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N. 00787/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01008/2013 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1008 del 2013, integrato da motivi aggiunti,
proposto da:
Comune di Spezia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Bormioli e Stefano
Carrabba, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, p.zza Dante
9/14;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata in Genova, viale
Brigate Partigiane n. 2;
e con l'intervento di
ad opponendum:
- Associazione Legambiente-Onlus, rappresentata e difesa dall'avv. Piera
Sommovigo, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Malta,
4a/14;
- Associazione Italia Nostra Onlus, rappresentata e difesa dall'avv. Rino Tortorelli,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carmela De Lucia in Genova, via
XX Settembre 33/8;
per l'annullamento
dei provvedimenti di sospensione dei lavori di esecuzione del progetto di
riqualificazione di piazza Verdi, nonché, con ricorso per motivi aggiunti, dei
provvedimenti di dichiarazione dell’interesse culturale della piazza e del filare
alberato di pini, nonché del decreto soprintendentizio 15.11.2013, n. 26, di
annullamento d’ufficio dell’autorizzazione 6.11.2012, n. 33062.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali;
Visti gli atti di intervento ad opponendum dell’Associazione Legambiente-Onlus e
dell’Associazione Italia Nostra Onlus;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il dott. Angelo Vitali e
uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 27.9.2013 il comune di Spezia espone di aver
approvato, all’esito di un apposito concorso di progettazione, un intervento di
riqualificazione architettonica ed artistica di piazza Verdi.
Poiché la piazza in questione é stata realizzata oltre settanta anni fa – e dunque,
nelle more della verifica della effettiva sussistenza dell’interesse culturale, tutelata
come bene culturale ai sensi degli artt. 10 comma 4 lett. g) e 12 comma 1 del D.
Lgs. n. 42/2004 – il comune, con istanza 8.5.2012 (corredata da 15 elaborati - doc.
46 delle produzioni 18.2.2014 di parte comunale), chiedeva alla Soprintendenza per
i beni architettonici e paesaggistici della Liguria l’autorizzazione ex art. 21 del D.
Lgs. citato all’esecuzione del progetto.
Con provvedimento 6.11.2012, n. 33062 (doc. 27 delle produzioni 17.1.2014 di
parte ricorrente) la Soprintendenza rilasciava l’autorizzazione in questione, con la
motivazione che le opere “sembrano, allo stato attuale delle conoscenze, migliorare l’aspetto
generale della piazza e quindi risultare compatibili con le esigenze di tutela monumentale del
sito”.
Nel contesto dell’atto la Soprintendenza invitava il comune ad avviare presso la
Direzione regionale la necessaria procedura di verifica dell’interesse culturale
relativo all’immobile in oggetto.
Ottenuta l’autorizzazione ex art. 21 D. Lgs. n. 42/2004, il comune stipulava in data
29.5.2013 il contratto con l’impresa aggiudicataria, ed il successivo 17.6.2013
procedeva alla consegna dei lavori.
Nel frattempo, si sviluppava un’accesa contestazione del progetto prescelto
(Vannetti-Buren) da parte di singoli cittadini, di comitati e di associazioni
ambientaliste contrari ad esso e - più in particolare - all’abbattimento del filare di
pini marittimi, insito nella realizzazione dei lavori di riqualificazione di piazza
Verdi.
In questo clima, con un tweet del 15.6.2013 (doc. 1 delle produzioni 17.1.2014 di
parte comunale) il Ministro Massimo Bray preannunciava la richiesta al comune di
sospendere i lavori in attesa della verifica del progetto da parte del Ministero.
Subito dopo, gli organi periferici del Ministero per i beni e le attività culturali (di
seguito, MIBAC) sollecitavano nuovamente al comune l’avvio del procedimento di
verifica dell’interesse culturale della piazza, invitandolo a non procedere – nelle
more – alla rimozione di componenti il cui interesse culturale non fosse stato
definitivamente accertato (cfr. i provvedimenti 17.6.2013 n. 4448 della Direzione
regionale e 17.6.2013 n. 17798 della Soprintendenza – docc. 3 e 4 delle produzioni
17.1.2014 di parte ricorrente) e autorizzando la prosecuzione dei
lavori “limitatamente agli interventi sulla sede viaria ed i marciapiedi, con esclusione delle opere
interessanti l’area centrale della piazza e le componenti arboree ivi presenti” (nota della
Soprintendenza 21.6.2013 n. 18386, doc. 5 delle produzioni 17.1.2014 di parte
ricorrente).
Tali atti sono stati fatti oggetto di impugnazione con il ricorso introduttivo,
affidato a sette motivi di ricorso, rubricati come segue.
I) Sugli atti del Ministero.
1) Violazione degli art. 4 e 14 del D.lgs. n. 165/2001, degli artt. 21 e 12 D.lgs. n.
42/2004 e dell'art. 17 D.P.R. n. 233/2007. Violazione dell'art. 21-quater L. n.
241/1990. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di
motivazione.
Le dichiarazioni via tweet e a mezzo stampa del Ministro integrerebbero
un’inammissibile usurpazione di funzioni amministrative di esclusiva competenza
dirigenziale.
II) Sull'atto della Direzione generale n. 4448 del 17/6/2013.
2) Violazione degli artt. 12 e 21 D.lgs. n. 42/2004 e del divieto di disapplicazione
degli atti amministrativi. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto di istruttoria
e di motivazione, travisamento dei fatti. Sviamento.
L’atto della Direzione regionale avrebbe sostanzialmente disapplicato l’atto
soprintendentizio di autorizzazione del 6.11.2012, con il quale si escludeva ogni
valore artistico e storico del filare di pini.
Inoltre, l’avvio del procedimento di verifica dell’interesse culturale sarebbe per il
comune una mera facoltà, posto che, ai sensi dell’art. 12.1 del codice dei beni
culturali, l’autorizzazione soprintendentizia 6.11.2012 legittima comunque
l’esecuzione dei lavori, anche in pendenza della verifica.
III) Sugli atti soprintendentizi prot. n. 17798 del 17/6/2013 e n. 18386 del
21/6/2013 che del primo ha circoscritto l'effetto (nonché, ancora, sugli atti del
Ministro e della Direzione regionale).
3) Violazione dell'art. 12 D.lgs. n. 42/2004.
Violazione del principio di non modificabilità dell'autorizzazione ex art. 12.1 e 21
D. Lgs. n. 42/2004 e di tutela dell'affidamento. Eccesso di potere per difetto di
istruttoria e di motivazione, contraddittorietà.
Come risulterebbe inequivocabilmente dall’atto soprintendentizio 15.4.2013 (doc.
25 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), con l’autorizzazione 6.11.2012 la
Soprintendenza aveva ritenuto il progetto in toto compatibile, escludendo il
riconoscimento di alcun valore storico-artistico alla alberatura centrale, a
prescindere dall’età dei pini.
Inoltre, l’avvio della verifica ex art. 12.2 del D. Lgs. n. 42/2004 non legittimerebbe
comunque la sospensione dei lavori, in quanto la sua funzione è quella di escludere
– sussistendone i presupposti – l’interesse dei beni cautelarmente tutelati dall’art.
12.1.
IV) Sugli impugnati atti della Direzione regionale e della Soprintendenza.
4) Illegittimità derivata dagli impugnati atti ministeriali.
V) Su tutti gli impugnati atti del Ministro, della Direzione generale e della
Soprintendenza.
5) Violazione dell'art. 7 L. n. 241/1990.
Gli atti impugnati non risultano preceduti dalla comunicazione di avvio del
procedimento, né motivano tale omissione.
6) Violazione dell'art. 21-quater L. n. 241/1990.
Gli atti impugnati non motivano circa le gravi ragioni richieste dalla norma
rubricata per disporre la sospensione dell’efficacia dell’autorizzazione
soprintendentizia 6.11.2012.
7) Violazione dell'art. 28 D. Lgs. n. 42/2004.
