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“ Per me, per la mia
famiglia, per chi mi ha
accompagnato in
queste fatiche ”

1
V ertical
b randing
Nella

Moda

2
Indice
Introduzione

Prima parte il Brand
1

Il ruolo del brand

1.1 Che cosè?
1.2 Evoluzione
1.3 Brand identity
1.3.1 I testimonial
1.4 Rivisitazione di brand storici
1.5 Brand Name ( l’ importanza della scelta del nome)
2 La costruzione del Brand
2.1 I driver del desiderio
2.2 Desideri Specifici
2.3 Il manifesto del Brand
2.4 Lo Scenario Competitivo
2.5 Definire il core target
2.6 Il marketing mix
2.6.1 Il prodotto
2.6.2 Il prezzo
2.6.3 La distribuzione
2.6.4 La comunicazione
2.7 Collezioni e Sfilate
2.8 Le promozioni delle collezioni

3 .1 Merchandising
3.2 Co-branding
3.3 Licensing
3.4 Brand Extention

3
Seconda parte Il retail nella moda
4.1 Che cosè il retail e il concetto di mega –marca
4.2 Il modello Retail Brand equity
4.3 Il retail Strategic Planning
4.4 Scenari futuri

5 Progettazione di Pv
5.1 Come cambia il punto vendita
5.2 La centralità del cliente ,che cosa cerca
5.3 Lo shopping experience
5.4 La Multicanalità

6 Il monomarca , flagship, corner, outlet.
6.1 Il Monomarca
6.2 Flagship Store
6.3 Corner
6.4 Factory outlet

Terza parte Distribuzione
7 Integrazione verticale
7.1 Che cosè? Come è fatta?
7.2 Aspetti critici del Vertical Branding
7.3 La time based competition :Zara , H&M
7.4 Una realtà italiana: Benetton
8 Negozi indipendenti multimarca, il grande magazzino oggi , l’abbigliamento in
Carrefour e Coop.
8.1 I negozi indipendenti multimarca
8.2 Il grande magazzino oggi
8.3 L’abbigliamento in Carrefour e Coop
4
9 Caso Aziendale
9.1 Calzedonia
9.2 Stonefly
9.3 Geox
9.4 Tods

10 Conclusioni

11Bibliografia

Introduzione
La moda , i vestiti , le sfilate, le collezioni sono da sempre oggetto di attrazione per chi
è affascinato da questo mondo, e si ritrova a cercare nelle vetrine e guardare nelle riviste
per trovare ed acquistare il capo, il vestito o la scarpa che più li si addice, costruendo via
via un guardaroba ed un ‘insieme che rappresentino in ugual modo la personalità e lo
spirito della persona dal punto di vista interno quanto esterno.
Essere alla moda non significa solamente vestirsi con i capi firmati,ma è uno stile ,un
modo di fare che ti contraddistingue nella vita quotidiana, nel tuo “io” personale, nella
voglia che si ha ogni giorno di cambiare il proprio look senza essere schiavi delle
maison, ma costruirsi uno style personale e unico che ci renda liberi di essere noi stessi.
I cambiamenti e il riposizionamento del consumatore moderno su un livello attivo e non
più passivo della comunicazione, l’eccesso di informazioni, advertising, da parte di
tutti i competitors del settore moda, causano una perdita di efficienza e una
diminuzione di recezioni dei messaggi lanciati con i media tradizionali.
Nasce allora la profonda convinzione da parte delle aziende che vogliono conoscere e
conquistare il consumatore, di operare con un contatto più diretto, autorevole e
profondo.

5
Per gestire questi elementi si ha bisogno di una strategia accentrata sul consumatore ,
una completa autonomia dalla creazione del prodotto, alla sua vendita, l’assenza di
brand concorrenti nelle location, e il bisogno di far cogliere al cliente i valori, le
peculiarità che distinguono il marchio . In questi tempi di crisi economica il
consumatore necessità di essere coinvolto in modo completo , facendogli vivere una
shopping experince , ogni volta che si reca nel punto vendita. Egli sente il bisogno di
essere emozionato, sorpreso e accompagnato da luci, storie e valori nell’esperienza di
acquisto , affinchè ci sia una gratificazione , un piacere che si aggiunge oltre al
prodotto voluto.
I primi segnali incominciano a cogliersi intorno agli anni Novanta, quando inizia a
diffondersi la convinzione che il punto vendita multimarca sia inadatto per trasmettere
pienamente l’immagine e i valori dei Brand, e la creazione attorno ad essi di attributi
intangibili ha spinto le imprese ad integrarsi a valle, cercando nuove sinergie tra
produttori e distributori con il risultato dell’apertura dei i primi punti vendita
monomarca, ai quali sono seguiti la creazione di più grandi superfici come i flagship
store.
La tesi affronta il tema del Vertical Branding nel settore moda, è suddivisa in tre parti :
nella prima parte si parla del brand , il suo significato , la sua evoluzione nel tempo, e il
come viene usato oggi per trasmettere e comunicare i valori ai consumatori. Vengono
inoltre affrontate con relativi esempi gli argomenti del Merchanising, Co-Branding,
Licensing, e Brand extention. Nella seconda parte sono trattati argomenti più tangibili
come il concetto di retail, la struttura del punto vendita , la presenza di monomarca e
flagship store ,nella terza parte invece si parla più apertamente del Vertical Branding e
di come le aziende più importanti l’hanno attuato, presentando sia realtà estere come
Zara ,H&M, che esempi italiani come Benetton.
Infine è stato svolto un caso aziendale , con colloqui ed interviste, volto a cercare di
capire e confrontare come alcune importanti aziende Italiane, hanno attuato il Vetical
Branding.

6
PRIMA PARTE
Il Brand
1.1)

Il Ruolo del Brand ,che cose ?

Quali prodotti scelgono i consumatori? Perché acquistano un prodotto piuttosto che un
altro a parità di prezzo? Che cosa cercano nel prodotto?
Sono solo alcune domande che ci poniamo nel momento in cui viene preso in esame il
lancio di un nuovo prodotto sul mercato, oppure se ci troviamo nella necessità di dover
incrementare le vendite o contrastare un prodotto concorrente.
Il consumatore di oggi è complesso , difficile da conquistare e soddisfare sempre più
esperto nel sapere cosa cerca e di come vuole essere.
Il successo di un prodotto si basa oggi più di ieri su elementi intangibili, che hanno la
funzione di differenziarlo rispetto ai concorrenti e di costruire una solida relazione con i
propri consumatori. Questi elementi intangibili sono alla base del concetto di brand ,
ovvero quel processo che rende visibile e unico un prodotto rispetto ad un altro
nella stessa categoria.
Il concetto di brand è una realtà concreta, che rappresenta determinati valori che unisce
consumatore e azienda nel momento dell’acquisto1.
Il brand oggi è uno stato di essere, (un “Groove” come lo chiamano i musicisti) ,una
serie di elementi intangibili, dove la persona si ritrova nella sua totalità, interezza e si
sente avvolto, coinvolto e il tutto si unisce con la parte più interiore dell’ individuo
che si ricerca nel modo di essere e vestire.
Il brand diviene assolutamente vitale in un contesto complesso, discontinuo o di
ipercompetitività .Il brand deve aiutare il prodotto ad essere la prima scelta in una
determinata categoria in cui ce ne sono altri simili o che si equivalgono per prezzo e per
performance .
Non esistono ricette per creare un brand di successo ma esiste un approccio corretto, che
si basa sulla capacità di ascoltare il cliente, su una attenta costruzione dell’ immagine,
sulla reputazione aziendale, leadership, sulla capacità di comunicare e di creare
relazioni lunghe e durature, il brand deve e può distinguersi per il suo carattere
innovativo, lo stile ricercato ma allo stesso tempo glamour, oppure puntare ad essere
una combinazione di artigianalità e industrializzazione, come lo sono molti brand della
moda italiana, che si distinguono nel mondo ,proprio per questo.
1

Il Sole 24ore.

