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Catina Feresin
Emozioni
tratto da:
Intelligenza Emotiva (Daniel
Goleman)
Le emozioni (Valentina D'Urso)
1
1 A che cosa servon o le emozioni?
Spesso le emozioni vengono viste come un cavallo
che viene imbrigliato dalla mente razionale; mentre, in
realtà, le emozioni sono fattori indisp e n s a bili nei
proce s si decision ali della ment e razionale : esse ci
orientano nella giusta direzione quando la razionalità
fallisce.
La realtà quotidiana ci pone a volte dei problemi di
difficile soluzione (chi sposare? come investire la
liquidazione? che scelta lavorativa fare?). In questi casi, gli
insegnamenti emozionali appresi durante la vita (ad
esempio il ricordo di un investimento fallimentare o di una
dolorosa rottura sentimentale) inviano segnali che
restringono il campo della decisione, eliminando alcune
opzioni e mettendone in evidenza altre: in questa maniera
la mente emozionale non viene controllata o inibita ma
guida correttame nt e le nostre decisioni.
Nel cercare di comprendere come mai l'evoluzione
abbia conferito all' emozion e un ruolo tanto fondamentale
nella psiche umana, i sociobiologi indicano quale possibile
spiegazione la prevalen za del "cuore" sulla ment e nei
mom en ti più critici della vita . Essi sostengono che le
nostre emozioni ci guidano nell'affrontare situazioni e
compiti troppo difficili e importanti perché possano essere
affidati al solo intelletto: si pensi ai momenti di grande
pericolo, alle perdite dolorose, alla capacità di perseverare
2
nei propri obiettivi nonostante le frustrazioni, allo stabilirsi
del legame di coppia, e alla costruzione del nucleo
familiare.
Come tutti noi sappiamo per esperienza personale,
quando è il momento di prendere decisioni importanti per
il nostro futuro, i sentim e n ti contan o almen o quanto il
pensiero razionale e, a volte, anche di più .
2 Definizioni di "emozion e"
Tutte le emozioni sono, essenzialmente, impulsi ad
agire . La radice stessa della parola emozione è il verbo
latino moveo , cioè muovere, con l'aggiunta del prefisso "e"
(movimento da), per indicare che in ogni emozione è
implicita una tendenza ad agire. Tuttavia la parola
"emozion e" sfugg e ad una precisa definizion e perché
esprime la qualità di un vissuto sogg e t tivo di estrema
variabilità che sperimentiamo quando l'organismo è
sottoposto a stimoli insoliti, eccitanti o minacciosi per la
sopravvivenza. La sua ambiguità si riferisce tanto alla
molteplicità degli stimoli che causano emozioni, quanto
alla varietà delle esperienze che qualifichiamo come
emotive.
In senso letterale, l'Oxford English Dictionary
definisce emozione "ogni agitazione o turbamento della
mente, sentimento, passione: ogni stato mentale violento
o eccitato".
3
Secondo la psicologia del sen s o comun e le
emozioni sono essenzialmente delle esperienze soggettive
che noi stessi proviamo e "sentiamo" negli altri. Nel caso
delle nostre emozioni, ciascuno vive un'esperienza che
comprende anche la percezione di alterazioni corporee
(senso di freddo, di calore, respiro corto, tremito, motilità
gastrica). Nel caso delle emozioni altrui percepiamo delle
alterazioni della mimica facciale, della postura, del modo
di gesticolare, del tono della voce.
Se da un punto di vista della psicologia comune
sappiamo perfettamente che cosa sia un'emozione, da un
punto di vista scientifico è, invece molto arduo fornire
una precisa definizione. Secondo alcuni studiosi l'emozione
è un complesso di interazioni fra fattori soggettivi e
oggettivi, mediati dai sistemi neurali/ormonali, che può
suscitare esperienze affettive come senso di eccitazione,
di piacere o dispiacere; generare valutazioni cognitive;
attivare adattamenti fisiologici; provocare un
comportamento che spesso è diretto ad uno scopo e può
essere adattivo.
3 Principali emozioni
Vi sono centinaia di emozioni con tutte le loro
mescolanze e sfumature. In effetti, le parole di cui
disponiamo sono insufficienti per definire ogni sottile
variazione emotiva.
4
I ricercatori continuano a discutere su quali siano le
emozioni primarie . La maggioranza dei ricercatori
afferma che le emozioni primarie o fondamentali sono 6 :
gioia , dolore , rabbia , paura, disgu s t o, sorpres a .
Questo elenco non risolve ogni problema di classificazione
delle emozioni, per esempio come considerare emozioni
miste quali la gelosia, una variante della collera che si
mescola anche al dolore e alla paura della perdita della
persona amata?
Tuttavia, l'argomento a favore dell'esistenza di un
gruppo di emozioni fondamentali dipende dalla scoperta di
uno studioso, tale Paul Ekman , docente presso
l'Università della California di San Francisco. Questo
ricercatore ha trovato che le espre s sio ni facciali
specifiche per le emozioni principali (gioia, dolore, rabbia,
paura, disgusto e sorpresa) sono riconos ciut e in ogni
cultura del mondo , compresi popoli analfabeti che non
vengono influenzati dai mass media. Ciò suggerisce
l'universalità di queste emozioni.
3-1 La gioia
Le modificazioni fisiologich e presenti durante
l'emozione definita gioia producono una attivazione
generale dell'organismo con accelerazione della frequenza
5
cardiaca, aumento del tono muscolare ed irregolarità della
respirazione.
Per quanto riguarda le manifes t azioni esteriori , ve
n'è una inconfondibile e universale: il sorriso . Esso si
produce con un movimento del muscolo zigomatico
maggiore, che fa sollevare gli angoli della bocca e
strizzare gli occhi. Ma nessuno ha imparato a sorridere
pensando al movimento del muscolo zigomatico, infatti il
sorriso è un'espre s s i o n e emotiva innata . E' stato
sostenuto che la precocità del sorriso ed i suoi effetti
seduttivi sulla persona a cui è diretto siano
gen etica m e n t e program m a ti per assicurare al neonato
un'interazione positiva con la madre, interazione che ha
come diretta conseguenza la sopravvivenza del piccolo.
La gioia si manifesta in seguito alla gratificazione dei
bisogni essenziali già nei bambini appena nati. Negli
adulti, la gioia può insorgere per le cause più varie: il
senso inaspettato di vigoria durante un esercizio fisico; la
scoperta fortunosa di qualcosa che si credeva perduto;
un'improvvisa bella notizia (la classica vittoria alla
lotteria); l'incontro con una persona cara che non si
vedeva da tempo; un successo o un giudizio positivo che si
sente meritato; la cessazione di uno stato doloroso;
innamorarsi di qualcuno.
Secondo i ricercatori, gli eventi che causano gioia possono
essere di svariata natura:
6
___________________________________________
Eventi indicati com e caus e di gioia
Tipo di event o
___________________________________________
1-Innamorarsi
2-Ottenere una promozione o superare un esame
3-Guarire da una grave malattia
4-Partire per le vacanze
5-Rappacificarsi con il partner
6-Fidanzarsi o sposarsi
7-Avere un figlio
8-Vincere una grossa somma
9-Ottenere una promozione o un sostanzioso aumento
10- Incontrarsi con amici
11- Iniziare un nuovo lavoro
Vi sono altri stati positivi affini alla gioia: l'allegria ,
l'euforia , la conten t e zz a , la felicità .
3-2 IL dolore
Secondo numerosi ricercatori, le caus e della
sofferen za umana sono ess e n zialm e n t e di tre tipi :
1-Le sofferen z e che hanno origine e sed e nel corpo ,
dal banale urto contro una punta aguzza, ai dolori continui
e laceranti di un malato terminale.
7
2-Le ansie di perdita legat e ai rapporti
interp ers o n ali , che iniziano con l'angoscia di abbandono
del bambino piccolo, per accompagnare tutta la vita
affettiva, quando ogni forte legame può riserbare le
sofferenze della separazione o della morte.
3-Le frustrazioni e le delusioni causat e dalla
discrep an za fra aspirazioni e conquist e , fra le nostre
ambizioni ed i risultati effettivamente raggiunti.
L'espres sio n e del viso , le modificazioni
fisiologich e ed il comportam e n t o osservati in seguito
ad un improvviso dolore sia fisico che psicologico sono le
stesse in ogni cultura umana. La fronte e le sopracciglia
sono corrugate, gli occhi si socchiudono o si chiudono, la
bocca si apre e si piega all'ingiù. Spesso compaiono il
pianto e le lacrime. Sappiamo che il pianto ha una
precisa funzion e adattiva , il neonato piange gridando,
all'inizio per liberare le vie respiratorie, e per attirare in
seguito l'attenzione degli altri. Il cucciolo umano, che
resterà per alcuni anni incapace di procacciarsi da solo il
nutrimento e la protezione, deve possedere
geneticamente la capacità di richiamare l'adulto e di
comunicargli i suoi bisogni; ne va della sua sopravvivenza.
Il grido ed il pianto, inoltre, non funzionano solo come
segnale ma, essendo degli stimoli sgradevoli e allarmanti,
spingono l'adulto ad agire in modo adatto a porvi termine.
L'attivazion e fisiologica gen erale in risposta al
dolore può variare : il tono muscolare, la frequenza del
8
respiro ed il battito cardiaco sono massimi nella fase
acuta, specialmente se il dolore è accompagnato da paura
e ansia. Questi sintomi si attenuano nelle fasi successive: il
volume della voce si riduce, la muscolatura si affloscia,
diminuisce la frequenza cardiaca.
In base a molte ricerche condotte usando
question ari autobiografici , possiamo dire che i
principali eventi che causano dolore psicologico
(tralasciamo quelli che provocano dolore fisico) sono:
____________________________________________
Eventi indicati com e caus e di dolore
Tipo di event o
____________________________________________
1-Morte di una persona cara
2-Perdita del lavoro
3-Fine di un amore
4-Abbandono o tradimento del partner
5-Notizia di una malattia
6-Fallimento di un progetto
7-Sfratto
8-Bocciatura
9-Litigio in famiglia o con persone care
10- Dissesto economico
11- Divorzio/separazione dei genitori
12- Tradimento della fiducia da parte di amici
9
Vi sono altri stati negativi affini al dolore: la
tristezza , e il lutto .
La tristezza ha la funzione fondamentale di farci
adeguare ad un dolore intenso. Essa comporta una caduta
di energia ed entusiasmo verso le attività della vita, in
particolare per le distrazioni o i piaceri. La chiusura in noi
stessi che accompagna tale emozione ci dà la possibilità di
elaborare il dolore, di comprendere le conseguenze degli
eventi e, quando le energie ritornano, di essere pronti per
nuovi progetti.
