Articolo "La Lettura", Corriere Della Sera 14/2/2016
Speciale server storage office automation giugno 2013
1. 10 giugno 2013
Una volta si comprava tanto ‘ferro’ che poi maga-
ri veniva utilizzato al 10% delle capacità e costava
molto anche sotto il profilo dei consumi di ener-
gia. Questo però è il passato che non tornerà più…
per fortuna.
Oggi nell’epoca della virtualizzazione e del cloud
computing come le aziende si organizzano per di-
mensionare, selezionare e acquisire le risorse di
elaborazione e di memorizzazione per i loro data
center: ovvero server e storage?
Con questa semplice curiosità ci siamo mossi per
capire come sono cambiate le cose rispetto al pas-
sato, in un’epoca in cui le risorse finanziarie per l’IT
non devono essere sprecate e allo stesso tempo
bisogna essere capaci di rispondere alle esigenze
del business in tempi rapidi.
Per raggiungere il nostro obiettivo abbiamo inter-
vistato i responsabili IT di quattro realtà aziendali
molto diverse tra loro: la tipica PMI italiana cam-
pione internazionale però del nostro Made in Italy,
il creatore di gioielli Chantecler; la filiale nazionale
di una banca che opera a livello globale, Deutsche
Bank; l’azienda culturale del nostro Paese che ope-
ra in diversi settori (dalla televisione alle librerie)
esclusivamente sul mercato interno, Gruppo Fel-
trinelli; la filiale italiana con produzione e attività
commerciale anche di servizi di una multinaziona-
le straniera focalizzata su un mercato particolare,
Carl Zeiss Italy.
Un panorama variegato e con differenze enormi,
prima di tutto sul fronte della capacità di spesa,
dove ogni realtà si muove tenendo conto di fattori
molto diversi dall’altra, ma dove, e questa la carat-
teristica comune da valorizzare, ogni responsabili
IT è riuscito a fare importanti innovazioni, trovando
caso per caso, gli strumenti più utili per raggiun-
gere i suoi obiettivi.
Infine, in modo ‘laterale’, da questa inchiesta è emer-
sa una posizione di attesa, se non di diffidenza, sul
cloud computing ibrido e pubblico che doverosa-
mente segnaliamo.
Era stata infatti studiata una domanda particolare
che ci permettesse di far emergere con chiarezza
la propensione o la diffidenza dei nostri interlocu-
tori verso il nuovo modello di acquisizione delle
risorse IT: “A parte il vostro processo standard di
acquisizione di capacità server o storage, come
vi comportate se dal business arriva una richie-
sta impellente e non prevista da gestire?” Anche
di fronte a un caso di questo tipo, per ora il cloud
non riesce a emergere come la risposta più adat-
ta a gestire le ‘emergenze’ di business. Forse sul
fronte dell’offerta di questi nuovi servizi qualcosa
andrebbe cambiato...
Come cambiano
le modalità di acquisizione
di server e storage
Quattro aziende a confronto per capire come in questi anni,
caratterizzati da virtualizzazione e cloud, stanno cambiando
le modalità di acquisizione dei sistemi di base.
I racconti dei responsabili IT di Chantecler Capri, Carl Zeiss Italy,
Deutsche Bank Italia e Gruppo Feltrinelli.
Ruggero Vota
la voce degli utenti
2. 11giugno 2013
La PMI che deve ottenere qualità
con poche risorse
Chantecler Capri è una realtà d’eccellenza del nostro
Made in Italy attiva da oltre 65 anni nella produzio-
ne di gioielli. Nei primi Anni 2000, l’azienda decide
di intraprendere la sfida dell’internazionalizzazione,
aprendosi alla distribuzione tramite il canale who-
lesale e ottenendo un successo immediato. Opera
con alcuni negozi di proprietà e con una rete di ri-
venditori e di punti vendita in franchising riuscen-
do oggi a portare il proprio stile in tutto il mondo.
“Nel mondo del gioiello, così come probabilmente
in altri, i sistemi informativi sono molto utilizzati,
ma sono ritenuti più una necessità di cui non si può
fare a meno, piuttosto che una vera e propria leva
strategica per la crescita del proprio business – di-
chiara Claudio Nasti, direttore sistemi informativi
Chantecler. Proprio per questo quindi, nonostante
la mia sia una struttura leggera, abbiamo tutto l’IT
in outsourcing e personalmente coordino solo for-
nitori esterni. Il nostro data center è però all’interno
dell’azienda e penso che ci rimarrà per molto”. Una
realtà nei fatti descritti che oggi è comune anche
a imprese piccole e medie di altri settori, dove la
resistenza a portare fuori le informazioni è sicura-
mente molto forte soprattutto quando entrano in
gioco aspetti fondamentali per il business come la
protezione della proprietà intellettuale e dei brevetti.
La gestione di server e storage
Attualmente nel data center di Chantecler sono
attivi 17 server virtuali in configurazione rack e in
cluster, a questi si aggiungono due server fisici, un
sistema di storage esterno e alcuni sistemi per ge-
stire la ridondanza dei backup. “Abbiamo iniziato il
processo di virtualizzazione nel 2007 e negli anni
abbiamo seguito tutti gli aggiornamenti – spiega
Nasti. L’unica applicazione installata su un siste-
ma tradizionale è la piattaforma applicativa, tutte
le altre invece girano su macchine virtuali. Con il
prossimo anno però anche la piattaforma gestiona-
le verrà spostata su una nuova tipologia di sistema
virtualizzato. Entro il 2014 quindi disporremo di un
ambiente IT totalmente virtuale”.
