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                                                    ...al Pinot nero d’Oltrepò...
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                                          Finito di stampare nel mese di Dicembre 2008 da




                                                       di Vanetta Lorenzo & C. s.n.c.

                                                 Tipolitografia Succ. Diani e Maffi
                                              Viale Repubblica, 1 - 27043 BRONI (PV)
                                                     Tel. e Fax +39 0385 51031
                                         www.dianiemaffi.com – E-mail: info@dianiemaffi.com
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                              Guida all’utilizzo della
                            Denominazione di Origine
                           Pinot nero in Oltrepò Pavese




                                         Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese
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           AUTORI
             Attilio Scienza                                          DI.PRO.VE. – DIpartimento
             Osvaldo Failla                                           di PROduzione VEgetale
             Luigi Mariani                                            Università degli Studi di Milano
             Laura Rustioni                                           Facoltà di Agraria
             Rodolfo Minelli                                          www.diprove.unimi.it

             Luca Toninato
                                                                      AGER Sc – AGricoltura E Ricerca
             Jacopo Cricco
                                                                      Milano
             Davide Bacchiega
                                                                      www.agercoop.it
             Alessandro Zappata
                                                                      info@agercoop.it
             Lorenzo Monterisi

             Alice Colombo                                            Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese
             Mario Maffi                                              P.zza Vittorio Veneto, 24 - Broni PV
             Carlo Alberto Panont                                     www.vinoltrepo.it
             (Coordinatore editoriale)                                info@vinoltrepo.it


           Con il contributo di:

                                                                      Fondazione Comunitaria
                                                                      della Provincia di Pavia ONLUS




                                                                      Fondazione Cariplo




                                                                      C.C.I.A.A. Pavia



           Ringraziamenti:
           La realizzazione di un volume come questo per la sua complessità e completezza ha previsto numerosi
           interventi e collaborazioni di persone, istituzioni, enti ed aziende che si vogliono qui ricordare.
           In particolare l’azienda Doria S.S. di Montalto Pavese, la Tenuta Mazzolino di Corvino San Quirico, l’a-
           zienda agricola Travaglino di Calvignano e l’azienda agricola Vercesi del Castellazzo di Montù Beccaria.
           Inoltre si vogliono ringraziare per la collaborazione il dott. Giuseppe Zatti dello Studio Associato Venco e
           Zatti di Consulenze Viticolo-enologiche di Casteggio e il dott. Giacomo Mela di Allinwine di Ponte S.
           Pietro (BG).
           Un ringraziamento particolare va al dott. Lucio Brancadoro e alla dott.ssa Giulia Tamai dell’Università di
           Milano, alla dott.ssa Valeria Fasoli e al dott. Maurizio Bogoni per l’aiuto, la competenza e per i numerosi
           lavori che hanno permesso una migliore la conoscenza del territorio.
           Si ringrazia inoltre il dott. Luca Salviati per le splendide foto del territorio dell’Oltrepò.
           Infine si ringraziano i Vivai Tutzer, i Vivai Cooperativi Rauscedo, i Vivai Golferenzo Guido e Pépinières
           Guillaume per tutta l’attenzione e la gentilezza mostrata per la raccolta del materiale sulle schede clonali.
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                       Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine
                                  Pinot nero in Oltrepò Pavese
                                                                                                       pag.
              1. Il Pinot nero: paradigma dell’origine della viticoltura europea
                 (Attilio Scienza, Mario Maffi)                                                          7
                    1.1. Il Pinot nero e l’Oltrepò Pavese                                               11

              2. Le risorse ambientali
                 (Luigi Mariani, Rodolfo Minelli)                                                       15
                    2.1. Il clima                                                                       15
                    2.2. Analisi pedopaesaggistica                                                      20

              3. Le Unità Territoriali della D.O. Oltrepò Pavese (Luca Toninato, Davide Bacchiega,
                 Lorenzo Monterisi, Osvaldo Failla, Laura Rustioni)                                     35

              4. Manuale d’uso del territorio                                                           63
                    4.1. Le scelte agronomiche (Luca Toninato, Davide Bacchiega, Alessandro Zappata,
                         Jacopo Cricco, Lorenzo Monterisi, Osvaldo Failla)                              63
                    4.2. Le scelte clonali (Alice Colombo)                                             115
                    4.3. Le scelte enologiche (Laura Rustioni, Lorenzo Monterisi)                      165

              5. Bibliografia                                                                          199

              6. Appendice                                                                             201
                    Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata
                    e Garantita “Oltrepò Pavese” Metodo Classico                                       201
                    Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata
                    “Oltrepò Pavese”                                                                   206
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              1. Il Pinot nero: paradigma dell ’origine
                 della viticoltura europea
                      Probabilmente l’origine del Pinot può essere fatta risalire al III-IV secolo dopo Cristo, come
              appare da un documento di ringraziamento all’imperatore Costantino del 312, da parte degli abi-
              tanti della città di Autun, dove viene citato un vigneto famoso per la sua qualità, nel pagus
              Arebrignus, nella Côte de Nuits. Tralasciando la dotta dissertazione con la quale Gaston Roupnel
              nel 1932 descrive il paesaggio rurale della Borgogna durante la presenza romana, alcuni partico-
              lari delle modalità di coltivazione di quel vigneto ci aiutano a risalire alle varietà coltivate, che
              come era consuetudine allora, non venivano mai citate. Il termine cepage con il quale si nomina
              il vitigno in francese deriva da cep, ceppo, pianta, indicazione generica di una vite. Il vigneto dava
              l’impressione di essere abbandonato, tale era l’aspetto di una inestricabile vegetazione costituita
              da piante molto vecchie disposte senza alcun ordine e moltiplicate per propaggine. Non è diffici-
              le riconoscere in questa descrizione un esempio singolare di viticoltura detta “per protezione”,
              dove le viti selvatiche nate spontaneamente in luoghi selvaggi venivano sottoposte ai primi pro-
              cessi di domesticazione (o protodomesticazione). Questa viticoltura caratterizzava il medio baci-
              no del Reno, l’Alsazia ed il Baden, patria di origine di una famiglia varietale che Levadoux, famo-
              so ampelografo francese, definisce dei
              “Noirien”. Molte sono le caratteristiche in comu-
              ne che il Pinot ha con le numerose viti selvatiche
              ancora presenti in alcune isole sul Reno e che i
              botanici tedeschi dell’800 come Gmelin,
              Bronner, Basserman-Jordan descrivono accertan-
              do la presenza di tipologie fogliari identiche al
              Pinot ed al Traminer. Anche l’indice di Stummer
              classifica i semi di Pinot come appartenenti alle
              viti selvatiche, unitamente alle dimensioni ridot-
              te dei grappoli e degli acini ed al loro grande
              polimorfismo, al sapore speciale del mosto dove
              è presente l’antranilato di metile, un composto
              aromatico tipico della “Vitis labrusca”. Ma la
              storia della rinascita della viticoltura francese
              dopo i fasti della cultura massaliota e narbonne-
              se e la crisi provocata dall’editto di Domiziano,
              inizia circa cinquanta anni prima del documento
              di ringraziamento a Costantino, con la ricostru-
              zione operata da Probo e con l’introduzione da Il Pinot nero, tavola tratta da Viala P., Vermorel V.,
              parte delle sue legioni di nuovi vitigni da oriente, 1909, Ampelographie, volume II, Parigi.


              Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese                      7
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           dalla Pannonia e dalla Croazia dove stazionavano le due legioni più fedeli all’imperatore illiro, la
           Gemina e l’Invicta, responsabili del controllo delle frontiere orientali dell’impero. Questi vecchi
           vigneti semiabbandonati della Borgogna vengono allora rivitalizzati non con lo spianto delle vec-
           chie viti, ma attraverso l’impianto di nuove talee di varietà chiamate genericamente a causa della
           loro origine, Heunisch (da Hunnisch, Unni, dal nome degli abitanti di quelle regioni ad est della
           Pannonia). In Francia l’Heunisch è chiamato Gouias ed in Svizzera Gwass, con la stessa fonetica
           sgradevole. Alla caduta dell’Impero Romano segue un periodo di decadenza economica e politi-
           ca e solo con il governo dei Franchi e di Carlo Magno, che assegna le terre coltivabili e da boni-
           ficare agli ordini monastici, benedettini in primis, si assiste al recupero dei vecchi vigneti deca-
           denti ed alla creazione di nuovi con il materiale genetico che si era originato spontaneamente da
           seme. In particolare il convento di Beze nel VII secolo e quelli certosini nel XII hanno avuto un
           ruolo determinante nelle creazione dei vigneti pionieri su suoli di diversa fertilità.
           L’opera dei monaci nella selezione e diffusione del nuovo vitigno nato per caso è in questa fase
           provvidenziale ed il Pinot nero, sebbene con altri nomi,vede finalmente la luce. Ad onor del vero
           Columella, nella sua opera “De Re Rustica”, aveva molti secoli prima descritto un vitigno sele-
           zionato dai celti di Allobrogia, a foglie rotondeggianti, tipiche delle viti selvatiche, che sopporta
           il freddo, il cui vino si conserva con l’invecchiamento e che ama i terreni magri per la sua eleva-
           ta fertilità, caratteristiche che corrispondono perfettamente a quelle del Pinot nero che conoscia-
           mo oggi. Come in un libro di storia, dove fantasia e realtà si mescolano senza possibilità di esse-
           re distinte, con un salto di quasi duemila anni, si giunge ai nostri giorni e con l’apporto della gene-
           tica molecolare attraverso l’analisi del DNA, non solo le origini ma anche il contributo del Pinot
           nero alla creazione di altri vitigni europei, appaiono più chiare. Infatti il Pinot nero è il risultato
           di un incrocio spontaneo tra il Traminer ed un Pinot meunier, così chiamato per la tomentosità
           delle sue foglie, vitigno considerato un ancestrale dei Pinots. Il Pinot nero quindi, messo a con-
           tatto con queste varietà provenienti da oriente, ha dato origine allo Chardonnay e con lui altri
           quindici vitigni della regione borgognona tra quali i più importanti sono il Melon ed i Gamays.
           Tracce genetiche di Pinot nero sono riscontrabili anche nel Lagrein e nel Teroldego. L’analisi
           molecolare delle varietà coinvolte nel pedigree del Pinot consente di evidenziare la loro similari-
           tà dalle frequenze alleliche del DNA sia plasmidiale che nucleare, che evidenzia come il flusso
           genico sia avvenuto sia per dispersione di semi che di polline. Ad esempio tra le varietà di origi-
           ne italiana e croata si manifesta una prevalenza degli alleli di origine selvatica a testimoniare una
           introgressione di pochi vitigni stranieri i quali male si adattavano ai climi a loro poco favorevoli
           dei luoghi dove erano stati acclimatati e quindi dopo un periodo di coltivazione assieme alle viti
           paradomesticate, dai semi che germinavano spontaneamente, venivano scelte delle piante che pre-
           sentavano una migliore produttività. Per comprendere il ruolo che ha avuto il Pinot nella forma-
           zione di molti vitigni europei, molto interessante appare uno studio condotto nel 2004 in otto
           vigneti storici vicini ad Heidelberg, in Germania, che presentavano viti dall’età variante tra 60 e
           200 anni e che raccoglievano più di 60 varietà delle quali alcune molto rare. Vicino a vitigni come


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              l’Honigler ungherese, il Primitivo italiano, l’Elbling bleu (incrocio tra Schiava e Riesling), sono
              stati identificati molti vitigni senza un nome, tutti frutto di un incrocio con il Pinot.
              La viticoltura episcopale ed ecclesiatica medioevale estende la coltivazione del Pinot nero al di
              fuori dei clos conventuali ed i Duchi di Borgogna, in particolare Filippo l’Ardito e Filippo il
              Buono, tra il XIV e XV secolo, lo proteggono dalla concorrenza “sleale “del Gamay. Il Pinot era
              chiamato nei documenti del XII-XIII secolo con il nome generico di “plant”, simile come signi-
              ficato a “cep”, che veniva aggettivato con il nome della sua provenienza geografica con “auver-
              nat” o “orleanais”. Più tardi anche con il nome di “Pineau”. Il termine “plant” fu usato sia in
              Borgogna che in Champagne fino alla ricostruzione postfillosserica e la distinzione tra le diverse
              tipologie varietali era fatta in base al colore dei tralci: Plant gris con grappoli piccoli, a matura-
              zione tardiva che davano un vino non di grande qualità e Plant dorè a foglie intere, di buona pro-
              duzione, ma che a causa della precocità di maturazione fornivano vini migliori. Nel XIV secolo
              compare il termine di “Pynos” usato da E. Deschamps nella ballata della “Verdure des Vins” e
              poco tempo dopo in uno scritto borgognone, si parla di Pinoz al plurale per indicare la grande
              famiglia varietale. Da allora le citazioni si moltiplicano e Champagne e Borgogna si contendono
              il luogo di origine del vitigno. L’Ottocento, con lo sviluppo degli studi ampelografici, mette in
              evidenza una caratteristica originale di questo vitigno: la sua grande variabilità intravarietale che
              consente di identificare e descrivere più di cinquanta tipologie di Pinots, differenti per la morfo-
              logia fogliare, per colore della bacca, del succo, della produttività, della precocità e per il nome
              del selezionatore.
              Per la sua ampia diffusione sia in Francia che all’estero assume molte denominazioni come
              Morillon nei dintorni di Parigi, Burgunder e Clevner in Germania, Borgogna in Italia.
              Il Pinot nero che conosciamo oggi non è però quello delle origini. Le forme primitive, anteriori
              al X secolo erano poco produttive e venivano chiamate Noble de Touraine e Salvagnin noir del
              Jura (è evidente il richiamo alla tipologia morfologica del Traminer). Con lo sviluppo della viti-
              coltura specializzata commerciale avvenuto dopo la piccola glaciazione, verso il 1700, vengono
              introdotte forme di maggiore produttività e ricchezza di colore chiamate Auvernal e Cortalloid (in
              questo caso il richiamo semantico è allo Chardonnay). Solo nel XVIII e XIX secolo, in Borgogna
              prima ed in Champagne poi, compaiono le tipologie che conosciamo oggi e che vengono classi-
              ficate in vari gruppi alle soglie dell’arrivo della fillossera:
              • gruppo dei Pinots neri cosidetti tipici;
              • gruppo dei mutanti cromatici (grigio o Rulaender, bianco, tête de nègre, teinturier, ecc.);
              • gruppo delle selezioni fatte dai viticoltori (Liebault, Giboudot, de la Malle, Crepet, ecc.);
              • gruppo dei Pinots espressione di luoghi di selezione e coltivazione (d’Ervelon, Trepail, du
                  Valais, Mariafeld, ecc.);
              • gruppo dei Pinots dalla particolare caratteristiche morfologiche (cioutat, a limbe cotonneaux,
                  cendre, double, meunier, ecc.);
              • gruppo dei Pinots precoci ottenuti da seme per autofecondazione.