Anche il lutto ci permette di elaborare un dolore,
generalmente dovuto ad una perdita, come la rottura di un
legame affettivo, la morte di una persona cara, un
divorzio, una separazione. Dal punto di vista sociale, le
espre s sio ni pubblich e di dolore e di tristezza sono
previste ed addirittura incoraggiate, basti ricordare i rituali
che si verificano dopo la morte di una persona.
Secondo molti studiosi, le cerimonie e le pratich e
del lutto servono sia ad alleviare il dolore dei protagonisti
che a rinsaldare i legami sociali, raccogliendo la comunità
attorno ad eventi importanti e a norme di comportamento
condivise. Forse è per questo motivo che i dispiaceri dei
quali non si può parlare, e che quindi non sono
manifestati, condivisi ed elaborati collettivamente,
diventano generalmente più acri e disturbanti. Un caso
tipico è il lutto per la morte o la perdita di un amante
segreto, quando non si può confidare ad alcuno il proprio
10
dolore. Ma a cosa serve parlare delle emozioni
spiace v oli? Secondo alcuni ricercatori parlare serve in
primo luogo a soddisfare la necessità di precisare, chiarire
e rielaborare a livello cognitivo le sensazioni che hanno
accompagnato l'emozione; in secondo luogo aiuta a
guardare con maggiore distacco ciò che di negativo si è
verificato, riordinando così le idee, schematizzando
l'episodio e dando una spiegazione causale all'evento. Le
persone a cui ci rivologiamo in questi frangenti si rendono
utili non tanto per gli interventi concreti che possono
attuare ma piuttosto perché distraggono la nostra
attenzione, ci forniscono interpretazioni diverse, ci
raccontano episodi accaduti ad altri. Tutto ciò rafforza la
nostra identità sociale perché consolida il rapporto
interpersonale con coloro a cui ci rivolgiamo se essi
mostrano di capire e di accettare come giusto e legittimo il
nostro stato emotivo; inoltre ci sentiamo ancora di più
parte di una comunità nel momento in cui scopriamo che
le nostre reazioni ed espressioni emotive sono condivise e
rispecchiano le norme sociali.
Diverso è il quadro della depres sio n e endo g e n a
che va considerata come una grave malattia perché non
segue ad amputazioni affettive, ovvero presenta un
quadro reattivo eccessivo per durata e per intensità della
perdita subita. A proposito di depressione, sarebb e
auspicabile che il termin e "depres s o" non venis s e
usato com e sinonim o di "triste" , mantenendo quindi
11
ferma, anche nel linguaggio, la differenza fra la tristezza,
che è uno stato emotivo ancorato alle circostanze della
vita, dalle manifestazioni di una sindrome seria che va
affrontata con l'aiuto di uno specialista quale uno
psicologo oppure uno psichiatra.
3-3 La rabbia
Con chi ci arrabbia più spes s o? Apparenteme nte
ci si arrabbia anch e contro i tanti ogg et ti meccanici
ed elettronici che non funzionano, l'automobile che non
parte quando siamo in ritardo, il telefono che squilla di
notte, l'autobus che non arriva. C'è poi la rabbia verso le
istituzioni che non funzionano, verso la mala sanità, verso i
piccoli disservizi. In generale, però, le ricerche indicano
chiaramente che gli altri ess eri umani sono la fonte
principale della nostra rabbia , e almeno la metà delle
persone con cui ci arrabbiamo sono persone a cui
vogliamo bene: partner, parenti, amici. Ci sono molte
ragioni per cui vengono scelte delle person e a noi
vicine . In primo luogo, le persone a cui siamo
affettivamente legate sono quelle che più facilmente
possono infliggerci delle sofferenze e di cui temiamo
l'abbandono. Inoltre, una relazione sentimentale,
comporta sempre una certa perdita di autonomia, il che
costituisce in sé una spina irritativa. C'è poi da considerare
il maggior tempo che si passa con le persone con cui si è
12
in intimità: ciò rende più frequenti le occasioni di contrasto
e diminuisce il controllo dell'aggressività. E da ultimo, ha
senso arrabbiarci con chi frequentiamo spesso o con chi ci
vive accanto perché è importante ottenere proprio da tali
persone delle modifiche dell'atteggiamento e delle azioni.
Vediamo ora descritti nella seguente tabella quelli
che sono i sentimenti, i pensieri e gli eventi che sono
spesso causa di rabbia.
Sentim e n ti, pensieri ed eventi che sono causa di
rabbia
___________________________________________________________
1-Essere trattati male
2-Essere abbandonati
3-Venire delusi
4-Essere traditi
5-Venire usati senza saperlo
6-Sapere di essere odiati
7-Essere oggetto di attacchi fisici o verbali
8-Essere criticati
9-Sentire di avere fallito
10- Pensare all'ingiustizia del mondo
11- Vedere andare male i propri progetti
12- Assistere ad azioni stupide o violente
13- Fare qualcosa che non viene apprezzata dagli altri
14- Essere costretti a fare qualcosa contro la propria volontà
13
In ogni caso la causa principale della rabbia è
sempre l'idea che l'altro agisca in maniera volontaria o
perlomeno la volontà che si attribuisce all'altro di ferire e
l'eventuale possibilità di evitare o meno l'evento
frustrante. Vediamo infatti nella successiva tabella i tipi di
eventi che causano rabbia valutati a seconda che siano o
meno volontari e giustificabili.
___________________________________________________________
Eventi che causan o rabbia, valutati a secon d a che
siano o meno volontari e giustificabili
Tipo di event o
___________________________________________________________
1-Eventi volontari e ingiustificati: la persona sapeva quello che faceva e
avrebbe potuto evitarlo
2-Eventi che si potevano evitare e che sono il risultato di negligenza,
superficialità, imprevidenza
3-Eventi volontari e giustificati, ma la persona che suscita l'ira aveva il diritto
di agire in tal modo
4-Eventi o incidenti inevitabili; nessuno poteva prevederli e neppure bloccare
il loro verificarsi
La rabbia è una fra le emozioni più precoci .
Alcuni ricercatori pensano di aver identificato delle chiare
espressioni di rabbia nella vocalizzazione e nella
espressione del viso di bambini di 4- 7 mesi . Uno dei punti
14
salienti dell'educazione dei bambini nella nostra cultura
punta alla repressione della collera manifesta. Per quanto
riguarda invece gli adulti e le auto prescrizioni che uno si
impone, in molti casi si aderisce ad una teoria esplicita che
scoraggia i sentimenti di collera e invita a lasciar perdere,
a non prendersela tanto.
Quando siamo in collera, il sangue affluisce alle mani
e questo rende più facile afferrare un'arma o sferrare un
pugno; la frequenza cardiaca aumenta e una scarica di
ormoni, fra i quali l'adrenalina, genera un impulso di
energia abbastanza forte da permettere un'azione
vigorosa. Che effetto ha sulla person a incollerita
l'inibizion e delle manifes t a zioni aggre s s iv e? Se da
una parte esiste la teoria esplicita di soffocare la rabbia ,
dall'altra c'è chi sostien e che soffocare la rabbia
faccia male alla salute . Si pensa che chi non esprima in
alcun modo i propri sentimenti di collera li viva per un
tempo più lungo. Che fare dunque? Le strategie messe a
punto dalla psicologia odierna cominciano con il
distinguere fra la manifes t a zion e dell'ira e la
comunicazion e dell'ira . In altre parole, si tratterebbe di
addestrarsi a riconoscere precocemente lo stato emotivo
che cresce dentro di noi ed esprimere a parole i motivi del
nostro scontento con l'interessato usando dei messaggi
freddi e descrittivi. Un'altra strategia consiste nel
formulare le recriminazioni parlando di sé e delle
proprie ragioni piuttosto che accus are o insultare gli
15
altri . In sintesi quando ci arrabbiamo dovremmo cercare
di salvaguardare almeno quattro cose:
___________________________________________________________
Cosa cercare di salvagu ard are quando siamo
arrabbiati
___________________________________________________________
1-Un decente rapporto con la persona con cui ci arrabbiamo
2-La difesa dei nostri interessi e la possibilità di far presente le nostre ragioni
3-La stima di noi stessi
4-La nostra salute fisica ed il nostro equilibrio
E' comunque essenziale che il nostro
comportamento da irati non sia troppo diverso da ciò che
faremmo a mente serena. Quindi una delle preoccupazioni
più comuni e comprensibili è di non perdere la testa ,
non dire o fare cose di cui ci si pentirà dopo, anche perché
si è visto che la maggioranza delle persone con cui ci
arrabbiamo sono persone a cui vogliamo bene. Che fare
dunque? Fra le tattiche consigliate c'è quella di ritardare
volontariam e n t e ogni comportam e n t o quanto più
l'ira ci sping e ad ess er e impulsivi . Certo non è facile.
Comunque sia, è saggio frenarsi, riflettere e talvolta
aspettare prima di agire e parlare. E' forse più facile
allontanarsi momentane a m e n t e dal luogo o dalla persona
che hanno suscitato la rabbia, fare o dire qualunque cosa
16
che serva a scaricare la tensione e ad agire, ma che non
sia connessa con la persona o con l'oggetto d'ira.
3-4 La paura
L'espressione del volto durante l'emozione di paura
è caratteristica: bocca semiaperta con gli angoli verso il
basso, occhi sbarrati, fronte aggrottata, i muscoli
dell'intero viso sono in tensione e l'espressione può
rimanere estatica per qualche istante. Nei casi di paura
acuta ed improvvis a , il sistema nervoso periferico si
attiva a livello parasim p atico e si ha quindi diminuzione
del battito cardiaco e della tensione muscolare,
abbassam ento della pressione del sangue e della
temperatura corporea, il volto impallidisce (ecco da dove
viene la sensazione che "si geli il sangue"), dilatazione
della pupilla. Il risultato è la paralisi, il sudore freddo e
l'incapacità di reagire in modo attivo con la fuga o con
l'attacco. L'aspett o adattivo di questo quadro, che può
essere assai efficace per difendersi da quelle specie
animali che aggrediscono solo altri esseri in movimento,
consiste nel rendersi meno evidenti e nel presentare degli
aspetti di fragilità e impotenza che potrebbero bloccare
l'aggressività altrui.
Paure meno catastrofich e mettono in attivazione invece
il sistem a simpatico , per cui la tensione muscolare e il
battito cardiaco aumentano, i peli si rizzano, una gran
17
massa di sangue affluisce i grandi muscoli scheletrici ad
esempio quelli delle gambe, rendendo così più facile la
fuga o l'attacco. I circuiti dei centri cerebrali preposti alla
regolazione della vita emotiva scatenano un flusso di
ormoni che mette l'organismo in uno stato generale di
allerta, preparandolo all'azione e fissando l'attenzione
sulla minaccia che incombe per valutare quale sia la
risposta migliore.