Il sistema di storage esterno gestisce una decina di
TB e sono più che sufficienti: “Sono consapevole
di essere sovraccarico di capacità, ma è stata una
scelta necessaria per non avere problemi qualsiasi
cosa mi venga chiesta dal business”.
Una capacità che però non va sprecata. Anzi una
buona ottimizzazione degli spazi di memoria con-
sente di tenere il fattore volume dati sotto control-
lo, e quindi assicurare sempre quella capacità di
reazione che giustifica il sovradimensionamento:
“Costantemente mi occupo di gestire e verificare
che in azienda siano presenti i dati sicuramente in-
dispensabili e quelli necessari per la crescita. Inoltre
cerco di evitare di moltiplicare gli stessi documenti
che possono proliferare in modo incontrollato: ho
attivato un meccanismo di condivisione dei docu-
menti sulla intranet aziendale che evita al minimo la
diffusione in più copie della stessa versione di uno
stesso documento. Così come si produce tanta carta
in maniera inutile, in altrettanta maniera si produ-
cono grandi quantità inutili di volumi di storage”.
Anche in Chantecler l’obiettivo comunque è quello
di evitare gli sprechi e ogni innovazione tecnologi-
ca è realizzabile a fronte di un progetto che dia un
ritorno in parte immediato e in parte in un periodo
medio. Ciò non toglie che ogni due o tre anni venga
effettuato un ciclo di revisione dell’infrastruttura
IT, e quindi si proceda anche con la sostituzione di
diverse macchine.
Un paradosso apparente,
ma facilmente risolto
Può sembrare paradossale che in un’azienda dove
il direttore dei sistemi informativi è anche l’uni-
ca persona di staff dell’IT possa essere messo in
Claudio Nasti, direttore sistemi informativi Chantecler
3. 12 giugno 2013
campo un processo così articolato e complesso.
Ma la soluzione del paradosso è semplicemente
detta: “Per reggere questo ritmo ho trovato come
estremamente comodo il discorso del noleggio dei
sistemi, che estendo a tutti gli apparati IT e non
solo a server e storage. Grazie a tale soluzione, tra
le altre cose, non mi devo più occupare della parte
di smaltimento dei vecchi sistemi che sta diventan-
do un processo veramente complesso e oneroso in
termini di tempo e burocrazia. Si pensi che è ne-
cessario ogni volta far intervenire un notaio perché
comunque i sistemi ricadono nei cespiti aziendali.
Con il noleggio posso quindi svecchiare facilmente
il parco macchine esistente”.
Questa formula che riflessi ha sui tempi di reazione
alle richieste ‘impellenti’? “Dal momento in cui con-
tatto il ‘noleggiatore’ al momento in cui faccio una
serie di valutazioni di offerte e scelgo le macchine
passa circa un mese. Per alcune richieste specifiche
può passare anche più tempo”.
Ma il vantaggio principale è la possibilità di dimen-
sionare di volta in volta l’intero sistema informati-
vo sulle necessità reali, risultando sempre in linea
con le ultime versioni delle tecnologie che si vo-
gliono implementare: “Per un’azienda molto ela-
stica e con un forte turn over delle risorse interne
anche il dimensionamento dei desktop è variabile.
Con contratti di questo tipo a canone mensile ‘va-
riabile’, nel momento in cui emerge una richiesta
di rinnovamento tecnologico, o il posizionamento
dei desktop per gli stagisti, il provider dietro una
riconfigurazione del canone mensile mi mette a di-
sposizione in tempi ragionevoli la mia richiesta di
cambiamento. Se per esempio decidessi di passare
a Windows 8, cosa che però non farò, posso de-
cidere molto velocemente quando sostituire tutte
le macchine”.
Il noleggiatore fornisce una serie di servizi a sup-
porto compresi nel canone, dall’assistenza online
all’help desk a più livelli. In ogni caso è l’unica in-
terfaccia con l’azienda utente che invece non deve
andare a cercare i diversi vendor dei sistemi quando
si verificano anomalie e malfunzionamenti.
Un vantaggio non di poco conto è poi il fatto che
l’azienda utente non deve compiere investimen-
ti nella continua formazione di personale interno.
Anche questo è un costo non indifferente che può
incidere in modo sostanziale sul budget IT di azien-
de medio piccole.
“Per evitare l’effetto di lock in del fornitore è sempre
meglio frammentare i propri provider. E’ una regola
che seguo non solo per l’hardware, ma anche per
il software applicativo e per la consulenza. Avere
più punti di riferimento è meglio, poichè un punto
di riferimento unico può venire a cadere per qual-
siasi motivo. Non so se forse si può parlare di un
‘cloud ibrido o pubblico’ con in realtà i sistemi in
casa; certo è che questo è l’unico modo per avere
qualità con poche risorse”.
La governance degli acquisti
di una banca ‘globale’
In una realtà globale molto estesa e complessa come
Deutsche Bank dal 2007 è stato avviato un pro-
gramma di standardizzazione di tutte le risorse IT.