Qualora gli atti di sospensione fossero ritenuti espressione del potere cautelare ex
art. 28.2 del D. Lgs. n. 42/2004, essi sarebbero illegittimi in quanto tale potere è
esercitabile soltanto in carenza di atti autorizzativi, nel caso di specie invece
sussistenti.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 23-24.12.2013 il comune di
Spezia ha esteso l’impugnazione al decreto del Direttore regionale per i beni
culturali e paesaggistici della Liguria 8.11.2013 (doc. 9 delle produzioni 17.1.2014
di parte comunale), di dichiarazione dell’interesse culturale della piazza e del filare
alberato di pini, quale elemento riconducibile all’originario impianto degli anni
trenta del XX secolo, nonché al decreto 15.11.2013, n. 26 (doc. 10 delle produzioni
17.1.2014 di parte comunale), con il quale la Soprintendenza ha annullato d’ufficio
in via di autotutela – ex art. 21-nonies L. n. 241/1990 – l’autorizzazione 6.11.2012,
n. 33062, rilasciata ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. n. 42/2004, “limitatamente alla
parte in cui si ritengono ammissibili le opere che prevedono – come azione preliminare alla
esecuzione di quanto progettato – la rimozione definitiva del filare di pini centrale”.
Secondo il decreto 15.11.2013, n. 26, l’autorizzazione 6.11.2012 sarebbe stata
rilasciata sulla base di un errato presupposto e di un travisamento dei fatti, posto
che la relazione comunale a corredo del progetto descriveva il filare alberato
centrale come piantumato un decennio dopo la fine della guerra, individuandolo
quindi come componente estraneo all’originario disegno della piazza, mentre – in
realtà – secondo la relazione storica allegata al decreto di riconoscimento
dell’interesse culturale, esso risalirebbe al 1937, e sarebbe dunque praticamente
coevo alla realizzazione della piazza.
A sostegno del gravame aggiuntivo il comune ha dedotto ulteriori sei motivi di
ricorso, rubricati come segue.
1) Su tutti gli atti gravati.
Violazione degli artt. 4 e 14 D. Lgs. n. 165/2001 e degli art. 17 e 18 D.P.R. n.
233/2007 in relazione agli artt. 12 e 21 D. lgs. n. 42/2004. Incompetenza.
Violazione dell'art. 7 L. n. 241/1990.
I vizi da cui sono affetti gli atti del Ministro – che ha avocato a sé la decisione sulla
realizzabilità del progetto – si estendono in via derivata agli atti della Direzione
regionale e della Soprintendenza, che si sono conformate alla valutazione
dell’organo politico.
2) Sul decreto della Direzione regionale e sugli atti ad esso preordinati. Violazione
dell'art. 12 D. Lgs. n. 42/2004 e degli art. 17 e 18 D.P.R. 233/2007. Violazione del
divieto di disapplicazione degli atti amministrativi. Contraddittorietà.
Il decreto della Direzione regionale di dichiarazione dell’interesse culturale del
filare alberato di piazza Verdi è stato emesso nel vigore dell’autorizzazione
soprintendentizia: donde la violazione del principio di non disapplicabilità degli atti
amministrativi e l’eccesso di potere per contraddittorietà.
3) Ancora sul decreto della Direzione regionale 8/11/2013 e sugli atti ad esso
preordinati. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 12 D. Lgs. n. 42/2004.
Eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti, sviamento, contraddittorietà.
Difetto di motivazione.
Dalla relazione storica allegata al decreto 8.11.2013 non si evince quale sarebbe lo
specifico interesse culturale dell’alberatura centrale, che - del resto - è estranea
all’originario impianto della piazza.
4) Sul decreto della Soprintendenza n. 26 del 15/11/2013 e sugli atti ad esso
preordinati. Violazione dell'art. 21-nonies L. n. 241/1990. Eccesso di potere per
difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, travisamento dei fatti, sviamento,
contraddittorietà. Illegittimità derivata dal decreto della Direzione regionale
8/11/2013.
Posto che l’alberatura centrale costituisce un elemento di alterazione del disegno
architettonico originario della piazza (come efficacemente argomentato dalla
Soprintendenza nella nota 15.4.2013 - doc. 25 delle produzioni 17.1.2014 di parte
comunale), la questione circa l’età dei pini diventa irrilevante ai fini della
valutazione circa il loro supposto interesse culturale.
5) Sul decreto del Direttore regionale 8/11/2013 e sul decreto della
Soprintendenza n. 26 del 15/11/2013. Difetto di istruttoria e di motivazione,
travisamento degli atti, illogicità e contraddittorietà sulla valutazione del pubblico
interesse.
Non vi è negli atti impugnati alcuna motivazione circa la ragionevolezza
dell’imposizione di un vincolo di tutela su piante giunte ormai alla fine del
fisiologico ciclo vitale, ed in parte addirittura pericolanti (cfr. i docc. 33 e 44 delle
produzioni 17.1.2014 di parte comunale).
6) In subordine. Violazione dell'art. 21-quinquies L. n. 241/1990. Azione di
accertamento.
I provvedimenti gravati integrano in realtà una revoca – ex art. 21-quinquies L. n.
241/1990 - dell’autorizzazione 6.11.2012 per una nuova valutazione dell’interesse
pubblico originario: donde, in subordine e per l’ipotesi di rigetto della domanda di
annullamento, la richiesta di corresponsione dell’indennizzo previsto dalla norma
rubricata.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali,
controdeducendo sul merito delle singole censure ed instando per la reiezione del
ricorso.
Sono intervenute in giudizio ad opponendum le associazioni a carattere nazionale
Legambiente Onlus e Italia Nostra, instando per il rigetto del ricorso.
Previo scambio delle memorie conclusionali e di replica, alla pubblica udienza del
29.4.2014 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso ed i motivi aggiunti sono fondati, e debbono essere accolti.
Giova prendere le mosse dall’art. 12 del D. Lgs. 22.1.2004, n. 42, che così
recita: “1. Le cose indicate all’articolo 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e
la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili,
sono sottoposte alle disposizioni della presente Parte fino a quando non sia stata effettuata la
verifica di cui al comma 2. 2. I competenti organi del Ministero, d'ufficio o su richiesta formulata
dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la
sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose di cui al
comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di
assicurare uniformità di valutazione. 3. Per i beni immobili dello Stato, la richiesta di cui al
comma 2 è corredata da elenchi dei beni e dalle relative schede descrittive. I criteri per la
predisposizione degli elenchi, le modalità di redazione delle schede descrittive e di trasmissione di
elenchi e schede sono stabiliti con decreto del Ministero adottato di concerto con l'Agenzia del
demanio e, per i beni immobili in uso all'amministrazione della difesa, anche con il concerto della
competente direzione generale dei lavori e del demanio. Il Ministero fissa, con propri decreti, i
criteri e le modalità per la predisposizione e la presentazione delle richieste di verifica, e della
relativa documentazione conoscitiva, da parte degli altri soggetti di cui al comma 1. 4. Qualora
nelle cose sottoposte a verifica non sia stato riscontrato l'interesse di cui al comma 2, le cose
medesime sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente Titolo. 5. Nel caso di
verifica con esito negativo su cose appartenenti al demanio dello Stato, delle regioni e degli altri
enti pubblici territoriali, la scheda contenente i relativi dati è trasmessa ai competenti uffici
affinché ne dispongano la sdemanializzazione qualora, secondo le valutazioni
dell'amministrazione interessata, non vi ostino altre ragioni di pubblico interesse. 6. Le cose di cui
al comma 4 e quelle di cui al comma 5 per le quali si sia proceduto alla sdemanializzazione sono
liberamente alienabili, ai fini del presente codice. 7. L'accertamento dell'interesse artistico, storico,
archeologico o etnoantropologico, effettuato in conformità agli indirizzi generali di cui al comma 2,
costituisce dichiarazione ai sensi dell'articolo 13 ed il relativo provvedimento è trascritto nei modi
previsti dall'articolo 15, comma 2. I beni restano definitivamente sottoposti alle disposizioni del
presente Titolo. 8. Le schede descrittive degli immobili di proprietà dello Stato oggetto di verifica
con esito positivo, integrate con il provvedimento di cui al comma 7, confluiscono in un archivio
informatico, conservato presso il Ministero e accessibile al Ministero e all'Agenzia del demanio,
per finalità di monitoraggio del patrimonio immobiliare e di programmazione degli interventi in
funzione delle rispettive competenze istituzionali. 9. Le disposizioni del presente articolo si
applicano alle cose di cui al comma 1 anche qualora i soggetti cui esse appartengono mutino in
qualunque modo la loro natura giuridica. 10. Il procedimento di verifica si conclude entro
centoventi giorni dal ricevimento della richiesta”.