7
La comodità di Replay

Le libertà di essere Armani

8
L’inconfondibile eleganza di Chanel
Esistono delle regole per sviluppare un brand Vincente che sono valide in qualsiasi
mercato , e possono essere riassunte in quattro punti:
1) mantenere la promessa iniziale in termini qualitativi e di performance-servizio
(valori tangibili);
2) differenziarsi soprattutto in termini culturali, innovare;
3)Essere portatore di principi e valori in cui il consumatore si possa riconoscere
ed entrare in relazione con l azienda ( valori intangibili);
4)Sviluppare una elevata capacità attrattiva attraverso una sapiente strategia di
comunicazione che si basa sull’ ascolto del mercato e del consumatore.
1.2 Evoluzione. Il concetto di evoluzione del brand che vogliamo sviluppare è legato
oltre che ,ad una vero e proprio cambiamento del significato originale ,anche ad una
sua costruzione di identità specifica; è infatti proprio grazie a questa che la marca può
rendersi riconoscibile e differenziarsi. Il mercato di oggi impone di superare la classica
visione funzionale, per assumerne una nuova, di narratore , in grado di raccontare storie
che coinvolgono la marca. I consumatori tendono sempre di più a valutare i prodotti per
quello che rappresentano a livello simbolico, si rivolgono verso quei marchi che
rispecchiano i propri ideali. Sempre di più la capacità di costruire miti, di farne
un”fenomeno di massa”, è un elemento caratterizzante del brand che rappresenterà la
linea di demarcazione tra prodotti di successo e prodotti mediocri.

9
Esempio scarpa Superga
Un esempio che merita di essere analizzato è quello relativo alle scarpe Superga.
Le Superga nascono nel 1913, quando la società "Walter Martiny" decide di mettere in
fabbricazione le scarpe con suola in gomma marchiate Superga. Nel 1925 inizia la
produzione di calzature con fondo in gomma vulcanizzata. Dopo la guerra, Superga
riprende la produzione e si concentra sulla fabbricazione delle calzature, mentre nel
1975, risentendo della nuova crisi che colpisce il mercato italiano, l’azienda si
specializza nella fabbricazione di articoli sportivi debuttando ufficialmente nel settore
dell'abbigliamento sportivo nel 1981. Le Superga da allora sono state viste ai piedi di
milioni di giovani, sotto i jeans e rigorosamente senza calzini; i teenager le amavano
perché costavano poco e si presentavano in tantissimi colori; le mamme, forse, le
adoravano perché, una volta sporche, si buttavano in lavatrice per poi tornare come
nuove. Dal Febbraio 2004, infine, Basic Net ne ha assunto la licenza mondiale per
produrne e distribuirne i prodotti e, dalle ultime apparizioni, è possibile notare
l’andamento positivo. Per la campagna di rilancio 2008 i vertici aziendali hanno colto
una casuale ma interessante opportunità verificatasi una ventina di giorni prima di
Sanremo 2008, quando il conduttore Chiambretti ha contattato la nota ditta di calzature
(Superga) per chiedere un modello originale. Come è noto, Il sig. Chiambretti ama
indossare le scarpe da tennis sotto lo smoking e gli era stato proposto quindi di puntare
su un paio di scarpe color oro.
Il colore però era stato giudicato troppo banale, ed è stato deciso per un tricolore visto
che si trattava del Festival della canzone italiana. Il problema è che, all’indomani della
chiusura del Festival, su alcuni quotidiani è apparsa la foto della scarpa tricolore,
accompagnata dalla scritta “People’s shoes of Italy”.Da qui nasce la riflessione: su quali
possono essere , forse gli elementi di successo del brand che diventa in rapido tempo
uno dei prodotti più venduti dell’anno ; forse le regole che ho elencato prima per un
brand vincente né sono una guida, ma essa deve essere accompagnata anche dalla
ricerca dei giusti testimonial, e dalla capacità di saper cogliere le opportunità degli
eventi.

10
Esempio Belstaff un prodotto che è ormai diventato “un must” per l’abbigliamento è il
giubbotto in pelle Belstaff il capo venduto in grande quantità da molti anni, ed è spesso
indossato da grandi attori nei film, e vip nelle serate” mondane” ,facendolo diventare un
elemento di tendenza.

11
Esempio Converse :per non parlare poi della scarpa converse; il successo si commenta
da solo, è una delle scarpe più vendute in assoluto negli ultimi anni, si adatta a tutti i tipi
di style: durk, punk, street,fashion, è ormai un accessorio in possesso di almeno ogni
giovane, e non solo; il brand è stato acquisito dal colosso Nike che ne ha rilanciato il
mercato.

1.3 Brand Identity
Negli ultimi tempi quindi fattori come la moltiplicazione dei prodotti disponibili, la
saturazione dei mercati, la maturità dei consumatori; pongono la marca di fronte a nuovi
scenari. L’ abbinata presenza di valori tangibili e intangibili concorrono alla identità
specifica di un determinato brand che si riunisce nella brand identity cioè quel
processo costruttivo che porta alla identità della marca. Definendola ,possiamo dire che
è tutto quello che un azienda vuole che i suoi consumatori percepiscano utilizzando i
suoi prodotti: è espressione esterna di un marchio e ne comprende il suo nome e la sua
immagine personale.
Composizione della Brand Identity :


Il posizionamento ( target, e le differenziazioni con la concorrenza)



La visione ( Gli obbiettivi a cui tende il brand)



La cultura d azienda ( comportamenti atteggiamenti valori)
12


L immagine ( la percezione complessiva dell’azienda da parte dei suoi clienti e
interlocutori interni ed esterni)

Chi alimenta la brand identity e ne determina il successo:
•

il target:
-

gli opinion leader

•

il consumatore soddisfatto
i testimonial

Le Strategie di distribuzione:
-

•

accessibilità del prodotto su tutto il territorio nazionale ed internazionale

La corretta strategia di comunicazione:
-

advertising

-

Promozioni

-

Attività below the line

1.3.1 I testimonial
Esempi di come alcuni brand scelgono i proprio testimonial:


Testimonial Armani:

E’ noto il connubio che lega Giorgio Armani al mondo dello sport e in particolare al
calcio, spesso la scelta cade sui più grandi giocatori al mondo, tra cui Ronaldo, Luis
Figo, Thierry Henry, Christian Vieri, Fabio Cannavaro, Andriy Shevchenko e Kakà.
Giorgio Armani è stato anche il primo stilista ad avere come testimonial un calciatore,
quando scelse David James come protagonista della sua campagna pubblicitaria Armani
Jeans primavera/estate 1996..Oggi il testimonial 2008 è David Beckham.