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           In Champagne fino al secolo scorso il Pinot era chiamato Vert dorè o Plant dorè dal colore degli
           apici e dei germogli giovani.
           Ci sono voluti 1500 anni di selezione per arrivare ai cloni di Pinot nero che coltiviamo oggi.
           Attualmente la classificazione è molto semplificata tra i tipi fini (per produrre vini rossi) e pro-
           duttivi (in genere per la produzione di Champagne), con un’indicazione supplementare del porta-
           mento della vegetazione (eretto o ricadente).
           In particolare si distinguono i Pinot neri cosiddetti qualitativi a bassa produttività utilizzati per la
           produzione dei vini rossi di Borgogna ai quali fanno capo i cloni francesi 114, 115, 777 e quelli
           italiani 5V17, MIRA 3131, SMA 201 e quelli produttivi utilizzati soprattutto in Champagne come
           quelli francesi siglati 583, 289 e quelli italiani LB9, R4. La causa di questa grande variabilità
           risiede nella alta frequenza con la quale compaiono in questo vitigno le mutazioni di origine chi-
           merica o trasposonica che modificano l’espressione di alcuni geni che codificano per il colore
           della bacca, le più frequenti (basti pensare al Pinot bianco e grigio), ma anche per la forma della
           foglia o per il portamento della vegetazione.
           In Italia, malgrado il Pinot nero sia un vitigno adattato soprattutto alle regioni temperato-fresche,
           si diffuse lungo tutta la Penisola fino alla Sicilia a partire dalla fine del 1800 per la sua costante
           produttività e per l’elevato tenore zuccherino. La valutazione delle sue doti enologiche fu sempre
           molto sommaria perché di norma veniva vinificato assieme ad altre varietà ed a causa della sua
           precocità di maturazione nelle regioni meridionali o comunque negli ambienti più caldi subiva
           l’assalto degli uccelli o quello del marciume grigio. Per questi motivi con la seconda ricostruzio-
           ne postfillosserica la sua diffusione nel nostro Paese subisce una drammatica contrazione e la sua
           coltivazione si attesta in Oltrepò Pavese, in Trentino-Alto Adige e marginalmente in Friuli e
           Veneto orientale. Degna di nota per l’eccellenza della qualità, è una piccola produzione nel pesca-
           rese, retaggio della presenza bonapartista nelle Marche. L’Oltrepò Pavese rappresenta oggi la
           zona italiana che presenta la maggiore superficie di Pinot nero, con circa 2.500 ha, ma che lo vini-
           fica soprattutto in bianco per la presa di spuma. I tenori elevati di argilla accompagnati da buone
           presenze di calcare attivo alle quote più elevate, sono alla base della produzione di vini-base con
           buona freschezza, pH bassi e profumi eleganti.
           Il clima temperato del Trentino-Alto Adige, simile in alcuni meso-climi (esposizione ad Ovest,
           altitudini 300-400 mslm, presenza di brezze di monte che consentono buoni sbalzi termici tra
           giorno e notte, ecc.) a quello più continentale della Borgogna, è quello che consente una produ-
           zione di Pinot neri vinificati in rosso comparabile per descrittori sensoriali a quella francese.
           Purtroppo mancano quei tenori di argilla nel terreno che fanno di quei vini dei modelli irraggiun-
           gibili. Oregon e Nuova Zelanda in questi ultimi anni hanno prodotto dei Pinot neri molto vicini
           allo stile borgognone.
           Molti sono i problemi di natura colturale e compositiva che fanno del Pinot nero un vitigno molto
           difficile da coltivare e da vinificare. Si ricordano molto brevemente alcuni di questi aspetti quali
           il vigore elevato delle viti che complicano la gestione della chioma, la sensibilità alla botrite ed


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              all’oidio, la difficoltà di avere una maturazione fenolica contemporanea nelle bucce e nei vinac-
              cioli che spesso è alla base di un contenuto nel vino di tannini poco polimerizzati, la mancanza
              di antociani esterificati che rende il colore poco stabile e che tende con l’invecchiamento all’aran-
              ciato, la facilità con la quale accumula gli zuccheri nell’uva che comporta un ridotto contenuto in
              acidi nel mosto. In vinificazione è spesso vittima dell’acescenza se non si gestisce in modo cor-
              retto il cappello. Sono dimostrati sia il ruolo più favorevole delle follature nei confronti dei rimon-
              taggi nell’estrazione del colore e dei tannini meno aggressivi sia il vantaggio che comporta nella
              complessità sensoriale la malolattica in barrique nei confronti di quella in acciaio. È quindi un
              vitigno capriccioso che si esprime in vini ineguagliabili solo in ambienti dalle caratteristiche
              molto particolari e che per questo non può essere paragonato al Cabernet o allo Chardonnay per
              la loro capacità di adattamento a climi molto diversi. Inoltre esige sia in vigneto, prima nella scel-
              ta dei cloni e quindi nel controllo della produzione per ceppo, che in cantina nelle attenzioni
              durante la vinificazione, una cura maniacale fatta di accorgimenti e soluzioni, tenute accurata-
              mente segrete dal produttore. Per queste sue caratteristiche è il vitigno che meglio sa esprimere
              nel vino i segreti più intimi di un terroir e la sensibilità interpretativa del vinificatore.

              1.1. Il Pinot nero e l ’Oltrepò Pavese
              Taluni ampelografi ipotizzano la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti, su queste
              colline, dal tempo dei romani; attendibili i riferimenti riconducibili all’Oltrepò Pavese che risal-




              Vigneto di Pinot nero in V alle Versa fotografato negli anni ‘60 (Fonte: Archivio La V ersa S.p.A.).



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           gono al 1500 ove si citano Pinolo, Pignolo gentile e Pignolo grappolato. Giovanni Dalmasso, nel
           sostenere le antiche origini del vitigno, afferma che il Pinot grigio potrebbe essere identificato con
           le piante note agli antichi romani come “helvolae” ossia con uve grigie.
           Nella seconda metà del XIX secolo il Pinot nero approda in Oltrepò Pavese e di seguito viene spe-
           rimentato in tutta la penisola e in Sicilia; la maggior parte degli addetti ai lavori valuta la produ-
           zione come uva da taglio con le loro autoctone e sorpresi dalla maturazione precoce, nonché dai
           danni provocati da uccelli e altri animali, abbandonano il progetto. Solo in Oltrepò Pavese il viti-
           gno trova il suo habitat ottimale; i primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per
           opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino che pochi anni dopo, unitamente all’imprenditore pie-
           montese Carlo Gancia, inizia a elaborare e commercializzare lo Champagne italiano. Ad emular-
           lo, alla fine degli anni settanta, è l’Ing. Domenico Mazza di Codevilla che assume un enologo ori-
           ginario di Reims al fine di produrre bollicine e in breve tempo si ottengono ottimi risultati sia qua-
           litativi, sia commerciali. Due sono le tipologie di spumante proposte dall’azienda: uno secco, l’al-
           tro semi-secco. Significativo il riconoscimento, 1° posto, ricevuto all’Esposizione Nazionale di
           Milano del 1894; merita una segnalazione anche l’evento riportato nel 1886, dal Giornale
           Vinicolo Italiano, relativo al varo della nave “Vesuvio” avvenuto in quel di Napoli, ad opera del
           Principe Luigi di Savoia, con una bottiglia di Champagne Montelio.
           Nel 1907 nasce a Casteggio la SVIC (Società Vinicola Italiana di Casteggio) e a dirigerla viene
           chiamato Pietro Riccadonna, uno dei padri della spumantistica moderna, che come motto per il
           lancio commerciale dello spumante fa sua l’affermazione biblica: “cos’è la vita se non spumeg-
           gia il vino?”. Due anni dopo viene affiancato da Angelo Ballabio e, successivamente, altri due
           personaggi emergenti si aggregano a loro: Mario Odero e Raffaello Sernagiotto i quali operano
           molto bene e il loro prodotto varca l’oceano. Nel 1912 il cartello pubblicitario “Gran Spumante
           SVIC” è collocato, in maniera ben visibile, accanto alla statua della libertà di New York per la
           commozione e la gioia degli emigranti oltrepadani che cercano fortuna nel nuovo mondo. Con
           l’avvento della prima guerra mondiale (1915-18) la SVIC chiude i battenti e i quattro giovani
           imprenditori si dividono; solo due di loro, alla fine delle ostilità, procedono nel mondo della spu-
           mantistica: Angelo Ballabio a Casteggio e Pietro Riccadonna nel vicino Piemonte. La fama dello
           spumante secco metodo champenois dell’Az. Agr. Ballabio varca, in breve tempo, i confini nazio-
           nali e dal 1931 può fregiarsi in etichetta del contrassegno di fornitore della Real Casa con l’auto-
           rizzazione ad apporre le insegne ducali concessagli da Emanuele Filiberto Duca d’Aosta. Angelo
           passa il testimone al figlio Giovanni che sino alla morte (1975) resta, per il territorio, il Signore
           della spumantistica oltrepadana. Nel frattempo emergono altre realtà nel mondo locale delle bol-
           licine: negli anni trenta dello scorso secolo è la Cantina Sociale La Versa a dare il via alla produ-
           zione di spumante a rifermentazione in bottiglia; fa seguito nel 1958 l’Az. Agr. Malpaga di
           Canneto Pavese.
           Con l’avvento, nel 1970, della D.O.C. Oltrepò Pavese e con la presidenza della Cantina La Versa
           S.p.A. affidata al Duca Antonio Denari, inizia una nuova era per la spumantistica locale e la


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              Cantina Sociale di S. Maria ne diventa la locomotiva trainante.
              Nel 1971 nasce dal Consorzio Vini Tipici il Consorzio Volontario dei Vini D.O.C. Oltrepò Pavese,
              a dirigerlo Edgardo Rovati e a presiederlo è il medesimo Duca Denari che, successivamente, viene
              eletto anche a capo dell’Istituto dello Spumante Classico Italiano; il suo carisma lo porta ad esse-
              re tra i primattori del settore e il Pinot nero made in Oltrepò diventa una grande realtà per l’inte-
              ra spumantistica nazionale.
              Il territorio vanta attualmente una superficie di impianto pari a 2.500 ettari a Pinot nero e 900 etta-
              ri a Pinot grigio pari al 25,60% dell’intera area vitata iscritta all’Albo della D.O.
              Nell’anno 2007 l’Oltrepò, grazie all’impegno profuso dal Presidente del Consorzio Vittorio
              Ruffinazzi e dal Direttore Carlo Alberto Panont, acquisisce la D.O.C.G. per l’Oltrepò Metodo
              Classico e con essa la possibilità di nobilitare ulteriormente questa regione viticola.
              Se il vitigno in oggetto si identifica storicamente per la produzione di uve finalizzate alla spuman-
              tizzazione, è pur vero che dagli anni cinquanta del secolo scorso qualche produttore ha intuito la
              possibilità di poter vinificare anche in rosso tali uve. Il primo ad ottenere eccellenti risultati qua-
              litativi è stato il Dr. Carlo Dezza di Montecalvo Versiggia emulato, a breve, dalla Dr.ssa
              Giuseppina Quaroni di Montù Beccaria. Dai loro successi nasce la convinzione che, con l’ade-
              guato supporto della ricerca scientifica, l’identificazione dei cloni ottimali, la scelta del terreno,
              del microclima e delle adeguate operazione colturali, una nuova importante realtà viticola-enolo-
              gica possa caratterizzarsi con alcuni nostri territori. Inizia così una nuova avventura che vede
              impegnate già un buon numero di aziende con risultati decisamente incoraggianti. Spumanti clas-
              sici importanti e un vino rosso di grande eleganza; la sfida continua e alla base sempre lui: l’ac-
              cattivante, a volte bizzarro, ma sempre affascinante Pinot nero.




              Cantina dell’Azienda Vistarino di Rocca de’ Giorgi: batteria di torchi idraulici di inizio secolo.



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           Cumuli congesti sintomo di atmosfera instabile favor evole allo sviluppo convettivo.




           Cielo sereno con cumuli da bel tempo e cirri in alta quota prodotti dall ’instaurarsi di condizioni anticiclo-
           niche.
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              2. Le risorse ambientali
              2.1. Il clima
                     L’area dell’Oltrepò Pavese si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene
              alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare
              pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia. L’area è
              caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord. Fra gli aspetti legati
              alla localizzazione ed ai caratteri geografici che presentano le più forti ripercussioni sul clima si
              segnala:
              • La vicinanza di “regioni sorgenti” dalle quali la grande circolazione atmosferica attinge masse
                 d’aria con caratteristiche particolari convogliandole sull’area dell’Oltrepò Pavese. Le principa-
                 li “regioni sorgenti” sono la regione artica (fonte di masse d’aria fredda), la regione continen-
                 tale russo – siberiana (fonte di masse d’aria molto fredda ed asciutta nel periodo invernale),
                 l’area atlantica (fonte di masse d’aria umida e mite), il Mediterraneo, fonte di aria calda in tutte
                 le stagioni ed infine l’area africana (fonte di aria molto calda e che si umidifica transitando sul
                 Mediterraneo).
              • La struttura del rilievo (giacitura, pendenza, esposizione), la quale determina vari effetti di
                 tipo pluviometrico, riassunti nel termine “intensificazione orografica”. Inoltre dal punto di
                 vista termico si può osservare che le aree di fondovalle e comunque le zone di compluvio sono
                 esposte nel periodo notturno a fenomeni di accumulo di aria fredda che scivola dalle pendici
                 mentre le pendici stesse presentano condizioni di maggior mitezza. Inoltre le pendici non
                 risentono degli effetti di accumulo d’aria fredda al fondo del “catino” padano, frutto delle
                 inversioni termiche invernali ed il cui indicatore principale sono gli episodi di nebbia estesa
                 e persistente.
              • La copertura del suolo che determina una vasta serie di effetti microclimatici (es: un suolo
                 nudo si scalda molto di più durante il giorno e si raffredda più velocemente nel periodo not-
                 turno).

              La radiazione solare
              Se la radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, nelle zone
              collinari sono a tutti noti in termini qualitativi gli effetti della pendenza, dell’esposizione e del-
              l’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto. Per esprimere in termini quantitativi le risorse
              radiative territoriali è stato realizzato un modello radiativo del territorio che ha consentito di sti-
              mare le risorse radiative dell’Oltrepò su aree (celle) di 75 x 75 m. Si tratta di un importante stru-
              mento di valutazione vocazionale, che si è reso disponibile grazie all’affinamento delle tecniche
              di modellizzazione ed all’aumentata potenza di calcolo degli elaboratori.
              L’algoritmo impiegato è stato applicato al DEM (Modello Digitale del Terreno) dell’Oltrepò
              visualizzato in figura 2.1.


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           Figura 2.1: Modello digitale del terr eno della D.O. Oltrepò Pavese.




           Il risultato finale sono i valori di Radiazione globale (scomposta nella componente diretta e dif-
           fusa) e di radiazione fotosinteticamente attiva che giungono su ogni singola cella, il tutto espres-
                             2
           so in MJ per m all’anno. I valori sono stati calcolati con step di 10 minuti e sono stati integrati
           per ottenere dei totali annuali che esprimono le risorse radiative delle singole porzioni di territo-
           rio. In particolare la mappa della PAR (figura 2.2) mostra l’estrema disomogeneità della distribu-
           zione della radiazione sul territorio collinare dell’Oltrepò, disomogeneità che rappresenta una
           chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura
           della vite. Mediamente l’aria orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di
                                                                          2
           valore di radiazione solare, compresa tra 2250 e 3000 MJ/m all’anno, mentre l’aria occidentale
           si contraddistingue per avere un andamento collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud
           molto assolati.




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              Figura 2.2: Mappa della radiazione fotosinteticamente attiva (P AR) della D.O. Oltrepò Pavese.




              La temperatura dell’aria
              La temperatura dell’aria è frutto di tre fenomeni distinti:
              • il bilancio energetico della superficie del terreno (quanta energia arriva dal Sole, quanta viene
                 ceduta dalla superficie verso l’atmosfera e verso l’interno del terreno);
              • gli apporti di masse d’aria calda o fredda dalle zone circostanti dovuti alle brezze di monte e
                 di valle;
              • gli apporti a grande scala di masse d’aria calda o fredda dalle “regioni sorgenti”.
              Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua
              presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa
              1/2°C. L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la
              fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferio-
              re a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a
              quelli delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione ter-
              mica.


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           Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22 /
           24°C) mentre a quote inferiori a 500 m sono le massime mensili (circa 28 / 30°C) ad essere sen-
           sibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25 / 27 °C). Le temperature minime verificate nei
           mesi di gennaio o febbraio sono comprese fra –8 e –13°C.

           Le precipitazioni
           La quantità e la distribuzione spaziale e temporale delle precipitazioni risente dei seguenti fatto-
           ri principali:
           • la localizzazione geografica cui é connessa la frequenza e la persistenza delle diverse struttu-
               re circolatorie favorevoli alle precipitazioni e in particolare le perturbazioni atlantiche, le
               depressioni mediterranee e le irruzioni di aria fresca atlantica in quota nel periodo estivo cui
               conseguono temporali anche violenti;
           • effetti del rilievo (accentuazione orografica delle precipitazioni).
           La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed
           un minimo rispettivamente nei mesi di novembre e di luglio. In media il mese più piovoso nella
           stagione primaverile risulta essere maggio (tabella 2.1).