La disposizione ha introdotto – cautelarmente - un vincolo culturale in forza di
una presunzione di legge, superabile soltanto a seguito di una verifica negativa, in
quanto finalizzata all’esclusione dell’interesse culturale e – conseguentemente – al
definitivo esonero dall'applicazione delle disposizioni di tutela dei beni culturali
(art. 12 comma 4), anche in vista di una loro eventuale sdemanializzazione (art. 12
commi 5 e 6).
Diversamente, in caso di conferma dell’interesse culturale presunto, le cose di cui
all’art. 10 del D. Lgs. n. 42/2004 restano definitivamente sottoposte alle
disposizioni di tutela del codice dei beni culturali (art. 12 comma 7).
Dunque, fino alla verifica effettiva dell’interesse culturale, i beni di cui all’art. 10 del
D. Lgs. n. 42/2004 (tra i quali le pubbliche piazze) rimangono comunque soggetti
alle disposizioni di tutela, sicché colui che intenda eseguire su di essi opere e lavori
di qualunque genere deve preliminarmente munirsi dell’autorizzazione del
soprintendente, che “è resa su progetto” e può contenere prescrizioni (art. 21 commi
4 e 5 del D. Lgs. n. 42/2004).
Nel caso di specie, il comune ha in effetti presentato istanza di autorizzazione ex
art. 21 D. Lgs. n. 42/2004 per il lavori di riqualificazione della piazza,
autorizzazione che è stata rilasciata con provvedimento soprintendentizio
6.11.2012, prot. 33062 (doc. 27 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale).
Può pertanto giungersi ad una prima conclusione, nel senso che la richiesta di
autorizzazione ex art. 21 D. Lgs. n. 42/2004 da parte dell’ente proprietario del
bene, ed il suo successivo rilascio da parte della Soprintendenza, presupponendo
necessariamente l’interesse culturale (sussistente ope legis), rendono del tutto
superflua ed ultronea la verifica negativa di cui al citato art. 12 comma 2, che –
come detto – è finalizzata all’esclusione dell’interesse culturale del bene, anche in
vista di una sua eventuale sdemanializzazione.
Così ricostruito il quadro normativo, appare affatto dirimente la verifica circa la
correttezza dell’iter autorizzativo dell’intervento in questione: difatti, in presenza di
una regolare autorizzazione ex art. 21 D. Lgs. n. 42/2004, non vi è alcuno spazio
per misure cautelari quali l’ordine di sospensione dei lavori ex art. 28 D. Lgs. n.
42/2004 (oggetto del ricorso introduttivo), a meno che questi non siano condotti
in difformità dal progetto autorizzato (ipotesi che certamente non ricorre nel caso
di specie), o qualora si contesti una infedele rappresentazione dello stato originario
dei luoghi e/o delle cose di potenziale interesse culturale.
Ciò è proprio quanto sembra essere accaduto nella fattispecie, posto che il MIBAC
sostiene che l’autorizzazione 6.11.2012 sia stata rilasciata sulla base di un errato
presupposto e di un travisamento dei fatti, in quanto la relazione redatta nel 2009
dalla dirigente comunale dott.ssa Ratti per il bando di progettazione descriveva il
filare alberato centrale come piantumato un decennio dopo la fine della guerra,
individuandolo quindi come componente estraneo all’originario disegno della
piazza, mentre – in realtà – secondo la relazione storica allegata al decreto di
riconoscimento dell’interesse culturale, esso risalirebbe al 1937, e sarebbe dunque
praticamente coevo alla realizzazione della piazza.
Conviene mettere alcuni punti fermi.
E’ pacifico che il filare di pini marittimi non rivesta un interesse culturale in sé, in
quanto piantumato da oltre settanta anni, ma soltanto – eventualmente - in quanto
elemento riconducibile all’originario impianto della piazza, risalente agli anni trenta
del XX secolo (così il decreto del Direttore regionale per i beni culturali e
paesaggistici della Liguria 8.11.2013 - doc. 9 delle produzioni 17.1.2014 di parte
comunale – oggetto del ricorso per motivi aggiunti).
Pare al collegio altrettanto evidente che l’autorizzazione 6.11.2012 sia stata
consapevolmente rilasciata dalla Soprintendenza su un progetto che implicava
necessariamente la rimozione del filare di pini marittimi.
Depone in tal senso, innanzitutto, la completezza dell’istanza di autorizzazione
8.5.2012 (doc. 46 delle produzioni 18.2.2014 di parte comunale, con il timbro di
ricevuta della Soprintendenza), che comprendeva, oltre a tutte le tavole progettuali
ed al rendering del progetto, un’ampia documentazione fotografica, in cui il filare
di pini marittimi appare sempre in evidenza.
Ciò posto, non è obiettivamente credibile che, a fronte di un’istanza completa e
priva di qualsiasi “fuorviante” riferimento all’epoca di piantumazione delle piante,
la Soprintendenza – organo dotato di specifica competenza, a ciò istituzionalmente
deputato - abbia del tutto trascurato la potenziale rilevanza culturale del filare di
pini marittimi, la cui eliminazione era chiaramente prevista dal progetto illustrato.
In realtà, dalla nota soprintendentizia 15.4.2013 prot. 10745 (doc. 25 delle
produzioni 17.1.2014), di risposta alle osservazioni del comitato “per piazza
Verdi”, si trae la decisiva riprova che l’organo decentrato del Ministero aveva
invece specificamente considerato anche l’alberatura centrale, individuando in essa
un elemento di alterazione del disegno architettonico originario della piazza come
spazio pubblico libero e vuoto, elemento “cui non può essere riconosciuto in sé alcun
valore storico-artistico, anche in quanto privi del requisito dei settant’anni indispensabile per la
sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del d. lgs. 42/2004 e s.m.i.”.
Chiarito che l’istanza 8.5.2012 del comune illustrava compiutamente il progetto e
che la relativa autorizzazione 6.11.2012, nell’affermarne la compatibilità con le
esigenze di tutela monumentale del sito, conteneva dunque una chiara - seppur
implicita – valutazione negativa circa l’interesse culturale del filare alberato, i
provvedimenti di sospensione dei lavori di rimozione dell’alberatura - impugnati
con il ricorso introduttivo - appaiono illegittimi sotto molteplici profili.
Innanzitutto, perché, in assenza delle esigenze cautelari tipizzate dall’art. 28 del D.
Lgs. n. 42/2004 o delle gravi ragioni di cui all’art. 21-quater della L. n. 241/1990,
hanno disposto la parziale disapplicazione di un provvedimento amministrativo
esecutivo ed efficace, sul quale il comune aveva riposto un legittimo affidamento.
Premesso che l’obbligo di motivazione in ordine alle gravi ragioni ex art. 21-
quater L. n. 241/1990 deve ritenersi particolarmente intenso, dovendo giustificare
una circostanza eccezionale quale il mancato dispiegamento ad tempus di tutti o di
parte degli effetti di un atto che ha già cominciato a produrli (T.A.R. Campania-
Napoli, VII, 11.11.2011, n. 54302), nel caso di specie l’invito a non rimuovere
l’alberatura centrale viene giustificato esclusivamente con la mancata attivazione
della procedura di verifica dell’interesse culturale.
Sennonché, da un lato l’attivazione di una tale verifica non costituiva affatto per il
comune un obbligo, ma - al più - una mera facoltà, neppure esercitabile entro un
termine di decadenza, posto che il bene culturale (la piazza Verdi, di cui il filare
alberato costituisce soltanto una componente) risultava già soggetta alle
disposizioni di tutela.
Tanto ciò è vero che, nell’economia del provvedimento di autorizzazione (doc. 27
delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), la sollecitazione all’avvio della
relativa procedura costituisce l’oggetto di un semplice “invito”, del tutto estraneo –
anche dal punto di vista grafico – all’elenco puntato delle tre prescrizioni apposte
dalla Soprintendenza.
Dall’altro - e soprattutto - una verifica (negativa) dell’interesse culturale del filare
alberato era da ritenersi implicita nell’autorizzazione 6.11.2012: in tal senso, la
mancata considerazione della già rilasciata autorizzazione integra un’evidente spia
dell’eccesso di potere, sotto i dedotti profili del difetto di istruttoria e di
motivazione, nonché della contraddittorietà con precedenti determinazioni
dell’amministrazione (l’autorizzazione 6.11.2012 e la nota di chiarimenti 15.4.2013
della Soprintendenza).
