1. WORKSHOP SULLA “VALORIZZAZIONE DEL PAESAGGIO COME STRUMENTO DI SVILUPPO
COMPATIBILE - TERRITORIO - RURALITÀ – ECONOMIA - ENERGIE RINNOVABILI”.
Fubine, 12 dicembre 2009
Intervento a cura di Maria Quarta
Socio AIAPP – Associazione Italiana per l’Architettura del Paesaggio
Il tema della valorizzazione del paesaggio così come l’esigenza di recuperarne la centralità
nella pianificazione territoriale e urbanistica, ovvero la necessità di esplorare tutti i modi
possibili per valorizzare il paesaggio in tutte le sue dimensioni, sono questioni certamente
molto sentite ed ampiamente condivise. Lo testimoniano il fervido dibattito scientifico e
culturale, i più recenti strumenti legislativi e di governo del territorio, le azioni di
amministratori e tecnici che dimostrano una mutata sensibilità rispetto al passato.
L’attenzione verso il ruolo rinnovato della pianificazione e degli specialisti che si occupano
di paesaggio, emerge anche da una semplice lettura dei documenti che definiscono la
figura e le competenze dell’architetto paesaggista.
Il ruolo dell’architetto del paesaggio
Leggendo la Dichiarazione EFLA - Fondazione Europea per l’Architettura del Paesaggio
(Bruxelles, 1989) e comparandola con il documento IFLA - Federazione Internazionale degli
Architetti Paesaggisti (Canada, 2003), emerge con evidenza l’evoluzione, registrata in poco
più di un ventennio, del ruolo dell’architetto-paesaggista, compatibile con l’accresciuta
sensibilità sui valori e sugli aspetti riconoscibili del paesaggio.
Il documento EFLA attribuisce all’architetto del paesaggio il compito di pianificare e
progettare “paesaggi urbani e rurali (…) sulla base delle caratteristiche naturali e dei
valori storici e culturali del territorio”.
Il documento IFLA enfatizza, invece, il ruolo di ricercatore e promotore di “metodi nuovi o
innovativi per la pianificazione, la progettazione, l’amministrazione, la conservazione e lo
sviluppo sostenibile degli spazi aperti e dell’ambiente, sia all’interno che all’esterno degli
ambiti edificati”.
L’attenzione si sposta, quindi, verso la ricerca, la sperimentazione di metodi innovativi che
devono riguardare tutti gli aspetti del paesaggio: quelli legati alla pianificazione ed alla
progettazione come quelli legati alla sua gestione; gli aspetti legati alla valutazione del
paesaggio come quelli della promozione della sensibilizzazione e consapevolezza dei valori
espressi dal paesaggio.
La rilevanza del ruolo dell’architetto-paesaggista è evidente in ogni fase del lungo processo
di analisi-valutazione-pianificazione-progettazione-realizzazione-gestione-controllo a cui
l’uomo sottopone il paesaggio attraverso il suo agire quotidiano.
Evoluzione del concetto di paesaggio e degli strumenti legislativi e operativi
Il mutamento che riguarda il ruolo dell’architetto del paesaggio riflette, naturalmente, il
cambiamento più generale che ha interessato il dibattito scientico-culturale e l’assetto
legislativo sul concetto di paesaggio.
“Paesaggio è (…) un termine dalla caleidoscopica valenza semantica”1 e sul concetto di
paesaggio molti studiosi si sono cimentati senza, tuttavia, addivenire ad una definizione
omnicomprensiva. Senza volersi addentrare in questo esercizio, si cercherà di focalizzare
l’attenzione su una questione che esprime il più importante mutamento che ha interessato
il concetto di paesaggio, segnato dalla Convenzione Europea del Paesaggio del 2000.
La svolta concettuale che la CEP opera sul paesaggio è insita nella chiarezza con cui lo
definisce: “il paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita
dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle
loro interrelazioni” (art.1, comma a).
1
G. L. Rota, G. Rusconi (a cura di), “Edilizia. Urbanistica. Governo del territorio”, Utet, 2006, pag. 702
2. In virtù di quest’affermazione il campo di applicazione si estende agli ambiti naturali,
rurali, urbani e periurbani, comprendendo “sia i paesaggi che possono essere considerati
eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana, sia i paesaggi degradati” (art. 2). Il
paesaggio, dunque, non è solo un elenco di eccellenze estetiche in cui riconoscere il valore
storico-culturale, come nella filosofia delle leggi nazionali promulgate a partire dal 1939,
ma è la risultante di un sistema complesso di relazioni che si stratifica ed evolve con i
processi naturali e di vita delle popolazioni. Il concetto di paesaggio risulta, inoltre,
arricchito di una nuova dimensione: la “percezione sociale del paesaggio”. Il testo della
Convenzione mette in evidenza due esigenze fondamentali quali il diritto delle popolazioni
al godimento di un paesaggio di qualità e il diritto della partecipazione alle decisioni
inerenti la dimensione paesaggistica del proprio territorio.
Un mutamento culturale e legislativo di tale rilevanza incide significativamente anche sugli
strumenti di pianificazione del paesaggio.