           Cumulonembo: tipica nuvola temporalesca in grado di produrr e pioggia, grandine e seppur raramente
           trombe d’aria.




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              Tabella 2.1: Distribuzione mensile delle pr ecipitazioni medie annue (mm).


                    Mese           G         F        M          A        M         G          L    A    S    O     N     D

                    mm            69        70        91        94       121        80         47   70   89   114   143   87



              La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che
              aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da ovest verso est (figura
              2.3) che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi dell’alessandrino (Alessandria: 556
              mm/anno di precipitazione media).


              Figura 2.3: Mappa delle pr ecipitazioni medie annue (mm/anno) della D.O. Oltr epò Pavese.




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           Vigneti dopo la nevicata del gennaio 2006.


           2.2. Analisi pedopaesaggistica
           L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello
           preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano forma-
           zioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi. Da questi sedimenti del Secondario e
           Terziario emergono, nei luoghi più elevati, masse eruttive ofiolitiche nere (serpentine, diabasi,
           ecc.) che originano aspri dirupi senza vegetazione.
           La costituzione geologica dell’area può essere riassunta in:
           • la parte piana appartiene all’era Quaternaria; tale area è formata dalle alluvioni recenti del Po
              e dalle conoidi glaciali-post-glaciali e dalle correnti appenniniche che si sono sovrapposte o
              appoggiate alle formazioni preesistenti;
           • le formazioni del «diluvium recente», che si estendono su circa 25.000 ettari in terreni com-
              presi fra le alluvioni e le prime ondulazioni collinari. Queste formazioni si presentano come
              una fascia che parte da Monte Acuto, tocca Stradella, Broni, Cigognola, Redavalle, Santa
              Giuletta, Casteggio e dopo un’ansa profonda prosegue per località Torrazza Vecchia sino a
              Rivanazzano. In questa zona pedecollinare è difficilissima la differenziazione tra diluvium
              antico e recente, dato che le marne fossilifere, che spesso si osservano sul conglomerato plio-
              cenico, non si manifestano costantemente lasciando il dubbio sulla loro collocazione nel
              Pliocene o in altra età.



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               I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò,
               appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate. Quelli del Pliocene si limitano
               a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello, Torrazza
               Coste, Casteggio e nelle zone più orientali dell’Oltrepò (Montù Beccaria, ecc.). Le formazioni
               mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione
               di oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato
               dal Messianico, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto
               precisa. Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano,
               Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, S. Giuletta, Torricella Verzate
               e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste,
               Codevilla e Godiasco. Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco
               fanno parte del Langhiano costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare
               assai profondo. I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole,
               talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei. Il pas-
               saggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei,
               scistosi, ma prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano che ha notevoli estensioni nei din-
               torni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano. L’Oligocene, che forma un periodo di transi-
               zione fra Eocene e il Miocene, non ha limiti ben definiti; si estende per circa 13.000 ettari su un

               Figura 2.4: Formazione dei terreni nei principali comuni lungo la scala dei tempi geologici.

             Era                                                               Cenozoico
          Periodo                                       Paleogere                                                  Neogere                  Q.
           Epoca        Paleocene                       Eocere                           Oligocere              Miocene               Plio- P
                                                                                                                                      cene
                            -60                  -50                -40                 -30          -20                   -10                   0
                    Milioni di anni fa

                                                                                                                                       Pianura
                                                            Rocca de’ Giorgi, Montecalvo,
                                                                    Ruino, Varzi                             Torrazza Coste, Casteggio,
                                                                                                           Montebello fino Montù Beccaria


                           Mornico Losana,
                        San Damiano al Colle e
                            Casa Calatroni


                                             Aquitaniano Burdigaliano Langhiano Serravalliano Tortoniano Messiniano



                           Rocca Susella, Borgo Priolo e         Montalto Pavese, Calvignano,               Montù Beccaria, Rovescala,
                                   Calvignano                     Rocca Susella e Godiasco                 Montescano, Castana, Canneto
                                                                                                             Pavese, Pietra de’ Giorgi,
                                                                                                               Cigognola, Redavalle,
                                                                                                           S. Giuletta, Torricella Verzate



               Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese                                                21
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            P4                                                    P9




            P 18                                                  P 24



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               P 25                                                                   P 38


                                                                                    Profili di suoli caratteristici dell’Oltrepò Pavese
                                                                                    P 4 - u.c. 2: suoli profondi, a tessiture franco-limo-
                                                                                    so-argillose e accumuli di carbonati in profondit à
                                                                                    su substrati flyschoidi calcarei limoso-argillosi.
                                                                                    P 9 - u.c. 9: suoli moderatamente profondi a tessi-
                                                                                    ture franco-limoso-argillose, con ristagni idrici nella
                                                                                    parte medio-bassa del suolo su substrati a domi-
                                                                                    nante argillosa.
                                                                                    P 18 - u.c. 8: suoli da sottili a moderatamente pro-
                                                                                    fondi a tessitura franco-sabbiosa su substrato ad
                                                                                    alternanze di arenarie poco cementate e limi.
                                                                                    P 24 - u.c. 7: suoli moderatamente profondi a tes-
                                                                                    situra franca, ben drenati, con contenuti in schele-
                                                                                    tro cr escenti con la profondit à, a substrati ar ena-
                                                                                    ceo-conglomeratici.
                                                                                    P 25 - u.c. 13: suolo moderatamente profondo dei
                                                                                    versanti erosi, a tessitura franco-limoso-argillosa,
                                                                                    su substrato costituito da alter nanze di calcari,
                                                                                    marne e argille.
                                                                                    P 38 - u.c. 17: suoli profondi a tessiture moderata-
                                                                                    mente fini ben dr enati dei pianalti pi ù rilevati ed
                                                                                    antichi, erosi e rimodellati, a depositi fluviali molto
                                                                                    alterati.
                                                                                    P 41 - u.c. 20: suoli moderatamente profondi a tes-
               P 41                                                                 situra franco-limosa, limitati da orizzonti induriti,
                                                                                    tipici dei pianalti inter medi a depositi fluviali rico-
                                                                                    perti da limi eolici.

              Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese                                            23
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           vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo, a Ruino, a
           Varzi, ecc.
           Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da
           argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastan-
           te di calcare marnoso che si presenta sotto forma di banchi (talora di notevole spessore) ed in
           amigdali alternate con calcescisti, calcifori e rocce durissime di natura calcarea. Gli scisti gale-
           strini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta
           collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, corrisponde
           all’ “Alberese” della Toscana e ai grandi banchi della formazione del “Monferrato”. Comprende
           16.000 ettari, ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a
           Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.
           Se geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, dal punto di vista agro-
           nomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche omoge-
           nee sono fondamentalmente sei: i depositi alluvionali terrazzati, le argille siltoso-marnose, le
           alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille, le alternanze a dominante are-
           nacea, le alternanze a dominante marnosa-calcareo-argillosa e i gessi.
           • Depositi alluvionali terrazzati
             I depositi alluvionali terrazzati si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal
             confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inse-
             rendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilie-
             vi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoe-
             renti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia
             potenza e colore.
           • Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille
             Questa unità raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litolo-
             gica di cui è difficile la suddivisione in litofacies. È perciò costituita da arenaria, brecce, cal-
             cari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille che generalmente
             costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati. Affiora estesamente nella parte col-
             linare centrale della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido.
             Prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San
             Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana. Un altro affio-
             ramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e
             Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.
           • Alternanze a dominante arenacea
             Questa litofacies è caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente
             cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio. Solitamente hanno
             maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi ma local-



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                    mente si può avere in predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica. Nel primo
                    caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo viceversa si hanno
                    spessori di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, in relazione
                    alle frequenze degli interspazi pelitici, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta
                    acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale.
                    Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argil-
                    lose. Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltrepadani in particola-
                    re modo in quelli della zona centro-occidentale dove riveste una certa importanza viticola.
              • Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso
                È costituita da alternanze ritmiche di calcari-marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm
                e argille in strati da 5-70 cm. Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze mode-
                ste. La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre elu-
                vio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli. Sono fre-
                quenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio. Affiora este-
                samente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente
                Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia importante e intensamente vita-
                ta, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino attraversando trasversalmente la
                Valle Scuropasso.
              • Gessi
                Unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, affiora su
                estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite. Si riscontrano queste
                zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

              Le zone geomorfo-litogiche che caratterizzano le tipologie di specializzazione produttiva
              dell’Oltrepò Pavese sono state riassunte attraverso la carta pedologica o pedopaesaggistica. Lo
              studio scientifico per la stesura della carta definitiva ha fatto riferimento sia a studi precedenti di
              tipo pedologico, clivometrico, altimetrico, litologico, idrogeologico, sia a cartografie derivate del
              tipo geologico, geomorfologico e paesaggistico.
              Il documento finale è stato prodotto anche grazie alle analisi chimico-fisiche sul terreno e dalle
              interpretazione delle fotografie aeree. Il territorio così delineato si compone di una serie di poli-
              goni la cui superficie è caratterizzata da una combinazione pedopaesaggistica diversa da quelle
              contigue; questi insiemi pedopaesaggistici prendono il nome di unità cartografiche. Le unità car-
              tografiche descritte nella carta pedologica hanno lo scopo di schematizzare il territorio indicando
              le caratteristiche suolo-ambiente prevalenti.
              La descrizione dei suoli e dei paesaggi esposta nella carta pedologica è organizzata per unità car-
              tografiche. La struttura è divisa in 4 sezioni riportate nella legenda.
              1) Nella prima di queste, costituita da tre colonne viene descritto il paesaggio suddiviso in siste-



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                mi, sottosistemi, unità e sottounità. Sistema e sottosistema costituiscono una suddivisione che
                descrive i caratteri fitoclimatici e paesaggistici che caratterizzano le grandi suddivisioni ope-
                rabili sul territorio dell’Oltrepò e cioè: collina a substrato roccioso (P), terrazzi (R), fondival-
                le intermontani (PV) e pianura esterna (L). La descrizione di unità e sottounità illustrano la
                forma delle superfici, la loro organizzazione e distribuzione nello spazio rispetto a quelle vici-
                ne, gli elementi morfologici che le caratterizzano o che le delimitano, oltre alla loro origine.
                Nella sottounità questi aspetti vengono approfonditi e particolareggiati con l’aggiunta della
                natura litologica del substrato, origine e granulometria prevalente dei sedimenti, pendenza e
                forma delle superfici, ecc.
           2) Nella seconda sezione della legenda trovano posto i numeri d’ordine attribuiti alle diverse
              unità cartografiche.
           3) Nella terza sezione vengono invece descritti i suoli. Di questi vengono riportati i principali
              caratteri: profondità utile per le radici (definita in base alla presenza di orizzonti che ne limi-
              tino l’approfondimento), scheletro (ossia il contenuto in ghiaia), tessitura (rapporto percentua-
              le tra sabbia, argilla e limo nella terra fine), reazione (pH), C.S.C. (Capacità di Scambio
              Cationico) e drenaggio che indica la velocità con cui un suolo si libera dell’acqua di percola-
              zione.
           4) L’ultima sezione riporta la classificazione dei suoli secondo la Soil Taxonomy del
              Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti.


           Complessivamente la carta è costituita da 29 unità cartografiche e il paesaggio è suddiviso in 4
           grandi Sistemi-Sottosistemi costituiti da collina a substrato roccioso (P), terrazzi (R), fondivalle
           intermontani (PV) e pianura esterna (L). I versanti collinari sono connotati dalla siglatura PB;
           essi sono suddivisi in 4 unità di paesaggio (PB 1, 2, 3, 4), 15 sottounità, cui corrispondono 15
           unità cartografiche. I terrazzi sono connotati dalla sigla R, contengono due sottosistemi, 5 unità
           di paesaggio ed altrettante unità cartografiche. I fondivalle sono connotati dalla sigla PV; presen-
           tano quattro unità di paesaggio. La pianura esterna è individuata da un solo sistema, sottosiste-
           ma, unità di paesaggio ed unità cartografica mentre le restanti 3 unità cartografiche coinvolgono
           aree di frana, urbanizzate e antropizzate. Nella carta compaiono complessivamente più di 750
           delineazioni.
           Si riportano la carta pedologica (figura 2.5) e la legenda associata delle unità cartografiche (tabel-
           la 2.2).




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             Figura 2.5: Mappa delle Unit à Cartografiche della D.O. Oltr epò Pavese




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                                                                                                                                                                                                    volume PINOT NERO




                                                                                           L E G E N D A D E L L A C A R T A P E D O P A E S A G G I S T I C A D E L L ’ O L T R E P O P AV E S E
                                                                                                                                                                                                    26-11-2008
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           Scorcio di paesaggio primaverile tra le vigne di Zenevr edo.




           Paesaggio viticolo estivo in localit à Bozzola nel comune di Oliva Gessi.
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              3. Le Unità Territoriali della D.O. Oltrep ò Pavese
                     La mappa delle Unità Territoriali (UT) che viene riportata, e la relativa legenda, sono la sin-
              tesi delle informazioni scientifiche raccolte durante gli ultimi 10 anni grazie agli studi condotti
              sul territorio della DOCG. I lavori sono stati intrapresi con lo studio triennale di zonazione con-
              dotto a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione Provinciale di Pavia, coordinato
              dal Di.Pro.Ve. dell’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza,
              dell’ERSAF, di Ager sc e sono stati completati con esperienze di monitoraggio del territorio con-
              dotte da Ager sc, dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese.
              Le differenti vocazionalità territoriali prevedono la distinzione tra aree adatte alla vinificazione a
              base spumante e zone più idonee alla vinificazione in rosso per la varietà Pinot nero. Le varie deli-
              mitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici. Le aree
              più indicate per base spumante (UT1, UT2 e UT5) sono caratterizzate da suoli con tessiture fini,
              localizzate prevalentemente in aree alte e fresche che risultano più piovose, con temperature più
              miti e con i maggiori sbalzi termici giornalieri. I terreni possiedono mediamente una buona abi-
              tabilità, sono profondi e hanno una elevata dotazione di nutrienti, maggior riserva idrica e drenag-
              gi più lenti. Le unità si sviluppano ad altezze medio-alte comprese tra i 200 e 550 m e sono carat-
              terizzate da versanti con esposizioni est/ovest. Le pendenze sono moderate.
              A queste unità si sovrappongono zone a duplice attitudine (UT2) le quali risultano essere mag-
              giormente assolate e calde con versanti orientati prevalentemente verso sud/ovest.
              Le unità più adatte ad un obiettivo enologico in rosso (UT4 e UT6) si contraddistinguono per
              avere tessiture più sciolte, suoli meno fertili, meno profondi e con una maggior capacità di allon-
              tanamento delle acque in eccesso. Le fasce vocate sono quelle più calde a ridosso della pianura e
              poste ad altitudini comprese tra 100 e 300 m. I versanti sono prevalentemente esposti verso
              sud/ovest e con pendenze anche sostenute. I regimi idrici sono inferiori. Le unità 4 e 6 si diffe-
              renziano tra loro per il livello di stress idrico che possono indurre alle uve durante la fase di matu-
              razione essendo l’UT6 maggiormente calda, meno drenata e con tessiture più fini.


             Tabella 3.1: Schema riassuntivo delle principali caratteristiche delle Unit à Territoriali dell’Oltrepò Pavese.




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           Questa suddivisione del territorio della DOCG Oltrepò Pavese in 6 differenti Unità Territoriali,
           riportate nella figura 3.1, identificando le aree di coltivazione delle varietà Pinot nero in cui le pre-
           stazioni vegetative, produttive e qualitative si possono considerare sufficientemente omogenee e
           confrontabili, ha permesso di elaborare dei modelli di conduzione specifici per ogni UT realiz-
           zando delle schede contenenti dei consigli riguardanti sia le scelte di gestione del suolo e di
           gestione della parete vegetativa che le scelte genetiche (clone e portinnesto) integrate con i con-
           sigli enologici più appropriati in base all’obiettivo di vinificazione.




