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1-QUADRO ECONOMICO E SOCIALE
• La società contemporanea
La popolazione italiana è stata a lungo caratterizzata da un orientamento al risparmio, da
un contenuto ricorso all’indebitamento e da una moderata diseguaglianza sociale.
In questo contesto la famiglia ha giocato il ruolo fondamentale di ammortizzatore sociale
per i suoi componenti più deboli, soprattutto per gli anziani e i giovani. Ma la crisi
economica ha messo in difficoltà questo sistema e se per il momento le famiglie hanno
fatto ricorso ai risparmi di una vita, sempre più ora tendono a indebitarsi.
La famiglia e le relazioni che da essa scaturiscono, parenti non conviventi e amici, è il
connettivo alla base della rete sociale su cui si poggia il nostro paese: “nel 2009, quasi il
76% della popolazione ha dichiarato di avere parenti, amici o vicini su cui contare e il 30%
ha fornito aiuti gratuiti” 1
Al di fuori del tessuto familiare c’è la società verso la quale gran parte delle persone
nutrono ancora una grande diffidenza :“nel 2012 solo il 20% delle persone di 14 anni e più
ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia, dato in calo rispetto al 2010
(21,7%) e tale quota scende al 15,2% nel Mezzogiorno” 1
Il volontariato e il tessuto familiare non saranno più in grado di garantire una futura
stabilità sociale anche alla luce dei processi evolutivi in atto.
Infatti sta venendo meno il modello di famiglia tradizionale italiano e sono in continuo
aumento le famiglie monoreddito, la famiglia monogenitore, i single tra i 25 e i 40 anni, i
single over 60 e le famiglie extracomunitarie.
Questi modelli di famiglia manifestano nuove e differenti esigenze a cui le P.A. stanno
cercando di rispondere ma con grande difficoltà.
Prima che l’attuale sistema sociale collassi occorre individuare soluzioni alternative, nuovi
ammortizzatori sociali che ricoprano il ruolo finora svolto dal nucleo familiare tradizionale.
• La città contemporanea
Fino a pochi decenni fa le città erano costituite per parti omogenee, da un insieme di spazi
circoscritti e facilmente riconoscibili anche per le funzioni a cui erano destinati- il centro
della città con i servizi principali, i quartieri residenziali con i loro isolati regolari, la
periferia con il suo spazio indefinito, la zona industriale all’esterno della città abitata –
riflesso di una società omogenea, strutturata e “gerarchica”.
Oggi invece ci troviamo di fronte a città eterogenee in cui negli stessi spazi si svolgono
funzioni differenti, specchio di una società costituta da una moltitudine di minoranze
diverse tra loro per etnia, per estrazione economica, sociale e culturale, con esigenze e
necessità differenti. Girando per le città è facile infatti incontrare luoghi in cui, nello stesso
1
Rapporto BESS 2013
spazio, coesistono palazzi residenziali, capannoni industriali, centri commerciali, quartieri
di villette residenziali, edifici dismessi e fatiscenti, etc.
Se da un lato la città moderna riflette la struttura della società attuale, dall’altro non è in
grado di fornire risposte alle esigenze dei suoi abitanti e quindi di far sì che i suoi cittadini
si identifichino completamente in essa. La mancanza di luoghi intesi non solo come casa
ma nella più ampia accezione di luoghi di lavoro propri ed esclusivi e di aree urbane per la
socializzazione, deriva sia dalla quasi assenza di dialogo tra i cittadini e le P.A. sia
dall’incapacità del sistema edilizio di saper evolvere rapidamente adeguandosi ai
cambiamenti socio economici.
• Il settore immobiliare
La crisi economica degli ultimi anni ha dato il colpo di grazia a un sistema immobiliare
malato e agonizzante che non ha saputo adeguarsi alle necessità del vivere
contemporaneo, alle trasformazioni sociali e demografiche e alle dinamiche urbane della
città.
Il settore immobiliare è uno dei comparti più importanti per l’economia italiana in quanto
investe circa un quinto del Pil ed il patrimonio delle famiglie italiane è costituito per oltre il
60 per cento da attività immobiliari. Dopo la crescita del decennio 1997-2006 nel quale le
abitazioni compravendute si sono incrementate quasi dell’80%, e la sostanziale tenuta del
mercato nel biennio 2010-2011, il 2012 ha registrato un vero crollo per il mercato
immobiliare che ha perso circa 150 mila compravendite rispetto all’anno precedente.
Gli stessi dati del settore residenziale possono essere estesi anche al mercato non
residenziale (uffici, capannoni industriali e per attività produttive ecc..) .
Dopo decenni di cultura di risparmio e di acquisto del mattone come bene rifugio (più
dell’80% degli italiani detiene il titolo di proprietà ) oggi l’accesso alla casa per i giovani, le
famiglie monoreddito, le giovani coppie, gli anziani e gli extracomunitari vista la stretta
creditizia e le difficoltà a trovare o mantenere una fonte di reddito, si è drasticamente
ridotto, favorendo un aumento degli affitti.
Ci troviamo quindi di fronte a un vasto parco d’immobili invenduti, inutilizzati e superflui in
quanto inaccessibili agli utenti che necessitano non solo di una prima abitazione ma anche
di luoghi di lavoro e di socializzazione; inoltre le attuali caratteristiche spaziali di detti
immobili non risultano idonee alle esigenze dei nuovi modi di abitare.
Questo patrimonio, nonostante i limiti sopra descritti, è una fonte di ricchezza che deve
essere riutilizzata attraverso una riconversione idonea alle nuove esigenze sociali.
2-LO SGUARDO TECNICO
• COHO
COHO è un team di professionisti con di
abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del
patrimonio immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e
ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle
relazioni sociali. Nello specifico COHO tenta di
abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del
patrimonio pubblico e privato in disuso.
COHO lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari
degradate, casolari abbandonati, edifi
di rivitalizzazione mixando gli attori sociali e assegna
edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in m
ascoltando direttamente gli abitanti e le loro richieste ed esigenze
Le competenze eterogenee dei professionisti che cooperano a
spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di
prospettare modelli di business creativi e sostenibili
facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione.
un team di professionisti con diverse competenze che studia i nuovi modi di
abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del
immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e
ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle
Nello specifico COHO tenta di dare una risposta tecnica
abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del
patrimonio pubblico e privato in disuso.
lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari
degradate, casolari abbandonati, edifici e aree pubbliche, etc ), tenta di innescare processi
e mixando gli attori sociali e assegnando nuove funzioni alle aree e agli
edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in m
gli abitanti e le loro richieste ed esigenze.
Le competenze eterogenee dei professionisti che cooperano a questa ricerca
spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di
modelli di business creativi e sostenibili, analisi di impatto sociologico e
facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione.
competenze che studia i nuovi modi di
abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del
immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e
ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle
dare una risposta tecnica all’assenza di
abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del
lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari
tenta di innescare processi
nuove funzioni alle aree e agli
edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in maniera partecipata,
questa ricerca permette di
spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di
, analisi di impatto sociologico e
facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione.
• Nuovi modi di abitare il mq felice
Per noi abitare non indica soltanto essere alloggiati ma soprattutto esistere, stare al
mondo con una determinata tendenza progettuale, con una specifica prospettiva sulle cose
del mondo; non come singoli automatizzati bensì in quanto esseri relazionali e comunitari.