13


Testimonial Nike:

La Nike vuole rappresentare una cultura di sport, spettacolare, fatta di sogni, del come
un individuo comune voglia sentirsi campione usando gli stessi tessuti e accessori dei
suoi idoli dello sport.La Nike punta di base su un’alta qualità dl prodotto in più il
brand viene valorizzato con l’, mi voglio spiegare meglio;il vivere a braccetto con il
brand, con la scarpa , la maglietta che ti riesce a fornire la qualità tecnica, poi la voglia
di vincere ce la metti, tu. E’ forte questo connubio tanto da divenire uno solo
integrandosi , e accompagnado il cliente che oltre a rimanere soddisfatto, si fidelizza al
brand. Quindi Just do it! Dove vuoi, fallo e basta .Non importa chi sei cosa vuoi, se ce
la farai provaci.

1.4 Rivisitazione di brand storici
Parlando di brand, non possiamo aprire una parentesi su una manovra di successo
attuata da molte aziende. in questi ultimi anni, cioè il ri-lancio e la rivisitazione di alcuni
brand storici. Chiamate operazioni “nostalgia”, rievocano in piena regola marchi noti
nel passato per portarle alla ribalta. La riedizione, di marchi mito che hanno segnato gli
anni del boom economico sono stati un forte caso di successo non solo nel mondo della
14
moda; per citarne alcuni pensiamo al fenomeno Fiat 500, e Mini Cooper della casa
tedesca BMV, inoltre secondo stime degli esperti il rilancio di un brand già noto
permette di ridurre i costi del lancio del prodotto del 30- 70 % , mentre se ex-novo i
costi sono altissimi e spesso insostenibili,(nella sola Inghilterra parliamo di 12-15
milioni di euro investiti in pubblicità). Quando invece si sfrutta un brand gia noto i costi
sono molto minori, alcuni casi di recente successo sono :
Moncler

Azienda Francese, specializzata nella creazione di piumini, particolari giacche imbottite
di piume, è tornata alla ribalta rievocando e proponendo in chiave moderna lo stile del
“ Paninaro”, è diventato oggetto ricercato e fenomeno delle ultime collezioni, indossato
spesso e volentieri da Vip e personaggi dello spettacolo, si distingue per lo stile e per il
15
posizionamento status che ne contribuisce a chi lo indossi. Oggi è il primo piumino
d’Europa, con la differenza che se negli anno ottanta era alla portata anche della classe
media, oggi per molti è solo un sogno visto i prezzi che vanno da 400-500 euro fino a
3500 euro per quelli di edizioni limitate.

Lacoste

Sembrava passato, invece ora possiamo definirlo presente e chissà, probabilmente
futuro. Il marchio ideato da Renè Lacoste nel 1933, per anni simbolo di tendenza e
segno distintivo per giovani cool, è di nuovo tornato di moda.. Oggi Lacoste ha saputo
rinnovarsi e trovare nuova luce ma mantenendo fermo il proprio stile. Negli anni 80,
vestire Lacoste era considerato davvero un segno distintivo.
Poi per un po’ di anni di Lacoste si è persa traccia, restando confinato ad un élite di
acquirenti fedeli e solo saltuariamente legato a soluzioni sportive piuttosto appetibili.
Ora il coccodrillo è tornato, è di nuovo in voga. E questo è stato possibile solo grazie ad
un progetto di rinnovamento iniziato nel 2006 dal designer Junya Watanabe, che ha
magistralmente curato anche la collezione di quest’anno, intervenendo prima sulla linea
scarpe e poi sulle polo, giocando a confondere il coccodrillo tra le tinte spesso accese e
frizzanti.
Tanta pubblicità, tanti eventi. Lacoste ha scelto il duo canoro Paola & Chiara elevandole
a nuove muse ispiratrici e firmando gli abiti del loro ultimo video Vanity and pride, che

16
più

che

un

videoclip

appare

come

un

lungo

spot

pubblicitario.

L’ambientazione? Una partita di tennis, classico esempio di come sport ed esperienza
Lacoste possano entrare in simbiosi per creazioni d’avanguardia e innovative.
Mantenendo ben salde le radici del marchio .

1.5 Brand Name , l importanza della scelta del nome.
Il momento della scelta della nome è molto delicato, ed importante per lo sviluppo ed i
possibili scenari che il brand si trova ad affrontare. Esso rappresenta il primo punto di
contatto con l’esterno, ha la funzione di anticipare ma non troppo i contenuti del
messaggio che l’ azienda vuole trasmettere (In un contesto di mercato nel quale i
prodotti mostrano avere cicli sempre più brevi e i consumatori hanno sempre meno
voglia di individuare elementi di differenziazione, il consumatore tende a privilegiare
l’ immagine del prodotto, vedendo nel nome una identità sempre più simbolica e
sempre meno verbale. E’ possibile individuare alcune linee generali da seguire nella
scelta del nome:
1 )Il nome deve essere descrittivo :in modo da semplificare la sua percezione e la sua
precisa collocazione, tuttavia un nome eccessivamente descrittivo non permette di
differenziarsi all’ interno della categoria, inoltre ne limita la capacità comunicativa, non
consentendogli di cogliere le opportunità ne di difendersi dalle minacce che possono
17
creare. Ci sono nomi che nel tempo hanno perso la loro rilevanza altri invece che con
politiche basate sulla esplicitazione dei propri valori base si sono mantenute nel corso
degli anni sempre su elevati standard.
2)Il nome non deve essere troppo lungo: Viviamo ormai in un mondo dove la velocità
e la sintesi sono fondamentali e vengono usati anche nei rapporti personali, se pensiamo
per esempio alle sigle che a volte scriviamo negli sms ( TVb, Ki 6, xke? Etc)il
consumatore quindi ha una soglia molto bassa di ricordo e necessariamente privilegia la
sintesi, anche negli spot televisivi si registra una durata che va dai 30 ai 60 secondi oltre
i quali il consumatore perde l’ attenzione.
3) Nella scelta del nome occorre compiere una attenta analisi linguistica:
verificando che il nome sia pronunciabile in modo corretto, e sia privo di connotazioni
negative in contesti linguistici diversi da quelli del paese di origine. Quindi la facile
memorizzazione e pronuncia deve essere verificata a priori. Occorre inoltre che nel
processo di traduzione del nome non si verifichino mutamenti di senso. Per esempio:
“chat room”, che in inglese significa : stanza virtuale in cui si scambiano chiacchiere, in
francese significa stanza del gatto.
Vediamo come alcuni brand hanno stabilito in modo corretto il proprio nome.

Adolf Dassler fu il fondatore dell'azienda di abbigliamento sportivo che
creò questo nome prendendo spunto dal suo: il suo soprannome era Adi e da Adi e
Dassler nacque Adidas

NIKE: era il nome della dea greca della vittoria. Il logo (il famoso baffo
- swoosh in inglese), rappresenta simbolicamente l'ala della dea della vittoria adorata
dagli antichi Greci.
REEBOK: nel 1895, l'atleta inglese Joseph William Foster ideò e
iniziò a produrre un modello di calzatura dalla suola chiodata per la corsa veloce. Nel

18
1958, due suoi nipoti fondarono una seconda società che assorbì la J.W. Foster & Sons
e che fu battezzata Reebok, dal nome di una gazzella africana.

4) Un nome efficace deve essere poter ricordato con facilità: seguendo questo
concetto la scelta di nomi insoliti può rivelarsi azzeccata,stimolando la curiosità del
consumatore e la sua capacità di memorizzarlo. In questo senso si può ricorrere a nomi
apparentemente incongruenti. Un nome per esempio come Diesel che fa ricordare il
petrolio è stato utilizzato dalla famosa azienda di moda, che grazie anche a questa
apparente diversità a costruito in piena libertà il proprio brand.

