2. I rischi naturali sono eventi connessi a calamità naturali che si originano per processi ambientali. Il rischio naturale è il
danno atteso da un evento catastrofico naturale.
Gli eventi che noi consideriamo pericolosi, “i disastri ambientali”, in realtà sono assolutamente naturali e diventano
dannosi solo in rapporto al coinvolgimento umano.
Essi possono essere classificati in diversi modi.
I rischi naturali
Essi sono relativi a processi
Possono essere classificati in base alla velocità con cui essi si verificano
3. Rischi naturali
Processi endogeni
Processi esogeni
Creano i rilievi (fenomeni tettonici, sismici e vulcanici)
tendono a demolire i rilievi (fenomeni legati all’atmosfera,
all’idrosfera, alla gravità)
4. I rischi naturali possono essere distinti in relazione al fattore principale che li ha originati
cioè un processo più propriamente geologico, geomorfologico, idrologico o climatico.
I rischi naturali
geologici
climatici
idraulicigeomorfologici
eruzione vulcanica
terremoto
lahar
frana
valanga
tsunami
maelström
alluvione
sinkhole
tornado
uragano
incendio
tempesta di sabbia
erosione accelerata
6. i terremoti
Il termine terremoto significa movimento della terra.
Esso si origina dalla liberazione di energia
Il punto in cui si genera il terremoto si trova in profondità si chiama IPOCENTRO
Il punto corrispondente, posto sulla verticale dell’epicentro sulla superficie prende il nome di
EPICENTRO del terremoto.
7. Le spinte tettoniche liberano energia che si propaga sotto forma di onde sismiche,
cioè onde elastiche che si propagano attraverso la crosta, il mantello e il nucleo.
Le onde provocano deformazioni elastiche degli strati rocciosi da cui deriva l’energia
delle oscillazioni.
Dall’ipocentro si propagano onde sferiche che raggiungono la superficie con la
massima energia all’epicentro.
8. Le proprietà meccaniche delle rocce che
vengono attraversate dalle onde
sismiche determinano la velocita' con cui
queste viaggiano.
ESISTONO DIVERSI TIPI DI ONDE
ONDE P
ONDE S
ONDE P: onde di compressione, conosciute
anche come primarie o onde P, viaggiano più
velocemente, ad una velocità compresa tra 1,5
e 8 Km/s nella crosta terrestre.
ONDE S: onde di taglio, conosciute anche
come secondarie o onde S viaggiano più
lentamente circa il 60 % della velocità delle
onde P
Le onde P scuotono il terreno nella direzione
della loro propagazione, mentre la onde S
perpendicolarmente e trasversalmente alla loro
direzione di propagazione.
9. Il rapporto tra le velocità medie delle onde P e
delle onde S risulta circa costante, in special
modo nel settore crostale.
Questo risultato autorizza i sismologi per una
prima stima qualitativa a calcolare
semplicemente il ritardo tra l'arrivo delle onde P
e l'arrivo delle onde S per valutare la distanza
del terremoto dalla stazione registratrice.
Basta moltiplicare il cosiddetto tempo
S-P (differenza tra il tempo d'arrivo
della fase S e della fase P) espresso
in secondi per un fattore pari ad 8
km/sec per avere la distanza
approssimata in km della stazione
dalla sorgente.
10. Le onde P ed S sono anche chiamate onde di volume (body waves).
Accanto alle onde P ed S esistono altri tipi di onde: le onde superficiali.
Esse si generano quando le onde di volume raggiungono una qualunque discontinuita' della terra
I due fondamentali tipi sono le onde di Rayleigh e quelle di Love.
11. I sismogrammi, sono la registrazione del terremoto. Il sismogramma, permette di
distinguere i vari tipi di vibrazioni e di onde e tutte le loro caratteristiche fisiche
(lunghezza d'onda, ampiezza, direzione di propagazione, velocità ecc.).
Il sismograma viene registrato da uno strumento chiamato sismografo.
Generalmente in una stazione
sismografica sono posizionati tre
sismografi:
-per registrare i movimenti verticali,
orizzontali nord - sud, orizzontali est -
ovest .