           Paesaggio di prima collina.




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             Figura 3.1: Carta delle Unit à Territoriali per il Pinot nero nella D.O. Oltr epò Pavese




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           UNITÀ TERRITORIALE 1




                                             Caratterizzazione ambientale
            Paesaggio: area collinare dell’Oltrepò Orientale collocata tra i comuni di Montecalvo Versiggia,
            Rovescala e Santa Maria della Versa. Il paesaggio è costituito prevalentemente da dorsali ampiamente
            arrotondate intervallate da tratti subpianeggianti. I versanti sono ampi e di forma variabile, anche molto
            ondulati, con pendenze da moderate a moderatamente elevate.
            Geologia: il substrato è soffice e in maggior parte di natura argillosa (argille-marnose) con valori varia-
            bili e crescenti di calcare (marne).
            Suoli: il suolo è facilmente lavorabile con la possibilità diffusa nei versanti più scoscesi di fenomeni
            erosivi. I suoli si presentano di tessitura fine (argillo-limoso), prevalentemente profondi, molto calcarei,
            con capacità di drenaggio mediocre e scheletro scarso. Il pH è alcalino.
            La zona è contraddistinta da buoni valori di radiazione fotosinte-
            ticamente attiva (PAR: media 2300 MJ/m2 all’anno). L’area si
            sviluppa prevalentemente nella fascia collinare più interna e data
            l’ampiezza l’unità è caratterizzata da altitudini variabili tra i 150
            m del fondovalle ai 550 m nelle aree più estreme; presenta una
            classe di piovosità elevata (> 850 mm). La temperatura media
            annua è di 11°C e risulta essere più fresca della prima fascia col-
            linare di circa 1-2°C; la media estiva è di 22°C con oscillazioni
            di circa 2°C tra le aree più elevate e i versanti meglio esposti.
            Durante il periodo vegetativo della pianta l’unità si contraddistin-
            gue per le elevate escursioni termiche giornaliere. Le temperatu-
            re medie invernali possono scendere sotto lo zero termico.
            L’esposizione dei versanti è prevalentemente verso est/nord
            (70%) e sud (30%) e con pendenze medie del 20%.

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                                                                      Vocazionalità
                                           Area adatta in particolare per la produzione di vini spumante di elevato pregio,
                    Attitudine
                                           prodotti con uve caratterizzate da un ottimo rapporto tra tenore zuccherino e livel-
                    principale
                                           lo acidico.
                                                                   Profilo sensoriale




               Il profilo si presenta ampio e complesso. I vini sono caratterizzati da note floreali superiori alla media
               accompagnate da sentori di frutta matura (mela, ananas). In ugual misura si percepiscono fragranze di
               vegetale secco con richiami di fieno e paglia. Mediamente percepite sono le note erbacee e speziate in
               particolar modo di pepe. Il vino risulta mediamente minerale con una buona struttura e persistenza alla
               degustazione. Particolarmente acido e con una discreta percezione dell’amaro.




               Il vino risulta equilibrato con note floreali di viola, sentori di ciliegia e frutti rossi nella media. Le note
               erbacee prevalgono sullo speziato (pepe) e sulla percezioni di vegetale secco e frutta cotta (prugna, mar-
               mellata). Al gusto il vino si presenta con discreta struttura, abbastanza acido e astringente.


              Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese                                 39
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                                                      Consigli Gestionali
                    Oltrepò DOCG
                                   Utilizzare cloni dall’elevato potenziale qualitativo e adatti a realizzare basi spu-
                                   mante. Privilegiare un mix di cloni che forniscono un quadro acidico superiore e
                                   un tenore zuccherino medio-elevato. Tra i cloni francesi sono consigliati i 665,
             Scelte genetiche      666, 778, 780, 871, mentre in suoli particolarmente pesanti utilizzare 388, 389,
                                   521, 583, 668. Impiegando cloni italiani adottare SMA 191, 5-V-17, MIRA 95-
                                   3047, R4. Tra i cloni tedeschi il Gm 18. I portinnesti da utilizzare sono il 420A,
                                   SO4, Teleki 5C e Kober 5BB. In terreni particolarmente calcarei adottare il 41B.
                                   Si consiglia una forma di allevamento a parete (Guyot) con densità d’impianto
             Modello viticolo      comprese tra 4200 e 4500 piante/ha. Attuare una potatura ricca lasciando sul tral-
                                   cio di rinnovo circa 14 gemme totali/pianta evitando la sovrapposizione tra i ceppi.
                               La pratica dell’inerbimento, accompagnata nel sottofila da lavorazioni o diserbo,
                               risulta particolarmente idonea a causa della giacitura dei vigneti su versanti parti-
                               colarmente scoscesi che determina fenomeni di erosione in caso di intense precipi-
                               tazioni accentuati dalla tipologia di sistemazione diffusa nella zona (rittochino). Si
                               consiglia un inerbimento competitivo costituito da leguminose e graminacee allo
                               scopo di migliorare il grado di copertura del suolo, di elevare il consumo d’acqua
                               in eccesso e di apportare una maggior dose di azoto grazie alle capacità azoto fis-
                               satrice delle leguminose. Specie consigliate sono: Festuca arundinacea o F. ovina
                               e Trifolium incarnatum. Nel caso il livello di competizione risultasse essere ecces-
            Gestione del suolo
                               sivo e il vigore complessivo del vigneto risultasse troppo limitato sostituire la
                               Festuca con Poa pratensis. In caso di annate particolarmente siccitose si consiglia
                               una gestione del prato di tipo temporaneo praticando la rottura del cotico erboso nel
                               periodo di fine primavera (giugno) tramite estirpatore o zappatrice. Ogni 2 o 3 anni
                               prevedere l’utilizzo di aratri talpa o ripper allo scopo di arieggiare il suolo, di eli-
                               minare eventuali suole di lavorazione e di migliorare il drenaggio; questa pratica è
                               particolarmente consigliata nei punti di raccordo con le zone di fondovalle con l’at-
                               tenzione di realizzarla con terreni in tempera. Essendo presenti suoli ricchi di
                               Potassio si consiglia una riduzione del quantitativo in restituzione annuale del 10-
                               15% e un incremento delle unità di Azoto del 10% per sostenere il livello acidico.
                                   In funzione della influenza dell’annata sull’entità del germogliamento effettuare
                                   una scacchiatura più o meno intensa asportando i germogli secondari sterili alla
                                   lunghezza di circa 15-20cm. Eliminare anche i germogli originati da gemme di
                Gestione della     corona e controcchio o posti in posizioni non ideali sul tralcio. Per non inficiare i
                   pianta          potenziali livelli acidici non effettuare sfogliature e attuare due cimature di cui la
                                   prima in allegazione. Il diradamento dei grappoli deve essere effettuato all’invaia-
                                   tura con intensità tale da poter rispettare i limiti del disciplinare. Si può stimare
                                   una produzione di uva per pianta di circa 2,2 kg.
                                   La raccolta manuale è consigliata per mantenere il mosto protetto da ossidazioni e
                                   per minimizzare le operazioni di pulizia dei vini. In pressa, dove verranno versate
                                   le uve intere, non pigiadiraspate, si consiglia per uno spumante rosato di pressare
                                   in ambiente possibilmente protetto dall’ossigeno e in tempi lunghi per ottenere una
                  Consiglio        maggiore colorazione del mosto. Sul pressato si consiglia una chiarifica statica a
                  enologico        freddo per illimpidire il mosto. È raccomandato l’aggiunta di sali ammoniacali e
                                   tiamina, in dosi minime, per integrare le sostanze azotate e le vitamine perse nel-
                                   l’illimpidimento. Con le prime frazioni delle pressature e dai migliori tagli dei vini
                                   base dell’annata è possibile affinare “sur lies” per oltre 24 mesi, come previsto dal
                                   disciplinare per i millesimati.


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                      O.P. Pinot nero
                                           Si consigliano cloni dall’elevata specificità, caratterizzati da basso o medio vigore,
                                           da elevata potenzialità nella produzione degli zuccheri e del quadro polifenolico. Si
                                           privilegia una selezione policlonale in vigneto in modo da attenuare le alternanze
                                           dettate dall’annata e garantire un elevato e stabile tenore alcolico accompagnato da
                Scelte genetiche           struttura e intensità di colore. Tra i cloni francesi da adottare per la produzione di
                                           un rosso giovane i 113, 375, 829; per un rosso di media struttura i 114, 115, 459,
                                           mentre per rossi strutturati si consigliano i 165, 777, 828, 927, 943. Tra i cloni ita-
                                           liani Lb 9, Lb 4, SMA 185, MIRA 95-3131, MI-MIRA 98-3140 e VCR 9.
                                           Tra i portinnesti si consigliano: 101-14, 161-49, SO4 e 110R.
                                           Per esaltare l’attitudine del territorio ad una vinificazione in rosso si consiglia una
                                           maggior densità di impianto (circa 5000 ceppi/ha) con forma di allevamento a
                Modello viticolo           Guyot e attuare potature corte con 12 gemme totali sul tralcio di rinnovo.
                                           Privilegiare le esposizioni più assolate e calde.
                                 Per ridurre gli effetti della vigoria derivata dall’elevata piovosità media, si propo-
                                 ne di impostare una strategia con un inerbimento artificiale abbinato a lavorazioni
                                 o diserbo sotto fila; questa pratica potrebbe anche favorire un anticipo di matura-
                                 zione e una maggiore uniformità tra gli anni. Si consiglia un inerbimento maggior-
                                 mente competitivo costituito da graminacee (Festuca arundinacea) o dal prato
              Gestione del suolo spontaneo. Se il livello di competizione del prato spontaneo o della Festuca risul-
                                 tassero eccessivi si può sostituirli con Poa pratensis e Festuca ovina. In caso di
                                 annate particolarmente siccitose si consiglia una lavorazione a file alternate con
                                 rottura del cotico erboso nel periodo di fine primavera (giugno) tramite estirpato-
                                 re o zappatrice. Porre particolare attenzione nelle aree di raccordo mal drenate
                                 nelle quali è utile aumentare il drenaggio con l’ausilio degli aratri talpa o ripper
                                 lavorando con terreni asciutti. Si consiglia una riduzione delle unità Azoto ettaro
                                 del 10% rispetto alle normali dosi di restituzione.
                                           Gli interventi di gestione in verde devono iniziare con la scacchiatura dei germo-
                                           gli (lunghezza germoglio: 15-20 cm). Si consiglia di effettuare una sfogliatura
                                           post-invaiatura dal lato meno esposto al sole (nord o est) mentre in annate partico-
                                           larmente afose e soleggiate, specialmente nei versanti meglio esposti e nel fondo
                                           valle, con elevati tenori di umidità, si consiglia di non sfogliare mantenendo il
                 Gestione della            grappolo coperto. In alternativa si può effettuare una sfogliatura precoce per ridur-
                    pianta                 re l’allegagione e ottenere grappoli più spargoli e resistenti alle scottature. La
                                           cimatura è da effettuarsi in post-allegagione e, insieme alla scelta di portinnesti
                                           poco vigorosi e alla competizione con il prato, dovrebbe essere sufficiente per
                                           mantenere un equilibrio vegeto-produttivo idoneo allo scopo enologico prefissato.
                                           Adottando il sistema di allevamento consigliato si dovrà effettuare, sia per rientra-
                                           re nei limiti imposti dal disciplinare che per stabilire un ottimo rapporto tra uva
                                           prodotta e superficie fogliare fotosintetizzante, un diradamento dei grappoli aven-
                                           do cura di eliminare i grappoli distali.
                                           Avere cura di raccogliere i grappoli in piena maturazione. Per una maggiore estra-
                                           zione dei composti nobili dalle bucce è indicato effettuare una macerazione a fred-
                                           do pre-fermentativa. Non effettuare macerazioni troppo prolungate per evitare di
                    Consiglio              estrarre troppi tannini “verdi” ed eventualmente sottrarre i vinaccioli in macerazio-
                    enologico              ne se il vino tende a diventare troppo astringente. Alla fine della fase fermentativa
                                           lasciare alzare la temperatura per aumentare l’estrazione. È indicato l’utilizzo della
                                           microssigenazione per la stabilizzazione del colore tra la fine della fermentazione
                                           alcolica e l’inizio della malolattica e in fase di affinamento.



              Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese                                    41
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           UNITÀ TERRITORIALE 2




                                            Caratterizzazione ambientale
            Le aree presentano caratteristiche ambientali, paesaggistiche, geologiche e pedologiche simili all’Unità
            1 con la differenza che la zona delimitata è caratterizzata da maggiori valori di radiazione fotosintetica-
            mente attiva (PAR: media 2500 MJ/m2 all’anno) e si sviluppa prevalentemente nelle fascia collinare
            intermedia. L’area interessa prevalentemente i comuni di Mornico, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria,
            Montalto Pavese e Borgo Priolo. Nella fascia collinare più interna si localizzano alcune aree a duplice
            attitudine di particolare vocazione: Caseo, località Bellaria, località Valorsa e Canavera. Le altitudini
            sono in media comprese tra i 150
            m e i 350 m con aree a ottima
            esposizione e microclima ad alti-
            tudini anche superiori (350 – 450
            m). Le temperature risultano
            sostenute nelle ore centrali della
            giornata e specialmente nelle aree
            più elevate si riscontrano forti
            abbassamenti durante le ore serali
            e notturne spesso accompagnati
            dalla presenza di brezze serali.
            L’esposizione dei versanti è prin-
            cipalmente verso sud/ovest (80%)
            con pendenze medie del 20%.




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                                                                      Vocazionalità
                                           Area a duplice attitudine con ottime potenzialità sia per la produzione di uve da
                                           spumante di elevato pregio che, nei versanti più assolati e con esposizioni
                    Attitudine             sud/ovest, per la produzione di uve per una vinificazione in rosso. Alcune aree cir-
                    principale             coscritte si contraddistinguono per l’elevato profilo aromatico anche se con un
                                           minor potenziale varietale per struttura e colore rispetto a zone poste ad altitudini
                                           inferiori.
                                                                   Profilo sensoriale




               Vino equilibrato frutto di una buona maturazione delle uve dove i sentori floreali, fruttati e di vegetale
               secco risultano prevalere sulle note erbacee e speziate. In bocca il vino si distingue per possedere una
               discreta sapidità e freschezza e buona struttura.




               La duplice attitudine dell’unità permette una produzione di uve da rosso per vini complessi e media-
               mente intensi. I sentori risultano ben amalgamati tra loro lasciando più spazio alle note di ciliegia e frut-
               ti rossi. In bocca offre un prodotto mediamente acido con tannini non aggressivi.



              Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese                                  43
volume PINOT NERO    26-11-2008   15:31   Pagina 44




                                                      Consigli Gestionali
                    Oltrepò DOCG
                                   Per le caratteristiche ambientali e pedologiche simili all’UT1 si consiglia una sele-
                                   zione di cloni capaci di garantire il potenziale qualitativo mantenendo elevato il
                                   quadro acidico. Tra i cloni francesi adottare 386, 388, 389, 665, 666, 668, 780,
             Scelte genetiche      871, 583 (per conferire acidità) e 375, 114, 521, 667 (per basi aromatiche). Tra i
                                   cloni italiani R4, SMA 191, 5-V-17, MIRA 95-3047. I portinnesti da utilizzare
                                   sono il 420A, SO4, Teleki 5C e Kober 5BB. In terreni particolarmente calcarei
                                   adottare il 41B.
                                   Il modello viticolo da adottare deve prevedere una densità di circa 4500
                                   piante/ettaro con rinnovo annuale del tralcio a frutto (Guyot). Per le caratteristiche
                                   di vigore che UT2 può conferire si consiglia di evitare potature troppo ricche allo
             Modello viticolo
                                   scopo di limitare aree di affastellamento e indirettamente per ridurre i problemi
                                   sanitari dovuti al ristagno di umidità e alla difficoltà di penetrazione dei prodotti
                                   fitosanitari tra gli stati fogliari. Potatura consigliata: 14 gemme totali/pianta.
                               Vista la particolare esposizione dei versanti, ben assolati ma con il rischio di stress
                               idrici in estate, si consiglia un inerbimento dei filari costituito da leguminose e gra-
                               minacee. Nelle aree più elevate seminare un mix tra Festuca arundinacea o F.
                               ovina, Trifoglio incarnatum e Hedysarum Coronarium (Sulla). Nelle aree collina-
                               ri più vicine alla pianura, caratterizzate da una minor persistenza dell’umidità nel
                               suolo si deve privilegiare un mix meno esigente ma che possa allo stesso tempo
                               aiutare a sostenere l’acidità; si consigliano in questo caso Festuca ovina, Lolium
            Gestione del suolo Multiflorum, Poa Pratensis e Trifolium subterraneum. Le lavorazioni sotto fila
                               devono essere svolte con aratri scalzatori o con frese ad asse verticale e, in annate
                               particolarmente siccitose, si consiglia di praticare la rottura del cotico erboso nel
                               periodo primaverile (giugno) tramite estirpatore o zappatrice. Per soddisfare l’o-
                               biettivo enologico prefissato ridurre la concimazione potassica di un 10-15% e
                               incrementare le unità di Azoto del 10-15%. Per evitare pericolosi ristagni nei ver-
                               santi meno declivi utilizzare ad alternanza biennale aratri talpa o ripper anche allo
                               scopo di arieggiare il suolo ed eliminare eventuali suole di lavorazione; tale prati-
                               ca va effettuata con terreni in tempera.
                                   Una corretta gestione della potatura invernale e del vigore della pianta è fonda-
                                   mentale per garantire un buon equilibrio. Si consiglia di effettuare l’eliminazione
                                   dei germogli secondari nella fase di post-germogliamento (lunghezza germoglio:
                Gestione della     15-20 cm). Non effettuare sfogliature per non ridurre i livelli acidici e attuare due
                   pianta          cimature per incentivare l’emissione femminelle; in questo caso la prima cimatu-
                                   ra deve essere effettuata in allegagione. Il diradamento dei grappoli deve essere
                                   fatto all’invaiatura per rispettare i limiti imposti dal disciplinare prevedendo un
                                   carico per pianta in fase di maturazione di circa 2,2 kg/pianta.
                                   Una raccolta attenta dell’uva, possibilmente manuale, permette una migliore resa
                                   qualitativa in pressa e minori lavorazioni sulla frazione del pressato che verrà
                                   destinata alla produzione di spumanti rosé con un allungamento dei cicli di pres-
                  Consiglio        satura che aumenteranno l’intensità del colore del mosto. Condurre le fermenta-
                  enologico        zioni a temperature controllate e in riduzione per ottenere vini equilibrati da rifer-
                                   mentare in bottiglia. Effettuare una lunga permanenza sulle fecce fini per ottenere
                                   vini spumanti di grande struttura.




