con
           ciò dare al mondo la risposta di cui ha bisogno. Naturalmente di que-
           sta testimonianza fondamentale per Dio fa parte, in modo assoluta-
           mente centrale, la testimonianza per Gesù Cristo, vero Dio e vero uo-
           mo, che è vissuto insieme con noi, ha patito per noi, è morto per noi
           e, nella risurrezione, ha spalancato la porta della morte. Cari amici,
           fortifichiamoci in questa fede! Aiutiamoci a vicenda a viverla! Questo è
           un grande compito ecumenico che ci introduce nel cuore della pre-
           ghiera di Gesù.

               La serietà della fede in Dio si manifesta nel vivere la sua parola. Si
           manifesta, nel nostro tempo, in modo molto concreto, nell’impegno
           per quella creatura che Egli volle a sua immagine, per l’uomo. Vivia-
           mo in un tempo in cui i criteri dell’essere uomini sono diventati incer-
           ti. L’etica viene sostituita con il calcolo delle conseguenze. Di fronte a
           ciò noi come cristiani dobbiamo difendere la dignità inviolabile del-
           l’uomo, dal concepimento fino alla morte – nelle questioni della dia-
           gnosi pre-impiantatoria fino all’eutanasia. “Solo chi conosce Dio, co-
           nosce l’uomo”, ha detto una volta Romano Guardini. Senza la cono-

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



           scenza di Dio, l’uomo diventa manipolabile. La fede in Dio deve con-
           cretizzarsi nel nostro comune impegno per l’uomo. Fanno parte di ta-
           le impegno per l’uomo non soltanto questi criteri fondamentali di
           umanità, ma soprattutto e molto concretamente l’amore che Gesù Cri-
           sto ci insegna nella descrizione del Giudizio finale (Mt 25): il Dio giu-
           dice ci giudicherà secondo come ci siamo comportati nei confronti di
           coloro che ci sono prossimi, nei confronti dei più piccoli dei suoi fra-
           telli. La disponibilità ad aiutare, nelle necessità di questo tempo, al di
           là del proprio ambiente di vita è un compito essenziale del cristiano.

              Ciò vale anzitutto, come detto, nell’ambito della vita personale di
           ciascuno. Ma vale poi nella comunità di un popolo e di uno Stato, in
           cui tutti noi dobbiamo farci carico gli uni degli altri. Vale per il nostro
           Continente, in cui siamo chiamati alla solidarietà in Europa. E, infine,
           vale al di là di tutte le frontiere: la carità cristiana esige oggi il nostro
           impegno anche per la giustizia nel vasto mondo. So che da parte dei
           tedeschi e della Germania si fa molto per rendere possibile a tutti gli
           uomini un’esistenza degna dell’uomo, e per questo vorrei dire una pa-
           rola di viva gratitudine.

              Infine vorrei ancora accennare ad una dimensione più profonda
           del nostro obbligo di amare. La serietà della fede si manifesta soprat-
           tutto anche quando essa ispira certe persone a mettersi totalmente a
           disposizione di Dio e, a partire da Dio, degli altri. I grandi aiuti diven-
           tano concreti soltanto quando sul luogo esistono coloro che sono to-
           talmente a disposizione dell’altro e con ciò rendono credibile l’amore
           di Dio. Persone del genere sono un segno importante per la verità
           della nostra fede.

              Alla vigilia della mia visita si è parlato diverse volte di un dono
           ecumenico dell’ospite, che ci si aspettava da una tale visita. Non c’è
           bisogno che io specifichi i doni menzionati in tale contesto. Al riguar-
           do vorrei dire che questo, come per lo più è apparso, costituisce un
           fraintendimento politico della fede e dell’ecumenismo. Quando un
           Capo di Stato visita un Paese amico, generalmente precedono contatti
           tra le istanze, che preparano la stipulazione di uno o anche di più ac-
           cordi tra i due Stati: nella ponderazione dei vantaggi e degli svantaggi

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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
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           si arriva al compromesso che, alla fine, appare vantaggioso per ambe-
           due le parti, così che poi il trattato può essere firmato. Ma la fede dei
           cristiani non si basa su una ponderazione dei nostri vantaggi e svan-
           taggi. Una fede autocostruita è priva di valore. La fede non è una cosa
           che noi escogitiamo e concordiamo. È il fondamento su cui viviamo.
           L’unità cresce non mediante la ponderazione di vantaggi e svantaggi,
           bensì solo attraverso un sempre più profondo penetrare nella fede
           mediante il pensiero e la vita. In questa maniera, negli ultimi 50 anni,
           e in particolare anche dalla visita di Papa Giovanni Paolo II, 30 anni
           fa, è cresciuta molta comunanza, della quale possiamo essere solo
           grati. Mi piace ricordare l’incontro con la commissione guidata dal Ve-
           scovo [luterano] Lohse, nella quale ci si è esercitati insieme in questo
           penetrare in modo profondo nella fede mediante il pensiero e la vita.
           A tutti coloro che hanno collaborato in questo – per la parte cattolica,
           in modo particolare, al Cardinale Lehmann – vorrei esprimere vivo
           ringraziamento. Non menziono altri nomi – il Signore li conosce tutti.
           Insieme possiamo tutti solo ringraziare il Signore per le vie dell’unità
           sulle quali ci ha condotti, ed associarci in umile fiducia alla sua pre-
           ghiera: Fa’ che diventiamo una sola cosa, come Tu sei una sola cosa
           col Padre, perché il mondo creda che Egli Ti ha mandato” (cfr Gv
           17,21).




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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



                                        Ai seminaristi
                        Cappella di San Carlo Borromeo del Seminario
                            di Freiburg im Breisgau, Germania
                                  Sabato, 24 settembre 2011


              Cari seminaristi, cari fratelli e sorelle!

               È per me una grande gioia poter incontrarmi qui con giovani, che
           si incamminano per servire il Signore; che ascoltano la sua chiamata e
           vogliono seguirlo. Vorrei ringraziare in modo particolarmente caloroso
           per la bella lettera, che il Rettore del seminario e i seminaristi mi han-
           no scritto. Mi ha veramente toccato il cuore vedere come avete riflet-
           tuto sulla mia lettera e su di essa avete sviluppato le vostre domande
           e risposte; con quale serietà accogliete ciò che ho tentato di proporre
           e, in base a questo, sviluppate la vostra propria via.

              Certamente la cosa più bella sarebbe se potessimo avere un dialo-
           go insieme, ma l’orario del viaggio, al quale sono obbligato e devo
           obbedire, purtroppo, non permette cose del genere. Posso quindi sol-
           tanto cercare di sottolineare ancora una volta alcuni pensieri alla luce
           di ciò che avete scritto e di ciò che io avevo scritto.

              Nel contesto della domanda: “Di che cosa fa parte il seminario; che
           cosa significa questo periodo?” in fondo, mi colpisce sempre più di
           tutto il modo in cui san Marco, nel terzo capitolo del suo Vangelo, de-
           scrive la costituzione della comunità degli Apostoli: “Il Signore fece i
           Dodici”. Egli crea qualcosa, Egli fa qualcosa, si tratta di un atto creati-
           vo. Ed Egli li fece, “perché stessero con Lui e per mandarli” (cfr Mc
           3,14): questa è una duplice volontà che, sotto certi aspetti, sembra
           contraddittoria. “Perché stessero con Lui”: devono stare con Lui, per
           arrivare a conoscerlo, per ascoltarlo, per lasciarsi plasmare da Lui; de-
           vono andare con Lui, essere con Lui in cammino, intorno a Lui e die-
           tro di Lui. Ma allo stesso tempo devono essere degli inviati che parto-
           no, che portano fuori ciò che hanno imparato, lo portano agli altri uo-
           mini in cammino – verso la periferia, nel vasto ambiente, anche verso

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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
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           ciò che è molto lontano da Lui. E tuttavia, questi aspetti paradossali
           vanno insieme: se essi sono veramente con Lui, allora sono sempre
           anche in cammino verso gli altri, allora sono in ricerca della pecorella
           smarrita, allora vanno lì, devono trasmettere ciò che hanno trovato, al-
           lora devono farLo conoscere, diventare inviati. E viceversa: se voglio-
           no essere veri inviati, devono stare sempre con Lui. San Bonaventura
           disse una volta che gli Angeli, ovunque vadano, per quanto lontano,
           si muovono sempre all’interno di Dio. Così è anche qui: come sacer-
           doti dobbiamo uscire fuori nelle molteplici strade in cui si trovano gli
           uomini, per invitarli al suo banchetto nuziale. Ma lo possiamo fare so-
           lo rimanendo sempre presso di Lui. Ed imparare ciò, questo insieme
           di uscire fuori, di essere mandati, e di essere con Lui, di rimanere
           presso di Lui, è – credo – proprio ciò che dobbiamo imparare nel se-
           minario. Il modo giusto del rimanere con Lui, il venire profondamente
           radicati in Lui – essere sempre di più con Lui, conoscerLo sempre di
           più, sempre di più non separarsi da Lui – e al contempo uscire sem-
           pre di più, portare il messaggio, trasmetterlo, non tenerlo per sé, ma
           portare la Parola a coloro che sono lontani e che, tuttavia, in quanto
           creature di Dio e amati da Cristo, portano nel cuore il desiderio di Lui.

              Il seminario è dunque un tempo dell’esercitarsi; certamente anche
           del discernere e dell’imparare: Egli mi vuole per questo? La vocazione
           deve essere verificata, e di questo fa poi parte la vita comunitaria e fa
           parte naturalmente il dialogo con le guide spirituali che avete, per im-
           parare a discernere ciò che è la sua volontà. E poi apprendere la fidu-
           cia: se Egli lo vuole veramente, allora posso affidarmi a Lui. Nel mon-
           do di oggi, che si trasforma in modo incredibile e in cui tutto cambia
           continuamente, in cui i legami umani si scindono perché avvengono
           nuovi incontri, diventa sempre più difficile credere: io resisterò per
           tutta la vita. Già per noi, ai nostri tempi, non era tanto facile immagi-
           nare quanti decenni Dio avrebbe forse inteso darmi, quanto sarebbe
           cambiato il mondo. Persevererò con Lui così come Gli l’ho promes-
           so?... È una domanda che, appunto, esige la verifica della vocazione,
           ma poi – più riconosco: sì, Egli mi vuole – anche la fiducia: se mi
           vuole, allora anche mi sorreggerà; nell’ora della tentazione, nell’ora
           del pericolo sarà presente e mi darà persone, mi mostrerà vie, mi so-
           sterrà. E la fedeltà è possibile, perché Egli è sempre presente, e per-

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



           ché Egli esiste ieri, oggi e domani; perché Egli non appartiene soltan-
           to a questo tempo, ma è futuro e può sorreggerci in ogni momento.

               Un tempo di discernimento, di apprendimento, di chiamata… E
           poi, naturalmente, in quanto tempo dell’essere con Lui, tempo di pre-
           ghiera, di ascolto di Lui. Ascoltare, imparare ad ascoltarlo veramente –
           nella Parola della Sacra Scrittura, nella fede della Chiesa, nella liturgia
           della Chiesa – ed apprendere l’oggi nella sua Parola. Nell’esegesi im-
           pariamo tante cose sul ieri: tutto ciò che c’era allora, quali fonti vi so-
           no, quali comunità esistevano e così via. Anche questo è importante.
           Ma più importante è che in questo ieri noi apprendiamo l’oggi; che
           Egli con queste parole parla adesso e che esse portano tutte in sé il
           loro oggi, e che, al di là del loro inizio storico, recano in sé una pie-
           nezza che parla a tutti i tempi. Ed è importante imparare questa attua-
           lità del suo parlare – imparare ad ascoltare – e così poterne parlare
           agli altri uomini. Certo, quando si prepara l’omelia per la Domenica,
           questo parlare… o Dio, è spesso così lontano! Se io, però, vivo con la
           Parola, allora vedo che non è affatto lontana, è attualissima, è presen-
           te adesso, riguarda me e riguarda gli altri. E allora imparo anche a
           spiegarla. Ma per questo occorre un cammino costante con la Parola
           di Dio.

