2. L‟Europa nel 1914 risulta divisa in due schieramenti
contrapposti, corrispondenti a due alleanze militari:
Triplice Intesa:
Francia, Inghilterra e Russia
Triplice Alleanza:
Germania, Austria e Italia
Aree di maggior tensione:
Alsazia-Lorena
(tra Francia e Germania)
Trentino e Venezia-Giulia
(tra Austria e Italia)
le regioni balcaniche
(al centro delle mire
espansionistiche di tutte le
grandi nazioni, in primo
luogo l‟Impero Russo e
l‟Austria, ma anche la
Germania)
2
prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
3. 28 giugno 1914: l‟assassinio di Sarajevo
Premessa: nel 1908 l‟Austria si era annessa la Bosnia-Erzegovina
(la regione in cui si trova Sarajevo), già suo protettorato dal 1879;
nel corso delle guerre balcaniche (1912-13), la Serbia, protetta e
sostenuta dalla Russia, era diventata la più fiera antagonista
dell‟espansionismo austriaco nei Balcani e la culla dell‟irredentismo
slavo (= la volontà di riappropriarsi di territori anticamente
appartenenti al “popolo slavo” e che per secoli erano stati sotto
dominio “straniero”, in primo luogo Ottomano).
Il 28 giugno 1914 l‟arciduca Francesco Ferdinando d‟Asburgo (erede
al trono d‟Austria) e sua moglie Sofia, in visita a Sarajevo, mentre
sfilano in automobile fra la folla vengono raggiunti dai colpi di
pistola esplosi da uno studente nazionalista serbo.
Francesco Ferdinando (nipote dell‟imperatore Francesco
Giuseppe) sosteneva la creazione di un “polo slavo” (analogo al
“polo ungherese”) all‟interno dell‟Impero austro-ungarico, proponendo così una politica che entrava
in contrasto con le ambizioni espansionistiche della Serbia e della Russia.
Questo episodio, in un contesto reso incandescente dalle aggressive politiche nazionalistiche e
imperialistiche delle potenze europee, è la miccia che innesca l‟incendio della Prima guerra mondiale.
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
4. 1914: l’entrata in guerra
… l‟incendio divampa per tutta Europa
28 luglio 1914: avendo la Serbia (spalleggiata dalla Russia) rifiutato un ultimatum austriaco (che
prevedeva pesanti indagini di polizia sul territorio serbo), l‟Austria (spalleggiata dalla
Germania) le dichiara guerra
1 agosto 1914: la Germania (che da anni fomentava e sosteneva il nazionalismo turco, e ampliava i
suoi investimenti e interessi commerciali nell‟area ottomana in funzione anti-russa)
entra in guerra contro la Russia
3 agosto 1914: la Germania (che aveva chiesto alla Francia di rimanere neutrale nei
confronti del conflitto con la Russia), di fronte alla reazione avversa
francese (un raid aereo su Norimberga) entra in guerra contro la Francia
4 agosto 1914: l‟Inghilterra (da tempo preoccupata dal potenziamento navale tedesco),
di fronte al proposito dei generali tedeschi di attraversare il Belgio
(neutrale) con le loro truppe, rompe il suo “splendido isolamento” nei confronti del
continente europeo ed entra in guerra contro la Germania
6 agosto 1914: l‟Austria si decide ad aprire ufficialmente le ostilità contro la Russia
11 agosto 1914: la Francia entra in guerra contro l‟Austria
12 agosto 1914: l‟Inghilterra entra in guerra contro l‟Austria
4
prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
5. 1914: una data “epocale”
= che segna profondamente la storia del mondo,
chiudendo un’epoca ed aprendone un’altra
… perché:
•
è l‟inizio di una vera e propria “guerra civile” europea (si chiama così una guerra interna
ad un paese), destinata a durare per più di trenta anni (fino al 1945), quando dell‟antica
grandezza delle potenze d‟Europa non sarebbero rimaste che MACERIE
•
è l‟inizio di un processo destinato a cambiare il destino del MONDO (non a caso, viene
chiamata la Grande Guerra), cioè non solo quello delle popolazioni del vecchio continente,
ma anche quello delle nuove potenze extra-europee (Stati Uniti e Giappone) e dei popoli
colonizzati nel resto del pianeta
•
rappresenta una svolta apparentemente PARADOSSALE della storia, per cui proprio nel
momento in cui le idee, le istituzioni e i modi di vivere dei cittadini dell‟Europa avevano
raggiunto un altissimo grado di sviluppo e di diffusione, essi voltarono le spalle a un
patrimonio culturale accumulato nei secoli, iniziando a massacrarsi gli uni con gli altri
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6. Ondata patriottica: si va in guerra come ad una festa
.. ma il PARADOSSO è solo
APPARENTE, perché:
•
lo slancio con cui la
popolazione civile aderì alle
dichiarazioni di guerra era il
frutto della propaganda e
delle comunicazioni di massa
che, assieme alla
scolarizzazione sempre più
diffusa, aveva radicato già a
partire dalla fine del XIX
secolo il patriottismo e il
nazionalismo nell‟animo di
milioni e milioni di europei di
ogni classe sociale (dai
borghesi agli operai)
•
tutti nutrivano la convinzione
che, grazie ai nuovi mezzi e
alle nuove armi messe a
disposizione dallo sviluppo
tecnologico, la guerra sarebbe
stata rapida (“guerra lampo”)
e che si sarebbe conclusa con
il trionfo
6
o fitta rete ferroviaria (rapido trasporto di truppe e
forniture militari)
o aerei, dirigibili, carri armati, pistole, granate, fucili
mitragliatori e mitragliatrici a lunghissima gittata,
cannoni, bombe, bombe a mano)
o uso della radiofonia per le comunicazioni belliche
prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
7. La posizione socialista
… nemmeno i socialisti (nell‟insieme) sfuggono all‟ondata patriottica; al momento dello
scoppio della guerra:
-
in Inghilterra, si dimette in segno di protesta un solo ministro del partito laburista
-
in Germania, il partito socialdemocratico vota a favore delle misure necessarie alla guerra
(i cosiddetti “crediti di guerra”)
-
in Francia, l‟assassinio del socialista Jean Jaurès (nemico irriducibile della guerra) da
parte di un fanatico nazionalista non suscitò reazioni apprezzabili
In tutti i paesi coinvolti nel conflitto si realizzarono le cosiddette “Unioni sacre”, cioè dei
governi di coalizione, favorevoli alla guerra, in cui erano presenti anche i socialisti.