           44                                              Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
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  • 2. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 2 Finito di stampare nel mese di Dicembre 2008 da di Vanetta Lorenzo & C. s.n.c. Tipolitografia Succ. Diani e Maffi Viale Repubblica, 1 - 27043 BRONI (PV) Tel. e Fax +39 0385 51031 www.dianiemaffi.com – E-mail: info@dianiemaffi.com
  • 3. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 3 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese
  • 4. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 4 AUTORI Attilio Scienza DI.PRO.VE. – DIpartimento Osvaldo Failla di PROduzione VEgetale Luigi Mariani Università degli Studi di Milano Laura Rustioni Facoltà di Agraria Rodolfo Minelli www.diprove.unimi.it Luca Toninato AGER Sc – AGricoltura E Ricerca Jacopo Cricco Milano Davide Bacchiega www.agercoop.it Alessandro Zappata info@agercoop.it Lorenzo Monterisi Alice Colombo Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese Mario Maffi P.zza Vittorio Veneto, 24 - Broni PV Carlo Alberto Panont www.vinoltrepo.it (Coordinatore editoriale) info@vinoltrepo.it Con il contributo di: Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia ONLUS Fondazione Cariplo C.C.I.A.A. Pavia Ringraziamenti: La realizzazione di un volume come questo per la sua complessità e completezza ha previsto numerosi interventi e collaborazioni di persone, istituzioni, enti ed aziende che si vogliono qui ricordare. In particolare l’azienda Doria S.S. di Montalto Pavese, la Tenuta Mazzolino di Corvino San Quirico, l’a- zienda agricola Travaglino di Calvignano e l’azienda agricola Vercesi del Castellazzo di Montù Beccaria. Inoltre si vogliono ringraziare per la collaborazione il dott. Giuseppe Zatti dello Studio Associato Venco e Zatti di Consulenze Viticolo-enologiche di Casteggio e il dott. Giacomo Mela di Allinwine di Ponte S. Pietro (BG). Un ringraziamento particolare va al dott. Lucio Brancadoro e alla dott.ssa Giulia Tamai dell’Università di Milano, alla dott.ssa Valeria Fasoli e al dott. Maurizio Bogoni per l’aiuto, la competenza e per i numerosi lavori che hanno permesso una migliore la conoscenza del territorio. Si ringrazia inoltre il dott. Luca Salviati per le splendide foto del territorio dell’Oltrepò. Infine si ringraziano i Vivai Tutzer, i Vivai Cooperativi Rauscedo, i Vivai Golferenzo Guido e Pépinières Guillaume per tutta l’attenzione e la gentilezza mostrata per la raccolta del materiale sulle schede clonali.
  • 5. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 5 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese pag. 1. Il Pinot nero: paradigma dell’origine della viticoltura europea (Attilio Scienza, Mario Maffi) 7 1.1. Il Pinot nero e l’Oltrepò Pavese 11 2. Le risorse ambientali (Luigi Mariani, Rodolfo Minelli) 15 2.1. Il clima 15 2.2. Analisi pedopaesaggistica 20 3. Le Unità Territoriali della D.O. Oltrepò Pavese (Luca Toninato, Davide Bacchiega, Lorenzo Monterisi, Osvaldo Failla, Laura Rustioni) 35 4. Manuale d’uso del territorio 63 4.1. Le scelte agronomiche (Luca Toninato, Davide Bacchiega, Alessandro Zappata, Jacopo Cricco, Lorenzo Monterisi, Osvaldo Failla) 63 4.2. Le scelte clonali (Alice Colombo) 115 4.3. Le scelte enologiche (Laura Rustioni, Lorenzo Monterisi) 165 5. Bibliografia 199 6. Appendice 201 Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Oltrepò Pavese” Metodo Classico 201 Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” 206
  • 6. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 7 1. Il Pinot nero: paradigma dell ’origine della viticoltura europea Probabilmente l’origine del Pinot può essere fatta risalire al III-IV secolo dopo Cristo, come appare da un documento di ringraziamento all’imperatore Costantino del 312, da parte degli abi- tanti della città di Autun, dove viene citato un vigneto famoso per la sua qualità, nel pagus Arebrignus, nella Côte de Nuits. Tralasciando la dotta dissertazione con la quale Gaston Roupnel nel 1932 descrive il paesaggio rurale della Borgogna durante la presenza romana, alcuni partico- lari delle modalità di coltivazione di quel vigneto ci aiutano a risalire alle varietà coltivate, che come era consuetudine allora, non venivano mai citate. Il termine cepage con il quale si nomina il vitigno in francese deriva da cep, ceppo, pianta, indicazione generica di una vite. Il vigneto dava l’impressione di essere abbandonato, tale era l’aspetto di una inestricabile vegetazione costituita da piante molto vecchie disposte senza alcun ordine e moltiplicate per propaggine. Non è diffici- le riconoscere in questa descrizione un esempio singolare di viticoltura detta “per protezione”, dove le viti selvatiche nate spontaneamente in luoghi selvaggi venivano sottoposte ai primi pro- cessi di domesticazione (o protodomesticazione). Questa viticoltura caratterizzava il medio baci- no del Reno, l’Alsazia ed il Baden, patria di origine di una famiglia varietale che Levadoux, famo- so ampelografo francese, definisce dei “Noirien”. Molte sono le caratteristiche in comu- ne che il Pinot ha con le numerose viti selvatiche ancora presenti in alcune isole sul Reno e che i botanici tedeschi dell’800 come Gmelin, Bronner, Basserman-Jordan descrivono accertan- do la presenza di tipologie fogliari identiche al Pinot ed al Traminer. Anche l’indice di Stummer classifica i semi di Pinot come appartenenti alle viti selvatiche, unitamente alle dimensioni ridot- te dei grappoli e degli acini ed al loro grande polimorfismo, al sapore speciale del mosto dove è presente l’antranilato di metile, un composto aromatico tipico della “Vitis labrusca”. Ma la storia della rinascita della viticoltura francese dopo i fasti della cultura massaliota e narbonne- se e la crisi provocata dall’editto di Domiziano, inizia circa cinquanta anni prima del documento di ringraziamento a Costantino, con la ricostru- zione operata da Probo e con l’introduzione da Il Pinot nero, tavola tratta da Viala P., Vermorel V., parte delle sue legioni di nuovi vitigni da oriente, 1909, Ampelographie, volume II, Parigi. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 7
  • 7. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 8 dalla Pannonia e dalla Croazia dove stazionavano le due legioni più fedeli all’imperatore illiro, la Gemina e l’Invicta, responsabili del controllo delle frontiere orientali dell’impero. Questi vecchi vigneti semiabbandonati della Borgogna vengono allora rivitalizzati non con lo spianto delle vec- chie viti, ma attraverso l’impianto di nuove talee di varietà chiamate genericamente a causa della loro origine, Heunisch (da Hunnisch, Unni, dal nome degli abitanti di quelle regioni ad est della Pannonia). In Francia l’Heunisch è chiamato Gouias ed in Svizzera Gwass, con la stessa fonetica sgradevole. Alla caduta dell’Impero Romano segue un periodo di decadenza economica e politi- ca e solo con il governo dei Franchi e di Carlo Magno, che assegna le terre coltivabili e da boni- ficare agli ordini monastici, benedettini in primis, si assiste al recupero dei vecchi vigneti deca- denti ed alla creazione di nuovi con il materiale genetico che si era originato spontaneamente da seme. In particolare il convento di Beze nel VII secolo e quelli certosini nel XII hanno avuto un ruolo determinante nelle creazione dei vigneti pionieri su suoli di diversa fertilità. L’opera dei monaci nella selezione e diffusione del nuovo vitigno nato per caso è in questa fase provvidenziale ed il Pinot nero, sebbene con altri nomi,vede finalmente la luce. Ad onor del vero Columella, nella sua opera “De Re Rustica”, aveva molti secoli prima descritto un vitigno sele- zionato dai celti di Allobrogia, a foglie rotondeggianti, tipiche delle viti selvatiche, che sopporta il freddo, il cui vino si conserva con l’invecchiamento e che ama i terreni magri per la sua eleva- ta fertilità, caratteristiche che corrispondono perfettamente a quelle del Pinot nero che conoscia- mo oggi. Come in un libro di storia, dove fantasia e realtà si mescolano senza possibilità di esse- re distinte, con un salto di quasi duemila anni, si giunge ai nostri giorni e con l’apporto della gene- tica molecolare attraverso l’analisi del DNA, non solo le origini ma anche il contributo del Pinot nero alla creazione di altri vitigni europei, appaiono più chiare. Infatti il Pinot nero è il risultato di un incrocio spontaneo tra il Traminer ed un Pinot meunier, così chiamato per la tomentosità delle sue foglie, vitigno considerato un ancestrale dei Pinots. Il Pinot nero quindi, messo a con- tatto con queste varietà provenienti da oriente, ha dato origine allo Chardonnay e con lui altri quindici vitigni della regione borgognona tra quali i più importanti sono il Melon ed i Gamays. Tracce genetiche di Pinot nero sono riscontrabili anche nel Lagrein e nel Teroldego. L’analisi molecolare delle varietà coinvolte nel pedigree del Pinot consente di evidenziare la loro similari- tà dalle frequenze alleliche del DNA sia plasmidiale che nucleare, che evidenzia come il flusso genico sia avvenuto sia per dispersione di semi che di polline. Ad esempio tra le varietà di origi- ne italiana e croata si manifesta una prevalenza degli alleli di origine selvatica a testimoniare una introgressione di pochi vitigni stranieri i quali male si adattavano ai climi a loro poco favorevoli dei luoghi dove erano stati acclimatati e quindi dopo un periodo di coltivazione assieme alle viti paradomesticate, dai semi che germinavano spontaneamente, venivano scelte delle piante che pre- sentavano una migliore produttività. Per comprendere il ruolo che ha avuto il Pinot nella forma- zione di molti vitigni europei, molto interessante appare uno studio condotto nel 2004 in otto vigneti storici vicini ad Heidelberg, in Germania, che presentavano viti dall’età variante tra 60 e 200 anni e che raccoglievano più di 60 varietà delle quali alcune molto rare. Vicino a vitigni come 8 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 8. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 9 l’Honigler ungherese, il Primitivo italiano, l’Elbling bleu (incrocio tra Schiava e Riesling), sono stati identificati molti vitigni senza un nome, tutti frutto di un incrocio con il Pinot. La viticoltura episcopale ed ecclesiatica medioevale estende la coltivazione del Pinot nero al di fuori dei clos conventuali ed i Duchi di Borgogna, in particolare Filippo l’Ardito e Filippo il Buono, tra il XIV e XV secolo, lo proteggono dalla concorrenza “sleale “del Gamay. Il Pinot era chiamato nei documenti del XII-XIII secolo con il nome generico di “plant”, simile come signi- ficato a “cep”, che veniva aggettivato con il nome della sua provenienza geografica con “auver- nat” o “orleanais”. Più tardi anche con il nome di “Pineau”. Il termine “plant” fu usato sia in Borgogna che in Champagne fino alla ricostruzione postfillosserica e la distinzione tra le diverse tipologie varietali era fatta in base al colore dei tralci: Plant gris con grappoli piccoli, a matura- zione tardiva che davano un vino non di grande qualità e Plant dorè a foglie intere, di buona pro- duzione, ma che a causa della precocità di maturazione fornivano vini migliori. Nel XIV secolo compare il termine di “Pynos” usato da E. Deschamps nella ballata della “Verdure des Vins” e poco tempo dopo in uno scritto borgognone, si parla di Pinoz al plurale per indicare la grande famiglia varietale. Da allora le citazioni si moltiplicano e Champagne e Borgogna si contendono il luogo di origine del vitigno. L’Ottocento, con lo sviluppo degli studi ampelografici, mette in evidenza una caratteristica originale di questo vitigno: la sua grande variabilità intravarietale che consente di identificare e descrivere più di cinquanta tipologie di Pinots, differenti per la morfo- logia fogliare, per colore della bacca, del succo, della produttività, della precocità e per il nome del selezionatore. Per la sua ampia diffusione sia in Francia che all’estero assume molte denominazioni come Morillon nei dintorni di Parigi, Burgunder e Clevner in Germania, Borgogna in Italia. Il Pinot nero che conosciamo oggi non è però quello delle origini. Le forme primitive, anteriori al X secolo erano poco produttive e venivano chiamate Noble de Touraine e Salvagnin noir del Jura (è evidente il richiamo alla tipologia morfologica del Traminer). Con lo sviluppo della viti- coltura specializzata commerciale avvenuto dopo la piccola glaciazione, verso il 1700, vengono introdotte forme di maggiore produttività e ricchezza di colore chiamate Auvernal e Cortalloid (in questo caso il richiamo semantico è allo Chardonnay). Solo nel XVIII e XIX secolo, in Borgogna prima ed in Champagne poi, compaiono le tipologie che conosciamo oggi e che vengono classi- ficate in vari gruppi alle soglie dell’arrivo della fillossera: • gruppo dei Pinots neri cosidetti tipici; • gruppo dei mutanti cromatici (grigio o Rulaender, bianco, tête de nègre, teinturier, ecc.); • gruppo delle selezioni fatte dai viticoltori (Liebault, Giboudot, de la Malle, Crepet, ecc.); • gruppo dei Pinots espressione di luoghi di selezione e coltivazione (d’Ervelon, Trepail, du Valais, Mariafeld, ecc.); • gruppo dei Pinots dalla particolare caratteristiche morfologiche (cioutat, a limbe cotonneaux, cendre, double, meunier, ecc.); • gruppo dei Pinots precoci ottenuti da seme per autofecondazione. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 9
  • 9. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 10 In Champagne fino al secolo scorso il Pinot era chiamato Vert dorè o Plant dorè dal colore degli apici e dei germogli giovani. Ci sono voluti 1500 anni di selezione per arrivare ai cloni di Pinot nero che coltiviamo oggi. Attualmente la classificazione è molto semplificata tra i tipi fini (per produrre vini rossi) e pro- duttivi (in genere per la produzione di Champagne), con un’indicazione supplementare del porta- mento della vegetazione (eretto o ricadente). In particolare si distinguono i Pinot neri cosiddetti qualitativi a bassa produttività utilizzati per la produzione dei vini rossi di Borgogna ai quali fanno capo i cloni francesi 114, 115, 777 e quelli italiani 5V17, MIRA 3131, SMA 201 e quelli produttivi utilizzati soprattutto in Champagne come quelli francesi siglati 583, 289 e quelli italiani LB9, R4. La causa di questa grande variabilità risiede nella alta frequenza con la quale compaiono in questo vitigno le mutazioni di origine chi- merica o trasposonica che modificano l’espressione di alcuni geni che codificano per il colore della bacca, le più frequenti (basti pensare al Pinot bianco e grigio), ma anche per la forma della foglia o per il portamento della vegetazione. In Italia, malgrado il Pinot nero sia un vitigno adattato soprattutto alle regioni temperato-fresche, si diffuse lungo tutta la Penisola fino alla Sicilia a partire dalla fine del 1800 per la sua costante produttività e per l’elevato tenore zuccherino. La valutazione delle sue doti enologiche fu sempre molto sommaria perché di norma veniva vinificato assieme ad altre varietà ed a causa della sua precocità di maturazione nelle regioni meridionali o comunque negli ambienti più caldi subiva l’assalto degli uccelli o quello del marciume grigio. Per questi motivi con la seconda ricostruzio- ne postfillosserica la sua diffusione nel nostro Paese subisce una drammatica contrazione e la sua coltivazione si attesta in Oltrepò Pavese, in Trentino-Alto Adige e marginalmente in Friuli e Veneto orientale. Degna di nota per l’eccellenza della qualità, è una piccola produzione nel pesca- rese, retaggio della presenza bonapartista nelle Marche. L’Oltrepò Pavese rappresenta oggi la zona italiana che presenta la maggiore superficie di Pinot nero, con circa 2.500 ha, ma che lo vini- fica soprattutto in bianco per la presa di spuma. I tenori elevati di argilla accompagnati da buone presenze di calcare attivo alle quote più elevate, sono alla base della produzione di vini-base con buona freschezza, pH bassi e profumi eleganti. Il clima temperato del Trentino-Alto Adige, simile in alcuni meso-climi (esposizione ad Ovest, altitudini 300-400 mslm, presenza di brezze di monte che consentono buoni sbalzi termici tra giorno e notte, ecc.) a quello più continentale della Borgogna, è quello che consente una produ- zione di Pinot neri vinificati in rosso comparabile per descrittori sensoriali a quella francese. Purtroppo mancano quei tenori di argilla nel terreno che fanno di quei vini dei modelli irraggiun- gibili. Oregon e Nuova Zelanda in questi ultimi anni hanno prodotto dei Pinot neri molto vicini allo stile borgognone. Molti sono i problemi di natura colturale e compositiva che fanno del Pinot nero un vitigno molto difficile da coltivare e da vinificare. Si ricordano molto brevemente alcuni di questi aspetti quali il vigore elevato delle viti che complicano la gestione della chioma, la sensibilità alla botrite ed 10 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 10. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 11 all’oidio, la difficoltà di avere una maturazione fenolica contemporanea nelle bucce e nei vinac- cioli che spesso è alla base di un contenuto nel vino di tannini poco polimerizzati, la mancanza di antociani esterificati che rende il colore poco stabile e che tende con l’invecchiamento all’aran- ciato, la facilità con la quale accumula gli zuccheri nell’uva che comporta un ridotto contenuto in acidi nel mosto. In vinificazione è spesso vittima dell’acescenza se non si gestisce in modo cor- retto il cappello. Sono dimostrati sia il ruolo più favorevole delle follature nei confronti dei rimon- taggi nell’estrazione del colore e dei tannini meno aggressivi sia il vantaggio che comporta nella complessità sensoriale la malolattica in barrique nei confronti di quella in acciaio. È quindi un vitigno capriccioso che si esprime in vini ineguagliabili solo in ambienti dalle caratteristiche molto particolari e che per questo non può essere paragonato al Cabernet o allo Chardonnay per la loro capacità di adattamento a climi molto diversi. Inoltre esige sia in vigneto, prima nella scel- ta dei cloni e quindi nel controllo della produzione per ceppo, che in cantina nelle attenzioni durante la vinificazione, una cura maniacale fatta di accorgimenti e soluzioni, tenute accurata- mente segrete dal produttore. Per queste sue caratteristiche è il vitigno che meglio sa esprimere nel vino i segreti più intimi di un terroir e la sensibilità interpretativa del vinificatore. 1.1. Il Pinot nero e l ’Oltrepò Pavese Taluni ampelografi ipotizzano la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti, su queste colline, dal tempo dei romani; attendibili i riferimenti riconducibili all’Oltrepò Pavese che risal- Vigneto di Pinot nero in V alle Versa fotografato negli anni ‘60 (Fonte: Archivio La V ersa S.p.A.). Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 11
  • 11. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 12 gono al 1500 ove si citano Pinolo, Pignolo gentile e Pignolo grappolato. Giovanni Dalmasso, nel sostenere le antiche origini del vitigno, afferma che il Pinot grigio potrebbe essere identificato con le piante note agli antichi romani come “helvolae” ossia con uve grigie. Nella seconda metà del XIX secolo il Pinot nero approda in Oltrepò Pavese e di seguito viene spe- rimentato in tutta la penisola e in Sicilia; la maggior parte degli addetti ai lavori valuta la produ- zione come uva da taglio con le loro autoctone e sorpresi dalla maturazione precoce, nonché dai danni provocati da uccelli e altri animali, abbandonano il progetto. Solo in Oltrepò Pavese il viti- gno trova il suo habitat ottimale; i primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino che pochi anni dopo, unitamente all’imprenditore pie- montese Carlo Gancia, inizia a elaborare e commercializzare lo Champagne italiano. Ad emular- lo, alla fine degli anni settanta, è l’Ing. Domenico Mazza di Codevilla che assume un enologo ori- ginario di Reims al fine di produrre bollicine e in breve tempo si ottengono ottimi risultati sia qua- litativi, sia commerciali. Due sono le tipologie di spumante proposte dall’azienda: uno secco, l’al- tro semi-secco. Significativo il riconoscimento, 1° posto, ricevuto all’Esposizione Nazionale di Milano del 1894; merita una segnalazione anche l’evento riportato nel 1886, dal Giornale Vinicolo Italiano, relativo al varo della nave “Vesuvio” avvenuto in quel di Napoli, ad opera del Principe Luigi di Savoia, con una bottiglia di Champagne Montelio. Nel 1907 nasce a Casteggio la SVIC (Società Vinicola Italiana di Casteggio) e a dirigerla viene chiamato Pietro Riccadonna, uno dei padri della spumantistica moderna, che come motto per il lancio commerciale dello spumante fa sua l’affermazione biblica: “cos’è la vita se non spumeg- gia il vino?”. Due anni dopo viene affiancato da Angelo Ballabio e, successivamente, altri due personaggi emergenti si aggregano a loro: Mario Odero e Raffaello Sernagiotto i quali operano molto bene e il loro prodotto varca l’oceano. Nel 1912 il cartello pubblicitario “Gran Spumante SVIC” è collocato, in maniera ben visibile, accanto alla statua della libertà di New York per la commozione e la gioia degli emigranti oltrepadani che cercano fortuna nel nuovo mondo. Con l’avvento della prima guerra mondiale (1915-18) la SVIC chiude i battenti e i quattro giovani imprenditori si dividono; solo due di loro, alla fine delle ostilità, procedono nel mondo della spu- mantistica: Angelo Ballabio a Casteggio e Pietro Riccadonna nel vicino Piemonte. La fama dello spumante secco metodo champenois dell’Az. Agr. Ballabio varca, in breve tempo, i confini nazio- nali e dal 1931 può fregiarsi in etichetta del contrassegno di fornitore della Real Casa con l’auto- rizzazione ad apporre le insegne ducali concessagli da Emanuele Filiberto Duca d’Aosta. Angelo passa il testimone al figlio Giovanni che sino alla morte (1975) resta, per il territorio, il Signore della spumantistica oltrepadana. Nel frattempo emergono altre realtà nel mondo locale delle bol- licine: negli anni trenta dello scorso secolo è la Cantina Sociale La Versa a dare il via alla produ- zione di spumante a rifermentazione in bottiglia; fa seguito nel 1958 l’Az. Agr. Malpaga di Canneto Pavese. Con l’avvento, nel 1970, della D.O.C. Oltrepò Pavese e con la presidenza della Cantina La Versa S.p.A. affidata al Duca Antonio Denari, inizia una nuova era per la spumantistica locale e la 12 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 12. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 13 Cantina Sociale di S. Maria ne diventa la locomotiva trainante. Nel 1971 nasce dal Consorzio Vini Tipici il Consorzio Volontario dei Vini D.O.C. Oltrepò Pavese, a dirigerlo Edgardo Rovati e a presiederlo è il medesimo Duca Denari che, successivamente, viene eletto anche a capo dell’Istituto dello Spumante Classico Italiano; il suo carisma lo porta ad esse- re tra i primattori del settore e il Pinot nero made in Oltrepò diventa una grande realtà per l’inte- ra spumantistica nazionale. Il territorio vanta attualmente una superficie di impianto pari a 2.500 ettari a Pinot nero e 900 etta- ri a Pinot grigio pari al 25,60% dell’intera area vitata iscritta all’Albo della D.O. Nell’anno 2007 l’Oltrepò, grazie all’impegno profuso dal Presidente del Consorzio Vittorio Ruffinazzi e dal Direttore Carlo Alberto Panont, acquisisce la D.O.C.G. per l’Oltrepò Metodo Classico e con essa la possibilità di nobilitare ulteriormente questa regione viticola. Se il vitigno in oggetto si identifica storicamente per la produzione di uve finalizzate alla spuman- tizzazione, è pur vero che dagli anni cinquanta del secolo scorso qualche produttore ha intuito la possibilità di poter vinificare anche in rosso tali uve. Il primo ad ottenere eccellenti risultati qua- litativi è stato il Dr. Carlo Dezza di Montecalvo Versiggia emulato, a breve, dalla Dr.ssa Giuseppina Quaroni di Montù Beccaria. Dai loro successi nasce la convinzione che, con l’ade- guato supporto della ricerca scientifica, l’identificazione dei cloni ottimali, la scelta del terreno, del microclima e delle adeguate operazione colturali, una nuova importante realtà viticola-enolo- gica possa caratterizzarsi con alcuni nostri territori. Inizia così una nuova avventura che vede impegnate già un buon numero di aziende con risultati decisamente incoraggianti. Spumanti clas- sici importanti e un vino rosso di grande eleganza; la sfida continua e alla base sempre lui: l’ac- cattivante, a volte bizzarro, ma sempre affascinante Pinot nero. Cantina dell’Azienda Vistarino di Rocca de’ Giorgi: batteria di torchi idraulici di inizio secolo. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 13