Donde la falsa applicazione degli artt. 21-quater della L. n. 241/1990 e 28 del D.
Lgs. n. 42/2004 e l’eccesso di potere, sotto i profili del difetto di istruttoria e di
motivazione, nonché della contraddittorietà.
Un’ulteriore spia dell’eccesso di potere è rinvenibile nella circostanza che i
provvedimenti degli organi decentrati del Ministero, di sospensione dei lavori di
rimozione dell’alberatura centrale, hanno fatto seguito - con stretta cadenza
temporale - alle dichiarazioni via tweet del Ministro, che preannunciava la richiesta
di sospensione dei lavori in piazza Verdi (doc. 1 delle produzioni 17.1.2014 di
parte comunale).
Ora, sebbene le dichiarazioni via tweet del Ministro non integrino un atto
amministrativo annullabile per incompetenza (posto che al Ministro compete
soltanto l’adozione degli atti di indirizzo, non già dei concreti atti di gestione del
vincolo culturale, di competenza dei dirigenti – art. 4 D. Lgs. 30.3.2001, n. 165),
essi nondimeno costituiscono sicura spia dell’eccesso di potere per sviamento, nel
senso che gli organi decentrati del MIBAC sembrano essersi determinati a
sospendere i lavori – oltretutto in palese contrasto con le proprie recenti
determinazioni – non già sulla base di una meditata valutazione di nuovi elementi
istruttori circa l’epoca di piantumazione del filare di pini (elementi emersi soltanto
in seguito, e valorizzati nel decreto del Direttore regionale 8.11.2013), ma al fine di
assecondare gli impegni ormai pubblicamente assunti dal Ministro, di sospendere i
lavori di realizzazione del progetto Vannetti-Buren.
Donde l’illegittimità degli atti impugnati con il ricorso introduttivo, che debbono
pertanto essere annullati.
Può a questo punto affrontarsi la questione centrale della controversia, che attiene
all’interesse culturale riconosciuto dal Ministero al filare alberato (cfr. il decreto del
Direttore regionale MIBAC 8.11.2013, doc. 9 delle produzioni 17.1.2014 di parte
comunale), ciò che ha poi giustificato l’annullamento in autotutela
dell’autorizzazione 6.11.2012 (cfr. il decreto del Soprintendente 15.11.2013, n. 26,
doc. 10 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale).
Si tratta degli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti notificato in data 23-
24.12.2013.
Anche in tal caso conviene mettere alcuni punti fermi.
E’ pacifico che il progetto originario della piazza di cui al piano regolatore generale
del 1932 a cura del gruppo degli urbanisti romani (allegato 3 al doc. 48 delle
produzioni 18.3.2014 di parte comunale) non contemplasse affatto il filare di pini,
che non appare né nel capitolato speciale d’appalto dei lavori di sistemazione di
piazza Verdi (doc. 13 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), né nelle
immagini della piazza di epoca più risalente (docc. 14 e 17 delle produzioni
17.1.2014 di parte comunale).
Ciò che – del resto – appare perfettamente in linea con la relazione al p.r.g. del
1932, che ripudia espressamente “il vieto concetto ottocentesco di considerare le zone verdi un
semplice ‘abbellimento’ urbano episodico da collocare qua e là nel centro delle piazze di
traffico” (cfr. la relazione al p.r.g. del 1932 del gruppo degli urbanisti romani, doc.
12 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale, p. 15).
Secondo quanto risulta dalla documentazione prodotta, l’alberatura centrale venne
infatti approvata il 26.8.1937, su specifica proposta dell’ispettorato municipale dei
giardini, e piantumata sul finire dell’anno 1937, allorché i lavori di realizzazione
della piazza erano già stati da tempo ultimati (il 16.3.1935 – cfr. la deliberazione n.
21/542 del 20.7.1936, doc. 15 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale) e
finanche collaudati (cfr. la deliberazione n. 7/33 del 25.1.1937, doc. 16 delle
produzioni 17.1.2014 di parte comunale), ciò che ne aveva certificato la conformità
al progetto.
Dunque, da un punto di vista storico, tutti gli elementi istruttori depongono
univocamente per l’ipotesi che la piantumazione del filare di pini marittimi sia
avvenuta con una decisione autonoma, estranea (anche per la provenienza della
proposta) all’originario progetto di sistemazione architettonica della piazza e
successiva – seppur di poco – alla sua realizzazione, con l’intento di realizzare un
intervento di arredo urbano.
Che poi l’inserimento nella composizione architettonica della piazza del filare
alberato e la scelta delle essenze rispondessero “a quella ricerca di toni mediterranei
sostenuti dal regime che caratterizza molti coevi interventi di disegno urbano” (così la relazione
storica allegata al decreto 8.11.2013) è circostanza che non vale ad escluderne
l’estraneità al progetto originario ed il contrasto con i sopra citati principi ispiratori
del piano regolatore generale in materia di verde pubblico.
Si tratta delle medesime conclusioni raggiunte – in un primo tempo – dalla stessa
Soprintendenza, che, nella nota 15.4.2013, ebbe a scrivere che “l’attuale
configurazione, caratterizzata da un isolotto spartitraffico centrale alberato, fitti allineamenti di
auto in sosta e, soprattutto, dalla barriera longitudinale data dal flusso continuo del traffico,
risulta fortemente snaturante l’originaria concezione della piazza, e ne mortifica il ruolo di spazio
pubblico libero e vuoto, necessario all’apprezzamento dell’imponente disegno architettonico delle
quinte edificate”, sicché le opere in progetto “non comportano alcuna interferenza diretta con
componenti storiche, poiché sia le attuali pavimentazioni e quote, sia l’alberata centrale
rappresentano elementi di alterazione del disegno architettonico originario, cui non può essere
riconosciuto in sé alcun valore storico-artistico, anche in quanto privi del requisito dei settant’anni
indispensabile per la sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del d. lgs. 42/2004 e s.m.i.”.
Orbene, per costante giurisprudenza la dichiarazione del valore storico o artistico
di un bene presuppone un giudizio di discrezionalità tecnica non sindacabile in
sede di giudizio di legittimità, se non per vizi di eccesso di potere per errore nei
presupposti o per manifesta illogicità: ne consegue che di fronte all'esercizio di un
tale potere di merito, ampiamente discrezionale nei contenuti - e di esclusiva
prerogativa dell'amministrazione - il sindacato esperibile in sede di giurisdizione
risulta circoscritto alla verifica circa il venire in essere di profili di incongruità ed
illogicità che, in quanto tali, siano suscettibili di far emergere l'inattendibilità della
valutazione tecnica-discrezionale compiuta (cfr. T.A.R. Veneto, II, 18.1.2013, n.
34; nello stesso senso T.A.R. Campania-Salerno, II, 9.1.2014, n. 5).
Risulta allora evidente l’illegittimità del decreto del Direttore regionale 8.11.2013,
che ha dichiarato l’interesse culturale di piazza Verdi e del filare alberato di pini, sul
presupposto che, secondo la relazione storica allegata al decreto, esso sarebbe
riconducibile all’originario impianto degli anni ’30 del XX secolo.
Come si è visto, si tratta di una valutazione basata su un presupposto di fatto
errato, in quanto smentito da tutte le fonti documentali disponibili.
L’illegittimità del decreto del Direttore regionale 8.11.2013, di dichiarazione
dell’interesse culturale di piazza Verdi e del filare alberato di pini comporta - in via
derivata - l’illegittimità del decreto della Soprintendenza 15.11.2013, n. 26 (di
annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies L. n. 241/1990 dell’autorizzazione
6.11.2012, nella parte in cui ha ritenuto ammissibile la rimozione definitiva del
filare di pini centrale), che lo ha assunto quale suo presupposto.
Il decreto 15.11.2013, n. 26 è illegittimo anche sotto un ulteriore, distinto profilo.
L’annullamento parziale dell’autorizzazione 6.11.2012 viene infatti giustificato con
la circostanza che questa sarebbe fondata su erronei presupposti istruttori, sviati
dalla valutazione - erroneamente indotta dal comune nella relazione redatta dalla
dott.ssa Ratti - che il filare alberato fosse stato piantumato “un decennio dopo la fine
della guerra”, anziché sul finire del 1937.