2 La Costruzione del Brand
La costruzione del brand si articola in sei passi fondamentali:
1)identificare il driver del desiderio su cui costruire il posizionamento del brand;
2)identificare i desideri specifici sottesi al driver scelto;
3) esplicitare il manifesto del brand;
4)Definire lo scenario competitivo;
5)Definire il core target;
6)Sviluppare il marketing mix.

2.1 I driver del desiderio: Quali sono i motivatori dei desideri? Il marketing in
quest’area si avvicina agli studi psicologici e sociali utilizzando diverse metodologie.
Un valido modello può essere quello rappresentato nella figura seguente:

19
•

*Per

esempio Nike è associata alla forza e alla prestazione(power e

performance)
•

*Adidas si posiziona vicino al sentimento di appartenenza ad un gruppo
( belonging)

•

*Ad esempio aziende come Armani , Richmond, D&G, puntano invece sulla
esclusività, sull’ esercizio del potere e il distinguersi dalla massa, e la tradizione.

•

*Tod’s , Hogan, Fay invece puntano sullo style , funzionalità, tradizione e
innovazione, qualità e creatività.

•

*ABSOLUT JOY :durezza, forte personalità, divertimento

•

*Miss sixty : è Femminile, ironico, esuberante,glamourus e sofisticato.

Ogni brand deve seguire uno o più driver universali, e se ne deve appropriare nel
proprio contesto di mercato.La difficoltà delle attività di marketing è nel capire i
desideri e bisogni per soddisfare i consumatori, e i maggiori problemi derivano dal fatto
che solo il 20 % dei bisogni è esplicito mentre l’ 80 % di questi è inconsapevole al
20
consumatore. Per questo motivo molte aziende come Diesel, Replay,Gas, utilizzano
degli strumenti tecnici diretti ad osservare il comportamento del consumatore e a
mettersi in stretto contatto con lui; come il direct marketing .Per esempio inscrivendosi
al sito del brand è possibile accedere al catalogo, ricevere newsletter sull’ azienda,
iscriversi ad una e vera propria community nella quale costruire gestire un profilo
personale, mentre innovativo e odierno è lo spazio interno al sito si riserva per
condividere informazioni sulla musica, arte, e design per creare uno stile un senso di
appartenenza al brand e con il quale condividere sempre più valori guida ,intrecciandoli
con emozioni ed interessi personali.

2.2 Identificare i desideri specifici sottesi al driver scelto.
Il passo che dobbiamo fare è analizzare all’ interno di ciascun driver; gli specifici
desideri da soddisfare.

Impegnarsi a soddisfare pienamente ogni driver , porta il brand al successo e
all’apprezzamento completo e soddisfazione dei gusti della clientela
non bisogna però essere soggetti alla miopia, o per meglio dire non ci possiamo solo
impegnare su un determinato benefit, perchè nel caso arrivasse il giorno in cui il
consumatore cambia la sua importanza verso quel fattore o lo rende semplicemente
scontato per quel determinato prodotto potremmo allora trovarci in sgradevoli
situazioni, di notevole perdita di efficienza.(Vedi caso Volvo). Oggi è ovvio che
quando acquistiamo un capo di alta moda o un accessorio come una borsa di Louis
21
Vuitton per esempio, lo facciamo per la ricerca del piacere, la bellezza dell’ oggetto,
l’eleganza e il simbolo che rappresenta, ma diamo quindi per ovvio che, i gli interni
siano cuciti bene, la rilegatura sia raffinata, il colore si presenti costante nel tempo,
diamo quindi per scontati questi elementi. Oggi le aziende che portano al successo il
proprio brand quindi non si concentrano solo in un campo ma se in quello sono
eccellenti, non dimenticano però di investire e progredire anche nelle altre dimensioni
altrimenti sarebbero ben presto raggiunte e superate dai concorrenti. (Per esempio la
Nike si è scontrata con una politica di immagine troppo “dura” per il mondo dell’
abbigliamento femminile.) Consapevole di questo per esempio il colosso sportivo( ha
costruito per la clientela del “gentil sesso” una filosofia ed un messaggio volto a puntare
più sull’ essere donna che sulla competizione. A sostegno della causa nel settembre del
2006 ha lanciato una campagna pubblicitaria dove una campionessa di ballo diceva a
chiara voce” you are your own limit”che tradotto significa ;che solo tu e nessun altro
può decidere qual’e il tuo limite; un’altra campagna in questa direzione è quella sempre
dello stesso anno;chiamata “ Little less hurt” tradotto significa “ un pò meno dolore “
dove molti campioni dello sport vengono visti anche nei loro momenti di sconforto e
dolore , di sconfitta e di fatica, e con queste parole “I hurt myself today To see if I still
feel , I focus on the pain ,The only thing that’s real, emerge la natura più pulita, ma a
volte più nascosta, dello sport: la fatica, il sacrificio, il dolore,la passione . Questa è una
direzione molto importante perchè supera quella esteriorità spesso ricercata, per andare
a coglierne un legame più interno ma più vero. Tornando al nostro brand questo
esempio stà a sottolineare come sia necessario associare il brand a elementi che vadano
oltre il beneficio funzionale, creando nuove e più nascoste ragioni per acquistarlo,
ragioni e aspetti affettivi, fatti di sensazioni e percezioni.
2.3 Esplicitare il manifesto del brand.
Ogni brand stila un suo manifesto, ovvero il faro che impronterà tutto quello che il
marketing e le persone che lavorano sul brand faranno. Non sarà necessariamente
comunicato all’ esterno ma aiuterà gli addetti ai lavori a mantenere coerenza e
consistenza nello sviluppo del brand. Nel manifesto sona esplicitati:


il Goal: ovvero il driver del desiderio con cui il brand vuole essere conosciuto



la Mission: ovvero il macro obbiettivo del brand nei confronti del consumatore



i Valori del brand e ciò in cui crede;



Cosa farà il brand: ovvero quali specifici bisogni/ desideri discriminanti rispetto
ai concorrenti vuole soddisfare
22


Come lo farà: cioè una serie di regole che suguirà nell’ offrire il prodotto

2.4 Lo scenario competitivo: ogni brand deve definire il suo scenario competitivo
ovvero il mercato in cui operare, considerando le scelte alternative che il consumatore
può fare per soddisfare il suo desiderio. È un mercato trasversale nel quale ci si trova a
competere con concorrenti sempre nuovi e con logiche diverse; questo scenario
comprende il consumatore odierno sempre più aggiornato e razionale, cha a fatica si
lascia coinvolgere da a acquisti non programmati, ma ben programma e studia i prodotti
al quale è interessato, l industria sempre più focalizzata sullo sviluppo di brand meno
numerosi, ma più globali, la concorrenza sempre più ardua, e la tecnologia che con il
suo sviluppo sta contribuendo alla consacrazioni dei mercati di vendita on-line dei
prodotti, e alla forte applicazione che trova nel realizzare capi sempre più tecnici e all’
avanguardia.