               Lo stare personalmente con Cristo, con il Dio vivente, è una cosa;
           l’altra cosa è che sempre soltanto nel “noi” possiamo credere. A volte
           dico: san Paolo ha scritto: “La fede viene dall’ascolto” – non dal legge-
           re. Ha bisogno anche del leggere, ma viene dall’ascolto, cioè dalla pa-
           rola vivente, dalle parole che gli altri rivolgono a me e che posso sen-
           tire; dalle parole della Chiesa attraverso tutti i tempi, dalla parola at-
           tuale che essa mi rivolge mediante i sacerdoti, i Vescovi e i fratelli e le
           sorelle. Fa parte della fede il “tu” del prossimo, e fa parte della fede il
           “noi”. E proprio l’esercitarsi nella sopportazione vicendevole è qualco-
           sa di molto importante; imparare ad accogliere l’altro come altro nella
           sua differenza, ed imparare che egli deve sopportare me nella mia dif-
           ferenza, per diventare un “noi”, affinché un giorno anche nella par-
           rocchia possiamo formare una comunità, chiamare le persone ad en-
           trare nella comunanza della Parola ed essere insieme in cammino ver-
           so il Dio vivente. Fa parte di ciò il “noi” molto concreto, come lo è il

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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



           seminario, come lo sarà la parrocchia, ma poi sempre anche il guarda-
           re oltre il “noi” concreto e limitato al grande “noi” della Chiesa di ogni
           luogo e di ogni tempo, per non fare di noi stessi il criterio assoluto.
           Quando diciamo: “Noi siamo Chiesa” – sì, è vero: siamo noi, non qua-
           lunque persona. Ma il “noi” è più ampio del gruppo che lo sta dicen-
           do. Il “noi” è l’intera comunità dei fedeli, di oggi e di tutti i luoghi e
           tutti i tempi. E dico poi sempre: nella comunità dei fedeli, sì, lì esiste,
           per così dire, il giudizio della maggioranza di fatto, ma non può mai
           esserci una maggioranza contro gli Apostoli e contro i Santi: ciò sareb-
           be una falsa maggioranza. Noi siamo Chiesa: Siamolo! Siamolo pro-
           prio nell’aprirci e nell’andare al di là di noi stessi e nell’esserlo insie-
           me con gli altri!

              Credo che, in base all’orario, dovrei forse concludere. Vorrei soltan-
           to dirvi ancora una cosa. La preparazione al sacerdozio, il cammino
           verso di esso, richiede anzitutto anche lo studio. Non si tratta di una
           casualità accademica che si è formata nella Chiesa occidentale, ma è
           qualcosa di essenziale. Sappiamo tutti che san Pietro ha detto: “Siate
           sempre pronti ad offrire a chiunque vi domandi, come risposta, la ra-
           gione, il logos della vostra fede” (cfr 1Pt 3,15). Il nostro mondo oggi è
           un mondo razionalistico e condizionato dalla scientificità, anche se
           molto spesso si tratta di una scientificità solo apparente. Ma lo spirito
           della scientificità, del comprendere, dello spiegare, del poter sapere,
           del rifiuto di tutto ciò che non è razionale, è dominante nel nostro
           tempo. C’è in questo pure qualcosa di grande, anche se spesso dietro
           si nasconde molta presunzione ed insensatezza. La fede non è un
           mondo parallelo del sentimento, che poi ci permettiamo come un di
           più, ma è ciò che abbraccia il tutto, gli dà senso, lo interpreta e gli dà
           anche le direttive etiche interiori, affinché sia compreso e vissuto in
           vista di Dio e a partire da Dio. Per questo è importante essere infor-
           mati, comprendere, avere la mente aperta, imparare. Naturalmente, fra
           vent’anni saranno di moda teorie filosofiche totalmente diverse da
           quelle di oggi: se penso a ciò che tra noi era la più alta e la più mo-
           derna moda filosofica e vedo come tutto ciò ormai sia dimenticato…
           Ciononostante non è inutile imparare queste cose, perché in esse ci
           sono anche elementi durevoli. E soprattutto con ciò impariamo a giu-
           dicare, a seguire mentalmente un pensiero – e a farlo in modo critico

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                                                                LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
                                                                                  DISCORSI



           – ed impariamo a far sì che, nel pensare, la luce di Dio ci illumini e
           non si spenga. Studiare è essenziale: soltanto così possiamo far fronte
           al nostro tempo ed annunciare ad esso il logos della nostra fede. Stu-
           diare anche in modo critico – nella consapevolezza, appunto, che do-
           mani qualcun altro dirà qualcosa di diverso – ma essere studenti at-
           tenti ed aperti ed umili, per studiare sempre con il Signore, dinanzi al
           Signore e per Lui.

              Sì, potrei dire ancora tante cose, e dovrei forse farlo… Ma ringrazio
           per l’ascolto. E nella preghiera tutti i seminaristi del mondo sono pre-
           senti nel mio cuore – non così bene, con i singoli nomi, come li ho ri-
           cevuti qui, ma tuttavia in un cammino interiore verso il Signore: che
           Egli benedica tutti, a tutti dia luce ed indichi loro la strada giusta, e ci
           doni molti buoni sacerdoti. Grazie di cuore.




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         LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
         DISCORSI



              Alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera
                    per la pace e la giustizia nel mondo
               “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”
                          Assisi, Basilica di Santa Maria degli Angeli
                                    Giovedì, 27 ottobre 2011


              Cari fratelli e sorelle,
              distinti Capi e rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e
              delle religioni del mondo,
              cari amici,

              sono passati venticinque anni da quando il beato Papa GIOVANNI
           PAOLO II invitò per la prima volta rappresentanti delle religioni del
           mondo ad ASSISI per una preghiera per la pace. Che cosa è avvenuto
           da allora? A che punto è oggi la causa della pace? Allora la grande mi-
           naccia per la pace nel mondo derivava dalla divisione del pianeta in
           due blocchi contrastanti tra loro. Il simbolo vistoso di questa divisione
           era il muro di Berlino che, passando in mezzo alla città, tracciava il
           confine tra due mondi. Nel 1989, tre anni dopo Assisi, il muro cadde –
           senza spargimento di sangue. All’improvviso, gli enormi arsenali, che
           stavano dietro al muro, non avevano più alcun significato. Avevano
           perso la loro capacità di terrorizzare. La volontà dei popoli di essere
           liberi era più forte degli arsenali della violenza. La questione delle
           cause di tale rovesciamento è complessa e non può trovare una rispo-
           sta in semplici formule. Ma accanto ai fattori economici e politici, la
           causa più profonda di tale evento è di carattere spirituale: dietro il po-
           tere materiale non c’era più alcuna convinzione spirituale. La volontà
           di essere liberi fu alla fine più forte della paura di fronte alla violenza
           che non aveva più alcuna copertura spirituale. Siamo riconoscenti per
           questa vittoria della libertà, che fu soprattutto anche una vittoria della
           pace. E bisogna aggiungere che in questo contesto si trattava non so-
           lamente, e forse neppure primariamente, della libertà di credere, ma
           anche di essa. Per questo possiamo collegare tutto ciò in qualche mo-
           do anche con la preghiera per la pace.