In Germania, Guglielmo II poté dunque dichiarare: “Non ci sono più partiti, ci sono solo
Tedeschi”.
Naturalmente vi furono, nelle file del socialismo europeo, delle voci dissonanti: esemplari, in
questo senso, furono i Bolscevichi russi (corrente maggioritaria del partito socialdemocratico)
ed i membri del partito socialista italiano. Tali voci, tuttavia, restarono minoritarie.
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8. Gli intellettuali e la guerra
La “febbre nazionalista” non contaminò solo l’animo popolare: aderirono con slancio all‟ondata
d‟entusiasmo collettivo anche moltissimi intellettuali di tutta Europa, su opposti fronti.
Esempi:
- gli scrittori e i poeti – Gide, Proust, Anatole France (in Francia), Thomas Mann (in Germania),
H.G. Wells (in Inghilterra), Majakovskij (in Russia);
- i sociologi, i filosofi, gli storici ed i critici letterari – Durkheim, Bergson, Henri Pirenne, Albert
Mathiez;
- gli scienziati e gli psicologi – il fisico Max Planck, lo stesso Sigmund Freud (che si dichiarò fiero
della partenza dei propri figli per il fronte).
Alcune (rare) esemplari voci di dissenso:
- il letterato francese Romain Rolland (autore, nel 1914, del pamphlet antipatriottico Al di sopra
della mischia, in cui il conflitto che si è appena aperto viene definito come un massacro dal quale
“l’Europa uscirà mutilata”);
- la rivoluzionaria ebrea polacca (trapiantata a Berlino) Rosa Luxemburg, che nell’atmosfera
patriottica del 1914 scorse un’aria da “assassinio rituale” che le ricordava i pogrom della Russia
zarista, ed ai cui occhi la guerra rivelava il vero volto della società borghese, “svergognata,
disonorata, sudicia, sguazzante nella melma”, con i tratti di “una belva distruttrice”;
- lo scrittore praghese Franz Kafka, che in data 6 agosto 1914 annotò nel suo diario: “Corteo
patriottico […] Questi cortei sono tra i più disgustosi fenomeni che accompagnano la guerra”.
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9. … e l’Italia?
… che aveva rinnovato la propria adesione alla Triplice Alleanza nel 1912?
Il 2 agosto 1914 dichiarò la propria NEUTRALITÀ per essere stata tenuta all‟oscuro delle
decisioni di guerra prese a Vienna e a Berlino. D‟altra parte, il patto con l‟Austria e la Germania
vincolava l‟Italia all‟intervento difensivo, non ad associarsi alle mosse offensive.
Ma la neutralità italiana non durò a lungo; il paese si divise ben presto fra:
interventisti
neutralisti
I nazionalisti (Estrema Destra)
La maggior parte degli italiani:
• “guerra redentrice imperiale”
• necessità di intervenire a fianco della Triplice per
strappare Nizza, la Corsica e la Tunisia alla Francia
Le masse operaie e contadine
presto si trasformano in
Irredentisti
• necessità di intervenire a fianco dell‟ Intesa per
strappare Trento, Trieste, l‟Istria e la Dalmazia
all‟Austria e completare il risorgimento italiano
• rappresentate dai socialisti e dai cattolici
Il partito socialista
• fedele all‟internazionalismo pacifista
I cattolici
• schierati con Benedetto XV, che condannò la guerra
I liberali giolittiani (La Stampa di Torino)
• Salandra, Sonnino; il Corriere della Sera
• preservare il paese e le istituzioni da gravi rischi
• grossi guadagni realizzabili concedendo forniture a
tutti i contendenti
Alcuni socialisti tra riformisti e rivoluzionari
La maggior parte degli intellettuali
• guerra di “liberazione delle nazionalità oppresse”
• esclusi quelli nazionalisti come D‟Annunzio
I liberali conservatori (Destra Conservatrice)
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10. “L’irredentismo” di Marinetti
Pubblicata nel 1914 all‟interno della
raccolta poetica Parole in libertà,
quest‟opera di Marinetti rappresenta
quale fosse l‟obiettivo della guerra
per gli interventisti (nelle cui file si
schierarono i futuristi):
•
sviluppare l‟eredità del
risorgimento italiano …
•
… liberando le città “irredente”
(Trento, Trieste e Fiume) …
•
… ed aprendo la politica estera
italiana verso l‟Europa centrale e
l‟Oriente
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11. IL VOLTAFACCIA DI MUSSOLINI
Un discorso a parte si deve fare per
l‟allora giornalista Benito Mussolini:
•
fino al luglio del 1914, conduce sull‟Avanti! (quotidiano
del PSI, di cui era direttore), una violenta campagna
contro “il nuovo macello di popolo”, coerentemente con
la sua posizione e il suo passato di pacifista militante
(nel 1911, avversario intransigente della guerra di Libia)
•
nel novembre del 1914, passa alla direzione di un nuovo
giornale, Il Popolo d’Italia, che si diceva fosse finanziato
dall‟ambasciata di Francia, facendosi sostenitore
dell‟intervento italiano a favore dell‟Intesa contro
l‟oppressore austriaco
•
l‟11 maggio 1915
firma l‟articolo “Abbasso il
Parlamento”: “… io credo, con fede sempre più
profonda, che il Parlamento in Italia sia il bubbone
pestifero che avvelena il sangue della nazione. Occorre
estirparlo”.