12. Quando si hanno a disposizione le registrazioni, ottenute in almeno tre stazioni, di un evento
sismico che si è verificato nell'istante t 0 (tempo d'origine), è possibile determinare le
coordinate epicentrali del terremoto se sono note le velocità di propagazione (Vp e Vs) delle
onde sismiche e se si suppone isotropo (un mezzo si dice isotropo quando presenta le
stesse caratteristiche chimico - fisiche in tutte le direzioni) il mezzo attraverso il quale esse si
propagano.
13.
14.
15.
16. Il terremoto più profondo è avvenuto, ad una profondità di 720 Km.
Se gli ipocentri dei terremoti intermedi e profondi che avvengono in una determinata regione
vengono proiettati su di un piano verticale orientati perpendicolarmente alla direzione dell'arco di
isole, essi definiscono un piano che immerge con un angolo variabile tra 30° e 70° al di sotto
dell'arco di isole verso il bacino marginale.
Questo piano è chiamato "Benioff" o "Benioff-Wadati" dal nome dei primi geofisici che ne hanno
mostrato l'esistenza.
Lo spessore del piano di Benioff, definito dalla distribuzione dei terremoti, è variabile da circa 25
Km. nel caso delle Tonga a più di 100 Km. nel caso del Giappone e di altri archi di isole.
17. Per definire in modo completo un terremoto è necessario poter determinare, oltre alle coordinate ipocentrali, anche l'energia liberata
all'ipocentro.
Per molti anni si è cercato di dedurre quest'ultimo parametro in base agli effetti che un terremoto produce su manufatti e persone.
Questo criterio però è largamente inadeguato perché gli effetti prodotti da un terremoto dipendono da diversi fattori (profondità
ipocentrale, distribuzione della popolazione, caratteristiche geologiche locali, tipo di costruzioni ecc.).
terremoto Energia equivalente
magnitudo
Energia equivalente
in km
18. Attualmente, per misurare i terremoti, si utilizzano due tipi di scale.
La scala Mercalli
misura l'intensità del terremoto basandosi su effetti macrosismici (danni a persone e manufatti) ed è quindi una misura molto
imprecisa, in quanto i danni rilevati, dipendono anche dalle caratteristiche delle strutture, dalla densità abitativa, dall'importanza
artistica di determinati edifici e da altre variabili indipendenti dal terremoto stesso.
Le zone che hanno riportato gli stessi danni, vengono racchiuse da delle linee dette isosiste. Ad ogni isosista corrisponde un grado di
intensità, dipendente dagli effetti prodotti dal terremoto all'interno dell'area racchiusa dall'isosista stessa. L'intensità massima, si avrà
in corrispondenza dell'epicentro.
19. SCALA RICHTER
La scala Richter, è stata introdotta nel 1935 dal sismologo C. Richter e serve a definire
la "magnitudo" come parametro legato all'energia liberata all'ipocentro.
La magnitudo è stata definita da Richter come il logaritmo in base 10 dell'ampiezza
massima, misurata in micron di un terremoto avvenuto ad una distanza epicentrale di
100 Km dalla stazione.
22. Una faglia è una rottura con spostamento delle due parti
23. A volte le faglie sono ben
visibili sul terreno, altre volte
molto meno
24. Una faglia può essere:
• Diretta: quando l’angolo tra i due
blocchi è ottuso (distensione)
• Inversa: quando l’angolo tra i due
blocchi è acuto (compressione)
• Trascorrente: quando i due blocchi
si spostano orizzontalmente.
> 90°
< 90°
27. Lo specchio di faglia
Ci sono alcuni indicatori morfologici
che mettono in evidenza l’attività
recente di una faglia.
28. I vulcani
Un vulcano è una struttura geologica complessa, che si genera per la risalita, in seguito ad attività eruttiva, di massa
rocciosa fusa (magma) formatasi al di sotto o all'interno della crosta terrestre.
Un vulcano è formato da una struttura non visibile, interna alla crosta (comprendente camera magmatica, condotti
magmatici,...) e una struttura visibile esterna formata dal rilievo vulcanico.