              40
Bollettino (II/2011)
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Bollettino (II/2011)

  • 1. taglio a 23,6 cm (valutare il taglio in base all’interno del libro)
  • 2. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 1 BOLLETTINO UFFICIALE DELL'ARCIDIOCESI METROPOLITANA DI PESCARA-PENNE
  • 3. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 2 periodico amministratore: della diocesi di pescara sac. antonio di giulio anno 63 - n° 2 bollettino@diocesipescara.it editore: curia arcivescovile metropolitana pescara-penne presidente: sede legale: s. e. r. mons. tommaso valentinetti curia arcivescovile metropolitana pescara-penne arcivescovo@diocesipescara.it piazza spirito santo, 5 65121 pescara direttore responsabile: dott. ernesto grippo fotocomposizione e stampa: tipografia grafica ltd direttore: 65016 montesilvano (pe) dott.ssa lidia basti l.basti@diocesipescara.it rivista diocesana c..c.p. n° 16126658 programma editoriale periodico registrato presso il tribunale di pescara a cura del dott. simone chiappetta al n° 11/95 in data 24.05.1995 s.chiappetta@diocesipescara.it spedizione in abb. postale 50% pescara curia metropolitana piazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-4222571 - fax 085-4213149 www.diocesipescara.it arcivescovado piazza spirito santo, 5 - 65121 pescara - tel. 085-2058897
  • 4. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 3 INDICE LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI 7 Ai giornalisti durante il volo verso Madrid 12 Alla festa di accoglienza dei giovani 15 Alle famiglie e ai sacerdoti 19 Ai giovani fidanzati 23 Al Parlamento Federale 31 Alla Celebrazione Ecumenica 35 Ai Seminaristi 40 Alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo “Pellegrini della vertià, pellegrini della pace” 45 Ai Membri del Governo, i Rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica, il Corpo Diplomatico e i Rappresentanti delle principali Religioni 51 Alla Caritas Italiana nel 40° di fondazione 55 Ai detenuti 59 Risposte alle domande dei detenuti MESSAGGI 67 Per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 77 Al Cardinale Arcivescovo di Monaco e Frisinga, Reinhard Marx, in occasio- ne dell’Incontro Internazionale di preghiera per la pace “Bound to live to- gether”: Religioni e Culture in Dialogo, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio” 80 Al Signor Jacques Diouf, Direttore Generale della F.A.O., in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2011 83 Per la Giornata Missionaria Mondiale 2011 87 Al secondo Congresso Nazionale della Famiglia in Ecuador 90 Per il Natale 2011 OMELIE 93 Ai Primi Vespri della Solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio Te Deum di ringraziamento MOTU PROPRIO 98 Porta Fidei LA PAROLA DEI VESCOVI ITALIANI CEI - CONSIGLIO PERMANENTE - ROMA, 26/29 SETTEMBRE 2011 116 Comunicato finale
  • 5. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 4 INDICE MESSAGGI 123 Messaggio per la 6ª Giornata per la Salvaguardia del Creato 128 Per la Giornata del Ringraziamento LA PAROLA DI MONS. VALENTINETTI NOMINE E DECRETI 133 Nomine 137 Escardinazione - Ordinazione e Ministeri 138 Commissione Diocesana per l’Arte Sacra e i Beni Culturali 139 Statuto della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra e i Beni Culturali Ec- clesiastici 143 Componenti della Commissione Arte Sacra IN DIOCESI NOTIZIE 147 Notizie in breve 149 Notizie in rassegna La missione riparte da Montesilvano - di Davide De Amicis 152 Una casa accogliente è “Mia Gioia” - di Simone Chiappetta 153 Desocializzati in una società desocializzante - di Davide De Amicis 155 Gravelli, il nunzio gentile - di Simone Chiappetta APPROFONDIMENTI 156 “Formare alla vita secondo lo Spirito” - del dott. Salvatore Martinez VARIE 199 Omelia del Cardinale Jean Louis Tauran durante la commemorazione del XXX Anniversario della Morte di Monsignor Gravelli SPECIALE VLLAZNIA 209 Con Sapa per essere chiesa missionaria - di Simone Chiappetta 211 “Vllaznia” Sapa e Pescara sempre più sorelle - di Simone Chiappetta 213 L’Albania, tra la voglia di dimenticare e celare la storia - di Simone Chiap- petta 215 L’Arcidiocesi di Pescara una Chiesa in missione - di Davide De Amicis AMMINISTRAZIONE 221 Errata corrige
  • 6. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 5 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI
  • 7. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 6
  • 8. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 7 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Ai giornalisti durante il volo verso Madrid Volo Papale verso la Spagna, in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù Giovedì, 18 agosto 2011 P. Lombardi: Santità, benvenuto tra noi, grazie mille, come al soli- to, di darci questo breve incontro durante il volo di andata. La “comu- nità volante” dei giornalisti, qui, è composta di 56 persone di tanti Paesi diversi, ma i giornalisti che la aspettano a Madrid sono più di 4.000: quasi 5.000. E’ un record per la Spagna e anche per gli avveni- menti mondiali. Ci impegneremo tutti, naturalmente, a dare l’eco ade- guata alle sue parole per questo bellissimo avvenimento. Come al so- lito, le propongo alcune domande che mi sono state date nei giorni passati dai giornalisti qui presenti. Santo Padre, siamo alla 26a Giornata Mondiale della Gioventù, la 12a celebrata con un grande incontro mondiale. Giovanni Paolo II, che le ha inventate, ora è Beato ed è Protettore ufficiale di questa GMG di Madrid. All’inizio del Suo Pontificato ci si era domandati se lei avrebbe continuato sulla linea del suo Predecessore. Ora lei è già alla sua terza Giornata mondiale, dopo Colonia e Sydney. Come vede il significato di questi eventi nella “strategia” pastorale della Chiesa universale nel terzo Millennio? Santo Padre: Cari amici, buongiorno! Sono contento di andare con voi in Spagna per questo grande avvenimento. Dopo due GMG vissu- te anche personalmente, posso soltanto dire che è stata realmente un’ispirazione quella che è stata donata a Papa Giovanni Paolo II, quando ha creato questa realtà di un grande incontro dei giovani e del mondo con il Signore. Direi che queste GMG sono un segnale, una cascata di luce; danno visibilità alla fede, visibilità alla presenza di Dio nel mondo e creano così il coraggio di essere credenti. Spesso i cre- denti si sentono isolati in questo mondo, quasi perduti. Qui, vedono che non sono soli, che c’è una grande rete di fede, una grande comu- nità di credenti nel mondo, che è bello vivere in questa amicizia uni- 7
  • 9. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 8 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI versale. E così, mi sembra, nascono amicizie, amicizie oltre i confini delle diverse culture, dei diversi Paesi. E questa nascita di una rete universale di amicizia, che collega mondo e Dio, è un’importante realtà per il futuro dell’umanità, per la vita dell’umanità di oggi. Natu- ralmente, la GMG non può essere un avvenimento isolato: fa parte di un cammino più grande, va preparato da questo cammino della Croce che trasmigra in diversi Paesi e già unisce giovani nel segno della Cro- ce e nel meraviglioso segno della Madonna. E così la preparazione della GMG è molto più che preparazione tecnica di un avvenimento con tanti problemi tecnici, naturalmente; è una preparazione interiore, un mettersi in cammino verso gli altri, insieme verso Dio. E poi, dopo, segue la fondazione di gruppi di amicizia, tenere questo contatto uni- versale che apre le frontiere delle culture, dei contrasti umani, religio- si, e così è un cammino continuo che poi guida ad un nuovo vertice, ad una nuova GMG. Mi sembra, in questo senso, che si debba vedere la GMG come segno, parte di un grande cammino; crea amicizie, apre frontiere e rende visibile che è bello essere con Dio, che Dio è con noi. In questo senso, vogliamo continuare con questa grande idea del Beato Papa Giovanni Paolo II. P Lombardi: Santità, i tempi cambiano. L’Europa e il mondo occi- dentale in generale vivono una crisi economica profonda, ma che ma- nifesta anche dimensioni di grave disagio sociale e morale e di grande incertezza per il futuro, che diventano particolarmente dolorose per i giovani. Nei giorni scorsi abbiamo visto, ad esempio, i fatti avvenuti in Gran Bretagna, con scatenamento di ribellione o di aggressività. Allo stesso tempo ci sono segni di impegno generoso ed entusiasta, di vo- lontariato e solidarietà, di giovani credenti e non credenti. A Madrid incontreremo moltissimi giovani meravigliosi. Quali messaggi può da- re la Chiesa per la speranza e l’incoraggiamento dei giovani del mon- do, soprattutto quelli che sono oggi tentati di scoraggiamento e di ri- bellione? Santo Padre: Ecco. Si conferma nell’attuale crisi economica quanto è già apparso nella precedente grande crisi, che la dimensione etica, cioè, non è una cosa esteriore ai problemi economici, ma una dimen- sione interiore e fondamentale. L’economia non funziona solo con 8
  • 10. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 9 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI un’autoregolamentazione di mercato, ma ha bisogno di una ragione etica per funzionare per l’uomo. E appare di nuovo quanto aveva già detto nella sua prima enciclica sociale Papa Giovanni Paolo II, che l’uomo dev’essere il centro dell’economia e che l’economia non è da misurare secondo il massimo del profitto, ma secondo il bene di tutti, include responsabilità per l’altro e funziona veramente bene solo se funziona in modo umano, nel rispetto dell’altro. E con le diverse di- mensioni: responsabilità per la propria Nazione e non solo per se stessi; responsabilità per il mondo – anche una Nazione non è isolata, anche l’Europa non è isolata, ma è responsabile per l’intera umanità e deve pensare ai problemi economici sempre in questa chiave della re- sponsabilità anche per le altre parti del mondo, per quelle che soffro- no, hanno sete e fame, non hanno futuro. E quindi – terza dimensio- ne di questa responsabilità – è la responsabilità per il futuro. Sappia- mo che dobbiamo proteggere il nostro pianeta, ma dobbiamo proteg- gere – tutto sommato – il funzionamento del servizio del lavoro eco- nomico per tutti e pensare che il domani è anche l’oggi. Se i giovani di oggi non trovano prospettive nella loro vita, anche il nostro oggi è sbagliato e “male”. Quindi, la Chiesa con la sua dottrina sociale, con la sua dottrina sulla responsabilità verso Dio, apre la capacità di ri- nunciare al massimo del profitto e di vedere le cose nella dimensione umanistica e religiosa, cioè: essere l’uno per l’altro. Così si possono anche aprire le strade. Il grande numero di volontari che lavorano in diverse parti del mondo, non per sé ma per l’altro, e trovano proprio così il senso della vita, dimostrano che è possibile fare questo e che un’educazione a questi grandi scopi, come cerca di fare la Chiesa, è fondamentale per il nostro futuro. P Lombardi: Santità, i giovani del mondo di oggi vivono general- mente in ambienti multiculturali e multiconfessionali. La tolleranza re- ciproca è più necessaria che mai. Lei insiste sempre molto sul tema della verità. Non pensa che questa insistenza sulla verità e sull’unica Verità che è Cristo sia un problema per i giovani di oggi? Non pensa che questa insistenza li indirizzi alla contrapposizione e alla difficoltà di dialogare e cercare insieme agli altri? 9
  • 11. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 10 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Santo Padre: Il collegamento tra verità e intolleranza, monoteismo e incapacità di dialogo con gli altri, è un argomento che spesso ritor- na nel dibattito sul cristianesimo di oggi. E, naturalmente, è vero che nella storia ci sono stati anche abusi, sia del concetto della verità, sia del concetto del monoteismo; ma sono stati abusi. La realtà è total- mente diversa. L’argomento è sbagliato, perché la verità è accessibile solo nella libertà. Si possono imporre con violenza, comportamenti, osservanze, attività, ma non la verità! La verità si apre solo alla libertà, al consenso libero, e perciò libertà e verità sono intimamente unite, l’una è condizione per l’altra. E, del resto, cercare la verità, i veri valo- ri che danno vita e futuro, é senza alternativa: non vogliamo la men- zogna, non vogliamo il positivismo di norme imposte con una certa forza; solo i valori veri portano al futuro e diciamo che è necessario, quindi, cercare i valori veri e non permettere l’arbitrio di alcuni, non lasciare che si fissi una ragione positivista che ci dice, circa i problemi etici, i grandi problemi dell’uomo: non c’è una verità razionale. Que- sto sarebbe veramente esporre l’uomo all’arbitrio di quanti hanno il potere. Dobbiamo essere sempre alla ricerca della verità, dei veri va- lori; abbiamo un nucleo nei valori, nei diritti umani fondamentali; altri simili elementi fondamentali sono riconosciuti e, proprio questi, ci mettono in dialogo l’uno con l’altro. La verità come tale è dialogica perché cerca di conoscere meglio, di capire meglio e lo fa in dialogo con gli altri. Così, ricercare la verità e la dignità dell’uomo è la mag- giore difesa della libertà. Padre Lombardi: Un ultima domanda, Santità. Le Giornate Mon- diali della Gioventù sono un tempo bellissimo e suscitano molti entu- siasmi, ma i giovani poi tornano a casa e ritrovano un mondo in cui la pratica religiosa è in diminuzione fortissima. Molti di loro probabil- mente non si vedranno più in chiesa. Come si può dare continuità ai frutti delle Giornate Mondiali della Gioventù? Pensa che diano effetti- vamente frutti di lunga durata al di là dei momenti di grande entusia- smo? Santo Padre: La seminagione di Dio è sempre silenziosa, non ap- pare subito nelle statistiche. E con il seme che il Signore mette nella terra con le GMG, è come con il seme del quale Egli parla nel Vange- 10
