Comunicazione presentata da Maurizio Gily in occasione della presentazione della guida Slow Wine, edita da Slow Food, il 28 ottobre 2012 a Torino. Salone del Gusto.
2. TENDENZE CLIMATICHE
• aumento delle temperature, maggiore in Europa negli ultimi
decenni.
• riduzione del numero di giorni piovosi, più che della quantità
annuale di pioggia: eventi estremi
3. Il rischio siccità è aumentato dalla perdita della capacità
dei suoli di immagazzinare acqua in molti vigneti
italiani. Cause:
• erosione, assottiglia lo strato di terreno attivo;
• perdita di sostanza organica, quindi dei colloidi umici
che favoriscono la porosità del suolo;
• costipamento causato dal passaggio di macchine
sempre più pesanti.
La tendenza è in atto da decenni: per una viticoltura
sostenibile è necessario invertirla.
4. La vite e l’acqua
• Louis Pasteur: “Il vino è la luce del sole catturata dall’acqua”.
• Galileo Galilei: “il vino è un composto di umore e luce”.
• La fotosintesi è fenomeno complesso ma concettualmente
semplice: la scissione della molecola dell’acqua in un atomo di
ossigeno e due di idrogeno grazie all’energia fornita dal sole e
la formazione di nuovi composti organici con il carbonio
prelevato dall’aria in forma di anidride carbonica.
Alcool, glicerina, tannini, antociani, sono fatti da questi tre
elementi.
Abbiamo un edificio fantastico costruito quasi con tre soli
mattoni, disposti in modo diverso, grazie alla luce.
5. La vite selvatica in natura
cresce in riva ai fiumi e si
arrampica sugli alberi,
portando fiori e frutti al di
sopra delle loro chiome,
alla luce.
1. Non è una xerofila
(piante dei climi aridi)
2. tuttavia ha la capacità di
trasportare l’acqua a grandi
altezze, come tutte le liane,
superando facilmente la
differenza di potenziale.
Vitis aeuropaea sylvestris
Riserva Naturale del Bosco
di Torino di Sangro (CH)
6. Cosa ci insegna TERRA MADRE?
l’agricoltura del
sud del mondo
usa molto
meglio di noi
l’acqua e le
risorse naturali
7. La pianta “idrovora” della pianura padana nelle sue terre di origine è
coltivata in climi aridi. Ma a destra e a sinistra c’è lo stesso mais? La
differenza macroscopica è nella densità di vegetazione.
9. • Cos’è il “modello viticolo Champagne” (foto
precedente), se non il modello “mais a foglie erette e
a semina fitta” applicato alla viticoltura?
• Grande superficie illuminata, grande produzione di
biomassa, grande consumo di acqua e nutrienti, e
grande esplorazione del suolo da parte delle radici
della vite. Un motore spinto al massimo.
• Una certa scuola di pensiero sostiene che gli impianti
ad alta densità resistono meglio alla siccità. Ma la
tradizione delle zone aride e della viticoltura non
irrigua, mediterranea e del Nuovo Mondo, e la
pratica di chi utilizza impianti di irrigazione, dicono
esattamente il contrario.
10. Densità bassa e chioma a ombrello.
Dry farming a Frog’s Leap, Napa, California.
11. STOP AI LUOGHI COMUNI
• I pionieri della viticoltura in California nel XIX secolo
piantavano con sesti molto larghi, meno di 1000 viti
per ettaro, avendo osservato le tecniche di
aridocoltura dei nativi americani, per aumentarlo poi
con la diffusione dell’irrigazione.
Quando, nel 1975, il Cabernet di Stag’s Leap vinse il
Paris Challenge di Parigi battendo tutti i grand cru di
Bordeaux, il vigneto aveva meno di 2000 viti per
ettaro, contro i 7000 di Bordeaux. Alcuni vini
premiati oggi come vini slow e grandi vini ne hanno
meno ancora.
12. Quindi gli impianti fitti, oltre che difficili da gestire e più esigenti
in acqua, sono anche inutili per la qualità del vino?
• Conclusione errata o almeno superficiale. Il fatto è che non
esiste un modello viticolo buono per tutte le situazioni: la
Borgogna non è la Maremma, il Nebbiolo non è il Pinot nero e
la Champagne non somiglia affatto alla Val di Noto.
• Non è soltanto il numero di viti, ma il numero di foglie (e di
grappoli) per unità di superficie, in particolare quelle esposte
al sole e al vento, che determina la quantità di acqua che
viene traspirata come vapore acqueo, e quindi persa in
atmosfera, e questo non è solo funzione della densità di
impianto ma anche di altri fattori: il vigore delle piante, la
forma e la gestione della chioma. Inoltre i vitigni autoctoni del
Nord consumano più acqua di quelli del Sud, o comunque
vanno prima in stress.
13. L’inerbimento dell’interfila è compatibile con un clima asciutto? La vegetazione
consuma acqua, ma non è un problema nella stagione in cui è disponibile
Cover crop di favino, inverno, Inerbimento spontaneo,,
Sicilia. Foto M. Pierucci estate, Piemonte. Foto M. Gily
C’è inerbimento … … e inerbimento
14. • Se l’Italia ha creato nei secoli una straordinaria varietà di
paesaggi viticoli non è frutto del caso, ma di un equilibrio tra
la pianta e l’ambiente che va quanto meno capito, prima di
cancellare le tecniche tradizionali e introdurne di nuove.
• Il 2012 è stato un anno buono non solo per l’alberello, il cui
adattamento a climi semiaridi è noto, ma anche per i sistemi a
pergola, dal Veneto all’Abruzzo: sempre più rivalutati, dopo
essere stati ingiustamente accusati di essere uno strumento
del demonio per fare produzioni spaventose di uva.
E a volte lo sono davvero, ma la colpa non è mai della pianta,
sempre dell’uomo.
16. • Con ondate di calore molto intenso e bassa umidità relativa,
dall’invaiatura in poi, l’ombreggiamento creato dalla pergola
e la maggior distanza dal suolo protegge il frutto dagli eccessi
termici, i cui effetti sono perdita di precursori aromatici, di
colore e di acido malico, e nel peggiore dei casi appassimento
precoce del frutto immaturo. Con una gestione accorta della
chioma si possono ottenere, anche nei sistemi a spalliera,
risultati simili, ma non uguali.
DISTANZA DEL FRUTTO DAL SUOLO
Vicino al suolo c’è la massima escursione termica: più caldo di
giorno, più freddo di notte. + Escursione termica= + qualità?
Non sempre.
In condizioni climatiche estreme e senza irrigazione può
essere preferibile avere meno escursione ma evitare livelli
termici critici.
17. Piemonte: i “sorì” sono ancora le zone migliori per la viticoltura? Il cambiamento del clima
tende a rompere gli schemi. In questi giorni viene proposta da qualificati esperti una
gerarchia qualitativa dei cru del Barolo. Ma, mentre il tiratore spara, il bersaglio si muove!
18. • Ho capito meglio il concetto di terroir nei paesi dove questo concetto è
arrivato da poco, grazie allo studio delle tecniche irrigue utilizzate dove
l’acqua è poca e preziosa, come in Australia. L’irrigazione qualitativa porta
una targa, RDI, cioè irrigazione a deficit regolato. Il concetto è che per fare
un vino di qualità la vite, almeno in alcune fasi, non deve avere a
disposizione tutta l’acqua che vorrebbe se crescesse, come in natura, in
riva a un fiume, ma solo una parte. E’ un regime di dieta restrittiva, che
porta ad uno stress moderato (mild stress). Sotto l’effetto di condizioni
ambientali stressanti la pianta accelera la maturazione del frutto e del
seme per assicurare la continuità della specie.
• I grandi terroir dei vini europei sono quelli in cui, per la
combinazione del clima e del terreno, la pianta si comporta
esattamente in questo modo, entrando nel regime di stress
moderato al momento opportuno e senza bisogno di dosare
un’irrigazione che di solito non c’é. Un carattere fondamentale della
vocazione viticola di un territorio è quindi il modo come si muove l’acqua
negli strati superficiali e medi del terreno.
20. • Bisogna fare il possibile perché la vite si mantenga dentro l’area
del mild stress senza bisogno di apportare acqua. Tuttavia a
volte questo può non essere sufficiente, e allora ben vengano i
gocciolatori.
Il divieto dell’irrigazione in viticoltura è un vincolo
anacronistico, legato a tempi in cui sia il clima che le tecniche
di irrigazione erano diversi.
I vincoli per i vini a doc e docg devono servire a fare vini più
buoni: quando il risultato è fare vini più cattivi vuol dire che i
vincoli sono sbagliati .
• Piuttosto è importante fare buon uso della risorsa acqua,
perché è diverso pompare l’acqua da una falda sotterranea o
prenderla da un bacino di collina che si è creato per
immagazzinare le piogge in eccesso nei giorni e nelle stagioni
piovose, limitando così anche i rischi legati alle piene a valle.
21. Secondo una famosa “review”
di Jackson e Lombard
(American J. of Enology and Viticulture, 1993)
i vini migliori si fanno dove le
uve maturano in zona
climatica alfa, cioè con
temperature medie non
superiori a 15 gradi per i vitigni
“internazionali” considerati
(Pinot nero, Cabernet S. e
Riesling). Il Centro Italia è al
limite solo per il Cab, mentre il
Sud è fuori per tutto, a meno
della viticoltura in quota.
22. INDIETRO TUTTA!
Alcune tecniche per contrastare il riscaldamento climatico,
la maturazione troppo precoce e l’eccesso di alcool
(a meno di spostare il vigneto in altitudine e/o latitudine):
• densità di impianto più basse
• più gemme per pianta se non ci sono condizioni
limitanti (ad es. se c’è irrigazione)
• maggiore altezza da terra del frutto
• riduzione dell’altezza della parete fogliare e del
rapporto foglie/frutti
• ombreggiamento parziale della parete e del
frutto
• cimature tardive per limitare la fotosintesi.
23. • In alcune esperienze in corso soprattutto in Spagna
(ma non solo) si stanno sperimentando tecniche di
adattamento al riscaldamento del clima, anche al
fine di produrre vini più freschi e meno alcolici. Si
tratta di fare, in un certo senso, l’esatto opposto di
ciò che noi agronomi abbiamo consigliato negli ultimi
decenni, come si vede dalla slide precedente.
• In passato abbiamo cercato la potenza, i cavalli, oggi
cerchiamo altro; ma il procedimento inverso appare
più difficoltoso.