2.5 Definire il core target
Oggi i consumatori in generale e quindi anche quelli del settore moda , tessile e
abbigliamento sono sempre più informati e richiedono che i prodotti soddisfino appieno
le loro esigenze. Le aziende rispondono in modo attivo a questo segnale suddividendo
le collezioni; a questo riguardo si registra un aumento,( oltre alle due classiche
autunno/inverno, Primavera / estate) creando anche linee particolari e specifiche come
possono essere per esempio le linee street, e dark di Zara, la linea limited edition di
Sisley, la linea Cool di Dolce e Gabbana.
Il cliente quindi oltre che già consapevole di quello che vuole acquistare, si presenta
molto attento alle collezioni esposte e alle tendenze del mercato globale. A maggior
ragione in questo periodo di crisi economica dei consumi, oltre alla variabile prezzo il
consumatore richiede implicitamente di essere coinvolto in eventi, o particolari
iniziative per lasciarsi trasportare in occasioni di acquisto. Rispondono in questa
direzione molte aziende tra cui DIESEL , la quale per esempio , per festeggiare i suoi
trent’anni ha lanciato sia feste nei locali milanesi sia una serie limited edition di jeans
di durata 24 ore in tutti i monomarca Diesel del mondo, dove è stato possibile
acquistare al prezzo modico di 30 euro,( i suoi jeans generalmente hanno un
23
posizionamento sul mercato medio-alto intorno ai 140 euro) il jeans “Dirty Thirty,”sia
per la versione uomo che donna e visti i risultati si è rivelato un grande successo di
marketing ed una ulteriore manifestazione di forza del Brand di Renzo Rosso.

Jeans Dirty thirty
Diverso direzione è quella intrapresa per esempio da Benetton e Calzedonia, i quali,
cercano con mezzi come, il crescente sviluppo delle propria forza di vendita, o
temporany shop nelle piazze delle grandi città ,di stimolare l’attenzione del cliente, e
coinvolgerlo in una occasione di shopping particolarmente originale e limitata.
Il cliente viene poi classificato all’interno di un target group ; per le aziende è
fondamentale non sbagliare questo tipo di posizionamento, generalmente si parte
dalle dimensioni dei diversi mercati da cui poi sono definiti i target delle diverse
marche e dei diversi prodotti, in relazione alle strategie prescelte.
Il consumatore stesso è inconsciamente scelto dai prodotti, in virtu’ del fatto che la
sua decisione è spesso emotiva mentre quella del produttore è sempre razionale, le sue
motivazioni sono talvolta istintive mentre quelle del produttore sono scientifiche
.L’analisi del target può essere fatta definendone le caratteristiche sociodemografiche(età, sesso, reddito) o quelle psicologiche( stile di vita ,motivazioni ,etc.)
ma nel tempo questa operazioni si vanno via via facendo molto complesse, quindi oggi
esistono altri criteri di osservazione del profilo dei consumatori . Per esempio
assumono contorni sempre più definiti i concetti di Tribù, di Mondi, e di
Multiappartenenza.2 .Vediamo di capire i loro significati:
•

La Tribu’: accoglie coloro che sono alla ricerca di un simbolo univoco del
proprio gruppo sociale d’identificazione o aspirazione.

2

Il lusso..Magia & Marketing, Tartaglia, 2006

24
•

I Mondi: accolgono invece esigenze più estese, meno monodirezionate, e a
queste offrono universi omogenei ed estesi.Per esempio il mondo Ralph Lauren
è completo, va dalle camicie ai sottopiatti, dalla borsa da lavoro allo chalet di
montagna. Questi non sono solo oggetti e luoghi ma una visione del mondo
globale.

•

La Multiappartenenza: è un concetto plurale, è l’adesione congiunta a modelli
culturali, gruppi di riferimento, stili di consumo, comunità reali e virtuali diverse
tra di loro,ma rese

“omogenee” dalla persona che le ha scelte.

Il problema di identificazione del target, per un azienda non riguarda più genericamente
l’identificazione di un gruppo di persone omogenee tra di loro , è invece diventato la
ricerca di raggruppamenti di individui che si uniformano solo nella situazione di
consumo di una specifica merceologia o una particolare occasione.

2.6 Il Marketing mix
Il concetto di marketing mix è stato formulato per la prima volta da Borden nel 1953 e
successivamente si è diffuso nella famosa versione delle 4 P(Product, Price , Place,
Promotion) di McCarthy(1960).3
La versione più attuale modifica in parte la denominazione e il significato delle quattro
leve, identificandole nel prodotto , nel prezzo,nella distribuzione e nella comunicazione
Il Marketing mix é l’insieme dei segnali emessi dal prodotto o della marca per
comunicare il proprio posizionamento , cioè la posizione che intende occupare nella
mente del consumatore4.
Queste sono le principali leve attraverso le quali l’azienda può agire per realizzare il
proprio posizionamento, ed in particolare egli può :


trasmettere al consumatore messaggi che gli permettono di posizionare il
prodotto o la marca in una data posizione mentale;




3
4

realizzare delle strategie definite
interagire con la moltitudine di stimoli del mercato.

Concetti e strumenti di marketing,Grandinetti.2002
Il lusso…Magia & Marketing, Tartaglia.2006.

25
2.6.1 Il Prodotto

Il prodotto rappresenta il fulcro interno al quale ruota l’attività della azienda, il suo
ruolo è quello di rispondere nel migliore dei modi alle esigenze del mercato e del
consumatore .Una valida politica di prodotto si dovrà rapportare ad una serie di
fondamentali caratterizzazioni del prodotto moda, la cui combinazione dovrà essere
fatta in maniera personalizzata e armonica 5. Vediamole qui di seguito:
-Valenza moda: nel prodotto si devono integrare creatività , innovazione,
rappresentatività di un fenomeno ,quindi il bello,il gradevole,il classico, l ‘elegante , il
personale ; tutto ciò che fa moda.


Attualità: cioè una giusta e puntuale risposta a quanto la domanda richiede.



Innovazione: l’offerta deve in continuazione creare nuovi prodotti.



Styling: il prodotto moda richiede assolutamente la componente creativa dello
stilista .



Tessuto: in conformità al trend della moda si sceglie il tessuto che costituirà la base
d’un capo: molti consumatori attraverso il tessuti intuiscono il livello qualitativo del
prodotto



Accessori di completamento: per esempio bottoni,orli, ornamenti vari; hanno una
loro importanza in quanto integrano il prodotto e spesso sono in grado di dare quel
surplus necessario per l’acquisto.



Colore: è l’elemento che il consumatore riscontra per primo e ne favorisce
l’acquisto d’impulso, cambia spesso in base alle stagioni.

Nella moda i colori hanno dei significati simbolici: per esempio il blu è un colore
rilassante e di moda da lungo tempo, si pensi al blu”denim” e al blu “marina”, richiama
affetto,armonia,calma, ma anche freschezza,è un colore rassicurante tipico
dell’abbigliamento maschile formale, è il colore per eccellenza del casual jeans.
5

Il marketing della Moda , Antonio Foglio 2003

26
Mentre a differenza il viola è un colore seducente, affascinante,suggestivo


Qualità: ci riferiamo alla qualità estetico-stilistica, a quella sartoriale, a quella dei
materiali che formano il capo.



Vestibilità : un prodotto moda deve avere una sua vestibilità,deve calzare alla
perfezione a chi lo indossa.



Durata del prodotto: essa dipenderà dai materiali( tessuti,accessori,
complementari)



Equo rapporto qualità /prezzo: la qualità del tessuto, la buona fattura del capo
dovranno incidere in maniera giusta e proporzionata.