  • 12. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 11 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI lo: qualcosa cade sulla strada e si perde; qualcosa cade sulla pietra, e si perde; qualcosa cade tra i rovi, e si perde; ma qualcosa cade sulla terra buona e porta grande frutto. Proprio così è anche con la semina- gione della GMG: molto si perde – e questo è umano. Con altre paro- le del Signore: il granello di senape è piccolo, ma cresce e diventa un grande albero. Con altre parole ancora: certamente, molto si perde, non possiamo subito dire: da domani ricomincia una grande crescita della Chiesa. Dio non agisce così. Ma cresce in silenzio e tanto. So dalle altre GMG che sono nate tante amicizie, amicizie per la vita; tan- te nuove esperienze che Dio c’è. E su questa crescita silenziosa noi ri- poniamo fiducia e siamo sicuri, anche se le statistiche non parleranno molto, che il seme del Signore realmente cresce e sarà per moltissime persone l’inizio di un’amicizia con Dio e con altri, di un’universalità del pensiero, di una responsabilità comune che realmente ci mostra che questi giorni portano frutto. Grazie! P. Lombardi: Grazie a lei, Santità, di questa conversazione che già ci orienta verso i temi essenziali di questi giorni bellissimi. Le faccia- mo, naturalmente, i nostri auguri perché siano giorni – nonostante il caldo – pieni di gioia e di soddisfazioni. Però, prima di lasciarla torna- re al suo posto, volevo dire che anche per la nostra comunità oggi è un giorno di festa in particolare, perché c’è una delle nostre decane, una che ha fatto tutti i viaggi di Giovanni Paolo II e tutti i suoi, tranne uno solo, perché non stava molto bene, e che oggi compie gli anni. Gli anni sono naturalmente pochi, anche se i viaggi sono stati molti. Si tratta di Paloma Gómez Borrero a cui tutti facciamo gli auguri, e glieli facciamo insieme a lei. 11
  • 13. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 12 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Alla festa di accoglienza dei giovani Plaza de Cibeles, Madrid in Spagna Giovedì, 18 agosto 2011 Cari amici, ringrazio per le affettuose parole che mi hanno rivolto i giovani rappresentanti dei cinque continenti. Saluto con affetto tutti coloro che sono qui radunati, giovani di Oceania, Africa, America, Asia ed Europa; e anche coloro che non sono potuti venire. Vi tengo sempre presenti e prego per voi. Dio mi ha concesso la grazia di potervi ve- dere e udire più da vicino, e di porci insieme in ascolto della sua Pa- rola. Nella lettura che è stata proclamata, abbiamo ascoltato un passo del Vangelo nel quale si parla di accogliere le parole di Gesù e di metterle in pratica. Vi sono parole che servono solamente per intratte- nere e passano come il vento; altre istruiscono la mente in alcuni aspetti; quelle di Gesù, invece, devono giungere al cuore, radicarsi in esso e forgiare tutta la vita. Senza ciò, rimangono vuote e divengono effimere. Esse non ci avvicinano a Lui. E, in tal modo, Cristo continua ad essere lontano, come una voce tra molte altre che ci circondano e alle quali ci siamo già abituati. Il Maestro che parla, inoltre, non inse- gna ciò che ha appreso da altri, ma ciò che Egli stesso è, l’unico che conosce davvero il cammino dell’uomo verso Dio, perché è Egli stes- so che lo ha aperto per noi, lo ha creato perché potessimo raggiunge- re la vita autentica, quella che sempre vale la pena di vivere, in ogni circostanza, e che neppure la morte può distruggere. Il Vangelo prose- gue spiegando queste cose con la suggestiva immagine di chi costrui- sce sopra la roccia stabile, resistente agli attacchi delle avversità, con- trariamente a chi edifica sulla sabbia, forse in un luogo paradisiaco, potremmo dire oggi, ma che si sgretola al primo soffio dei venti e si trasforma in rovina. 12
  • 14. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 13 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Cari giovani, ascoltate veramente le parole del Signore, perché sia- no in voi "spirito e vita" (Gv 6,63), radici che alimentano il vostro es- sere, criteri di condotta che ci assimilano alla persona di Cristo: essere poveri di spirito, affamati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, amanti della pace. Fatelo ogni giorno con costanza, come si fa con il vero Amico che non ci defrauda e con il quale vogliamo condividere il cammino della vita. Ben sapete che, quando non si cammina al fian- co di Cristo, che ci guida, noi ci disperdiamo per altri sentieri, come quello dei nostri impulsi ciechi ed egoisti, quello delle proposte che lusingano, ma che sono interessate, ingannevoli e volubili, lasciano il vuoto e la frustrazione dietro di sé. Approfittate di questi giorni per conoscere meglio Cristo e avere la certezza che, radicati in Lui, il vostro entusiasmo e la vostra allegria, i vostri desideri di andare oltre, di raggiungere ciò che è più elevato, fi- no a Dio, hanno sempre un futuro certo, perché la vita in pienezza di- mora già nel vostro essere. Fatela crescere con la grazia divina, gene- rosamente e senza mediocrità, prendendo in considerazione seriamen- te la meta della santità. E, davanti alle nostre debolezze, che a volte ci opprimono, contiamo anche sulla misericordia del Signore, che è sempre disposto a darci di nuovo la mano e che ci offre il perdono at- traverso il Sacramento della Penitenza. Edificando sulla ferma roccia, non solamente la vostra vita sarà soli- da e stabile, ma contribuirà a proiettare la luce di Cristo sui vostri coe- tanei e su tutta l’umanità, mostrando un’alternativa valida a tanti che si sono lasciati andare nella vita, perché le fondamenta della propria esi- stenza erano inconsistenti. A tanti che si accontentano di seguire le correnti di moda, si rifugiano nell’interesse immediato, dimenticando la giustizia vera, o si rifugiano nelle proprie opinioni invece di cercare la verità senza aggettivi. Sì, ci sono molti che, credendosi degli dei, pensano di non aver bi- sogno di radici, né di fondamenti che non siano essi stessi. Desidere- rebbero decidere solo da sé ciò che è verità o no, ciò che è bene o male, giusto e ingiusto; decidere chi è degno di vivere o può essere sacrificato sull’altare di altre prospettive; fare in ogni istante un passo 13
  • 15. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 14 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI a caso, senza una rotta prefissata, facendosi guidare dall’impulso del momento. Queste tentazioni sono sempre in agguato. È importante non soccombere ad esse, perché, in realtà, conducono a qualcosa di evanescente, come un’esistenza senza orizzonti, una libertà senza Dio. Noi, in cambio, sappiamo bene che siamo stati creati liberi, a immagi- ne di Dio, precisamente perché siamo protagonisti della ricerca della verità e del bene, responsabili delle nostre azioni, e non meri esecuto- ri ciechi, collaboratori creativi nel compito di coltivare e abbellire l’o- pera della creazione. Dio desidera un interlocutore responsabile, qual- cuno che possa dialogare con Lui e amarlo. Per mezzo di Cristo lo possiamo conseguire veramente e, radicati in Lui, diamo ali alla nostra libertà. Non è forse questo il grande motivo della nostra gioia? Non è forse questo un terreno solido per edificare la civiltà dell’amore e del- la vita, capace di umanizzare ogni uomo? Cari amici: siate prudenti e saggi, edificate la vostra vita sulla base ferma che è Cristo. Questa saggezza e prudenza guiderà i vostri passi, nulla vi farà temere e nel vostro cuore regnerà la pace. Allora sarete beati, felici, e la vostra allegria contagerà gli altri. Si domanderanno quale sia il segreto della vostra vita e scopriranno che la roccia che sostiene tutto l’edificio e sopra la quale si appoggia tutta la vostra esi- stenza è la persona stessa di Cristo, vostro amico, fratello e Signore, il Figlio di Dio fatto uomo, che dà consistenza a tutto l’universo. Egli morì per noi e risuscitò perché avessimo vita, e ora, dal trono del Pa- dre, continua ad essere vivo e vicino a tutti gli uomini, vegliando con- tinuamente con amore per ciascuno di noi. Affido i frutti di questa GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ alla Santissima Vergine Maria, che seppe dire "sì" alla volontà di Dio, e ci insegna come nessun altro la fedeltà al suo divin Figlio, che seguì fino alla sua morte sulla croce. Mediteremo tutto ciò più attentamente nelle diverse stazioni della Via Crucis. Preghiamo che, come Lei, il no- stro "sì" di oggi a Cristo sia anche un "sì" incondizionato alla sua ami- cizia, alla fine di questa Giornata e durante tutta la nostra vita. Grazie. 14
  • 16. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 15 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Alle famiglie e ai sacerdoti Cattedrale di San Ciriaco, Ancona Domenica, 11 settembre 2011 Cari sacerdoti e cari sposi Il colle su cui è costruita questa Cattedrale ci ha consentito un bel- lissimo sguardo sulla città e sul mare; ma nel varcare il maestoso por- tale l’animo rimane affascinato dall’armonia dello stile romanico, arric- chito da un intreccio di influssi bizantini e di elementi gotici. Anche nella vostra presenza – sacerdoti e sposi provenienti dalle diverse dio- cesi italiane – si coglie la bellezza dell’armonia e della complementa- rità delle vostre differenti vocazioni. La mutua conoscenza e la stima vicendevole, nella condivisione della stessa fede, portano ad apprez- zare il carisma altrui e a riconoscersi all’interno dell’unico “edificio spirituale” (1 Pt 2,5) che, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù, cresce ben ordinato per essere tempio santo nel Signore (cfr Ef 2,20-21). Grazie, dunque, per questo incontro: al caro Arcivescovo, Mons. Edoardo Menichelli – anche per le espressioni con cui lo ha in- trodotto – e a ciascuno di voi. Vorrei soffermarmi brevemente sulla necessità di ricondurre Ordine sacro e Matrimonio all’unica sorgente eucaristica. Entrambi questi stati di vita hanno, infatti, nell’amore di Cristo, che dona se stesso per la salvezza dell’umanità, la medesima radice; sono chiamati ad una mis- sione comune: quella di testimoniare e rendere presente questo amo- re a servizio della comunità, per l’edificazione del Popolo di Dio (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1534). Questa prospettiva con- sente anzitutto di superare una visione riduttiva della famiglia, che la considera come mera destinataria dell’azione pastorale. È vero che, in questa stagione difficile, essa necessita di particolari attenzioni. Non per questo, però, ne va sminuita l’identità e mortificata la specifica re- sponsabilità. La famiglia è ricchezza per gli sposi, bene insostituibile per i figli, fondamento indispensabile della società, comunità vitale per il cammino della Chiesa. 15
