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Seminari INTFormatevi 2012
  Seconda sessione 26 giugno 2012

         Prof. Franco Mazzei

Effetti delle variabili culturali sulla
   negoziazione interculturale:
 Focus su Cina e Giappone
Syllabus

1. - La comunicazione interculturale:
  barriere e stili
2. - Leaderhip e processo decisionale
3. – La negoziazione: strategie,
  approcci e tattiche negoziali
4. - Il profilo del negoziatore cinese
5. – Il profilo del negoziatore
  giapponese
Modulo 1

   La comunicazione
     interculturale
 Barriere e stili comunicativi.
Gli stili interculturali di conflitto
Importanza della comunicazione
Per condurre una buona negoziazione è
necessario saper comunicare, cioè saper
- trasferire significati alla
controparte
- interpretare correttamente i
messaggi che si ricevono.

In questo modulo, esamineremo:
- i tre livelli di comunicazione,
- le barriere di comunicazione,
Cultura e comunicazione
Luoghi e popoli sono diversi tra loro. I giapponesi
tendono ad essere molto gentili, gli australiani
caratterialmente sono blunt (franchi, schietti…).
Per molti europei “rosso” indica “pericolo” o “stop”;
ma in Turchia significa “morte” e in Cina “buona
fortuna”. In Giappone Francia entrare in impiego di
altissimo livello… mentre in Arabia Saudita è molto
più importante lo status della propria famiglia.
Ora noi vedremo come le diversità culturali sulla
comunicazione e la negoziazione con particolare
riferimento alla Cina e al Giappone.
Elementi della comunicazione
• La comunicazione implica un emittente, che invia un
  messaggio in un determinato codice, e un ricevente,
  che lo decodifica.
• L’atto comunicativo è concluso con il feed-back
  (messaggio di ritorno), che può essere di
  approvazione, di disapprovazione, di disinteresse.
►Durante questo processo, si ha una progressiva perdita
  di carico del “contenuto del messaggio” (da come era
  nelle intenzioni dell’emittente a come effettivamente
  viene percepito dall ricevente).
►N.B. In genere, il “come” prevale su “che cosa” si
  comunica (tono della voce, gestualità, contesto…).
Le due barriere della comunicazione
               Prima barriera
      “CODICE DI COMUNICAZIONE”
             (il linguaggio usato):
     - Linguaggio Verbale e Non-Verbale
              Seconda barriera
                “CULTURA”
   (assunti, valori, norme, comportamenti)
Naturalmente, il processo diventa più
complesso in situazioni di interculturalità.
Comparazione tra Occidente e Asia
     in 4 aree manageriali




     PROCESSO DECISONALE
I TRE LIVELLI DI COMUNICAZIONE
                           I tre modelli di
• Livello verbale (ciò che si dice)
                          comunicazione
  Non più del 15% di influenza rispetto al messaggio globale
• Livello paraverbale
 Tono e altezza della voce, ritmo, esitazioni, pause
  Fino al 35% di influenza rispetto al messaggio globale
• Livello extraverbale o non verbale
 Espressione corporea (mimica facciale, gestualità,
  postura, sguardo), distanza, comportamento spaziale
                           In breve...
   – Tra il 75 e l’80% delle informazioni che raggiungono
     la nostra corteccia cerebrale passa attraverso gli
     occhi (Birkenbihl 1991)
   – Solo 15% circa giunge dall’orecchio.
Comunicazione Non Verbale
            Comprende:
• Paralinguistica (intonazione della voce,
  volume, ritmo, pause, intercalari…)
• Cinesica (linguaggio facciale, dei gesti)
• Prossemica (uso dello spazio)
• Cronemica (uso del tempo)
• Cromatica (uso dei colori nell’inviare
  messaggi)
Verbale e non verbale in natura

                            11%


   83 %

                        E i non-vedenti?
Mixed Signals

    "Okay"         "It's a secret"    "Crazy"




"Vulgar gesture"    "Very nosey"     "Very clever"
Chi è il signore con
le mani in tasca?
Baci e abbracci?
•
Messaggi pubblicitari sbagliati
In genere, le società di detersivi nei loro
messaggi promozionali mettono abiti
sporchi a sinistra, il sapone reclamizzato
al centro e l’abito pulito a destra.
Il messaggio risulta sbagliato nei paesi in
cui si legge da destra a sinistra…
Celebre è il caso della Ford che introdusse
un autocarro utilitario, la “FIERA”, in
alcuni paesi di lingua spagnola in cui
“Fiera” significa “ugly old woman”.
Forme più comuni di CNV
1.   - Gesti delle mani sia intenzionali che autistici.
2.   - Espressioni facciali.
3.   - Posizione e atteggiamento del corpo.
4.   - Vestito e pettinatura.
5.   - Distanza interpersonale (prossemica).
6.   - Contatto oculare e sguardo.
7.   - Simboli non-verbali (gioielli, cosmetici...)
8.   - Paralinguaggio.
9.   - Tempi e pause nel linguaggio vervale.
      (Adattato da Hodgetts et Al., 2006)
Componenti non
       Tre importanti componenti non verbali
                           verbali
             Inibito          Assertivo    Aggressivo
Contatto     Evasivo          Frequente,   Fisso
oculare                       non fisso    (dominatore)
Volume e     Basso o          Espressivo   Stridente,
tono di      cantilenante                  sarcastico
voce
Gestualità   Copre la bocca   Denota       “Parentale”,
             con la mano,     sicurezza    punta il dito
             tensione degli
             arti
Stili di comunicazione
Stile diretto: le intenzioni di chi parla sono chiare,
immediate e pronunciate con decisione.
 Stile indiretto: le locuzioni usate tendono a occultare
le reali intenzioni e sono espresse in modo sfumato.
→ Hai (sì) giapponese significa solo che si sta
ascoltando…
                            ***
Stile lineare: privilegia le connessioni logiche degli
argomenti, esposti in sequenza, anticipando la tesi di
fondo.
 Stile circolare: si considera il precedente stile uno
svilimento e una semplificazione esagerata,
preferendo interpretazioni aperte.
STILI INTERCULTURALI DI CONFLITTO
Nella comunicazione interculturale in
genere, gli “stili di conflitto” possono
essere a alta emotività (Europa
mediterranea; Paesi arabi…) o bassa
emotività Nord-Europa, USA, Asia
orientale…).
E’ importante saperli riconoscere perché
se interpretati in modo errato possono
portare a inutile escalation ed
eventualmente al fallimento della
negoziazione.
Mettendo in relazione uno stile di
comunicazione (diretto o indiretto)
con uno stile di conflitto (a bassa o
alta emotività) otteniamo i quattro
stili interculturali di conflitto:
1) Discussione
2) Coinvolgimento
3) Accomodamento
4) Dinamico
• Discussione:
     stile diretto+bassa emotività
Nord-America (USA, Canada, Europa), Europa
              (
  (Paesi Bassi, G.B., Svezia, Norvegia,
  Danimarca, Germania), Asia-Pacifico
  (Australia, Nuova Zelanda).
           2) Coinvolgimento:
       stile diretto+alta emotività
Nord-America (afroamericani degli USA), Europa
  Meditewrrnaea (Francia, Grecia, Italia,
  Spagna), America Centrale e Latina (Cuba,
  Porto Rico), Asia (Russia, sic!)), Medio
  Oriente ((Israele).
3) Accomodamento:
       stile indiretto + bassa emotività
Nord-America (Nativi americani), America Latina
(Messico, Costarica, Perù, Argentina), Asia (Cina,
Giappone, Thailandia, Indonesia, Malesia).

                   4) Dinamico:
          stile indiretto + alta emotività
Paesi arabi e Medio Oriente (Kuwait, Egitto,
Arabia Saudita, Libano)
(Da: Ida Castiglione, La comunicazione interculturale: competenze e pratiche,
Carocci, 2006, p. 72.)
Modulo 2
    Leadership
         e
Processo decisionale
Concezioni di leadership
In termini generali, la leadership è il processo
con cui chi in un gruppo ha la posizione più
elevata influenza gli altri membri del gruppo in
modo da dirigere i loro sforzi verso il
raggiungimento di particolari obiettivi. La
leadership può essere formale (“il sergente”) o
informale (“il trascinatore”).
Tre le principali concezioni teoriche:
a) Teoria del manager X: un manager che
ritiene che le persone siano fondamentalmente
svogliate e che la coercizione e la minaccia di
b) Teoria del manager Y: un manager che
ritiene che, nelle giuste condizioni, le
persone non solo lavorano bene ma
cercheranno di accrescere il senso di
responsabilità.
c) Teoria del manager Z: i lavoratori
cercano opportunità nel management e
sono motivati dal teamwork e dalla
condivisione della responsabilità.
Questa terza teoria presuppone tra l’altro
una concezione specifica del lavoro: non
come “punizione”… ma come partecipa-
Modelli di leadership
Leadership autoritaria
Comportamento centrato sul lavoro per
assicurare la realizzazione del compito
assegnato (task)
Comunicazione “one-way”, dal manager ai
subordinati. L’attenzione è focalizzata sul
progredire e sulle procedure del lavoro.
Questo modello è seguito soprattutto in caso
di crisi, ed è ampiamente usato da manager X
Leadership paternalistica
Comportamento centrato sul lavoro e sulla
protezione del dipendente. Lo slogan è:
“Lavora duramente e l’azienda si
occuperà di te”.
Il manager paternalistico è spesso definito
come “Z soft”, un padre severo ma anche
premuroso. La comunicazione va dal
manager al subordinato e viceversa, quindi
con una con continua interazione e scambi di
informazioni tra leaders e subordinati.
Un noto esempio di questo tipo di leaders è il
*Il caso Daewoo

• Nel 2002, dopo aver deciso di
  licenziare migliaia di di pendenti in
  esubero, egli girò nei reparti chiedendo
  scusa ai singoli licenziati per aver
  dovuto prendere tale decisione ma
  promettendo che li avrebbe aiutati a
  trovate un altro lavoro. Chiesto del
  perché di questo suo atteggiamento.
  egli disse: “Sono il padre dei miei
  dipendenti. Devo ridare la speranza a
  ciascuno di essi.”
Leadership partecipativa
Incoraggia i dipendenti a svolgere un ruolo
attivo nell’assumere il controllo del loro
lavoro. L’autorità è di norma decentrata.
Continuo scambio di informazioni tra leader
e subordinati e tra gli stessi dipendenti.
Questo modello, tipico del Giappone, è ora
diffuso nei paesi anglo-sassoni ed è popolare
in quegli scandinavi.
Leadership in Cina
In Cina si sta affermando una “Nuova
Generazione” di leaders , esaminata dagli
studiosi sulla base di tre specifici aspetti:
1) Individualismo: importanza attribuita
all’autosufficienza e all’autorealizzazione.
2) Comunitarismo: volontà di subordinare gli
obiettivi personali a quelli del gruppo.
3) Confucianesimo: importanza attribuita
all’armonia sociale e interpersonale.
Nell’insieme, si osserva una sorta di
convergenza con modelli prevalenti in
Effetti generali sul management cinese