Prima di affrontare la seconda leva del marketing mix, vorrei soffermarmi sul ciclo di
vita del prodotto moda 6 che per l’azienda è importante da conoscere e analizzare
correttamente per giustificare una corretta politica di prodotto.
Possiamo rilevare sei fasi distinte e ricorrenti:

1)Studio del prodotto: consiste nel periodo in cui si realizza l’idea di prodotto, è una
fase in cui l’azienda sostiene dei costi e quindi per non correre troppi rischi è
consigliabile realizzare ricerche di mercato cosi da permettere la giusta messa a punto
del prodotto. Si cerca di capire come vogliono vestire i consumatori, si deve arrivare
all’idea del prodotto richiesto e produrlo nel più breve tempo possibile.

6

Il marketing della moda, Antonio Foglio, 2003

27
2)Lancio del prodotto: avviene generalmente in questo modo; uno stilista crea un look
o stile particolare e lo lancia in un fashion show( sfilata , rassegna fieristica), poi la
stampa esprimerà un parere positivo o negativo ma è chiaro di solito è teso
all’approvazione. Infatti giornali come (Vogue, Cosmopolitan, Grazia) hanno assicurato
in più di una occasione la giusta o ingiusta approvazione di un prodotto moda. A questo
punto entrano in gioco i clienti rappresentativi, infatti veder indossati certi capi da
queste personalità non fa altro che completare il lancio.Guardando i costi che in questa
fase saranno alti dal momento che si sommano a quelli iniziali mentre altri investimenti
saranno volti a far conoscere il prodotto.
3)Espansione del prodotto. Il prodotto se tutto procede come previsto,incomincia ad
avere una certa diffusione, alcuni testimonial lo portano, ed è questo il momento in cui
entrano in azione i consumatori ( follower) se il prodotto verrà richiesto dal pubblico
significherà che il suo ciclo di vita è entrato nella fase della crescita, che significa che si
è fatto ben conoscere e i consumatori lo stanno acquistando progressivamente sotto
l’impulso della comunicazione e promozione.In generale questa fase richiede grandi
capacità organizzative nonché energie e risorse atte al raggiungimento degli obbiettivi
previsti.
4)Picco di popolarità /maturità del prodotto. Il prodotto è molto conosciuto, le
offerte incominciano ad avere prezzi differenziati: alti nei negozi esclusivi, bassi o
medio bassi nei negozi del grande commercio e nei negozi tradizionali, il prodotto si è
fatto un certo spazio ed ha anche raggiunto una redditività quasi costante,
conseguentemente i sostegni comunicazionali vengono diminuiti o anche eliminati.
5)Declino del prodotto. La moda è in continuo cambiamento , di conseguenza il look
dell’anno precedente diventa via via obsoleto, anche se alcuni consumatori continuano
ad acquistarlo e a portarlo , esso non riscontra più tanto interesse quindi esso viene
offerto spesso con forti sconti fino ad esaurimento di stock.
6)Rigetto del prodotto. Questa ultima fase evidenzia come il prodotto sia ormai
sorpassato, per cui non solo non lo si compera ma neppure lo si vuole indossare.
Infine parlando di prodotto concludo con un’ analisi svolta sulla collezione
autunno /inverno 2008/2009 dell’azienda Calzedonia, che dopo un colloquio mi ha
fornito queste specificità.
Se per esempio volessimo andare ad individuare, le promesse, i desideri, di una serie di
prodotti per esempio( calzini uomo, calze donna, e slip uomo) potremmo sviluppare il
seguente schema . calze uomo, calze donna on the top, nice view,slip uomo.Partendo
28
dal driver del desiderio, in questo caso è stato scelto il fattore comodità, risaliamo
cercando di cogliere i diversi bisogni/desideri che l’azienda cerca di risolvere per il
cliente,per poi arrivare alla promessa che deve essere logicamente mantenuta ed è la
prova reale di quello che veniva promesso, infine arriviamo ad identificare il prodotto
che è messo sul mercato.

Calzini uomo Calzedonia 2008
29
Calze donna Uraban Woman

Slip uomo 2008

30
Calze donna nice view
31
2.6.2 Il prezzo ( price)
Il prezzo è sicuramente una variabile fondamentale ma al tempo stesso difficile da
praticare nel fashion marketing poiché mentre in tanti altri settori il prezzo si rapporta
ai costi, alla qualità, alla concorrenza, nella moda diventa una variabile aleatoria
collegata soprattutto alle aspettative del segmento cui il prodotto moda è destinato,
pertanto non è determinato dalle sole regole di costing su cui si deve basare il corretto
pricing. Tra i principali obbiettivi che questa politica si propone di raggiungere sono:


studiare la problematica dei prezzi dei prodotti confrontandosi con le
esigenze del mercato e dei consumatori.



assicurare la competitività del prezzo



conseguire la redditività.

Una buona politica di prezzo deve tenere conto di numerosi fattori: tra cui ricordiamo,
la conoscenza delle norme legislative, il reale stato dell’economia del mercato dove si
opera e le conseguenze di un posizionamento di prezzo alto, medio o basso.Importante è
anche tenere in considerazione il costo del prodotto e della mia capacità produttiva.
La scelta della giusta politica di prezzo. A questa scelta è senz’altro affidato un ruolo
fondamentale visto che è in grado di permettere il conseguimento di importanti volumi
di vendita, quindi è spesso consigliabile attuarla attraverso tappe e con pianificati
interventi di marketing.


Scelta degli obbiettivi di mercato. Il prezzo deve rispettare e supportare gli
obbiettivi fissati sia a livello di mercato che di segmento; questi obbiettivi
s’integreranno con la strategia aziendale globale



Immagine dell’azienda. Un azienda con una immagine prestigiosa deve
rispettare un certo livello di prezzo; infatti un consumatore che sa di acquistare
un prodotto di marca è ben disposto a pagare oltre al prodotto anche la marca.



Coordinamento nel marketing mix. Il prezzo non è un elemento indipendente per
questo deve essere in armonia con gli altri elementi del mix .
32


Individuazione di una politica e relativa scelta di prezzo. Una volta fissato il
prezzo di base si possono successivamente definire gli elementi determinanti per
una relativa politica di prezzo.



Rispetto del prodotto concorrenziale. Un prodotto deve uniformarsi ai prezzi
della concorrenza, per non restare fuori dal mercato.



Rispetto delle norme legislative .Ogni politica di prezzo deve rispettare norme
precise per non incorrere in irregolarità.
 Rispetto del grado di accessibilità del consumatore. Nella formulazione del
prezzo non bisogna sottovalutare il cosiddetto grado di accettabilità del prezzo
che il consumatore stabilisce nei riguardi di un determinato prodotto moda.

2.6.3 La distribuzione( Place).
Il ruolo della politica di distribuzione è quello di permettere il rapido incontro tra
domanda e offerta eliminando tutti gli ostacoli che si possono interporre, attivando
quelle azioni che la possono rendere ottimale. Questa politica impone lo svolgimento di
due definite funzioni:


funzione logistica: cioè tutta quella serie di interventi operativi di supporto come il
trasporto, la consegna, lo stoccaggio e il post-vendita.



funzione commerciale: riguarda la distribuzione vera e propria,l’impiego della forza
di vendita, la scelta dei canali etc .Quindi presupposto indispensabile per lo sviluppo
ed il consolidamento di un’azienda sul mercato è la giusta scelta del sistema
distributivo.



Vediamo due diversi circuiti di distribuzione.