Di fronte a una società che tende all’emarginazione del singolo e in cui sta venendo meno
il nucleo familiare tradizionale, COHO promuove una riattualizzazione del modello di vita
comunitario, recuperando quei valori intrinseci di solidarietà, di condivisione e facilitando
l’aggregazione di persone con esigenze differenti ma accumunate dalla ricerca di una vita
qualitativamente migliore, di un “metro quadro felice” socialmente e ambientalmente
positivo. I valori che trasformano il metro quadro da semplice unità di misura spaziale a
unità di misura di qualità della vita sono: la condivisione, la collaborazione, la solidarietà,
la socializzazione, il reciproco sostegno, un facile accesso ai servizi, il rispetto
dell’ambiente e il risparmio energetico.
• Costruire sul costruito
Negli ultimi decenni, si è assistito ad un consumo eccessivo del suolo, ovvero ad un
processo di trasformazione di superfici naturali e agricole mediante la realizzazione di
costruzioni ed infrastrutture.
Occorre invertire questa tendenza riutilizzando il patrimonio edilizio esistente, costruendo
nel costruito al fine di arrivare a un “consumo zero”del suolo.
All’interno di molte città sono presenti edifici e aree dismesse, sia pubbliche che private.
Si tratta di edifici industriali di varie dimensione con le loro aree di pertinenza, di stazioni,
vecchi ospedali, caserme, monasteri, scuole, che spesso sono ubicati in aree strategiche e
centrali per le città e che rappresentano un problema concreto e di difficile risoluzione per
la P.A.
COHO tenta di recuperare questi edifici reintegrandoli nella città, individuandone nuove
possibili destinazioni d’uso in linea con le esigenze degli abitanti contemporanei,
migliorando la qualità dell’ambiente urbano o rurale in cui sono inseriti.
Dal punto di vista prettamente tecnico si progettano interventi puntuali e mirati, anche di
riqualificazione energetica, nel rispetto delle caratteristiche architettoniche e della
vocazione dei luoghi in cui sono inseriti.
Questi strutture ospiteranno modelli di cohousing, coworking e nuovi spazi di aggregazione
che favoriscano le relazioni e le interazioni sociali; saranno inoltre luoghi di incontro tra
privato e pubblico attraverso la compresenza di spazi propri del singolo, di spazi condivisi
dalla comunità formata e di spazi aperti al pubblico ovvero a tutti i cittadini.
“Tutto ciò che siamo è un riflesso di
quello che abbiamo pensato.
La mente è tutto.
Quello che pensiamo diventiamo.”
Buddha
3–MODELLI PER GENERARE LAVORO
Il valore sociale ed il corrispettivo riflesso
economico di questa rinnovata concezione
del dimorare appare subito evidente, anche
se, trattandosi di valori riconosciuti e vissuti
collettivamente, non è immediatamente
definibile chi dovrebbe assumersi la
responsabilità di favorire questi processi
aggregativi, né chi dovrebbe sostenerne gli
eventuali costi. Più in generale, questo
team interdisciplinare si è posto nell’ottica
di verificare le condizioni di avvio di una
start up che fornisse i servizi integrati
necessari e il modello di business che
poteva starne alla base.
Una delle premesse che ha istruito questo
lavoro è stata sicuramente la
consapevolezza che le nostre competenze
così diverse, esattamente nel momento in
cui avevano iniziato ad interagire, avevano
di fatto messo in discussione i modelli
mentali ed i riferimenti classici di ciascuno.
Avevamo, pertanto, le condizioni di un
pensiero laterale che si faceva strada attraverso la continua messa in discussione dei
paradigmi di ciascuno e, dunque, anche delle convinzioni limitanti che, ad esempio, portavano
alcuni di noi a percepire la condivisione di spazi e servizi solo all’interno della struttura
abitativa e non anche di quella lavorativa, né tantomeno territoriale. Questa rielaborazione
profonda delle convinzioni di base, a cui queste nostre società in crisi sono già abituate da
anni, in un team di professionisti che interagisce ricorrentemente non trova più alibi sufficienti
a mantenere le proprie zone di comfort. L’aver portato il livello del confronto dalle competenze
alle convinzioni di base, e da queste ai relativi modelli di pensiero, ha consentito al gruppo di
prendere consapevolezza della portata delle riflessioni ed a riconoscere le varie possibilità a
disposizione per creare ampio e nuovo valore aggiunto nell’ambito delle soluzioni creative al
processo edilizio e sociale.
L’altra premessa, che discende dalla consapevolezza della prima, è che per innovare in questo
ambito, e forse più in generale, è necessario un approccio sistemico, ovvero una percezione
differente e contestuale dei fatti ed, in questo caso, delle necessità e dei bisogni, impliciti ed
IL TEAM
Rosita Baldassarri Architetta
Francesca Marabini Architetta
Federica Montali Architetta
Angelica Capriotti Ingegnere
Roberto Alessandrini Architetto
Rosanna Campellone Architetta
Moira Giusepponi Architetta
Mattia Borraccetti Ingegnere
Maurizio Marcelletti Imprenditore edile
Alessandro Rossi Consulente Finanziario
Francesco Orazi Sociologo ricercatore Univpm
Richard Dernowsky Progettista bandi UE
Mauro Peroni Consulente filosofico
Andrea Rosini Marketing e comunicazione
Mauro Cimini Consumatore critico, GAS
Leonardo Marotta Ambientologo
Alessandro Brodolini Ingegnere
Diego Peverelli Imprenditore edile
Sandro Pennacchioli Imprenditore edile
Tommaso Sorichetti Facilitatore
Beatrice Corvatta Agronoma
Toni Montevidoni Team Coach, Facilitatore
espliciti, del nuovo dimorare. Nel lavoro comune hanno, quindi, trovato spazio alcune delle
classiche leggi del pensiero sistemico, come ad esempio “ i problemi di oggi derivano dalle
<soluzioni> di ieri, oppure “la facile via d’uscita di solito riporta all’interno del problema”.
Sulla base di queste consapevolezze e con il supporto della business model generation2
, ci
siamo divisi in 4 gruppi di lavoro, ciascuno con il compito di approfondire il contesto, le linee
guida ed i vincoli per la progettazione del business o dell’attività di impresa, polarizzate in 4
aree:
1. Tendenze chiave
2. Forze del mercato
3. Forze Macro-economiche
4. Forze del settore
I gruppi di lavoro hanno
individuato un referente, degli
spazi di lavoro condivisi, in modo
da poter lavorare anche a
distanza e in maniera asincrona.
La riflessione che ne è scaturita ci ha aiutato a mettere in relazione i vari fattori esterni tra
loro, e questi con l’idea di business che abbiamo ipotizzato. La tradizionale analisi competitiva
nel nostro caso ha lasciato spazio ad un approccio collaborativo; mettendola in relazione con le
2
“Creare modelli di business” pag. 201 di Osterwalder e Pigneur
tendenze normative e del mercato, all’interno dei livelli di crisi attualmente presenti, ci siamo
focalizzati prevalentemente sui seguenti focus:
Grandi stabili: tra invendibilità e ripensamento profondo, soprattutto quelli delle P.A.
• Target: soggetti economicamente fragili
• Diritto di proprietà o valore d’uso delle abitazioni/luoghi di lavoro?
• Posizionamento strategico delle strutture del dimorare (abitativo /
lavorativo/ricreativo).
• Rapporto vendibilità-socialità-sistema reputazionale
La prima versione del canvas elaborato e condiviso aveva questo livello di sintesi:
Successivamente ci siamo resi conto che quanto avevamo individuato non era semplicemente
un modello di business ma più modelli di business ciascuno con un proprio valore offerto, con il
segmento specifico di clientela, i suoi partners etc….