• Organizzazione gerarchica ma armonica, con
prevalenza dei valori di gruppo.
2) Il familismo pervade ogni aspetto della vita...
3) Il tempo, circolare, è “abbondante”: quindi
bando a fretta e ad impazienza, ma puntualità.
4) Accentuato conformismo di gruppo (cultura
della vergogna, paura del ridicolo e
dell’ostracismo sociale): in ogni circostanza,
cruciale è salvare la propria e l’altrui “faccia”
(MIANZI)!
5) Importanza delle GUANXI: “buone relazioni
sociali” (conoscenze, contatti giusti) che
facilitano il business.
In un paese confuciano e dalla millennaria
tradizione burocratica come la Cina, per avere
successo “è più importante chi conosci rispetto
a ciò che sai”.
 In altre parole, disporre di buone connessioni è
come disporre di un prodotto e/o di un prezzo
concorrenziale.
Segnatamente in GIAPPONE:

 - Cleaveges verticali più che orizzontali (metafora
  dell’arancia invece della torta).
 - Relazione strutturale “padrino-figlioccio” basata
  su protezione e lealtà. Dipendenza quasi patologica
  dall’azienda (fino al karōshi, “morte per eccessivo
  lavoro”).
 - Indifferenziazione dei ruoli e rigidità dei
  ranghi.
  - Qyality first: il TQC (Total Quality Control) o
TQM (Total Qality Management) ►
 - Toyotismo, alternativa al fordismo in crisi ►
Il Total Quality Management (TQM) è una
strategia organizzativa del business che ne
massimizza la competitività attraverso il continuo
miglioramento della qualità dei suoi prodotti, dei
dipendenti, dei processi e ambienti accrescendo la
soddisfazione del cliente.
In Giappone ha le seguenti 7 caratteristiche:
1. - La strategia è “costumer driven”. I
customers esterni definiscono la qualità del
prodotto o del servizio. I costumers interni
definiscono la qualità delle persone, dei
processi e l’ambiente associati ai prodotti o ai
servizi.
2. - E’ una strategia olistica concernente tutti i livelli
   della performance manageriale. La qualità è compito di
  tutti e non del solo Dipartimento del Controllo della Qualità.
3). - Importante è l’ empowerment che consiste nel
  dare ai dipendenti risorse, informazioni e autorità di
  cui hanno bisogno per sviluppare idee e realizzarle.
4. - La competitività è basata più sulla qualità che sul
  prezzo.
5. - Riconoscimento ai dipendenti meritevoli in
  termini di prestigio e funzioni all’interno del gruppo
  (in Giappone si evitano premi in moneta).
6. - Uso diffuso di strumenti statistici, costante
  verifica e innalzamenti degli standards.Enfasi
  sull’istruzione per tutti i dipendenti. Il training non è
  un costo giacché produce risparmio.
Vecchi Miti e Nuove Credenze in relazione alla
                           qualità
* Responsabile della qualità è il Dip. La qualità è compito
 di tutti →approccio olistico
* Il training è costoso. / Training produce risparmio.
* E’ umano fare errori. / La perfezione – totale soddisfazione
 del cliente - è uno standard che va perseguito.
* Vanno considerati solo i difetti maggiori. / Nessun
 difetto è accettabile.
* Il miglioramento della qualità impiega tempo. / La
 qualità fa risparmiare tempo.
* I programmi di qualità sono meglio orientati verso aree
 come la manifatturazione… / Sono importanti in tutte le
 aree, compresi i servizi e gli apparati amministrativi..
* I rifornitori devono essere competitivi sul prezzo. /
 Devono essere competitivi sulla qualità. (Hodgett, 2007, p. 325)
*Fordismo in breve...
Presupposto: domanda illimitata (keynesismo)
Obiettivo: produzione di massa standardizzata
(grazie ad economie di scala, più si produce e
più si abbassano i costi di produzione).
Circolo virtuoso: aumento dei profitti →
aumento dei salari →allargamento del mercato
→aumento dei profitti…
        LA FABBRICA FORDISTA E’
 AL CUORE DELLA SOCIETA’, E’ DUALISTICA E
                 RIGIDA
            Formazione del prezzo:
      costi (var. ind.)+ profitto (var. fip,)
Crisi del fordismo
Agli inizi degli anni ‘70, rivelatosi il mercato
esigente e sparagnino, prevale l’economia
dell’offerta: crisi del fordismo-keynesimo
►tacherismo, reaganomics…
                             ↓
      smantellamento dello Stato assistenziale
     e fine del compromesso social-democratico.
Per superare la crisi del fordismo-taylorismo, negli
Stati Uniti prima e in Europa dopo si guarda al
sistema di produzione della grande casa
automobilistica giapponese Toyota (TOYOTISMO),
che studiosi dell’MIT prendono a modello per
elaborare la cd. Lean Production.
TOYOTISMO
Sistema di produzione per ottenere prodotti di
ottima qualità, diversificati, a bassi costi e in
tempi brevi attraverso l’eliminazione degli
sprechi.
Presupposto: domanda limitata.
Problema: come aumentare la produttività
quando non aumentano le quantità? → Una
fabbrica minima (“frugale”), flessibile
(adattabile), trasparente…
Il Toyotismo, sviluppatosi sulla base della
tensione propriamente nipponica per il kaizen
(“miglioramento continuo”) e del Just-In-time
(JIT), è un sistema pull production, cioè
produzione “tirata” a valle dalla domanda (non
“spinta” dall’alto, push production).
Con il Toyotismo l’egemonia passa dalla
fabbrica al mercato (al “cliente”), che determina
struttura e tempi della produzione.
La fabbrica deve saper “vibrare all’unisono “
con la volubilità del mercato…


       Formazione del profitto:
    prezzo (var. ind.) – costi (var. dip.)
Gli effetti delle diversità culturali
sono molto evidenti nel processo decisionale

    I cinque stadi de processo decisionale
   secondo il modello razionale sono:
    1. Definizione del problema
    2. Raccolta e analisi dei dati rilevanti
    3. Valutazione delle varie soluzioni
      alternative
    4. Identificazione della soluzione
      migliore
    5. Implementare la decisione
*Variabili culturali che condizionano
             il processo decisionale
• Approccio obiettivo (decisioni basate sulla
  razionalità) o appproccio soggettivo (decisioni
  basate sulle emozioni).
• Locus del processo: individualismo/comunitarismo
• Tolleranza del rischio (ci soffermeremo tra poco)
• Atteggiamento : utilitaristico/moralistico
• Locus del controllo: interno (i managers controllano
  gli eventi)) o esterno (i managers hanno scarso
  controllo sugli eventi).
• Orientamento verso il passato/il futuro.
        Leadeships autocratica o partecipativa?
Cultural Variables Affecting
     Decision Making
In Occidente il processo decisionale
1) Ha un approccio oggettivo (basato sul modello
razionale e non sulle emozioni) e individualistico. E’
di norma centralizzato e top-down.
2) Il manager ha un buona tolleranza del rischio
3) L’approccio è utilitaristico ed è basato sulla
distinzione dei ruoli all’interno della organizzazione
e sulla responsabilità individuale.
4) Il locus del controllo è interno: il manager ritiene
di poter controllare gli eventi e quindi di decidere
autonomamente.
5) L’orientamento è teso al futuro.
    Leadership autocratica, decisionistica
PROCESSO DECISIONALE GIAPPONESE:
                          RINGISEI
Il ringi-sei, poggia sul comunitarimo e sulla “diffusione
della responabilità”.
E’ un sistema from the bottom up e non top-down tipico
delle società individualistiche dell’Occidente.
La decisione, preceduto da intense consultazioni informali
(nemawahi), è basato sul consenso di gruppo. Leadership
partecipativa.
The ringi system è un processo lento, e diventa
problematico quando le decisioni sono time-sensitive.
Tuttavia, una volta presa la decisione, tutto il gruppo è
pienamente impegnato nel successo dell’iniziativa.
Bassa tolleranza del rischio.
I Giapponesi prendono decisiosi rischiose soloe se
hanno sufficienti informzioni e se la decisione
favorisce fortemente il gruppo.
Il Giappone è ossessionato dall’incertezza, da
situazioni non strutturate (imprevedibili, inusuali),
donde massima attenzione alla prevenzione.
 Al contrario, la Cina controlla molto bene
l’incertezza
L’INDICE DI INTOLLERANZA DEL RISCHIO
per il Giappone è altissimo, 92; alto in Italia (75),
medio nei paesi arabi (68), basso in Usa (46): media
mondiale 64. E’ bassissimo in Cina (30).
Uncertainty Avoidance Index (UAI)
 Inice d’intolleranza del rischio
.

Come sappiamo, i Giapponesi praticano la
Leadership Partecipativa.
Una proposta per essere approvata passa
attraverso I differenti livelli dell’organizzazione.
Una volta che la proposta ha molti sigilli di
approvazione da parte di membri dei vari livelli
del management – in altre parole, avendo
ricevuto un ampio consenso del gruppo - essa
riceverà quasi automaticamente il sigillo del
presidente.