Questo anche a seguito della firma di un contratto
per la gestione dell’infrastruttura valido per tutti i
Paesi europei con un player importante dell’offerta
di servizi di outsourcing.
In questo scenario quindi anche l’infrastruttura data
center di Deutsche Bank Italia è stata centralizzata
a livello europeo, principalmente in Germania, e a
oggi non esistono più data center operativi local-
mente nel nostro Paese di questa azienda, mentre
rimangono attivi in DB Italia alcuni server di servi-
zio per esigenze specifiche.
La voce degli utenti
“Mai trovarsi a dover dire... impossibile”
L’esigenza IT principale di Chantecler Capri è quella di essere in linea con le novità tecnologiche per evitare problemi
alle soluzioni software e applicative di cui necessita il business: “Già il prossimo anno sostituirò la configurazione rack
in cluster – afferma Claudio Nasti, direttore sistemi informativi della società. Per molte realtà non è un investimento
consistente, ma invece nel mio budget ha sicuramente un peso importante. Dovrò sostituire i server sui quali girano
le macchine virtuali, questo perché la nuova versione del virtualizzatore che utilizziamo non girerà più con i micropro-
cessori che attualmente abbiamo sul blade. L’azienda ha la necessità, ed è in questo senso mio dovere supportarla, di
essere sempre e in ogni momento sul mercato”.
Una infrastruttura IT non in grado di supportare anche le ultime tecnologie può avere una ripercussione molto negativa
sul business: “Oggi, per esempio, abbiamo il progetto di mettere in alcune boutique dei tablet che possono essere utili
al cliente per la consultazione della nostra offerta. Se la mia azienda mi chiede questa cosa, io devo essere pronto a
supportarla; sarebbe una sconfitta, soprattutto per me, se la mia risposta a questa richiesta fosse: impossibile”.
4. 13giugno 2013
Il processo oggi non ha ancora toccato la natura
storica dell’IT di DB Italia, e quindi l’infrastruttura
centrale dedicata all’Italia, e governata a livello eu-
ropeo, è ancora basata su mainframe (così come
quelle di altri Paesi dove è presente una forte com-
ponente di business retail), mentre il progetto a
lungo termine è quello di una migrazione verso un
nuovo sistema di core banking in ‘acquisizione’ dal
mercato basato su server blade industry standard.
“Si tratta di una scelta di standardizzazione che non
riguarda la sola Europa, è un programma a livello
mondo che coinvolge i 72 Paesi in cui siamo pre-
senti – dichiara Riccardo Riccobene, responsabile
progetti strategici global technology production
IT Emea di Deutsche Bank. Quindi è in via di de-
finizione un complesso processo di migrazione”.
Il tutto nasce da un piano che punta all’eccellenza
operativa che dovrà concludersi entro il 2015. Se-
condo gli impegni presi con gli investitori questo
piano dovrà portare all’abbattimento di 4,5 miliardi
di euro di costi, la gran parte di questi proveniente
dal mondo IT. “A oggi è in corso la virtualizzazione
completa del nostro ambiente, puntiamo a lungo
termine ad avere un tasso di virtualizzazione del
100%. Sarà un processo lungo, il primo obiettivo
è arrivare entro il 2016 alla virtualizzazione delle
maggiori applicazioni. Oggi comunque ci conside-
riamo un cloud privato”.
La strategia di standardizzazione
delle risorse IT
Per quanto riguarda i processi di definizione delle
risorse IT necessarie al supporto del business, nel
2011 con una visione integrata a livello globale è
stata varata l’Enterprise Compute Strategy: “All’in-
terno del concetto di ‘compute’ sono racchiusi tutti
gli aspetti tecnologici, operativi e commerciali. Non
esistono quindi più strutture IT nei singoli Paesi che
prendono decisioni in questi ambiti, ma sono nati
dei comitati, per quanto ci riguarda come Italia a
livello Emea, dove ogni singolo Paese ha dei propri
rappresentanti”.
All’interno di questa iniziativa è stato quindi creato
l’Enterprise Compute Strategy Board che ha sta-
bilito, tra le altre cose, il piano industriale relativo
alla virtualizzazione di tutto il mondo IT, basato
su due pilastri fondamentali: industrializzazione e
consumerizzazione: “Su questi due pilastri quello
che si sta cercando di ottenere è la riduzione del
50% dei costi infrastrutturali dell’IT”.
Per quanto riguarda l’industrializzazione vengono
definite delle linee guida – Blue Print - necessarie
sia agli sviluppatori, per guidarli nella scelte delle
componenti che devono essere utilizzate nell’am-
bito dello sviluppo delle nuove applicazioni, sia a
livello strutturale per costruire gli stack di supporto:
“L’obiettivo è quello di costruire la nostra private
cloud utilizzando solo dei componenti standard e
riducendo al minimo tutte le necessità di custo-
mizzazione; non sono più previste soluzioni tatti-
che basate sulle specifiche conoscenze di singoli
sviluppatori, piuttosto che preferenze di country”.