4-CO-DESIGN: COHOUSING, COWORKING E VIVERE URBANO
Il cohousing, per COHO, è una delle possibili risposte aalle attuali problematiche sociali ed
economiche, alle differenti esigenze, alle difficoltà che i nuovi modelli familiari incontrano
nell’accesso alla prima casa. Il cohousing è sia uno strumento attraverso il quale ottenere
una casa a basso costo sia un mezzo per avere una vita qualitativamente migliore, grazie
anche al sostegno di un vicinato elettivo e amico. Questo modello prevede la condivisione
di spazi e attività comuni, pur mantenendo la propria individualità e i propri tempi di vita.
Vivere in cohousing più che usufruire solo di spazi comuni, è condividere risorse, tempo,
emozioni, dar risposta alle esigenze della comunità attraverso le proprie possibilità e
competenze, trovare negli altri un aiuto per risolvere le proprie problematiche quotidiane.
Chiunque, indifferentemente dall’estrazione economica sociale e culturale può accedere a
questo modello di vita, mettere a disposizione degli altri le proprie capacità e le proprie
esperienze: giovani, bambini, anziani, genitori single, professionisti, ricercatori
universitari, famiglie extracomunitarie, giovani coppie, ecc…
E’ un processo che porta inevitabilmente alla costruzione di un nuovo sapere sociale, alla
definizione di nuovi ruoli, alla negoziazione delle diversità e dei conflitti.
COHO mira a facilitare questo percorso di aggregazione attraverso un approccio di ascolto,
di formazione e di progettazione partecipata.
Il team di COHO vede l’applicazione di questo approccio anche nell’ambito del lavoro e del
vivere l’urbano.
In particolar modo il coworking, sulla scia del cohousing, può essere una possibile risposta
per coloro che stanno ricercando uno spazio lavorativo a basso costo in cui iniziare ad
intraprendere la propria attività professionale. Lavorare in coworking comporta condividere
non solo lo spazio lavorativo ma anche dei valori e creare al tempo stesso sinergie
lavorando a contatto con persone con talenti diversi.
Inoltre vediamo nelle esperienze di riuso degli spazi urbani e delle aree dismesse pratiche
di gestione collettiva dei beni comuni sempre più interessanti e promettenti.
In questi ambiti la formazione di gruppi omogenei di persone che sceglieranno di dimorare
nella stessa struttura è quindi possibile solo attraverso un percorso di integrazione
condiviso, consapevole e partecipato.
Da questo punto di vista il co-design, ovvero processi decisionali partecipati, è uno
strumento fondamentale per fa sì che tutti i soggetti che stanno nel processo siano
coinvolti e responsabilizzati.
Gli spazi, sia lavorativi che residenziali che sociali, sono progettati mettendo a sistema le
differenti esigenze e aspettative che ciascun singolo coabitante fa emergere durante il
processo iniziale. Sono i coabitanti a definire le caratteristiche del loro modello abitativo
definendo gli spazi comuni, la metodologia per condividere le decisioni, l’organizzazione
delle attività e la governance della stessa.
5–CROWDSOURCING: TRA IPOTESI DI FINANZIAMENTO E PRATICHE DI
CITTADINANZA ATTIVA
Alla luce di quanto detto sul codesign, lo stesso capitolo sul “generare lavoro” ed i modelli
di business che ne posso stare alla base assume un altro sapore. Co-progettare,
condividere una visione ed i relativi livelli di responsabilità, oltre che gli spazi ed i servizi,
di condominio o di quartiere che siano, ri-apre una concezione dell’oikonomia realmente
basata sulla “gestione della casa”, al di là delle mura domestiche, dove gli scambi
economici sono chiaramente legati alla codificazione, al riconoscimento di un valore
condiviso e, quindi, di mercato In questo senso la co-creazione di un’economia
sostanziale, intesa come attività in grado di fornire i mezzi materiali per il soddisfacimento
dei bisogni delle persone, per dirla con Polanyi3
, in cui il riconoscimento del valore dello
scambio non è necessariamente monetizzato, semmai lo è attraverso le monete
complementari, ma di certo elude la finanziarizzazione tipica di questo modello economico
ormai definitivamente decaduto.
Il documento “RiutilizziAMO l’Italia: report 2013” del WWF mette a fuoco chiaramente il
problema: “un qualsiasi progetto che miri al recupero della parti compromesse e degradate
non è solo un progetto ambientale ma anche economico. Si tratta di concepire interventi
che servano a restituire beni alla comunità, recuperandone l’utilità e garantendo la
possibilità di una fruizione collettiva.”
Cosa pensereste se al posto dei “segmenti di clientela” potessimo immaginare gli
stakeholders, ovvero i legittimi detentori di interessi rispetto ad un’attività di business?
Potremmo immaginare una moltitudine di piccoli contributori, ovvero di crowfunders che
apportano saperi, competenze, informazioni, ma anche strumentazioni, assets strategici
ed, appunto, rendono disponibili spazi o finanziano cause in cui credono.
Su questo processo gli esempi sono molteplici, ci limitiamo a citarne una: l’esperienza del
Progetto Rebeldia presso l’Ex colorificio Toscano di Pisa, all’interno del percorso di recupero
delle fabbriche in Argentina, in Grecia, in Turchia, di pochi decenni o anni fa, ci sembra
paradigmatica. In questo esempio viene affrontata direttamente la tematica della proprietà
privata (ndr. di una multinazionale italo-tedesca che ha acquistato e poi dismesso un’area
industriale di 10.000 metri quadrati) e vengono incastonate, come previsto dalla
Costituzione, le valenze di utilità sociale e di salubrità ambientale.
Qui uno stralcio del loro documento base:
“Beni comuni e spazi sociali: una creazione collettiva
Gli spazi sociali si riconfigurano oggi come un nuovo laboratorio per la partecipazione, un
“municipio dei beni comuni”, dove i cittadini possano tornare a incontrarsi, discutere e
condividere scelte e percorsi sui problemi grandi e piccoli delle loro vite, dopo essere stati
esclusi da quasi tutti i processi decisionali, riguardino essi la politica o il mercato, e dunque
3
“Economie primitive arcaiche e moderne”, K. Polanyi, Einaudi, 1980, pag. 135.
la profonda crisi che hanno innescato. Rebelpaintingoffre una riflessione a più voci sui
fondamenti teorici e sul potenziale progettuale della restituzione alla collettività di un ex
sito produttivo in stato di abbandono, indagando le ragioni che hanno determinato tale
stato e ricostruendo la storia lunga quasi un secolo che quel luogo ha dietro di sé.
Il nuovo spazio sociale del Progetto Rebeldía intende rappresentare il segno tangibile e
vissuto da migliaia di persone di una direzione alternativa, non legata a un’idea aprioristica
di sviluppo, bensì capace di rispondere a un piano urbano finalmente centrato
sull’ecologia,sulla valorizzazione dell’esistente, sui bisogni dei cittadini.”.
Le pratiche di cittadinanza attiva delle reti di economia solidale, e più in generale del
consumo consapevole e collaborativo, ci hanno fatto conoscere i vari nessi esistenti tra
l’attività civica della cittadinanza, la ricostruzione delle filiere produttive e, dunque, la
valenza strettamente economica per i territori ed i relativi effetti sociali sulla popolazione
locale.
6- CASI STUDIO IN CONCRETO
Di seguito brevemente due esempi applicativi che riportano la trasformazione el’oggetto
del riuso ad opera di due dei target che abbiamo identificato.