                        Ringisei
*Decision Making in Japan
Management interculturale in azione
     I giapponesi lo fanno diversamente
Come s’è visto, numerose sono le specificità
delle aziende nipponiche, alcune delle quali
adottate da aziende occidentali. Ad es., porre
particolare attenzione alla formazione
continua dei dipendenti e allo sviluppo
tecnologico, tendenza verso una leadership
partecipativa...
Particolare attenzione merita il modo i cui si
sviluppano e si mettono sul mercato prodotti
a prezzi competitivi. …
TARGET COST
A differenza delle imprese occidentali, molte
società giapponesi usano un approccio detto “target
cost”.
In Occidente, dopo le normali ricerche di mercato e
l’esame delle caratteristiche del prodotto che si
intenderebbe produrre, si procede :
- con i dati tecnici del modello,
- l’engineering.
- la determinazione dei prezzi dei fornitori; quindi
- si stabilisce se il costo sia sufficientemente
competitivo per procedere alla manifatturazione.
• In secondo luogo, si procede con design,
  engineering, e scelta di fornitori in modo che il
  prodotto possa essere manifatturato a quel prezzo.
  Si osservi che la maggior parte delle aziende
  apporterà riduzioni periodiche dei costi, grazie al
  kaizen che produrrà un abbassamento dei costi.
• Si veda per esempio la determinazione del prezzo
  alla Toyota e a una impresa fordista…
• Si aggiunga che i giapponesi guardano al profitto
  non in termini di singolo prodotto ma di “product
  lines”… (può attrarre clienti in quella linea,
  migliorare la reputazione dell’azienda, ecc.).
Modulo 3


 La negoziazione:
strategie, approcci e stili
La negoziazione: risorse e interessi
La negoziazione è un processo con cui due o più
parti, allo scopo di ottenere rispettivamente i massimi
vantaggi, decidono di integrare le scarse risorse a
loro disposizione per realizzare determinati obiettivi
interdipendenti. Due, quindi, sono i principali
ingredienti della negoziazione:
(1) Scarsità delle risorse disponibili.
(2) Divergenza di interessi in merito alla loro
distribuzione.
Nel perseguire i propri obiettivi, il negoziatore può
utilizzare hard power (coercizione) o soft power
(persuasione), la carota o il bastone, o entrambi.
Due strategie fondamentali
       COMPETITIVA (distributiva):
le parti competono per la distribuzione di
un valore prefissato: si persegue lo
sfruttamento (claim values: ottenere
vantaggi a spese di altri)
►vantaggi relativi).
E’ una strategia a somma zero: non ci sono
spazi per allargare l’ambito negoziale.
(Es.: compravendita di un immobile)
COLLABORATIVA (integrativa):
le parti cooperano perché tutti ottengano
il massimo risultato possibile, allargando
l’ambito negoziale: si perseguono
vantaggi reciproci (create values: fare più
grande la torta ►vantaggi assoluti). E’
una strategia a somma positiva.
N .B. La maggior parte delle
negoziazioni contiene elementi
competitivi e cooperativi; la tensione
che ne deriva è detta “dilemma del
negoziatore”.
Tre atteggiamenti negoziali

    Win-win (cooperativo)
       Win-lose (duro)

           Tit-for-tat
 (a cooperazione condizionata)
Approcci negoziali:
 win-win/win-lose
CARATTERISTICA         NEGOZIAZIONE      NEGOZIAZIONE
                        COMPETITIVA     COLLABORATIVA

Risultato            Win-lose           Win-win
Motivazione          Beneficio          Beneficio comune
                     individuale        e        individuali
                     (guadagno          (guadagni
Interessi            relativo)
                     Contrapposti       assoluti) ma non
                                        Diversi,
                                        sempre
                                        contrapposti
Relazione            Di breve termine   Di lungo o di
                                        medio termine

Issues coinvolte     Una sola           Molteplici
Disponibilità      ai Non flessibile    Flessibile
trade-off

Soluzione            Non creativa       Creativa
Le difficoltà della cooperazione
E’ difficile cooperare anche a causa del
parassitismo (free riding) e dalla sfiducia (self-
help). Il free-rider si basa sulla nozione di “beni
collettivi”. La sfiducia determina il “dilemma
del prigioniero”, basato sulla reciproca
sfiducina. … …
 Come vedremo tra breve, gli abili negoziatori
spesso superano i problemi derivanti dal
“dilemma del prigioniero”, perché reiterandolo
la strategia vincente risulta essere una
variazione del TIT-FOR-TAT (Axelrod),
strategia messa in moto con un’iniziativa
unilaterale (“giochi di collaborazione”).
Dilemma del prigioniero

                     Strategia di B
Strategia di A


                            C           D

                        3           1
                 C
                                3           4
                        4           2
                 D
                                1           2
In una situazione di conflitto, utili sono i
“giochi di coordinamento” se vi è un qualche
interesse in comune
Cfr. “la guerra dei sessi”: ci si può coordinare
per ridurre le perdite (→Maria e Mario
preferiscono passare le vacanze insieme pur
avendo preferenze diverse su dove
trascorrerle).
Battaglia dei sessi

                               Strategia di B (MARIA)

                                          Monti           Mare
          Strategia di A



                                      0               2
                              Mare
(MARIO)




                                                  0              4
                                      4               1
                              Monti               2
                                                                 1
Gioco del pollo, al alto rischio
                            Nikita
                            C (cede)       D (tiene duro)

                        3                  2
         C (cede)            Pace                       4
Jack




                                       3
                        4                  1
       D (tiene duro)                  2       Guerra
                                                        1
Gli accordi come equo scambio di valore
• Nella maggior parte dei casi l’accordo è squilibrato;
  ma è equo (fair) se contiene un elemento di
  guadagno reciproco considerato da entrambe le parti
  soddisfacente in quelle determinate circostanze.
• Questo à possibile perché le concessioni fatte
  hanno valore diverso per le parti in causa (si pensi
  alla “borsa o alla vita” per il rapinatore e il
  rapinato).
• Il metodo di contrattazione varia anche a seconda
  della personalità e della cultura dei negoziatori
• Abilità nell’uso delle leve (“la carota”, “il bastone”)
  e soprattutto nella capacità di capire l’altro.
*SOFT                     HARD                     EFFICACE
 I PARTECIPANTI SONO       I PARTECIPANTI SONO       TUTTI CERCANO SOLUZIONI
        AMICI                     NEMICI
    L’OBIETTIVO E’           L’OBIETTIVO E’ LA       L’OBIETTIVO è UN RISULTATO
      L’ACCORDO                  VITTORIA              VANTAGGIOSO PER TUTTI
 FARE CONCESSIONI PER     CHIEDERE CONCESSIONI        SEPARARE LE PERSONE DAI
    MANTENERE LA            PER MANTENERE LA                PROBLEMI
      RELAZIONE                 RELAZIONE
       SOFFICE                    DURO              SOFFICE CON LE PERSONE, DURO
                                                            SUI PROBLEMI
  FIDUCIA NEGLI ALTRI     SFIDUCIA NEGLI ALTRI         NON E’ UN PROBLEMA DI
                                                               FIDUCIA
PRONTO A MODIFICARE LE      TRINCERATO NELLE         FOCUS SUGLI INTERESSI, NON
      POSIZIONI                 POSIZIONI                 SULLE POSIZIONI
     FARE OFFERTE             FARE MINACCE            ESPLORARE GLI INTERESSI

 ACCETTARE PERDITE A      CHIEDERE GUADAGNI A           INVENTARE OPZIONI
FAVORE DELL’ACCORDO       FAVORE DELL’ACCORDO         VANTAGGIOSE PER TUTTI
   INSISTERE SULLA       INSISTERE SULLA PROPRIA    INSISTERE SULL’USO DI CRITERI
NECESSITA’ DI ACCORDO           POSIZIONE
EVITARE UN CONFRONTO     VINCERE UN CONFRONTO       RAGGIUNGERE UN RISULTATO
     DI VOLONTA’              DI VOLONTA’
CEDERE ALLE PRESSIONI    RESISTERE ALLE PRESSIONI     CEDERE AI PRINCIPI ED AL
                                                     RAGIONAMENTO, NON ALLE
                                                            PRESSIONI
Spazio di utilità individuale
Per gestire al meglio la negoziazione è necessario
comprendere “lo spazio di utilità individuale”, che
rappresenta la gamma dei possibili guadagni
ottenibili da ognuna delle parti.
Esso è delimitato da 2 parti estreme:
 – dal lato massimale, vi è la “richiesta di apertura”
 con la quale si entra in trattativa, che naturalmente è
 la più vantaggiosa possibile;
 – dal lato minimale vi è il “punto di indifferenza”,
 sotto il quale è conveniente rinunciare all’accordo.
 Per il compratore della slide successiva è 1100-1300.
La distanza positiva tra i 2 punti di indifferenza delle
parti è lo “spazio di trattativa”, corrispondente a
1200 e 1200 E.
Spazi di utilità individuale in una compravendita.
Compratore: 1100-1300. Venditore: 1400-1200
         - Spazio di trattativa: 1200-1300




                                           E 1400
  E 1100
              E 1200


                       E 1250
Uno degli errori da evitare nella negoziazione:
                  ignorare il BATNA
  (Best Alternative to a Negoziated Agreement), in
italiano MAAN (Migliore Alternativa ad un Accordo
                     Negoziale)

• Il BATNA consente di conoscere l’opzione
limite: si negozia per ottenere un risultato
migliore di quello che si avrebbe senza il
negoziato.
• Entrare in trattativa solo dopo aver individuato
la propria alternativa migliore nel caso l’accordo
non venisse raggiunto.
Why BATNAs Matter

BATNAs tell you when to accept
and when to reject an agreement


• When a proposal is better than your
  BATNA: ACCEPT IT



• When a proposal is worse than your
  BATNA: REJECT IT
Modulo 4


La negoziazione interculturale
        Il negoziatore cinese
    Il negoziatore giapponese
LA NEGOZIAZIONE E’ CONDIZIONATA
     DALLA DIVERSITA’ CULTURALE:
         Il buco nero culturale
Il buco nero culturale (Culturale Black Hole, CBH) è
una credenza profonda che in una determinata cultura
ne condiziona i valori, distorcendoli o enfatizzandoli, e
quindi codiziona il processo negoziale.
Alcuni “buchi” sono di origine religiosa, altri sono di
natura politica, a volta risalgono alle origini della storia
dell’uomo. Tali sono il “sogno” americano, la credenza
nella superiorità culturale dei francesi.
 Il buco nero culturale dei confuciani è
l’ossessione della “faccia”.
China - Japan
Negoziazione
                   interculturale
 Lo stile negoziale varia a seconda della
cultura nazionale. Diffusi sono gli stereotipi.
 Ad esempio:
 – Spagnolo: Preferenza per l’approccio
   conflittuale.
 – Americano: Impazienza, desiderio di farsi
   apprezzare.
 – Cinese: tirar per le lunghe negoziati, nella
   convinzione che non finiscano mai.
 – Giapponese: Negotiare per viluppare un
   rapporto e un impegno.
Le culture confuciane sono
       contestuali al massimo grado.
- Il manager alle tradizionali “3 C”
(Customers, Competitors, own Company) deve
aggiungere “Contest”.
- Spesso il linguaggio è allusivo.
L’intellocutore ha difficoltà a dire di “no”…
- In particolare, quella giapponese è la
cultura del “non detto”, dell’inespresso...
CORNICI DI COMUNICAZIONE

ALTO CONTESTO                      BASSO
CONTESTO

Salvare la faccia di entrambi      la propria faccia
Orientato allo status              alla persona
           alla modestia
all’autopromozione
           all’ascoltatore         all’emittente
Comprensione basata sul contesto    basata sul testo
Valori comunitaristici             individualistici
Valori particolaristici            universalistici►

                                     (Mazzei, 2007)
Valori assolutisti o Particolaristici?

                Che diritto ha il tuo amico?
A. Il mio amico ha un preciso diritto che io
   testimoni in suo favore.
B.   Egli ha un qualche diritto che io….
C. Egli non ha nessun diritto che io…




     F. Mazzei, 2011
ASSOLUTISTIC VALUES
Friend has no/some right and would not help
      Switzerland
                                                                                    %97
          Canada                                                                   93
              USA                                                                  93
          Sweden                                                                  92
  United Kingdom                                                                 91
         Australia                                                               91
      Netherlands                                                               90
         Germany                                                              87
       Czech Rep                                                         83
           France                                              73
       Singapore                                          69
            Japan                                        68
             India                             54
            China                         47
           Russia                       44
            Korea                  37
       Venezuela              32
                     0   20        40               60              80                  100
CLASIFICAZIONE DELLE CULTURE
     Secondo Richard Lewis
Es. Italia,
Es.                         Francia
Germania,
Svezia




            Es. Giappone,
            Cina
Tipi culturali
STILE NEGOZIALE CONFUCIANO
 Non è individualistico, è impersonale e non-
emozionale (l’emozione è a fiori di pelle, ma
controllata).
 E’ pragmatico (“case by case”).
 Più che l’argomentazione logica, importante è
il feeling (la relazione umana) che si riesce a
creare:
             NO TRUST NO DEAL!
            Due parole chiave
          Mianzi (faccia)
       e Guanxi (conoscenze)
Inoltre, l’approccio cinese è olistico
               (Zhengti Guannian)
I cinesi pensano in termini del “tutto” mentre
gli occidentali pensano in sequenza ed in
modo individualistico, suddividendo le
tematiche di una trattativa complessa in una
serie di piccoli problemi: prezzo, quantità,
garanzia, consegna, e così via.
Al contrario, i negoziatori cinesi tendono a
parlare di questi temi tutti in una volta,
saltando continuamente da una problematica
all'altra e, dal punto di vista occidentale,
apparentemente senza risolvere nulla.
Profilo del negoziatore cinese
•   Riservato, controlla le emozioni.
•   Noto per l’ospitalità e le buone maniere
•   Valori e principi al di sopra del denaro
•   Considera molto importante la relazione basata
    sulla fiducia
•   S’aspetta dalla controparte buona competenza
    tecnica
•   Preferisce usare un intermediario ed evita gli
    avvocati
•   Ampio spazio al compromesso
•   La negoziazione vista in una prospettiva di lungo
    periodo.
                     © 2011 Pearson Education, Inc.
                    publishing as Prentice Hall© 2011      87
                   Pearson Education, Inc. publishing as
                                    Prentice Hall
Profilo del negoziatore giapponese
• Molto importante è la “business etiquette”
• S’inizia con il rito dello scambio della business card
  (meishi)
• Comunicazione di norma tendente all’ “inibito” e
  alla sobrietà (understatement, per es. nel dono)
• Frequente ricorso a pause e silenzi e a mezzi verbali
  e non verbali per evitare che qualcuno perda la
  faccia o che il gruppo perda l’armonia.
• Come il cinese, considera il contratto uno strumento
  flessibile ed è sospettoso di una controparte di cui
  un membro sia un avvocato.
                     © 2011 Pearson Education, Inc.     88
                    publishing as Prentice Hall© 2011
TEST: Dall’apparenza alla realtà
* Sono distaccati e di poche parole…
  La timidezza e la scarsa padronanza delle lingue
  rende difficile conversare. La pausa e il silenzio
  indicano rispetto per l’interlocutore…
* Dicono “si” anche se non sono d’accordo. Non
  dicono mai quello che realmente pensano. Sono
  ambigui…
  Non vogliono offendere con un netto rifiuto e sono
  attenti alla “faccia”. La cultura è “contestuale”...
* Spesso s’addormentano durante le riunioni…
   Non spesso. Quando chiudono gli occhi, in realtà
  sono concentrati su quello che si sta dicendo.
* Negoziatori duri, che rifiutano di cambiar
  posizione…
   Sono buoni negoziatori: uniascono
• Non ti guardano mai negli occhi…
   Specie ai Giapponesi è insegnato che è
  maleducazione fissare uno negli occhi.
• A volte non paiono interessati al profitto
  immediato…
  Gli azionisti, specie giapponesi, non premono per i
  dividendi: guardano a lungo termine e sono più
  interessati ad aumentare le quote di mercato.
• Cercano di corrompere gli stranieri con doni…
  Il dono è una grande tradizione asiatica, applicata
  anche agli Stranieri, che dovrebbero ricambiare.
• Non sempre rispettano i contratti e spesso
  chiedono di ri-negoziare…
  Essi rispettano lo spirito con cui i contratti sono stati
  fatti. Considerano normale ri-negoziare se il
  mercato o altre condizioni sono cambiate.
*Comparative Management in Focus:
       Negotiating with the Chinese
 The Chinese think in terms of process that has
no culmination. Americans think in terms of
concrete solutions to specific problems. . . .
 The Chinese approach is impersonal, patient
and aloof . . .
 To Americans, Chinese leaders seem polite but
aloof and condescending. To the Chinese,
Americans appear erratic and somewhat
frivolous.
                —Henry Kissinger,
               Newsweek, May, 2001
Ricordare che… (1)

- Importanza del formalismo: la forma è sostanza.
Quindi, rispettare scrupolosamente le gerarchie.
Tenere con il dovuto rispetto il biglietto da visita
ricevuto; non avere fretta; essere puntuali; non
essere invadenti o tattili…

 - Ricordarsi sempre che l’Occidentale è un
individuo, e che un cinese o un giapponese è
membro di un gruppo! E’ il membro più anziano
che detta la tattica… A lui si deve il massimo
rispetto.
                                                       92
In particolare, con i giapponesi ricordare che…
- Tendenza  all’understatement (ad esempio nello
scambio di doni…). Non precipitarsi a stringere la
mano.
- Non parlare d’affari per i primi 15 minuti.
- I giapponesi sono molto cauti, abili nello stallo e non
amano essere pressati. Chiedono più volte la stessa
informazione per evitare incomprensioni.
- Al commiato, di norma apologize for your rudeness…
- Ripetiamolo, nel negoziare con i confuciani,
fondamentale è non perdere e non far perdere “la
faccia”.
- Il tuo obiettivo è convincere il Cinese o il
Giapponese con il tuo comportamento che sei
Per ricapitolare…
    NEGOZIAZIONE INTERCULTURALE
  L’ORIENTALE                          L’OCCIDENTE
Approccio indiretto, olistico         Diretto, sequenziale.
Win-win                              Win-lose
Conflitto da evitare                 Conflitto da affrontare
Rispetto dei rapporti umani          Rispetto del diritto

Trattativa centrata sul “contesto”   Concentrata sul “testo” e
e sul processo                       sugli esiti
Decisione basata sul consenso e      Decisione e responsabilità
responsabilità di gruppo             Individuali.

L‘esito un accordo fiduciario         L’esito un contratto
                                      legale
                                                      94