Più comunemente con il termine vulcano ci si riferisce solo alla parte esterna e visibile dell'apparato vulcanico ossia proprio
al rilievo, formato dall'accumulo di tutti quei materiali liquidi, solidi o gassosi, che sono stati emessi dai crateri durante le
varie fasi eruttive del vulcano stesso.
La fuoriuscita di materiale è detta eruzione e i materiali eruttati sono lava, cenere, lapilli, gas, scorie varie e vapore acqueo.
La forma e l'altezza di un vulcano dipendono da vari fattori tra cui l'età del vulcano, il tipo di attività eruttiva, la tipologia di
magma emesso e le caratteristiche della struttura vulcanica sottostante al rilievo vulcanico.
30. Le eruzioni vulcaniche
Eruzione Pliniana,
estremamente violenta
con ceneri, bombe e
lapilli
Eruzione Vulcaniana, moderatamente
violenta con lava e ceneri
Eruzione
Stromboliana,
violenta con lava e
ceneri
Eruzione Hawaiana,
poco violenta con intense
colate di lava
Eruzione Peleana, estremamente violenta con ceneri e nubi ardenti
Eruzione Islandese, poco violenta
con intense colate di lava
37. Il lahar è una colata di fango composta di materiale piroclastico e acqua che scorre lungo le pendici di un vulcano, specialmente
lungo il solco di una valle fluviale.
Il termine lahar proviene dall‘Indonesia e significa lava.
I lahar
38. • I Lahar hanno il comportamento, la consistenza e la viscosità del cemento: fluidi quando sono nella fase di movimento,
mentre solidificano rapidamente quando si fermano. Possono anche raggiungere dimensioni enormi estendersi su
un'area di oltre 330 km².
• I lahar possono essere estremamente pericolosi, a causa dell'energia e velocità che acquisiscono durante il loro
percorso: un lahar grande può scorrere a decine di m/s e avanzare per molti km, causando distruzioni catastrofiche
lungo il suo percorso.[ Data la loro grande energia, sono in grado di aprirsi la strada in qualunque percorso, rendendo
così più difficile fare previsioni sulla direzione del loro avanzamento.
• I lahar prodotti dall'eruzione del Nevado del Ruiz in Colombia nel 1985 uccisero circa 23.000 persone nella città di
Armero, sepolta sotto 8 metri (26 piedi) di fango e detriti.
40. Erosione accelerata
L’acqua piovana raggiunta la superficie del terreno può infiltrarsi in questo, ed eventualmente
alimentare la circolazione sub-superficiale o profonda, oppure dar luogo a scorrimento superficiale.
Questo fenomeno è detto anche ruscellamento è diretto secondo la pendenza del versante, e
provoca sulla superficie del terreno l’asportazione e il trasporto di particelle solide.
Erosione accelerata: fenomeno per cui i processi erosivi, specialmente quelli legati al dilavamento,
manifestano un’intensificazione.
41. Le piramidi di terra
Le piramidi di terra: sono forme molto pittoresche create dal dilavamento pluviale su rocce poco
coerenti eterogenee, contenenti grossi blocchi.
L’erosione lascia in rilievo molte esili guglie sormontate alla sommità da massi che svolgono
un’evidente azione protettiva.
42. Al posto del masso in alcuni
casi si può trovare un altro
elemento protettivo, un residuo
di banco più duro o un ciuffo
d’erba.
43. b) l’acclività del pendio,
che favorisce il
rapido deflusso
e conseguente
impostazione
del reticolo di
drenaggio;
a) la presenza di un
substrato argilloso
che presenti una
discreta
componente
sabbiosa e
caratteristiche
mineralogiche e
geotecniche
definite
Le cause dei calanchi
44. 1. La giacitura degli strati ( a reggipoggio)
2. l’ esposizione dei versanti verso i quadranti
meridionali più soleggiati;
3. la presenza di discontinuità in genere,
fratture o faglie;
4. il regime climatico, caratterizzato da una
lunga estate secca e da piogge intense
concentrate in determinati periodi dell’anno
5. l’esistenza di livelli meno erodibili alla
sommità del versante
45.