Il piano paesistico previsto dalla legge 1497 del ’39, basandosi su una concezione del
paesaggio di tipo “estetico-percettiva” in cui le categorie di valore erano riferite
esclusivamente alla “bellezza” ed alla “eccezionalità” degli oggetti e dei luoghi, aveva una
valenza più di tipo formale che sostanziale: esso interveniva solo sugli oggetti di tutela ed
era deputato a stabilire zone di rispetto delle bellezze naturali e norme per i diversi tipi di
costruzione. Il fine del piano si riduceva all’individuazione di questi rari beni ed alla
promozione di una loro protezione e salvaguardia.
La CEP, invece, estende la pianificazione paesaggistica all’intero territorio e attribuisce al
piano un ruolo fortemente lungimirante, volto “alla valorizzazione, al ripristino o alla
creazione di paesaggi”. Inoltre, coniugando il paesaggio con l’ambiente, si afferma, nel
Preambolo, l’implicazione del tema del paesaggio con quello dello sviluppo sostenibile,
sottolineando il ruolo della pianificazione paesaggistica che deve “pervenire ad uno
sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività
economica e l’ambiente”.
Integrazione paesaggio-territorio-ambiente
Alla pianificazione, oggi, è attribuito sempre più un ruolo strategico, capace di attivare
procedure di integrazione tra concetti di sostenibilità ambientale, culturale, economico,
sociale e l'agire di soggetti istituzionali, preposti al governo del territorio e del paesaggio.
Si sta diffondendo in Italia una cultura della pianificazione integrata (in termini di piani
territoriali, piani paesaggistici, piani delle aree protette, piani di bacino, di tutela delle
acque, ecc.) attribuendole, al contempo, un nuovo ruolo sociale, sempre più protagonista
nelle azioni concrete di orientamento delle decisioni e di promozione della partecipazione
dei soggetti coinvolti per favorire la riuscita di azioni di tutela, recupero e gestione dei
luoghi.
Gli strumenti di pianificazione hanno assunto, quindi, un ruolo importantissimo in termini
paesaggistico-territoriali, ambientali, ma anche economico-sociali. Le trasformazioni
vengono ad essere così guidate da un approccio pluridisciplinare, rispettoso delle
specifiche esigenze della popolazione e capace di favorire il mantenimento della ricchezza
di segni, tracce e significati insiti nel paesaggio.
Integrazione pianificazione e gestione del paesaggio
Se si riconosce, come è evidente, la necessità valorizzare il paesaggio in tutte le sue forme
e dimensioni, si deve, altresì, riconoscere, al fine di mettere in atto azioni efficaci,
l’importanza di adottare un approccio integrato non solo orizzontalmente - ovvero tra le
pianificazioni che riguardano territorio, paesaggio e ambiente - ma anche verticalmente,
cioè lungo tutto il processo di analisi-valutazione-pianificazione-gestione del paesaggio.
Si vuole affermare, dunque, che la pianificazione per essere realmente efficace,
innovativa e mantenere il ruolo lungimirante indicato dalla CEP (cioè volto “alla
valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi” e capace di “pervenire ad uno
sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività
economica e l’ambiente”), deve essere accompagnata da un processo di gestione
3. sistemico. Occorre, cioè, trovare un modo per mettere a sistema e integrare aspetti
ambientali, territoriali, paesaggistici e socio-economico, da un lato, e dall’altro, integrare
attività di analisi, valutazione e pianificazione con le attività di gestione del paesaggio,
che la tradizione ha visto finora separate.
Una sperimentazione in tal senso è stata effettuata per alcuni Comuni delle Langhe,
nell’ambito di un progetto di ricerca condotto in collaborazione con l’Università di Torino,
realizzando un Sistema di Gestione Ambiental-Paesaggistico (SGAP)2.
Tale progetto, propone una combinazione tra strumenti di governo che finora sono stati
lontani tra loro: la pianificazione urbanistica e paesaggistica e la certificazione di qualità
attraverso i percorsi EMAS. Il progetto SGAP rappresenta una proposta metodologica per
l’integrazione del Sistema di Gestione Ambientale e Audit (EMAS) con la Convenzione
Europea del Paesaggio (CEP), nonché l’integrazione sistemica delle attività di analisi e
valutazione del paesaggio (proponendo metodologie diverse che tengono conto sia del
parere di esperti sia della popolazione) con le attività di pianificazione e di gestione del
territorio, del paesaggio e dell’ambiente.
2
Progetto per la realizzazione e certificazione di un Sistema di Gestione Ambiental-Pesaggistico per l’Unione
dei Comuni Colline di Langa e Barolo, finanziato dalla Regione Piemonte. Si veda: R. Beltramo, M. Quarta,
“SGAP - Sistema di Gestione Ambiental-Pesaggistico: aspetti introduttivi e impostazione metodologica”, in:
Rivista della Associazione Analisti Ambientali - Valutazione Ambientale n. 12 -Edicom Edizioni, Luglio-
Dicembre 2007.