•
espulso dal PSI, fonda immediatamente un “Fascio
autonomo di azione rivoluzionaria”, chiamando ad
aderirvi “tutti i socialisti veramente rivoluzionari”.
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
12. Il governo Salandra e l‟allineamento con l‟Intesa
IL GOVERNO SALANDRA: il 10 marzo 1914 cade il governo
Giolitti, e il 21 marzo ha inizio il primo di due consecutivi
governi in cui è primo ministro Antonio Salandra, liberale della
Destra conservatrice orientato verso l‟intervento a fianco
dell‟Intesa
IL PROBLEMA DEI PAESI NEUTRALI: col protrarsi della guerra,
diviene di primaria importanza per gli Imperi centrali (Germania
e Austria) tirare i paesi neutrali dalla propria parte, o almeno
assicurarsi che fornissero a loro i rifornimenti (scorte
alimentari e materie prime)
LE TRATTATIVE SEGRETE: il governo Salandra (per opera del
ministro degli esteri Sidney Sonnino) entrò in trattative segrete
sia con l‟Austria (cessione delle terre “irredente” in cambio
di appoggio: la linea suggerita anche da Giolitti), sia con i
paesi dell‟Intesa; queste ultime ebbero esito positivo
Antonio Salandra
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
13. L’Italia entra in guerra
il 24 maggio 1915
IL PATTO DI LONDRA: il 26 aprile 1915 il governo italiano si
impegna ad entrare in guerra, a fianco dell‟Intesa e contro
l‟Austria e la Germania, entro un mese; il patto è molto
vantaggioso, in quanto prevede che, a guerra finita, oltre
al recupero delle terre “irredente”, all‟Italia sarebbero stati
concessi penetrazione politica ed economica nei Balcani,
il mantenimento dei territori strappati nel 1912 alla Turchia
e qualche ampliamento in Africa.
L‟Italia uscì formalmente dalla Triplice il 3 maggio 1915.
L‟APPOGGIO DI VITTORIO EMANUELE III AGLI INTERVENTISTI:
il Parlamento italiano era a grande maggioranza neutralista, ma
Vittorio Emanuele III dichiarò di “doversi piegare” al fermento
interventista dell‟opinione pubblica (in realtà, una minoranza,
per quanto rumorosa) e confermò Salandra al governo. I liberali
giolittiani e i cattolici, anziché dar battaglia alla Camera,
preferirono evitare uno scontro frontale con la Corona,
votarono i pieni poteri al governo Salandra e lasciarono
isolati i socialisti nella loro opposizione alla guerra.
Vittorio Emanuele III, Re d‟Italia 1900-1946
L‟Italia dichiarò guerra all‟Austria-Ungheria il 24 maggio 1915.
D‟Annunzio: “Questa guerra è la più feconda nutrice di bellezza
e di virtù sulla Terra”.
Vi moriranno seicentomila italiani.
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Gabriele D‟Annunzio
14. I fronti della guerra (1914-16)
FRONTE ORIENTALE: Gli “Imperi centrali” (Germania e Austria) combattono contro i
Russi ed i Serbi, tenendosi sulla difensiva ma vincendo molte battaglie
FRONTE OCCIDENTALE:
I tedeschi mettono in atto
il “piano Schlieffen” (messo a
punto dal generale Schlieffen
già nel 1905): l‟esercito viene
diviso in un‟ “ala marciante”
(che invade il Belgio, si dirige
verso la Manica e cala da
nord-ovest su Parigi) e un‟
“ala fissa”, a guardia della
frontiera tra Belgio e Svizzera,
con il compito di contenere la
controffensiva francese. Una
volta occupata Parigi, se i
francesi non si fossero arresi,
l‟esercito tedesco avrebbe
proseguito la sua calata verso
sud, intrappolando l‟intero
esercito francese in una
enorme sacca.
Nel settembre del 1914, però,
i francesi bloccano l‟avanzata
tedesca lungo il fiume Marna
(battaglia della Marna), ad
appena 20 Km da Parigi.
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
15. Il fronte occidentale: una guerra di logoramento
L‟arresto dell‟avanzata tedesca a causa della strenua
resistenza offerta dai francesi lungo la Marna causò
un‟importante svolta strategica nelle operazioni
militari: quella che avrebbe dovuto essere una
rapida “guerra di movimento” si trasformò in una
estenuante “guerra di posizione” (o “di usura”, o “di
trincea”, o “di logoramento”, come è stata variamente
definita), destinata a durare per quattro anni.