46. Per FRANA si intende: il movimento di
masse rocciose o di materiali sciolti
per effetto prevalente della forza di
gravità.
Le frane
47. Le frane
Predisponenti: legate alla
costituzione geolitologica,
composizione, caratteristiche
geotecniche, composizione,
fessurazione, fratturazione,
permeabilità etc., alla forma dei
versanti e ai fenomeni di
erosione ivi esistenti
Innescanti: legate a fenomeni
atmosferici, variazioni del
livello di falda, sbarramento dei
corsi d’acqua, terremoti etc.,
all’azione dell’uomo.
Le cause
48. L’azione della gravità
Il materiale alterato e disgregato a spese delle rocce può essere rimosso, specie se si trova
su una superficie inclinata.
Quando agisce la forza di gravità tali fenomeni prendono il nome di movimenti di massa.
Soil creep: Movimento strisciante degli
elementi
che costituiscono
il mantello detritico
Soliflusso: colamento lento di massa fluida.
Non richiede forti pendenze ed è proprio dei suoli
ricchi di limo e di argilla
49. In una frana si possono riconoscere varie parti:
Zona di distacco
Zona di movimento
Zona di accumulo
50. La zona di distacco si presenta
incavata nel versante: nicchia di
distacco.
Superficie di scorrimento
52. Tipologie di frana
esistono diverse
classificazioni per le frane
che prendono in
considerazione differenti
aspetti.
Scorrimento rotazionaleScorrimento traslazionale
Scorrimento di
roccia
Crollo Ribaltamento Colata di detrito
Valanga di detrito Colata Creep
Espansione laterale
53. I crolli
Crolli e cadute di grandi blocchi di roccia, per effetto principalmente della gravità
la massa si muove liberamente nell’aria, per caduta libera per salti per rimbalzi.
54. I ribaltamenti
Ribaltamanto: è difficile distinguere questo fenomeno dal crollo. La differenza è
nella presenza di piani di frattura paralleli al versante e l’esistenza di un punto che funge da
perno attraverso il quale si realizza il movimento di rotazione
55. Scorrimento traslazionale
Movimento verso la base del versante di una massa di terra o roccia lungo una superficie
di rottura precostituita di forma piana o ondulata (stratificazione a franapoggio).
56. Gli scorrimenti rotazionali
movimento verso la base del versante di
una massa di terra o roccia lungo una
superficie di rottura di forma curva con
concavità verso l’alto attraverso la quale si
sia verificato un movimento di rotazione.
57. I colamenti
Emilia RomagnaCalifornia
È un movimento a bassa velocità che coinvolge terreni
per lo più argillosi. Si tratta di fenomeni, anche di grandi
dimensioni che interessano prevalentemente versanti
non molto ripidi.
58. I colamenti rapidi quick mud flows
sono generalmente caratterizzati da un significativo contenuto d’acqua e interessano terreni per lo più
sciolti. Si tratta di fenomeni di dimensioni non eccessivamente grandi che si innescano in conseguenza di
precipitazioni molto intense, coinvolgendo terreni di copertura, su versanti caratterizzati da pendenze molto
elevate.
59.
60. Altri movimenti
L’espansione: movimento di estensione di terreno coesivo o di roccia, combinato
con una generale subsidenza della stessa, che si frattura e si disarticola in più parti, sopra un
materiale tenero non coesivo.
Le Deformazioni Gravitative Profonde(DGPV): movimento di massa
complesso e molto lento che interessa un intero versante. Il processo avviene per spostamenti
differenziali estremamente lenti che si sviluppano lungo una serie di giunti e piani di
discontinuità, o per deformazione dell’ammasso lungo fasce di maggior debolezza.
I movimenti complessi: risultano dalla combinazione di due o più
movimenti
61. L’attività di una frana
Per attivitàdi una frana si intende la sua evoluzione nel tempo e nello spazio.
Lo stato di attivitàviene determinato in base:
1. Evidenze ed indicatori cinematici visibili sul terreno;
2. Monitoraggio geodetico o geotecnico;
3. Informazioni di tipo bibliografico.
• Attiva: se è direttamente in movimento
• Quiescente: se si ritiene possibile una sua
riattivazione
• Relitta: se si è originata in condizioni
geomorfologiche e climatiche differenti per cui
non è più possibile una sua riattivazione.
