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La mediazione
Prato, 11-13 gennaio 2012

Giuseppe Faso e Tiziana Chiappelli
Da quale bisogno nasce la mediazione?

• L’operatore
  – (sportellista, insegnante, professionista,
    assistente sociale, etc.).
• Si accorge di non riuscire a
  rispondere efficacemente alle
  richieste del cittadino proveniente da
  un gruppo minoritario,
  – nella lingua meglio parlata e compresa da
    lui
  – con codici culturali adeguati
                                                 2
Criticità, ambiguità

• E’ vero che raramente ci sono
  operatori con lo stesso retroterra
  linguistico e a conoscenza dei codici
  culturali del cittadino
• Il rischio è di sopravvalutare gli
  ostacoli posti da
  – diversa lingua
  – diversi codici culturali

                                          3
Come interpretare più a fondo questo bisogno?


• necessità di uscire dalle cornici di cui
  siamo parte e che sono parte di noi
• folklore . Si scambia la cultura dell’altro
  con
  – la rappresentazione che ci facciamo della
    sua diversità
  – la rappresentazione che l’altro allestisce per
    noi, secondo quelle che immagina siano le
    nostre aspettative.

                                                     4
Cornici e ricette

• Le ricette fornite dai modelli culturali hanno una
  valenza cognitiva e una emotiva. Classificano e
  discriminano. Funzionano da
  – precetti per l’azione
     • (chiunque voglia raggiungere un certo risultato deve procedere
       come è indicato nella ricetta)
  – scienza di interpretazione
     • (si suppone che chiunque proceda come è indicato in una certa
       ricetta intenda raggiungere il risultato previsto).



                                                                  5
Nozioni problematiche

• Differenza (linguistica, culturale, “etnica”)
     sopravvalutata al posto della disuguaglianza (di
      diritti, opportunità, informazioni)

• Cultura
  – Uno schema prodotto dagli studiosi per capire e
    rispettare le abitudini di popolazioni lontane, scambiato
    per una “sostanza” che spiega i comportamenti di
    ciascun individuo di quella popolazione

                                                          6
“Cultura” e solitarismo

– Sen definisce “solitarista” un approccio
  all’identità che considera gli esseri umani come
  membri solo di un gruppo ben preciso (una
  civiltà o una religione, una “cultura”)
– L’approccio solitarista “può essere un buon
  metodo per interpretare in modo sbagliato
  praticamente qualsiasi abitante del pianeta”.
     – Sen “Identità e violenza”, p.VIII




                                                7
Chi è la mediatrice (o il mediatore)?

• La mediatrice (linguistico-culturale) è una figura
   – professionalmente preparata
   – che facilita la comunicazione fra
      • un cittadino proveniente da un gruppo
        minoritario
      • l'operatore di un servizio pubblico o
        privato


                                                       8
Il contesto
• L’incontro avviene, di solito, in un contesto di
 – poteri impari, asimmetrici, diseguali
 – conoscenza ridotta dei nuovi cittadini da parte
   dell’operatore
 – probabile svantaggio da parte del cittadino
• e deve contribuire al
 – rispetto dei diritti di tutte e tre le parti coinvolte
    •   mediatrice
    •   cittadino
    •    operatore


                                                        9
Quali competenze

• Provenienza da un gruppo minoritario
• Conoscenza della lingua e dei percorsi del
  cittadino in condizione di svantaggio
• Conoscenza dei servizi, delle istituzioni, del
  territorio
• Esperienza nella comunicazione faccia-a-
  faccia e nell’arte dell’ascolto
               • Si tratta di competenze diverse
                  rispetto a quelle dell’operatore

                                                 10
In pratica....

• La mediatrice partecipa all’incontro
  tra l’operatore e il cittadino
  – se necessario, dopo avere contribuito a
    renderlo possibile
  – talvolta dopo averlo preparato con un pre-
    colloquio



                                                 11
Rispetto alle parti

• Fondamentale è il  rispetto delle autonomie 
  decisionali delle parti 
• La mediatrice
   – aiuta l’operatore a svolgere il proprio lavoro nei modi più
     sereni e meno conflittuali possibili 
   – aiuta  l’utente ad esercitare diritti‐doveri che non si 
     realizzerebbero in modo soddisfacente 
      • a causa delle difficoltà linguistiche 
      • allo spaesamento rispetto alle norme e alle regole 
        (anche non scritte) del paese che lo accoglie