Dal novembre del 1915 al marzo del 1918 le linee di
combattimento sul fronte franco-tedesco non si
sposteranno di più di 15 km da una parte e dall‟altra.
I soldati vivono nelle trincee, che da semplici buche
diventano stanziamenti permanenti, umidi, freddi,
privi d‟igiene, in cui dilagano pulci e pidocchi.
Qualunque sortita li esponeva al tiro dei cecchini di
parte avversa, come anche (di notte) accendere un
fuoco per scaldarsi o una sigaretta. Altissimo fu il
prezzo di vite umane per tutti i contendenti: 400.000
morti e 1 milione di feriti, quasi la metà di tutti i
soldati presenti nell‟area.
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
16. Le armi chimiche
La Grande Guerra fu anche la prima in cui furono
messe in campo armi chimiche: i tedeschi
utilizzarono gas asfissianti per la prima volta nella
battaglia di Ypres, in Belgio, nel 1915 (da cui il
nome di “iprite” per il composto chimico velenoso
utilizzato).
L‟introduzione di quest‟arma letale costrinse i
comandi militari a dotare gli eserciti di maschere
antigas, la cui tecnologia fu sviluppata proprio in
quegli anni.
Otto Dix (1891-1969, pittore “neorealista” tedesco),
Storm-troopers During Gas Attack, 1923/24, dalla
raccolta di disegni Der Krieg, 1924.
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
17. Erich Maria Remarque,
Niente di nuovo sul fronte occidentale,1929
“A notte alta ci risvegliamo. La terra trema. Un fuoco intenso ci bersaglia:
ci rimpiattiamo negli angoli... Il ricovero si scuote tutto, la notte è un solo
ruggito, un solo lampo. Ci guardiamo l'un l'altro, nel baleno delle
esplosioni, e con pallide facce e labbra serrate scuotiamo la testa.
Sentiamo tutti come i colpi dei grossi calibri rovinano pezzo per pezzo
l'armatura della trincea, ne buttano all'aria la scarpata, ne stracciano il
rivestimento di cemento... Verso mattina, alcune reclute hanno già la
faccia verde e vomitano... I cambi delle vedette escono dal ricovero, gli
smontanti vi rientrano barcollando, sporchi di fango, tremanti... L'attacco
non viene, ma le detonazioni continuano: a poco a poco diventiamo sordi.
Quasi nessuno più parla, non ci si può quasi più intendere. Passano i
giorni... gli attacchi si alternano coi contrattacchi e sul terreno devastato,
fra le trincee, si ammucchiano i morti. Dei feriti, per lo più siamo in grado
di raccogliere quelli che non sono caduti troppo lontano; ma gli altri
giacciono abbandonati e li sentiamo morire.”
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
18. Fine dell’”ubriacatura patriottica”
Esemplare del mutamento d‟opinione circa la guerra man
mano che essa procedeva è il percorso parabolico seguito da
dall’intellettuale tedesco Siegfried Kracauer:
All‟inizio della guerra: il giovane Kracauer si arruola volontario
e nel 1915 pubblica un articolo intitolato “La guerra come
esperienza vissuta”, in cui descrive il conflitto come la
benvenuta conclusione della routine e della noia dell’epoca
guglielmina, esalta il patriottismo in termini nietzschiani come
“slancio vitale” che avrebbe permesso alla Germania di
emanciparsi dai valori materialistici di un mondo
senz‟anima, senza dio e senza profeti, offrendo allo spirito la
possibilità di consolidarsi attraverso la “gioia di combattere”. In
altre parole, la guerra appare come un‟esigenza esistenziale
ed un‟esperienza mistica, che non ha bisogno di
giustificazioni sociali o politiche.
Nel 1917: in un articolo per Das Neue Deutschland, Kracauer
ha già abbandonato la retorica patriottica ed esprime la propria
delusione per una guerra che ha rivelato il suo vero volto,
quello di uno spaventoso massacro che rispecchia “la
decomposizione sempre più profonda dell’umanità europea”.
Siegfried Kracauer (1889-1966), scrittore, giornalista, sociologo, critico letterario e teorico del cinema tedesco; in quanto
ebreo e marxista, emigrerà prima a Parigi e poi negli USA dopo l’avvento del nazismo in Germania (1933).
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
19. Queste infernali condizioni di vita e il contatto
quotidiano con la morte generarono nella maggioranza
dei soldati una sommessa e tragica rassegnazione. Per
un altro verso, il fatto di condividere gli stessi pericoli e
le stesse sofferenze diede vita a solidarietà e
cameratismo profondi tra i combattenti, creando forti
legami tra i giovani ufficiali, figli della piccola borghesia
cittadina, e i fanti-contadini semianalfabeti.
Vi fu chi non si rassegnò alla guerra: molti non capivano
le ragioni che avevano scatenato il conflitto; molti erano
pacifisti e rifiutavano di combattere; altri avevano paura,
altri ancora non ritenevano che fosse loro dovere morire
per la patria.
Questi sentimenti diedero origine a una crescente
opposizione individuale che assunse forme diverse:
19
la diserzione, cioè l'abbandono del
Fronte, delle armi e della divisa o con
la fuga o non tornando dopo una
licenza; la renitenza alla leva, cioè il
non presentarsi ai distretti militari
dopo aver ricevuto la “cartolina” che
chiamava alle armi; l'autolesionismo,
cioè il ferirsi gravemente o il mutilarsi
per tornare a casa o per evitare di
andare al Fronte.