• A Civitanova Alta: dalle scatole industriali agli hackerspaces
Trattasi di un edificio industriale dismesso degli anni 80di circa mq. 1500, ubicato in una
delle prime zone industriali appena fuori del centro abitato, la cui vocazione naturale
futura è residenziale e di servizio; la posizione è collinare, ariosa ed aperta verso il mare,
ben collegata alle infrastrutture esistenti.
Il suo volume ampio necessita di un adeguamento antisismico, ma si presta ad essere
facilmente ridistribuito su due livelli con un intervento di prefabbricazione, così da quasi
raddoppiarne la superficie (mq.2100 circa).
Di contro esistono: un laboratorio artigianale di falegnameria ubicato da troppo tempo in
una campagna bella e coltivata, con tutte le gravi problematiche ambientali che ne
derivano; un gruppo di giovani designer disoccupati; tanta gente che, per economizzare,
tenta la strada del fai da te.
Il progetto consiste nello spostare l’azienda artigiana nell’edificio dismesso, riconvertendo
ad alloggi loft il vecchio laboratorio per ottenerne un complesso agricolo in cui vivono n°8
famiglie, le quali godono in comune di un ampio orto, di una foresteria gestita anche come
B&B e di un mezzo di trasporto plurimo, usufruiscono di una grande lavanderia attrezzata,
di una officina basic e del sistema di riscaldamento agganciato alla falda acquifera
esistente.
Nell’ex cartotecnica la falegnameria si amplia rinnovando il proprio parco macchinari ed
attrezzando uno spazio del laboratorio come falegnameria sociale al cui interno colloca i
macchinari sostituiti; la falegnameria sociale, affiancata da una rivendita di materiale
costituita dal magazzino dell’azienda, viene seguita dallo stesso personale aziendale che
diviene tutor di coloro che vogliono realizzare o aggiustare qualcosa in proprio.
L’azienda, all’interno di questo spazio, si organizza anche per la formazione di giovani
disoccupati, mentre, predisponendo al piano primo anche un’aula didattica/sala convegni,
si attiva per l’aggiornamento di operatori del settore, la realizzazione di corsi di bricolage,
riparazione, ecc. Parte dell’ex cartotecnica (n° 4 spazi) è ripartita in unità “casa-bottega”
per far posto a giovani creativi che possono anche usufruire della falegnameria sociale e/o
collaborare con l’azienda; altra piccola parte, adiacente all’aula didattica, viene riservata
per il coworking di giovani che intendono iniziare percorsi lavorativi in proprio.
La ristrutturazione dell’edificio, seppure nella sua essenzialità, viene predisposta per
ulteriori rifunzionalizzazioni future nell’ottica di spazi versatili e facilmente riconvertibili.
Termina il progetto la messa a dimora nell’area dell’edificio di un boschetto di faggi, il cui
legname contribuisce ad alimentare, insieme agli scarti delle lavorazioni, il sistema di
riscaldamento dell’intero complesso.
• Ex Convento Monteprandone: angioplastica ai centri urbani
Questo antico edificio sorge sulle mura sud di uno splendido piccolo centro storico, raccolto
in cima alle prime colline della costa adriatica; esposto favorevolmente, spazia oltre che
sul mare e sui colli marchigiani anche sulla vallata disseminata di industrie locali.
Sicuramente di antichissima origine, è stato occupato fino a circa 20 anni fa da un ordine
monastico le cui suore si affacciavano in chiesa da un passaggio segreto ora tamponato;
nell’ultimo ventennio di permanenza le suore svolgevano anche servizio di scuola materna,
tant’è che l’edificio ne mostra ancora le tracce.
Giuntato ed intrecciato a questo edificio vi è un palazzetto privato abbandonato da tanti
anni; il loro ingresso, seppure diversificato, avviene da un vicolo caratteristico e tortuoso
del centro storico e, occupando n°2 piani sulle mura fino a raggiungere la strada di
circonvallazione sottostante, totalizza n°5 piani ed una superficie globale di mq. 600 circa.
L’intervento edilizio necessario è sostanzialmente di rinforzo strutturale e riparazione,
mentre, attraverso una progettazione oculata, è possibile mantenere la maggior parte
degli ambienti senza stravolgere l’impianto tipologico esistente; ovviamente devono essere
rinnovati tutti gli impianti e molte delle finiture.
Il progetto è caratterizzato dall’inserimento di un’attività di ospitalità lowcost, pienamente
compatibile con il paese e gli stessi edifici, il cui flusso di utenti, principalmente giovani e
stranieri che prediligono i mezzi pubblici, risulta minimamente impattante mentre
rivitalizza il centro storico adoperandone gli spazi e sollecitandone l’erogazione di servizi.
L’idea segue quella del vecchio proprietario commerciante di vini il quale, prima di
mancare prematuramente, stava progettando la realizzazione di un hotel per ospiti
statunitensi in cerca di prelibatezze vinicole ed enogastronomiche del nostro territorio.
L’attività ricettiva dell’ostello viene integrata da un’agenzia di promozione del territorio, il
cui spazio è posto al piede degli edifici, ovvero sulle mura, nella parte studiata per essere
fruibile ed aperta al pubblico; il progetto prevede infatti il recupero dei locali prospicienti la
strada predisponendoli anche per l’allestimento di mostre, lo svolgimento di eventi e
l’esposizione di prodotti locali.
Questi spazi, attraverso la realizzazione di una risalita pubblica e facilitata per persone
disabili o su sedia a ruote, in realtà consente una maggiore permeabilità del centro storico
il quale si trova ad essere agevolmente raggiungibile dalla viabilità esterna, facilitandone
così la fruizione ad oggi compromessa.
In un processo di socializzazione mondiale, dove la società tende sempre più ad
aggregarsi in centri urbani sono presente invece esempi di centri storici dove non c’è
aggregazione ma individualismo e muri sociali. In questo intervento si abbatte il muro
sociali esistente, si facilita la socializzazione attraverso la riconnessione delle due parti
della città e destinando la galleria di risalita ad attività per la collettività.
CONCLUSIONI
A nostro avviso gli esempi appena riportati danno consistenza a quando detto sopra,
aiutando a rileggere questa fase di crisi in chiave positiva. Proprio in queste settimane in
cui la crisi conosce il suo più totale dilagare, dalla politica alla vita culturale, dall’arresto dei
consumi alla chiusura di interi settori produttivi, una terza rivoluzione industriale è da
tempo in corso, all’insegna della stampa 3D e dell’hardware fai da te. In spazi urbani
chiamati makerbar, fablab, hackerspace si vive da anni, ormai, una dimensione del co-
working che, nel frattempo, è diventata del co-making, ovvero della costruzione collettiva
di una nuova realtà. Dagli elementi software ed hardware, questa progettazione
partecipata arriva alla co-definizione dei beni comuni e, quindi, alla carta d’identità
valoriale, oltre che alla struttura, di una nuova dimensione del dimorare.
Un approccio che cambia il rapporto con gli utenti finali e crea una interdisciplinarietà
nell'affrontare il lavoro rende il sapere sempre più un oggetto di scambio peer to peer, più
che una giustificazione dell’esclusività e del potere. Il processo partecipato impegna il
nostro gruppo in un percorso per definire l’utilità, il valore aggiunto, per capire le richieste
degli utenti finali e quindi trasformare le esigenze in azioni gestionali e progettuali, per
rendere trasparenti diverse possibili opzioni e ragioni delle scelte, e obbliga all’assunzione
di responsabilità condivise da tutti, co-progettisti, facilitatori di processo e utenti.