                                                                   12
Scopo dell’intervento
• Assicurare l’accesso ai servizi e la loro fruizione
• Favorire una buona interazione con ambienti nuovi
• Tutela contro il pericolo, spesso inconsapevole, di
  razzismo e sessismo
• Evitare i “fraintendimenti interculturali”, che spesso
  attribuiscono a presunte ed esagerate“differenze”
  difficoltà di comunicazione, rendendo pressochè
  insormontabili tali difficoltà
• I cittadini di gruppi minoritari sono un soggetto attivo,
  in questi processi, e non oggetti di pur lodevoli
  attenzione da parte dell’Amministrazione

                                                        13
evitare di chiamare la mediatrice per

affidarle lo sportello  di un ufficio 
 informazione per immigrati
     Meglio  uno sportello di pre‐colloqui
Come animatrice interculturale nella scuola
     Non è qualificata per svolgere questo compito




                                                      14
altra abitudine inefficace

 Affidarle l’insegnamento della lingua italiana come 
  L2 
    Si tratta di un’attività specifica per cui non è affatto 
     qualificata, e per svolgere la quale le insegnanti stanno 
     seguendo corsi appositi di formazione




                                                                  15
Chi ha bisogno della mediazione?

• persone, di varia cittadinanza
    • (anche italiana)
• che, a causa di una scarsa conoscenza
  della lingua italiana standard, non sono in
  grado di esprimere i propri bisogni in modo
  certo e compiuto e comprendere bene le
  risposte
• La mediazione non è per gli “stranieri
  immigrati” in quanto categoria.
                                          16
E come si fa a sapere chi ne ha
           bisogno?

• Ci sono casi (come il primo rapporto con
  l’ufficio) in cui è spesso auspicabile
• Ma è importante l’auto-valutazione della
  propria conoscenza dell’italiano da parte di
  chi si rivolge al servizio
• Bisogna permettere al cittadino di scegliere
  se avvalersi o meno della mediazione
• Per ogni cittadino, bisogna programmare una
  mediazione “a termine”
                                             17
Come si è formata una
              mediatrice?
•   Ci sono diverse proposte e pratiche della formazione, alcune
    gravemente carenti
•   Le differenze riguardano:
         • Requisiti d’ingresso
            – Appartenenza o meno a gruppi minoritari, titoli di
              studio, ecc.
        • Numero di ore di formazione
        • Moduli previsti
            – Spazio attribuito (o no) alla comunicazione faccia-a-
              faccia, alla gestione nonviolenta del conflitto, ecc.
        • Competenze in uscita
        • Ipotesi di prestazione a fine corso
        • Centralità o meno dell’acquisizione di una deontologia

                                                                      18
Le differenze nel percorso di
         formazione riguardano:

• Requisiti d’ingresso
   – Appartenenza o meno a gruppi minoritari, titoli
     di studio, ecc.
• Numero di ore di formazione e moduli previsti
   – Spazio attribuito (o no) alla comunicazione
     faccia-a-faccia, alla gestione nonviolenta del
     conflitto, ecc.
• Competenze in uscita
• Ipotesi di prestazione a fine corso
• Centralità o meno dell’acquisizione di una
  deontologia
                                                       19
Attività di mediazione nei servizi

• Attraverso l’attività di mediazione, si cerca di
  migliorare i rapporti utenti / servizi attraverso:
  – interventi diretti di interpretariato fra utenti e
    servizi;
  – traduzione di materiale informativo dall'italiano nelle
    lingue degli utenti di etnie minoritarie;
  – facilitazione della reciproca comprensione dei bisogni,
    dei diritti e dei doveri sia degli utenti che delle
    istituzioni e dei fornitori di servizi pubblici.


                                                        20
Aspetti critici nell’uso della
             mediatrice

• Enfatizzazione delle differenze “culturali”
    – L’appartenenza, pensata spesso come qualcosa di stabile che
      pre-esiste alla relazione, viene in realtà prodotta
      nell’interazione: l’etnicità viene attribuita in situazioni di
      estraneità.
• Bisogno di un lavoro dignitoso
• Mancanza ipotesi di prestazioni chiare
• Abuso/confusione del ruolo
• Scarse conoscenza del ruolo da parte dei
  committenti
• La formazione (mediatori “di fatto” senza un
  percorso qualificante)
                                                                       21
L’interprete sociale
• lavora utilizzando le lingue in cui utente ed operatore
  sentono di esprimersi meglio per migliorare la
  comprensione reciproca.
• offre un servizio tecnico-professionale di traduzione
  / interpretariato consecutivo
• può essere italiano o straniero
• Ha seguito un corso di formazione meno impegnativo