Esistono paure di origine innata nelle diverse
specie, altre che si sviluppano con l'esperienza, altre che
dipendono dal livello di maturazione e di conoscenza
dell'individuo.
Le paure innate sono generate di solito da una o più delle
seguenti cause elencate nella tabella.
Eventi e ogge tti che scaten a n o paure innate
Tipo di event o e di ogg e t t o
___________________________________________________________
1-Stimoli fisici molto intensi come ad esempio il dolore o un forte rumore
2-Oggetti, eventi o persone totalmente nuovi, da cui l'individuo non sa cosa
aspettarsi né sa come affrontare
3-Situazioni di pericolo che riguardano la sopravvivenza per l'intera specie:
buio, altezza, solitudine
4-Circostanze legate all'interazione con altri esseri viventi che mostrano
atteggiamenti aggressivi
18
E' interessante notare che l'espre s sio n e della
paura è a sua volta causa di paura . Di fatto, sembra
che una delle funzioni di esprimere paura, in tutte le
specie studiate, sia quella di avvertire i membri del
gruppo della pres e n za di un pericolo e nello stes s o
tempo chied er e aiuto . Gridare o emettere altri suoni
caratteristici per ciascuna specie è il mezzo più efficace
per trasmettere a distanza lo stato di allarme e la richiesta
di soccorso.
Come fare per superare la paura? Ci sono delle
paure assolutamente realistiche e quindi assolutamente
funzionali, altre paure sono invece reazioni emotive
sproporzionate agli eventi esterni di natura psicogena per
le quali si può ricorrere a trattamenti psicologici.
Il punto di partenza per decidere la tattica più adeguata
sta nell' individuare l'elem e n t o principale
respon s a bile della paura . Si tratta di un evento ignoto?
Allora sarà più prudente una attività di tipo esplorativo? Si
tratta di un evento realmente pericoloso? Allora sarà
meglio allontanarsi dal luogo. Quando invece si teme di
perdere il controllo per la rabbia o di essere sopraffatti
dalla tristezza, quando cioè si temono le proprie emozioni,
è consigliabile accettare le proprie paure invece che
combatterle.
3-5 Il disgusto
19
Si può definire il disgu s t o come un'em ozion e
conn e s s a ess e n zialm e n t e con il cibo e con il rifiuto
della contaminazion e . Il termine "disgusto", essendo
derivato ed opposto a "gusto", trasmette il suo significato
originario di sgradevolezza legata all'ingerimento del cibo.
Ciò nonostante, l'emozione del disgusto insorge anche in
ass e n za di stimolazioni delle papille gustativ e, in
risposta, invec e, ad altri stimoli visivi, olfattivi e
tattili .
Le emozioni in prevalenza hanno come origine un
altro essere umano e, spesso, ad esso sono dirette. Il
disgu s t o no: il suo ogg ett o di elezion e è qualcos a di
inanimato, un animale particolare, oppure un ess er e
vivent e già morto . Può essere un animale vivo e integro
(ad esempio uno scarafaggio), la parte di un essere
vivente (un membro amputato) o pezzi di origine animale
(sangue o budella). Fra gli animali, ve ne sono alcuni che
suscitano disgusto più di altri, come i piccoli serpenti, le
lumache, le lucertole, i ragni.
Vedere, toccare o essere colpiti dall'odore di
qualcosa che ispira repulsione, spinge ad allontanare dal
proprio campo percettivo l'oggetto disgustoso,
distogliendo lo sguardo, scuotendo le dita, o sputando se
lo si era già messo in bocca.
La persona che prova disgusto ha un' espre s sio n e
facciale assai caratteristica: essa consiste principalmente
nell'arricciare le narici, indicando il tentativo primordiale di
20
chiudere le narici colpite da un odore nocivo, mentre il
labbro superiore rimane sollevato, allargare la bocca per
sputare un cibo velenoso. Nei casi più intensi di disgusto si
prova nausea e può esservi anche la reazione di vomito.
Il disgusto è considerato un'emozione primaria o
fondamentale non solo per la presenza universale
dell'espressione del viso, ma per il suo valore adattivo .
Questa emozione ha infatti una chiara origine funzionale.
L'esperienza di disgu s t o prote g g e dal rischio di
entrare in contatto e di ingerire sostan z e
potenzialm e n t e danno s e per l'organis m o : è quindi
chiaramente connesso all'alimentazione e all'olfatto.
4 Prime teorie sulle emozioni
4-1 La teoria di James e Lange
C'è stata una teoria in passato che tentava di
spiegare le emozioni come feedback dagli effetti periferici
del sistema nervoso autonomo e dai muscoli scheletrici.
Questa teoria fu formulata indipendente m e nt e da Willam
James e da Carl Lange alla fine del diciannovesimo
secolo (circa 1884). Questi studiosi suggerirono che il
vissuto emotivo dipende dall'esperienza dei cambiamenti
fisiologici che si verificano in una situazione pericolosa. In
altri termini, una situazione che ci spaventa provoca prima
di tutto delle risposte fisiologiche: è solo il prendere atto
21
del fatto che il cuore batte più forte, o che siamo
impalliditi, a fornire il contenuto conscio del "sentimento"
di paura. Perciò "abbiamo paura perché scappiamo" o "ci
vergogniamo perché siamo diventati rossi".
Questa interpretazione appare oggi molto ingenua in
quanto accentua la rilevanza della risposta organica ad
una situazione di stress proponendola come primaria
anche rispetto alla presa di coscienza e alla valutazione
cognitiva dell'emozione.
4-2 La teoria di Cannon
Nel 1927, William Cannon riassunse le obiezioni
che erano state mosse contro la teoria di James e Lange,
osservando che il comportamento emotivo compare anche
se sono interrotte le comunicazioni nervose tra i visceri e il
sistema nervoso centrale, che molte delle manifestazioni
viscerali non implicano di per sé un contenuto emotivo, e
che sono comunque troppo lente per rappresentare la
causa dell'emozione.
Nel 1929, Cannon propose una sua teoria, detta
"talamica", nella quale ipotizzava il ruolo centrale del
talamo nelle emozioni: le informazioni che giungono dagli
organi di senso sarebbero inviate dal talamo non solo alle
aree corticali di proiezione, ma, anche,
contemporane a m e n t e e direttamente, ai visceri. Le
risposte somatiche e l'esperienza emotiva risulterebbero,
22
perciò, pressoché contemporanee, anche se
vicendevolmente condizionate. Secondo Cannon quindi
non potevano esserci emozioni senza intervento del
talamo.
4-3 L'ipotesi di Papez
Un contributo fondamentale alla comprensione del
meccanismo neurale che sta alla base delle emozioni
giunse dal medico francese Papez che nel 1937 aveva
iniziato le sue ricerche sulla base dell'osservazione delle
reazioni emotive che compaiono nell'uomo affetto da
infezione rabbica. Egli era rimasto molto colpito dalla
drammaticità del quadro clinico: nelle fasi acute
dell'infezione, ai normali sintomi, si aggiungevano
manifestazioni di apprensione, di terrore, di paura
parossistica.
Riflettendo sul fatto che le lesioni provocate dal virus della
rabbia sono localizzate per lo più nell'ippocampo e
nell'ipotalamo e considerando la storia evolutiva di queste
strutture, Papez formulò l'ipotesi che il centro integrativo
superiore delle emozioni, fosse costituito dal sistem a
limbico , un complesso di strutture nervose subcorticali e
corticali, filogeneticamente molto antiche.
L'ipotesi di Papez, ampliata da McLean nel 1949 e da
Penfield nel 1954 fu confermata da una grande quantità di
dati sperimentali.
23
5 Ment e emozional e e ment e razionale:
sist e m a limbico e neocort e ccia
A tutti gli effetti abbiamo "due menti", una che
pensa, l'altra che "sente". La mente razionale è la
modalità di comprensione della quale siamo in parte
solitamente coscienti: dominante nella consapevolezza e
nella riflessione, capace di ponderare e di riflettere; ma,
accanto ad essa c'è un altro sistema di conoscenza, quello
della mente emozion ale caratterizzato dall'impulsività.
La dicotomia emozionale/razionale è simile alla popolare
distinzione fra "cuore" e "mente"; quando sappiamo che
qualcosa è giusto "con il cuore" la nostra convinzione è di
un ordine diverso; in qualche modo è una certezza più
profonda di quando pensiamo la stessa cosa con la mente
razionale.
Il rapporto fra razionale ed emozionale nel controllo della
mente varia lungo un gradiente continuo; quanto più
intenso è il sentimento, tanto più dominante è la mente
emozionale e più inefficace quella razionale. Questa
situazione sembra derivare dal vantaggio evolutivo
rappresentato dall'essere guidati dalle emozioni e dalle
intuizioni quando sia necessaria una reazione immediata
in un contesto di pericolo.
Spesso le "due menti" sono perfettamente in
equilibrio, ma quando le passioni aumentano di intensità,
24
l'equilibrio si capovolge: la mente emozionale prende il
sopravvento, travolgendo quella razionale.
Per comprendere la grande influenza delle emozioni
sulla mente razionale, e per capire anche come mai il
sentimento e la ragione entrino in conflitto così facilmente,
bisogna considerare il modo in cui si è evoluto il cervello
umano.
Come viene descritto nella figura, la parte più
primitiva del cervello è il tronco cerebrale che circonda
l'estremità cefalica del midollo spinale. Esso regola
funzioni vegetative fondamentali come il respiro e il
metab olis m o . Da questa struttura derivano
filogeneticamente i centri emozionali. Milioni di anni dopo,
nel corso dell'evoluzione, da questi centri emozionali si è
evoluta la "mente razionale" cioè la neocorteccia. Il fatto
che il cervello razionale si sia evoluto da quello emozionale
ci dice molto sui rapporti fra pensiero e sentimento: molto
prima che esistesse un cervello razionale, esisteva già
quello emozionale.
Le radici più antiche della nostra vita emotiva
affondano nel sens o dell'olfatto . I centri emozionali
incominciarono infatti ad evolversi in relazione ai centri
olfattivi.
I centri emozionali sono collocati intorno all'estremità
cefalica del tronco cerebrale e lo circondano come un
anello; per questa ragione essi vennero chiamati siste m a
limbico (dal latino limbus , cioè anello).
25
Quando si evolse, il sistema limbico perfezionò due
strumenti importantissimi: l'apprendim e n t o e la
mem oria . Queste due conquiste consentivano ai
mammiferi di regolare finemente le proprie risposte in
modo da adattarle ad esigenze mutevoli senza più dover
reagire in modo automatico e rigido. Se un tipo di cibo si
era rivelato nocivo, la volta successiva poteva essere
evitato. Decisioni riguardanti quali cibi mangiare e quali
rifiutare erano ancora determinate dall'olfatto; a quel
punto le connessioni fra bulbo olfattivo e sistema limbico
si assunsero il compito di distinguere gli odori e
riconoscerli, confrontandoli con quelli già percepiti in
passato e discriminando i buoni dai cattivi.