Nel tratto che unisce i nuovi artigiani digitali ai sostenitori dei beni comuni che si spingono
a rifunzionalizzare socialmente persino la proprietà privata vediamo un nuovo uso dello
spazio che non è solo fisico, ma anche politico e persino economico.

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  • 2. 1-QUADRO ECONOMICO E SOCIALE • La società contemporanea La popolazione italiana è stata a lungo caratterizzata da un orientamento al risparmio, da un contenuto ricorso all’indebitamento e da una moderata diseguaglianza sociale. In questo contesto la famiglia ha giocato il ruolo fondamentale di ammortizzatore sociale per i suoi componenti più deboli, soprattutto per gli anziani e i giovani. Ma la crisi economica ha messo in difficoltà questo sistema e se per il momento le famiglie hanno fatto ricorso ai risparmi di una vita, sempre più ora tendono a indebitarsi. La famiglia e le relazioni che da essa scaturiscono, parenti non conviventi e amici, è il connettivo alla base della rete sociale su cui si poggia il nostro paese: “nel 2009, quasi il 76% della popolazione ha dichiarato di avere parenti, amici o vicini su cui contare e il 30% ha fornito aiuti gratuiti” 1 Al di fuori del tessuto familiare c’è la società verso la quale gran parte delle persone nutrono ancora una grande diffidenza :“nel 2012 solo il 20% delle persone di 14 anni e più ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia, dato in calo rispetto al 2010 (21,7%) e tale quota scende al 15,2% nel Mezzogiorno” 1 Il volontariato e il tessuto familiare non saranno più in grado di garantire una futura stabilità sociale anche alla luce dei processi evolutivi in atto. Infatti sta venendo meno il modello di famiglia tradizionale italiano e sono in continuo aumento le famiglie monoreddito, la famiglia monogenitore, i single tra i 25 e i 40 anni, i single over 60 e le famiglie extracomunitarie. Questi modelli di famiglia manifestano nuove e differenti esigenze a cui le P.A. stanno cercando di rispondere ma con grande difficoltà. Prima che l’attuale sistema sociale collassi occorre individuare soluzioni alternative, nuovi ammortizzatori sociali che ricoprano il ruolo finora svolto dal nucleo familiare tradizionale. • La città contemporanea Fino a pochi decenni fa le città erano costituite per parti omogenee, da un insieme di spazi circoscritti e facilmente riconoscibili anche per le funzioni a cui erano destinati- il centro della città con i servizi principali, i quartieri residenziali con i loro isolati regolari, la periferia con il suo spazio indefinito, la zona industriale all’esterno della città abitata – riflesso di una società omogenea, strutturata e “gerarchica”. Oggi invece ci troviamo di fronte a città eterogenee in cui negli stessi spazi si svolgono funzioni differenti, specchio di una società costituta da una moltitudine di minoranze diverse tra loro per etnia, per estrazione economica, sociale e culturale, con esigenze e necessità differenti. Girando per le città è facile infatti incontrare luoghi in cui, nello stesso 1 Rapporto BESS 2013
  • 3. spazio, coesistono palazzi residenziali, capannoni industriali, centri commerciali, quartieri di villette residenziali, edifici dismessi e fatiscenti, etc. Se da un lato la città moderna riflette la struttura della società attuale, dall’altro non è in grado di fornire risposte alle esigenze dei suoi abitanti e quindi di far sì che i suoi cittadini si identifichino completamente in essa. La mancanza di luoghi intesi non solo come casa ma nella più ampia accezione di luoghi di lavoro propri ed esclusivi e di aree urbane per la socializzazione, deriva sia dalla quasi assenza di dialogo tra i cittadini e le P.A. sia dall’incapacità del sistema edilizio di saper evolvere rapidamente adeguandosi ai cambiamenti socio economici. • Il settore immobiliare La crisi economica degli ultimi anni ha dato il colpo di grazia a un sistema immobiliare malato e agonizzante che non ha saputo adeguarsi alle necessità del vivere contemporaneo, alle trasformazioni sociali e demografiche e alle dinamiche urbane della città. Il settore immobiliare è uno dei comparti più importanti per l’economia italiana in quanto investe circa un quinto del Pil ed il patrimonio delle famiglie italiane è costituito per oltre il 60 per cento da attività immobiliari. Dopo la crescita del decennio 1997-2006 nel quale le abitazioni compravendute si sono incrementate quasi dell’80%, e la sostanziale tenuta del mercato nel biennio 2010-2011, il 2012 ha registrato un vero crollo per il mercato immobiliare che ha perso circa 150 mila compravendite rispetto all’anno precedente. Gli stessi dati del settore residenziale possono essere estesi anche al mercato non residenziale (uffici, capannoni industriali e per attività produttive ecc..) . Dopo decenni di cultura di risparmio e di acquisto del mattone come bene rifugio (più dell’80% degli italiani detiene il titolo di proprietà ) oggi l’accesso alla casa per i giovani, le famiglie monoreddito, le giovani coppie, gli anziani e gli extracomunitari vista la stretta creditizia e le difficoltà a trovare o mantenere una fonte di reddito, si è drasticamente ridotto, favorendo un aumento degli affitti. Ci troviamo quindi di fronte a un vasto parco d’immobili invenduti, inutilizzati e superflui in quanto inaccessibili agli utenti che necessitano non solo di una prima abitazione ma anche di luoghi di lavoro e di socializzazione; inoltre le attuali caratteristiche spaziali di detti immobili non risultano idonee alle esigenze dei nuovi modi di abitare. Questo patrimonio, nonostante i limiti sopra descritti, è una fonte di ricchezza che deve essere riutilizzata attraverso una riconversione idonea alle nuove esigenze sociali.
  • 4. 2-LO SGUARDO TECNICO • COHO COHO è un team di professionisti con di abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del patrimonio immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle relazioni sociali. Nello specifico COHO tenta di abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del patrimonio pubblico e privato in disuso. COHO lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari degradate, casolari abbandonati, edifi di rivitalizzazione mixando gli attori sociali e assegna edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in m ascoltando direttamente gli abitanti e le loro richieste ed esigenze Le competenze eterogenee dei professionisti che cooperano a spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di prospettare modelli di business creativi e sostenibili facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione. un team di professionisti con diverse competenze che studia i nuovi modi di abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle Nello specifico COHO tenta di dare una risposta tecnica abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del patrimonio pubblico e privato in disuso. lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari degradate, casolari abbandonati, edifici e aree pubbliche, etc ), tenta di innescare processi e mixando gli attori sociali e assegnando nuove funzioni alle aree e agli edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in m gli abitanti e le loro richieste ed esigenze. Le competenze eterogenee dei professionisti che cooperano a questa ricerca spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di modelli di business creativi e sostenibili, analisi di impatto sociologico e facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione. competenze che studia i nuovi modi di abitare e fornisce soluzioni creative al processo edilizio/sociale, focalizzate sul riuso del immobiliare esistente e dismesso, partecipate e condivise, economicamente e ecologicamente sostenibili, finalizzate al miglioramento della qualità della vita e delle dare una risposta tecnica all’assenza di abitazioni e spazi lavorativi, culturali e sociali a basso costo, attraverso il recupero del lavorando su diversi casi studio (ex aree industriali dismesse, case popolari tenta di innescare processi nuove funzioni alle aree e agli edifici selezionati. Queste nuove funzioni vengono individuate in maniera partecipata, questa ricerca permette di spingere i progetti di recupero non solo in ambito di risanamento architettonico ma di , analisi di impatto sociologico e facilitazione del processo aggregativo attraverso un percorso di formazione.