Tutte
queste
forme
di
rivolta
individuale, così come le ribellioni
collettive, furono punite duramente dai
tribunali militari o con lunghi anni di
carcere o con la pena di morte.
prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
20. Il fronte italiano (1915-17)
Il 24 maggio 1915 l‟esercito italiano iniziò le operazioni
di guerra attraversando il fiume Piave. La grande
maggioranza delle truppe italiane era costituita da
contadini, arruolati in massa in fanteria, che partirono
rassegnati e senza una scintilla d‟entusiasmo.
Tra il 1915 e il 1917 vennero combattute 11 battaglie
lungo il fiume Isonzo e sulle alture del Carso, sotto
la direzione del generale Cadorna, che ebbero l‟effetto di
strappare Gorizia all‟Austria (dopo la 6a battaglia, nel
1916). Ma la logorante guerra di posizione ingaggiata
dagli eserciti italiano e austriaco ebbe come principale
conseguenza la morte di decine di migliaia di soldati.
Il 24 ottobre 1917 un‟armata austriaca, appoggiata da
reparti tedeschi, sfondò le linee di difesa italiane a
Caporetto, dilagando nel Friuli e nel Veneto fino al Piave,
dove si riuscì a fermarla. La ritirata delle truppe italiane,
mal gestita dagli alti comandi, fu caotica e rovinosa:
400.000 soldati sbandati (fra dispersi e disertori) e
300.000 caduti prigionieri del nemico.
Cadorna (il primo responsabile di questa immane disfatta)
fece ricadere sui fanti tutta la responsabilità, dichiarando
che, sobillati dalla propaganda “disfattista” dei socialisti,
erano fuggiti vigliaccamente di fronte al nemico.
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
22. Il malessere della popolazione civile: i moti di Torino
Nel frattempo, in Italia la popolazione civile viveva forti disagi per la carenza di rifornimenti.
Il mancato rifornimento della farina a Torino, nell‟agosto del 1917, fu la miccia che fece scattare
l‟espressione di un rancore nei confronti della guerra che si era andato accumulando negli
anni.
Torino (sede di industrie laniere, cotoniere, meccaniche – come la Fiat – e di fabbriche di
munizioni e di esplosivi) negli anni della guerra aveva ricevuto un forte impulso produttivo: era
prevalentemente una città operaia, in cui ai lavoratori era chiesto di lavorare a pieno ritmo.
Per circa una settimana, fu scossa da un sussulto rivoluzionario che non si allargò alle altre
zone del triangolo industriale solo perché i dirigenti del PSI, colti di sorpresa, non seppero e
non vollero sfruttare l‟occasione.
Manifestazioni e tumulti davanti ai cancelli delle fabbriche e di fronte alla Camera del Lavoro,
saccheggi di panetterie, assalti alle caserme della guardia civica e scontri a fuoco con le forze
dell‟ordine si susseguono mentre la folla canta un ritornello divenuto famoso: “Prendi il fucile
e gettalo per terra / vogliam la pace, vogliam la pace / vogliam la pace, mai vogliam la guerra!”
I dimostranti chiesero anche l‟appoggio dei soldati chiamati a contenerli: ma l‟appello cadde
nel vuoto. L‟arresto di 24 dirigenti del PSI e di quasi un migliaio di operai e dimostranti
riporterà a forza l‟ordine nella città.
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
23. SI CORRE AI RIPARI:
La tragedia di Caporetto fece aprire gli
occhi alla classe dirigente italiana e ai
militari: la linea dura contro le masse (in
patria e al fronte) non pagava.
Cadorna fu rimosso e sostituito dal
generale Armando Diaz, e si cercò di
migliorare le condizioni di vita dei soldati
(vitto più abbondante, licenze più
frequenti, permanenza più breve in prima
linea).
Soprattutto, fu avviata una massiccia
campagna di propaganda per le truppe:
spettacoli, conferenze, “giornali di
trincea” che diffondevano messaggi
rassicuranti e promesse di un futuro
migliore, con tanto di distribuzione di
terre ai contadini.
La propaganda, naturalmente, è rivolta
anche ai civili: La Domenica del Corriere
(supplemento del Corriere della Sera) del
4-11 novembre 1917 mostra come, dopo
la disfatta di Caporetto, i morti siano
soltanto austriaci e i bersaglieri siano al
contrattacco.