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  • 1. Seminari INTFormatevi 2012 Seconda sessione 26 giugno 2012 Prof. Franco Mazzei Effetti delle variabili culturali sulla negoziazione interculturale: Focus su Cina e Giappone
  • 2. Syllabus 1. - La comunicazione interculturale: barriere e stili 2. - Leaderhip e processo decisionale 3. – La negoziazione: strategie, approcci e tattiche negoziali 4. - Il profilo del negoziatore cinese 5. – Il profilo del negoziatore giapponese
  • 3. Modulo 1 La comunicazione interculturale Barriere e stili comunicativi. Gli stili interculturali di conflitto
  • 4. Importanza della comunicazione Per condurre una buona negoziazione è necessario saper comunicare, cioè saper - trasferire significati alla controparte - interpretare correttamente i messaggi che si ricevono. In questo modulo, esamineremo: - i tre livelli di comunicazione, - le barriere di comunicazione,
  • 5. Cultura e comunicazione Luoghi e popoli sono diversi tra loro. I giapponesi tendono ad essere molto gentili, gli australiani caratterialmente sono blunt (franchi, schietti…). Per molti europei “rosso” indica “pericolo” o “stop”; ma in Turchia significa “morte” e in Cina “buona fortuna”. In Giappone Francia entrare in impiego di altissimo livello… mentre in Arabia Saudita è molto più importante lo status della propria famiglia. Ora noi vedremo come le diversità culturali sulla comunicazione e la negoziazione con particolare riferimento alla Cina e al Giappone.
  • 6. Elementi della comunicazione • La comunicazione implica un emittente, che invia un messaggio in un determinato codice, e un ricevente, che lo decodifica. • L’atto comunicativo è concluso con il feed-back (messaggio di ritorno), che può essere di approvazione, di disapprovazione, di disinteresse. ►Durante questo processo, si ha una progressiva perdita di carico del “contenuto del messaggio” (da come era nelle intenzioni dell’emittente a come effettivamente viene percepito dall ricevente). ►N.B. In genere, il “come” prevale su “che cosa” si comunica (tono della voce, gestualità, contesto…).
  • 7. Le due barriere della comunicazione Prima barriera “CODICE DI COMUNICAZIONE” (il linguaggio usato): - Linguaggio Verbale e Non-Verbale Seconda barriera “CULTURA” (assunti, valori, norme, comportamenti) Naturalmente, il processo diventa più complesso in situazioni di interculturalità.
  • 8. Comparazione tra Occidente e Asia in 4 aree manageriali PROCESSO DECISONALE
  • 9. I TRE LIVELLI DI COMUNICAZIONE I tre modelli di • Livello verbale (ciò che si dice) comunicazione Non più del 15% di influenza rispetto al messaggio globale • Livello paraverbale Tono e altezza della voce, ritmo, esitazioni, pause Fino al 35% di influenza rispetto al messaggio globale • Livello extraverbale o non verbale Espressione corporea (mimica facciale, gestualità, postura, sguardo), distanza, comportamento spaziale In breve... – Tra il 75 e l’80% delle informazioni che raggiungono la nostra corteccia cerebrale passa attraverso gli occhi (Birkenbihl 1991) – Solo 15% circa giunge dall’orecchio.
  • 10. Comunicazione Non Verbale Comprende: • Paralinguistica (intonazione della voce, volume, ritmo, pause, intercalari…) • Cinesica (linguaggio facciale, dei gesti) • Prossemica (uso dello spazio) • Cronemica (uso del tempo) • Cromatica (uso dei colori nell’inviare messaggi)
  • 11. Verbale e non verbale in natura 11% 83 % E i non-vedenti?
  • 12.
  • 13. Mixed Signals "Okay" "It's a secret" "Crazy" "Vulgar gesture" "Very nosey" "Very clever"
  • 14. Chi è il signore con le mani in tasca?
  • 16. Messaggi pubblicitari sbagliati In genere, le società di detersivi nei loro messaggi promozionali mettono abiti sporchi a sinistra, il sapone reclamizzato al centro e l’abito pulito a destra. Il messaggio risulta sbagliato nei paesi in cui si legge da destra a sinistra… Celebre è il caso della Ford che introdusse un autocarro utilitario, la “FIERA”, in alcuni paesi di lingua spagnola in cui “Fiera” significa “ugly old woman”.
  • 17. Forme più comuni di CNV 1. - Gesti delle mani sia intenzionali che autistici. 2. - Espressioni facciali. 3. - Posizione e atteggiamento del corpo. 4. - Vestito e pettinatura. 5. - Distanza interpersonale (prossemica). 6. - Contatto oculare e sguardo. 7. - Simboli non-verbali (gioielli, cosmetici...) 8. - Paralinguaggio. 9. - Tempi e pause nel linguaggio vervale. (Adattato da Hodgetts et Al., 2006)
  • 18. Componenti non Tre importanti componenti non verbali verbali Inibito Assertivo Aggressivo Contatto Evasivo Frequente, Fisso oculare non fisso (dominatore) Volume e Basso o Espressivo Stridente, tono di cantilenante sarcastico voce Gestualità Copre la bocca Denota “Parentale”, con la mano, sicurezza punta il dito tensione degli arti
  • 19. Stili di comunicazione Stile diretto: le intenzioni di chi parla sono chiare, immediate e pronunciate con decisione. Stile indiretto: le locuzioni usate tendono a occultare le reali intenzioni e sono espresse in modo sfumato. → Hai (sì) giapponese significa solo che si sta ascoltando… *** Stile lineare: privilegia le connessioni logiche degli argomenti, esposti in sequenza, anticipando la tesi di fondo. Stile circolare: si considera il precedente stile uno svilimento e una semplificazione esagerata, preferendo interpretazioni aperte.
  • 20. STILI INTERCULTURALI DI CONFLITTO Nella comunicazione interculturale in genere, gli “stili di conflitto” possono essere a alta emotività (Europa mediterranea; Paesi arabi…) o bassa emotività Nord-Europa, USA, Asia orientale…). E’ importante saperli riconoscere perché se interpretati in modo errato possono portare a inutile escalation ed eventualmente al fallimento della negoziazione.
  • 21. Mettendo in relazione uno stile di comunicazione (diretto o indiretto) con uno stile di conflitto (a bassa o alta emotività) otteniamo i quattro stili interculturali di conflitto: 1) Discussione 2) Coinvolgimento 3) Accomodamento 4) Dinamico
  • 22. • Discussione: stile diretto+bassa emotività Nord-America (USA, Canada, Europa), Europa ( (Paesi Bassi, G.B., Svezia, Norvegia, Danimarca, Germania), Asia-Pacifico (Australia, Nuova Zelanda). 2) Coinvolgimento: stile diretto+alta emotività Nord-America (afroamericani degli USA), Europa Meditewrrnaea (Francia, Grecia, Italia, Spagna), America Centrale e Latina (Cuba, Porto Rico), Asia (Russia, sic!)), Medio Oriente ((Israele).
  • 23. 3) Accomodamento: stile indiretto + bassa emotività Nord-America (Nativi americani), America Latina (Messico, Costarica, Perù, Argentina), Asia (Cina, Giappone, Thailandia, Indonesia, Malesia). 4) Dinamico: stile indiretto + alta emotività Paesi arabi e Medio Oriente (Kuwait, Egitto, Arabia Saudita, Libano) (Da: Ida Castiglione, La comunicazione interculturale: competenze e pratiche, Carocci, 2006, p. 72.)
  • 24. Modulo 2 Leadership e Processo decisionale
  • 25. Concezioni di leadership In termini generali, la leadership è il processo con cui chi in un gruppo ha la posizione più elevata influenza gli altri membri del gruppo in modo da dirigere i loro sforzi verso il raggiungimento di particolari obiettivi. La leadership può essere formale (“il sergente”) o informale (“il trascinatore”). Tre le principali concezioni teoriche: a) Teoria del manager X: un manager che ritiene che le persone siano fondamentalmente svogliate e che la coercizione e la minaccia di
  • 26. b) Teoria del manager Y: un manager che ritiene che, nelle giuste condizioni, le persone non solo lavorano bene ma cercheranno di accrescere il senso di responsabilità. c) Teoria del manager Z: i lavoratori cercano opportunità nel management e sono motivati dal teamwork e dalla condivisione della responsabilità. Questa terza teoria presuppone tra l’altro una concezione specifica del lavoro: non come “punizione”… ma come partecipa-
  • 27. Modelli di leadership Leadership autoritaria Comportamento centrato sul lavoro per assicurare la realizzazione del compito assegnato (task) Comunicazione “one-way”, dal manager ai subordinati. L’attenzione è focalizzata sul progredire e sulle procedure del lavoro. Questo modello è seguito soprattutto in caso di crisi, ed è ampiamente usato da manager X
  • 28. Leadership paternalistica Comportamento centrato sul lavoro e sulla protezione del dipendente. Lo slogan è: “Lavora duramente e l’azienda si occuperà di te”. Il manager paternalistico è spesso definito come “Z soft”, un padre severo ma anche premuroso. La comunicazione va dal manager al subordinato e viceversa, quindi con una con continua interazione e scambi di informazioni tra leaders e subordinati. Un noto esempio di questo tipo di leaders è il
  • 29. *Il caso Daewoo • Nel 2002, dopo aver deciso di licenziare migliaia di di pendenti in esubero, egli girò nei reparti chiedendo scusa ai singoli licenziati per aver dovuto prendere tale decisione ma promettendo che li avrebbe aiutati a trovate un altro lavoro. Chiesto del perché di questo suo atteggiamento. egli disse: “Sono il padre dei miei dipendenti. Devo ridare la speranza a ciascuno di essi.”
  • 30. Leadership partecipativa Incoraggia i dipendenti a svolgere un ruolo attivo nell’assumere il controllo del loro lavoro. L’autorità è di norma decentrata. Continuo scambio di informazioni tra leader e subordinati e tra gli stessi dipendenti. Questo modello, tipico del Giappone, è ora diffuso nei paesi anglo-sassoni ed è popolare in quegli scandinavi.
  • 31. Leadership in Cina In Cina si sta affermando una “Nuova Generazione” di leaders , esaminata dagli studiosi sulla base di tre specifici aspetti: 1) Individualismo: importanza attribuita all’autosufficienza e all’autorealizzazione. 2) Comunitarismo: volontà di subordinare gli obiettivi personali a quelli del gruppo. 3) Confucianesimo: importanza attribuita all’armonia sociale e interpersonale. Nell’insieme, si osserva una sorta di convergenza con modelli prevalenti in
  • 32. Effetti generali sul management cinese • Organizzazione gerarchica ma armonica, con prevalenza dei valori di gruppo. 2) Il familismo pervade ogni aspetto della vita... 3) Il tempo, circolare, è “abbondante”: quindi bando a fretta e ad impazienza, ma puntualità. 4) Accentuato conformismo di gruppo (cultura della vergogna, paura del ridicolo e dell’ostracismo sociale): in ogni circostanza, cruciale è salvare la propria e l’altrui “faccia” (MIANZI)!
  • 33. 5) Importanza delle GUANXI: “buone relazioni sociali” (conoscenze, contatti giusti) che facilitano il business. In un paese confuciano e dalla millennaria tradizione burocratica come la Cina, per avere successo “è più importante chi conosci rispetto a ciò che sai”. In altre parole, disporre di buone connessioni è come disporre di un prodotto e/o di un prezzo concorrenziale.
  • 34. Segnatamente in GIAPPONE: - Cleaveges verticali più che orizzontali (metafora dell’arancia invece della torta). - Relazione strutturale “padrino-figlioccio” basata su protezione e lealtà. Dipendenza quasi patologica dall’azienda (fino al karōshi, “morte per eccessivo lavoro”). - Indifferenziazione dei ruoli e rigidità dei ranghi. - Qyality first: il TQC (Total Quality Control) o TQM (Total Qality Management) ► - Toyotismo, alternativa al fordismo in crisi ►