1)Circuito Corto(Produttore –Dettagliante-Consuamatore)7: esso è costituito da una
sola intermediazione, e può essere di tre diversi tipi:
– la vendita diretta dal produttore al consumatore con suoi punti di vendita al
dettaglio: generalmente è attuato solo dalle grandi aziende che dispongono di
collezioni e gamme complete di prodotti a marchio proprio.
- la vendita diretta dal produttore al dettagliante : è il caso tipico in cui grandi
aziende in questa maniera nonostante gli alti costi detengono il controllo della
loro distribuzione .
7

Il marketing della moda, Antonio Foglio, 2003

33
– la vendita diretta dal produttore a una centrale o a un gruppo d’acquisto: la
centrale trasmette l’ordine e il produttore provvede direttamente alla spedizione ai
diversi punti di vendita oppure ai depositi
2)Circuito lungo ( produttore –distributore –grossista –dettagliante –consumatore): è il
circuito che dispone di più intermediazioni, sicuramente gli interventi del distributore
e /o grossista riducono notevolmente al produttore i costi, questo modello è in grado di
assicurare al consumatore un prodotto sempre attuale, lo svantaggio si presenta però
quando il dettagliante deve mandare segnali al produttore i quali saranno notevolmente
lenti. In generale comunque la scelta del circuito distributivo è il frutto delle scelte
aziendali, legate sia al tipo di prodotto, che alle aree geografiche nelle quali devo
andare ad operare, ed infine deve tenere in considerazione i canali esistenti che
eventualmente possono in tutto o in parte essere sfruttati. In linea di massima non esiste
un canale di distribuzione migliore di altri però tre sono i punti di riferimento che
bisogna tenere in considerazione; il potenziale di vendita che ogni canale è in grado di
offrire, il costo che la mia azienda deve sostenere ed infine tengo in riferimento il tipo
di consumatore che voglio colpire.
2.6.4 La Comunicazione. La moda è comunicazione, i prodotti ,le collezioni, gli
stilisti ,le griffe, però essa prima di essere accettata e portata deve essere capita, seguita
e ciò diventa possibile se la si conosce e se cè qualcuno che la comunica. L’obbiettivo
principale di una politica di comunicazione è l’incremento delle vendite che arriva a
compimento solo se si realizza una efficace comunicazione che parte con l’individuare
il tipo di messaggio da indirizzare verso il target. Il messaggio quindi per essere
recepito deve:


essere compreso: la comunicazione deve essere lineare cioè presentare il prodotto
al meglio senza far perdere di vista le sue funzioni concrete.



essere identificato: il messaggio si deve facilmente indentificare e legare al
prodotto.



essere attuale: il prodotto moda ha una vita breve e questo richiede una
comunicazione attuale e rapida.



essere interessante e suggestiva: il messaggio deve provocare interesse, mentre il
suo contenuto deve suscitare il consumatore all’acquisto.
34
Gli obbiettivi della comunicazione sono quelli di incrementare le vendite e quote di
mercato, creare e rafforzare l’immagine aziendale,far conoscere i prodotti ai
consumatori, supportare il lancio della forza di vendita, questi sono i frutti di una
corretta comunicazione al trade e ai consumatori.
2.7 Le collezioni e le sfilate.
Parlando di moda non si possono trascurare le sfilate e le collezioni. .L’ambientazione,
la scenografia,la musica,il cating, la regia , la presentazione sono tutti aspetti che
supportano in maniera determinante questo veicolo comunicazionale-promozionale
poiché è appunto sfilata dopo sfilata che stilisti e imprese costituiscono la loro
immagine presso il pubblico e si conquistano spazi nel mercato della moda. Solamente
se ben organizzate raggiungeranno gli obbiettivi prefissati creando informazione presso
il pubblico, affinare l’offerta prima della vendita finale, e divertirlo .Le sfilate diventano
per i mass media pretesto anche per la ricerca di pettegolezzi, di provocazioni che non
fanno altro che alimentare la cassa di risonanza attorno alle finalità comunicazionali
delle aziende. Le principali sfilate hanno luogo a Parigi, Milano,Londra e New York.
Le collezioni di base invece sono generalmente due: autunno inverno: che viene
presenta alla stampa e al trade nei mesi di gennaio –marzo, mentre quella primavera
/estate viene presentata a settembre –ottobre.
Minicollezioni.
Le cose troppo semplici nella moda alla lunga stancano e ora quello che è più in voga
nel fashion, sono queste minicollezioni delimitate da confini ben precisi; come la breve
durata del progetto, il limitato numero di capi prodotti o temi trattati, l’importante è che
la cosiddetta “capsula” resti ben distinti dalla collezione principale .Il suo successo e il
suo conseguente moltiplicarsi è dovuto ad innegabili vantaggi che un progetto così
preciso offre: quando si parla di designer ospiti di un grande marchio,di solito si tratta di
giovani sconosciuti talenti, che altrimenti non avrebbero i mezzi per raggiungere un
pubblico così vasto, che si trovano a lavorare in un team,ben specializzato con i mezzi
migliori a disposizione .L’azienda Tods per esempio è stata una dei primi ad investire su
questo progetto, quando qualche anno fa , ha lanciato una minilinea di abbigliamento
Tods, disegnata dal giovane ed emergente Derek Lam; in molti non avevano compreso
una scelta del genere ma in poche stagioni la collezione è diventata parte fondante del
marchio e lo stesso Derek, è diventato il direttore creativo. Inoltre il carattere
35
circoscritto dei progetti dà poi l’impressione di poterli gestire più facilmente dando
anche quella sicurezza necessaria per idee anche non in linea con il marchio, per
esempio il lancio limited edition 24 di Yves Saint Laurent, di un’intero guardaroba a
prezzi low-cost.

2.7.1 Promozione delle collezioni
Le tendenze delle collezioni vengono comunicate tramite i media, la cui scelta dipenderà
dall’immagine dell’azienda, dal budget disponibile, dagli obbiettivi che si propone di
conseguire,dal target che si vuole raggiungere.Vediamo per esempio come attraverso la
stampa è possibile creare una presentazione alquanto stimolante sia nei confronti del
trade che dei consumatori grazie ai servizi fotografici, giornalistici e redazionali. La
stampa quotidiana o periodica offre la possibilità di disporre d’un mezzo aperto, non
condizionato, in cui è possibile esprimere velocemente e liberamente il messaggio da
comunicare, diffonderlo in qualsiasi area geografica e indirizzarsi in maniera mirata al
proprio target. Ulteriormente con una stampa invece “specialistica di settore” è possibile
fare un gradino ulteriore, sia cercando il riscontro di chi legge, sia presentando diverse
collezioni a lettori mirati come grossisti, buyer,dettaglianti etc. Alcuni esempi di riviste
specialistiche per l’abbigliamento maschile sono : l’Uomo Vogue, GQ, Mondo Uomo,
Men’s Club,invece per l’abbigliamento femminile: Vogue,Glamour , Ellè .Diverso
modo di comunicare è quello usato da altri mezzi come televisione, radio, e cinema; essi
hanno il vantaggio d’inviare un messaggio e di presentare prodotti e collezioni al
consumatore in un momento di rilassamento e quindi trovano una maggiore
predisposizione a essere recepiti.La comunicazione televisiva e radiofonica richiedono
un trattamento specifico dal momento che il messaggio deve assolutamente adattarsi alle
esigenze e alla psicologia dei consumatori e non essere troppo generico. Infine vorrei
segnalare le affissioni che sono usate prevalentemente dalle grandi aziende, che
possono sostenere relativi alti costi, e hanno dimensione su tutto il territorio nazionale,
mentre per quanto riguarda per es i poster sono usati soprattutto in punto vendita, sia
delle grandi che delle piccole e medie aziende
Poster fuori dal negozio Furla, Parma