“Passare attraverso la consumerizzazione significa
dare allo sviluppatore o alla persona IT in genere la
possibilità di utilizzare dei servizi self service ela-
stici, trasparenti, documentati in modo che la per-
sona possa selezionare e ‘prelevare’ la tecnologia
che gli serve in modalità virtuale, soprattutto su
tecnologia blade perché è quella che consente la
massima flessibilità”.
In quest’ottica è in via di introduzione il concetto di
‘mattoncini’ predefiniti per la soluzione cloud mo-
dulare interna, configurati a seconda della dimen-
sione della locazione di riferimento. La scala parte
da un quarto di rack (2-3kw, 100 virtual machine,
20 TB di storage) fino a un massimo di tre rack
(40-50kw, 3.000 VM, 200 TB storage oppure 500
VM e 1PB di storage). “In questo scenario l’utente
Riccardo Riccobene, responsabile progetti strategici global
technology production IT Emea di Deutsche Bank
5. 14 giugno 2013
IT autorizzato si interfaccia con una soluzione di
gestione delle utenze che secondo il suo profilo e
il centro di costo di riferimento (informazione utile
per il billing), può prendere i componenti che ser-
vono per svolgere il suo lavoro. Il modello target
è l’estensione del self provisioning in ogni ambito.
Il sistema oggi è attivo per alcuni servizi e stiamo
riscontrando già diversi risultati positivi perché ab-
biamo a disposizione una soluzione molto flessibile,
che si basa comunque sempre su un corretto utilizzo
della ‘compute power’ standardizzata”.
Il processo di dimensionamento
e acquisizione
L’acquisto dei sistemi è tutto delegato centralmen-
te e fa riferimento a un processo che viene attivato
dalle singole country: “Per ogni singolo progetto
il nostro team di architettura definisce quelli che
sono gli standard da utilizzare, oltre alle Blue Print e
alla technology roadmap che sono già attive, viene
costruito il design della corretta infrastruttura e del
corretto middleware e quindi di tutto lo stack che
serve a supporto del progetto. Uno dei primi passi
nella definizione del progetto è proprio il disegno
dell’architettura di alto livello”.
Sulla base di quanto emerso in questa prima fase
parte il processo di disegno del servizio che viene
poi affinato successivamente. Questo è curato da un
organismo - Service Design - che si occupa anche
del dimensionamento delle risorse di elaborazione
e memorizzazione: “Quando tutti gli stakeholder
di progetto ritengono che quella identificata sia
l’architettura standard da utilizzare si passa allora
all’implementazione dell’infrastruttura”.
In fase di ‘acquisizione’ delle risorse, invece, viene
prima di tutto chiaramente verificato cosa è già
disponibile all’interno di tutti i data center DB che
sono già stati riconfigurati secondo questo modello
industriale: “Se proprio serve si passa all’acquisto
di nuovi sistemi e per fare l’ordine di acquisto c’è
un tool apposito”.
Il processo di acquisizione vero e proprio passa at-
traverso vari comitati di approvazione per la verifica
del budget: “Il processo è stato costruito in modo
da avere dei tempi abbastanza precisi, chiaramente
non possono essere dei tempi assoluti, ma se sono
richieste standard, il tutto si svolge tra le quattro
e le otto, massimo dieci settimane a seconda del-
la complessità dell’ambiente. Rispetto al passato
questi tempi sono decisamente diminuiti: dal 2008
a oggi possiamo dire che li abbiamo dimezzati”.
Il passaggio tra le vecchie e la nuova modalità non
è stata una cosa indolore, ma rispetto alle pratiche
del passato i miglioramenti ottenuti sono conside-
revoli: “Chiaramente nella fase di passaggio da una
modalità a quella nuova c’è stato un picco iniziale
tipico di tutte le trasformazioni organizzative che
comunque si è ridotto una volta assestato il pro-
cesso. Quando potevamo fare gli acquisti in Italia
per i data center locali, avevamo una quantità di
soluzioni ad hoc, tattiche o disegnate su specifi-
che esigenze per un determinato processo. Questo
produceva a livello globale una sostanziale ineffi-
cienza perché registravamo una media di impiego
La voce degli utenti
Come cambia il rapporto con l’outsourcer
Nel 2003 Deutsche Bank ha siglato un accordo con un outsourcer globale per le country europee che ha esternalizzato
la gestione dell’infrastruttura, con l’obiettivo di trasformarla in un servizio: “Diciamo che negli anni abbiamo costruito
una relazione che si rifà alla logica dell’Infrastructure as a Service, dove l’outsourcer si occupa della gestione e della
domanda di capacity – racconta Riccardo Riccobene, responsabile progetti strategici global technology production
IT Emea di Deutsche Bank. L’obiettivo finale a cui puntiamo è che sia l’outsourcer a occuparsi anche dell’acquisizione
dei sistemi, ma questo nell’ottica di poter contare su una molteplicità di fornitori di servizi di infrastruttura e non più
su un unico player come oggi. Vorremmo poter lavorare con un qualunque provider che dimostra la capacità di fornire
determinati standard di servizio”.
Una volta raggiunto l’obiettivo dei molteplici fornitori di Iaas, e sviluppati adeguati criteri di sicurezza, il passo succes-
sivo per Deutsche Bank potrebbe essere quello di aprirsi ai cloud pubblici, questo perché: “Oltre certi volumi il cloud
interno non riesce a reggere”.