Poiché molti centri cerebrali della neocorteccia si
svilupparono dal sistema limbico, il cervello emozionale ha
un ruolo fondamentale nell'architettura neurale; infatti le
zone limbiche sono strettame nt e collegate alla
neocorteccia attraverso una miriade di circuiti di
conn e s s io n e . Ciò consente ai centri emozionali di
influenzare la mente razionale e di essere a loro volta
influenzati da questa.
5-1 I circuiti neurali emozionali: il ruolo dell'amigdala e
della neocorteccia
Negli esseri umani l'amigdala (termine che deriva
dal greco e significa "mandorla") è un gruppo di strutture
26
interconnesse, a forma di mandorla, posto sopra il tronco
cerebrale, vicino alla parte inferiore del sistema limbico.
L'amigdala insieme all'ippocampo (di cui si parlerà in
seguito) sono alcune delle strutture che, nel corso della
filogenesi, hanno dato origine alla corteccia primitiva e poi
alla neocorteccia.
L'amigdala funziona come un archivio della
mem oria emozion ale ed è quindi depositaria del
significato stesso degli eventi; la vita senza amigdala
sarebbe un'esistenza spoglia di significato personale.
Gli animali ai quali l'amigdala sia stata rimossa o resecata
non provano più rabbia o paura, perdono l'impulso a
cooperare o competere e non hanno più percezione del
ruolo sociale. Le lacrime, un segnale emozionale tipico
degli esseri umani, vengono stimolate dall'attività
dell'amigdala. Il pianto viene inibito così come l'attività
dell'amigdala viene smorzata quando gli esseri umani
sono confortati ed accarezzati; tuttavia senza amigdala
non ci sarebbe alcun pianto da confortare.
Per comprendere il potere delle emozioni nella vita
mentale è importante considerare i momenti della vita in
cui agiamo spinti da una emozione. In quei momenti il
nostro comportame nto diviene irrazionale e spesso, dopo
il "temporale emotivo", ci pentiamo delle azioni che
abbiamo commesso e delle parole che abbiamo detto. In
quei momenti il ruolo dell'amigdala è fondamentale. I
segnali in entrata provenienti dagli organi di senso
27
consentono all'amigdala di analizzare ogni percezione
sempre guidata da un interrogativo molto primitivo: "E'
qualcosa che odio? Qualcosa che mi ferisce? Qualcosa che
temo?". Se la risposta è affermativa, l'amigdala scatta
immediatame nt e, come una sorta di grilletto neurale
che reagisce inviando un messaggio di pericolo a tutto il
cervello.
Molte ricerche ed in particolare quelle di LeDoux
(1994; 1995) hanno dimostrato che l'amigdala ha una
posizione privilegiata nell'architettura del cervello in
relazione agli input sensoriali. Questi input provenienti
dall'occhio e dall'orecchio viaggiano diretti al talamo , e
poi, seguendo un secondo circuito, arrivano all'amigdala;
nel frattempo un secondo segnale viene poi inviato dal
talamo alla neocorteccia cioè alla mente razionale. Questa
struttura del circuito permette all'amigdala di rispondere
prima della neocorteccia. Esistono quindi delle vie neurali
emozionali che aggirano la neocorteccia. I segnali che
prendono la via diretta passante per l'amigdala
corrispondono ai sentimenti più primitivi e potenti; la
conoscenza di questo circuito è di grande aiuto per
spiegare la capacità dell'emozione di soffocare la
razionalità.
LeDoux ha scoperto quindi che, oltre alla via che va
dal talamo alla corteccia, esiste un fascio più sottile di
fibre nervose che vanno direttamente all'amigdala. Questa
via più breve permette all'amigdala di ricevere alcuni
28
input direttamente dal talamo; essa può così cominciare a
rispondere prima che tali input siano stati completamente
registrati dalla corteccia. L'amigdala può quindi spingerci
ad una azione immediata mentre la neocorteccia, più lenta
ma con informazioni più complete, prepara la sua azione
in modo estrema m e nt e raffinato. In termini evolutivi la via
diretta occhio- orecchio- talamo- amigdala assume un
significato notevole in quanto consente una risposta
rapida che abbrevia di alcuni millisecondi critici il tempo di
reazione (T.R.) ai pericoli.
5-2 La memoria emozionale: il ruolo dell'ippocampo e
dell'amigdala
Dal punto di vista anatomico, il sistema emozionale
può agire indipendente m e nt e dalla neocorteccia, ciò vuol
dire che alcuni ricordi e reazioni emotive possono formarsi
senza alcuna partecipazione cognitiva. Nell'amigdala
possono esserci ricordi e repertori di risposte emotive che
vengono messi in atto senza che ci si renda conto del
perché si agisca in quel modo, e questo è dovuto al fatto
che la scorciatoia dal talamo all'amigdala esclude
completamente la corteccia.
Mentre l'amigdala è importante come struttura che
codifica il "significato emotivo" dei ricordi, l'ippocam p o è
coinvolto nella registrazione degli schemi percettivi relativi
ad un dato ricordo. Quindi l'ippocampo "ricorda" i fatti,
29
l'amigdala ne trattiene il "sapore emozionale". Per
esempio, se facciamo un sorpasso azzardato ed evitiamo
per miracolo uno scontro frontale, l'ippocampo ricorderà
su quale tratto di strada eravamo e l'aspetto dell'altra
automobile, ma sarà l'amigdala che ci farà sentire ansiosi
ogni volta che tenteremo di sorpassare in circostanze
simili.
Il cervello usa un metodo semplice ma ingegnoso per
fare in modo che i sistemi mnestici emozionali siano
particolarmente potenti: i sistemi neurochimici di
allarm e (liberazione di ormoni quali l'adrenalina e la
noradrenalina) che inducono l'organismo a reagire alle
emergenze che minacciano la sopravvivenza sono
esattame nt e gli stessi che imprimono un ricordo emotivo
nell'amigdala. Quanto più intenso è il risveglio
dell'amigdala, tanto più forte è l'impressione del ricordo; le
esperienze della vita che più ci piacciono, ci feriscono o ci
spaventano sono destinate a diventare i nostri ricordi più
indelebili. L'esistenza di un sistema speciale per i ricordi
emozionali è un fatto assolutamente logico
nell'evoluzione: essa infatti garantisce agli animali la
conservazione di un ricordo particolarmente vivido di ciò
che li ha minacciati o che ha dato loro piacere.
Nel presente, però, i ricordi emozionali possono
rivelarsi guide fuorvianti. L'amigdala, infatti, analizza
l'esperienza presente confrontando ciò che sta accadendo
con il passato registrato nei suoi "archivi emozionali". Il
30
suo metodo di confronto è associativo e poco preciso :
quando la situazione presente e quella passata hanno un
elemento chiave simile, l'amigdala lo identifica come
un'associazione. Questo circuito neurale ci impone
precipitosamente di reagire secondo modalità fissate
magari nell'infanzia, con emozioni e reazioni apprese in
risposta ad eventi forse solo vagamente analoghi e
tuttavia abbastanza simili da mettere in allarme
l'amigdala.
Affinché l'amigdala dichiari lo stato di emergenza basta
che solo pochi elementi della situazione presente ricordino
quelli di una passata circostanza pericolosa.
In quei momenti, l'imprecisione del cervello cresce in
quanto molti vividi ricordi emozionali risalgono ai primi
anni di vita dell'individuo e riguardano generalmente il
rapporto fra il bambino e chi si prendeva cura di lui.
L'amigdala matura molto velocemente nel cervello del
bambino, e alla nascita è molto più vicina di altre strutture
allo sviluppo completo.
Poiché questi primissimi ricordi emozionali si fissano nella
memoria in un momento in cui i bambini non sanno ancora
parlare per descrivere le loro esperienze, quando poi, in
tempi successivi, essi vengono richiamati, non è possibile
associare alcun insieme di pensieri articolati alla risposta
che prende il sopravvento. Uno dei motivi, quindi, che
spiegano come mai siamo così sconcertati dalle nostre
esplosioni emozionali, è che esse spesso hanno radici in un
31
periodo molto precoce della nostra vita. Questi ricordi che
scatenano tali esplosioni possono dunque suscitare
sentimenti caotici, ma non possono evocare parole.
5-3 Neocorteccia prefrontale: la mente razionale che
controlla le emozioni
Mentre l'amigdala lavora per scatenare una reazione
ansiosa e impulsiva, altre aree del cervello si adoperano
per produrre una risposta correttiva , più consona alla
situazione. L'interruttore cerebrale che smorza gli impulsi
dell'amigdala sembra trovarsi nei lobi prefrontali.
Quest'area cerebrale neocorticale consente di dare ai
nostri impulsi emotivi una risposta più analitica o
appropriata, modulando l'attività dell'amigdala e di altre
aree limbiche.
Come si è già detto precedente m e nt e, la maggior
parte delle informazioni sensoriali provenienti dal talamo
non è diretta all'amigdala ma alla neocorteccia e ai suoi
centri di ricezione e comprensione delle informazioni
percepite. Tutta l'informazione viene coordinata dai lobi
prefrontali dove le azioni vengono programm at e ed
organizzate in vista di un obiettivo. Se è necessaria una
risposta emozionale, i lobi frontali la dettano collaborando
con l'amigdala e con gli altri circuiti del sistema limbico.
Quando si scatena un'emozione, nel giro di qualche istante
i lobi prefrontali eseguono la reazione che ritengono
32
migliore fra moltissime possibilità, in base al criterio del
rapporto rischio/b en e ficio . Per gli animali, ciò significa
decidere quando attaccare e quando darsi alla fuga;
mentre per noi significa decidere quando attaccare,
quando darsi alla fuga, quando calmarsi, persuadere,
cercare comprensione, essere sprezzanti.
La risposta neocorticale è più lenta rispetto alla
risposta dell'amigdala, per questo è una risposta più
ponderata e riflessiva. Fra i modi con i quali la corteccia
prefrontale riesce a dominare efficacemente le emozioni
c'è quello di smorzare i segnali di attivazione provenienti
dall'amigdala. Sembra inoltre che l'interruttore neurale
fondamentale che inibisce le emozioni negative sia il lobo
prefrontale sinistro .
33
Letture ulteriori:
Cassini A. e Dellantonio A. (1987). Il comportamento
emotivo. In Le basi fisiologiche dei processi motivazionali
ed emotivi. Bologna, Il Mulino.
Darley J. M., Glucksberg S., Kinchla R.A. (1998) Le
emozioni. In Fondamenti di Psicologia . Bologna, Il Mulino.
D'Urso V. (1999) Le emozioni. In Cicogna P. C (a cura di)
Psicologia Generale , Roma, Carocci.