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24. 1914-17: l’allargamento del conflitto
La guerra, nel frattempo, si era allargata ed era divenuta MONDIALE:
23 agosto 1914:
il Giappone, con l‟intento di impadronirsi dei possedimenti tedeschi in
Estremo Oriente, entra in guerra a fianco dell‟Inghilterra contro la Germania
5 novembre 1914: l‟Intesa si trova a dover fronteggiare anche la Turchia, scesa in campo in
appoggio della Germania (Imperi centrali e Intesa si controbilanciano)
6 settembre 1915: anche la Bulgaria scende in campo a favore degli Imperi centrali, dichiarando
guerra alla Francia
23 maggio 1915: come abbiamo visto, l‟Italia si schiera con l‟Intesa e dichiara guerra all‟Austria
27 agosto 1916:
l‟Italia entra in guerra anche con la Germania, e la Germania con la Romania
1 settembre 1916: la Bulgaria dichiara guerra alla Romania
6 aprile 1917:
gli Stati Uniti (che, fino a quel momento, si erano limitati a fornire ingenti
finanziamenti all‟Intesa) entrano nel conflitto contro la Germania, sia perché i
sottomarini tedeschi stavano affondando molte navi e mercantili americani, sia
per estendere la loro influenza economica e politica sul continente europeo
27 giugno 1917: la Grecia scende in campo contro gli Imperi centrali
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25. L’entrata in guerra degli USA
Il governo statunitense entrò in guerra per ragioni squisitamente
ECONOMICHE
- in primo luogo, essere sicuro di rientrare delle ingenti somme prestate fino ad
allora all‟Inghilterra, per sostenerne lo sforzo bellico (circa 1.800 milioni di dollari)
- in secondo luogo, porre fine alla guerra sottomarina dei tedeschi, che
affondavano i carichi mercantili americani ed impedivano i normali traffici marittimi
L‟opinione pubblica americana, tuttavia, era largamente neutralista e
PACIFISTA
- il presidente Woodrow WILSON, ri-eletto nel 1916, si era fatto paladino della pace
e sostenitore di una politica di democrazia e neutralità (si era fatto eleggere come
“l‟uomo che ci tiene fuori dalla guerra”)
- più di un terzo della popolazione del paese era costituita da emigrati o figli di
emigrati dal vecchio continente, ed intratteneva ancora forti legami etnici con i
(diversamente schierati) paesi di provenienza
Per indurre la popolazione a slanciarsi nella guerra, si ricorse
massicciamente, e con successo, alla PROPAGANDA
- già gli inglesi avevano inondato gli USA di dossier contro la Germania, in cui i
tedeschi venivano dipinti come barbari che compivano azioni atroci (tanto che
molti immigrati di origine tedesca preferirono farsi cambiare il cognome con uno di
suono non germanico...)
- lo stesso governo americano, guidato proprio da Wilson, si impegnò a suscitare
sentimenti di coinvolgimento patriottico nei cittadini attraverso un‟apposita
campagna pubblicitaria, per organizzare la quale venne istituito un “Comitato per
l‟Informazione Pubblica” del quale fece parte attiva Edward Bernays
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prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
Edward
Bernays
26. “I Did Not Raise My Boy To Be A Soldier”
La canzone “Non ho cresciuto il mio ragazzo perché facesse
il soldato”, cantata da Morton Harvey, esprimeva nel 1915
l‟atteggiamento prevalente negli Stati Uniti nei confronti della
guerra:
Dieci milioni di soldati alla guerra sono andati / Che potrebbero
non fare mai ritorno / Dieci milioni di cuori di madri si devono spezzare
/ Per quelli morti invano
Che le nazioni risolvano pacificamente i loro problemi futuri / È tempo
di deporre spade e fucili / Non ci sarebbe la guerra oggi / Se le madri
tutte dicessero: "Non ho cresciuto il mio ragazzo per essere un
soldato"
Nel 1917, quando gli USA entrarono nel conflitto, Harvey fu la
prima vittima: indissolubilmente associato alla sua „hit‟ di due
anni prima, ormai considerata antipatriottica, non riuscì più a
incidere un disco.
L‟autore del pezzo, invece, si adeguò al nuovo clima, e
produsse una nuova „hit‟ dal titolo “Send Me Away With A
Smile” (“Fammi andare con un sorriso”).
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Le sventure di Harvey
sono un segno di quanto
funzionò la propaganda
patriottica
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27. La svolta del 1917
Il 1917 appare come un anno di svolta nel contesto del conflitto:
•
l‟entrata in guerra degli Stati Uniti sblocca la stasi del fronte
occidentale e rimette “in movimento” la guerra: i tedeschi lanciano due
grandi offensive nel tentativo di “sfondare” il fronte prima dello sbarco degli
americani, ma i francesi resistono;
•
papa Benedetto XV consegna una Nota ai capi di governo delle
potenze in conflitto, con l‟appello di fermare l‟”inutile strage” (appello
che fu respinto dagli alleati dell‟Intesa, in quanto, nel concreto della proposta,
tendeva a favorire gli Imperi centrali)
•
ha luogo in Russia la grande rivoluzione che segna la fine del governo
degli zar e l‟inizio dell‟esperienza sovietica (governo dei soviet, cioè “nuclei di
autogoverno popolare”); nel marzo del 1918, il partito bolscevico, che ha preso
il potere sotto la guida di Lenin, firmerà con la Germania la pace di BrestLitovsk, con la quale la Russia esce dal conflitto perdendo Polonia, Estonia,
Lettonia, Lituania e Finlandia;
•
l‟Italia subisce la disfatta di Caporetto mentre, sul versante civile, si
verificano i moti di Torino: l‟esasperazione per la guerra è al culmine.
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28. Trasformazione ideologica della guerra
L‟uscita di scena della Russia a seguito della rivoluzione bolscevica e l‟entrata in guerra degli
USA resero possibile concepire la guerra in corso come uno scontro fra due tipi di civiltà:
le liberal-democrazie
(aperte al libero commercio e al riconoscimento della dignità dei popoli)
ad esempio gli USA, l‟Inghilterra, la Francia
CONTRO
gli imperi conservatori e reazionari
(protezionisti in economia, e razzisti sul piano nazionale e sociale)
Schierarsi sull‟uno o sull‟altro fronte poteva apparire quindi come una scelta di campo IDEALE.