Si tratta di una conclusione doppiamente inesatta; sia perché la relazione Ratti non
era parte del progetto di riqualificazione di piazza Verdi, né era stata allegata a
corredo della richiesta di autorizzazione (legittimamente, posto che
l’autorizzazione “è resa su progetto” - art. 21 comma 5 del D. Lgs. n. 42/2004): sicché
non si vede come possa avere sviato le valutazioni autonomamente operate dalla
Soprintendenza con il provvedimento 6.11.2012; sia – soprattutto - perché
l’interesse culturale del filare alberato non discende affatto dall’epoca –
infrasettantennale od ultrasettantennale – della sua piantumazione, ma, piuttosto,
dall’essere riconosciuto elemento riconducibile all’originario impianto di piazza
Verdi.
Ciò che, per tutto quanto detto sopra, deve ragionevolmente escludersi.
Attesa la natura delle parti in causa e degli interessi pubblici coinvolti, sussistono
giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando,
Accoglie il ricorso ed i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti
impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Santo Balba, Presidente
Davide Ponte, Consigliere
Angelo Vitali, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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Sentenza tar 19 5-014 su progetto piazza verdi

  • 1. N. 00787/2014 REG.PROV.COLL. N. 01008/2013 REG.RIC. R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1008 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Comune di Spezia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Bormioli e Stefano Carrabba, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Genova, p.zza Dante 9/14; contro Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliata in Genova, viale Brigate Partigiane n. 2; e con l'intervento di ad opponendum: - Associazione Legambiente-Onlus, rappresentata e difesa dall'avv. Piera Sommovigo, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Malta, 4a/14; - Associazione Italia Nostra Onlus, rappresentata e difesa dall'avv. Rino Tortorelli,
  • 2. con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carmela De Lucia in Genova, via XX Settembre 33/8; per l'annullamento dei provvedimenti di sospensione dei lavori di esecuzione del progetto di riqualificazione di piazza Verdi, nonché, con ricorso per motivi aggiunti, dei provvedimenti di dichiarazione dell’interesse culturale della piazza e del filare alberato di pini, nonché del decreto soprintendentizio 15.11.2013, n. 26, di annullamento d’ufficio dell’autorizzazione 6.11.2012, n. 33062. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali; Visti gli atti di intervento ad opponendum dell’Associazione Legambiente-Onlus e dell’Associazione Italia Nostra Onlus; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso notificato in data 27.9.2013 il comune di Spezia espone di aver approvato, all’esito di un apposito concorso di progettazione, un intervento di riqualificazione architettonica ed artistica di piazza Verdi. Poiché la piazza in questione é stata realizzata oltre settanta anni fa – e dunque, nelle more della verifica della effettiva sussistenza dell’interesse culturale, tutelata come bene culturale ai sensi degli artt. 10 comma 4 lett. g) e 12 comma 1 del D. Lgs. n. 42/2004 – il comune, con istanza 8.5.2012 (corredata da 15 elaborati - doc.
  • 3. 46 delle produzioni 18.2.2014 di parte comunale), chiedeva alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria l’autorizzazione ex art. 21 del D. Lgs. citato all’esecuzione del progetto. Con provvedimento 6.11.2012, n. 33062 (doc. 27 delle produzioni 17.1.2014 di parte ricorrente) la Soprintendenza rilasciava l’autorizzazione in questione, con la motivazione che le opere “sembrano, allo stato attuale delle conoscenze, migliorare l’aspetto generale della piazza e quindi risultare compatibili con le esigenze di tutela monumentale del sito”. Nel contesto dell’atto la Soprintendenza invitava il comune ad avviare presso la Direzione regionale la necessaria procedura di verifica dell’interesse culturale relativo all’immobile in oggetto. Ottenuta l’autorizzazione ex art. 21 D. Lgs. n. 42/2004, il comune stipulava in data 29.5.2013 il contratto con l’impresa aggiudicataria, ed il successivo 17.6.2013 procedeva alla consegna dei lavori. Nel frattempo, si sviluppava un’accesa contestazione del progetto prescelto (Vannetti-Buren) da parte di singoli cittadini, di comitati e di associazioni ambientaliste contrari ad esso e - più in particolare - all’abbattimento del filare di pini marittimi, insito nella realizzazione dei lavori di riqualificazione di piazza Verdi. In questo clima, con un tweet del 15.6.2013 (doc. 1 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale) il Ministro Massimo Bray preannunciava la richiesta al comune di sospendere i lavori in attesa della verifica del progetto da parte del Ministero. Subito dopo, gli organi periferici del Ministero per i beni e le attività culturali (di seguito, MIBAC) sollecitavano nuovamente al comune l’avvio del procedimento di verifica dell’interesse culturale della piazza, invitandolo a non procedere – nelle more – alla rimozione di componenti il cui interesse culturale non fosse stato definitivamente accertato (cfr. i provvedimenti 17.6.2013 n. 4448 della Direzione
  • 4. regionale e 17.6.2013 n. 17798 della Soprintendenza – docc. 3 e 4 delle produzioni 17.1.2014 di parte ricorrente) e autorizzando la prosecuzione dei lavori “limitatamente agli interventi sulla sede viaria ed i marciapiedi, con esclusione delle opere interessanti l’area centrale della piazza e le componenti arboree ivi presenti” (nota della Soprintendenza 21.6.2013 n. 18386, doc. 5 delle produzioni 17.1.2014 di parte ricorrente). Tali atti sono stati fatti oggetto di impugnazione con il ricorso introduttivo, affidato a sette motivi di ricorso, rubricati come segue. I) Sugli atti del Ministero. 1) Violazione degli art. 4 e 14 del D.lgs. n. 165/2001, degli artt. 21 e 12 D.lgs. n. 42/2004 e dell'art. 17 D.P.R. n. 233/2007. Violazione dell'art. 21-quater L. n. 241/1990. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Le dichiarazioni via tweet e a mezzo stampa del Ministro integrerebbero un’inammissibile usurpazione di funzioni amministrative di esclusiva competenza dirigenziale. II) Sull'atto della Direzione generale n. 4448 del 17/6/2013. 2) Violazione degli artt. 12 e 21 D.lgs. n. 42/2004 e del divieto di disapplicazione degli atti amministrativi. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti. Sviamento. L’atto della Direzione regionale avrebbe sostanzialmente disapplicato l’atto soprintendentizio di autorizzazione del 6.11.2012, con il quale si escludeva ogni valore artistico e storico del filare di pini. Inoltre, l’avvio del procedimento di verifica dell’interesse culturale sarebbe per il comune una mera facoltà, posto che, ai sensi dell’art. 12.1 del codice dei beni culturali, l’autorizzazione soprintendentizia 6.11.2012 legittima comunque l’esecuzione dei lavori, anche in pendenza della verifica.
  • 5. III) Sugli atti soprintendentizi prot. n. 17798 del 17/6/2013 e n. 18386 del 21/6/2013 che del primo ha circoscritto l'effetto (nonché, ancora, sugli atti del Ministro e della Direzione regionale). 3) Violazione dell'art. 12 D.lgs. n. 42/2004. Violazione del principio di non modificabilità dell'autorizzazione ex art. 12.1 e 21 D. Lgs. n. 42/2004 e di tutela dell'affidamento. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà. Come risulterebbe inequivocabilmente dall’atto soprintendentizio 15.4.2013 (doc. 25 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), con l’autorizzazione 6.11.2012 la Soprintendenza aveva ritenuto il progetto in toto compatibile, escludendo il riconoscimento di alcun valore storico-artistico alla alberatura centrale, a prescindere dall’età dei pini. Inoltre, l’avvio della verifica ex art. 12.2 del D. Lgs. n. 42/2004 non legittimerebbe comunque la sospensione dei lavori, in quanto la sua funzione è quella di escludere – sussistendone i presupposti – l’interesse dei beni cautelarmente tutelati dall’art. 12.1. IV) Sugli impugnati atti della Direzione regionale e della Soprintendenza. 4) Illegittimità derivata dagli impugnati atti ministeriali. V) Su tutti gli impugnati atti del Ministro, della Direzione generale e della Soprintendenza. 5) Violazione dell'art. 7 L. n. 241/1990. Gli atti impugnati non risultano preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, né motivano tale omissione. 6) Violazione dell'art. 21-quater L. n. 241/1990. Gli atti impugnati non motivano circa le gravi ragioni richieste dalla norma rubricata per disporre la sospensione dell’efficacia dell’autorizzazione soprintendentizia 6.11.2012.