Il processo di Service Design si caratterizza come una funzione core per il lifecycle management degli ordini e quindi
sarà un processo che in futuro difficilmente potrà andare in outsourcing. “Ma ciò che oggi vedo come sfida principale
in questo momento è l’educazione del consumatore utente interno - sviluppatori, sistemisti... - che utilizzando i processi
Iaas deve incominciare a pensare in modo diverso. Inoltre queste dinamiche dovranno essere estese anche ai consulenti
esterni: chiunque lavori con DB deve aderire al 100% alle policy che sono fissate a livello aziendale”. A livello globale
si sta parlando di più di 20.000 persone, mentre per l’Italia si tratta di circa 800 professionisti IT tra interni ed esterni.
6. 15giugno 2013
delle macchine pari al 10%. Chiaramente non si può
andare in cloud con un fattore di utilizzo di questo
tipo. Grazie all’attuale configurazione del processo
di definizione e acquisizione dei sistemi oggi pos-
siamo perseguire l’obiettivo di arrivare a un indice
di utilizzo delle macchine del 60%. E’ il target verso
cui tutti cercano attualmente di tendere”.
L’azienda italiana con molteplici
business
I molteplici business del Gruppo Feltrinelli sotto
il profilo dell’IT sono tutti gestiti, insieme ad altre
attività, da una società controllata al 100% dalla
holding: LSI 150 – Logistica e Servizi Integrati che
supporta i servizi trasversali per tutte le aziende di
questa variegata realtà. “In questo momento ab-
biamo due sale dedicate presso un data center Tier
4 di un fornitore specializzato – racconta Roberto
Vidimari, system & network manager di LSI 150. Il
provider fornisce anche i servizi di sicurezza con
sonde IPS, IDS, firewalling, proxy e parte del net-
working, tutto il resto viene invece gestito diretta-
mente da noi”.
Una delle due sale ospita due configurazioni rack
a blade e alcuni server fisici, mentre nella seconda
sala è ospitato il rack dedicato esclusivamente al
sito di e-commerce: “Essendo in co-location tutta
la responsabilità dell’acquisto dei sistemi dipende
dalla nostra business unit. Per quanto riguarda i
sistemi non dedicati all’e-commerce abbiamo un
rack che consideriamo saturo, ovvero abbiamo a
disposizione spazio ancora per ospitare 2 blade,
ma non pensiamo di occuparlo completamente.
L’altro è stato riempito al 70% ovvero mantiene la
possibilità di inserire altre 5 blade. L’acquisto di un
ulteriore nuovo rack con 18 blade è oggi subordi-
nato all’approvazione e alle tempistiche dei nuovi
progetti che dovrebbero essere discussi prossi-
mamente”. La gestione della parte retail, invece,
è realizzata con macchine fisiche posizionate nei
diversi punti vendita, mentre centralmente è com-
pletamente virtualizzata.
I criteri che guidano la gestione delle risorse di
server e storage, e quindi anche le loro politiche di
acquisizione, si rifanno a logiche di capacità di ri-
sposta rapide alle esigenze del business e a livelli di
performance adeguati: “Siamo sicuramente attenti
ai costi e sempre alla ricerca di ottimizzazioni, ma
questo non deve pregiudicare la nostra capacità
di dare risposte coerenti a determinati standard.
Cerchiamo di compiere acquisti mirati con una vi-
sibilità che al massimo è di tre anni per i server,
mentre invece per lo storage abbiamo realizzato un
importante investimento in una piattaforma di tipo
enterprise lo scorso anno con un volume di dischi
idoneo per poter supportare nei prossimi cinque
anni le richieste del business”.
I tre sistemi rack attivi hanno la possibilità tutti
di installare fino a 18 blade ciascuno: “Cerchiamo
sempre di avere un certo numero di lame attive e
alcune in riserva così da non avere problemi e diffi-
coltà nella gestione delle richieste non preventiva-
te; una gestione centralizzata e interna oltre che in
ambiente virtuale ci consente una buona reattività.
Dato che l’hardware comunque costa sempre meno
ed è sempre più potente, ci possiamo permette di
garantire più potenza di quanto sia effettivamente
richiesto. Inoltre, quando il budget ce lo consen-
te, sostituiamo le lame più vecchie con elementi
di ultima generazioni dotate di CPU più potenti e
performanti”.
Virtualizzazione in migrazione
Tutti i sistemi sono costantemente monitorati sotto
i profili delle performance, degli spazi e delle risor-
se, questo permette di intervenire con una certa
tempestività: “Quando ci rendiamo conto che le
Roberto Vidimari, system & network manager di LSI 150, società
di servizi interamente controllata da Gruppo Feltrinelli
7. 16 giugno 2013
performance iniziano a degradare, allora vengono
acquistate nuove lame per riportarle a quei livelli che
noi riteniamo ottimali. Dovendo agire con le diverse
società del gruppo che hanno dei focus di business
diversi tra loro, cerchiamo di
mixare risorse e richie-
ste per mantenere
adeguati i livelli di performance senza sprecare ri-
sorse di elaborazione e memorizzazione”.