D'Urso V e Trentin R (1990) (a cura di) Psicologia delle
emozioni . Bologna, Il Mulino.
D'Urso V, Trentin R (1992). Sillabario delle emozioni .
Milano, Giuffrè.
Ekman P. (1992). An argument for basic emotions.
Cognition and Emotion , 6, 169- 200.
Goleman D. (1996). Parte prima: Intelligenza emotiva. In
Intelligenza emotiva , Bergamo, Rizzoli.
LeDoux, J. E. (1994). Emozioni, memoria e cervello. Le
Scienze , 312, 332, agosto.
LeDoux, J. E. (1995). Emotions: Clues from the brain. Annal
Review of Psychology , 46, 209- 235.
34

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Lezione emozioni

  • 1. Catina Feresin Emozioni tratto da: Intelligenza Emotiva (Daniel Goleman) Le emozioni (Valentina D'Urso) 1
  • 2. 1 A che cosa servon o le emozioni? Spesso le emozioni vengono viste come un cavallo che viene imbrigliato dalla mente razionale; mentre, in realtà, le emozioni sono fattori indisp e n s a bili nei proce s si decision ali della ment e razionale : esse ci orientano nella giusta direzione quando la razionalità fallisce. La realtà quotidiana ci pone a volte dei problemi di difficile soluzione (chi sposare? come investire la liquidazione? che scelta lavorativa fare?). In questi casi, gli insegnamenti emozionali appresi durante la vita (ad esempio il ricordo di un investimento fallimentare o di una dolorosa rottura sentimentale) inviano segnali che restringono il campo della decisione, eliminando alcune opzioni e mettendone in evidenza altre: in questa maniera la mente emozionale non viene controllata o inibita ma guida correttame nt e le nostre decisioni. Nel cercare di comprendere come mai l'evoluzione abbia conferito all' emozion e un ruolo tanto fondamentale nella psiche umana, i sociobiologi indicano quale possibile spiegazione la prevalen za del "cuore" sulla ment e nei mom en ti più critici della vita . Essi sostengono che le nostre emozioni ci guidano nell'affrontare situazioni e compiti troppo difficili e importanti perché possano essere affidati al solo intelletto: si pensi ai momenti di grande pericolo, alle perdite dolorose, alla capacità di perseverare 2
  • 3. nei propri obiettivi nonostante le frustrazioni, allo stabilirsi del legame di coppia, e alla costruzione del nucleo familiare. Come tutti noi sappiamo per esperienza personale, quando è il momento di prendere decisioni importanti per il nostro futuro, i sentim e n ti contan o almen o quanto il pensiero razionale e, a volte, anche di più . 2 Definizioni di "emozion e" Tutte le emozioni sono, essenzialmente, impulsi ad agire . La radice stessa della parola emozione è il verbo latino moveo , cioè muovere, con l'aggiunta del prefisso "e" (movimento da), per indicare che in ogni emozione è implicita una tendenza ad agire. Tuttavia la parola "emozion e" sfugg e ad una precisa definizion e perché esprime la qualità di un vissuto sogg e t tivo di estrema variabilità che sperimentiamo quando l'organismo è sottoposto a stimoli insoliti, eccitanti o minacciosi per la sopravvivenza. La sua ambiguità si riferisce tanto alla molteplicità degli stimoli che causano emozioni, quanto alla varietà delle esperienze che qualifichiamo come emotive. In senso letterale, l'Oxford English Dictionary definisce emozione "ogni agitazione o turbamento della mente, sentimento, passione: ogni stato mentale violento o eccitato". 3
  • 4. Secondo la psicologia del sen s o comun e le emozioni sono essenzialmente delle esperienze soggettive che noi stessi proviamo e "sentiamo" negli altri. Nel caso delle nostre emozioni, ciascuno vive un'esperienza che comprende anche la percezione di alterazioni corporee (senso di freddo, di calore, respiro corto, tremito, motilità gastrica). Nel caso delle emozioni altrui percepiamo delle alterazioni della mimica facciale, della postura, del modo di gesticolare, del tono della voce. Se da un punto di vista della psicologia comune sappiamo perfettamente che cosa sia un'emozione, da un punto di vista scientifico è, invece molto arduo fornire una precisa definizione. Secondo alcuni studiosi l'emozione è un complesso di interazioni fra fattori soggettivi e oggettivi, mediati dai sistemi neurali/ormonali, che può suscitare esperienze affettive come senso di eccitazione, di piacere o dispiacere; generare valutazioni cognitive; attivare adattamenti fisiologici; provocare un comportamento che spesso è diretto ad uno scopo e può essere adattivo. 3 Principali emozioni Vi sono centinaia di emozioni con tutte le loro mescolanze e sfumature. In effetti, le parole di cui disponiamo sono insufficienti per definire ogni sottile variazione emotiva. 4
  • 5. I ricercatori continuano a discutere su quali siano le emozioni primarie . La maggioranza dei ricercatori afferma che le emozioni primarie o fondamentali sono 6 : gioia , dolore , rabbia , paura, disgu s t o, sorpres a . Questo elenco non risolve ogni problema di classificazione delle emozioni, per esempio come considerare emozioni miste quali la gelosia, una variante della collera che si mescola anche al dolore e alla paura della perdita della persona amata? Tuttavia, l'argomento a favore dell'esistenza di un gruppo di emozioni fondamentali dipende dalla scoperta di uno studioso, tale Paul Ekman , docente presso l'Università della California di San Francisco. Questo ricercatore ha trovato che le espre s sio ni facciali specifiche per le emozioni principali (gioia, dolore, rabbia, paura, disgusto e sorpresa) sono riconos ciut e in ogni cultura del mondo , compresi popoli analfabeti che non vengono influenzati dai mass media. Ciò suggerisce l'universalità di queste emozioni. 3-1 La gioia Le modificazioni fisiologich e presenti durante l'emozione definita gioia producono una attivazione generale dell'organismo con accelerazione della frequenza 5
  • 6. cardiaca, aumento del tono muscolare ed irregolarità della respirazione. Per quanto riguarda le manifes t azioni esteriori , ve n'è una inconfondibile e universale: il sorriso . Esso si produce con un movimento del muscolo zigomatico maggiore, che fa sollevare gli angoli della bocca e strizzare gli occhi. Ma nessuno ha imparato a sorridere pensando al movimento del muscolo zigomatico, infatti il sorriso è un'espre s s i o n e emotiva innata . E' stato sostenuto che la precocità del sorriso ed i suoi effetti seduttivi sulla persona a cui è diretto siano gen etica m e n t e program m a ti per assicurare al neonato un'interazione positiva con la madre, interazione che ha come diretta conseguenza la sopravvivenza del piccolo. La gioia si manifesta in seguito alla gratificazione dei bisogni essenziali già nei bambini appena nati. Negli adulti, la gioia può insorgere per le cause più varie: il senso inaspettato di vigoria durante un esercizio fisico; la scoperta fortunosa di qualcosa che si credeva perduto; un'improvvisa bella notizia (la classica vittoria alla lotteria); l'incontro con una persona cara che non si vedeva da tempo; un successo o un giudizio positivo che si sente meritato; la cessazione di uno stato doloroso; innamorarsi di qualcuno. Secondo i ricercatori, gli eventi che causano gioia possono essere di svariata natura: 6
  • 7. ___________________________________________ Eventi indicati com e caus e di gioia Tipo di event o ___________________________________________ 1-Innamorarsi 2-Ottenere una promozione o superare un esame 3-Guarire da una grave malattia 4-Partire per le vacanze 5-Rappacificarsi con il partner 6-Fidanzarsi o sposarsi 7-Avere un figlio 8-Vincere una grossa somma 9-Ottenere una promozione o un sostanzioso aumento 10- Incontrarsi con amici 11- Iniziare un nuovo lavoro Vi sono altri stati positivi affini alla gioia: l'allegria , l'euforia , la conten t e zz a , la felicità . 3-2 IL dolore Secondo numerosi ricercatori, le caus e della sofferen za umana sono ess e n zialm e n t e di tre tipi : 1-Le sofferen z e che hanno origine e sed e nel corpo , dal banale urto contro una punta aguzza, ai dolori continui e laceranti di un malato terminale. 7
  • 8. 2-Le ansie di perdita legat e ai rapporti interp ers o n ali , che iniziano con l'angoscia di abbandono del bambino piccolo, per accompagnare tutta la vita affettiva, quando ogni forte legame può riserbare le sofferenze della separazione o della morte. 3-Le frustrazioni e le delusioni causat e dalla discrep an za fra aspirazioni e conquist e , fra le nostre ambizioni ed i risultati effettivamente raggiunti. L'espres sio n e del viso , le modificazioni fisiologich e ed il comportam e n t o osservati in seguito ad un improvviso dolore sia fisico che psicologico sono le stesse in ogni cultura umana. La fronte e le sopracciglia sono corrugate, gli occhi si socchiudono o si chiudono, la bocca si apre e si piega all'ingiù. Spesso compaiono il pianto e le lacrime. Sappiamo che il pianto ha una precisa funzion e adattiva , il neonato piange gridando, all'inizio per liberare le vie respiratorie, e per attirare in seguito l'attenzione degli altri. Il cucciolo umano, che resterà per alcuni anni incapace di procacciarsi da solo il nutrimento e la protezione, deve possedere geneticamente la capacità di richiamare l'adulto e di comunicargli i suoi bisogni; ne va della sua sopravvivenza. Il grido ed il pianto, inoltre, non funzionano solo come segnale ma, essendo degli stimoli sgradevoli e allarmanti, spingono l'adulto ad agire in modo adatto a porvi termine. L'attivazion e fisiologica gen erale in risposta al dolore può variare : il tono muscolare, la frequenza del 8
  • 9. respiro ed il battito cardiaco sono massimi nella fase acuta, specialmente se il dolore è accompagnato da paura e ansia. Questi sintomi si attenuano nelle fasi successive: il volume della voce si riduce, la muscolatura si affloscia, diminuisce la frequenza cardiaca. In base a molte ricerche condotte usando question ari autobiografici , possiamo dire che i principali eventi che causano dolore psicologico (tralasciamo quelli che provocano dolore fisico) sono: ____________________________________________ Eventi indicati com e caus e di dolore Tipo di event o ____________________________________________ 1-Morte di una persona cara 2-Perdita del lavoro 3-Fine di un amore 4-Abbandono o tradimento del partner 5-Notizia di una malattia 6-Fallimento di un progetto 7-Sfratto 8-Bocciatura 9-Litigio in famiglia o con persone care 10- Dissesto economico 11- Divorzio/separazione dei genitori 12- Tradimento della fiducia da parte di amici 9