In realtà, i veri obiettivi delle potenze coinvolte rimasero gli interessi economici e materiali, e
l‟ideologia “buoni contro cattivi” non fu altro che una vernice stesa sopra di essi, per
mobilitare le società di massa.
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29. I “quattordici punti” di Wilson
Già nel gennaio del 1918 Wilson aveva elaborato un piano in 14
punti per la “ricostruzione dell‟ordine mondiale”, con il quale
gli USA si ergevano ad arbitri delle sorti del mondo:
1.
abolizione della diplomazia segreta e controllo pubblico sugli accordi
internazionali;
libertà dei mari;
soppressione delle barriere economiche e libertà commerciale
generale;
riduzione degli armamenti nell‟ambito di una pura politica difensiva;
composizione pacifica delle “rivendicazioni coloniali” (tenendo conto
dei desideri delle “popolazioni interessate”);
rispetto delle decisioni politiche e nazionali della Russia;
assicurazione della sovranità del Belgio;
restituzione dell‟Alsazia-Lorena alla Francia;
rettifica delle frontiere italiane secondo il principio di nazionalità;
riconoscimento della piena autonomia ai popoli dell‟Austria-Ungheria;
riconoscimento dei diritti della Romania, della Serbia e del Montenegro
(con relative garanzie politiche, economiche e territoriali);
riconosciuta autonomia delle aree non turche dell‟impero Ottomano
(territori arabi, Armenia) e libero transito attraverso i Dardanelli;
creazione di una Polonia indipendente (ex stato vassallo dello zar);
costituzione di un organismo sopranazionale, la Società delle nazioni,
volto a dirimere pacificamente le principali contese fra gli stati.
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Woodrow Wilson
Il piano si basava sul
principio di
autodeterminazione dei
popoli ed era volto a
garantire le principali
libertà economiche a livello
internazionale.
Esso contava
(erroneamente) di poter
riorganizzare su base
ETNICA gli equilibri del
continente europeo.
30. 1918: verso la fine del conflitto
Fronte orientale: con la pace di Brest-Litovsk, la Russia bolscevica esce dal conflitto
perdendo, a vantaggio della Germania, i suoi più importanti territori occidentali
(Estonia, Lettonia, Lituania); poco dopo, si arrende anche la Romania; le cose dunque
sembravano mettersi bene per i tedeschi (che si ritrovarono nuove terre da sfruttare per gli
approvvigionamenti e più truppe libere, da impiegare a ovest).
Fronte occidentale: è qui, però, che si gioca la vera partita; fra l‟8 e l‟11 agosto, ad
Amiens, si svolse una furiosa battaglia in cui - grazie alla presenza in massa di soldati
americani e all‟impiego di centinaia di carri armati (sia britannici che francesi), in grado di
superare i reticolati e risparmiare ai soldati gli assalti delle baionette e il fuoco delle
mitragliatrici - le forze dell‟Intesa infliggono ai tedeschi la prima pesante sconfitta.
La guerra riacquista il movimento perduto.
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31. I carri armati
Fino dai primi mesi della prima
guerra mondiale era stato evidente
che il problema tattico da
risolvere, una volta che era finita la
guerra di movimento e gli eserciti si
erano bloccati su un sistema di
trincee lungo centinaia di chilometri,
era quello di superare
l'accoppiamento
mitragliatrice - filo spinato.
Sia l'Intesa, sia gli Imperi Centrali
tentarono di dare una risposta a
questo problema.
I tedeschi svilupparono le
mitragliatrici leggere, mentre l‟Intesa
sviluppò i carri armati.
Veicoli da combattimento caratterizzati da:
•trazione su cingoli (per muoversi bene anche sui tormentati terreni di battaglia)
•corazzatura sufficiente per resistere al fuoco di armi pesanti
•presenza di armamento offensivo (mitragliatrici e/o cannoni) per impegnare bersagli protetti
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32. 1918: la resa degli Imperi centrali
Bulgaria: firma la resa il 26 settembre.
Austria: fra ottobre e novembre,
l‟imperatore (Carlo d‟Asburgo) tenta
di trasformare la monarchia in una
federazione di stati, ma ovunque (in
Boemia, Ungheria, Croazia) i
nazionalisti proclamano
l‟indipendenza delle rispettive
comunità; inoltre, l‟esercito italiano
(sotto il comando del generale Diaz)
sconfigge quello austriaco sul Piave
(battaglia di Vittorio Veneto).
Il 4 novembre il comando austriaco
firmò l‟armistizio, e l‟11 l‟imperatore
abdicò.
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Impero Ottomano: capitola il 31 ottobre.
Germania: in seguito a sollevazioni della marina e di
parte dell‟esercito, il 9 novembre a Berlino
viene proclamata la repubblica; Guglielmo II fugge
in Olanda e i comandi germanici firmano
l‟armistizio (11 novembre).
prof. Carola Catenacci - Storia 5° anno
33. Il bilancio delle vittime
italiani: 600.000
francesi: 1.400.000
tedeschi: 1.800.000
austro-ungarici: 1.300.000 russi: 1.600.000
A differenza di quanto avverrà nella seconda guerra mondiale, comunque,
la maggior parte dei caduti sono tra i combattenti, e non tra i civili.
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34. La pace di Versailles (1919-20)
I vincitori organizzarono una conferenza internazionale per negoziare i trattati di pace tra gli
Alleati e le “potenze centrali” da loro sconfitte: durò dal 18 gennaio 1919 al 21 gennaio 1920.