Per la programmazione delle risorse sul fronte sto-
rage non ci sono problemi. Con l’investimento nel
2012 in una piattaforma enterprise che può arrivare
fino a 94 TB lo spazio disco a disposizione è ampio,
mentre la programmazione delle risorse server su
base triennale ha dei cicli di revisione in alcuni casi
di almeno sei mesi, ma in generale si tratta di un
processo annuale. “L’ambiente totalmente virtua-
lizzato ci permette di raggiungere, a seconda dei
diversi periodi dell’anno, un tasso di occupazione
RAM e CPU tra il 50% e il 60% dei server installati;
in questo momento riteniamo questo risultato sod-
disfacente. Per i prossimi mesi prevediamo però di
mettere in atto un programma di migrazione dalla
piattaforma di virtualizzazione attuale a quella di
un altro vendor. Le funzionalità delle due soluzioni
sono ormai allineate e con performance paragona-
bili. Oltre alla riduzione dei costi della manutenzio-
ne software, con la nuova piattaforma andremo
anche a coprire altre necessità come il backup
per gli utenti mobili e una parte di funzionalità
MDM, mobile device management, attualmen-
te gestite con un’altra soluzione”.
In questo contesto, la gestione delle ecce-
zioni non rappresenta generalmente un
problema: “La gran parte delle richieste
riesce a essere coperta dalla riserva di
capacità che abbiamo a disposizione.
Poiché in questa azienda non man-
cano mai idee e iniziative, la nostra
La voce degli utenti
Cloud? Non nei prossimi due anni
Gruppo Feltrinelli non ha progetti a breve in relazione al tema cloud computing: “La parte dei server decentralizzati
ancora operativi nella nostra infrastruttura in futuro dovrà essere rivista secondo i modelli del cloud privato o anche
in altre configurazioni – spiega Roberto Vidimari, system & network manager di LSI 150, società di servizi interamente
controllata dalla holding. Questo passaggio per ora non è stato ancora formalizzato, ma comunque stiamo valutando
tutte le offerte e le possibilità presenti nel mercato. Credo che questa evoluzione si attuerà nel giro dei prossimi due/
tre anni”.
In passato sono state fatte alcune sperimentazioni di servizi cloud erogati da terzi, ma senza risultati particolarmente
positivi: “Abbiamo visto che questo approccio non va bene per la nostra struttura, preferiamo ragionare in una logica di
cloud privato, dove siamo noi a governare il tutto, disponendo di adeguate competenze interne”.
Un giudizio di merito che però va oltre: “Anche su soluzioni più semplici, come quelle di posta elettronica o quelle di
tipo office, ci siamo accorti che i nostri livelli di servizio relativi alle performance di quanto potevamo assicurare inter-
namente erano comunque migliori rispetto a quelli offerti dai fornitori cloud”.
Il cloud computing implicherebbe inoltre anche un approccio organizzativo diverso da quello attuale: “Nel nostro caso
è importante assicurare velocità e rapidità nei tempi di risposta, che solo una struttura interna può assicurare. Per anda-
re in cloud inoltre bisognerebbe modificare i processi interni poiché non tutta la nostra struttura è abituata a ragionare
in termini di SLA… Nei prossimi tempi ci saranno cambiamenti significativi soprattutto sul lato ERP e si ragionerà molto
in termini di revisione dei processi”.
8. 17giugno 2013
infrastruttura è comunque in grado di assorbire
richieste anche sostanziali in poco tempo senza
pregiudicare il livello di performance richiesto. Se
la necessità è però più corposa, allora possiamo at-
tingere a budget ad hoc definiti per questi progetti
e non pesare sul normale budget IT. L’importante
per noi è che tutte le nuove risorse siano coerenti
al nostro disegno di standardizzazione”.
Tempi di messa in opera da tagliare
I tempi in cui si attua l’acquisto e la messa in pro-
duzione di un nuovo blade, prevedono tendenzial-
mente quattro settimane per la consegna da parte
del fornitore dal momento in cui viene effettuato
l’ordine e due settimane per la successiva configu-
razione dello chassis, le lame di management e una
lama server: “Certe volte riusciamo anche a stare
nelle cinque settimane, ma sei è la regola. Rispetto
al recente passato i nostri tempi sono diminuiti di
almeno il 30%, ma è probabile che il business ci ri-
chieda ancora di ridurre ulteriormente questi tempi.
Purtroppo non credo che riusciremo a tagliare più
di tanto i tempi tecnici del processo di acquisizione
che viene controllato dal nostro fornitore, quindi
quello che dovremmo cercare è ridurre i tempi di
configurazione e installazione dei sistemi. Tutti gli
obiettivi raggiunti grazie alla virtualizzazione sono
stati agevolati grazie a una adeguata preparazione
tecnica delle nostre risorse interne”.
La multinazionale che opera in
unparticolaremercatoverticale
Carl Zeiss è un gruppo multinazionale che opera
in modo esteso e pervasivo in tutti gli ambiti del
mercato dell’ottica. Dall’ottica di precisione per l’a-
rea oftalmica (lenti per occhiali da vista, da sole,
a contatto), a quella per obiettivi fotografici (oggi
anche in cellulari e smartphone) per binocoli, tele-
scopi terrestri e satellitari, all’ottica per le macchine
dei planetari (come quella del Planetario di Milano),
dai sofisticati sistemi medicali, e le tecnologie per
la chirurgia refrattiva, alle protesi per il cristallino,
oltre infine alle macchine per micro e macro misu-
razioni di assoluta precisione in ambito industriale,
per cui oltre a i impianti ad hoc l’azienda fornisce
anche una serie di servizi in house.