  • 10. Vi sono altri stati negativi affini al dolore: la tristezza , e il lutto . La tristezza ha la funzione fondamentale di farci adeguare ad un dolore intenso. Essa comporta una caduta di energia ed entusiasmo verso le attività della vita, in particolare per le distrazioni o i piaceri. La chiusura in noi stessi che accompagna tale emozione ci dà la possibilità di elaborare il dolore, di comprendere le conseguenze degli eventi e, quando le energie ritornano, di essere pronti per nuovi progetti. Anche il lutto ci permette di elaborare un dolore, generalmente dovuto ad una perdita, come la rottura di un legame affettivo, la morte di una persona cara, un divorzio, una separazione. Dal punto di vista sociale, le espre s sio ni pubblich e di dolore e di tristezza sono previste ed addirittura incoraggiate, basti ricordare i rituali che si verificano dopo la morte di una persona. Secondo molti studiosi, le cerimonie e le pratich e del lutto servono sia ad alleviare il dolore dei protagonisti che a rinsaldare i legami sociali, raccogliendo la comunità attorno ad eventi importanti e a norme di comportamento condivise. Forse è per questo motivo che i dispiaceri dei quali non si può parlare, e che quindi non sono manifestati, condivisi ed elaborati collettivamente, diventano generalmente più acri e disturbanti. Un caso tipico è il lutto per la morte o la perdita di un amante segreto, quando non si può confidare ad alcuno il proprio 10
  • 11. dolore. Ma a cosa serve parlare delle emozioni spiace v oli? Secondo alcuni ricercatori parlare serve in primo luogo a soddisfare la necessità di precisare, chiarire e rielaborare a livello cognitivo le sensazioni che hanno accompagnato l'emozione; in secondo luogo aiuta a guardare con maggiore distacco ciò che di negativo si è verificato, riordinando così le idee, schematizzando l'episodio e dando una spiegazione causale all'evento. Le persone a cui ci rivologiamo in questi frangenti si rendono utili non tanto per gli interventi concreti che possono attuare ma piuttosto perché distraggono la nostra attenzione, ci forniscono interpretazioni diverse, ci raccontano episodi accaduti ad altri. Tutto ciò rafforza la nostra identità sociale perché consolida il rapporto interpersonale con coloro a cui ci rivolgiamo se essi mostrano di capire e di accettare come giusto e legittimo il nostro stato emotivo; inoltre ci sentiamo ancora di più parte di una comunità nel momento in cui scopriamo che le nostre reazioni ed espressioni emotive sono condivise e rispecchiano le norme sociali. Diverso è il quadro della depres sio n e endo g e n a che va considerata come una grave malattia perché non segue ad amputazioni affettive, ovvero presenta un quadro reattivo eccessivo per durata e per intensità della perdita subita. A proposito di depressione, sarebb e auspicabile che il termin e "depres s o" non venis s e usato com e sinonim o di "triste" , mantenendo quindi 11
  • 12. ferma, anche nel linguaggio, la differenza fra la tristezza, che è uno stato emotivo ancorato alle circostanze della vita, dalle manifestazioni di una sindrome seria che va affrontata con l'aiuto di uno specialista quale uno psicologo oppure uno psichiatra. 3-3 La rabbia Con chi ci arrabbia più spes s o? Apparenteme nte ci si arrabbia anch e contro i tanti ogg et ti meccanici ed elettronici che non funzionano, l'automobile che non parte quando siamo in ritardo, il telefono che squilla di notte, l'autobus che non arriva. C'è poi la rabbia verso le istituzioni che non funzionano, verso la mala sanità, verso i piccoli disservizi. In generale, però, le ricerche indicano chiaramente che gli altri ess eri umani sono la fonte principale della nostra rabbia , e almeno la metà delle persone con cui ci arrabbiamo sono persone a cui vogliamo bene: partner, parenti, amici. Ci sono molte ragioni per cui vengono scelte delle person e a noi vicine . In primo luogo, le persone a cui siamo affettivamente legate sono quelle che più facilmente possono infliggerci delle sofferenze e di cui temiamo l'abbandono. Inoltre, una relazione sentimentale, comporta sempre una certa perdita di autonomia, il che costituisce in sé una spina irritativa. C'è poi da considerare il maggior tempo che si passa con le persone con cui si è 12
  • 13. in intimità: ciò rende più frequenti le occasioni di contrasto e diminuisce il controllo dell'aggressività. E da ultimo, ha senso arrabbiarci con chi frequentiamo spesso o con chi ci vive accanto perché è importante ottenere proprio da tali persone delle modifiche dell'atteggiamento e delle azioni. Vediamo ora descritti nella seguente tabella quelli che sono i sentimenti, i pensieri e gli eventi che sono spesso causa di rabbia. Sentim e n ti, pensieri ed eventi che sono causa di rabbia ___________________________________________________________ 1-Essere trattati male 2-Essere abbandonati 3-Venire delusi 4-Essere traditi 5-Venire usati senza saperlo 6-Sapere di essere odiati 7-Essere oggetto di attacchi fisici o verbali 8-Essere criticati 9-Sentire di avere fallito 10- Pensare all'ingiustizia del mondo 11- Vedere andare male i propri progetti 12- Assistere ad azioni stupide o violente 13- Fare qualcosa che non viene apprezzata dagli altri 14- Essere costretti a fare qualcosa contro la propria volontà 13
  • 14. In ogni caso la causa principale della rabbia è sempre l'idea che l'altro agisca in maniera volontaria o perlomeno la volontà che si attribuisce all'altro di ferire e l'eventuale possibilità di evitare o meno l'evento frustrante. Vediamo infatti nella successiva tabella i tipi di eventi che causano rabbia valutati a seconda che siano o meno volontari e giustificabili. ___________________________________________________________ Eventi che causan o rabbia, valutati a secon d a che siano o meno volontari e giustificabili Tipo di event o ___________________________________________________________ 1-Eventi volontari e ingiustificati: la persona sapeva quello che faceva e avrebbe potuto evitarlo 2-Eventi che si potevano evitare e che sono il risultato di negligenza, superficialità, imprevidenza 3-Eventi volontari e giustificati, ma la persona che suscita l'ira aveva il diritto di agire in tal modo 4-Eventi o incidenti inevitabili; nessuno poteva prevederli e neppure bloccare il loro verificarsi La rabbia è una fra le emozioni più precoci . Alcuni ricercatori pensano di aver identificato delle chiare espressioni di rabbia nella vocalizzazione e nella espressione del viso di bambini di 4- 7 mesi . Uno dei punti 14
  • 15. salienti dell'educazione dei bambini nella nostra cultura punta alla repressione della collera manifesta. Per quanto riguarda invece gli adulti e le auto prescrizioni che uno si impone, in molti casi si aderisce ad una teoria esplicita che scoraggia i sentimenti di collera e invita a lasciar perdere, a non prendersela tanto. Quando siamo in collera, il sangue affluisce alle mani e questo rende più facile afferrare un'arma o sferrare un pugno; la frequenza cardiaca aumenta e una scarica di ormoni, fra i quali l'adrenalina, genera un impulso di energia abbastanza forte da permettere un'azione vigorosa. Che effetto ha sulla person a incollerita l'inibizion e delle manifes t a zioni aggre s s iv e? Se da una parte esiste la teoria esplicita di soffocare la rabbia , dall'altra c'è chi sostien e che soffocare la rabbia faccia male alla salute . Si pensa che chi non esprima in alcun modo i propri sentimenti di collera li viva per un tempo più lungo. Che fare dunque? Le strategie messe a punto dalla psicologia odierna cominciano con il distinguere fra la manifes t a zion e dell'ira e la comunicazion e dell'ira . In altre parole, si tratterebbe di addestrarsi a riconoscere precocemente lo stato emotivo che cresce dentro di noi ed esprimere a parole i motivi del nostro scontento con l'interessato usando dei messaggi freddi e descrittivi. Un'altra strategia consiste nel formulare le recriminazioni parlando di sé e delle proprie ragioni piuttosto che accus are o insultare gli 15
  • 16. altri . In sintesi quando ci arrabbiamo dovremmo cercare di salvaguardare almeno quattro cose: ___________________________________________________________ Cosa cercare di salvagu ard are quando siamo arrabbiati ___________________________________________________________ 1-Un decente rapporto con la persona con cui ci arrabbiamo 2-La difesa dei nostri interessi e la possibilità di far presente le nostre ragioni 3-La stima di noi stessi 4-La nostra salute fisica ed il nostro equilibrio E' comunque essenziale che il nostro comportamento da irati non sia troppo diverso da ciò che faremmo a mente serena. Quindi una delle preoccupazioni più comuni e comprensibili è di non perdere la testa , non dire o fare cose di cui ci si pentirà dopo, anche perché si è visto che la maggioranza delle persone con cui ci arrabbiamo sono persone a cui vogliamo bene. Che fare dunque? Fra le tattiche consigliate c'è quella di ritardare volontariam e n t e ogni comportam e n t o quanto più l'ira ci sping e ad ess er e impulsivi . Certo non è facile. Comunque sia, è saggio frenarsi, riflettere e talvolta aspettare prima di agire e parlare. E' forse più facile allontanarsi momentane a m e n t e dal luogo o dalla persona che hanno suscitato la rabbia, fare o dire qualunque cosa 16
  • 17. che serva a scaricare la tensione e ad agire, ma che non sia connessa con la persona o con l'oggetto d'ira. 3-4 La paura L'espressione del volto durante l'emozione di paura è caratteristica: bocca semiaperta con gli angoli verso il basso, occhi sbarrati, fronte aggrottata, i muscoli dell'intero viso sono in tensione e l'espressione può rimanere estatica per qualche istante. Nei casi di paura acuta ed improvvis a , il sistema nervoso periferico si attiva a livello parasim p atico e si ha quindi diminuzione del battito cardiaco e della tensione muscolare, abbassam ento della pressione del sangue e della temperatura corporea, il volto impallidisce (ecco da dove viene la sensazione che "si geli il sangue"), dilatazione della pupilla. Il risultato è la paralisi, il sudore freddo e l'incapacità di reagire in modo attivo con la fuga o con l'attacco. L'aspett o adattivo di questo quadro, che può essere assai efficace per difendersi da quelle specie animali che aggrediscono solo altri esseri in movimento, consiste nel rendersi meno evidenti e nel presentare degli aspetti di fragilità e impotenza che potrebbero bloccare l'aggressività altrui. Paure meno catastrofich e mettono in attivazione invece il sistem a simpatico , per cui la tensione muscolare e il battito cardiaco aumentano, i peli si rizzano, una gran 17