                                                        22
riflessioni conclusive

• La mediazione culturale non può rimediare
  all’assenza, come operatori, di persone di
  diversa provenienza nei servizi
• La mediazione culturale non deve essere lo
  sbocco occupazionale per le persone
  persone che per altri motivi sono chiamate
  a ”rappresentare” popolazioni
  – (maschi, leader di “comunità”, etc.)
                                           23

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Teorie e tecniche della mediazione linguistico-culturale per l’ente pubblico e il privato sociale

  • 1. La mediazione Prato, 11-13 gennaio 2012 Giuseppe Faso e Tiziana Chiappelli
  • 2. Da quale bisogno nasce la mediazione? • L’operatore – (sportellista, insegnante, professionista, assistente sociale, etc.). • Si accorge di non riuscire a rispondere efficacemente alle richieste del cittadino proveniente da un gruppo minoritario, – nella lingua meglio parlata e compresa da lui – con codici culturali adeguati 2
  • 3. Criticità, ambiguità • E’ vero che raramente ci sono operatori con lo stesso retroterra linguistico e a conoscenza dei codici culturali del cittadino • Il rischio è di sopravvalutare gli ostacoli posti da – diversa lingua – diversi codici culturali 3
  • 4. Come interpretare più a fondo questo bisogno? • necessità di uscire dalle cornici di cui siamo parte e che sono parte di noi • folklore . Si scambia la cultura dell’altro con – la rappresentazione che ci facciamo della sua diversità – la rappresentazione che l’altro allestisce per noi, secondo quelle che immagina siano le nostre aspettative. 4
  • 5. Cornici e ricette • Le ricette fornite dai modelli culturali hanno una valenza cognitiva e una emotiva. Classificano e discriminano. Funzionano da – precetti per l’azione • (chiunque voglia raggiungere un certo risultato deve procedere come è indicato nella ricetta) – scienza di interpretazione • (si suppone che chiunque proceda come è indicato in una certa ricetta intenda raggiungere il risultato previsto). 5
  • 6. Nozioni problematiche • Differenza (linguistica, culturale, “etnica”)  sopravvalutata al posto della disuguaglianza (di diritti, opportunità, informazioni) • Cultura – Uno schema prodotto dagli studiosi per capire e rispettare le abitudini di popolazioni lontane, scambiato per una “sostanza” che spiega i comportamenti di ciascun individuo di quella popolazione 6
  • 7. “Cultura” e solitarismo – Sen definisce “solitarista” un approccio all’identità che considera gli esseri umani come membri solo di un gruppo ben preciso (una civiltà o una religione, una “cultura”) – L’approccio solitarista “può essere un buon metodo per interpretare in modo sbagliato praticamente qualsiasi abitante del pianeta”. – Sen “Identità e violenza”, p.VIII 7
  • 8. Chi è la mediatrice (o il mediatore)? • La mediatrice (linguistico-culturale) è una figura – professionalmente preparata – che facilita la comunicazione fra • un cittadino proveniente da un gruppo minoritario • l'operatore di un servizio pubblico o privato 8
  • 9. Il contesto • L’incontro avviene, di solito, in un contesto di – poteri impari, asimmetrici, diseguali – conoscenza ridotta dei nuovi cittadini da parte dell’operatore – probabile svantaggio da parte del cittadino • e deve contribuire al – rispetto dei diritti di tutte e tre le parti coinvolte • mediatrice • cittadino • operatore 9
  • 10. Quali competenze • Provenienza da un gruppo minoritario • Conoscenza della lingua e dei percorsi del cittadino in condizione di svantaggio • Conoscenza dei servizi, delle istituzioni, del territorio • Esperienza nella comunicazione faccia-a- faccia e nell’arte dell’ascolto • Si tratta di competenze diverse rispetto a quelle dell’operatore 10
  • 11. In pratica.... • La mediatrice partecipa all’incontro tra l’operatore e il cittadino – se necessario, dopo avere contribuito a renderlo possibile – talvolta dopo averlo preparato con un pre- colloquio 11
  • 12. Rispetto alle parti • Fondamentale è il  rispetto delle autonomie  decisionali delle parti  • La mediatrice – aiuta l’operatore a svolgere il proprio lavoro nei modi più sereni e meno conflittuali possibili  – aiuta  l’utente ad esercitare diritti‐doveri che non si  realizzerebbero in modo soddisfacente  • a causa delle difficoltà linguistiche  • allo spaesamento rispetto alle norme e alle regole  (anche non scritte) del paese che lo accoglie 12