  • 35. Il Total Quality Management (TQM) è una strategia organizzativa del business che ne massimizza la competitività attraverso il continuo miglioramento della qualità dei suoi prodotti, dei dipendenti, dei processi e ambienti accrescendo la soddisfazione del cliente. In Giappone ha le seguenti 7 caratteristiche: 1. - La strategia è “costumer driven”. I customers esterni definiscono la qualità del prodotto o del servizio. I costumers interni definiscono la qualità delle persone, dei processi e l’ambiente associati ai prodotti o ai servizi.
  • 36. 2. - E’ una strategia olistica concernente tutti i livelli della performance manageriale. La qualità è compito di tutti e non del solo Dipartimento del Controllo della Qualità. 3). - Importante è l’ empowerment che consiste nel dare ai dipendenti risorse, informazioni e autorità di cui hanno bisogno per sviluppare idee e realizzarle. 4. - La competitività è basata più sulla qualità che sul prezzo. 5. - Riconoscimento ai dipendenti meritevoli in termini di prestigio e funzioni all’interno del gruppo (in Giappone si evitano premi in moneta). 6. - Uso diffuso di strumenti statistici, costante verifica e innalzamenti degli standards.Enfasi sull’istruzione per tutti i dipendenti. Il training non è un costo giacché produce risparmio.
  • 37. Vecchi Miti e Nuove Credenze in relazione alla qualità * Responsabile della qualità è il Dip. La qualità è compito di tutti →approccio olistico * Il training è costoso. / Training produce risparmio. * E’ umano fare errori. / La perfezione – totale soddisfazione del cliente - è uno standard che va perseguito. * Vanno considerati solo i difetti maggiori. / Nessun difetto è accettabile. * Il miglioramento della qualità impiega tempo. / La qualità fa risparmiare tempo. * I programmi di qualità sono meglio orientati verso aree come la manifatturazione… / Sono importanti in tutte le aree, compresi i servizi e gli apparati amministrativi.. * I rifornitori devono essere competitivi sul prezzo. / Devono essere competitivi sulla qualità. (Hodgett, 2007, p. 325)
  • 38. *Fordismo in breve... Presupposto: domanda illimitata (keynesismo) Obiettivo: produzione di massa standardizzata (grazie ad economie di scala, più si produce e più si abbassano i costi di produzione). Circolo virtuoso: aumento dei profitti → aumento dei salari →allargamento del mercato →aumento dei profitti… LA FABBRICA FORDISTA E’ AL CUORE DELLA SOCIETA’, E’ DUALISTICA E RIGIDA Formazione del prezzo: costi (var. ind.)+ profitto (var. fip,)
  • 39. Crisi del fordismo Agli inizi degli anni ‘70, rivelatosi il mercato esigente e sparagnino, prevale l’economia dell’offerta: crisi del fordismo-keynesimo ►tacherismo, reaganomics… ↓ smantellamento dello Stato assistenziale e fine del compromesso social-democratico. Per superare la crisi del fordismo-taylorismo, negli Stati Uniti prima e in Europa dopo si guarda al sistema di produzione della grande casa automobilistica giapponese Toyota (TOYOTISMO), che studiosi dell’MIT prendono a modello per elaborare la cd. Lean Production.
  • 40. TOYOTISMO Sistema di produzione per ottenere prodotti di ottima qualità, diversificati, a bassi costi e in tempi brevi attraverso l’eliminazione degli sprechi. Presupposto: domanda limitata. Problema: come aumentare la produttività quando non aumentano le quantità? → Una fabbrica minima (“frugale”), flessibile (adattabile), trasparente… Il Toyotismo, sviluppatosi sulla base della tensione propriamente nipponica per il kaizen (“miglioramento continuo”) e del Just-In-time (JIT), è un sistema pull production, cioè produzione “tirata” a valle dalla domanda (non “spinta” dall’alto, push production).
  • 41. Con il Toyotismo l’egemonia passa dalla fabbrica al mercato (al “cliente”), che determina struttura e tempi della produzione. La fabbrica deve saper “vibrare all’unisono “ con la volubilità del mercato… Formazione del profitto: prezzo (var. ind.) – costi (var. dip.)
  • 42. Gli effetti delle diversità culturali sono molto evidenti nel processo decisionale I cinque stadi de processo decisionale secondo il modello razionale sono: 1. Definizione del problema 2. Raccolta e analisi dei dati rilevanti 3. Valutazione delle varie soluzioni alternative 4. Identificazione della soluzione migliore 5. Implementare la decisione
  • 43. *Variabili culturali che condizionano il processo decisionale • Approccio obiettivo (decisioni basate sulla razionalità) o appproccio soggettivo (decisioni basate sulle emozioni). • Locus del processo: individualismo/comunitarismo • Tolleranza del rischio (ci soffermeremo tra poco) • Atteggiamento : utilitaristico/moralistico • Locus del controllo: interno (i managers controllano gli eventi)) o esterno (i managers hanno scarso controllo sugli eventi). • Orientamento verso il passato/il futuro. Leadeships autocratica o partecipativa?
  • 44. Cultural Variables Affecting Decision Making
  • 45. In Occidente il processo decisionale 1) Ha un approccio oggettivo (basato sul modello razionale e non sulle emozioni) e individualistico. E’ di norma centralizzato e top-down. 2) Il manager ha un buona tolleranza del rischio 3) L’approccio è utilitaristico ed è basato sulla distinzione dei ruoli all’interno della organizzazione e sulla responsabilità individuale. 4) Il locus del controllo è interno: il manager ritiene di poter controllare gli eventi e quindi di decidere autonomamente. 5) L’orientamento è teso al futuro. Leadership autocratica, decisionistica
  • 46. PROCESSO DECISIONALE GIAPPONESE: RINGISEI Il ringi-sei, poggia sul comunitarimo e sulla “diffusione della responabilità”. E’ un sistema from the bottom up e non top-down tipico delle società individualistiche dell’Occidente. La decisione, preceduto da intense consultazioni informali (nemawahi), è basato sul consenso di gruppo. Leadership partecipativa. The ringi system è un processo lento, e diventa problematico quando le decisioni sono time-sensitive. Tuttavia, una volta presa la decisione, tutto il gruppo è pienamente impegnato nel successo dell’iniziativa.
  • 47. Bassa tolleranza del rischio. I Giapponesi prendono decisiosi rischiose soloe se hanno sufficienti informzioni e se la decisione favorisce fortemente il gruppo. Il Giappone è ossessionato dall’incertezza, da situazioni non strutturate (imprevedibili, inusuali), donde massima attenzione alla prevenzione. Al contrario, la Cina controlla molto bene l’incertezza L’INDICE DI INTOLLERANZA DEL RISCHIO per il Giappone è altissimo, 92; alto in Italia (75), medio nei paesi arabi (68), basso in Usa (46): media mondiale 64. E’ bassissimo in Cina (30).
  • 48. Uncertainty Avoidance Index (UAI) Inice d’intolleranza del rischio
  • 49.
  • 50. . Come sappiamo, i Giapponesi praticano la Leadership Partecipativa. Una proposta per essere approvata passa attraverso I differenti livelli dell’organizzazione. Una volta che la proposta ha molti sigilli di approvazione da parte di membri dei vari livelli del management – in altre parole, avendo ricevuto un ampio consenso del gruppo - essa riceverà quasi automaticamente il sigillo del presidente. Ringisei
  • 52. Management interculturale in azione I giapponesi lo fanno diversamente Come s’è visto, numerose sono le specificità delle aziende nipponiche, alcune delle quali adottate da aziende occidentali. Ad es., porre particolare attenzione alla formazione continua dei dipendenti e allo sviluppo tecnologico, tendenza verso una leadership partecipativa... Particolare attenzione merita il modo i cui si sviluppano e si mettono sul mercato prodotti a prezzi competitivi. …
  • 53. TARGET COST A differenza delle imprese occidentali, molte società giapponesi usano un approccio detto “target cost”. In Occidente, dopo le normali ricerche di mercato e l’esame delle caratteristiche del prodotto che si intenderebbe produrre, si procede : - con i dati tecnici del modello, - l’engineering. - la determinazione dei prezzi dei fornitori; quindi - si stabilisce se il costo sia sufficientemente competitivo per procedere alla manifatturazione.
  • 54. • In secondo luogo, si procede con design, engineering, e scelta di fornitori in modo che il prodotto possa essere manifatturato a quel prezzo. Si osservi che la maggior parte delle aziende apporterà riduzioni periodiche dei costi, grazie al kaizen che produrrà un abbassamento dei costi. • Si veda per esempio la determinazione del prezzo alla Toyota e a una impresa fordista… • Si aggiunga che i giapponesi guardano al profitto non in termini di singolo prodotto ma di “product lines”… (può attrarre clienti in quella linea, migliorare la reputazione dell’azienda, ecc.).
  • 55. Modulo 3 La negoziazione: strategie, approcci e stili
  • 56. La negoziazione: risorse e interessi La negoziazione è un processo con cui due o più parti, allo scopo di ottenere rispettivamente i massimi vantaggi, decidono di integrare le scarse risorse a loro disposizione per realizzare determinati obiettivi interdipendenti. Due, quindi, sono i principali ingredienti della negoziazione: (1) Scarsità delle risorse disponibili. (2) Divergenza di interessi in merito alla loro distribuzione. Nel perseguire i propri obiettivi, il negoziatore può utilizzare hard power (coercizione) o soft power (persuasione), la carota o il bastone, o entrambi.
  • 57. Due strategie fondamentali COMPETITIVA (distributiva): le parti competono per la distribuzione di un valore prefissato: si persegue lo sfruttamento (claim values: ottenere vantaggi a spese di altri) ►vantaggi relativi). E’ una strategia a somma zero: non ci sono spazi per allargare l’ambito negoziale. (Es.: compravendita di un immobile)
  • 58. COLLABORATIVA (integrativa): le parti cooperano perché tutti ottengano il massimo risultato possibile, allargando l’ambito negoziale: si perseguono vantaggi reciproci (create values: fare più grande la torta ►vantaggi assoluti). E’ una strategia a somma positiva. N .B. La maggior parte delle negoziazioni contiene elementi competitivi e cooperativi; la tensione che ne deriva è detta “dilemma del negoziatore”.
  • 59. Tre atteggiamenti negoziali Win-win (cooperativo) Win-lose (duro) Tit-for-tat (a cooperazione condizionata)
  • 61. CARATTERISTICA NEGOZIAZIONE NEGOZIAZIONE COMPETITIVA COLLABORATIVA Risultato Win-lose Win-win Motivazione Beneficio Beneficio comune individuale e individuali (guadagno (guadagni Interessi relativo) Contrapposti assoluti) ma non Diversi, sempre contrapposti Relazione Di breve termine Di lungo o di medio termine Issues coinvolte Una sola Molteplici Disponibilità ai Non flessibile Flessibile trade-off Soluzione Non creativa Creativa
  • 62. Le difficoltà della cooperazione E’ difficile cooperare anche a causa del parassitismo (free riding) e dalla sfiducia (self- help). Il free-rider si basa sulla nozione di “beni collettivi”. La sfiducia determina il “dilemma del prigioniero”, basato sulla reciproca sfiducina. … … Come vedremo tra breve, gli abili negoziatori spesso superano i problemi derivanti dal “dilemma del prigioniero”, perché reiterandolo la strategia vincente risulta essere una variazione del TIT-FOR-TAT (Axelrod), strategia messa in moto con un’iniziativa unilaterale (“giochi di collaborazione”).
  • 63. Dilemma del prigioniero Strategia di B Strategia di A C D 3 1 C 3 4 4 2 D 1 2