Una frana si definisce:
64. Recentemente in
Italia per indicare
uno
sprofondamento di
qualsiasi genere
viene utilizzato il
termine sinkhole,
che ha quasi del
tutto sostituito altri
termini.
I sinkholes
65. I sinkholes”
sono ampie e
profonde
depressioni
sub-circolari
con
dimensioni da
pochi metri al
centinaio di
metri e
profondità di
alcune decine
di metri, a
pareti sub-
verticali che si
aprono
rapidamente
in terreni a
granulometria
variabile.
67. anthropogenic sinkhole o Sprofondamento di origine antropica: è il collasso di una volta in
cavità di origine antropica;
solution sinkhole o “solution doline:“dolina di soluzione normale” : conca chiusa originata per
dissoluzione della roccia da parte dell’acqua di ruscellamento superficiale;
subsidence sinkhole o potrebbe meglio definirsi cover sinkhole: dolina alluvionale” conca
chiusa che si forma su materiali di copertura in genere, e/o alluvionali, in seguito all’originarsi, in
rocce solubili sottostanti, di cavità carsiche per dissoluzione sub-superficiale o di crollo;
collapse sinkhole o “collapse doline”: dolina di crollo” cavità con forma a pozzo nei calcari e in
rocce solubili formatesi per il crollo del soffitto di grotte
rock subsidence sinkhole o “subsidence doline”): dolina di subsidenza in roccia” (coincidente
con il termine anglosassone di cavità formatesi su rocce coerenti e permeabili ma non solubili,
poggiate su rocce solubili per crollo di volta
piping sinkhole: cavità sub-circolare che si apre improvvisamente in terreni di varia
granulometria e notevole spessore, per meccanismi prevalenti di risalita delle acque e dei gas, di
sifonamento di suffosione e di successivo collasso.
68. Subsidence sinkhole
“dolina alluvionale” : conca chiusa che si
forma su materiali alluvionali in seguito
all’originarsi, in rocce solubili sottostanti,
di cavità carsiche per dissoluzione sub-
superficiale o di crollo
69. Collapse sinkhole
La dolina di crollo indica una depressione
tipica di aree carsiche, che si forma
principalmente per dissoluzione dovuta
all’assorbimento nel terreno di acqua da
ruscellamento, cui si aggiunge il crollo per
gravità della parte superiore della cavità.
70.
71. I piping sinkholes
cavità sub-circolare che si apre improvvisamente in terreni di varia granulometria e notevole
spessore, per meccanismi prevalenti di risalita delle acque e dei gas, di sifonamento di
suffosione e di successivo collasso.
72.
73. Le Cause predisponenti ed
innescanti
• Un substrato carbonatico costituito da roccia solubile
• Presenza di un reticolo di fratture o faglie
• Presenza di gas nel sottosuolo, generalmente CO2 e H2S, che
consentano la dissoluzione dei materiali di copertura e la
risalita delle acque
74. La cavità passò da 1 a 4 metri di diametro in soli tre giorni, per arrivare a 31 m tre
anni dopo. Attualmente è sede di un laghetto che assume forma ellissoidale con
una superficie di 720 mq ed asse principale di 32 m.
77. Le valanghe
E’ un fenomeno grandioso e violento che si verifica nelle regioni montuose in occasioni di abbondanti
nevicate sia in determinati momenti posteriori alle nevicate quando si creano condizioni di squilibrio del
manto nevoso appoggiato ad un pendio.
I meccanismi di formazione e di movimento sono vari cosicché si riconoscono diversi tipi di valanghe in
relazione anche ai diversi tipi di neve.
78. Gli effetti morfologici sono i canaloni di valanga che si formano e si accentuano lungo il percorso abituale della valanga
stessa, secondo la direzione di massima pendenza dei versanti, per effetto della forza di trascinamento della massa di
neve sui materiali che essa incontra lungo il percorso.
Tale materiale si accumula alla base di un canalone a forma di cono o di dossi allungati.