  • 13. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 14 Cumuli congesti sintomo di atmosfera instabile favor evole allo sviluppo convettivo. Cielo sereno con cumuli da bel tempo e cirri in alta quota prodotti dall ’instaurarsi di condizioni anticiclo- niche.
  • 14. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 15 2. Le risorse ambientali 2.1. Il clima L’area dell’Oltrepò Pavese si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia. L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord. Fra gli aspetti legati alla localizzazione ed ai caratteri geografici che presentano le più forti ripercussioni sul clima si segnala: • La vicinanza di “regioni sorgenti” dalle quali la grande circolazione atmosferica attinge masse d’aria con caratteristiche particolari convogliandole sull’area dell’Oltrepò Pavese. Le principa- li “regioni sorgenti” sono la regione artica (fonte di masse d’aria fredda), la regione continen- tale russo – siberiana (fonte di masse d’aria molto fredda ed asciutta nel periodo invernale), l’area atlantica (fonte di masse d’aria umida e mite), il Mediterraneo, fonte di aria calda in tutte le stagioni ed infine l’area africana (fonte di aria molto calda e che si umidifica transitando sul Mediterraneo). • La struttura del rilievo (giacitura, pendenza, esposizione), la quale determina vari effetti di tipo pluviometrico, riassunti nel termine “intensificazione orografica”. Inoltre dal punto di vista termico si può osservare che le aree di fondovalle e comunque le zone di compluvio sono esposte nel periodo notturno a fenomeni di accumulo di aria fredda che scivola dalle pendici mentre le pendici stesse presentano condizioni di maggior mitezza. Inoltre le pendici non risentono degli effetti di accumulo d’aria fredda al fondo del “catino” padano, frutto delle inversioni termiche invernali ed il cui indicatore principale sono gli episodi di nebbia estesa e persistente. • La copertura del suolo che determina una vasta serie di effetti microclimatici (es: un suolo nudo si scalda molto di più durante il giorno e si raffredda più velocemente nel periodo not- turno). La radiazione solare Se la radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, nelle zone collinari sono a tutti noti in termini qualitativi gli effetti della pendenza, dell’esposizione e del- l’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto. Per esprimere in termini quantitativi le risorse radiative territoriali è stato realizzato un modello radiativo del territorio che ha consentito di sti- mare le risorse radiative dell’Oltrepò su aree (celle) di 75 x 75 m. Si tratta di un importante stru- mento di valutazione vocazionale, che si è reso disponibile grazie all’affinamento delle tecniche di modellizzazione ed all’aumentata potenza di calcolo degli elaboratori. L’algoritmo impiegato è stato applicato al DEM (Modello Digitale del Terreno) dell’Oltrepò visualizzato in figura 2.1. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 15
  • 15. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 16 Figura 2.1: Modello digitale del terr eno della D.O. Oltrepò Pavese. Il risultato finale sono i valori di Radiazione globale (scomposta nella componente diretta e dif- fusa) e di radiazione fotosinteticamente attiva che giungono su ogni singola cella, il tutto espres- 2 so in MJ per m all’anno. I valori sono stati calcolati con step di 10 minuti e sono stati integrati per ottenere dei totali annuali che esprimono le risorse radiative delle singole porzioni di territo- rio. In particolare la mappa della PAR (figura 2.2) mostra l’estrema disomogeneità della distribu- zione della radiazione sul territorio collinare dell’Oltrepò, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite. Mediamente l’aria orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di 2 valore di radiazione solare, compresa tra 2250 e 3000 MJ/m all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati. 16 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 16. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 17 Figura 2.2: Mappa della radiazione fotosinteticamente attiva (P AR) della D.O. Oltrepò Pavese. La temperatura dell’aria La temperatura dell’aria è frutto di tre fenomeni distinti: • il bilancio energetico della superficie del terreno (quanta energia arriva dal Sole, quanta viene ceduta dalla superficie verso l’atmosfera e verso l’interno del terreno); • gli apporti di masse d’aria calda o fredda dalle zone circostanti dovuti alle brezze di monte e di valle; • gli apporti a grande scala di masse d’aria calda o fredda dalle “regioni sorgenti”. Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa 1/2°C. L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferio- re a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione ter- mica. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 17
  • 17. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 18 Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22 / 24°C) mentre a quote inferiori a 500 m sono le massime mensili (circa 28 / 30°C) ad essere sen- sibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25 / 27 °C). Le temperature minime verificate nei mesi di gennaio o febbraio sono comprese fra –8 e –13°C. Le precipitazioni La quantità e la distribuzione spaziale e temporale delle precipitazioni risente dei seguenti fatto- ri principali: • la localizzazione geografica cui é connessa la frequenza e la persistenza delle diverse struttu- re circolatorie favorevoli alle precipitazioni e in particolare le perturbazioni atlantiche, le depressioni mediterranee e le irruzioni di aria fresca atlantica in quota nel periodo estivo cui conseguono temporali anche violenti; • effetti del rilievo (accentuazione orografica delle precipitazioni). La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un minimo rispettivamente nei mesi di novembre e di luglio. In media il mese più piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (tabella 2.1). Cumulonembo: tipica nuvola temporalesca in grado di produrr e pioggia, grandine e seppur raramente trombe d’aria. 18 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 18. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:25 Pagina 19 Tabella 2.1: Distribuzione mensile delle pr ecipitazioni medie annue (mm). Mese G F M A M G L A S O N D mm 69 70 91 94 121 80 47 70 89 114 143 87 La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da ovest verso est (figura 2.3) che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi dell’alessandrino (Alessandria: 556 mm/anno di precipitazione media). Figura 2.3: Mappa delle pr ecipitazioni medie annue (mm/anno) della D.O. Oltr epò Pavese. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 19
  • 19. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:26 Pagina 20 Vigneti dopo la nevicata del gennaio 2006. 2.2. Analisi pedopaesaggistica L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano forma- zioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi. Da questi sedimenti del Secondario e Terziario emergono, nei luoghi più elevati, masse eruttive ofiolitiche nere (serpentine, diabasi, ecc.) che originano aspri dirupi senza vegetazione. La costituzione geologica dell’area può essere riassunta in: • la parte piana appartiene all’era Quaternaria; tale area è formata dalle alluvioni recenti del Po e dalle conoidi glaciali-post-glaciali e dalle correnti appenniniche che si sono sovrapposte o appoggiate alle formazioni preesistenti; • le formazioni del «diluvium recente», che si estendono su circa 25.000 ettari in terreni com- presi fra le alluvioni e le prime ondulazioni collinari. Queste formazioni si presentano come una fascia che parte da Monte Acuto, tocca Stradella, Broni, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Casteggio e dopo un’ansa profonda prosegue per località Torrazza Vecchia sino a Rivanazzano. In questa zona pedecollinare è difficilissima la differenziazione tra diluvium antico e recente, dato che le marne fossilifere, che spesso si osservano sul conglomerato plio- cenico, non si manifestano costantemente lasciando il dubbio sulla loro collocazione nel Pliocene o in altra età. 20 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 20. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:26 Pagina 21 I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate. Quelli del Pliocene si limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello, Torrazza Coste, Casteggio e nelle zone più orientali dell’Oltrepò (Montù Beccaria, ecc.). Le formazioni mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato dal Messianico, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa. Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, S. Giuletta, Torricella Verzate e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e Godiasco. Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte del Langhiano costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo. I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei. Il pas- saggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano che ha notevoli estensioni nei din- torni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano. L’Oligocene, che forma un periodo di transi- zione fra Eocene e il Miocene, non ha limiti ben definiti; si estende per circa 13.000 ettari su un Figura 2.4: Formazione dei terreni nei principali comuni lungo la scala dei tempi geologici. Era Cenozoico Periodo Paleogere Neogere Q. Epoca Paleocene Eocere Oligocere Miocene Plio- P cene -60 -50 -40 -30 -20 -10 0 Milioni di anni fa Pianura Rocca de’ Giorgi, Montecalvo, Ruino, Varzi Torrazza Coste, Casteggio, Montebello fino Montù Beccaria Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni Aquitaniano Burdigaliano Langhiano Serravalliano Tortoniano Messiniano Rocca Susella, Borgo Priolo e Montalto Pavese, Calvignano, Montù Beccaria, Rovescala, Calvignano Rocca Susella e Godiasco Montescano, Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, S. Giuletta, Torricella Verzate Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 21
  • 21. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:26 Pagina 22 P4 P9 P 18 P 24 22 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 22. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:26 Pagina 23 P 25 P 38 Profili di suoli caratteristici dell’Oltrepò Pavese P 4 - u.c. 2: suoli profondi, a tessiture franco-limo- so-argillose e accumuli di carbonati in profondit à su substrati flyschoidi calcarei limoso-argillosi. P 9 - u.c. 9: suoli moderatamente profondi a tessi- ture franco-limoso-argillose, con ristagni idrici nella parte medio-bassa del suolo su substrati a domi- nante argillosa. P 18 - u.c. 8: suoli da sottili a moderatamente pro- fondi a tessitura franco-sabbiosa su substrato ad alternanze di arenarie poco cementate e limi. P 24 - u.c. 7: suoli moderatamente profondi a tes- situra franca, ben drenati, con contenuti in schele- tro cr escenti con la profondit à, a substrati ar ena- ceo-conglomeratici. P 25 - u.c. 13: suolo moderatamente profondo dei versanti erosi, a tessitura franco-limoso-argillosa, su substrato costituito da alter nanze di calcari, marne e argille. P 38 - u.c. 17: suoli profondi a tessiture moderata- mente fini ben dr enati dei pianalti pi ù rilevati ed antichi, erosi e rimodellati, a depositi fluviali molto alterati. P 41 - u.c. 20: suoli moderatamente profondi a tes- P 41 situra franco-limosa, limitati da orizzonti induriti, tipici dei pianalti inter medi a depositi fluviali rico- perti da limi eolici. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 23
  • 23. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:26 Pagina 24 vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo, a Ruino, a Varzi, ecc. Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastan- te di calcare marnoso che si presenta sotto forma di banchi (talora di notevole spessore) ed in amigdali alternate con calcescisti, calcifori e rocce durissime di natura calcarea. Gli scisti gale- strini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, corrisponde all’ “Alberese” della Toscana e ai grandi banchi della formazione del “Monferrato”. Comprende 16.000 ettari, ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni. Se geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, dal punto di vista agro- nomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche omoge- nee sono fondamentalmente sei: i depositi alluvionali terrazzati, le argille siltoso-marnose, le alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille, le alternanze a dominante are- nacea, le alternanze a dominante marnosa-calcareo-argillosa e i gessi. • Depositi alluvionali terrazzati I depositi alluvionali terrazzati si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inse- rendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilie- vi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoe- renti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e colore. • Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille Questa unità raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litolo- gica di cui è difficile la suddivisione in litofacies. È perciò costituita da arenaria, brecce, cal- cari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati. Affiora estesamente nella parte col- linare centrale della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido. Prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana. Un altro affio- ramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella. • Alternanze a dominante arenacea Questa litofacies è caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio. Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi ma local- 24 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 24. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:26 Pagina 25 mente si può avere in predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica. Nel primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo viceversa si hanno spessori di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, in relazione alle frequenze degli interspazi pelitici, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argil- lose. Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltrepadani in particola- re modo in quelli della zona centro-occidentale dove riveste una certa importanza viticola. • Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso È costituita da alternanze ritmiche di calcari-marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5-70 cm. Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze mode- ste. La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre elu- vio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli. Sono fre- quenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio. Affiora este- samente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia importante e intensamente vita- ta, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso. • Gessi Unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, affiora su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite. Si riscontrano queste zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca. Le zone geomorfo-litogiche che caratterizzano le tipologie di specializzazione produttiva dell’Oltrepò Pavese sono state riassunte attraverso la carta pedologica o pedopaesaggistica. Lo studio scientifico per la stesura della carta definitiva ha fatto riferimento sia a studi precedenti di tipo pedologico, clivometrico, altimetrico, litologico, idrogeologico, sia a cartografie derivate del tipo geologico, geomorfologico e paesaggistico. Il documento finale è stato prodotto anche grazie alle analisi chimico-fisiche sul terreno e dalle interpretazione delle fotografie aeree. Il territorio così delineato si compone di una serie di poli- goni la cui superficie è caratterizzata da una combinazione pedopaesaggistica diversa da quelle contigue; questi insiemi pedopaesaggistici prendono il nome di unità cartografiche. Le unità car- tografiche descritte nella carta pedologica hanno lo scopo di schematizzare il territorio indicando le caratteristiche suolo-ambiente prevalenti. La descrizione dei suoli e dei paesaggi esposta nella carta pedologica è organizzata per unità car- tografiche. La struttura è divisa in 4 sezioni riportate nella legenda. 1) Nella prima di queste, costituita da tre colonne viene descritto il paesaggio suddiviso in siste- Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 25
  • 25. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:26 Pagina 26 mi, sottosistemi, unità e sottounità. Sistema e sottosistema costituiscono una suddivisione che descrive i caratteri fitoclimatici e paesaggistici che caratterizzano le grandi suddivisioni ope- rabili sul territorio dell’Oltrepò e cioè: collina a substrato roccioso (P), terrazzi (R), fondival- le intermontani (PV) e pianura esterna (L). La descrizione di unità e sottounità illustrano la forma delle superfici, la loro organizzazione e distribuzione nello spazio rispetto a quelle vici- ne, gli elementi morfologici che le caratterizzano o che le delimitano, oltre alla loro origine. Nella sottounità questi aspetti vengono approfonditi e particolareggiati con l’aggiunta della natura litologica del substrato, origine e granulometria prevalente dei sedimenti, pendenza e forma delle superfici, ecc. 2) Nella seconda sezione della legenda trovano posto i numeri d’ordine attribuiti alle diverse unità cartografiche. 3) Nella terza sezione vengono invece descritti i suoli. Di questi vengono riportati i principali caratteri: profondità utile per le radici (definita in base alla presenza di orizzonti che ne limi- tino l’approfondimento), scheletro (ossia il contenuto in ghiaia), tessitura (rapporto percentua- le tra sabbia, argilla e limo nella terra fine), reazione (pH), C.S.C. (Capacità di Scambio Cationico) e drenaggio che indica la velocità con cui un suolo si libera dell’acqua di percola- zione. 4) L’ultima sezione riporta la classificazione dei suoli secondo la Soil Taxonomy del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Complessivamente la carta è costituita da 29 unità cartografiche e il paesaggio è suddiviso in 4 grandi Sistemi-Sottosistemi costituiti da collina a substrato roccioso (P), terrazzi (R), fondivalle intermontani (PV) e pianura esterna (L). I versanti collinari sono connotati dalla siglatura PB; essi sono suddivisi in 4 unità di paesaggio (PB 1, 2, 3, 4), 15 sottounità, cui corrispondono 15 unità cartografiche. I terrazzi sono connotati dalla sigla R, contengono due sottosistemi, 5 unità di paesaggio ed altrettante unità cartografiche. I fondivalle sono connotati dalla sigla PV; presen- tano quattro unità di paesaggio. La pianura esterna è individuata da un solo sistema, sottosiste- ma, unità di paesaggio ed unità cartografica mentre le restanti 3 unità cartografiche coinvolgono aree di frana, urbanizzate e antropizzate. Nella carta compaiono complessivamente più di 750 delineazioni. Si riportano la carta pedologica (figura 2.5) e la legenda associata delle unità cartografiche (tabel- la 2.2). 26 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 26. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:26 Pagina 27 Figura 2.5: Mappa delle Unit à Cartografiche della D.O. Oltr epò Pavese Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 27