Una realtà che spazia in diversi business tutti ad alto
contenuto tecnologico e qualitativo che è univer-
salmente riconosciuta per l’eccellenza nella qualità,
nell’R&D e nell’innovazione di prodotto. E’ presente
nel mondo con 43 filiali, oltre 100 rappresentanze
e 14 centri di produzione.
Carl Zeiss Italy conta circa 600 persone, gran parte
di queste opera nell’area della distribuzione com-
merciale, mentre per il business delle lenti da sole,
dove l’Italia agisce da ‘headquarter’ per tutto il mon-
do, c’è un sito di produzione a Castiglione Olona.
Molteplici business coperti con realtà che vanno
dalla pura distribuzione con magazzini remoti de-
centralizzati, a entità di distribuzione e trasforma-
zione locale, fino alla produzione vera e propria:
“Un’articolazione complessa quindi, che si spec-
chia inevitabilmente anche nel sistema informa-
tivo – racconta Luigi Pignatelli, ICT manager di
Carl Zeiss Italy - con applicativi diversificati che
spaziano in molti ambiti. Una parte di questi è già
centralizzata su un sistema ERP a singola istanza
regionalizzato e installato in Germania, mentre una
verticalizzazione della stessa piattaforma è stata
sviluppata per le produzioni cinesi. Oltre a questo,
però, manteniamo anche una logica applicativa de-
centralizzata in diverse modalità a seconda della
tipologia di business”.
Tra queste anche una soluzione custom del ge-
stionale oftalmico locale, a cui si integrano diverse
componenti tecnologiche, spesso parte dell’offer-
ta commerciale, come per esempio le applicazioni
per i negozi di ottica, utilizzate per gli ordini delle
Luigi Pignatelli, ICT manager di Carl Zeiss Italy
9. 18 giugno 2013
lenti oftalmiche da ricetta, direttamente ai siti di
produzione di Carl Zeiss. “Non è una banalità per-
ché questo software è supportato da dei sistemi di
calcolo molto complessi e sofisticati”.
Lecaratteristichedelsistemainformativo
L’azienda ha circa 15 sedi in Italia e dispone di due
data center: uno più piccolo con sette macchine
server e il più grande a Castiglione Olona con una
ventina di sistemi, di cui una buona parte virtualiz-
zati. L’applicazione custom gestionale per la divisio-
ne oftalmica, in ambiente AS/400, è in outsourcing
presso una terza parte, come allo stesso operatore
sono affidati diversi sistemi in hosting di ambienti
pubblici a supporto dei clienti.
“All’interno di una VPN a livello globale certi ser-
vizi vengono già erogati dalla struttura corporate
con una logica pay per use in un ambiente ‘virtual
cloud’: per un utente che aggiungo o tolgo ho un
costo supplettivo o meno in base a un catalogo
servizi messo a disposizione a livello corporate”.
“Soprattutto in ambito storage, per i più svariati
motivi dovuti alle diverse normative, oggi non c’è
una predisposizione all’utilizzo del cloud puro. E’
chiaro però che la mia struttura può usufruire di
servizi erogati in questo ambiente virtual cloud
che possono essere forniti anche da terze parti.
Oggi presso il nostro outsourcer locale abbiamo a
disposizione alcune aree di storage che possono
essere co-utilizzate da diverse divisioni”.
A parte questo però, la gestione dello storage è in
gran parte affidata ai data center di Carl Zeiss Italy
in configurazione sia SAN sia interna ai server. Vie-
ne direttamente acquisito sul mercato e ogni anno
il volume da gestire è di qualche decina di TB. “Per
garantire servizio e prestazioni possiamo agire con
un’ampia autonomia di decisione, mentre su altri
punti seguiamo delle linee guida dettate dalle cor-
porate. C’è autonomia gestionale per comprare e
gestire localmente hardware, software e quant’altro;
ma dobbiamo garantire il più possibile la standar-
dizzazione dei sistemi. Questo per avere una ge-
stione coerente dei livelli di security, delle policy di
utilizzo dei sistemi e per disporre di un più sempli-
ce consolidamento dei dati sia finanziari di budget
di gestione dell’IT sia di parco hardware installato;
e con un occhio sempre attento alla possibilità di
affidare dei servizi in outsourcing”.
La gestione della domanda
Per quanto riguarda server e storage, le dinamiche
di acquisizione sul mercato di queste risorse sono
radicalmente cambiate rispetto al recente passato:
“Dal mio arrivo nel 2012, l’esercizio che cerchiamo
di fare è quello di predisporre una programmazione
più strutturata di questi acquisti – spiega Pignatelli.
Oggi non ragioniamo più con la logica di compie-
re un grosso investimento in un sistema di storage
particolarmente potente che poi magari può risul-
tare sovradimensionato per un lungo periodo di
tempo. Per razionalizzare i costi dei sistemi e ren-
derli più efficienti tendiamo a seguire la domanda
cercando di ragionare con un approccio proattivo
ma commisurato all’esigenza”.