  • 13. Scopo dell’intervento • Assicurare l’accesso ai servizi e la loro fruizione • Favorire una buona interazione con ambienti nuovi • Tutela contro il pericolo, spesso inconsapevole, di razzismo e sessismo • Evitare i “fraintendimenti interculturali”, che spesso attribuiscono a presunte ed esagerate“differenze” difficoltà di comunicazione, rendendo pressochè insormontabili tali difficoltà • I cittadini di gruppi minoritari sono un soggetto attivo, in questi processi, e non oggetti di pur lodevoli attenzione da parte dell’Amministrazione 13
  • 14. evitare di chiamare la mediatrice per affidarle lo sportello  di un ufficio  informazione per immigrati Meglio  uno sportello di pre‐colloqui Come animatrice interculturale nella scuola Non è qualificata per svolgere questo compito 14
  • 15. altra abitudine inefficace  Affidarle l’insegnamento della lingua italiana come  L2   Si tratta di un’attività specifica per cui non è affatto  qualificata, e per svolgere la quale le insegnanti stanno  seguendo corsi appositi di formazione 15
  • 16. Chi ha bisogno della mediazione? • persone, di varia cittadinanza • (anche italiana) • che, a causa di una scarsa conoscenza della lingua italiana standard, non sono in grado di esprimere i propri bisogni in modo certo e compiuto e comprendere bene le risposte • La mediazione non è per gli “stranieri immigrati” in quanto categoria. 16
  • 17. E come si fa a sapere chi ne ha bisogno? • Ci sono casi (come il primo rapporto con l’ufficio) in cui è spesso auspicabile • Ma è importante l’auto-valutazione della propria conoscenza dell’italiano da parte di chi si rivolge al servizio • Bisogna permettere al cittadino di scegliere se avvalersi o meno della mediazione • Per ogni cittadino, bisogna programmare una mediazione “a termine” 17
  • 18. Come si è formata una mediatrice? • Ci sono diverse proposte e pratiche della formazione, alcune gravemente carenti • Le differenze riguardano: • Requisiti d’ingresso – Appartenenza o meno a gruppi minoritari, titoli di studio, ecc. • Numero di ore di formazione • Moduli previsti – Spazio attribuito (o no) alla comunicazione faccia-a- faccia, alla gestione nonviolenta del conflitto, ecc. • Competenze in uscita • Ipotesi di prestazione a fine corso • Centralità o meno dell’acquisizione di una deontologia 18
  • 19. Le differenze nel percorso di formazione riguardano: • Requisiti d’ingresso – Appartenenza o meno a gruppi minoritari, titoli di studio, ecc. • Numero di ore di formazione e moduli previsti – Spazio attribuito (o no) alla comunicazione faccia-a-faccia, alla gestione nonviolenta del conflitto, ecc. • Competenze in uscita • Ipotesi di prestazione a fine corso • Centralità o meno dell’acquisizione di una deontologia 19
  • 20. Attività di mediazione nei servizi • Attraverso l’attività di mediazione, si cerca di migliorare i rapporti utenti / servizi attraverso: – interventi diretti di interpretariato fra utenti e servizi; – traduzione di materiale informativo dall'italiano nelle lingue degli utenti di etnie minoritarie; – facilitazione della reciproca comprensione dei bisogni, dei diritti e dei doveri sia degli utenti che delle istituzioni e dei fornitori di servizi pubblici. 20
  • 21. Aspetti critici nell’uso della mediatrice • Enfatizzazione delle differenze “culturali” – L’appartenenza, pensata spesso come qualcosa di stabile che pre-esiste alla relazione, viene in realtà prodotta nell’interazione: l’etnicità viene attribuita in situazioni di estraneità. • Bisogno di un lavoro dignitoso • Mancanza ipotesi di prestazioni chiare • Abuso/confusione del ruolo • Scarse conoscenza del ruolo da parte dei committenti • La formazione (mediatori “di fatto” senza un percorso qualificante) 21
  • 22. L’interprete sociale • lavora utilizzando le lingue in cui utente ed operatore sentono di esprimersi meglio per migliorare la comprensione reciproca. • offre un servizio tecnico-professionale di traduzione / interpretariato consecutivo • può essere italiano o straniero • Ha seguito un corso di formazione meno impegnativo 22
  • 23. riflessioni conclusive • La mediazione culturale non può rimediare all’assenza, come operatori, di persone di diversa provenienza nei servizi • La mediazione culturale non deve essere lo sbocco occupazionale per le persone persone che per altri motivi sono chiamate a ”rappresentare” popolazioni – (maschi, leader di “comunità”, etc.) 23