Nelle stagioni senza neve, l’acqua dilavante o la caduta di detrito accentuano o rielaborano queste forme.
Le valanghe impediscono la crescita una vegetazione boschiva stabilizzatrice.
79. I debris flow e Il trasporto di massa
Il trasporto di massa si verifica quando, sui versanti o nei solchi ripidi e soggetti a
rapida erosione per la presenza di terreni poco coerenti, l’acqua si mescola a fango e
a pietre in modo da formare una miscela dotata di notevole densità media e di grande
forza viva a causa della sua velocità.
85. GLI TSUNAMI
Il termine giapponese "tsunami“ 津波, significa "onda contro il porto“ è sinonimo di
maremoto in italiano composto da mare e moto.
Uno tsunami si genera in mare aperto dove l'onda rimane poco intensa e poco visibile e concentra la sua forza in
prossimità della costa quando l'onda si solleva e si riversa più o meno dentro l'entroterra.
86.
87. La perturbazione del fondo marino
si propaga alla colonna d’acqua
sovrastante e crea l’onda.
L’altezza delle onde al punto di
origine dipende da:
Magnitudo del sisma
Profondità del mare
Le onde si propagano
dal punto di origine
ad una velocità che
può arrivare a 800
km/h
Altezza: fino a 5 m
Distanza fra le creste:
fino a 200 km
Man mano che ci si avvicina alla costa e la
profondità diminuisce le onde si alzano e la
corrente aumenta. L’effetto si moltiplica
Onde che possono raggiungere i 30 m di
altezza si abbattono sulla costa
4. Inondazione
3. Moltiplicazione1. Generazione
2. Propagazione
88. Propagazione del moto ondoso presso la costa
Propagazione del moto ondoso in alto mare
Onde di oscillazione
Onde di
traslazione
89. Tsunami: eventi storici
La prima descrizione di un maremoto storicamente accertata è reperibile nella Bibbia, dove
si cita il passaggio degli Ebrei attraverso il Mare di canne (o Mare di Giunco), identificato
con un certo margine d'incertezza con l'area dell'attuale Mar Rosso non lungi da Porto
Said. L'attraversata degli Ebrei del braccio di mare (una laguna, assai probabilmente) fu
favorita, secondo alcuni storici, dal ritiro improvviso delle acque indotto dall'esplosione
del vulcano sull'isola greca di Thera (attuale isola di Santorini) attorno al 1627 a. C., ed
anche il successivo fronte ondoso di ritorno che travolse gli Egizi sarebbe stato
conseguenza del medesimo evento.
Nel 365 d.C., il maremoto che devastò Alessandria d'Egitto fu descritto dallo storico romano
Ammiano Marcellino (Res Gestae 26.10.15-19). La stima delle vittime è
approssimativamente di 50.000 morti
Il 4 febbraio 1169 un maremoto fece 20.000 vittime a Catania.
Il 5 maggio 1202 uno scorrimento nella zona delle faglie del Mediterraneo orientale
provocò un maremoto che devastò Grecia, Turchia, Egitto, Sicilia
Le coste italiane e greche, in particolare, furono colpite dai maremoti il 9-11 gennaio 1693
(60.000 morti).
In Calabria e in Sicilia ci fu un maremoto nel 1783 che fece 1.500 vittime a Reggio Calabria e
630 a Messina
Nel 1908 vennero colpite nuovamente Messina e Reggio Calabria.
90.
91.
92.
93. Il maelström, in norvegese moskstraumen, "corrente di Mosken”, è un fenomeno simile a un gorgo, causato dalla marea
lungo la costa atlantica della Norvegia, nei pressi delle Isole Lofoten.
Due volte al giorno il flusso di marea scorre avanti e indietro nello stretto tra : a causa della conformazione dello stretto,
angusto e poco profondo, si genera una corrente molto forte, con onde e vortici che rendono pericolosa la navigazione
specie con navi di piccole dimensioni.
Il fenomeno prende il nome dall'isolotto di Mosken, situato in mezzo allo stretto.