  • 27. 28 Tabella 2.2: Legenda della carta pedopaesaggistica della D.O. Oltr epò Pavese volume PINOT NERO L E G E N D A D E L L A C A R T A P E D O P A E S A G G I S T I C A D E L L ’ O L T R E P O P AV E S E 26-11-2008 15:27 Pagina 28 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 28. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:27 Pagina 29 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 29
  • 29. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:27 Pagina 30 30 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 30. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:28 Pagina 31 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 31
  • 31. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:28 Pagina 32 32 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 32. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:28 Pagina 33 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese Area di sviluppo per le coltivazioni di Pinot nero ad altitudini maggiori di 400 m.s.l.m. nel comune di Rocca de ’ Giorgi. 33
  • 33. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:29 Pagina 34 Scorcio di paesaggio primaverile tra le vigne di Zenevr edo. Paesaggio viticolo estivo in localit à Bozzola nel comune di Oliva Gessi.
  • 34. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:29 Pagina 35 3. Le Unità Territoriali della D.O. Oltrep ò Pavese La mappa delle Unità Territoriali (UT) che viene riportata, e la relativa legenda, sono la sin- tesi delle informazioni scientifiche raccolte durante gli ultimi 10 anni grazie agli studi condotti sul territorio della DOCG. I lavori sono stati intrapresi con lo studio triennale di zonazione con- dotto a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione Provinciale di Pavia, coordinato dal Di.Pro.Ve. dell’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza, dell’ERSAF, di Ager sc e sono stati completati con esperienze di monitoraggio del territorio con- dotte da Ager sc, dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese. Le differenti vocazionalità territoriali prevedono la distinzione tra aree adatte alla vinificazione a base spumante e zone più idonee alla vinificazione in rosso per la varietà Pinot nero. Le varie deli- mitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici. Le aree più indicate per base spumante (UT1, UT2 e UT5) sono caratterizzate da suoli con tessiture fini, localizzate prevalentemente in aree alte e fresche che risultano più piovose, con temperature più miti e con i maggiori sbalzi termici giornalieri. I terreni possiedono mediamente una buona abi- tabilità, sono profondi e hanno una elevata dotazione di nutrienti, maggior riserva idrica e drenag- gi più lenti. Le unità si sviluppano ad altezze medio-alte comprese tra i 200 e 550 m e sono carat- terizzate da versanti con esposizioni est/ovest. Le pendenze sono moderate. A queste unità si sovrappongono zone a duplice attitudine (UT2) le quali risultano essere mag- giormente assolate e calde con versanti orientati prevalentemente verso sud/ovest. Le unità più adatte ad un obiettivo enologico in rosso (UT4 e UT6) si contraddistinguono per avere tessiture più sciolte, suoli meno fertili, meno profondi e con una maggior capacità di allon- tanamento delle acque in eccesso. Le fasce vocate sono quelle più calde a ridosso della pianura e poste ad altitudini comprese tra 100 e 300 m. I versanti sono prevalentemente esposti verso sud/ovest e con pendenze anche sostenute. I regimi idrici sono inferiori. Le unità 4 e 6 si diffe- renziano tra loro per il livello di stress idrico che possono indurre alle uve durante la fase di matu- razione essendo l’UT6 maggiormente calda, meno drenata e con tessiture più fini. Tabella 3.1: Schema riassuntivo delle principali caratteristiche delle Unit à Territoriali dell’Oltrepò Pavese. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 35
  • 35. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:29 Pagina 36 Questa suddivisione del territorio della DOCG Oltrepò Pavese in 6 differenti Unità Territoriali, riportate nella figura 3.1, identificando le aree di coltivazione delle varietà Pinot nero in cui le pre- stazioni vegetative, produttive e qualitative si possono considerare sufficientemente omogenee e confrontabili, ha permesso di elaborare dei modelli di conduzione specifici per ogni UT realiz- zando delle schede contenenti dei consigli riguardanti sia le scelte di gestione del suolo e di gestione della parete vegetativa che le scelte genetiche (clone e portinnesto) integrate con i con- sigli enologici più appropriati in base all’obiettivo di vinificazione. Paesaggio di prima collina. 36 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 36. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:29 Pagina 37 Figura 3.1: Carta delle Unit à Territoriali per il Pinot nero nella D.O. Oltr epò Pavese Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 37
  • 37. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:29 Pagina 38 UNITÀ TERRITORIALE 1 Caratterizzazione ambientale Paesaggio: area collinare dell’Oltrepò Orientale collocata tra i comuni di Montecalvo Versiggia, Rovescala e Santa Maria della Versa. Il paesaggio è costituito prevalentemente da dorsali ampiamente arrotondate intervallate da tratti subpianeggianti. I versanti sono ampi e di forma variabile, anche molto ondulati, con pendenze da moderate a moderatamente elevate. Geologia: il substrato è soffice e in maggior parte di natura argillosa (argille-marnose) con valori varia- bili e crescenti di calcare (marne). Suoli: il suolo è facilmente lavorabile con la possibilità diffusa nei versanti più scoscesi di fenomeni erosivi. I suoli si presentano di tessitura fine (argillo-limoso), prevalentemente profondi, molto calcarei, con capacità di drenaggio mediocre e scheletro scarso. Il pH è alcalino. La zona è contraddistinta da buoni valori di radiazione fotosinte- ticamente attiva (PAR: media 2300 MJ/m2 all’anno). L’area si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare più interna e data l’ampiezza l’unità è caratterizzata da altitudini variabili tra i 150 m del fondovalle ai 550 m nelle aree più estreme; presenta una classe di piovosità elevata (> 850 mm). La temperatura media annua è di 11°C e risulta essere più fresca della prima fascia col- linare di circa 1-2°C; la media estiva è di 22°C con oscillazioni di circa 2°C tra le aree più elevate e i versanti meglio esposti. Durante il periodo vegetativo della pianta l’unità si contraddistin- gue per le elevate escursioni termiche giornaliere. Le temperatu- re medie invernali possono scendere sotto lo zero termico. L’esposizione dei versanti è prevalentemente verso est/nord (70%) e sud (30%) e con pendenze medie del 20%. 38 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 38. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:30 Pagina 39 Vocazionalità Area adatta in particolare per la produzione di vini spumante di elevato pregio, Attitudine prodotti con uve caratterizzate da un ottimo rapporto tra tenore zuccherino e livel- principale lo acidico. Profilo sensoriale Il profilo si presenta ampio e complesso. I vini sono caratterizzati da note floreali superiori alla media accompagnate da sentori di frutta matura (mela, ananas). In ugual misura si percepiscono fragranze di vegetale secco con richiami di fieno e paglia. Mediamente percepite sono le note erbacee e speziate in particolar modo di pepe. Il vino risulta mediamente minerale con una buona struttura e persistenza alla degustazione. Particolarmente acido e con una discreta percezione dell’amaro. Il vino risulta equilibrato con note floreali di viola, sentori di ciliegia e frutti rossi nella media. Le note erbacee prevalgono sullo speziato (pepe) e sulla percezioni di vegetale secco e frutta cotta (prugna, mar- mellata). Al gusto il vino si presenta con discreta struttura, abbastanza acido e astringente. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 39
  • 39. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:30 Pagina 40 Consigli Gestionali Oltrepò DOCG Utilizzare cloni dall’elevato potenziale qualitativo e adatti a realizzare basi spu- mante. Privilegiare un mix di cloni che forniscono un quadro acidico superiore e un tenore zuccherino medio-elevato. Tra i cloni francesi sono consigliati i 665, Scelte genetiche 666, 778, 780, 871, mentre in suoli particolarmente pesanti utilizzare 388, 389, 521, 583, 668. Impiegando cloni italiani adottare SMA 191, 5-V-17, MIRA 95- 3047, R4. Tra i cloni tedeschi il Gm 18. I portinnesti da utilizzare sono il 420A, SO4, Teleki 5C e Kober 5BB. In terreni particolarmente calcarei adottare il 41B. Si consiglia una forma di allevamento a parete (Guyot) con densità d’impianto Modello viticolo comprese tra 4200 e 4500 piante/ha. Attuare una potatura ricca lasciando sul tral- cio di rinnovo circa 14 gemme totali/pianta evitando la sovrapposizione tra i ceppi. La pratica dell’inerbimento, accompagnata nel sottofila da lavorazioni o diserbo, risulta particolarmente idonea a causa della giacitura dei vigneti su versanti parti- colarmente scoscesi che determina fenomeni di erosione in caso di intense precipi- tazioni accentuati dalla tipologia di sistemazione diffusa nella zona (rittochino). Si consiglia un inerbimento competitivo costituito da leguminose e graminacee allo scopo di migliorare il grado di copertura del suolo, di elevare il consumo d’acqua in eccesso e di apportare una maggior dose di azoto grazie alle capacità azoto fis- satrice delle leguminose. Specie consigliate sono: Festuca arundinacea o F. ovina e Trifolium incarnatum. Nel caso il livello di competizione risultasse essere ecces- Gestione del suolo sivo e il vigore complessivo del vigneto risultasse troppo limitato sostituire la Festuca con Poa pratensis. In caso di annate particolarmente siccitose si consiglia una gestione del prato di tipo temporaneo praticando la rottura del cotico erboso nel periodo di fine primavera (giugno) tramite estirpatore o zappatrice. Ogni 2 o 3 anni prevedere l’utilizzo di aratri talpa o ripper allo scopo di arieggiare il suolo, di eli- minare eventuali suole di lavorazione e di migliorare il drenaggio; questa pratica è particolarmente consigliata nei punti di raccordo con le zone di fondovalle con l’at- tenzione di realizzarla con terreni in tempera. Essendo presenti suoli ricchi di Potassio si consiglia una riduzione del quantitativo in restituzione annuale del 10- 15% e un incremento delle unità di Azoto del 10% per sostenere il livello acidico. In funzione della influenza dell’annata sull’entità del germogliamento effettuare una scacchiatura più o meno intensa asportando i germogli secondari sterili alla lunghezza di circa 15-20cm. Eliminare anche i germogli originati da gemme di Gestione della corona e controcchio o posti in posizioni non ideali sul tralcio. Per non inficiare i pianta potenziali livelli acidici non effettuare sfogliature e attuare due cimature di cui la prima in allegazione. Il diradamento dei grappoli deve essere effettuato all’invaia- tura con intensità tale da poter rispettare i limiti del disciplinare. Si può stimare una produzione di uva per pianta di circa 2,2 kg. La raccolta manuale è consigliata per mantenere il mosto protetto da ossidazioni e per minimizzare le operazioni di pulizia dei vini. In pressa, dove verranno versate le uve intere, non pigiadiraspate, si consiglia per uno spumante rosato di pressare in ambiente possibilmente protetto dall’ossigeno e in tempi lunghi per ottenere una Consiglio maggiore colorazione del mosto. Sul pressato si consiglia una chiarifica statica a enologico freddo per illimpidire il mosto. È raccomandato l’aggiunta di sali ammoniacali e tiamina, in dosi minime, per integrare le sostanze azotate e le vitamine perse nel- l’illimpidimento. Con le prime frazioni delle pressature e dai migliori tagli dei vini base dell’annata è possibile affinare “sur lies” per oltre 24 mesi, come previsto dal disciplinare per i millesimati. 40 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 40. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:30 Pagina 41 O.P. Pinot nero Si consigliano cloni dall’elevata specificità, caratterizzati da basso o medio vigore, da elevata potenzialità nella produzione degli zuccheri e del quadro polifenolico. Si privilegia una selezione policlonale in vigneto in modo da attenuare le alternanze dettate dall’annata e garantire un elevato e stabile tenore alcolico accompagnato da Scelte genetiche struttura e intensità di colore. Tra i cloni francesi da adottare per la produzione di un rosso giovane i 113, 375, 829; per un rosso di media struttura i 114, 115, 459, mentre per rossi strutturati si consigliano i 165, 777, 828, 927, 943. Tra i cloni ita- liani Lb 9, Lb 4, SMA 185, MIRA 95-3131, MI-MIRA 98-3140 e VCR 9. Tra i portinnesti si consigliano: 101-14, 161-49, SO4 e 110R. Per esaltare l’attitudine del territorio ad una vinificazione in rosso si consiglia una maggior densità di impianto (circa 5000 ceppi/ha) con forma di allevamento a Modello viticolo Guyot e attuare potature corte con 12 gemme totali sul tralcio di rinnovo. Privilegiare le esposizioni più assolate e calde. Per ridurre gli effetti della vigoria derivata dall’elevata piovosità media, si propo- ne di impostare una strategia con un inerbimento artificiale abbinato a lavorazioni o diserbo sotto fila; questa pratica potrebbe anche favorire un anticipo di matura- zione e una maggiore uniformità tra gli anni. Si consiglia un inerbimento maggior- mente competitivo costituito da graminacee (Festuca arundinacea) o dal prato Gestione del suolo spontaneo. Se il livello di competizione del prato spontaneo o della Festuca risul- tassero eccessivi si può sostituirli con Poa pratensis e Festuca ovina. In caso di annate particolarmente siccitose si consiglia una lavorazione a file alternate con rottura del cotico erboso nel periodo di fine primavera (giugno) tramite estirpato- re o zappatrice. Porre particolare attenzione nelle aree di raccordo mal drenate nelle quali è utile aumentare il drenaggio con l’ausilio degli aratri talpa o ripper lavorando con terreni asciutti. Si consiglia una riduzione delle unità Azoto ettaro del 10% rispetto alle normali dosi di restituzione. Gli interventi di gestione in verde devono iniziare con la scacchiatura dei germo- gli (lunghezza germoglio: 15-20 cm). Si consiglia di effettuare una sfogliatura post-invaiatura dal lato meno esposto al sole (nord o est) mentre in annate partico- larmente afose e soleggiate, specialmente nei versanti meglio esposti e nel fondo valle, con elevati tenori di umidità, si consiglia di non sfogliare mantenendo il Gestione della grappolo coperto. In alternativa si può effettuare una sfogliatura precoce per ridur- pianta re l’allegagione e ottenere grappoli più spargoli e resistenti alle scottature. La cimatura è da effettuarsi in post-allegagione e, insieme alla scelta di portinnesti poco vigorosi e alla competizione con il prato, dovrebbe essere sufficiente per mantenere un equilibrio vegeto-produttivo idoneo allo scopo enologico prefissato. Adottando il sistema di allevamento consigliato si dovrà effettuare, sia per rientra- re nei limiti imposti dal disciplinare che per stabilire un ottimo rapporto tra uva prodotta e superficie fogliare fotosintetizzante, un diradamento dei grappoli aven- do cura di eliminare i grappoli distali. Avere cura di raccogliere i grappoli in piena maturazione. Per una maggiore estra- zione dei composti nobili dalle bucce è indicato effettuare una macerazione a fred- do pre-fermentativa. Non effettuare macerazioni troppo prolungate per evitare di Consiglio estrarre troppi tannini “verdi” ed eventualmente sottrarre i vinaccioli in macerazio- enologico ne se il vino tende a diventare troppo astringente. Alla fine della fase fermentativa lasciare alzare la temperatura per aumentare l’estrazione. È indicato l’utilizzo della microssigenazione per la stabilizzazione del colore tra la fine della fermentazione alcolica e l’inizio della malolattica e in fase di affinamento. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 41
  • 41. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:30 Pagina 42 UNITÀ TERRITORIALE 2 Caratterizzazione ambientale Le aree presentano caratteristiche ambientali, paesaggistiche, geologiche e pedologiche simili all’Unità 1 con la differenza che la zona delimitata è caratterizzata da maggiori valori di radiazione fotosintetica- mente attiva (PAR: media 2500 MJ/m2 all’anno) e si sviluppa prevalentemente nelle fascia collinare intermedia. L’area interessa prevalentemente i comuni di Mornico, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria, Montalto Pavese e Borgo Priolo. Nella fascia collinare più interna si localizzano alcune aree a duplice attitudine di particolare vocazione: Caseo, località Bellaria, località Valorsa e Canavera. Le altitudini sono in media comprese tra i 150 m e i 350 m con aree a ottima esposizione e microclima ad alti- tudini anche superiori (350 – 450 m). Le temperature risultano sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si riscontrano forti abbassamenti durante le ore serali e notturne spesso accompagnati dalla presenza di brezze serali. L’esposizione dei versanti è prin- cipalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze medie del 20%. 42 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese
  • 42. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:31 Pagina 43 Vocazionalità Area a duplice attitudine con ottime potenzialità sia per la produzione di uve da spumante di elevato pregio che, nei versanti più assolati e con esposizioni Attitudine sud/ovest, per la produzione di uve per una vinificazione in rosso. Alcune aree cir- principale coscritte si contraddistinguono per l’elevato profilo aromatico anche se con un minor potenziale varietale per struttura e colore rispetto a zone poste ad altitudini inferiori. Profilo sensoriale Vino equilibrato frutto di una buona maturazione delle uve dove i sentori floreali, fruttati e di vegetale secco risultano prevalere sulle note erbacee e speziate. In bocca il vino si distingue per possedere una discreta sapidità e freschezza e buona struttura. La duplice attitudine dell’unità permette una produzione di uve da rosso per vini complessi e media- mente intensi. I sentori risultano ben amalgamati tra loro lasciando più spazio alle note di ciliegia e frut- ti rossi. In bocca offre un prodotto mediamente acido con tannini non aggressivi. Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 43
  • 43. volume PINOT NERO 26-11-2008 15:31 Pagina 44 Consigli Gestionali Oltrepò DOCG Per le caratteristiche ambientali e pedologiche simili all’UT1 si consiglia una sele- zione di cloni capaci di garantire il potenziale qualitativo mantenendo elevato il quadro acidico. Tra i cloni francesi adottare 386, 388, 389, 665, 666, 668, 780, Scelte genetiche 871, 583 (per conferire acidità) e 375, 114, 521, 667 (per basi aromatiche). Tra i cloni italiani R4, SMA 191, 5-V-17, MIRA 95-3047. I portinnesti da utilizzare sono il 420A, SO4, Teleki 5C e Kober 5BB. In terreni particolarmente calcarei adottare il 41B. Il modello viticolo da adottare deve prevedere una densità di circa 4500 piante/ettaro con rinnovo annuale del tralcio a frutto (Guyot). Per le caratteristiche di vigore che UT2 può conferire si consiglia di evitare potature troppo ricche allo Modello viticolo scopo di limitare aree di affastellamento e indirettamente per ridurre i problemi sanitari dovuti al ristagno di umidità e alla difficoltà di penetrazione dei prodotti fitosanitari tra gli stati fogliari. Potatura consigliata: 14 gemme totali/pianta. Vista la particolare esposizione dei versanti, ben assolati ma con il rischio di stress idrici in estate, si consiglia un inerbimento dei filari costituito da leguminose e gra- minacee. Nelle aree più elevate seminare un mix tra Festuca arundinacea o F. ovina, Trifoglio incarnatum e Hedysarum Coronarium (Sulla). Nelle aree collina- ri più vicine alla pianura, caratterizzate da una minor persistenza dell’umidità nel suolo si deve privilegiare un mix meno esigente ma che possa allo stesso tempo aiutare a sostenere l’acidità; si consigliano in questo caso Festuca ovina, Lolium Gestione del suolo Multiflorum, Poa Pratensis e Trifolium subterraneum. Le lavorazioni sotto fila devono essere svolte con aratri scalzatori o con frese ad asse verticale e, in annate particolarmente siccitose, si consiglia di praticare la rottura del cotico erboso nel periodo primaverile (giugno) tramite estirpatore o zappatrice. Per soddisfare l’o- biettivo enologico prefissato ridurre la concimazione potassica di un 10-15% e incrementare le unità di Azoto del 10-15%. Per evitare pericolosi ristagni nei ver- santi meno declivi utilizzare ad alternanza biennale aratri talpa o ripper anche allo scopo di arieggiare il suolo ed eliminare eventuali suole di lavorazione; tale prati- ca va effettuata con terreni in tempera. Una corretta gestione della potatura invernale e del vigore della pianta è fonda- mentale per garantire un buon equilibrio. Si consiglia di effettuare l’eliminazione dei germogli secondari nella fase di post-germogliamento (lunghezza germoglio: Gestione della 15-20 cm). Non effettuare sfogliature per non ridurre i livelli acidici e attuare due pianta cimature per incentivare l’emissione femminelle; in questo caso la prima cimatu- ra deve essere effettuata in allegagione. Il diradamento dei grappoli deve essere fatto all’invaiatura per rispettare i limiti imposti dal disciplinare prevedendo un carico per pianta in fase di maturazione di circa 2,2 kg/pianta. Una raccolta attenta dell’uva, possibilmente manuale, permette una migliore resa qualitativa in pressa e minori lavorazioni sulla frazione del pressato che verrà destinata alla produzione di spumanti rosé con un allungamento dei cicli di pres- Consiglio satura che aumenteranno l’intensità del colore del mosto. Condurre le fermenta- enologico zioni a temperature controllate e in riduzione per ottenere vini equilibrati da rifer- mentare in bottiglia. Effettuare una lunga permanenza sulle fecce fini per ottenere vini spumanti di grande struttura. 44 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese