1. 50 silhouette • marzo 2013
C’
era una volta il milanese stressa-
to, quello degli stereotipi, che do-
po anni di frenesia, smog e super-
lavoro decideva (o sognava) di
aprire un agriturismo in campa-
gna. Ecco, dimenticate quel “mi-
lanese”: i bionieri sono ben altro. O forse ne sono
un’evoluzione naturale e assai radicale.
un movimento glocal
Il nome è intuitivo, accorpa pionierismo e bio. In
Italia, lo troviamo in rete sul sito bionieri.ning.
Sono sempre di
più: giovani
“cittadini”
che scelgono di
vivere e lavorare
in campagna.
Un fenomeno non
solo italiano
arrivano i
bionieri
attualità
com, dedicato a creare networking tra coloro che
ambiscono, come recita il sottotitolo, a vivere “ai
confini tra selvatico e coltivato”. In inglese si dice
bioneer, esiste come termine dagli anni ’90 e, su
Facebook, il gruppo omonimo conta oltre dicias-
settemila iscritti. Ma chi sono questi bionieri?
Potremmo dire che sono i nuovi contadini,
soprattutto giovani, con forte coscienza so-
ciale, vocazione alla sussistenza, attenzio-
ne alle pratiche di sostenibilità. Si ispirano a
ideali come la “decrescita felice” (consumare me-
no, autoprodursi e abbracciare stili di vita più ar-
moniosi), il downshifting (meno frenesia lavorati-
va, più qualità della vita) e l’alimentazione etica.
Ma soprattutto, anche se isolati in campagna/
montagna, sono organizzati in una rete interna-
zionale. Un movimento globale dunque, anzi glo-
cal: dalla profonda provincia italiana a quella
americana, passando dai social network.
una decisione che nasce
da ideali forti
2. marzo 2013 • silhouette 51
tra cielo,
terra e Rete
le risorse del bio
Colpiscono i dati di Coldiretti: nel secondo trimestre del 2012,
i giovani agricoltori sono aumentati del 4,2%, registrando
il primo aumento dopo dieci anni. Lo conferma Nicola
Motolese, presidente dei giovani di Confagricoltura: «Oggi più
che di contadini parliamo di imprenditori agricoli, le cui
imprese spingono su innovazioni e tecnologia, su energie
rinnovabili e bio. E sono guidate da giovani con un alto grado
di formazione». La campagna, con il suo carico di
lavoro manuale, non è più un’alternativa allo studio:
tra gli agricoltori con meno di trent’anni, i laureati
sono il 36,5%, mentre il 56% ha un diploma di scuola
media superiore. Quasi 60.000 aziende agricole, oggi, sono
guidate da giovani sotto i 35 anni, secondo Unioncamere.
A caratterizzare i bionieri è l’uso del
web. Per scambiarsi informazioni
pratiche, confrontare esperienze,
suggerirsi libri (come Guida
all’autosufficienza di John Seymour),
nonché dibattere i temi più caldi. Si va
dalla permacultura (un metodo di
coltivare la terra il più possibile
in armonia con l’ecosistema) allo
scambio dei semi (una pratica diventata
“sovversiva” da quando una direttiva
della Comunità europea ha riservato
la commercializzazione e lo scambio
di sementi alle multinazionali dei
brevetti sementieri, vietandolo agli
agricoltori), dal veganesimo alla
decrescita. C’è anche chi utilizza la Rete
per raccontare la propria esperienza.
Come Nicola e Noemi, di Orti di carta,
una fattoria progetto nata a Lessolo, in
provincia di Torino. Lui lavorava nella
ristorazione, lei come architetto, poi la
svolta: dal capoluogo piemontese si
sono spostati in campagna, prima
cercando di sperimentare tutti i tipi di
autoproduzione poi costituendo
un’associazione. Tutte le fasi del loro
cambio di vita sono condivise su un sito
raffinato (www.ortodicarta.eu).
I bionieri si autoproducono, coltivando
da soli cereali, ortaggi, frutta,
che servono alla loro sussistenza
moltopreparati
L’attenzione dei bionieri alle buone
pratiche di coltivazione è
incentivata anche dal mercato.
L’attenzione a ciò che mettiamo
nei nostri piatti è sempre più alta.