  • 6. 7) Violazione dell'art. 28 D. Lgs. n. 42/2004. Qualora gli atti di sospensione fossero ritenuti espressione del potere cautelare ex art. 28.2 del D. Lgs. n. 42/2004, essi sarebbero illegittimi in quanto tale potere è esercitabile soltanto in carenza di atti autorizzativi, nel caso di specie invece sussistenti. Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 23-24.12.2013 il comune di Spezia ha esteso l’impugnazione al decreto del Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Liguria 8.11.2013 (doc. 9 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), di dichiarazione dell’interesse culturale della piazza e del filare alberato di pini, quale elemento riconducibile all’originario impianto degli anni trenta del XX secolo, nonché al decreto 15.11.2013, n. 26 (doc. 10 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), con il quale la Soprintendenza ha annullato d’ufficio in via di autotutela – ex art. 21-nonies L. n. 241/1990 – l’autorizzazione 6.11.2012, n. 33062, rilasciata ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. n. 42/2004, “limitatamente alla parte in cui si ritengono ammissibili le opere che prevedono – come azione preliminare alla esecuzione di quanto progettato – la rimozione definitiva del filare di pini centrale”. Secondo il decreto 15.11.2013, n. 26, l’autorizzazione 6.11.2012 sarebbe stata rilasciata sulla base di un errato presupposto e di un travisamento dei fatti, posto che la relazione comunale a corredo del progetto descriveva il filare alberato centrale come piantumato un decennio dopo la fine della guerra, individuandolo quindi come componente estraneo all’originario disegno della piazza, mentre – in realtà – secondo la relazione storica allegata al decreto di riconoscimento dell’interesse culturale, esso risalirebbe al 1937, e sarebbe dunque praticamente coevo alla realizzazione della piazza. A sostegno del gravame aggiuntivo il comune ha dedotto ulteriori sei motivi di ricorso, rubricati come segue. 1) Su tutti gli atti gravati.
  • 7. Violazione degli artt. 4 e 14 D. Lgs. n. 165/2001 e degli art. 17 e 18 D.P.R. n. 233/2007 in relazione agli artt. 12 e 21 D. lgs. n. 42/2004. Incompetenza. Violazione dell'art. 7 L. n. 241/1990. I vizi da cui sono affetti gli atti del Ministro – che ha avocato a sé la decisione sulla realizzabilità del progetto – si estendono in via derivata agli atti della Direzione regionale e della Soprintendenza, che si sono conformate alla valutazione dell’organo politico. 2) Sul decreto della Direzione regionale e sugli atti ad esso preordinati. Violazione dell'art. 12 D. Lgs. n. 42/2004 e degli art. 17 e 18 D.P.R. 233/2007. Violazione del divieto di disapplicazione degli atti amministrativi. Contraddittorietà. Il decreto della Direzione regionale di dichiarazione dell’interesse culturale del filare alberato di piazza Verdi è stato emesso nel vigore dell’autorizzazione soprintendentizia: donde la violazione del principio di non disapplicabilità degli atti amministrativi e l’eccesso di potere per contraddittorietà. 3) Ancora sul decreto della Direzione regionale 8/11/2013 e sugli atti ad esso preordinati. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 12 D. Lgs. n. 42/2004. Eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti, sviamento, contraddittorietà. Difetto di motivazione. Dalla relazione storica allegata al decreto 8.11.2013 non si evince quale sarebbe lo specifico interesse culturale dell’alberatura centrale, che - del resto - è estranea all’originario impianto della piazza. 4) Sul decreto della Soprintendenza n. 26 del 15/11/2013 e sugli atti ad esso preordinati. Violazione dell'art. 21-nonies L. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, travisamento dei fatti, sviamento, contraddittorietà. Illegittimità derivata dal decreto della Direzione regionale 8/11/2013.
  • 8. Posto che l’alberatura centrale costituisce un elemento di alterazione del disegno architettonico originario della piazza (come efficacemente argomentato dalla Soprintendenza nella nota 15.4.2013 - doc. 25 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), la questione circa l’età dei pini diventa irrilevante ai fini della valutazione circa il loro supposto interesse culturale. 5) Sul decreto del Direttore regionale 8/11/2013 e sul decreto della Soprintendenza n. 26 del 15/11/2013. Difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento degli atti, illogicità e contraddittorietà sulla valutazione del pubblico interesse. Non vi è negli atti impugnati alcuna motivazione circa la ragionevolezza dell’imposizione di un vincolo di tutela su piante giunte ormai alla fine del fisiologico ciclo vitale, ed in parte addirittura pericolanti (cfr. i docc. 33 e 44 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale). 6) In subordine. Violazione dell'art. 21-quinquies L. n. 241/1990. Azione di accertamento. I provvedimenti gravati integrano in realtà una revoca – ex art. 21-quinquies L. n. 241/1990 - dell’autorizzazione 6.11.2012 per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario: donde, in subordine e per l’ipotesi di rigetto della domanda di annullamento, la richiesta di corresponsione dell’indennizzo previsto dalla norma rubricata. Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali, controdeducendo sul merito delle singole censure ed instando per la reiezione del ricorso. Sono intervenute in giudizio ad opponendum le associazioni a carattere nazionale Legambiente Onlus e Italia Nostra, instando per il rigetto del ricorso. Previo scambio delle memorie conclusionali e di replica, alla pubblica udienza del 29.4.2014 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
  • 9. DIRITTO Il ricorso ed i motivi aggiunti sono fondati, e debbono essere accolti. Giova prendere le mosse dall’art. 12 del D. Lgs. 22.1.2004, n. 42, che così recita: “1. Le cose indicate all’articolo 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili, sono sottoposte alle disposizioni della presente Parte fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2. 2. I competenti organi del Ministero, d'ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose di cui al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione. 3. Per i beni immobili dello Stato, la richiesta di cui al comma 2 è corredata da elenchi dei beni e dalle relative schede descrittive. I criteri per la predisposizione degli elenchi, le modalità di redazione delle schede descrittive e di trasmissione di elenchi e schede sono stabiliti con decreto del Ministero adottato di concerto con l'Agenzia del demanio e, per i beni immobili in uso all'amministrazione della difesa, anche con il concerto della competente direzione generale dei lavori e del demanio. Il Ministero fissa, con propri decreti, i criteri e le modalità per la predisposizione e la presentazione delle richieste di verifica, e della relativa documentazione conoscitiva, da parte degli altri soggetti di cui al comma 1. 4. Qualora nelle cose sottoposte a verifica non sia stato riscontrato l'interesse di cui al comma 2, le cose medesime sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente Titolo. 5. Nel caso di verifica con esito negativo su cose appartenenti al demanio dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, la scheda contenente i relativi dati è trasmessa ai competenti uffici affinché ne dispongano la sdemanializzazione qualora, secondo le valutazioni dell'amministrazione interessata, non vi ostino altre ragioni di pubblico interesse. 6. Le cose di cui al comma 4 e quelle di cui al comma 5 per le quali si sia proceduto alla sdemanializzazione sono liberamente alienabili, ai fini del presente codice. 7. L'accertamento dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, effettuato in conformità agli indirizzi generali di cui al comma 2,