  • 18. massa di sangue affluisce i grandi muscoli scheletrici ad esempio quelli delle gambe, rendendo così più facile la fuga o l'attacco. I circuiti dei centri cerebrali preposti alla regolazione della vita emotiva scatenano un flusso di ormoni che mette l'organismo in uno stato generale di allerta, preparandolo all'azione e fissando l'attenzione sulla minaccia che incombe per valutare quale sia la risposta migliore. Esistono paure di origine innata nelle diverse specie, altre che si sviluppano con l'esperienza, altre che dipendono dal livello di maturazione e di conoscenza dell'individuo. Le paure innate sono generate di solito da una o più delle seguenti cause elencate nella tabella. Eventi e ogge tti che scaten a n o paure innate Tipo di event o e di ogg e t t o ___________________________________________________________ 1-Stimoli fisici molto intensi come ad esempio il dolore o un forte rumore 2-Oggetti, eventi o persone totalmente nuovi, da cui l'individuo non sa cosa aspettarsi né sa come affrontare 3-Situazioni di pericolo che riguardano la sopravvivenza per l'intera specie: buio, altezza, solitudine 4-Circostanze legate all'interazione con altri esseri viventi che mostrano atteggiamenti aggressivi 18
  • 19. E' interessante notare che l'espre s sio n e della paura è a sua volta causa di paura . Di fatto, sembra che una delle funzioni di esprimere paura, in tutte le specie studiate, sia quella di avvertire i membri del gruppo della pres e n za di un pericolo e nello stes s o tempo chied er e aiuto . Gridare o emettere altri suoni caratteristici per ciascuna specie è il mezzo più efficace per trasmettere a distanza lo stato di allarme e la richiesta di soccorso. Come fare per superare la paura? Ci sono delle paure assolutamente realistiche e quindi assolutamente funzionali, altre paure sono invece reazioni emotive sproporzionate agli eventi esterni di natura psicogena per le quali si può ricorrere a trattamenti psicologici. Il punto di partenza per decidere la tattica più adeguata sta nell' individuare l'elem e n t o principale respon s a bile della paura . Si tratta di un evento ignoto? Allora sarà più prudente una attività di tipo esplorativo? Si tratta di un evento realmente pericoloso? Allora sarà meglio allontanarsi dal luogo. Quando invece si teme di perdere il controllo per la rabbia o di essere sopraffatti dalla tristezza, quando cioè si temono le proprie emozioni, è consigliabile accettare le proprie paure invece che combatterle. 3-5 Il disgusto 19
  • 20. Si può definire il disgu s t o come un'em ozion e conn e s s a ess e n zialm e n t e con il cibo e con il rifiuto della contaminazion e . Il termine "disgusto", essendo derivato ed opposto a "gusto", trasmette il suo significato originario di sgradevolezza legata all'ingerimento del cibo. Ciò nonostante, l'emozione del disgusto insorge anche in ass e n za di stimolazioni delle papille gustativ e, in risposta, invec e, ad altri stimoli visivi, olfattivi e tattili . Le emozioni in prevalenza hanno come origine un altro essere umano e, spesso, ad esso sono dirette. Il disgu s t o no: il suo ogg ett o di elezion e è qualcos a di inanimato, un animale particolare, oppure un ess er e vivent e già morto . Può essere un animale vivo e integro (ad esempio uno scarafaggio), la parte di un essere vivente (un membro amputato) o pezzi di origine animale (sangue o budella). Fra gli animali, ve ne sono alcuni che suscitano disgusto più di altri, come i piccoli serpenti, le lumache, le lucertole, i ragni. Vedere, toccare o essere colpiti dall'odore di qualcosa che ispira repulsione, spinge ad allontanare dal proprio campo percettivo l'oggetto disgustoso, distogliendo lo sguardo, scuotendo le dita, o sputando se lo si era già messo in bocca. La persona che prova disgusto ha un' espre s sio n e facciale assai caratteristica: essa consiste principalmente nell'arricciare le narici, indicando il tentativo primordiale di 20
  • 21. chiudere le narici colpite da un odore nocivo, mentre il labbro superiore rimane sollevato, allargare la bocca per sputare un cibo velenoso. Nei casi più intensi di disgusto si prova nausea e può esservi anche la reazione di vomito. Il disgusto è considerato un'emozione primaria o fondamentale non solo per la presenza universale dell'espressione del viso, ma per il suo valore adattivo . Questa emozione ha infatti una chiara origine funzionale. L'esperienza di disgu s t o prote g g e dal rischio di entrare in contatto e di ingerire sostan z e potenzialm e n t e danno s e per l'organis m o : è quindi chiaramente connesso all'alimentazione e all'olfatto. 4 Prime teorie sulle emozioni 4-1 La teoria di James e Lange C'è stata una teoria in passato che tentava di spiegare le emozioni come feedback dagli effetti periferici del sistema nervoso autonomo e dai muscoli scheletrici. Questa teoria fu formulata indipendente m e nt e da Willam James e da Carl Lange alla fine del diciannovesimo secolo (circa 1884). Questi studiosi suggerirono che il vissuto emotivo dipende dall'esperienza dei cambiamenti fisiologici che si verificano in una situazione pericolosa. In altri termini, una situazione che ci spaventa provoca prima di tutto delle risposte fisiologiche: è solo il prendere atto 21
  • 22. del fatto che il cuore batte più forte, o che siamo impalliditi, a fornire il contenuto conscio del "sentimento" di paura. Perciò "abbiamo paura perché scappiamo" o "ci vergogniamo perché siamo diventati rossi". Questa interpretazione appare oggi molto ingenua in quanto accentua la rilevanza della risposta organica ad una situazione di stress proponendola come primaria anche rispetto alla presa di coscienza e alla valutazione cognitiva dell'emozione. 4-2 La teoria di Cannon Nel 1927, William Cannon riassunse le obiezioni che erano state mosse contro la teoria di James e Lange, osservando che il comportamento emotivo compare anche se sono interrotte le comunicazioni nervose tra i visceri e il sistema nervoso centrale, che molte delle manifestazioni viscerali non implicano di per sé un contenuto emotivo, e che sono comunque troppo lente per rappresentare la causa dell'emozione. Nel 1929, Cannon propose una sua teoria, detta "talamica", nella quale ipotizzava il ruolo centrale del talamo nelle emozioni: le informazioni che giungono dagli organi di senso sarebbero inviate dal talamo non solo alle aree corticali di proiezione, ma, anche, contemporane a m e n t e e direttamente, ai visceri. Le risposte somatiche e l'esperienza emotiva risulterebbero, 22
  • 23. perciò, pressoché contemporanee, anche se vicendevolmente condizionate. Secondo Cannon quindi non potevano esserci emozioni senza intervento del talamo. 4-3 L'ipotesi di Papez Un contributo fondamentale alla comprensione del meccanismo neurale che sta alla base delle emozioni giunse dal medico francese Papez che nel 1937 aveva iniziato le sue ricerche sulla base dell'osservazione delle reazioni emotive che compaiono nell'uomo affetto da infezione rabbica. Egli era rimasto molto colpito dalla drammaticità del quadro clinico: nelle fasi acute dell'infezione, ai normali sintomi, si aggiungevano manifestazioni di apprensione, di terrore, di paura parossistica. Riflettendo sul fatto che le lesioni provocate dal virus della rabbia sono localizzate per lo più nell'ippocampo e nell'ipotalamo e considerando la storia evolutiva di queste strutture, Papez formulò l'ipotesi che il centro integrativo superiore delle emozioni, fosse costituito dal sistem a limbico , un complesso di strutture nervose subcorticali e corticali, filogeneticamente molto antiche. L'ipotesi di Papez, ampliata da McLean nel 1949 e da Penfield nel 1954 fu confermata da una grande quantità di dati sperimentali. 23
  • 24. 5 Ment e emozional e e ment e razionale: sist e m a limbico e neocort e ccia A tutti gli effetti abbiamo "due menti", una che pensa, l'altra che "sente". La mente razionale è la modalità di comprensione della quale siamo in parte solitamente coscienti: dominante nella consapevolezza e nella riflessione, capace di ponderare e di riflettere; ma, accanto ad essa c'è un altro sistema di conoscenza, quello della mente emozion ale caratterizzato dall'impulsività. La dicotomia emozionale/razionale è simile alla popolare distinzione fra "cuore" e "mente"; quando sappiamo che qualcosa è giusto "con il cuore" la nostra convinzione è di un ordine diverso; in qualche modo è una certezza più profonda di quando pensiamo la stessa cosa con la mente razionale. Il rapporto fra razionale ed emozionale nel controllo della mente varia lungo un gradiente continuo; quanto più intenso è il sentimento, tanto più dominante è la mente emozionale e più inefficace quella razionale. Questa situazione sembra derivare dal vantaggio evolutivo rappresentato dall'essere guidati dalle emozioni e dalle intuizioni quando sia necessaria una reazione immediata in un contesto di pericolo. Spesso le "due menti" sono perfettamente in equilibrio, ma quando le passioni aumentano di intensità, 24
  • 25. l'equilibrio si capovolge: la mente emozionale prende il sopravvento, travolgendo quella razionale. Per comprendere la grande influenza delle emozioni sulla mente razionale, e per capire anche come mai il sentimento e la ragione entrino in conflitto così facilmente, bisogna considerare il modo in cui si è evoluto il cervello umano. Come viene descritto nella figura, la parte più primitiva del cervello è il tronco cerebrale che circonda l'estremità cefalica del midollo spinale. Esso regola funzioni vegetative fondamentali come il respiro e il metab olis m o . Da questa struttura derivano filogeneticamente i centri emozionali. Milioni di anni dopo, nel corso dell'evoluzione, da questi centri emozionali si è evoluta la "mente razionale" cioè la neocorteccia. Il fatto che il cervello razionale si sia evoluto da quello emozionale ci dice molto sui rapporti fra pensiero e sentimento: molto prima che esistesse un cervello razionale, esisteva già quello emozionale. Le radici più antiche della nostra vita emotiva affondano nel sens o dell'olfatto . I centri emozionali incominciarono infatti ad evolversi in relazione ai centri olfattivi. I centri emozionali sono collocati intorno all'estremità cefalica del tronco cerebrale e lo circondano come un anello; per questa ragione essi vennero chiamati siste m a limbico (dal latino limbus , cioè anello). 25
  • 26. Quando si evolse, il sistema limbico perfezionò due strumenti importantissimi: l'apprendim e n t o e la mem oria . Queste due conquiste consentivano ai mammiferi di regolare finemente le proprie risposte in modo da adattarle ad esigenze mutevoli senza più dover reagire in modo automatico e rigido. Se un tipo di cibo si era rivelato nocivo, la volta successiva poteva essere evitato. Decisioni riguardanti quali cibi mangiare e quali rifiutare erano ancora determinate dall'olfatto; a quel punto le connessioni fra bulbo olfattivo e sistema limbico si assunsero il compito di distinguere gli odori e riconoscerli, confrontandoli con quelli già percepiti in passato e discriminando i buoni dai cattivi. Poiché molti centri cerebrali della neocorteccia si svilupparono dal sistema limbico, il cervello emozionale ha un ruolo fondamentale nell'architettura neurale; infatti le zone limbiche sono strettame nt e collegate alla neocorteccia attraverso una miriade di circuiti di conn e s s io n e . Ciò consente ai centri emozionali di influenzare la mente razionale e di essere a loro volta influenzati da questa. 5-1 I circuiti neurali emozionali: il ruolo dell'amigdala e della neocorteccia Negli esseri umani l'amigdala (termine che deriva dal greco e significa "mandorla") è un gruppo di strutture 26
