1. EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA EUROPEA e alle
ISTITUZIONI INTERNAZIONALI
Esperto: Dott. Maria Claudia Ferrara
Tutor: Prof.ssa Grazia Maria Maggiore
Grafica:GiorgioMatrone-IE
Liceo Classico Statale "Francesco Scaduto"
Via Dante, 22 – 90011 Bagheria
2. Il corso si è posto lo scopo di rendere gli studenti, del liceo Classico statale
Francesco Scaduto, che vi hanno partecipato più consapevoli dello Stato di
diritto in cui vivono, fornendo loro gli strumenti teorici, le nozioni base e i
principi chiave di un sistema del quale, il più delle volte, sconoscono
perfino i più elementari meccanismi di funzionamento.
Si è trattato di un percorso formativo, educativo e didattico volto allo
studio dei sistemi in cui il soggetto di diritto è inserito, dei fondamentali
principi che sono posti a fondamento dello Statuto della Regione Sicilia,
della Carta Costituzionale, del Trattato di Lisbona e della bozza di
Costituzione Europea: un breve viaggio nel diritto per crescere più
consapevoli!
EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA EUROPEA E ALLE ISTITUZIONI
INTERNAZIONALI: le finalità del corso
3. POPOLO E POLAZIONE
Popolo e popolazione sono due parole molto simili ma con significati diversi.
POPOLO = comunità o gruppo umano che condivide la stessa cultura. I popoli si formarono in
seguito a delle migrazioni di gruppi di umani in cerca di nuovi territori. Esistono delle società
multietniche, cioè formate da più etnie.
POPOLAZIONE = insieme degli abitanti che vivono in una zona determinata da confini precisi
e quindi condividono lo stesso territorio. Il concetto di popolazione è legato ad aspetti
quantitativi.
LA CITTADINANZA:
La cittadinanza è, nel diritto, la condizione della persona fisica (detta cittadino) alla quale
l'ordinamento di uno Stato riconosce la pienezza dei diritti civili e politici. La cittadinanza,
quindi, può essere vista come uno status del cittadino, ma anche come un rapporto giuridico
tra cittadino e stato.
In ambito giuridico, le persone che sono prive della cittadinanza di uno stato sono dette
stranieri se hanno la cittadinanza di un altro stato, apolidi se non hanno alcuna cittadinanza.
Nel diritto romano lo status civitatis distingueva il cittadino romano (civis romanus) dal non
cittadino e, unito agli altri due status - lo status libertatis, che distingueva l'uomo libero
dallo schiavo, e lo status familiae, che distingueva il paterfamilias dagli altri membri della
famiglia - era condizione necessaria per disporre della capacità giuridica.
4. LA CITTADINANZA EUROPEA
Viene conferita automaticamente a ogni cittadino dell'UE, comporta una serie
di diritti di importanza essenziale.
CHE COS'È LA CITTADINANZA DELL'UE?
Ogni persona che abbia la cittadinanza di uno Stato membro dell'UE è
automaticamente anche un cittadino dell'UE. La cittadinanza dell'UE costituisce
un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest'ultima.
Spetta a ciascuno Stato membro stabilire le condizioni per l'acquisizione e la
perdita della cittadinanza. La cittadinanza dell'Unione è conferita direttamente
a ogni cittadino dell'UE dal trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
5. Quali diritti ha il cittadino dell'UE?
Il trattato sul funzionamento dell'Unione europea comporta il diritto a:
circolare e soggiornare liberamente nell'Unione europea;
esercitare l'elettorato attivo e passivo per le elezioni del Parlamento europeo e comunali;
essere tutelati da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro;
presentare petizioni al Parlamento europeo e rivolgersi al Mediatore europeo.
Tali diritti si applicano a tutti i cittadini dell'Unione.
Ai cittadini dell'UE spettano altri diritti tra cui:
il diritto a contattare e ricevere una risposta da ogni istituzione dell'UE in una delle lingue
ufficiali dell'UE;
diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, della Commissione europea e del
Consiglio secondo determinate condizioni;
il diritto alla parità di accesso al servizio civile dell'UE .
Il trattato vieta anche la discriminazione sulla base della nazionalità .
Il trattato di Lisbona ha introdotto una nuova forma di partecipazione pubblica per i cittadini
europei: l'iniziativa dei cittadini. Questa consente a milioni di cittadini che abbiano la
cittadinanza di un numero significativo di Stati membri d'invitare direttamente la
Commissione europea, nell'ambito delle sue attribuzioni, a presentare un'iniziativa di loro
interesse.
6. I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA
La Costituzione italiana è entrata in vigore il 1°gennaio del 1948 a seguito del
referendum popolare del 2 giugno 1946 che tra monarchia e repubblica, ha votato
in maggioranza per quest‟ultima.
I principi fondamentali della Costituzione, descritti negli articoli (1-12) e nella
Parte prima relativa ai “Diritti e doveri dei cittadini”, caratterizzano
l‟‟ordinamento costituzionale”: questo verrebbe meno – trasformandosi in un
ordinamento diverso – nel caso in cui detti principi non fossero osservati e fatti
oggetto di specifica tutela.
La “persona” costituisce nella nostra Costituzione il soggetto attorno al quale si
incentrano diritti e doveri. Nell‟uso corrente, “diritti umani”, “diritti inviolabili”,
“diritti costituzionali” e “diritti fondamentali” sono termini che stanno ad indicare
diritti che dovrebbero essere riconosciuti ad ogni individuo in quanto tale; ciò
evidenzia l‟intimo e complesso rapporto che da sempre lega tra loro diritto
naturale e diritto positivo.
Il riconoscimento dei diritti fondamentali della Costituzione è, pertanto, uno degli
elementi caratterizzanti lo Stato di diritto: essi trovano le loro guarentigie nella
“rigidità” della Costituzione e nel controllo di costituzionalità delle leggi affidato
alla Corte costituzionale. I diritti fondamentali non solo costituiscono i principi
supremi dell‟ordinamento costituzionale, ma qualificano altresì la stessa struttura
democratica dello Stato, la quale verrebbe sovvertita qualora questi fossero
diminuiti, decurtati o violati.
7. L’ARTICOLO 2 DELLA COSTITUZIONE
Gianni Fricano – I E
Nel secondo articolo della Costituzione si fa riferimento ai diritti inviolabili dell‟uomo,
quegli stessi diritti che senza dubbio costituiscono per l‟uomo un patrimonio
irrinunciabile. Inoltre, vale la pena sottolineare che il riferimento non è rivolto solo ed
esclusivamente ai diritti dell‟uomo in quanto singolo individuo (diritto alla vita, diritto
alla salute, diritto alla libera manifestazione del pensiero, ecc…) bensì anche ai diritti
dell‟uomo strettamente legati alla sfera sociale in cui è inserito. In entrambi i casi,
però, il richiamo non funge da introduzione, contrariamente a ciò che si pensa, a quei
diritti di cui si parlerà negli articoli successivi bensì permette che diritti riconosciuti
dalla società in seguito possano essere comunque tutelati perché legati con i diritti
originari (basti pensare al diritto alla salubrità dell‟ambiente non menzionato nella
Costituzione ma legato direttamente al diritto alla salute).
Infine, vengono menzionati i doveri inderogabili, ossia i doveri che devono
assolutamente essere rispettati in ambito politico, economico e sociale (diritto e
dovere di voto, dovere di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione e
delle leggi, il diritto al lavoro, il diritto all‟istruzione, il dovere di contribuire alle
spese pubbliche).
8. L’ARTICOLO 3 DELLA COSTITUZIONE
Federica Angileri – Irene Vanella - IE
L‟articolo 3 della Costituzione italiana proclama l‟eguaglianza dei cittadini davanti alla
legge, senza distinzione di sesso, di razza, d‟opinione politica e di religione e
costituisce il cardine di tutto l‟impianto costituzionale. Malgrado l‟articolo 3, ancora
oggi gli italiani, nei fatti, non hanno gli stessi diritti e lo Stato non garantisce le stesse
possibilità di studio e lavoro per tutti.
Prima dell‟avvento delle costituzioni moderne le classi privilegiate – come il clero e
l‟aristocrazia – godevano di privilegi economici, politici, legali, non rispondevano
davanti alla giustizia e non pagavano le tasse.
L‟eguaglianza dei cittadini davanti alla legge è stato il primo principio rivoluzionario.
Tale articolo può essere, pertanto, considerato il cuore della Costituzione, in quanto il
principio di uguaglianza è fondamentale per lo sviluppo dell‟intero Paese. Con questa
espressione, i Padri costituenti hanno affermato che non esistono più distinzioni in base
al titolo nobiliare, al grado o all‟appartenenza ad una classe sociale.
Attualmente questo articolo è rispettato ma non sempre in modo adeguato; ci sono,
infatti, casi di disuguaglianza tra cittadini e, cosa più grave, queste situazioni non sono
nascoste agli occhi dello Stato, anzi, capita che coinvolgano gli stessi uomini politici.
9. LA LIBERTA’ RELIGIOSA
Giada D‟Aniello – I E
Gli artt. 7 e 8 (e 20) esprimono il principio di laicità dello Stato e lo collocano tra i principi
supremi dell‟ordinamento costituzionale, riconoscendo la sovranità e la reciproca
indipendenza di Stato e Chiesa cattolica, ciascuno nel proprio ordine (art. 7) ed eguale
libertà a tutte le confessioni religiose (art. 8). Con queste disposizioni, la Costituzione
mantiene la storica posizione di prevalenza della religione cattolica ma prevede strumenti (la
stipulazione di intese tra confessioni e Stato) a garanzia dell‟eguaglianza formale delle altre
confessioni religiose. Tale uguaglianza, insieme con la protezione della sfera personale di
libertà religiosa dell‟art. 19, esprimono, secondo la Corte costituzionale (sentenza n. 203 del
1989), il principio di laicità inteso come «garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà
di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale». Su tale base, la Corte
costituzionale è più volte intervenuta a dichiarare l‟illegittimità costituzionale di leggi
contenenti limitazioni e discriminazioni nei confronti di confessioni religiose che non avessero
stipulato intese con lo Stato (C. cost. 195/1993), in materia di giuramento con formule
religiose (C. cost. 149/1995 e 334/1996), in materia penale (C. cost. 329/1997, 327/2002 e C.
cost. 440/1995 sul reato di bestemmia), al fine di colpire ogni discriminazione delle
confessioni religiose in contrasto con le norme costituzionali che ne riconoscono l‟uguaglianza
tendenziale. L‟art. 19 tutela la dimensione individuale della libertà di religione, prevedendo
che tutti abbiano «diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi
forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il
culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume». Così declinata la libertà religiosa
si compone di diritti che si riferiscono principalmente alla sua dimensione esterna. Essa si
ritiene comprensiva della libertà di coscienza e dunque capace di includere anche l‟ateismo,
essendo evidente che la libertà di credere comprende altresì la libertà di non credere
10. ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE: Giorgia Jervolino II B
La libertà di manifestazione del pensiero è tra tutte le libertà civili, sicuramente la più
importante ed espressiva perché interessa da un lato, la vita spirituale dell'uomo e il
patrimonio, le idee di cui egli è portatore, dall'altro la sua partecipazione alla vita e al
progresso del paese. Ogni democrazia che favorisca la realizzazione del singolo
individuo e della collettività, si caratterizza per il fatto che prima ancora delle altre
libertà civili, consente ai cittadini di farsi delle idee e di esprimere il proprio pensiero
in tutti i campi. Questa libertà di pensiero e della sua manifestazione aiuta la
costituzione di un regime democratico perché assicura la formazione di un‟opinione
pubblica critica. L‟articolo può essere diviso in 6 commi riguardanti uno la libertà di
opinione e gli altri cinque riguardanti la libertà di stampa.
La libertà di opinione è un diritto costituzionale assoluto ed è su esso che viene basata la
democrazia: se io intendo esprimere la mia opinione, dire la mia idea, e dunque divulgarla in ogni
forma, ho il diritto di farlo. La libertà di stampa, invece, è un diritto costituzionale, sottoposto
però a delle regole stabilite in modo dettagliato nella legge sulla stampa sulla quale da sempre
sono sorte diverse perplessità, nonostante in tanti siano intervenuti a sua giustificazione, sulla
base della essenziale funzione della stampa, che non è quella di semplice divulgazione di una
opinione, quanto piuttosto di informare, di rendere consapevoli i cittadini di quel che accade nel
mondo. Il primo comma «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» riguarda il principio della libertà di
manifestazione del pensiero.
Con l’espressione
“libertà di
opinione” si
intende la libertà
di esprimere il
proprio pensiero e
di divulgarlo. In
Italia la libertà di
stampa nasce con
la caduta
dell’regime
Fascista.
11. LA NASCITA DELL’UNIONE EUROPEA
Cristina Clemente - I E
La nascita del metodo comunitario si fa risalire al 9 maggio 1950 (<<Giornata
dell’Europa>>) quando il ministro degli estri francese Robert Schuman rende
un‟importante dichiarazione:
«Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per
il mantenimento delle relazioni pacifiche»
«L’Europa non potrà farsi in una sola volta né tutta insieme>>
<<Essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino innanzitutto una solidarietà di fatto>>.
Seguendo la proposta di Schuman si pensò di creare un‟Europa unita mettendo la
produzione franco-tedesca del carbone e dell‟acciaio sotto il controllo di
un‟organizzazione comune: CECA.
Nel 1957 con il TRATTATO DI ROMA si istituì la COMUNITA‟ ECONOMICA EUROPEA
(CEE) E L‟EURATOM. I principali obiettivi erano, oltre alla realizzazione di un
mercato unico generale, cioè di tutte le merci, servizi, persone, capitali e basato
sul principio della libera concorrenza:
abolizione dei dazi e delle altre misure limitative degli scambi
adozione di misure dirette alla libera circolazione di beni, servizi, persone e
capitali
armonizzazione delle normative nazionali
adozione di una politica comune in campo agricolo e dei trasporti.
12. I TRATTATI EUROPEI
Grazia Testa I B
NEL CORSO DEGLI ANNI SI SONO SUSSEGUITI VARI TRATTATI:
Trattato di Parigi (1951)
Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA)
Trattato di Roma (1957)
Comunità economica europea (CEE)
Comunità europea dell’energia atomica (CEEA)
Atto unico europeo (1986)
Cooperazione politica europea, modifiche ai trattati istitutivi delle Comunità europee
Trattato di Maastricht (1992)
Unione europea (UE), Comunità europea (CE), Unione economica e monetaria
Trattato di Amsterdam (1997)
Modifiche al trattato UE e ai trattati istitutivi delle Comunità europee
Trattato di Nizza (2001)
Modifiche al trattato UE e ai trattati istitutivi delle Comunità europee
12
13. L’UNIONE DOGANALE
Giada D‟aniello- I E
Mentre il trattato che istituiva la CECA
prevedeva la creazione di un‟area di
libero scambio limitatamente al settore
carbo-siderurgico, i trattati CEE e
l‟Euratom invece ponevano le basi per
la formazione di un‟unione doganale,
ovvero di un‟area economica in cui
vige:
• Il divieto di applicare dazi, o altre
tasse, nonché il divieto di introdurre
limiti alla circolazione delle merci
provenienti dagli Stati aderenti.
• Una tariffa doganale unica, applicabile
a tutti i prodotti importati da stati
terzi per evitare gli effetti distorsivi
derivanti dalle diverse tariffe doganali.
LE ADESIONI DI NUOVI STATI
Barone Margherita – Orofino
Elena I B
dal 1951: Belgio, Francia, Germania, Italia,
Lussemburgo, Paesi Bassi (6)
dal 1973: Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda (9)
dal 1981: Grecia (10)
dal 1986: Portogallo, Spagna (12)
dal 1995: Austria, Finlandia, Svezia (15)
dal 2003: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta,
Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia,
Ungheria (25)
dal 2007: Bulgaria, Romania (27)
Dal 2013: Croazia (28)
Stati candidati: Ex Repubblica Jugolsava di Macedonia,
Turchia, Islanda, Montengro
14. LE FONTI DEL DIRITTO SECONDARIO O DERIVATO
Gianni Fricano - Gaetano Tripoli - Federica Angileri- Irene Vanella -
Marco Aspetti - Giorgia Balistreri – I E
L’ordinamento comunitario è caratterizzato da proprie fonti normative, ossia il complesso di atti dai quali
si dà origine alle norme giuridiche rivolte agli Stati membri, alle istituzioni, agli organi comunitari, ai
cittadini e alle imprese dell’Unione Europea.
Occorre fare una distinzione tra:
1. Fonti di diritto primario o originario, che comprendono i trattati (di cui ci siamo già occupati);
2. Fonti di diritto secondario o derivato, cioè gli atti di cui si servono le Istituzioni Europee al fine di far
rispettare quanto espresso nei trattati. Infatti, queste fonti sono subordinate e non possono contraddire i
Trattati né modificarli (proprio come in Italia dove la Costituzione non può assolutamente essere smentita
né tantomeno modificata dalle leggi).
3. Fonti di terzo grado, costituite dai provvedimenti di esecuzione degli atti di diritto derivato.
L’ordinamento giuridico dell’UE risulta completamente autonomo rispetto a quelli degli Stati membri.
Grazie a quest’ordinamento in campo internazionale gli stessi Stati membri hanno rinunciato, sebbene in
settori limitati, ai loro poteri sovrani, sottostando al diritto internazionale. Ritornando al diritto derivato,
potremmo dire che questo è costituito da atti tipici, emanati dalle istituzioni dell’UE e previsti dal trattato
di Lisbona, ossia il trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. I suddetti atti possono avere natura
vincolante (regolamenti, direttive e decisioni) e non vincolanti (raccomandazioni e pareri) attuati con
procedura ordinaria dai tre organi di competenza (Parlamento Europeo, Commissione Europea e Consiglio
dell’Unione Europea).
15. GLI ATTI VINCOLANTI
Gianni Fricano - Gaetano Tripoli - Federica Angileri- Irene Vanella -
Marco Aspetti - Giorgia Balistreri – I E
Regolamento E’ un atto normativo definito dall’art. 288 del TFUE. Esso ha portata generale, è obbligatorio in tutti i
suoi elementi ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La sua caratteristica peculiare, che lo
differenzia dalle Decisioni, riguarda i destinatari, i quali non sono identificabili, ma sono semplicemente costituiti da
categorie astratte di persone. Il regolamento comunitario è considerato l’atto legislativo per eccellenza poiché stabilisce
lo stesso diritto per tutta l’Unione Europea: è vietato infatti non applicarlo o applicarlo parzialmente. Il regolamento
viene emanato così come le direttive e le decisioni dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea su
proposta della commissione attraverso procedure legislative ordinarie. Dopo la promulgazione segue la pubblicazione
sulla Gazzetta dell’Unione Europea e l’entrata in vigore dopo venti giorni (vacatio legis).
Direttiva E’ uno degli strumenti principalmente usati per la realizzazione del mercato interno. Ha il fine di
armonizzare le legislazioni nazionali ma non ha effetto diretto sugli Stati membri interessati come nel caso dei
regolamenti e delle decisioni. Infatti il suo contenuto deve essere prima recepito dagli Stati membri, i quali hanno un
ampio margine di manovre per ottenere il risultato finale richiesto, sempre entro un periodo di tempo prestabilito. Se
non venissero rispettati i suddetti tempi gli Stati membri sarebbero soggetti a sanzioni pecuniarie e amministrative.
Qualora le direttive andassero contro i diritti anche un singolo individuo può portare il caso all’attenzione della Corte di
Giustizia, la quale ha il compito di interpretare il diritto Europeo e di giudicare le controversie tra i governi degli Stati
membri (ma anche, come abbiamo già detto, un privato cittadino un’impresa o un’organizzazione) e le istituzioni dell’UE
con eventuali risarcimenti. Ovviamente quest’ultimi sono solo ed esclusivamente a carico degli Stati membri interessati,
i quali hanno commesso errori che consistono nella mancata o non corretta attuazione della direttiva.
Decisone E’ uno strumento giuridico di cui dispongono le istituzione europee per attuare politiche europee. E’ un
atto obbligatorio in tutti i suoi elementi che può essere di portata generale o indirizzata ad un destinatario specifico.
Inoltre ha effetto diretto sugli Stati membri interessati proprio come il regolamento.
16. TRATTATO DI LISBONA
il Trattato dovrà essere ratificato dai 27 Paesi e potrà
diventare operativo a partire dal primo gennaio 2009:
16
17. IL PARLAMENTO EUROPEO
Giorgia Jervolino – Federica Buttitta – Claudia Pignatelli –
Sabrina Piraino – Simona Abbadessa – II B
• Già presente nel Trattato CEE del 1957 come Assemblea
rappresentativa, il Parlamento europeo è eletto direttamente dal 1979
grazie a elezioni che si tengono ogni 5 anni in contemporanea in tutti i
paesi membri dell'UE.
• Originariamente deputato a svolgere funzioni essenzialmente
consultive, nel corso degli anni esso ha visto crescere le proprie
competenze, tra cui rientra dopo l‟entrata in vigore del Trattato di
Lisbona, una competenza legislativa pienamente condivisa con il
Consiglio.
• A questa si aggiungono le importanti funzioni di controllo sul bilancio,
sulle istituzioni e sull‟apparato amministrativo, oltre che una funzione
consultiva quando il Consiglio adotta una decisione seconda la
procedura legislativa speciale.
Il numero dei seggi del Parlamento non può essere
superiore a 751 compreso il Presidente.
18. IL PARLAMENTO EUROPEO
• Il grosso del lavoro legislativo avviene nelle
commissioni permanenti che si trovano a
Bruxelles, la sede storica del Parlamento
europeo è a Strasburgo, ed è lì che gli
europarlamentari si ritrovano 12 volte l'anno
in seduta plenaria (e 6 volte l'anno a Bruxelles
nelle cd. mini-plenarie).
Con il Trattato di Maastricht e con i successivi accordi
di Amsterdam e Nizza prende avvio un‟importante fase
nella quale il parlamento riesce a ritagliarsi un ruolo
determinante in materia legislativa gli viene
concesso di inserirsi a pieno titolo nel procedimento di
formazione della legge.
20. IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA
Giorgia Jervolino – Federica Buttitta – Claudia Pignatelli –
Sabrina Piraino – Simona Abbadessa – II B
con il Trattato del 1992 il Consiglio è divenuto il principale organo legislativo e
decisionale dell‟UE in quanto ha acquisito una funzione di sempre maggiore rilevanza
non solo nell‟ambito della cooperazione intergovernativa, ma anche in relazione alle
politiche propriamente comunitarie.
Ha un generale esercizio di indirizzo politico, definisce gli orientamenti e le politiche
generali.
Alle riunioni partecipa un ministro di ciascun governo nazionale degli Stati
membri in funzione dei temi all'ordine del giorno.
Non essendo un organo a composizione permanente, viene coadiuvato da un apposito
comitato dei rappresentanti permanenti, che ha il compito di svolgere l‟attività
preparatoria alle riunioni: COREPER.
In funzione dei punti all'ordine del giorno, il Consiglio si riunisce in formazioni diverse:
affari esteri, finanze, istruzione, telecomunicazioni, agricoltura ecc.
l’attuale Presidente
è il belga HERMAN
VAN ROMPUY
Il Presidente è
eletto dal
Consiglio per due
anni e mezzo ed
ha il compito di
garantire la
preparazione e la
continuità dei
lavori.
21. LA COMMISSIONE EUROPEA
Francesca Padovano – Giorgio Matrone - I E
La Commissione europea è l‟organo esecutivo dell‟UE e rappresenta gli interessi
dell‟Europa nel suo insieme. Il termine commissione si riferisce sia al collegio dei
commissari che all‟Istituzione stessa, la cui sede principale è Bruxelles, altri uffici sono
ubicati a Lussemburgo (la riunione si tiene a Strasburgo quando il Parlamento è riunito
in sessione plenaria). La Commissione è, inoltre, presente in tutti i Paesi membri
dell‟UE con le c.d. «rappresentanze».
Dal 2014, con il Trattato di Lisbona, sarà ridotto il numero dei componenti.
Il numero dei membri della Commissione sarà pari a due terzi degli Stati membri, che
così saranno presenti nell'esecutivo europeo a rotazione.
Propone gli atti legislativi al Parlamento e al Consiglio
Dirige ed esegue le politiche e il bilancio
Vigila sull'applicazione del diritto dell’UE
Rappresenta l’UE a livello internazionale
La Commissione ha il "diritto d'iniziativa", cioè formula
proposte di atti normativi europei al Parlamento e al
Consiglio, ha altresì i seguenti poteri:
22. L’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA
Giovanni Di Salvo – I B
A partire dal 1986 furono gettate le basi per una vera e propria «unione economica e
monetaria» c.d. UEM. Nel 1988 sono state individuate le 3 tappe per attuare questo
processo:
1990 – 1993 è stato liberalizzato del tutto il passaggio di capitali e si è
raggiunta una nuova convergenza tra gli stati membri. Con il trattato di
Maastricht è stato deciso di introdurre una moneta unica.
1994 – 1998 gli Stati membri cercano di far convergere le proprie economie
sulla base dei parametri di Maastricht e viene istituito l‟IME: Istituto Monetario
europeo.
1999 – 2002 si apre la terza fase che termina con l‟entrata in vigore dell‟euro il
1° gennaio 2002, vengono fissati i tassi di cambio. Fanno parte dell‟UEM sin dal
1999: Belgio, Germania, Italia, Spagna, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria,
Portogallo e Finlandia; successivamente si sono aggiunti: Grecia, Slovenia, Cipro,
Malta, Slovacchia ed Estonia.
L‟incompleta realizzazione di un mercato comune ha portato all‟ambizioso
progetto
Di creare un vero e proprio «mercato unico», instaurato alla fine del 1992 ed ancora
in continuo svolgimento.
23. LA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO Federica
Buttitta II B
Il 10 dicembre 1948 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, composta da un preambolo e da 30 articoli. Pur non essendo
formalmente vincolante per gli Stati membri, in quanto dichiarazione di principi, questo documento
riveste un'importanza storica fondamentale in quanto rappresenta la prima testimonianza della
volontà della comunità internazionale di riconoscere universalmente i diritti che spettano a ciascun
essere umano. Inoltre le norme che compongono la Dichiarazione sono ormai considerate, dal punto
di vista sostanziale, come principi generali del diritto internazionale e come tali vincolanti per tutti
i soggetti di tale ordinamento. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è un documento
chiamato a diventare in futuro un punto di riferimento per tutta l‟umanità. Questa "magna carta"
dei diritti umani nasce in risposta alla drammatica necessità, avvertita da tutte le nazioni, di
elaborare un codice basilare internazionale dei diritti, alla luce della crescente irrazionalità
sperimentata nei decenni precedenti. La violazione dei diritti umani più fondamentali perpetrata,
soprattutto, dall‟arbitrarietà degli Stati nazionali, aveva raggiunto in questo secolo un livello
inusitato di barbarie e di violenza, sfociando nello scoppio di due guerre mondiali. Grazie alla
Dichiarazione, la difesa dei diritti e delle libertà fondamentali sarebbe divenuta una responsabilità
internazionale, non più soggetta all‟arbitrio dei singoli regimi. La Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani significa una presa di coscienza dell‟Umanità della dignità delle persone e dei popoli. È un
passo importante di straordinario valore simbolico nel processo d‟umanizzazione della società, che
dovrebbe guidarla verso un‟organizzazione più giusta, in cui abbiano posto ogni persona e ogni
popolo, rispettati nei propri diritti individuali e collettivi. Costituisce, per questo, un‟importante
premessa allo stabilimento di un ordine universale più giusto.
24. COS’E’ IL DIRITTO INTERNAZIONALE?
Francesca Padovano - I E
Il diritto internazionale può essere definito come il diritto della „comunità degli Stati‟. T
ale complesso di norme si forma al di sopra dello Stato, scaturendo dalla cooperazione con g
li altri Stati, e lo Stato stesso con proprie
norme, anche di rango costituzionale, si impegna a rispettarlo.
Si dice che il diritto internazionale „regola i rapporti fra Stati‟ per indicare il fatto che l
e norme internazionali si indirizzano in linea di massima agli Stati, creano cioè diritti ed obblig
hi per questi ultimi. La caratteristica più rilevante del diritto internazionale odierno è che es
so non regola solo materie attinenti ai rapporti interstatali ma, pur indirizzandosi fondamen
talmente agli Stati, tende a disciplinare rapporti interni alle varie comunità statali.
Il diritto internazionale viene anche chiamato diritto internazionale pubblico in contrap
posizione al diritto internazionale privato, che è formato da quelle norme statali che delimita
no il diritto privato di uno Stato, stabilendo quando esso va applicato e quando invece i giudici
di quello Stato sono tenuti ad applicare norme di diritto privato straniero.
Nel diritto internazionale privato in senso lato rientrano anche tutte le norme che pro
vvedono a delimitare verso l‟esterno i rami pubblicistici dell‟ordinamento statale: ad es. le no
rme che stabiliscono in quali casi la legge penale si applica a reati commessi fuori dal territori
o o da stranieri. In realtà, il diritto internazionale non è né pubblico né privato, tale distinzi
one ha senso solo con riguardo all‟ordinamento statale.