Esperimenti_laboratorio di fisica per la scuola superiore
Lucrezio e progresso
1.
2. Processo di accrescimento del
patrimonio tecnico reso possibile dal
succedersi di nuove invenzioni o della
superiorità del livello di vita raggiunto nel
presente rispetto all'umanità primitiva.
5. Stoicismo
Ercole sosterrà di nuovo le sue fatiche, Socrate verrà
di nuovo condannato. (I frammenti degli stoici antichi, I, 109)
Nietzsche (eterno ritorno)
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazioni può
ripetersi infinite volte. (Frammenti Postumi)
6. Interpretazione laica e razionalista (da
Epicuro Democrito)
Progresso tecnico realizzato dagli uomini a
causa bisogno e tramite la ragione,
attraverso tentativi che li conducono ad
escogitare e a perfezionare le tecniche e le
arti
7. Positive: scoperta del linguaggio, del
fuoco, dei metalli, della tessitura e
dell’agricoltura bisogni primari
Negative: sviluppo dell’attività
bellica e sorgere del timore religioso
bisogni innaturali
8. Il progresso non è illimitato e non garantisce la
felicità dell’uomo.
Il progresso è soltanto illusorio, perché la maggioranza
degli uomini continua ad essere tormentata da paure
ed infelicità.
L’unico vero progresso è il progresso morale.
La crisi storica del mondo romano è frutto di una
progressiva decadenza e corruzione dei costumi
indotta dall’eccessiva avidità di ricchezze e di potere
9. 1105 Inque dies magis hi victum vitamque priorem
commutare novis monstrabant rebus et igni
ingenio qui praestabant et corde vigebant.
Condere coeperunt urbis arcemque locare
praesidium reges ipsi sibi perfugiumque,
1110 et pecus atque agros divisere atque dedere
pro facie cuiusque et viribus ingenioque;
nam facies multum valuit viresque vigebant.
Posterius res inventast aurumque repertum,
quod facile et validis et pulchris dempsit honorem;
1115 divitioris enim sectam plerumque sequuntur
quamlibet et fortes et pulchro corpore creti.
Quod siquis vera vitam ratione gubernet,
divitiae grandes homini sunt vivere parce
aequo animo; neque enim est umquam penuria parvi.
1105 Ogni giorno di più chi
aveva più ingegno e forza
d’animo, mostrava come
cambiare il tenore di vita grazie al
fuoco e alle nuove scoperte. I re
cominciarono a fondare città e a
stabilire fortezze per loro difesa e
loro rifugio, 1110 e divisero campi
e bestiame, assegnandoli a
seconda della bellezza, della
forza e dell’ingegno di ciascuno:
molto infatti valevano la bellezza
e la forza. Più tardi si scoprì la
ricchezza e l’oro che tolse
facilmente l’onore a forza e
bellezza, 1115 giacché quelli che
sono pur nati forti e di
bell’aspetto seguono comunque
la fazione di chi è più ricco. Se
invece si considerasse la vita
secondo la vera ragione, la vera
ricchezza per l’uomo è vivere
sobriamente e serenamente: del
poco non c’è mai penuria.
10. 1120 At claros homines volverunt se atque potentis,
ut fundamento stabili fortuna maneret
et placidam possent opulenti degere vitam,
nequiquam, quoniam ad summum succedere honorem
certantes iter infestum fecere viai,
1125 et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia interdum contemptim in Tartara taetra;
invidia quoniam, ceu fulmine, summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque;
ut satius multo iam sit parere quietum
1130 quam regere imperio res velle et regna tenere.
Proinde sine incassum defessi sanguine sudent,
angustum per iter luctantes ambitionis;
quandoquidem sapiunt alieno ex ore petuntque
res ex auditis potius quam sensibus ipsis,
1135 nec magis id nunc est neque erit mox quam fuit ante.
Ergo regibus occisis subversa iacebat
pristina maiestas soliorum et sceptra superba,
et capitis summi praeclarum insigne cruentum
sub pedibus vulgi magnum lugebat honorem;
1140 nam cupide conculcatur nimis ante metutum.