  • 64. In una situazione di conflitto, utili sono i “giochi di coordinamento” se vi è un qualche interesse in comune Cfr. “la guerra dei sessi”: ci si può coordinare per ridurre le perdite (→Maria e Mario preferiscono passare le vacanze insieme pur avendo preferenze diverse su dove trascorrerle).
  • 65. Battaglia dei sessi Strategia di B (MARIA) Monti Mare Strategia di A 0 2 Mare (MARIO) 0 4 4 1 Monti 2 1
  • 66. Gioco del pollo, al alto rischio Nikita C (cede) D (tiene duro) 3 2 C (cede) Pace 4 Jack 3 4 1 D (tiene duro) 2 Guerra 1
  • 67. Gli accordi come equo scambio di valore • Nella maggior parte dei casi l’accordo è squilibrato; ma è equo (fair) se contiene un elemento di guadagno reciproco considerato da entrambe le parti soddisfacente in quelle determinate circostanze. • Questo à possibile perché le concessioni fatte hanno valore diverso per le parti in causa (si pensi alla “borsa o alla vita” per il rapinatore e il rapinato). • Il metodo di contrattazione varia anche a seconda della personalità e della cultura dei negoziatori • Abilità nell’uso delle leve (“la carota”, “il bastone”) e soprattutto nella capacità di capire l’altro.
  • 68. *SOFT HARD EFFICACE I PARTECIPANTI SONO I PARTECIPANTI SONO TUTTI CERCANO SOLUZIONI AMICI NEMICI L’OBIETTIVO E’ L’OBIETTIVO E’ LA L’OBIETTIVO è UN RISULTATO L’ACCORDO VITTORIA VANTAGGIOSO PER TUTTI FARE CONCESSIONI PER CHIEDERE CONCESSIONI SEPARARE LE PERSONE DAI MANTENERE LA PER MANTENERE LA PROBLEMI RELAZIONE RELAZIONE SOFFICE DURO SOFFICE CON LE PERSONE, DURO SUI PROBLEMI FIDUCIA NEGLI ALTRI SFIDUCIA NEGLI ALTRI NON E’ UN PROBLEMA DI FIDUCIA PRONTO A MODIFICARE LE TRINCERATO NELLE FOCUS SUGLI INTERESSI, NON POSIZIONI POSIZIONI SULLE POSIZIONI FARE OFFERTE FARE MINACCE ESPLORARE GLI INTERESSI ACCETTARE PERDITE A CHIEDERE GUADAGNI A INVENTARE OPZIONI FAVORE DELL’ACCORDO FAVORE DELL’ACCORDO VANTAGGIOSE PER TUTTI INSISTERE SULLA INSISTERE SULLA PROPRIA INSISTERE SULL’USO DI CRITERI NECESSITA’ DI ACCORDO POSIZIONE EVITARE UN CONFRONTO VINCERE UN CONFRONTO RAGGIUNGERE UN RISULTATO DI VOLONTA’ DI VOLONTA’ CEDERE ALLE PRESSIONI RESISTERE ALLE PRESSIONI CEDERE AI PRINCIPI ED AL RAGIONAMENTO, NON ALLE PRESSIONI
  • 69. Spazio di utilità individuale Per gestire al meglio la negoziazione è necessario comprendere “lo spazio di utilità individuale”, che rappresenta la gamma dei possibili guadagni ottenibili da ognuna delle parti. Esso è delimitato da 2 parti estreme: – dal lato massimale, vi è la “richiesta di apertura” con la quale si entra in trattativa, che naturalmente è la più vantaggiosa possibile; – dal lato minimale vi è il “punto di indifferenza”, sotto il quale è conveniente rinunciare all’accordo. Per il compratore della slide successiva è 1100-1300. La distanza positiva tra i 2 punti di indifferenza delle parti è lo “spazio di trattativa”, corrispondente a 1200 e 1200 E.
  • 70. Spazi di utilità individuale in una compravendita. Compratore: 1100-1300. Venditore: 1400-1200 - Spazio di trattativa: 1200-1300 E 1400 E 1100 E 1200 E 1250
  • 71. Uno degli errori da evitare nella negoziazione: ignorare il BATNA (Best Alternative to a Negoziated Agreement), in italiano MAAN (Migliore Alternativa ad un Accordo Negoziale) • Il BATNA consente di conoscere l’opzione limite: si negozia per ottenere un risultato migliore di quello che si avrebbe senza il negoziato. • Entrare in trattativa solo dopo aver individuato la propria alternativa migliore nel caso l’accordo non venisse raggiunto.
  • 72. Why BATNAs Matter BATNAs tell you when to accept and when to reject an agreement • When a proposal is better than your BATNA: ACCEPT IT • When a proposal is worse than your BATNA: REJECT IT
  • 73. Modulo 4 La negoziazione interculturale Il negoziatore cinese Il negoziatore giapponese
  • 74. LA NEGOZIAZIONE E’ CONDIZIONATA DALLA DIVERSITA’ CULTURALE: Il buco nero culturale Il buco nero culturale (Culturale Black Hole, CBH) è una credenza profonda che in una determinata cultura ne condiziona i valori, distorcendoli o enfatizzandoli, e quindi codiziona il processo negoziale. Alcuni “buchi” sono di origine religiosa, altri sono di natura politica, a volta risalgono alle origini della storia dell’uomo. Tali sono il “sogno” americano, la credenza nella superiorità culturale dei francesi. Il buco nero culturale dei confuciani è l’ossessione della “faccia”.
  • 76. Negoziazione interculturale Lo stile negoziale varia a seconda della cultura nazionale. Diffusi sono gli stereotipi. Ad esempio: – Spagnolo: Preferenza per l’approccio conflittuale. – Americano: Impazienza, desiderio di farsi apprezzare. – Cinese: tirar per le lunghe negoziati, nella convinzione che non finiscano mai. – Giapponese: Negotiare per viluppare un rapporto e un impegno.
  • 77. Le culture confuciane sono contestuali al massimo grado. - Il manager alle tradizionali “3 C” (Customers, Competitors, own Company) deve aggiungere “Contest”. - Spesso il linguaggio è allusivo. L’intellocutore ha difficoltà a dire di “no”… - In particolare, quella giapponese è la cultura del “non detto”, dell’inespresso...
  • 78.
  • 79. CORNICI DI COMUNICAZIONE ALTO CONTESTO BASSO CONTESTO Salvare la faccia di entrambi la propria faccia Orientato allo status alla persona alla modestia all’autopromozione all’ascoltatore all’emittente Comprensione basata sul contesto basata sul testo Valori comunitaristici individualistici Valori particolaristici universalistici► (Mazzei, 2007)
  • 80. Valori assolutisti o Particolaristici? Che diritto ha il tuo amico? A. Il mio amico ha un preciso diritto che io testimoni in suo favore. B. Egli ha un qualche diritto che io…. C. Egli non ha nessun diritto che io… F. Mazzei, 2011
  • 81. ASSOLUTISTIC VALUES Friend has no/some right and would not help Switzerland %97 Canada 93 USA 93 Sweden 92 United Kingdom 91 Australia 91 Netherlands 90 Germany 87 Czech Rep 83 France 73 Singapore 69 Japan 68 India 54 China 47 Russia 44 Korea 37 Venezuela 32 0 20 40 60 80 100
  • 82. CLASIFICAZIONE DELLE CULTURE Secondo Richard Lewis
  • 83. Es. Italia, Es. Francia Germania, Svezia Es. Giappone, Cina
  • 85. STILE NEGOZIALE CONFUCIANO Non è individualistico, è impersonale e non- emozionale (l’emozione è a fiori di pelle, ma controllata). E’ pragmatico (“case by case”). Più che l’argomentazione logica, importante è il feeling (la relazione umana) che si riesce a creare: NO TRUST NO DEAL! Due parole chiave Mianzi (faccia) e Guanxi (conoscenze)
  • 86. Inoltre, l’approccio cinese è olistico (Zhengti Guannian) I cinesi pensano in termini del “tutto” mentre gli occidentali pensano in sequenza ed in modo individualistico, suddividendo le tematiche di una trattativa complessa in una serie di piccoli problemi: prezzo, quantità, garanzia, consegna, e così via. Al contrario, i negoziatori cinesi tendono a parlare di questi temi tutti in una volta, saltando continuamente da una problematica all'altra e, dal punto di vista occidentale, apparentemente senza risolvere nulla.
  • 87. Profilo del negoziatore cinese • Riservato, controlla le emozioni. • Noto per l’ospitalità e le buone maniere • Valori e principi al di sopra del denaro • Considera molto importante la relazione basata sulla fiducia • S’aspetta dalla controparte buona competenza tecnica • Preferisce usare un intermediario ed evita gli avvocati • Ampio spazio al compromesso • La negoziazione vista in una prospettiva di lungo periodo. © 2011 Pearson Education, Inc. publishing as Prentice Hall© 2011 87 Pearson Education, Inc. publishing as Prentice Hall
  • 88. Profilo del negoziatore giapponese • Molto importante è la “business etiquette” • S’inizia con il rito dello scambio della business card (meishi) • Comunicazione di norma tendente all’ “inibito” e alla sobrietà (understatement, per es. nel dono) • Frequente ricorso a pause e silenzi e a mezzi verbali e non verbali per evitare che qualcuno perda la faccia o che il gruppo perda l’armonia. • Come il cinese, considera il contratto uno strumento flessibile ed è sospettoso di una controparte di cui un membro sia un avvocato. © 2011 Pearson Education, Inc. 88 publishing as Prentice Hall© 2011
  • 89. TEST: Dall’apparenza alla realtà * Sono distaccati e di poche parole… La timidezza e la scarsa padronanza delle lingue rende difficile conversare. La pausa e il silenzio indicano rispetto per l’interlocutore… * Dicono “si” anche se non sono d’accordo. Non dicono mai quello che realmente pensano. Sono ambigui… Non vogliono offendere con un netto rifiuto e sono attenti alla “faccia”. La cultura è “contestuale”... * Spesso s’addormentano durante le riunioni… Non spesso. Quando chiudono gli occhi, in realtà sono concentrati su quello che si sta dicendo. * Negoziatori duri, che rifiutano di cambiar posizione… Sono buoni negoziatori: uniascono
  • 90. • Non ti guardano mai negli occhi… Specie ai Giapponesi è insegnato che è maleducazione fissare uno negli occhi. • A volte non paiono interessati al profitto immediato… Gli azionisti, specie giapponesi, non premono per i dividendi: guardano a lungo termine e sono più interessati ad aumentare le quote di mercato. • Cercano di corrompere gli stranieri con doni… Il dono è una grande tradizione asiatica, applicata anche agli Stranieri, che dovrebbero ricambiare. • Non sempre rispettano i contratti e spesso chiedono di ri-negoziare… Essi rispettano lo spirito con cui i contratti sono stati fatti. Considerano normale ri-negoziare se il mercato o altre condizioni sono cambiate.
  • 91. *Comparative Management in Focus: Negotiating with the Chinese The Chinese think in terms of process that has no culmination. Americans think in terms of concrete solutions to specific problems. . . . The Chinese approach is impersonal, patient and aloof . . . To Americans, Chinese leaders seem polite but aloof and condescending. To the Chinese, Americans appear erratic and somewhat frivolous. —Henry Kissinger, Newsweek, May, 2001
  • 92. Ricordare che… (1) - Importanza del formalismo: la forma è sostanza. Quindi, rispettare scrupolosamente le gerarchie. Tenere con il dovuto rispetto il biglietto da visita ricevuto; non avere fretta; essere puntuali; non essere invadenti o tattili… - Ricordarsi sempre che l’Occidentale è un individuo, e che un cinese o un giapponese è membro di un gruppo! E’ il membro più anziano che detta la tattica… A lui si deve il massimo rispetto. 92
  • 93. In particolare, con i giapponesi ricordare che… - Tendenza all’understatement (ad esempio nello scambio di doni…). Non precipitarsi a stringere la mano. - Non parlare d’affari per i primi 15 minuti. - I giapponesi sono molto cauti, abili nello stallo e non amano essere pressati. Chiedono più volte la stessa informazione per evitare incomprensioni. - Al commiato, di norma apologize for your rudeness… - Ripetiamolo, nel negoziare con i confuciani, fondamentale è non perdere e non far perdere “la faccia”. - Il tuo obiettivo è convincere il Cinese o il Giapponese con il tuo comportamento che sei
  • 94. Per ricapitolare… NEGOZIAZIONE INTERCULTURALE L’ORIENTALE L’OCCIDENTE Approccio indiretto, olistico Diretto, sequenziale. Win-win Win-lose Conflitto da evitare Conflitto da affrontare Rispetto dei rapporti umani Rispetto del diritto Trattativa centrata sul “contesto” Concentrata sul “testo” e e sul processo sugli esiti Decisione basata sul consenso e Decisione e responsabilità responsabilità di gruppo Individuali. L‘esito un accordo fiduciario L’esito un contratto legale 94

Notas do Editor

  1. In genere, le società di detersivi nei loro messaggi promozionali mettono abiti sporchi a sinistra, il sapone reclamizzato al centro e l’abito pulito a destra. Il messaggio risulta sbagliato nei paesi in cui si legge da destra a sinistra… Celebre è il caso della Ford che introdusse un autocarro utilitario, la “FIERA”, in alcuni paesi di lingua spagnola in cui “Fiera” significa “ugly old woman”. La stessa Ford introdusse in Messico la “COMET”, una automobile, con il nome “CALIENTE” per poi scoprire che questo era un termine slang per “”street walker”.
  2. Il processo di leadership consiste nell' interazione di coloro che in una struttura di stato occupano la posizione più elevata, altrimenti detti leader , col resto del gruppo . Una delle caratteristiche fondamentali dei membri di un gruppo di stato elevato è quella di proporre idee e attività nel gruppo utilizzando in questo modo dei mezzi per influenzare i membri del gruppo a modificare il loro comportamento . Ma, dal momento che l'influenza sociale è comunque sempre un processo reciproco, quello che caratterizza i leader è che possono influenzare gli altri nel gruppo più di quanto siano influenzati loro stessi. È necessario porre un'importante distinzione tra due concetti spesso imprecisi nella letteratura sull'argomento: la leadership formale, che viene spesso associata al leader imposto dall'esterno, nella psicologia del lavoro al manager , e la leadership informale, derivante dall'interno del gruppo; tale distinzione corrisponde, al limite, a quella che corre tra leader imposto dall'esterno (il "sergente" della oleografia popolare) e il leader espresso dall'interno del gruppo (il "profeta " o "guru" trascinatore). È possibile distinguere, in lingua inglese, la leadership (che viene intesa come capacità di influenzare) dalla headship (“capacità", saper essere a capo di, funzionare da "duce" di qualcosa) Non esiste il concetto di Leadership senza l'abilità nel "Comunicare" le proprie idee. Il vero leader è orientato alle persone e "Condivide" , motivando le sue scelte e le sue idee trasformando il "Concetto" in un "Ideale" . Una definizione accettata di leadership è: il processo con cui si influenzano le persone in modo da dirigere i loro sforzi verso il il raggiungimento di particolari obiettivi. Esaminiamo prima le basi filosofiche e poi i vari modelli della leadership. Douglas McGrecor, un pioniere in questo campo di studi, ha proposte due teorie: a)Teoria del manager X: un manager che ritiene che le persone sono fondamentalmente svogliate e che la coercizione e la minaccia di punizioni sono spesso necessarie per farle lavorare.
  3. b) Teoria del manager Y: un manager che ritiene che nelle giuste condizioni, le persone non solo lavorano bene ma cercheranno di accrescere il senso di responsabilità. Il manager degli USA, di tipo Y, ritiene che motivare il dipendente è necessario per soddisfare i loro bisogni crescenti. Anche il manager cinese è di tipo Y ma per ragioni diverse. Dopo la rivoluzione del ‘49, emersero due tipi di manager: il Rosso e l’Esperto. L’Esperto si focalizza sulle capacità tecniche ed è essenzialmente di tipo X; il Rosso, dotato di expertise politica e ideologica (“il Mao Tsetung pensiero”) ed abile nel gestire le persone, è di tipo Y ed è quello prevalente anche a causa dell’accentuato comunitarismo della società cinese. William Ouchi ha proposto la “teoria del la teorizza Z” che unisce la teoria Y con le moderne tecniche di management giapponese: un manger che crede che i lavoratori cercano opportunità nel managment e che sono motivati dal teanwork e dalla condivisione della responsabilità. Questa teoria sottende una pèarticolare concezione del lavoro (non come maledizione… ma il modo di partecipare ad un progetto comune…)
  4. Leader garante dell’armonia delgruppo,non decisionista (in Giappone)
  5. Nel 2002, dopo aver deciso di licenziare migliaia di di pendenti in esubero, egli girò nei reparti chiedendo scusa ai singoli licenziati per aver dovuto prendere tale decisione ma promettendo che li avrebbe aiutati a trovate un altro lavoro. Chiesto del perché di questo suo atteggiamento. egli disse: “Sono il padre dei miei dipendenti. Devo ridare la speranza a ciascuno di essi.”
  6. Cfr. Daivid A.Ralston et Al., “Doing Business in the 21Century with the New Generation of Chinese Managers: A Study of Generational Shift in Work Values in China”, Journal of Internationakl Business Studies , Second Quarter 1999, pp. 415-428.
  7. Variabili culturali che condizionano il processo decisionale. * Approccio : - oggettivo (decisioni basate su valutazioni ritenute razionali) o soggettivo (basate su rapporti emozionali); - conflittuale ( win-lost, gioco a somma zero) o cooperativo ( win-win , a somma positiva). * Tolleranza del rischio . * Locus del controllo : - interno (il manager controlla gli eventi ►individualismo ) o esterno (scarso controllo sugli eventi ► comunitarismo ). Il sistema giapponese “ ringisei”
  8. Risk Tolerance. The Japanese have a high IUA: they will make risky decisions if they feel it could help the group, company, or the country. They will not make risky decisions if they do not have enough information about the situation. Locus Of Control. The Japanese base decisions on a long-term perspective of all the information. So much research and group discussion has gone into the process for making a decision, that they know all the possible outcomes for any decision they may make. Autocratic Leadership vs. Participative Leadership. The Japanese practice Participative Leadership. A proposal will go through different levels in the organization for approval. Once the proposal has many seals of approval from individuals at different management levels in the organization, the proposal has a greater chance for a final approval by the president of the company. Collectivist vs. Individualistic The group is very important in Japan. Most decisions are based on what is best for the group or a group consensus. The Japanese orientation is Collectivist. Objective Approach vs. Subjective Approach. Emotions are very important in the Japanese culture. Many of their decisions are influenced by these emotions and feelings. Therefore Japan's decision making is affected by the subjective approach. Moral Idealism vs. Utilitarianism The Japanese are also influenced by Moral Idealism. Most of their decisions are based on how it will affect the overall goals and strategies of the company in the long run. Proposals go through a long process of research, discussion, alternative solutions, and outcomes on different levels of the organization before they are considered for approval. The decision is only made if the president knows how it will ultimately affect the company as a whole.
  9. Collectivist vs. Individualistic The group is very important in Japan. Most decisions are based on what is best for the group or a group consensus. The Japanese orientation is Collectivist. Objective Approach vs. Subjective Approach. Emotions are very important in the Japanese culture. Many of their decisions are influenced by these emotions and feelings. Therefore Japan's decision making is affected by the subjective approach. Moral Idealism vs. Utilitarianism The Japanese are also influenced by Moral Idealism. Most of their decisions are based on how it will affect the overall goals and strategies of the company in the long run. Proposals go through a long process of research, discussion, alternative solutions, and outcomes on different levels of the organization before they are considered for approval. The decision is only made if the president knows how it will ultimately affect the company as a whole. The Japanese practice Participative Leadership . A proposal will go through different levels in the organization for approval. Once the proposal has many seals of approval from individuals at different management levels in the organization, the proposal has a greater chance for a final approval by the president of the company >>> Ringisei
  10. Material pertinent to this discussion is found under “Individual Differences in Negotiation.”
  11. Per uno schema di riferimento preliminare al negoziato fondamentali sono quattro concetti.   IL BATNA, in italiano MAAN (Migliore Alternativa ad un accordo negoziale), che indica la migliore soluzione possibile che si ha a disposizione se nella negoziazione non si giunge ad un accordo. Conoscere il vostro BATNA (e cercare di stimare quello della controparte) significa sapere come agirete o che cosa accadrà se non raggiungerete un accordo. Se non conscete il vostra BATNA non siete in condizione di sapere se un accordo è vantaggioso o quando interrompere la trattativa. Naturalmente non sempre è facile il BATNA i cui valori possono essere influenzati dalla vostra prospettiva personale, pertanto bisogna eswere il più obiettivi possibile…   IL PREZZO DI RISERVA o SOGLIA DI ROTTURA, è il punto meno favorevole per l’accettazione di un accordo. Questo può non coincidere con il BATNA, come nell’esempio seguente. State negoziando per l’affitto di uno spazio commerciale nuovo in un luogo migliore. Il fitto attuale è di 20 dollari (che il BATNA). Per il nuovo locale siete disposti a pagare massimo 30 dollari (PREZZO DI RISERVA): se la controparte chiede 35 dollari e non vuole scendere, voiabbandonerete la trattativa.   Conoscendo BATNA e PREZZO di riserva siete in grado di affrontare con fiducia la negoziazione.   LA ZOPA ( Zona del possibile accordo): è il range entro cui si può concludere un accordo ed è definita dalla sovrapposizione tra in prezzi di riserca delle due parti. In altre parole, il prezzo di riserva di ciascuna parte determina gli estemi della ZOPA   Se il prezzo di riserva del venditore è di 50 dollari e quello del compratore è di 60, la ZOPA è compresa tra 50 e 60 dollari. Notare che se le cifre fossero ivertire non ci sarebbe nessuna ZOPA (ameno che non intervengano altri elementidi valore o cambino i prezzi di riserva). CREAZIONE DI VALORE ATTRAVERSO GLI SCAMBI: le parti negoziali possono migiroare la propria posizione scambiandosi i valori che hanno a disposizione. In altre parole ciascuna parte riceve qualcosa che desidera in cambio di qualcosa che apprezza molto meno. Esempi: las borsa o la vita. I collezionisti di libri rari…: i libri scambiati hanno un valore alquanto modesto per gli ex proprietari ma un valore eccezionale per quelli nuovi.
  12. Material pertinent to this discussion is found under “Individual Differences in Negotiation.”
  13. 1
  14. Shehui Dengji (Status Sociale) Il modo di proporsi “confidenziale” occidentale non è efficace , né particolarmente gradito, in un paese dove i valori confuciani di obbedienza e di deferenza verso i propri superiori rimangono forti. Il formalismo va molto più in profondità, però, insondabile così, per molti occidentali. Mianzi ("Faccia" o Capitale Sociale) Nella cultura degli affari cinese, la reputazione ed il livello sociale di una persona risiede nella “salvaguardia della sua faccia” (salvare la faccia). Se un occidentale causa imbarazzo o la perdita di compostezza ad un cinese, anche involontariamente, ciò può risultare irrimediabilmente disastroso per le trattative commerciali. Chiku Nailao (Resistenza, Accanimento, Masticare Amaro e Lavorare Duramente) I cinesi sono famosi per la loro etica del lavoro. Tuttavia essi si spendono spingendosi verso un ulteriore passo avanti, l'impegno. Mentre gli occidentali pongono alto valore sul talento come chiave per il successo, i cinesi vedono il Chiku Nailao come molto più importante e onorevole (chiunque lavora duramente può raggiungere il successo).