Il maelström è noto soprattutto per essere stato descritto da due celebri scrittori dell’ ‘800 (che ne esagerarono alquanto la
forza descrivendolo come un immenso gorgo che trascina all'interno ogni cosa): Edgar Allan Poe, nel racconto Una discesa
nel Maelström, e Jules Verne, nel romanzo ventimila leghe sotto i mari
Il maelström
96. Tornado
Un tornado, è un violento vortice d’aria del diametro fino a qualche centinaio di metri, che si origina
alla base di un cumulonembo e giunge a toccare il suolo.
Le trombe d'aria sono fenomeni metereologici altamente distruttivi e nell'area mediterranea
rappresentano il fenomeno più violento verificabile sia pure con frequenza non elevata.
Sono associati quasi sempre a temporali estremamente violenti, possono percorrere centinaia di
chilometri e generare venti anche di 500 km/h.
97. Il tornado si presenta come un "imbuto" che si protende dalla base del cumulonembo fino al terreno o alla superficie
marina. La tromba d'aria che si verifica sulla terra ferma (la maggior parte), solleva una grande quantità di polvere e detriti
che accompagna il suo moto fino alla dissipazione
98. Il diametro di un tornado varia dai 100 ai 500 metri, ma in casi eccezionali sono state registrate trombe d'aria
con diametro di base superiore a 1 km.
99. L'altezza di una tromba d'aria può variare tra i 100 e i 1000 metri, in relazione alla distanza tra suolo e base del
cumulonembo. Le trombe d'aria più violente tendono a presentarsi come imbuti con confini lineari, in generale i più deboli
si presentano con una forma sinuosa che si assottiglia progressivamente con l'inizio della dissipazione.
100. Uragano o Ciclone tropicale
• '''Uragano''' è un termine usato per indicare un ciclone tropicale.
• Con il termine '''uragano''' si indica anche un vento di forza eccezionale, corrispondente al
dodicesimo grado della scala di Beaufort.
• In meteorologia un ciclone tropicale è un sistema tempestoso, caratterizzato da un largo centro o
vortice di bassa pressione e da numerosi fonti temporaleschi, disposti tipicamente a spirale e in
rotazione su se stessi attorno al centro, che producono forti venti e pesanti precipitazioni piovose.
101. • Questi cicloni si producono in conseguenza del calore liberato dall'oceano alimentandosi poi grazie al
calore latente di condensazione liberato nell'aria dal vapore acqueo. Sono diversi da altre tempeste o
vortici atmosferici proprio perché hanno un diverso meccanismo di alimentazione dell'energia.
• I cicloni tropicali, per questo, si formano sull'oceano vicino all'equatore, a circa 10° di latitudine di
distanza da esso, spostandosi poi verso alte latitudini del rispettivo emisfero fino ad esaurirsi più o meno
lentamente trasformandosi in comuni cicloni extratropicali.
102. In relazione all'entità e alla zona geografica di formazione di un ciclone tropicale, esso è chiamato in modo
diverso: uragano, tifone, tempesta tropicale, tempesta ciclonica, depressione tropicale o semplicemente
ciclone.
103. Quando la forza del vento passa sopra le
particelle di sabbia, quest'ultime iniziano a
vibrare, successivamente "saltano". Come
le particelle rotolano sul terreno, allentano
e rompono particelle più piccole di polvere
che poi cominciano a viaggiare in
sospensione.
Uno studio del 2008 rileva che i salti
iniziali delle particelle di sabbia, a causa
dell'attrito, producono un campo
elettrico statico[1]. La siccità e il vento
contribuiscono alla nascita di tempeste
di sabbia, così come l'agricoltura
povera e pratiche di pascolo
104. Per tempesta di sabbia è un fenomeno meteorologico comune nelle regioni aride e semi-aride. Le
tempeste di sabbia nascono quando forti raffiche di vento soffiano e sollevano la sabbia da una superficie
asciutta. Il Sahara e le terre aride attorno alla penisola araba sono le principali sorgenti terrestri di
tempeste di sabbia, ma si formano anche in Iran, Pakistan, India, Cina e Australia.