1120 Ma gli uomini si vollero famosi e
potenti, perché la loro fortuna durasse su
fondamenti stabili, e loro potessero
trascorrere una vita tranquilla da ricchi;
invano perché, lottando per giungere ai
sommi onori, si resero ostile il cammino
dell’esistenza 1125 e l’invidia come un
fulmine li colpì e li scagliò talvolta dalla
cima con disonore fino al cupo Tartaro,
perché con l’invidia, come con il fulmine,
bruciano le cime e tutte le cose che
sovrastano le altre, al punto che è molto
meglio una tranquilla obbedienza 1130
che voler dominare e tenere il potere.
Lascia dunque che si sfiniscano
inutilmente e sudino sangue a lottare sullo
stretto sentiero dell’ambizione; costoro
sanno per bocca d’altri e desiderano le
cose più per fama che per i loro sensi,
1135 e questo accade e accadrà come fu
nel passato. Uccisi dunque i re, giacevano
abbattuti l’antica maestà dei troni e gli
scettri superbi, e l’insegna della fronte
sovrana calpestata dal volgo piangeva,
insanguinata, il grande onore, giacché si
calpesta 1140 con piacere quello che
prima si è troppo temuto.
11. Res itaque ad summam faecem turbasque redibat,
imperium sibi cum ac summatum quisque petebat.
Inde magistratum partim docuere creare
iuraque constituere, ut vellent legibus uti.
1145 Nam genus humanum, defessum vi colere aevum,
ex inimicitiis languebat; quo magis ipsum
sponte sua cecidit sub leges artaque iura.
Acrius ex ira quod enim se quisque parabat
ulcisci quam nunc concessumst legibus aequis,
1150 hanc ob rem est homines pertaesum vi colere aevum.
Inde metus maculat poenarum praemia vitae.
Circumretit enim vis atque iniuria quemque
atque, unde exorsast, ad eum plerumque revertit,
nec facilest placidam ac pacatam degere vitam
1155 qui violat factis communia foedera pacis.
Etsi fallit enim divum genus humanumque,
perpetuo tamen id fore clam diffidere debet;
quippe ubi se multi per somnia saepe loquentes
aut morbo delirantes protraxe ferantur
1160 et celata ‹diu› in medium peccata dedisse.
Così le cose precipitavano al peggio, al
disordine, mentre ognuno cercava per sé il
dominio e il potere. In seguito alcuni
insegnarono a creare magistrature e
stabilirono il diritto, perché accettassero di
adottare le leggi. 1145 Infatti il genere umano,
sfinito da una vita violenta, moriva di odi, e
perciò tanto più volentieri si sottomise alla
legge e ad un rigoroso diritto. Poiché ognuno
mirava a vendicarsi più ferocemente di quanto
sia adesso concesso da leggi giuste, 1150 gli
uomini si stancarono di vivere una vita
violenta. Da allora il timore delle pene
macchia le gioie dell’esistenza. La violenza e
l’offesa irretiscono tutti, e spesso ritornano là
dove sono partite: non è facile che possa
vivere una vita tranquilla e serena 1155 che
viola con le sue azioni i patti comuni di pace.
Se anche inganna gli dei e gli uomini, non
deve fidare di rimanere nascosto per sempre;
al contrario si dice che molti, parlando nel
sonno o delirando per la malattia, si tradirono,
1160 e confessarono colpe a lungo nascoste.
12. Leopardi considera il progresso quanto
contribuisce a migliorare la condizione
esistenziale dell’uomo, e non le scoperte
scientifiche e tecniche, che in nulla
modificano la sua difficoltà di vivere.
Il progresso ha portato con sé, proprio perché non ispirato alla
saggezza laica e umana della filosofia, anche una profonda
degenerazione morale, ha aperto all’aggressività istintuale
dell’uomo solo la via del perfezionamento tecnico e, di
conseguenza, la capacità di perpetrare atrocità sempre maggiori.