L’obiettivo è seguire la domanda del business, evi-
tando il più possibile invece di procedere per ‘grandi
progetti’, che implicano anche un supporto infra-
strutturale consistente. Una linea politica che però
può essere messa in discussione quando la corpora-
tion lancia grandi iniziative IT di standardizzazione.
Ma questa è l’unica eccezione.
“Normalmente ogni anno in sede di definizione del
budget IT facciamo delle stime in eccesso di quelli
che possono essere i volumi che andremo ad af-
frontare nei successivi 12 mesi, e su questo pianifi-
chiamo i nostri acquisti, cercando di scadenziarli nel
tempo. Verso metà esercizio le previsioni vengono
poi riviste, per capire se siano ancora in linea con
le richieste del business o meno, rivedendone la
pianificazione, in più o in meno, a seconda dei fat-
tori eventualmente cambiati. Quello che vogliamo
evitare è di trovarci con dei periodi di ‘sofferenza’
La voce degli utenti
Lo storage può diventare un servizio ai clienti
Lo storage di Carl Zeiss Italy oggi è centralizzato, ma un domani potrebbe essere anche più distribuito: “Attualmente,
per esempio, se un cliente ha un problema perché una macchina genera un’immagine di tipo medicale che non è co-
erente con le proprie aspettative, non potendo condividere queste immagini di grandissime dimensioni per i vincoli
d’accesso alla VPN aziendale, spesso si presenta la necessità d’intervenire in loco con un tecnico che va a controllare
quale possa essere il problema – racconta Luigi Pignatelli, ICT manager della società. Se invece fossimo in grado di
acquisire in casa l’immagine del cliente per analizzarla, ottimizzandone l’acquisizione in un ambiente intermedio (fuori
dalla VPN aziendale), allora potremmo risparmiarci il costo e il tempo speso per il viaggio presso il cliente; e i tempi di
risposta del servizio sarebbero quasi immediati, con benefici anche sul fronte della relazione”.
10. 19giugno 2013
del business, a causa della mancanza di tutte le ri-
sorse necessarie, ma anche il rischio di avere lunghi
periodi di sovraccapacità inutilizzata. Sono chiara-
mente discorsi teorici, a cui si tende ad avvicinarsi,
anche se non sempre con successo”.
Nel caso però ci siano grandi progetti da portare
avanti su tempi lunghi, anche su più esercizi, allora
le soluzioni lasciano spazio a investimenti di largo
respiro e non a soluzioni tattiche. “Semmai in que-
sti casi c’è la necessità di ragionare su quale sarà
l’evoluzione prospettica del ‘demand’ di progetto, e
quindi rapportarne un processo di pianificazione pa-
rallelo a quello focalizzato sull’operatività standard”.
Lo scopo però non è solo quello di ottimizzare i co-
sti, ma anche quello di raggiungere il miglior livello
di efficienza per i servizi erogati ai clienti. “Natural-
mente anche l’IT della filiale italiana ha dei piani di
sviluppo a lungo termine, oltre a quelli corporate,
a cui facciamo comunque riferimento per definire
le nostre strategie annuali”.
Rispetto alle tematiche di storage e della relativa
gestione, le attuali tecnologie di virtualizzazione
server assicurano flessibilità e quindi una maggiore
agilità nel seguire la domanda del business: “Sia-
mo partiti un po’ tardi, ma stiamo recuperando ed
entro fine anno raggiungeremo il traguardo della
virtualizzazione su almeno l’80% dei server, e suc-
cessivamente quello del 100%”.
Le richieste ‘urgenti’... non vanno in cloud
“Nelle multinazionali la richiesta ‘urgente’ è un con-
cetto molto complicato, poiché ci sono sempre pro-
cessi di verifica e approvazione interni che portano
via il loro tempo, soprattutto quando è chiamata in
causa la spesa di capitale. In ambito storage comun-
que non abbiamo problemi, semmai è più difficile
implementare la richiesta sul fronte dei server, in
quanto per una spesa in conto capitale l’approva-
zione porta via diverse settimane. Questo a parte
quelle scelte obbligate ‘compulsory’, che a volte
devono essere fatte in breve tempo, perché una
nuova legge o normativa ha fissato determinate
regole, da mettere in esecuzione in un periodo di
tempo ristretto, o entro una data specifica”.
In questo contesto però il cloud non sarà, a breve,
un’opzione che cambia le regole del gioco: “Sebbe-
ne siamo utenti di Salesforce.com, storica soluzione
cloud, e abbiamo sperimentato il cloud in alcune
soluzioni di nicchia, per la nostra tipologia di value
proposition e know-how tecnologico, abbiamo esi-
genza di livelli di riservatezza molto elevati. Molte
informazioni sono implementate con sofisticate
soluzioni di crittografia a livello di gruppo, e que-
sto è un aspetto che diventa complicato gestire in
cloud pubblico. Non da meno, ci sono complica-
zioni dovute alle diverse normative sulla privacy
nei vari Paesi. Non credo quindi, che svilupperemo
significativamente del cloud ibrido o pubblico in
un medio periodo di due o tre anni, ma pensando
con una prospettiva più lunga, in futuro si potran-
no certamente trovare tecnologie e soluzioni più
interessanti di quelle disponibili oggi”.