I "quattro grandi" protagonisti della conferenza
di pace furono (da sinistra a destra):
Lloyd George (Primo Ministro inglese),
Vittorio Emanuele Orlando (Presidente del
Consiglio dei Ministri),
Georges Clemenceau (Primo Ministro francese),
Woodrow Wilson (Presidente USA)
I vincitori perseguivano obiettivi diversi:
Francia: voleva una “pace punitiva” per la
Germania, ovvero il suo annientamento politico
ed economico (restituzione dell‟Alsazia-Lorena,
pagamento di enormi danni di guerra, occupazione e smilitarizzazione della zona renana).
Inghilterra: si accontentava della distruzione della flotta tedesca e del controllo sulle ex-colonie
tedesche.
Italia: rivendicava il rispetto del patto di Londra, e dunque la cessione delle terre “irredente”, che
però Wilson tendeva a non riconoscere laddove la popolazione era a prevalenza slava (es. Dalmazia).
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35. Vince la linea dura di Clemenceau
•
La Conferenza di Parigi fu impietosa verso la GERMANIA, giudicata la principale, se non
unica, RESPONSABILE DEL CONFLITTO: essa non fu ammessa alle sedute della
Conferenza stessa, e non poté quindi negoziare o discutere nulla di quanto i vincitori
decisero di imporle.
La Germania fu privata di tutti i suoi possedimenti coloniali. In Europa, dovette invece
cedere alla Francia l'Alsazia-Lorena, di cui si era impadronita nel 1871, mentre ad oriente
un' ampia porzione di territorio prussiano passò al neonato stato polacco. La regione della
Prussia Orientale fu separata dal resto del Reich mediante un corridoio, che permetteva
alla Polonia di avere uno sbocco sul mare.
Essa perse il 13 % del suo territorio e il 10 % della sua popolazione prebellici. La Renania cioè la regione che si estende in direzione est-ovest, dal Reno fino ai confini con la Francia
- avrebbe dovuto subire per quindici anni l'occupazione alleata e poi, in seguito, restare
permanentemente smilitarizzata, cioè priva di basi e di attrezzature militari.
Alla Germania fu vietato di possedere sottomarini, carri armati, aviazione da guerra e
artiglieria pesante, mentre la flotta fu drasticamente ridotta a poche decine di navi.
All'esercito fu vietato di superare il numero dei 100 mila effettivi.
L'articolo 231 del Trattato, letteralmente, recitava: “La Germania riconosce la
responsabilità propria e dei suoi alleati per tutte le perdite e i danni subiti dai governi alleati
e dai loro cittadini in conseguenza dell'aggressione della Germania e dei suoi alleati”.
L'entità dei RISARCIMENTI da versare fu precisata infine, nel 1921, in 132 MILIARDI DI
MARCHI oro; si trattava, per l'epoca, di una cifra astronomica, elevatissima: basti pensare
che alla Germania furono addossate tutte le spese che i paesi vincitori avrebbero dovuto
sostenere, in futuro, per pagare le pensioni di guerra agli orfani, alle vedove e ai mutilati.
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36. I cinque trattati della conferenza di Parigi
• Il trattato di Versailles con la Germania
(la pace punitiva di Clemenceau; l’Alsazia-Lorena torna alla Francia)
• Il trattato di Saint-Germain con l’Austria
(ridotta ai confini attuali; nascono Cecoslovacchia, Polonia e Iugoslavia)
• Il trattato del Trianon con l’Ungheria
(gran parte del suo territorio fu attribuito alla Cecoslovacchia, alla Iugoslavia
e alla Romania)
• Il trattato di Neuilly con la Bulgaria
(dovette cedere i territori acquisiti con le guerre balcaniche)
• Il trattato di Sèvres con la Turchia
(ridotta entro i confini dell’Anatolia, diventerà repubblica nel 1923; Palestina,
Transgiordania e Mesopotamia affidate in amministrazione fiduciaria
[mandati] all’Inghilterra, che ebbe il controllo degli Stretti; alla Francia furono
affidati Siria e Libano)
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37. Con il trattato di Sèvres (1920) l‟ex impero ottomano, ossia la nuova Turchia, risulta fortemente
ridimensionato: perde tutti i suoi territori arabi e la sovranità sugli stretti del Bosforo e del Dardanelli
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38. L’Europa alla fine della guerra (1919)
Dalla fine di tre imperi –
tedesco, austro-ungarico e
russo - è nata ad est una
nuova serie di stati:
Finlandia
Estonia
Lettonia
Lituania
Polonia
Cecoslovacchia
Ungheria
Iugoslavia
(Regno dei Serbi, dei Croati e
degli Sloveni, diventerà
“Iugoslavia” nel 1929)
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39. La “vittoria mutilata” dell’Italia
L‟Italia “irredentista” uscì profondamente
scontenta dalla conferenza di Versailles:
in base alle osservazioni di Wilson, infatti, non
si vide riconosciuto, il diritto ad annettere al
suolo nazionale il porto di Fiume e la
Dalmazia.
Ciò scatenò una furibonda polemica (ed azione)
nazionalista sul tema della “vittoria mutilata”:
“Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto
ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il
Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto,
febbricitante. Ma non è possibile differire.
Anche una volta lo spirito domerà la carne
miserabile. Sostenete la causa
vigorosamente, durante il conflitto. Vi
abbraccio”
... scrive D‟Annunzio a Mussolini l‟11 settembre
1919, ed il giorno seguente parte armato di circa
mille uomini alla volta della città dalmata.
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