  • 17. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 16 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI A livello ecclesiale valorizzare la famiglia significa riconoscerne la rilevanza nell’azione pastorale. Il ministero che nasce dal Sacramento del Matrimonio è importante per la vita della Chiesa: la famiglia è luo- go privilegiato di educazione umana e cristiana e rimane, per questa finalità, la migliore alleata del ministero sacerdotale; essa è un dono prezioso per l’edificazione della comunità. La vicinanza del sacerdote alla famiglia, a sua volta, l’aiuta a prendere coscienza della propria realtà profonda e della propria missione, favorendo lo sviluppo di una forte sensibilità ecclesiale. Nessuna vocazione è una questione privata, tantomeno quella al matrimonio, perché il suo orizzonte è la Chiesa intera. Si tratta, dunque, di saper integrare ed armonizzare, nell’azione pastorale, il ministero sacerdotale con “l’autentico Vangelo del matri- monio e della famiglia” (CEI, Direttorio di pastorale familiare, 25 lu- glio 1993, 8) per una comunione fattiva e fraterna. E l’Eucaristia è il centro e la sorgente di questa unità che anima tutta l’azione della Chiesa. Cari sacerdoti, per il dono che avete ricevuto nell’Ordinazione, sie- te chiamati a servire come Pastori la comunità ecclesiale, che è “fami- glia di famiglie”, e quindi ad amare ciascuno con cuore paterno, con autentico distacco da voi stessi, con dedizione piena, continua e fede- le: voi siete segno vivo che rimanda a Cristo Gesù, l’unico Buon Pa- store. Conformatevi a Lui, al suo stile di vita, con quel servizio totale ed esclusivo di cui il celibato è espressione. Anche il sacerdote ha una dimensione sponsale; è immedesimarsi con il cuore di Cristo Sposo, che dà la vita per la Chiesa sua sposa (cfr Esort. ap. postsin. Sacra- mentum caritatis, 24). Coltivate una profonda familiarità con la Parola di Dio, luce nel vostro cammino. La celebrazione quotidiana e fedele dell’Eucaristia sia il luogo dove attingere la forza per donare voi stessi ogni giorno nel ministero e vivere costantemente alla presenza di Dio: è Lui la vostra dimora e la vostra eredità. Di questo dovete essere te- stimoni per la famiglia e per ogni persona che il Signore pone sulla vostra strada, anche nelle circostanze più difficili (cfr ibid., 80). Inco- raggiate i coniugi, condividetene le responsabilità educative, aiutateli a rinnovare continuamente la grazia del loro matrimonio. Rendete protagonista la famiglia nell’azione pastorale. Siate accoglienti e mise- ricordiosi, anche con quanti fanno più fatica ad adempiere gli impegni 16
  • 18. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 17 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI assunti con il vincolo matrimoniale e con quanti, purtroppo, vi sono venuti meno. Cari sposi, il vostro Matrimonio si radica nella fede che “Dio è amore” (1Gv 4,8) e che seguire Cristo significa “rimanere nell’amore” (cfr Gv 15,9-10). La vostra unione – come insegna San Paolo – è se- gno sacramentale dell’amore di Cristo per la Chiesa (cfr Ef 5,32), amo- re che culmina nella Croce e che è “significato e attuato nell’Eucari- stia” (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 29). Il Mistero eucaristico inci- da sempre più profondamente nella vostra vita quotidiana: traete ispi- razione e forza da questo Sacramento per il vostro rapporto coniugale e per la missione educativa a cui siete chiamati; costruite le vostre fa- miglie nell’unità, dono che viene dall’alto e che alimenta il vostro im- pegno nella Chiesa e nel promuovere un mondo giusto e fraterno. Amate i vostri sacerdoti, esprimete loro l’apprezzamento per il genero- so servizio che svolgono. Sappiate sopportarne anche i limiti, senza mai rinunciare a chiedere loro che siano fra voi ministri esemplari che vi parlano di Dio e che vi conducono a Dio. La vostra fraternità è per loro un prezioso aiuto spirituale e un sostegno nelle prove della vita. Cari sacerdoti e cari sposi, sappiate trovare sempre nella santa Mes- sa la forza per vivere l’appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa, nel perdono, nel dono di sé stessi e nella gratitudine. Il vostro agire quo- tidiano abbia nella comunione sacramentale la sua origine e il suo centro, perché tutto sia fatto a gloria di Dio. In questo modo, il sacrifi- cio di amore di Cristo vi trasformerà, fino a rendervi in Lui “un solo corpo e un solo spirito” (cfr Ef 4,4-6). L’educazione alla fede delle nuove generazioni passa anche attraverso la vostra coerenza. Testimo- niate loro la bellezza esigente della vita cristiana, con la fiducia e la pazienza di chi conosce la potenza del seme gettato nel terreno. Co- me nell’episodio evangelico che abbiamo ascoltato (Mc 5,21-24.35-43), siate, per quanti sono affidati alla vostra responsabilità, segno della benevolenza e della tenerezza di Gesù: in Lui si rende visibile come il Dio che ama la vita non è estraneo o lontano dalle vicende umane, ma è l’Amico che mai abbandona. E nei momenti in cui si insinuasse la tentazione che ogni impegno educativo sia vano, attingete dall’Eu- caristia la luce per rafforzare la fede, sicuri che la grazia e la potenza 17
  • 19. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 18 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI di Gesù Cristo possono raggiungere l’uomo in ogni situazione, anche la più difficile. Cari amici, vi affido tutti alla protezione di Maria, venerata in que- sta Cattedrale con il titolo di “Regina di tutti i Santi”. La tradizione ne lega l’immagine all’ex voto di un marinaio, in ringraziamento per la salvezza del figlio, uscito indenne da una tempesta di mare. Lo sguar- do materno della Madre accompagni anche i vostri passi nella santità verso un approdo di pace. Grazie. 18
  • 20. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 19 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Ai giovani fidanzati Piazza del Plebiscito, Ancona Domenica, 11 settembre 2011 Cari fidanzati! Sono lieto di concludere questa intensa giornata, culmine del Con- gresso Eucaristico Nazionale, incontrando voi, quasi a voler affidare l’eredità di questo evento di grazia alle vostre giovani vite. Del resto, l’Eucaristia, dono di Cristo per la salvezza del mondo, indica e contie- ne l’orizzonte più vero dell’esperienza che state vivendo: l’amore di Cristo quale pienezza dell’amore umano. Ringrazio l’Arcivescovo di Ancona-Osimo, Mons. Edoardo Menichelli, per il suo cordiale e profondo saluto, e tutti voi per questa vivace partecipazione; grazie anche per le domande che mi avete rivolto e che io accolgo confidan- do nella presenza in mezzo a noi del Signore Gesù: Lui solo ha parole di vita eterna, parole di vita per voi e per il vostro futuro! Quelli che ponete sono interrogativi che, nell’attuale contesto so- ciale, assumono un peso ancora maggiore. Vorrei offrirvi solo qualche orientamento per una risposta. Per certi aspetti, il nostro è un tempo non facile, soprattutto per voi giovani. La tavola è imbandita di tante cose prelibate, ma, come nell’episodio evangelico delle nozze di Ca- na, sembra che sia venuto a mancare il vino della festa. Soprattutto la difficoltà di trovare un lavoro stabile stende un velo di incertezza sul- l’avvenire. Questa condizione contribuisce a rimandare l’assunzione di decisioni definitive, e incide in modo negativo sulla crescita della so- cietà, che non riesce a valorizzare appieno la ricchezza di energie, di competenze e di creatività della vostra generazione. Manca il vino della festa anche a una cultura che tende a prescin- dere da chiari criteri morali: nel disorientamento, ciascuno è spinto a muoversi in maniera individuale e autonoma, spesso nel solo perime- tro del presente. La frammentazione del tessuto comunitario si riflette in un relativismo che intacca i valori essenziali; la consonanza di sen- 19
  • 21. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 20 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI sazioni, di stati d’animo e di emozioni sembra più importante della condivisione di un progetto di vita. Anche le scelte di fondo allora di- ventano fragili, esposte ad una perenne revocabilità, che spesso viene ritenuta espressione di libertà, mentre ne segnala piuttosto la carenza. Appartiene a una cultura priva del vino della festa anche l’apparente esaltazione del corpo, che in realtà banalizza la sessualità e tende a farla vivere al di fuori di un contesto di comunione di vita e d’amore. Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non per- dete mai la speranza. Abbiate coraggio, anche nelle difficoltà, rima- nendo saldi nella fede. Siate certi che, in ogni circostanza, siete amati e custoditi dall’amore di Dio, che è la nostra forza. Dio è buono. Per questo è importante che l’incontro con Dio, soprattutto nella preghie- ra personale e comunitaria, sia costante, fedele, proprio come è il cammino del vostro amore: amare Dio e sentire che Lui mi ama. Nulla ci può separare dall’amore di Dio! Siate certi, poi, che anche la Chiesa vi è vicina, vi sostiene, non cessa di guardare a voi con grande fidu- cia. Essa sa che avete sete di valori, quelli veri, su cui vale la pena di costruire la vostra casa! Il valore della fede, della persona, della fami- glia, delle relazioni umane, della giustizia. Non scoraggiatevi davanti alle carenze che sembrano spegnere la gioia sulla mensa della vita. Alle nozze di Cana, quando venne a mancare il vino, Maria invitò i servi a rivolgersi a Gesù e diede loro un’indicazione precisa: “Qualsia- si cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Fate tesoro di queste parole, le ultime di Maria riportate nei Vangeli, quasi un suo testamento spirituale, e avrete sempre la gioia della festa: Gesù è il vino della festa! Come fidanzati vi trovate a vivere una stagione unica, che apre alla meraviglia dell’incontro e fa scoprire la bellezza di esistere e di essere preziosi per qualcuno, di potervi dire reciprocamente: tu sei impor- tante per me. Vivete con intensità, gradualità e verità questo cammi- no. Non rinunciate a perseguire un ideale alto di amore, riflesso e te- stimonianza dell’amore di Dio! Ma come vivere questa fase della vo- stra vita, testimoniare l’amore nella comunità? Vorrei dirvi anzitutto di evitare di chiudervi in rapporti intimistici, falsamente rassicuranti; fate piuttosto che la vostra relazione diventi lievito di una presenza attiva e responsabile nella comunità. Non dimenticate, poi, che, per essere 20
  • 22. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 21 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI autentico, anche l’amore richiede un cammino di maturazione: a parti- re dall’attrazione iniziale e dal “sentirsi bene” con l’altro, educatevi a “volere bene” all’altro, a “volere il bene” dell’altro. L’amore vive di gratuità, di sacrificio di sé, di perdono e di rispetto dell’altro. Cari amici, ogni amore umano è segno dell’Amore eterno che ci ha creati, e la cui grazia santifica la scelta di un uomo e di una donna di consegnarsi reciprocamente la vita nel matrimonio. Vivete questo tem- po del fidanzamento nell’attesa fiduciosa di tale dono, che va accolto percorrendo una strada di conoscenza, di rispetto, di attenzioni che non dovete mai smarrire: solo a questa condizione il linguaggio dell’a- more rimarrà significativo anche nello scorrere degli anni. Educatevi, poi, sin da ora alla libertà della fedeltà, che porta a custodirsi recipro- camente, fino a vivere l’uno per l’altro. Preparatevi a scegliere con convinzione il “per sempre” che connota l’amore: l’indissolubilità, pri- ma che una condizione, è un dono che va desiderato, chiesto e vissu- to, oltre ogni mutevole situazione umana. E non pensate, secondo una mentalità diffusa, che la convivenza sia garanzia per il futuro. Bruciare le tappe finisce per “bruciare” l’amore, che invece ha biso- gno di rispettare i tempi e la gradualità nelle espressioni; ha bisogno di dare spazio a Cristo, che è capace di rendere un amore umano fe- dele, felice e indissolubile. La fedeltà e la continuità del vostro volervi bene vi renderanno capaci anche di essere aperti alla vita, di essere genitori: la stabilità della vostra unione nel Sacramento del Matrimo- nio permetterà ai figli che Dio vorrà donarvi di crescere fiduciosi nella bontà della vita. Fedeltà, indissolubilità e trasmissione della vita sono i pilastri di ogni famiglia, vero bene comune, patrimonio prezioso per l’intera società. Fin d’ora, fondate su di essi il vostro cammino verso il matrimonio e testimoniatelo anche ai vostri coetanei: è un servizio prezioso! Siate grati a quanti con impegno, competenza e disponibilità vi accompagnano nella formazione: sono segno dell’attenzione e della cura che la comunità cristiana vi riserva. Non siete soli: ricercate e ac- cogliete per primi la compagnia della Chiesa. Vorrei tornare ancora su un punto essenziale: l’esperienza dell’amo- re ha al suo interno la tensione verso Dio. Il vero amore promette l’infinito! Fate, dunque, di questo vostro tempo di preparazione al ma- 21
  • 23. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 22 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI trimonio un itinerario di fede: riscoprite per la vostra vita di coppia la centralità di Gesù Cristo e del camminare nella Chiesa. Maria ci inse- gna che il bene di ciascuno dipende dall’ascoltare con docilità la pa- rola del Figlio. In chi si fida di Lui, l’acqua della vita quotidiana si mu- ta nel vino di un amore che rende buona, bella e feconda la vita. Ca- na, infatti, è annuncio e anticipazione del dono del vino nuovo del- l’Eucaristia, sacrificio e banchetto nel quale il Signore ci raggiunge, ci rinnova e trasforma. Non smarrite l’importanza vitale di questo incon- tro: l’assemblea liturgica domenicale vi trovi pienamente partecipi: dall’Eucaristia scaturisce il senso cristiano dell’esistenza e un nuovo modo di vivere (cfr Esort. ap. postsin. Sacramentum caritatis, 72-73). E non avrete, allora, paura nell’assumere l’impegnativa responsabilità della scelta coniugale; non temerete di entrare in questo “grande mi- stero”, nel quale due persone diventano una sola carne (cfr Ef 5,31- 32). Carissimi giovani, vi affido alla protezione di San Giuseppe e di Maria Santissima; seguendo l’invito della Vergine Madre – “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” – non vi mancherà il gusto della vera festa e sa- prete portare il “vino” migliore, quello che Cristo dona per la Chiesa e per il mondo. Vorrei dirvi che anch’io sono vicino a voi e a tutti colo- ro che, come voi, vivono questo meraviglioso cammino di amore. Vi benedico con tutto il cuore! 22