  • 5. • Nuovi modi di abitare il mq felice Per noi abitare non indica soltanto essere alloggiati ma soprattutto esistere, stare al mondo con una determinata tendenza progettuale, con una specifica prospettiva sulle cose del mondo; non come singoli automatizzati bensì in quanto esseri relazionali e comunitari. Di fronte a una società che tende all’emarginazione del singolo e in cui sta venendo meno il nucleo familiare tradizionale, COHO promuove una riattualizzazione del modello di vita comunitario, recuperando quei valori intrinseci di solidarietà, di condivisione e facilitando l’aggregazione di persone con esigenze differenti ma accumunate dalla ricerca di una vita qualitativamente migliore, di un “metro quadro felice” socialmente e ambientalmente positivo. I valori che trasformano il metro quadro da semplice unità di misura spaziale a unità di misura di qualità della vita sono: la condivisione, la collaborazione, la solidarietà, la socializzazione, il reciproco sostegno, un facile accesso ai servizi, il rispetto dell’ambiente e il risparmio energetico. • Costruire sul costruito Negli ultimi decenni, si è assistito ad un consumo eccessivo del suolo, ovvero ad un processo di trasformazione di superfici naturali e agricole mediante la realizzazione di costruzioni ed infrastrutture. Occorre invertire questa tendenza riutilizzando il patrimonio edilizio esistente, costruendo nel costruito al fine di arrivare a un “consumo zero”del suolo. All’interno di molte città sono presenti edifici e aree dismesse, sia pubbliche che private. Si tratta di edifici industriali di varie dimensione con le loro aree di pertinenza, di stazioni, vecchi ospedali, caserme, monasteri, scuole, che spesso sono ubicati in aree strategiche e centrali per le città e che rappresentano un problema concreto e di difficile risoluzione per la P.A. COHO tenta di recuperare questi edifici reintegrandoli nella città, individuandone nuove possibili destinazioni d’uso in linea con le esigenze degli abitanti contemporanei, migliorando la qualità dell’ambiente urbano o rurale in cui sono inseriti. Dal punto di vista prettamente tecnico si progettano interventi puntuali e mirati, anche di riqualificazione energetica, nel rispetto delle caratteristiche architettoniche e della vocazione dei luoghi in cui sono inseriti. Questi strutture ospiteranno modelli di cohousing, coworking e nuovi spazi di aggregazione che favoriscano le relazioni e le interazioni sociali; saranno inoltre luoghi di incontro tra privato e pubblico attraverso la compresenza di spazi propri del singolo, di spazi condivisi dalla comunità formata e di spazi aperti al pubblico ovvero a tutti i cittadini.
  • 6. “Tutto ciò che siamo è un riflesso di quello che abbiamo pensato. La mente è tutto. Quello che pensiamo diventiamo.” Buddha 3–MODELLI PER GENERARE LAVORO Il valore sociale ed il corrispettivo riflesso economico di questa rinnovata concezione del dimorare appare subito evidente, anche se, trattandosi di valori riconosciuti e vissuti collettivamente, non è immediatamente definibile chi dovrebbe assumersi la responsabilità di favorire questi processi aggregativi, né chi dovrebbe sostenerne gli eventuali costi. Più in generale, questo team interdisciplinare si è posto nell’ottica di verificare le condizioni di avvio di una start up che fornisse i servizi integrati necessari e il modello di business che poteva starne alla base. Una delle premesse che ha istruito questo lavoro è stata sicuramente la consapevolezza che le nostre competenze così diverse, esattamente nel momento in cui avevano iniziato ad interagire, avevano di fatto messo in discussione i modelli mentali ed i riferimenti classici di ciascuno. Avevamo, pertanto, le condizioni di un pensiero laterale che si faceva strada attraverso la continua messa in discussione dei paradigmi di ciascuno e, dunque, anche delle convinzioni limitanti che, ad esempio, portavano alcuni di noi a percepire la condivisione di spazi e servizi solo all’interno della struttura abitativa e non anche di quella lavorativa, né tantomeno territoriale. Questa rielaborazione profonda delle convinzioni di base, a cui queste nostre società in crisi sono già abituate da anni, in un team di professionisti che interagisce ricorrentemente non trova più alibi sufficienti a mantenere le proprie zone di comfort. L’aver portato il livello del confronto dalle competenze alle convinzioni di base, e da queste ai relativi modelli di pensiero, ha consentito al gruppo di prendere consapevolezza della portata delle riflessioni ed a riconoscere le varie possibilità a disposizione per creare ampio e nuovo valore aggiunto nell’ambito delle soluzioni creative al processo edilizio e sociale. L’altra premessa, che discende dalla consapevolezza della prima, è che per innovare in questo ambito, e forse più in generale, è necessario un approccio sistemico, ovvero una percezione differente e contestuale dei fatti ed, in questo caso, delle necessità e dei bisogni, impliciti ed IL TEAM Rosita Baldassarri Architetta Francesca Marabini Architetta Federica Montali Architetta Angelica Capriotti Ingegnere Roberto Alessandrini Architetto Rosanna Campellone Architetta Moira Giusepponi Architetta Mattia Borraccetti Ingegnere Maurizio Marcelletti Imprenditore edile Alessandro Rossi Consulente Finanziario Francesco Orazi Sociologo ricercatore Univpm Richard Dernowsky Progettista bandi UE Mauro Peroni Consulente filosofico Andrea Rosini Marketing e comunicazione Mauro Cimini Consumatore critico, GAS Leonardo Marotta Ambientologo Alessandro Brodolini Ingegnere Diego Peverelli Imprenditore edile Sandro Pennacchioli Imprenditore edile Tommaso Sorichetti Facilitatore Beatrice Corvatta Agronoma Toni Montevidoni Team Coach, Facilitatore
  • 7. espliciti, del nuovo dimorare. Nel lavoro comune hanno, quindi, trovato spazio alcune delle classiche leggi del pensiero sistemico, come ad esempio “ i problemi di oggi derivano dalle <soluzioni> di ieri, oppure “la facile via d’uscita di solito riporta all’interno del problema”. Sulla base di queste consapevolezze e con il supporto della business model generation2 , ci siamo divisi in 4 gruppi di lavoro, ciascuno con il compito di approfondire il contesto, le linee guida ed i vincoli per la progettazione del business o dell’attività di impresa, polarizzate in 4 aree: 1. Tendenze chiave 2. Forze del mercato 3. Forze Macro-economiche 4. Forze del settore I gruppi di lavoro hanno individuato un referente, degli spazi di lavoro condivisi, in modo da poter lavorare anche a distanza e in maniera asincrona. La riflessione che ne è scaturita ci ha aiutato a mettere in relazione i vari fattori esterni tra loro, e questi con l’idea di business che abbiamo ipotizzato. La tradizionale analisi competitiva nel nostro caso ha lasciato spazio ad un approccio collaborativo; mettendola in relazione con le 2 “Creare modelli di business” pag. 201 di Osterwalder e Pigneur
  • 8. tendenze normative e del mercato, all’interno dei livelli di crisi attualmente presenti, ci siamo focalizzati prevalentemente sui seguenti focus: Grandi stabili: tra invendibilità e ripensamento profondo, soprattutto quelli delle P.A. • Target: soggetti economicamente fragili • Diritto di proprietà o valore d’uso delle abitazioni/luoghi di lavoro? • Posizionamento strategico delle strutture del dimorare (abitativo / lavorativo/ricreativo). • Rapporto vendibilità-socialità-sistema reputazionale La prima versione del canvas elaborato e condiviso aveva questo livello di sintesi: Successivamente ci siamo resi conto che quanto avevamo individuato non era semplicemente un modello di business ma più modelli di business ciascuno con un proprio valore offerto, con il segmento specifico di clientela, i suoi partners etc….