  • 10. costituisce dichiarazione ai sensi dell'articolo 13 ed il relativo provvedimento è trascritto nei modi previsti dall'articolo 15, comma 2. I beni restano definitivamente sottoposti alle disposizioni del presente Titolo. 8. Le schede descrittive degli immobili di proprietà dello Stato oggetto di verifica con esito positivo, integrate con il provvedimento di cui al comma 7, confluiscono in un archivio informatico, conservato presso il Ministero e accessibile al Ministero e all'Agenzia del demanio, per finalità di monitoraggio del patrimonio immobiliare e di programmazione degli interventi in funzione delle rispettive competenze istituzionali. 9. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle cose di cui al comma 1 anche qualora i soggetti cui esse appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica. 10. Il procedimento di verifica si conclude entro centoventi giorni dal ricevimento della richiesta”. La disposizione ha introdotto – cautelarmente - un vincolo culturale in forza di una presunzione di legge, superabile soltanto a seguito di una verifica negativa, in quanto finalizzata all’esclusione dell’interesse culturale e – conseguentemente – al definitivo esonero dall'applicazione delle disposizioni di tutela dei beni culturali (art. 12 comma 4), anche in vista di una loro eventuale sdemanializzazione (art. 12 commi 5 e 6). Diversamente, in caso di conferma dell’interesse culturale presunto, le cose di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 42/2004 restano definitivamente sottoposte alle disposizioni di tutela del codice dei beni culturali (art. 12 comma 7). Dunque, fino alla verifica effettiva dell’interesse culturale, i beni di cui all’art. 10 del D. Lgs. n. 42/2004 (tra i quali le pubbliche piazze) rimangono comunque soggetti alle disposizioni di tutela, sicché colui che intenda eseguire su di essi opere e lavori di qualunque genere deve preliminarmente munirsi dell’autorizzazione del soprintendente, che “è resa su progetto” e può contenere prescrizioni (art. 21 commi 4 e 5 del D. Lgs. n. 42/2004). Nel caso di specie, il comune ha in effetti presentato istanza di autorizzazione ex art. 21 D. Lgs. n. 42/2004 per il lavori di riqualificazione della piazza,
  • 11. autorizzazione che è stata rilasciata con provvedimento soprintendentizio 6.11.2012, prot. 33062 (doc. 27 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale). Può pertanto giungersi ad una prima conclusione, nel senso che la richiesta di autorizzazione ex art. 21 D. Lgs. n. 42/2004 da parte dell’ente proprietario del bene, ed il suo successivo rilascio da parte della Soprintendenza, presupponendo necessariamente l’interesse culturale (sussistente ope legis), rendono del tutto superflua ed ultronea la verifica negativa di cui al citato art. 12 comma 2, che – come detto – è finalizzata all’esclusione dell’interesse culturale del bene, anche in vista di una sua eventuale sdemanializzazione. Così ricostruito il quadro normativo, appare affatto dirimente la verifica circa la correttezza dell’iter autorizzativo dell’intervento in questione: difatti, in presenza di una regolare autorizzazione ex art. 21 D. Lgs. n. 42/2004, non vi è alcuno spazio per misure cautelari quali l’ordine di sospensione dei lavori ex art. 28 D. Lgs. n. 42/2004 (oggetto del ricorso introduttivo), a meno che questi non siano condotti in difformità dal progetto autorizzato (ipotesi che certamente non ricorre nel caso di specie), o qualora si contesti una infedele rappresentazione dello stato originario dei luoghi e/o delle cose di potenziale interesse culturale. Ciò è proprio quanto sembra essere accaduto nella fattispecie, posto che il MIBAC sostiene che l’autorizzazione 6.11.2012 sia stata rilasciata sulla base di un errato presupposto e di un travisamento dei fatti, in quanto la relazione redatta nel 2009 dalla dirigente comunale dott.ssa Ratti per il bando di progettazione descriveva il filare alberato centrale come piantumato un decennio dopo la fine della guerra, individuandolo quindi come componente estraneo all’originario disegno della piazza, mentre – in realtà – secondo la relazione storica allegata al decreto di riconoscimento dell’interesse culturale, esso risalirebbe al 1937, e sarebbe dunque praticamente coevo alla realizzazione della piazza. Conviene mettere alcuni punti fermi.
  • 12. E’ pacifico che il filare di pini marittimi non rivesta un interesse culturale in sé, in quanto piantumato da oltre settanta anni, ma soltanto – eventualmente - in quanto elemento riconducibile all’originario impianto della piazza, risalente agli anni trenta del XX secolo (così il decreto del Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Liguria 8.11.2013 - doc. 9 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale – oggetto del ricorso per motivi aggiunti). Pare al collegio altrettanto evidente che l’autorizzazione 6.11.2012 sia stata consapevolmente rilasciata dalla Soprintendenza su un progetto che implicava necessariamente la rimozione del filare di pini marittimi. Depone in tal senso, innanzitutto, la completezza dell’istanza di autorizzazione 8.5.2012 (doc. 46 delle produzioni 18.2.2014 di parte comunale, con il timbro di ricevuta della Soprintendenza), che comprendeva, oltre a tutte le tavole progettuali ed al rendering del progetto, un’ampia documentazione fotografica, in cui il filare di pini marittimi appare sempre in evidenza. Ciò posto, non è obiettivamente credibile che, a fronte di un’istanza completa e priva di qualsiasi “fuorviante” riferimento all’epoca di piantumazione delle piante, la Soprintendenza – organo dotato di specifica competenza, a ciò istituzionalmente deputato - abbia del tutto trascurato la potenziale rilevanza culturale del filare di pini marittimi, la cui eliminazione era chiaramente prevista dal progetto illustrato. In realtà, dalla nota soprintendentizia 15.4.2013 prot. 10745 (doc. 25 delle produzioni 17.1.2014), di risposta alle osservazioni del comitato “per piazza Verdi”, si trae la decisiva riprova che l’organo decentrato del Ministero aveva invece specificamente considerato anche l’alberatura centrale, individuando in essa un elemento di alterazione del disegno architettonico originario della piazza come spazio pubblico libero e vuoto, elemento “cui non può essere riconosciuto in sé alcun valore storico-artistico, anche in quanto privi del requisito dei settant’anni indispensabile per la sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del d. lgs. 42/2004 e s.m.i.”.
  • 13. Chiarito che l’istanza 8.5.2012 del comune illustrava compiutamente il progetto e che la relativa autorizzazione 6.11.2012, nell’affermarne la compatibilità con le esigenze di tutela monumentale del sito, conteneva dunque una chiara - seppur implicita – valutazione negativa circa l’interesse culturale del filare alberato, i provvedimenti di sospensione dei lavori di rimozione dell’alberatura - impugnati con il ricorso introduttivo - appaiono illegittimi sotto molteplici profili. Innanzitutto, perché, in assenza delle esigenze cautelari tipizzate dall’art. 28 del D. Lgs. n. 42/2004 o delle gravi ragioni di cui all’art. 21-quater della L. n. 241/1990, hanno disposto la parziale disapplicazione di un provvedimento amministrativo esecutivo ed efficace, sul quale il comune aveva riposto un legittimo affidamento. Premesso che l’obbligo di motivazione in ordine alle gravi ragioni ex art. 21- quater L. n. 241/1990 deve ritenersi particolarmente intenso, dovendo giustificare una circostanza eccezionale quale il mancato dispiegamento ad tempus di tutti o di parte degli effetti di un atto che ha già cominciato a produrli (T.A.R. Campania- Napoli, VII, 11.11.2011, n. 54302), nel caso di specie l’invito a non rimuovere l’alberatura centrale viene giustificato esclusivamente con la mancata attivazione della procedura di verifica dell’interesse culturale. Sennonché, da un lato l’attivazione di una tale verifica non costituiva affatto per il comune un obbligo, ma - al più - una mera facoltà, neppure esercitabile entro un termine di decadenza, posto che il bene culturale (la piazza Verdi, di cui il filare alberato costituisce soltanto una componente) risultava già soggetta alle disposizioni di tutela. Tanto ciò è vero che, nell’economia del provvedimento di autorizzazione (doc. 27 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), la sollecitazione all’avvio della relativa procedura costituisce l’oggetto di un semplice “invito”, del tutto estraneo – anche dal punto di vista grafico – all’elenco puntato delle tre prescrizioni apposte dalla Soprintendenza.