Tempesta di sabbia
105. I rischi naturali a Roma
“Decio Mario Venanzio Basilio, uomo
famosissimo ed illustre, Governatore di
Roma, patrizio, Console in carica
restaurò a proprie spese l'arena ed il
podio (del Colosseo), che la rovina di un
tremendo terremoto distrusse”
106. Legenda: A fianco di ogni tassello
colorato sono descritte le
caratteristiche più significative: tipo di
roccia, ambiente di deposizione,
contenuto in fossili, età.Carta Geologica del quartiere
I colori presenti nella carta geologica
servono a distinguere rocce con
caratteristiche diverse.
107.
108. Le piene del Tevere a Roma
La prima inondazione del fiume Tevere a Roma, documentata storicamente da Tito Livio, risale al
414 a.C.
Nel corso dei secoli si sono avute molte inondazioni, ma con frequenza ed intensità differente a
seconda dei secoli. In alcuni periodi, come il Medio Evo, l’informazione storica risulta molto
incompleta.
L’ultima grande inondazione si è avuta il 29 dicembre 1870, in seguito alla quale sono stati
costruiti i muraglioni urbani nel periodo 1880-1892.
Da allora le maggiori piene (1900, 1915 e 1937) hanno causato a Roma soltanto limitati
allagamenti.
109. Qui giunse il Tevere. Ma torbido
si ritirò ben presto nell’anno del
Signore 1277 nella seconda indizione
il settimo giorno del mese di
novembre, sede vacante.
110.
111. 22 Dicembre 2008 1 Marzo 2007
Roma
23 Aprile 201229 Ottobre 2012
112. Cause innescanti i sinkholes antropogenici: gli eventi
piovosi
Roma,Via Anastasio II
19 marzo 2010
113. Cave dell’età arcaica
- Cave di estrazione intensiva e
sistematica
- Cave di comodo
Le prime erano legate alla
costante necessità di
approvvigionamento di
materiali da costruzione;
l’ubicazione era legata alla
ricerca del miglior materiale
da costruzione e alla minore
distanza dalla città.
Sono costituite da gallerie
larghe 3-4 m alte 2.5-3 m.
Esse avanzavano in senso
orizzontale.
Le seconde hanno dimensioni
ridotte e durata occasionale,
in genere legate alla
costruzione di una struttura
in particolare (es. una strada
o un edificio).
114. L’utilizzo delle cave come aree di culto e
cimiteriali risale al I–III sec. d. C.
La parola "catacomba", ormai usata per
designare qualunque necropoli
sotterranea, deriva presumibilmente
dalla parola greca che significa "cavo".
La legge dell’antica Roma vietava infatti, per
motivi sanitari, di seppellire i morti
all’interno della città. Le strade consolari
erano fiancheggiate dai sepolcri dei
patrizi, i quali in genere venivano
cremati e le cui ceneri venivano
conservate in urne.
Le cave ebbero in seguito vari utilizzi.
115. I numerosi resti ceramici ritrovati nelle aree di cava attestano che le aree vennero ancora
sfruttate in epoca medioevale e successiva.
In seguito all’abbandono delle aree in cava inizia a delinearsi un nuovo elemento del paesaggio: lo
“sfornellamento”
Parco della Caffarella - Quartiere Appio-Latino
116. Carta topografica anno 1884, area Via dell’Acqua Bullicante
(Quartiere Prenestino-Casilino)
La ricerca storica
126. Il rischio
Rischio = pericolosità x vulnerabilità x elementi a rischio
grado di perdita atteso quale conseguenza di un particolare fenomeno di una data
intensità.
• Pericolosità: è la probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo si
verifichi.
• Vulnerabilità: grado di perdita prodotto su di un certo elemento o gruppo di
elementi a rischio.
• Elementi a rischio: persone, proprietà, attività economiche etc.
127. La mitigazione del rischio
• Riducendo la pericolosità: previsione e prevenzione, opere di bonifica e
sistemazione del territorio.
• Riducendo gli elementi a rischio: evacuazione di aree instabili, limitazione
dell’espansione urbanistica, definizione dell’utilizzo del suolo più consono.
• Riducendo la vulnerabilità: consolidamento degli edifici, istallazione di
misure di protezione, sistemi di allarme, organizzazione di piani di
emergenza e di soccorso.