  • 9. 4-CO-DESIGN: COHOUSING, COWORKING E VIVERE URBANO Il cohousing, per COHO, è una delle possibili risposte aalle attuali problematiche sociali ed economiche, alle differenti esigenze, alle difficoltà che i nuovi modelli familiari incontrano nell’accesso alla prima casa. Il cohousing è sia uno strumento attraverso il quale ottenere una casa a basso costo sia un mezzo per avere una vita qualitativamente migliore, grazie anche al sostegno di un vicinato elettivo e amico. Questo modello prevede la condivisione di spazi e attività comuni, pur mantenendo la propria individualità e i propri tempi di vita. Vivere in cohousing più che usufruire solo di spazi comuni, è condividere risorse, tempo, emozioni, dar risposta alle esigenze della comunità attraverso le proprie possibilità e competenze, trovare negli altri un aiuto per risolvere le proprie problematiche quotidiane. Chiunque, indifferentemente dall’estrazione economica sociale e culturale può accedere a questo modello di vita, mettere a disposizione degli altri le proprie capacità e le proprie esperienze: giovani, bambini, anziani, genitori single, professionisti, ricercatori universitari, famiglie extracomunitarie, giovani coppie, ecc… E’ un processo che porta inevitabilmente alla costruzione di un nuovo sapere sociale, alla definizione di nuovi ruoli, alla negoziazione delle diversità e dei conflitti. COHO mira a facilitare questo percorso di aggregazione attraverso un approccio di ascolto, di formazione e di progettazione partecipata. Il team di COHO vede l’applicazione di questo approccio anche nell’ambito del lavoro e del vivere l’urbano. In particolar modo il coworking, sulla scia del cohousing, può essere una possibile risposta per coloro che stanno ricercando uno spazio lavorativo a basso costo in cui iniziare ad intraprendere la propria attività professionale. Lavorare in coworking comporta condividere non solo lo spazio lavorativo ma anche dei valori e creare al tempo stesso sinergie lavorando a contatto con persone con talenti diversi. Inoltre vediamo nelle esperienze di riuso degli spazi urbani e delle aree dismesse pratiche di gestione collettiva dei beni comuni sempre più interessanti e promettenti. In questi ambiti la formazione di gruppi omogenei di persone che sceglieranno di dimorare nella stessa struttura è quindi possibile solo attraverso un percorso di integrazione condiviso, consapevole e partecipato. Da questo punto di vista il co-design, ovvero processi decisionali partecipati, è uno strumento fondamentale per fa sì che tutti i soggetti che stanno nel processo siano coinvolti e responsabilizzati. Gli spazi, sia lavorativi che residenziali che sociali, sono progettati mettendo a sistema le differenti esigenze e aspettative che ciascun singolo coabitante fa emergere durante il processo iniziale. Sono i coabitanti a definire le caratteristiche del loro modello abitativo definendo gli spazi comuni, la metodologia per condividere le decisioni, l’organizzazione delle attività e la governance della stessa.
  • 10. 5–CROWDSOURCING: TRA IPOTESI DI FINANZIAMENTO E PRATICHE DI CITTADINANZA ATTIVA Alla luce di quanto detto sul codesign, lo stesso capitolo sul “generare lavoro” ed i modelli di business che ne posso stare alla base assume un altro sapore. Co-progettare, condividere una visione ed i relativi livelli di responsabilità, oltre che gli spazi ed i servizi, di condominio o di quartiere che siano, ri-apre una concezione dell’oikonomia realmente basata sulla “gestione della casa”, al di là delle mura domestiche, dove gli scambi economici sono chiaramente legati alla codificazione, al riconoscimento di un valore condiviso e, quindi, di mercato In questo senso la co-creazione di un’economia sostanziale, intesa come attività in grado di fornire i mezzi materiali per il soddisfacimento dei bisogni delle persone, per dirla con Polanyi3 , in cui il riconoscimento del valore dello scambio non è necessariamente monetizzato, semmai lo è attraverso le monete complementari, ma di certo elude la finanziarizzazione tipica di questo modello economico ormai definitivamente decaduto. Il documento “RiutilizziAMO l’Italia: report 2013” del WWF mette a fuoco chiaramente il problema: “un qualsiasi progetto che miri al recupero della parti compromesse e degradate non è solo un progetto ambientale ma anche economico. Si tratta di concepire interventi che servano a restituire beni alla comunità, recuperandone l’utilità e garantendo la possibilità di una fruizione collettiva.” Cosa pensereste se al posto dei “segmenti di clientela” potessimo immaginare gli stakeholders, ovvero i legittimi detentori di interessi rispetto ad un’attività di business? Potremmo immaginare una moltitudine di piccoli contributori, ovvero di crowfunders che apportano saperi, competenze, informazioni, ma anche strumentazioni, assets strategici ed, appunto, rendono disponibili spazi o finanziano cause in cui credono. Su questo processo gli esempi sono molteplici, ci limitiamo a citarne una: l’esperienza del Progetto Rebeldia presso l’Ex colorificio Toscano di Pisa, all’interno del percorso di recupero delle fabbriche in Argentina, in Grecia, in Turchia, di pochi decenni o anni fa, ci sembra paradigmatica. In questo esempio viene affrontata direttamente la tematica della proprietà privata (ndr. di una multinazionale italo-tedesca che ha acquistato e poi dismesso un’area industriale di 10.000 metri quadrati) e vengono incastonate, come previsto dalla Costituzione, le valenze di utilità sociale e di salubrità ambientale. Qui uno stralcio del loro documento base: “Beni comuni e spazi sociali: una creazione collettiva Gli spazi sociali si riconfigurano oggi come un nuovo laboratorio per la partecipazione, un “municipio dei beni comuni”, dove i cittadini possano tornare a incontrarsi, discutere e condividere scelte e percorsi sui problemi grandi e piccoli delle loro vite, dopo essere stati esclusi da quasi tutti i processi decisionali, riguardino essi la politica o il mercato, e dunque 3 “Economie primitive arcaiche e moderne”, K. Polanyi, Einaudi, 1980, pag. 135.