  • 24. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 23 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Al Parlamento Federale Reichstag di Berlin in Germania Giovedì, 22 settembre 2011 Illustre Signor Presidente Federale! Signor Presidente del Bundestag! Signora Cancelliere Federale! Signora Presidente del Bundesrat! Signore e Signori Deputati! È per me un onore e una gioia parlare davanti a questa Camera alta – davanti al Parlamento della mia Patria tedesca, che si riunisce qui come rappresentanza del popolo, eletta democraticamente, per lavora- re per il bene della Repubblica Federale della Germania. Vorrei ringra- ziare il Signor Presidente del Bundestag per il suo invito a tenere que- sto discorso, così come per le gentili parole di benvenuto e di apprez- zamento con cui mi ha accolto. In questa ora mi rivolgo a Voi, stimati Signori e Signore – certamente anche come connazionale che si sa le- gato per tutta la vita alle sue origini e segue con partecipazione le vi- cende della Patria tedesca. Ma l’invito a tenere questo discorso è rivol- to a me in quanto Papa, in quanto Vescovo di Roma, che porta la su- prema responsabilità per la cristianità cattolica. Con ciò Voi riconosce- te il ruolo che spetta alla Santa Sede quale partner all’interno della Co- munità dei Popoli e degli Stati. In base a questa mia responsabilità in- ternazionale vorrei proporVi alcune considerazioni sui fondamenti dello Stato liberale di diritto. Mi si consenta di cominciare le mie riflessioni sui fondamenti del diritto con una piccola narrazione tratta dalla Sacra Scrittura. Nel Pri- mo Libro dei Re si racconta che al giovane re Salomone, in occasione della sua intronizzazione, Dio concesse di avanzare una richiesta. Che cosa chiederà il giovane sovrano in questo momento? Successo, ric- chezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici? Nulla di tutto questo egli chiede. Domanda invece: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il 23
  • 25. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 24 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI bene dal male” (1Re 3,9). Con questo racconto la Bibbia vuole indi- carci che cosa, in definitiva, deve essere importante per un politico. Il suo criterio ultimo e la motivazione per il suo lavoro come politico non deve essere il successo e tanto meno il profitto materiale. La poli- tica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizio- ni di fondo per la pace. Naturalmente un politico cercherà il successo senza il quale non potrebbe mai avere la possibilità dell’azione politi- ca effettiva. Ma il successo è subordinato al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto. Il successo può essere anche una seduzione e così può aprire la strada alla contraffa- zione del diritto, alla distruzione della giustizia. “Togli il diritto – e al- lora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?” ha sentenziato una volta sant’Agostino. [1] Noi tedeschi sappiamo per no- stra esperienza che queste parole non sono un vuoto spauracchio. Noi abbiamo sperimentato il separarsi del potere dal diritto, il porsi del potere contro il diritto, il suo calpestare il diritto, così che lo Stato era diventato lo strumento per la distruzione del diritto – era diventato una banda di briganti molto ben organizzata, che poteva minacciare il mondo intero e spingerlo sull’orlo del precipizio. Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamen- tale del politico. In un momento storico in cui l’uomo ha acquistato un potere finora inimmaginabile, questo compito diventa particolar- mente urgente. L’uomo è in grado di distruggere il mondo. Può mani- polare se stesso. Può, per così dire, creare esseri umani ed escludere altri esseri umani dall’essere uomini. Come riconosciamo che cosa è giusto? Come possiamo distinguere tra il bene e il male, tra il vero di- ritto e il diritto solo apparente? La richiesta salomonica resta la que- stione decisiva davanti alla quale l’uomo politico e la politica si trova- no anche oggi. In gran parte della materia da regolare giuridicamente, quello della maggioranza può essere un criterio sufficiente. Ma è evidente che nel- le questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta: nel pro- cesso di formazione del diritto, ogni persona che ha responsabilità de- ve cercare lei stessa i criteri del proprio orientamento. Nel terzo seco- lo, il grande teologo Origene ha giustificato così la resistenza dei cri- 24
  • 26. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 25 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI stiani a certi ordinamenti giuridici in vigore: “Se qualcuno si trovasse presso il popolo della Scizia che ha leggi irreligiose e fosse costretto a vivere in mezzo a loro … questi senz’altro agirebbe in modo molto ra- gionevole se, in nome della legge della verità che presso il popolo della Scizia è appunto illegalità, insieme con altri che hanno la stessa opinione, formasse associazioni anche contro l’ordinamento in vigo- re…” [2] In base a questa convinzione, i combattenti della resistenza hanno agito contro il regime nazista e contro altri regimi totalitari, rendendo così un servizio al diritto e all’intera umanità. Per queste persone era evidente in modo incontestabile che il diritto vigente, in realtà, era in- giustizia. Ma nelle decisioni di un politico democratico, la domanda su che cosa ora corrisponda alla legge della verità, che cosa sia veramen- te giusto e possa diventare legge non è altrettanto evidente. Ciò che in riferimento alle fondamentali questioni antropologiche sia la cosa giu- sta e possa diventare diritto vigente, oggi non è affatto evidente di per sé. Alla questione come si possa riconoscere ciò che veramente è giu- sto e servire così la giustizia nella legislazione, non è mai stato facile trovare la risposta e oggi, nell’abbondanza delle nostre conoscenze e delle nostre capacità, tale questione è diventata ancora molto più diffi- cile. Come si riconosce ciò che è giusto? Nella storia, gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati in modo religioso: sulla base di un riferimento alla Divinità si decide ciò che tra gli uomini è giusto. Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamen- to giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla na- tura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armo- nia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppo- ne l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio. Con ciò i teologi cristiani si sono associati ad un movimento filosofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II a. Cr. Nella prima metà del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto natu- rale sociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romano. [3] In questo contatto è nata la cultura giuridica occidentale, 25
  • 27. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 26 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI che è stata ed è tuttora di un’importanza determinante per la cultura giuridica dell’umanità. Da questo legame precristiano tra diritto e filo- sofia parte la via che porta, attraverso il Medioevo cristiano, allo svi- luppo giuridico dell’Illuminismo fino alla Dichiarazione dei Diritti umani e fino alla nostra Legge Fondamentale tedesca, con cui il no- stro popolo, nel 1949, ha riconosciuto “gli inviolabili e inalienabili di- ritti dell'uomo come fondamento di ogni comunità umana, della pace e della giustizia nel mondo”. Per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato de- cisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso, richiesto dalla fede nelle divinità, e si siano messi dalla parte della filosofia, riconoscendo come fonte giuridica valida per tutti la ra- gione e la natura nella loro correlazione. Questa scelta l’aveva già compiuta san Paolo, quando, nella sua Lettera ai Romani, afferma: “Quando i pagani, che non hanno la Legge [la Torà di Israele], per na- tura agiscono secondo la Legge, essi… sono legge a se stessi. Essi di- mostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come ri- sulta dalla testimonianza della loro coscienza…” (Rm 2,14s). Qui com- paiono i due concetti fondamentali di natura e di coscienza, in cui “coscienza” non è altro che il “cuore docile” di Salomone, la ragione aperta al linguaggio dell’essere. Se con ciò fino all’epoca dell’Illumini- smo, della Dichiarazione dei Diritti umani dopo la seconda guerra mondiale e fino alla formazione della nostra Legge Fondamentale la questione circa i fondamenti della legislazione sembrava chiarita, nel- l’ultimo mezzo secolo è avvenuto un drammatico cambiamento della situazione. L’idea del diritto naturale è considerata oggi una dottrina cattolica piuttosto singolare, su cui non varrebbe la pena discutere al di fuori dell’ambito cattolico, così che quasi ci si vergogna di menzio- narne anche soltanto il termine. Vorrei brevemente indicare come mai si sia creata questa situazione. È fondamentale anzitutto la tesi secon- do cui tra l’essere e il dover essere ci sarebbe un abisso insormontabi- le. Dall’essere non potrebbe derivare un dovere, perché si tratterebbe di due ambiti assolutamente diversi. La base di tale opinione è la con- cezione positivista, oggi quasi generalmente adottata, di natura. Se si considera la natura – con le parole di Hans Kelsen – “un aggregato di dati oggettivi, congiunti gli uni agli altri quali cause ed effetti”, allora 26
  • 28. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 27 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI da essa realmente non può derivare alcuna indicazione che sia in qualche modo di carattere etico. [4] Una concezione positivista di natu- ra, che comprende la natura in modo puramente funzionale, così co- me le scienze naturali la riconoscono, non può creare alcun ponte verso l’ethos e il diritto, ma suscitare nuovamente solo risposte funzio- nali. La stessa cosa, però, vale anche per la ragione in una visione po- sitivista, che da molti è considerata come l’unica visione scientifica. In essa, ciò che non è verificabile o falsificabile non rientra nell’ambito della ragione nel senso stretto. Per questo l’ethos e la religione devono essere assegnati all’ambito del soggettivo e cadono fuori dall’ambito della ragione nel senso stretto della parola. Dove vige il dominio esclusivo della ragione positivista – e ciò è in gran parte il caso nella nostra coscienza pubblica – le fonti classiche di conoscenza dell’ethos e del diritto sono messe fuori gioco. Questa è una situazione dramma- tica che interessa tutti e su cui è necessaria una discussione pubblica; invitare urgentemente ad essa è un’intenzione essenziale di questo di- scorso. Il concetto positivista di natura e ragione, la visione positivista del mondo è nel suo insieme una parte grandiosa della conoscenza uma- na e della capacità umana, alla quale non dobbiamo assolutamente ri- nunciare. Ma essa stessa nel suo insieme non è una cultura che corri- sponda e sia sufficiente all’essere uomini in tutta la sua ampiezza. Do- ve la ragione positivista si ritiene come la sola cultura sufficiente, rele- gando tutte le altre realtà culturali allo stato di sottoculture, essa ridu- ce l’uomo, anzi, minaccia la sua umanità. Lo dico proprio in vista del- l’Europa, in cui vasti ambienti cercano di riconoscere solo il positivi- smo come cultura comune e come fondamento comune per la forma- zione del diritto, riducendo tutte le altre convinzioni e gli altri valori della nostra cultura allo stato di una sottocultura. Con ciò si pone l’Eu- ropa, di fronte alle altre culture del mondo, in una condizione di man- canza di cultura e vengono suscitate, al contempo, correnti estremiste e radicali. La ragione positivista, che si presenta in modo esclusivista e non è in grado di percepire qualcosa al di là di ciò che è funzionale, assomiglia agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci dia- mo il clima e la luce da soli e non vogliamo più ricevere ambedue le cose dal mondo vasto di Dio. E tuttavia non possiamo illuderci che in 27