  • 14. Dall’altro - e soprattutto - una verifica (negativa) dell’interesse culturale del filare alberato era da ritenersi implicita nell’autorizzazione 6.11.2012: in tal senso, la mancata considerazione della già rilasciata autorizzazione integra un’evidente spia dell’eccesso di potere, sotto i dedotti profili del difetto di istruttoria e di motivazione, nonché della contraddittorietà con precedenti determinazioni dell’amministrazione (l’autorizzazione 6.11.2012 e la nota di chiarimenti 15.4.2013 della Soprintendenza). Donde la falsa applicazione degli artt. 21-quater della L. n. 241/1990 e 28 del D. Lgs. n. 42/2004 e l’eccesso di potere, sotto i profili del difetto di istruttoria e di motivazione, nonché della contraddittorietà. Un’ulteriore spia dell’eccesso di potere è rinvenibile nella circostanza che i provvedimenti degli organi decentrati del Ministero, di sospensione dei lavori di rimozione dell’alberatura centrale, hanno fatto seguito - con stretta cadenza temporale - alle dichiarazioni via tweet del Ministro, che preannunciava la richiesta di sospensione dei lavori in piazza Verdi (doc. 1 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale). Ora, sebbene le dichiarazioni via tweet del Ministro non integrino un atto amministrativo annullabile per incompetenza (posto che al Ministro compete soltanto l’adozione degli atti di indirizzo, non già dei concreti atti di gestione del vincolo culturale, di competenza dei dirigenti – art. 4 D. Lgs. 30.3.2001, n. 165), essi nondimeno costituiscono sicura spia dell’eccesso di potere per sviamento, nel senso che gli organi decentrati del MIBAC sembrano essersi determinati a sospendere i lavori – oltretutto in palese contrasto con le proprie recenti determinazioni – non già sulla base di una meditata valutazione di nuovi elementi istruttori circa l’epoca di piantumazione del filare di pini (elementi emersi soltanto in seguito, e valorizzati nel decreto del Direttore regionale 8.11.2013), ma al fine di
  • 15. assecondare gli impegni ormai pubblicamente assunti dal Ministro, di sospendere i lavori di realizzazione del progetto Vannetti-Buren. Donde l’illegittimità degli atti impugnati con il ricorso introduttivo, che debbono pertanto essere annullati. Può a questo punto affrontarsi la questione centrale della controversia, che attiene all’interesse culturale riconosciuto dal Ministero al filare alberato (cfr. il decreto del Direttore regionale MIBAC 8.11.2013, doc. 9 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), ciò che ha poi giustificato l’annullamento in autotutela dell’autorizzazione 6.11.2012 (cfr. il decreto del Soprintendente 15.11.2013, n. 26, doc. 10 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale). Si tratta degli atti impugnati con il ricorso per motivi aggiunti notificato in data 23- 24.12.2013. Anche in tal caso conviene mettere alcuni punti fermi. E’ pacifico che il progetto originario della piazza di cui al piano regolatore generale del 1932 a cura del gruppo degli urbanisti romani (allegato 3 al doc. 48 delle produzioni 18.3.2014 di parte comunale) non contemplasse affatto il filare di pini, che non appare né nel capitolato speciale d’appalto dei lavori di sistemazione di piazza Verdi (doc. 13 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), né nelle immagini della piazza di epoca più risalente (docc. 14 e 17 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale). Ciò che – del resto – appare perfettamente in linea con la relazione al p.r.g. del 1932, che ripudia espressamente “il vieto concetto ottocentesco di considerare le zone verdi un semplice ‘abbellimento’ urbano episodico da collocare qua e là nel centro delle piazze di traffico” (cfr. la relazione al p.r.g. del 1932 del gruppo degli urbanisti romani, doc. 12 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale, p. 15). Secondo quanto risulta dalla documentazione prodotta, l’alberatura centrale venne infatti approvata il 26.8.1937, su specifica proposta dell’ispettorato municipale dei
  • 16. giardini, e piantumata sul finire dell’anno 1937, allorché i lavori di realizzazione della piazza erano già stati da tempo ultimati (il 16.3.1935 – cfr. la deliberazione n. 21/542 del 20.7.1936, doc. 15 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale) e finanche collaudati (cfr. la deliberazione n. 7/33 del 25.1.1937, doc. 16 delle produzioni 17.1.2014 di parte comunale), ciò che ne aveva certificato la conformità al progetto. Dunque, da un punto di vista storico, tutti gli elementi istruttori depongono univocamente per l’ipotesi che la piantumazione del filare di pini marittimi sia avvenuta con una decisione autonoma, estranea (anche per la provenienza della proposta) all’originario progetto di sistemazione architettonica della piazza e successiva – seppur di poco – alla sua realizzazione, con l’intento di realizzare un intervento di arredo urbano. Che poi l’inserimento nella composizione architettonica della piazza del filare alberato e la scelta delle essenze rispondessero “a quella ricerca di toni mediterranei sostenuti dal regime che caratterizza molti coevi interventi di disegno urbano” (così la relazione storica allegata al decreto 8.11.2013) è circostanza che non vale ad escluderne l’estraneità al progetto originario ed il contrasto con i sopra citati principi ispiratori del piano regolatore generale in materia di verde pubblico. Si tratta delle medesime conclusioni raggiunte – in un primo tempo – dalla stessa Soprintendenza, che, nella nota 15.4.2013, ebbe a scrivere che “l’attuale configurazione, caratterizzata da un isolotto spartitraffico centrale alberato, fitti allineamenti di auto in sosta e, soprattutto, dalla barriera longitudinale data dal flusso continuo del traffico, risulta fortemente snaturante l’originaria concezione della piazza, e ne mortifica il ruolo di spazio pubblico libero e vuoto, necessario all’apprezzamento dell’imponente disegno architettonico delle quinte edificate”, sicché le opere in progetto “non comportano alcuna interferenza diretta con componenti storiche, poiché sia le attuali pavimentazioni e quote, sia l’alberata centrale rappresentano elementi di alterazione del disegno architettonico originario, cui non può essere
  • 17. riconosciuto in sé alcun valore storico-artistico, anche in quanto privi del requisito dei settant’anni indispensabile per la sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del d. lgs. 42/2004 e s.m.i.”. Orbene, per costante giurisprudenza la dichiarazione del valore storico o artistico di un bene presuppone un giudizio di discrezionalità tecnica non sindacabile in sede di giudizio di legittimità, se non per vizi di eccesso di potere per errore nei presupposti o per manifesta illogicità: ne consegue che di fronte all'esercizio di un tale potere di merito, ampiamente discrezionale nei contenuti - e di esclusiva prerogativa dell'amministrazione - il sindacato esperibile in sede di giurisdizione risulta circoscritto alla verifica circa il venire in essere di profili di incongruità ed illogicità che, in quanto tali, siano suscettibili di far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnica-discrezionale compiuta (cfr. T.A.R. Veneto, II, 18.1.2013, n. 34; nello stesso senso T.A.R. Campania-Salerno, II, 9.1.2014, n. 5). Risulta allora evidente l’illegittimità del decreto del Direttore regionale 8.11.2013, che ha dichiarato l’interesse culturale di piazza Verdi e del filare alberato di pini, sul presupposto che, secondo la relazione storica allegata al decreto, esso sarebbe riconducibile all’originario impianto degli anni ’30 del XX secolo. Come si è visto, si tratta di una valutazione basata su un presupposto di fatto errato, in quanto smentito da tutte le fonti documentali disponibili. L’illegittimità del decreto del Direttore regionale 8.11.2013, di dichiarazione dell’interesse culturale di piazza Verdi e del filare alberato di pini comporta - in via derivata - l’illegittimità del decreto della Soprintendenza 15.11.2013, n. 26 (di annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies L. n. 241/1990 dell’autorizzazione 6.11.2012, nella parte in cui ha ritenuto ammissibile la rimozione definitiva del filare di pini centrale), che lo ha assunto quale suo presupposto. Il decreto 15.11.2013, n. 26 è illegittimo anche sotto un ulteriore, distinto profilo. L’annullamento parziale dell’autorizzazione 6.11.2012 viene infatti giustificato con la circostanza che questa sarebbe fondata su erronei presupposti istruttori, sviati
  • 18. dalla valutazione - erroneamente indotta dal comune nella relazione redatta dalla dott.ssa Ratti - che il filare alberato fosse stato piantumato “un decennio dopo la fine della guerra”, anziché sul finire del 1937. Si tratta di una conclusione doppiamente inesatta; sia perché la relazione Ratti non era parte del progetto di riqualificazione di piazza Verdi, né era stata allegata a corredo della richiesta di autorizzazione (legittimamente, posto che l’autorizzazione “è resa su progetto” - art. 21 comma 5 del D. Lgs. n. 42/2004): sicché non si vede come possa avere sviato le valutazioni autonomamente operate dalla Soprintendenza con il provvedimento 6.11.2012; sia – soprattutto - perché l’interesse culturale del filare alberato non discende affatto dall’epoca – infrasettantennale od ultrasettantennale – della sua piantumazione, ma, piuttosto, dall’essere riconosciuto elemento riconducibile all’originario impianto di piazza Verdi. Ciò che, per tutto quanto detto sopra, deve ragionevolmente escludersi. Attesa la natura delle parti in causa e degli interessi pubblici coinvolti, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando, Accoglie il ricorso ed i motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati: Santo Balba, Presidente Davide Ponte, Consigliere
  • 19. Angelo Vitali, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 19/05/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)