  • 11. la profonda crisi che hanno innescato. Rebelpaintingoffre una riflessione a più voci sui fondamenti teorici e sul potenziale progettuale della restituzione alla collettività di un ex sito produttivo in stato di abbandono, indagando le ragioni che hanno determinato tale stato e ricostruendo la storia lunga quasi un secolo che quel luogo ha dietro di sé. Il nuovo spazio sociale del Progetto Rebeldía intende rappresentare il segno tangibile e vissuto da migliaia di persone di una direzione alternativa, non legata a un’idea aprioristica di sviluppo, bensì capace di rispondere a un piano urbano finalmente centrato sull’ecologia,sulla valorizzazione dell’esistente, sui bisogni dei cittadini.”. Le pratiche di cittadinanza attiva delle reti di economia solidale, e più in generale del consumo consapevole e collaborativo, ci hanno fatto conoscere i vari nessi esistenti tra l’attività civica della cittadinanza, la ricostruzione delle filiere produttive e, dunque, la valenza strettamente economica per i territori ed i relativi effetti sociali sulla popolazione locale. 6- CASI STUDIO IN CONCRETO Di seguito brevemente due esempi applicativi che riportano la trasformazione el’oggetto del riuso ad opera di due dei target che abbiamo identificato. • A Civitanova Alta: dalle scatole industriali agli hackerspaces Trattasi di un edificio industriale dismesso degli anni 80di circa mq. 1500, ubicato in una delle prime zone industriali appena fuori del centro abitato, la cui vocazione naturale futura è residenziale e di servizio; la posizione è collinare, ariosa ed aperta verso il mare, ben collegata alle infrastrutture esistenti. Il suo volume ampio necessita di un adeguamento antisismico, ma si presta ad essere facilmente ridistribuito su due livelli con un intervento di prefabbricazione, così da quasi raddoppiarne la superficie (mq.2100 circa). Di contro esistono: un laboratorio artigianale di falegnameria ubicato da troppo tempo in una campagna bella e coltivata, con tutte le gravi problematiche ambientali che ne
  • 12. derivano; un gruppo di giovani designer disoccupati; tanta gente che, per economizzare, tenta la strada del fai da te. Il progetto consiste nello spostare l’azienda artigiana nell’edificio dismesso, riconvertendo ad alloggi loft il vecchio laboratorio per ottenerne un complesso agricolo in cui vivono n°8 famiglie, le quali godono in comune di un ampio orto, di una foresteria gestita anche come B&B e di un mezzo di trasporto plurimo, usufruiscono di una grande lavanderia attrezzata, di una officina basic e del sistema di riscaldamento agganciato alla falda acquifera esistente. Nell’ex cartotecnica la falegnameria si amplia rinnovando il proprio parco macchinari ed attrezzando uno spazio del laboratorio come falegnameria sociale al cui interno colloca i macchinari sostituiti; la falegnameria sociale, affiancata da una rivendita di materiale costituita dal magazzino dell’azienda, viene seguita dallo stesso personale aziendale che diviene tutor di coloro che vogliono realizzare o aggiustare qualcosa in proprio. L’azienda, all’interno di questo spazio, si organizza anche per la formazione di giovani disoccupati, mentre, predisponendo al piano primo anche un’aula didattica/sala convegni, si attiva per l’aggiornamento di operatori del settore, la realizzazione di corsi di bricolage, riparazione, ecc. Parte dell’ex cartotecnica (n° 4 spazi) è ripartita in unità “casa-bottega” per far posto a giovani creativi che possono anche usufruire della falegnameria sociale e/o collaborare con l’azienda; altra piccola parte, adiacente all’aula didattica, viene riservata per il coworking di giovani che intendono iniziare percorsi lavorativi in proprio. La ristrutturazione dell’edificio, seppure nella sua essenzialità, viene predisposta per ulteriori rifunzionalizzazioni future nell’ottica di spazi versatili e facilmente riconvertibili. Termina il progetto la messa a dimora nell’area dell’edificio di un boschetto di faggi, il cui legname contribuisce ad alimentare, insieme agli scarti delle lavorazioni, il sistema di riscaldamento dell’intero complesso.
  • 13. • Ex Convento Monteprandone: angioplastica ai centri urbani Questo antico edificio sorge sulle mura sud di uno splendido piccolo centro storico, raccolto in cima alle prime colline della costa adriatica; esposto favorevolmente, spazia oltre che sul mare e sui colli marchigiani anche sulla vallata disseminata di industrie locali. Sicuramente di antichissima origine, è stato occupato fino a circa 20 anni fa da un ordine monastico le cui suore si affacciavano in chiesa da un passaggio segreto ora tamponato; nell’ultimo ventennio di permanenza le suore svolgevano anche servizio di scuola materna, tant’è che l’edificio ne mostra ancora le tracce. Giuntato ed intrecciato a questo edificio vi è un palazzetto privato abbandonato da tanti anni; il loro ingresso, seppure diversificato, avviene da un vicolo caratteristico e tortuoso del centro storico e, occupando n°2 piani sulle mura fino a raggiungere la strada di circonvallazione sottostante, totalizza n°5 piani ed una superficie globale di mq. 600 circa. L’intervento edilizio necessario è sostanzialmente di rinforzo strutturale e riparazione, mentre, attraverso una progettazione oculata, è possibile mantenere la maggior parte degli ambienti senza stravolgere l’impianto tipologico esistente; ovviamente devono essere rinnovati tutti gli impianti e molte delle finiture. Il progetto è caratterizzato dall’inserimento di un’attività di ospitalità lowcost, pienamente compatibile con il paese e gli stessi edifici, il cui flusso di utenti, principalmente giovani e stranieri che prediligono i mezzi pubblici, risulta minimamente impattante mentre rivitalizza il centro storico adoperandone gli spazi e sollecitandone l’erogazione di servizi. L’idea segue quella del vecchio proprietario commerciante di vini il quale, prima di mancare prematuramente, stava progettando la realizzazione di un hotel per ospiti statunitensi in cerca di prelibatezze vinicole ed enogastronomiche del nostro territorio. L’attività ricettiva dell’ostello viene integrata da un’agenzia di promozione del territorio, il cui spazio è posto al piede degli edifici, ovvero sulle mura, nella parte studiata per essere fruibile ed aperta al pubblico; il progetto prevede infatti il recupero dei locali prospicienti la strada predisponendoli anche per l’allestimento di mostre, lo svolgimento di eventi e l’esposizione di prodotti locali.
  • 14. Questi spazi, attraverso la realizzazione di una risalita pubblica e facilitata per persone disabili o su sedia a ruote, in realtà consente una maggiore permeabilità del centro storico il quale si trova ad essere agevolmente raggiungibile dalla viabilità esterna, facilitandone così la fruizione ad oggi compromessa. In un processo di socializzazione mondiale, dove la società tende sempre più ad aggregarsi in centri urbani sono presente invece esempi di centri storici dove non c’è aggregazione ma individualismo e muri sociali. In questo intervento si abbatte il muro sociali esistente, si facilita la socializzazione attraverso la riconnessione delle due parti della città e destinando la galleria di risalita ad attività per la collettività. CONCLUSIONI A nostro avviso gli esempi appena riportati danno consistenza a quando detto sopra, aiutando a rileggere questa fase di crisi in chiave positiva. Proprio in queste settimane in cui la crisi conosce il suo più totale dilagare, dalla politica alla vita culturale, dall’arresto dei consumi alla chiusura di interi settori produttivi, una terza rivoluzione industriale è da tempo in corso, all’insegna della stampa 3D e dell’hardware fai da te. In spazi urbani chiamati makerbar, fablab, hackerspace si vive da anni, ormai, una dimensione del co- working che, nel frattempo, è diventata del co-making, ovvero della costruzione collettiva di una nuova realtà. Dagli elementi software ed hardware, questa progettazione partecipata arriva alla co-definizione dei beni comuni e, quindi, alla carta d’identità valoriale, oltre che alla struttura, di una nuova dimensione del dimorare. Un approccio che cambia il rapporto con gli utenti finali e crea una interdisciplinarietà nell'affrontare il lavoro rende il sapere sempre più un oggetto di scambio peer to peer, più
  • 15. che una giustificazione dell’esclusività e del potere. Il processo partecipato impegna il nostro gruppo in un percorso per definire l’utilità, il valore aggiunto, per capire le richieste degli utenti finali e quindi trasformare le esigenze in azioni gestionali e progettuali, per rendere trasparenti diverse possibili opzioni e ragioni delle scelte, e obbliga all’assunzione di responsabilità condivise da tutti, co-progettisti, facilitatori di processo e utenti. Nel tratto che unisce i nuovi artigiani digitali ai sostenitori dei beni comuni che si spingono a rifunzionalizzare socialmente persino la proprietà privata vediamo un nuovo uso dello spazio che non è solo fisico, ma anche politico e persino economico.