E anche l’Unione Europea tende
a finanziare le nuove imprese
agricole che scelgono di coltivare
bio. Lo conferma Andrea Furlan,
del Programma di Sviluppo Rurale
dell’Emilia Romagna: «L’agricoltura
è finanziata di più se c’è un certo
tipo di consapevolezza ambientale
e circa il 95% delle aziende bio
riceve anche i finanziamenti del
programma». Certo, i bionieri
sono ancora solo una goccia
nell’oceano: «È vero che sono
aumentati i giovani agricoltori,
ma la maggior parte sono figli
di contadini e imprenditori agricoli:
pochi ancora quelli che scelgono
la campagna provenendo da altre
esperienze» sottolinea Furlan.
«In fondo però anche il bio
è cominciato così, come un
micrcoscopico movimento
negli anni ’80. Ma da nicchia
è diventato un vero fenomeno»
conclude Andrea Furlan.
3. 52 silhouette • marzo 2013
attualità
Che idea ti sei fatta del fe-
nomeno dei bionieri?
«Io preferisco parlare di new ru-
rals o riabitanti per quelli che
materialmente vivono questa
esperienza, mentre tendo a chia-
mare biofricchettoni quella gran-
de massa di sognatori di città che
passa la vita a comprare l’ultimo
libro del fenomeno del downshif-
ting, ma non si muove mai mate-
rialmente».
Tu come ti definisci?
«Io sono sicuramente una riabi-
tante della montagna, perché ho
scelto di vivere in mezzo a un bo-
sco, in un piccolo borgo e di adot-
tare dinamiche sociali più empa-
tiche con i vicini. Riscaldiamo la
casa con la legna del bosco ac-
canto, autoproduciamo tutto il
possibile... ma abbiamo l’adsl, i
computer, una tv, un frigorifero».
Perciò new rural, ma tecno-
logica.
«I new rural raccontati nei saggi
sono un po’ difficili da incontrare
nella vita reale. Anche a casa di
Grazia Cacciola, autrice di manuali come Scappo dalla città e
L’orto dei germogli, vive nell’Appennino Tosco Emiliano con il
compagno e svariati gatti. Ex cittadina e donna in carriera,
ora coltiva, si autoproduce, è vegana e da anni racconta la
sua felice realtà nel blog erbaviola.com. A patto di non rivela-
re la località in cui abita, né di chiamarla bioniera, ci spiega
la sua esperienza e le sue impressioni:
io sono
quelli più impegnati nell’autosuf-
ficienza, prima o poi arriva un
pacco di biscotti, o le crocchette
del cane, o un cd. Io comunque
non le vedo come cose così terribi-
li: semmai è l’integralismo a far-
mi paura».
E intorno a te vedi un feno-
meno in ascesa?
«Decisamente, mi pare un trend
positivamente in crescita, e non
credo affatto che sia per mera
conseguenza della crisi. La rete dà
veramente la misura del fenome-
no e soprattutto mette in contatto
persone che l’hanno già fatto con
chi vorrebbe ma non sa come.
Quando io ho cominciato sul web
c’era ancora pochissimo, oggi è
molto più semplice, anzi c’è il pro-
blema opposto: devi imparare
presto a scegliere tra chi fa sul se-
rio e chi lo fa per narcisismo: è
fondamentale».
Questo per tornare ai bio-
fricchettoni...
«Ormai del termine “decrescitore”
si appropria chiunque faccia una
volta il pane in casa. Va di moda,
per molti pulisce la coscienza
mettersi quell’etichetta. Poi ma-
gari fanno la spesa al super e
comprano detersivi chimici, ma
siccome hanno nel carrello anche
due cose etichettate “bio” e l’anno
scorso hanno fatto il pane po-
stando le foto online… Chiara-
mente ci sono tantissime persone
che lo fanno sul serio e si impe-
gnano, ma inevitabilmente sono
quelle che senti meno e che non
hanno interesse nella gara a chi
si priva di più comfort».
l’intervista
Marina Nasi
Tra i siti di riferimento per i bionieri segnaliamo quello di Civiltà Contadina
(civiltacontadina.it), per i gettonatissimi scambi di sementi e le guide online sulle
tecniche di coltivazione e Neorurale (www.neorurale.net), dove trovare esempi di
pratiche e coltivazioni. Molto amato anche Il cambiamento (www.ilcambiamento.
it), dove, tra gli annunci, ce n’è uno che riassume bene il fenomeno: “Carlo (nome
di fantasia) cerca ospitalità in un contesto rurale dove imparare a fare il
contadino in cambio delle proprie conoscenze in campo finanziario”.
i siti più visitati
Grazia vive la sua esperienza in
un borgo di montagna senza
estremismi “modaioli“.
non basta fare il
pane in casa
una new rural