  • 27. interconnesse, a forma di mandorla, posto sopra il tronco cerebrale, vicino alla parte inferiore del sistema limbico. L'amigdala insieme all'ippocampo (di cui si parlerà in seguito) sono alcune delle strutture che, nel corso della filogenesi, hanno dato origine alla corteccia primitiva e poi alla neocorteccia. L'amigdala funziona come un archivio della mem oria emozion ale ed è quindi depositaria del significato stesso degli eventi; la vita senza amigdala sarebbe un'esistenza spoglia di significato personale. Gli animali ai quali l'amigdala sia stata rimossa o resecata non provano più rabbia o paura, perdono l'impulso a cooperare o competere e non hanno più percezione del ruolo sociale. Le lacrime, un segnale emozionale tipico degli esseri umani, vengono stimolate dall'attività dell'amigdala. Il pianto viene inibito così come l'attività dell'amigdala viene smorzata quando gli esseri umani sono confortati ed accarezzati; tuttavia senza amigdala non ci sarebbe alcun pianto da confortare. Per comprendere il potere delle emozioni nella vita mentale è importante considerare i momenti della vita in cui agiamo spinti da una emozione. In quei momenti il nostro comportame nto diviene irrazionale e spesso, dopo il "temporale emotivo", ci pentiamo delle azioni che abbiamo commesso e delle parole che abbiamo detto. In quei momenti il ruolo dell'amigdala è fondamentale. I segnali in entrata provenienti dagli organi di senso 27
  • 28. consentono all'amigdala di analizzare ogni percezione sempre guidata da un interrogativo molto primitivo: "E' qualcosa che odio? Qualcosa che mi ferisce? Qualcosa che temo?". Se la risposta è affermativa, l'amigdala scatta immediatame nt e, come una sorta di grilletto neurale che reagisce inviando un messaggio di pericolo a tutto il cervello. Molte ricerche ed in particolare quelle di LeDoux (1994; 1995) hanno dimostrato che l'amigdala ha una posizione privilegiata nell'architettura del cervello in relazione agli input sensoriali. Questi input provenienti dall'occhio e dall'orecchio viaggiano diretti al talamo , e poi, seguendo un secondo circuito, arrivano all'amigdala; nel frattempo un secondo segnale viene poi inviato dal talamo alla neocorteccia cioè alla mente razionale. Questa struttura del circuito permette all'amigdala di rispondere prima della neocorteccia. Esistono quindi delle vie neurali emozionali che aggirano la neocorteccia. I segnali che prendono la via diretta passante per l'amigdala corrispondono ai sentimenti più primitivi e potenti; la conoscenza di questo circuito è di grande aiuto per spiegare la capacità dell'emozione di soffocare la razionalità. LeDoux ha scoperto quindi che, oltre alla via che va dal talamo alla corteccia, esiste un fascio più sottile di fibre nervose che vanno direttamente all'amigdala. Questa via più breve permette all'amigdala di ricevere alcuni 28
  • 29. input direttamente dal talamo; essa può così cominciare a rispondere prima che tali input siano stati completamente registrati dalla corteccia. L'amigdala può quindi spingerci ad una azione immediata mentre la neocorteccia, più lenta ma con informazioni più complete, prepara la sua azione in modo estrema m e nt e raffinato. In termini evolutivi la via diretta occhio- orecchio- talamo- amigdala assume un significato notevole in quanto consente una risposta rapida che abbrevia di alcuni millisecondi critici il tempo di reazione (T.R.) ai pericoli. 5-2 La memoria emozionale: il ruolo dell'ippocampo e dell'amigdala Dal punto di vista anatomico, il sistema emozionale può agire indipendente m e nt e dalla neocorteccia, ciò vuol dire che alcuni ricordi e reazioni emotive possono formarsi senza alcuna partecipazione cognitiva. Nell'amigdala possono esserci ricordi e repertori di risposte emotive che vengono messi in atto senza che ci si renda conto del perché si agisca in quel modo, e questo è dovuto al fatto che la scorciatoia dal talamo all'amigdala esclude completamente la corteccia. Mentre l'amigdala è importante come struttura che codifica il "significato emotivo" dei ricordi, l'ippocam p o è coinvolto nella registrazione degli schemi percettivi relativi ad un dato ricordo. Quindi l'ippocampo "ricorda" i fatti, 29
  • 30. l'amigdala ne trattiene il "sapore emozionale". Per esempio, se facciamo un sorpasso azzardato ed evitiamo per miracolo uno scontro frontale, l'ippocampo ricorderà su quale tratto di strada eravamo e l'aspetto dell'altra automobile, ma sarà l'amigdala che ci farà sentire ansiosi ogni volta che tenteremo di sorpassare in circostanze simili. Il cervello usa un metodo semplice ma ingegnoso per fare in modo che i sistemi mnestici emozionali siano particolarmente potenti: i sistemi neurochimici di allarm e (liberazione di ormoni quali l'adrenalina e la noradrenalina) che inducono l'organismo a reagire alle emergenze che minacciano la sopravvivenza sono esattame nt e gli stessi che imprimono un ricordo emotivo nell'amigdala. Quanto più intenso è il risveglio dell'amigdala, tanto più forte è l'impressione del ricordo; le esperienze della vita che più ci piacciono, ci feriscono o ci spaventano sono destinate a diventare i nostri ricordi più indelebili. L'esistenza di un sistema speciale per i ricordi emozionali è un fatto assolutamente logico nell'evoluzione: essa infatti garantisce agli animali la conservazione di un ricordo particolarmente vivido di ciò che li ha minacciati o che ha dato loro piacere. Nel presente, però, i ricordi emozionali possono rivelarsi guide fuorvianti. L'amigdala, infatti, analizza l'esperienza presente confrontando ciò che sta accadendo con il passato registrato nei suoi "archivi emozionali". Il 30
  • 31. suo metodo di confronto è associativo e poco preciso : quando la situazione presente e quella passata hanno un elemento chiave simile, l'amigdala lo identifica come un'associazione. Questo circuito neurale ci impone precipitosamente di reagire secondo modalità fissate magari nell'infanzia, con emozioni e reazioni apprese in risposta ad eventi forse solo vagamente analoghi e tuttavia abbastanza simili da mettere in allarme l'amigdala. Affinché l'amigdala dichiari lo stato di emergenza basta che solo pochi elementi della situazione presente ricordino quelli di una passata circostanza pericolosa. In quei momenti, l'imprecisione del cervello cresce in quanto molti vividi ricordi emozionali risalgono ai primi anni di vita dell'individuo e riguardano generalmente il rapporto fra il bambino e chi si prendeva cura di lui. L'amigdala matura molto velocemente nel cervello del bambino, e alla nascita è molto più vicina di altre strutture allo sviluppo completo. Poiché questi primissimi ricordi emozionali si fissano nella memoria in un momento in cui i bambini non sanno ancora parlare per descrivere le loro esperienze, quando poi, in tempi successivi, essi vengono richiamati, non è possibile associare alcun insieme di pensieri articolati alla risposta che prende il sopravvento. Uno dei motivi, quindi, che spiegano come mai siamo così sconcertati dalle nostre esplosioni emozionali, è che esse spesso hanno radici in un 31
  • 32. periodo molto precoce della nostra vita. Questi ricordi che scatenano tali esplosioni possono dunque suscitare sentimenti caotici, ma non possono evocare parole. 5-3 Neocorteccia prefrontale: la mente razionale che controlla le emozioni Mentre l'amigdala lavora per scatenare una reazione ansiosa e impulsiva, altre aree del cervello si adoperano per produrre una risposta correttiva , più consona alla situazione. L'interruttore cerebrale che smorza gli impulsi dell'amigdala sembra trovarsi nei lobi prefrontali. Quest'area cerebrale neocorticale consente di dare ai nostri impulsi emotivi una risposta più analitica o appropriata, modulando l'attività dell'amigdala e di altre aree limbiche. Come si è già detto precedente m e nt e, la maggior parte delle informazioni sensoriali provenienti dal talamo non è diretta all'amigdala ma alla neocorteccia e ai suoi centri di ricezione e comprensione delle informazioni percepite. Tutta l'informazione viene coordinata dai lobi prefrontali dove le azioni vengono programm at e ed organizzate in vista di un obiettivo. Se è necessaria una risposta emozionale, i lobi frontali la dettano collaborando con l'amigdala e con gli altri circuiti del sistema limbico. Quando si scatena un'emozione, nel giro di qualche istante i lobi prefrontali eseguono la reazione che ritengono 32
  • 33. migliore fra moltissime possibilità, in base al criterio del rapporto rischio/b en e ficio . Per gli animali, ciò significa decidere quando attaccare e quando darsi alla fuga; mentre per noi significa decidere quando attaccare, quando darsi alla fuga, quando calmarsi, persuadere, cercare comprensione, essere sprezzanti. La risposta neocorticale è più lenta rispetto alla risposta dell'amigdala, per questo è una risposta più ponderata e riflessiva. Fra i modi con i quali la corteccia prefrontale riesce a dominare efficacemente le emozioni c'è quello di smorzare i segnali di attivazione provenienti dall'amigdala. Sembra inoltre che l'interruttore neurale fondamentale che inibisce le emozioni negative sia il lobo prefrontale sinistro . 33
  • 34. Letture ulteriori: Cassini A. e Dellantonio A. (1987). Il comportamento emotivo. In Le basi fisiologiche dei processi motivazionali ed emotivi. Bologna, Il Mulino. Darley J. M., Glucksberg S., Kinchla R.A. (1998) Le emozioni. In Fondamenti di Psicologia . Bologna, Il Mulino. D'Urso V. (1999) Le emozioni. In Cicogna P. C (a cura di) Psicologia Generale , Roma, Carocci. D'Urso V e Trentin R (1990) (a cura di) Psicologia delle emozioni . Bologna, Il Mulino. D'Urso V, Trentin R (1992). Sillabario delle emozioni . Milano, Giuffrè. Ekman P. (1992). An argument for basic emotions. Cognition and Emotion , 6, 169- 200. Goleman D. (1996). Parte prima: Intelligenza emotiva. In Intelligenza emotiva , Bergamo, Rizzoli. LeDoux, J. E. (1994). Emozioni, memoria e cervello. Le Scienze , 312, 332, agosto. LeDoux, J. E. (1995). Emotions: Clues from the brain. Annal Review of Psychology , 46, 209- 235. 34