  • 29. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 28 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI tale mondo autocostruito attingiamo in segreto ugualmente alle “risor- se” di Dio, che trasformiamo in prodotti nostri. Bisogna tornare a spa- lancare le finestre, dobbiamo vedere di nuovo la vastità del mondo, il cielo e la terra ed imparare ad usare tutto questo in modo giusto. Ma come lo si realizza? Come troviamo l’ingresso nella vastità, nel- l’insieme? Come può la ragione ritrovare la sua grandezza senza scivo- lare nell’irrazionale? Come può la natura apparire nuovamente nella sua vera profondità, nelle sue esigenze e con le sue indicazioni? Ri- chiamo alla memoria un processo della recente storia politica, nella speranza di non essere troppo frainteso né di suscitare troppe polemi- che unilaterali. Direi che la comparsa del movimento ecologico nella politica tedesca a partire dagli anni Settanta, pur non avendo forse spalancato finestre, tuttavia è stata e rimane un grido che anela all’aria fresca, un grido che non si può ignorare né accantonare, perché vi si intravede troppa irrazionalità. Persone giovani si erano rese conto che nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va; che la mate- ria non è soltanto un materiale per il nostro fare, ma che la terra stes- sa porta in sé la propria dignità e noi dobbiamo seguire le sue indica- zioni. È chiaro che qui non faccio propaganda per un determinato partito politico – nulla mi è più estraneo di questo. Quando nel nostro rapporto con la realtà c’è qualcosa che non va, allora dobbiamo tutti riflettere seriamente sull’insieme e tutti siamo rinviati alla questione circa i fondamenti della nostra stessa cultura. Mi sia concesso di sof- fermarmi ancora un momento su questo punto. L’importanza dell’eco- logia è ormai indiscussa. Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natu- ra e rispondervi coerentemente. Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi come ieri: esiste anche un’ecologia dell’uomo. Anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli ri- spetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana. 28
  • 30. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 29 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Torniamo ai concetti fondamentali di natura e ragione da cui erava- mo partiti. Il grande teorico del positivismo giuridico, Kelsen, all’età di 84 anni – nel 1965 – abbandonò il dualismo di essere e dover essere. (Mi consola il fatto che, evidentemente, a 84 anni si sia ancora in gra- do di pensare qualcosa di ragionevole.) Aveva detto prima che le nor- me possono derivare solo dalla volontà. Di conseguenza – aggiunge – la natura potrebbe racchiudere in sé delle norme solo se una volontà avesse messo in essa queste norme. Ciò, d’altra parte – dice – presup- porrebbe un Dio creatore, la cui volontà si è inserita nella natura. “Di- scutere sulla verità di questa fede è una cosa assolutamente vana”, egli nota a proposito.[5] Lo è veramente? – vorrei domandare. È vera- mente privo di senso riflettere se la ragione oggettiva che si manifesta nella natura non presupponga una Ragione creativa, un Creator Spiri- tus? A questo punto dovrebbe venirci in aiuto il patrimonio culturale dell’Europa. Sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’ugua- glianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’invio- labilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolez- za della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste cono- scenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Igno- rarla o considerarla come mero passato sarebbe un’amputazione della nostra cultura nel suo insieme e la priverebbe della sua interezza. La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Ro- ma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa. Nella consapevolezza della responsabilità dell’uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile dell’uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del di- ritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico. Al giovane re Salomone, nell’ora dell’assunzione del potere, è stata concessa una sua richiesta. Che cosa sarebbe se a noi, legislatori di oggi, venisse concesso di avanzare una richiesta? Che cosa chiederem- mo? Penso che anche oggi, in ultima analisi, non potremmo desidera- re altro che un cuore docile – la capacità di distinguere il bene dal 29
  • 31. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 30 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI male e di stabilire così un vero diritto, di servire la giustizia e la pace. Vi ringrazio per la vostra attenzione. [1] De civitate Dei IV, 4, 1. [2] Contra Celsum GCS Orig. 428 (Koetschau); cfr A. Fürst, Monotheismus und Monarchie. Zum Zusammenhang von Heil und Herrschaft in der Antike. In: Theol.Phil. 81 (2006) 321 – 338; citazione p. 336; cfr anche J. Ratzinger, Die Einheit der Nationen. Eine Vi- sion der Kirchenväter (Salzburg – München 1971) 60. [3] Cfr W. Waldstein, Ins Herz geschrieben. Das Naturrecht als Fundament einer menschli- chen Gesellschaft (Augsburg 2010) 11ss; 31 – 61. [4] Waldstein, op. cit. 15 – 21. [5] Citato secondo Waldstein, op. cit. 19. 30
  • 32. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 31 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Alla Celebrazione Ecumenica Chiesa dell'ex-Convento degli Agostiniani di Erfurt in Germania Venerdì, 23 settembre 2011 Cari fratelli e sorelle nel Signore! “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola” (Gv 17,20): così ha detto Gesù nel Cena- colo, al Padre. Egli intercede per le generazioni future di credenti. Guarda al di là del Cenacolo verso il futuro. Ha pregato anche per noi. E prega per la nostra unità. Questa preghiera di Gesù non è sem- plicemente una cosa del passato. Sempre Egli sta davanti al Padre in- tercedendo per noi, e così in quest’ora sta in mezzo a noi e vuole at- trarci nella sua preghiera. Nella preghiera di Gesù si trova il luogo in- teriore, più profondo, della nostra unità. Diventeremo una sola cosa, se ci lasceremo attirare dentro tale preghiera. Ogni volta che, come cristiani, ci troviamo riuniti nella preghiera, questa lotta di Gesù ri- guardo a noi e con il Padre per noi dovrebbe toccarci profondamente nel cuore. Quanto più ci lasciamo attrarre in questa dinamica, tanto più si realizza l’unità. È rimasta inascoltata la preghiera di Gesù? La storia del cristianesi- mo è, per così dire, il lato visibile di questo dramma, in cui Cristo lot- ta e soffre con noi esseri umani. Sempre di nuovo Egli deve sopporta- re il contrasto con l’unità, e tuttavia sempre di nuovo si compie anche l’unità con Lui e così con il Dio trinitario. Dobbiamo vedere ambedue le cose: il peccato dell’uomo, che si nega a Dio, si ritira in se stesso, ma anche le vittorie di Dio, che sostiene la Chiesa nonostante la sua debolezza e attira continuamente uomini dentro di sé, avvicinandoli così gli uni agli altri. Per questo, in un incontro ecumenico, non do- vremmo soltanto lamentare le divisioni e le separazioni, bensì ringra- ziare Dio per tutti gli elementi di unità che ha conservato per noi e sempre di nuovo ci dona. E questa gratitudine deve al contempo esse- re disponibilità a non perdere, in mezzo ad un tempo di tentazione e di pericoli, l’unità così donata. 31
  • 33. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 32 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI L’unità fondamentale consiste nel fatto che crediamo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. Che lo professiamo quale Dio trinitario – Padre, Figlio e Spirito Santo. L’unità suprema non è so- litudine di una monade, ma unità attraverso l’amore. Crediamo in Dio – nel Dio concreto. Crediamo nel fatto che Dio ci ha parlato e si è fat- to uno di noi. Testimoniare questo Dio vivente è il nostro comune compito nel momento attuale. L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui? Quando, in una prima fase dell’assenza di Dio, la sua luce continua ancora a mandare i suoi riflessi e tiene insieme l’or- dine dell’esistenza umana, si ha l’impressione che le cose funzionino abbastanza bene anche senza Dio. Ma quanto più il mondo si allonta- na da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo, nell’hybris del potere, nel vuoto del cuore e nella brama di soddisfazione e di felicità, “per- de” sempre di più la vita. La sete di infinito è presente nell’uomo in modo inestirpabile. L’uomo è stato creato per la relazione con Dio e ha bisogno di Lui. Il nostro primo servizio ecumenico in questo tempo deve essere di testimoniare insieme la presenza del Dio vivente e con ciò dare al mondo la risposta di cui ha bisogno. Naturalmente di que- sta testimonianza fondamentale per Dio fa parte, in modo assoluta- mente centrale, la testimonianza per Gesù Cristo, vero Dio e vero uo- mo, che è vissuto insieme con noi, ha patito per noi, è morto per noi e, nella risurrezione, ha spalancato la porta della morte. Cari amici, fortifichiamoci in questa fede! Aiutiamoci a vicenda a viverla! Questo è un grande compito ecumenico che ci introduce nel cuore della pre- ghiera di Gesù. La serietà della fede in Dio si manifesta nel vivere la sua parola. Si manifesta, nel nostro tempo, in modo molto concreto, nell’impegno per quella creatura che Egli volle a sua immagine, per l’uomo. Vivia- mo in un tempo in cui i criteri dell’essere uomini sono diventati incer- ti. L’etica viene sostituita con il calcolo delle conseguenze. Di fronte a ciò noi come cristiani dobbiamo difendere la dignità inviolabile del- l’uomo, dal concepimento fino alla morte – nelle questioni della dia- gnosi pre-impiantatoria fino all’eutanasia. “Solo chi conosce Dio, co- nosce l’uomo”, ha detto una volta Romano Guardini. Senza la cono- 32
  • 34. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 33 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI scenza di Dio, l’uomo diventa manipolabile. La fede in Dio deve con- cretizzarsi nel nostro comune impegno per l’uomo. Fanno parte di ta- le impegno per l’uomo non soltanto questi criteri fondamentali di umanità, ma soprattutto e molto concretamente l’amore che Gesù Cri- sto ci insegna nella descrizione del Giudizio finale (Mt 25): il Dio giu- dice ci giudicherà secondo come ci siamo comportati nei confronti di coloro che ci sono prossimi, nei confronti dei più piccoli dei suoi fra- telli. La disponibilità ad aiutare, nelle necessità di questo tempo, al di là del proprio ambiente di vita è un compito essenziale del cristiano. Ciò vale anzitutto, come detto, nell’ambito della vita personale di ciascuno. Ma vale poi nella comunità di un popolo e di uno Stato, in cui tutti noi dobbiamo farci carico gli uni degli altri. Vale per il nostro Continente, in cui siamo chiamati alla solidarietà in Europa. E, infine, vale al di là di tutte le frontiere: la carità cristiana esige oggi il nostro impegno anche per la giustizia nel vasto mondo. So che da parte dei tedeschi e della Germania si fa molto per rendere possibile a tutti gli uomini un’esistenza degna dell’uomo, e per questo vorrei dire una pa- rola di viva gratitudine. Infine vorrei ancora accennare ad una dimensione più profonda del nostro obbligo di amare. La serietà della fede si manifesta soprat- tutto anche quando essa ispira certe persone a mettersi totalmente a disposizione di Dio e, a partire da Dio, degli altri. I grandi aiuti diven- tano concreti soltanto quando sul luogo esistono coloro che sono to- talmente a disposizione dell’altro e con ciò rendono credibile l’amore di Dio. Persone del genere sono un segno importante per la verità della nostra fede. Alla vigilia della mia visita si è parlato diverse volte di un dono ecumenico dell’ospite, che ci si aspettava da una tale visita. Non c’è bisogno che io specifichi i doni menzionati in tale contesto. Al riguar- do vorrei dire che questo, come per lo più è apparso, costituisce un fraintendimento politico della fede e dell’ecumenismo. Quando un Capo di Stato visita un Paese amico, generalmente precedono contatti tra le istanze, che preparano la stipulazione di uno o anche di più ac- cordi tra i due Stati: nella ponderazione dei vantaggi e degli svantaggi 33
  • 35. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 34 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI si arriva al compromesso che, alla fine, appare vantaggioso per ambe- due le parti, così che poi il trattato può essere firmato. Ma la fede dei cristiani non si basa su una ponderazione dei nostri vantaggi e svan- taggi. Una fede autocostruita è priva di valore. La fede non è una cosa che noi escogitiamo e concordiamo. È il fondamento su cui viviamo. L’unità cresce non mediante la ponderazione di vantaggi e svantaggi, bensì solo attraverso un sempre più profondo penetrare nella fede mediante il pensiero e la vita. In questa maniera, negli ultimi 50 anni, e in particolare anche dalla visita di Papa Giovanni Paolo II, 30 anni fa, è cresciuta molta comunanza, della quale possiamo essere solo grati. Mi piace ricordare l’incontro con la commissione guidata dal Ve- scovo [luterano] Lohse, nella quale ci si è esercitati insieme in questo penetrare in modo profondo nella fede mediante il pensiero e la vita. A tutti coloro che hanno collaborato in questo – per la parte cattolica, in modo particolare, al Cardinale Lehmann – vorrei esprimere vivo ringraziamento. Non menziono altri nomi – il Signore li conosce tutti. Insieme possiamo tutti solo ringraziare il Signore per le vie dell’unità sulle quali ci ha condotti, ed associarci in umile fiducia alla sua pre- ghiera: Fa’ che diventiamo una sola cosa, come Tu sei una sola cosa col Padre, perché il mondo creda che Egli Ti ha mandato” (cfr Gv 17,21). 34
  • 36. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 35 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Ai seminaristi Cappella di San Carlo Borromeo del Seminario di Freiburg im Breisgau, Germania Sabato, 24 settembre 2011 Cari seminaristi, cari fratelli e sorelle! È per me una grande gioia poter incontrarmi qui con giovani, che si incamminano per servire il Signore; che ascoltano la sua chiamata e vogliono seguirlo. Vorrei ringraziare in modo particolarmente caloroso per la bella lettera, che il Rettore del seminario e i seminaristi mi han- no scritto. Mi ha veramente toccato il cuore vedere come avete riflet- tuto sulla mia lettera e su di essa avete sviluppato le vostre domande e risposte; con quale serietà accogliete ciò che ho tentato di proporre e, in base a questo, sviluppate la vostra propria via. Certamente la cosa più bella sarebbe se potessimo avere un dialo- go insieme, ma l’orario del viaggio, al quale sono obbligato e devo obbedire, purtroppo, non permette cose del genere. Posso quindi sol- tanto cercare di sottolineare ancora una volta alcuni pensieri alla luce di ciò che avete scritto e di ciò che io avevo scritto. Nel contesto della domanda: “Di che cosa fa parte il seminario; che cosa significa questo periodo?” in fondo, mi colpisce sempre più di tutto il modo in cui san Marco, nel terzo capitolo del suo Vangelo, de- scrive la costituzione della comunità degli Apostoli: “Il Signore fece i Dodici”. Egli crea qualcosa, Egli fa qualcosa, si tratta di un atto creati- vo. Ed Egli li fece, “perché stessero con Lui e per mandarli” (cfr Mc 3,14): questa è una duplice volontà che, sotto certi aspetti, sembra contraddittoria. “Perché stessero con Lui”: devono stare con Lui, per arrivare a conoscerlo, per ascoltarlo, per lasciarsi plasmare da Lui; de- vono andare con Lui, essere con Lui in cammino, intorno a Lui e die- tro di Lui. Ma allo stesso tempo devono essere degli inviati che parto- no, che portano fuori ciò che hanno imparato, lo portano agli altri uo- mini in cammino – verso la periferia, nel vasto ambiente, anche verso 35
  • 37. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 36 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI ciò che è molto lontano da Lui. E tuttavia, questi aspetti paradossali vanno insieme: se essi sono veramente con Lui, allora sono sempre anche in cammino verso gli altri, allora sono in ricerca della pecorella smarrita, allora vanno lì, devono trasmettere ciò che hanno trovato, al- lora devono farLo conoscere, diventare inviati. E viceversa: se voglio- no essere veri inviati, devono stare sempre con Lui. San Bonaventura disse una volta che gli Angeli, ovunque vadano, per quanto lontano, si muovono sempre all’interno di Dio. Così è anche qui: come sacer- doti dobbiamo uscire fuori nelle molteplici strade in cui si trovano gli uomini, per invitarli al suo banchetto nuziale. Ma lo possiamo fare so- lo rimanendo sempre presso di Lui. Ed imparare ciò, questo insieme di uscire fuori, di essere mandati, e di essere con Lui, di rimanere presso di Lui, è – credo – proprio ciò che dobbiamo imparare nel se- minario. Il modo giusto del rimanere con Lui, il venire profondamente radicati in Lui – essere sempre di più con Lui, conoscerLo sempre di più, sempre di più non separarsi da Lui – e al contempo uscire sem- pre di più, portare il messaggio, trasmetterlo, non tenerlo per sé, ma portare la Parola a coloro che sono lontani e che, tuttavia, in quanto creature di Dio e amati da Cristo, portano nel cuore il desiderio di Lui. Il seminario è dunque un tempo dell’esercitarsi; certamente anche del discernere e dell’imparare: Egli mi vuole per questo? La vocazione deve essere verificata, e di questo fa poi parte la vita comunitaria e fa parte naturalmente il dialogo con le guide spirituali che avete, per im- parare a discernere ciò che è la sua volontà. E poi apprendere la fidu- cia: se Egli lo vuole veramente, allora posso affidarmi a Lui. Nel mon- do di oggi, che si trasforma in modo incredibile e in cui tutto cambia continuamente, in cui i legami umani si scindono perché avvengono nuovi incontri, diventa sempre più difficile credere: io resisterò per tutta la vita. Già per noi, ai nostri tempi, non era tanto facile immagi- nare quanti decenni Dio avrebbe forse inteso darmi, quanto sarebbe cambiato il mondo. Persevererò con Lui così come Gli l’ho promes- so?... È una domanda che, appunto, esige la verifica della vocazione, ma poi – più riconosco: sì, Egli mi vuole – anche la fiducia: se mi vuole, allora anche mi sorreggerà; nell’ora della tentazione, nell’ora del pericolo sarà presente e mi darà persone, mi mostrerà vie, mi so- sterrà. E la fedeltà è possibile, perché Egli è sempre presente, e per- 36
  • 38. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 37 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI ché Egli esiste ieri, oggi e domani; perché Egli non appartiene soltan- to a questo tempo, ma è futuro e può sorreggerci in ogni momento. Un tempo di discernimento, di apprendimento, di chiamata… E poi, naturalmente, in quanto tempo dell’essere con Lui, tempo di pre- ghiera, di ascolto di Lui. Ascoltare, imparare ad ascoltarlo veramente – nella Parola della Sacra Scrittura, nella fede della Chiesa, nella liturgia della Chiesa – ed apprendere l’oggi nella sua Parola. Nell’esegesi im- pariamo tante cose sul ieri: tutto ciò che c’era allora, quali fonti vi so- no, quali comunità esistevano e così via. Anche questo è importante. Ma più importante è che in questo ieri noi apprendiamo l’oggi; che Egli con queste parole parla adesso e che esse portano tutte in sé il loro oggi, e che, al di là del loro inizio storico, recano in sé una pie- nezza che parla a tutti i tempi. Ed è importante imparare questa attua- lità del suo parlare – imparare ad ascoltare – e così poterne parlare agli altri uomini. Certo, quando si prepara l’omelia per la Domenica, questo parlare… o Dio, è spesso così lontano! Se io, però, vivo con la Parola, allora vedo che non è affatto lontana, è attualissima, è presen- te adesso, riguarda me e riguarda gli altri. E allora imparo anche a spiegarla. Ma per questo occorre un cammino costante con la Parola di Dio. Lo stare personalmente con Cristo, con il Dio vivente, è una cosa; l’altra cosa è che sempre soltanto nel “noi” possiamo credere. A volte dico: san Paolo ha scritto: “La fede viene dall’ascolto” – non dal legge- re. Ha bisogno anche del leggere, ma viene dall’ascolto, cioè dalla pa- rola vivente, dalle parole che gli altri rivolgono a me e che posso sen- tire; dalle parole della Chiesa attraverso tutti i tempi, dalla parola at- tuale che essa mi rivolge mediante i sacerdoti, i Vescovi e i fratelli e le sorelle. Fa parte della fede il “tu” del prossimo, e fa parte della fede il “noi”. E proprio l’esercitarsi nella sopportazione vicendevole è qualco- sa di molto importante; imparare ad accogliere l’altro come altro nella sua differenza, ed imparare che egli deve sopportare me nella mia dif- ferenza, per diventare un “noi”, affinché un giorno anche nella par- rocchia possiamo formare una comunità, chiamare le persone ad en- trare nella comunanza della Parola ed essere insieme in cammino ver- so il Dio vivente. Fa parte di ciò il “noi” molto concreto, come lo è il 37
  • 39. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 38 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI seminario, come lo sarà la parrocchia, ma poi sempre anche il guarda- re oltre il “noi” concreto e limitato al grande “noi” della Chiesa di ogni luogo e di ogni tempo, per non fare di noi stessi il criterio assoluto. Quando diciamo: “Noi siamo Chiesa” – sì, è vero: siamo noi, non qua- lunque persona. Ma il “noi” è più ampio del gruppo che lo sta dicen- do. Il “noi” è l’intera comunità dei fedeli, di oggi e di tutti i luoghi e tutti i tempi. E dico poi sempre: nella comunità dei fedeli, sì, lì esiste, per così dire, il giudizio della maggioranza di fatto, ma non può mai esserci una maggioranza contro gli Apostoli e contro i Santi: ciò sareb- be una falsa maggioranza. Noi siamo Chiesa: Siamolo! Siamolo pro- prio nell’aprirci e nell’andare al di là di noi stessi e nell’esserlo insie- me con gli altri! Credo che, in base all’orario, dovrei forse concludere. Vorrei soltan- to dirvi ancora una cosa. La preparazione al sacerdozio, il cammino verso di esso, richiede anzitutto anche lo studio. Non si tratta di una casualità accademica che si è formata nella Chiesa occidentale, ma è qualcosa di essenziale. Sappiamo tutti che san Pietro ha detto: “Siate sempre pronti ad offrire a chiunque vi domandi, come risposta, la ra- gione, il logos della vostra fede” (cfr 1Pt 3,15). Il nostro mondo oggi è un mondo razionalistico e condizionato dalla scientificità, anche se molto spesso si tratta di una scientificità solo apparente. Ma lo spirito della scientificità, del comprendere, dello spiegare, del poter sapere, del rifiuto di tutto ciò che non è razionale, è dominante nel nostro tempo. C’è in questo pure qualcosa di grande, anche se spesso dietro si nasconde molta presunzione ed insensatezza. La fede non è un mondo parallelo del sentimento, che poi ci permettiamo come un di più, ma è ciò che abbraccia il tutto, gli dà senso, lo interpreta e gli dà anche le direttive etiche interiori, affinché sia compreso e vissuto in vista di Dio e a partire da Dio. Per questo è importante essere infor- mati, comprendere, avere la mente aperta, imparare. Naturalmente, fra vent’anni saranno di moda teorie filosofiche totalmente diverse da quelle di oggi: se penso a ciò che tra noi era la più alta e la più mo- derna moda filosofica e vedo come tutto ciò ormai sia dimenticato… Ciononostante non è inutile imparare queste cose, perché in esse ci sono anche elementi durevoli. E soprattutto con ciò impariamo a giu- dicare, a seguire mentalmente un pensiero – e a farlo in modo critico 38
  • 40. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 39 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI – ed impariamo a far sì che, nel pensare, la luce di Dio ci illumini e non si spenga. Studiare è essenziale: soltanto così possiamo far fronte al nostro tempo ed annunciare ad esso il logos della nostra fede. Stu- diare anche in modo critico – nella consapevolezza, appunto, che do- mani qualcun altro dirà qualcosa di diverso – ma essere studenti at- tenti ed aperti ed umili, per studiare sempre con il Signore, dinanzi al Signore e per Lui. Sì, potrei dire ancora tante cose, e dovrei forse farlo… Ma ringrazio per l’ascolto. E nella preghiera tutti i seminaristi del mondo sono pre- senti nel mio cuore – non così bene, con i singoli nomi, come li ho ri- cevuti qui, ma tuttavia in un cammino interiore verso il Signore: che Egli benedica tutti, a tutti dia luce ed indichi loro la strada giusta, e ci doni molti buoni sacerdoti. Grazie di cuore. 39
  • 41. BOLLETTINO 2 DEL 2011 modlor 27-02-2012 10:47 Pagina 40 LA PAROLA DI BENEDETTO XVI DISCORSI Alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace” Assisi, Basilica di Santa Maria degli Angeli Giovedì, 27 ottobre 2011 Cari fratelli e sorelle, distinti Capi e rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e delle religioni del mondo, cari amici, sono passati venticinque anni da quando il beato Papa GIOVANNI PAOLO II invitò per la prima volta rappresentanti delle religioni del mondo ad ASSISI per una preghiera per la pace. Che cosa è avvenuto da allora? A che punto è oggi la causa della pace? Allora la grande mi- naccia per la pace nel mondo derivava dalla divisione del pianeta in due blocchi contrastanti tra loro. Il simbolo vistoso di questa divisione era il muro di Berlino che, passando in mezzo alla città, tracciava il confine tra due mondi. Nel 1989, tre anni dopo Assisi, il muro cadde – senza spargimento di sangue. All’improvviso, gli enormi arsenali, che stavano dietro al muro, non avevano più alcun significato. Avevano perso la loro capacità di terrorizzare. La volontà dei popoli di essere liberi era più forte degli arsenali della violenza. La questione delle cause di tale rovesciamento è complessa e non può trovare una rispo- sta in semplici formule. Ma accanto ai fattori economici e politici, la causa più profonda di tale evento è di carattere spirituale: dietro il po- tere materiale non c’era più alcuna convinzione spirituale. La volontà di essere liberi fu alla fine più forte della paura di fronte alla violenza che non aveva più alcuna copertura spirituale. Siamo riconoscenti per questa vittoria della libertà, che fu soprattutto anche una vittoria della pace. E bisogna aggiungere che in questo contesto si trattava non so- lamente, e forse neppure primariamente, della libertà di credere, ma anche di essa. Per questo possiamo collegare tutto ciò in qualche mo- do anche con la preghiera per la pace. 40