36
3.1 Merchandising:
Il merchandising utilizza la licenza del marchio per attività al servizio del prodotto e
della sua promozione. Con il merchandising si persegue l’obbiettivo di promuovere le
vendite e la diffusione del marchio. Attraverso il merchandising è possibile
aumentare il traffico verso il proprio punto vendita, massimizzarne i
margini, distinguersi dalla concorrenza e fidelizzare i clienti. Ma a trarne
vantaggio sono anche i produttori.
Nel caso specifico del settore moda il termine merchandising, viene sostituito, con il
visual merchandising.
I negozianti sono grandi esperti di merchandising, dispongono la merce in modo da
valorizzarla, mettono in evidenza i prodotti più redditizi e praticano sconti speciali quando è tempo di sfoltire il
magazzino. Oggi le competenze del negoziante non sono sufficienti,il mercato è molto competitivo e i punti
vendita devono difendere la propria identità e attrattività , nasce allora la figura professionale del Visual
merchandising, che mai come in questo momento viene richiesta ed è importante per creare e mettere a punto
la comunicazione interna( arredamento , design, illuminazione) e comunicazione esterna (insegna, vetrine ).

Il visual merchandising che cosè? E’un modo di pensare come visualizzare al meglio i
prodotti, in modo attivo, curandosi della sua presentazione, ambientazione al fine di
ottimizzare la redditività.
37
Gli obbiettivi sono molteplici:


Migliorare la funzionalità commerciale: cioè facendo individuare più agevolmente i
prodotti, e i loro raggruppamenti funzionali.



Incrementare l’efficienza economica: aumentando le vendite e riducendo al minimo
la merce esposta accelerando la rotazione.

Per eseguire un efficace processo è necessario giudicare il punto vendita come se
fossimo dei suoi clienti : -dall’esterno: vediamo la sua insegna, la vetrina come spazio espositivo ,
i suoi punti focali. e l’ impressione che abbiamo dell’interno; .-dall’interno del negozio: vediamo il
layout, e le aggregazioni merceologiche.
Oggi il punto vendita di abbigliamento , non viene visto solo come un luogo di vendita
dei prodotti, ma presenta una organica offerta merceologica che mette in grado la
clientela di reperire al suo interno tutto quanto abbia bisogno di acquistare relativamente
allo specifico brand8. Nello stesso tempo tutti i prodotti vanno coordinati in modo tale
da soddisfare le esigenze della clientela del negozio.
L ‘offerta merceologica però non basta è importante anche la differenziazione di essa
dalla concorrenza, essa si può realizzare non solo se tratta prodotti differenti , ma anche
se li si combina in assortimenti diversi .Cosi, nel caso di un negozio di abbigliamento
donna, di una importante zona commerciale vediamo che tratta specialmente articoli di
tendenza e alla moda.
Esempio marchio Celyb B( abbigliamento donna) .

8

Cristina Ravazzi, Un visual merchandising per l’abbigliamento ,p 25

38
La Celyn b nasce circa dieci anni fa grazie alla sinergia di Elisabetta Franchi e Sabato
Cennamo. L’azienda oggi è in forte crescita( 46%), propone di vestire una donna
sensuale , raffinata , e completamente immersa nella sua contemporaneità. I punti vendita si
distinguono particolarmente per l ‘accurata esposizione dei prodotti che esprimono lo
stile che intende perseguire l’azienda in quel periodo- dice la Store Manager del punto
vendita Celyn B di Imola, la vetrina cambia due o tre volte a settimana, in modo da
attirare sempre l’ attenzione del cliente, i prodotti sono posizionati in vetrina in modo
da creare un senso di profondità e spazio della stessa, inoltre è frequente l’obbiettivo di
cercare una linearità e semplicità di esposizione tra i pochi prodotti esposti.
La vendita è assistita ma anche possibile il libero servizio in quanto i principali capi sono facilmente individuabili ,
suddivisi per colore ma sempre un solo capo per ogni singolo articolo.

In diverso modo un negozio di abbigliamento intimo può contenere sia articoli per i
giovani, ma anche classici o sexy. Una delle prime aziende ad aprire negozi monomarca
di intimo è Calzedonia che dal 1986 ha incominciato a realizzarli; l’azienda , con i
brands Intimissimi( nata nel 1996) Calzedonia e Tezenis cura particolarmente la diversa
immagine dei punti vendita facendo si che il consumatore non si accorga neanche che si
tratta della stessa azienda. Qui prendiamo in analisi i pv Intimissimi si distinguono per
una vendita assistita , l’esposizione è orientata a pochi prodotti che vogliono
manifestare il trend seguito dall’azienda, mentre gli altri prodotti sono riposti in cassetti
o altri contenitori appositi.

39
Interno negozio Intimissimi

Diversamente i punti vendita Tezenis, sono costruiti in un ambiente più semplice, le
pareti sono grigie, il pavimento è grezzo in moda da ricordare, e far sembrare al cliente
un proseguo della strada, che percorreva, mentre i prodotti sono tutti esposti e la vendita
è libera e poco assistiti.

40
Allo stesso tempo il punto vendita multispecializzato , ha bisogno di avere al suo
interno una ampia varietà ,ciascuno con una profonda gamma merceologica, e prestando
attenzione ai prodotti più innovativi e alla moda, e generalmente la vendita è assistita.
Questo tipo di punto vendita può per esempio aggregare l’offerta per destinazione
d’uso: tempo libero(uomo donna bambino), calzature, sport, abbigliamento classico,
abbigliamento fashion, creando inoltre dei shop in shop per particolari brand.
Generalmente la vendita è assistita , il cliente è particolarmente seguito, e invitato a
provare diversi capi di abbigliamento.
Ritornando al visual merchandising e hai compiti che svolge in punto vendita, egli deve
classificare un assortimento suddividendo i prodotti per affinità merceologica, per
affinità funzionale, per clientela, per stagionalità e per stili di vita. Nello stesso modo
un’ altro momento importante da lui svolto riguarda l’organizzazione dello spazio
interno ed esterno e cioè il layout del negozio.Il tutto deve essere organizzato in modo
tale da creare una linearità di esposizione, nella quale si deve studiare un percorso
ipotetico che farà il nostro cliente all’interno e all’esterno del punto vendita;questo
dovrà essere la traccia nell’esporre e collocare i capi , nel scegliere i modi e le
attrezzature esponendoli nel modo più favorevole9.
9

Cristina Ravazzoni,Un visual Merchandising per l’abbigliamento,p.49

41
.
Per esempio, analizzando la superficie interna di questo negozio di Angel di Londra,
eseguendo una analisi spaziale dell’ambiente interno del pv, si possono individuare due
ipotetiche , linee di percorso che io ho evidenziato in viola , mentre le linee gialle ci
identificano la visione che il cliente ha del negozio dall’esterno. In questa foto
possiamo notare il modo di esporre gli accessori , i quali sono riposti in un box centrale
per attirare l’attenzione, inoltre, l’uso di seggiolini o particolari appoggi in legno aiutano
ad evidenziare alcuni prodotti rispetto ad altri.
L’organizzazione dello spazio di vendita, è un importante mezzo di comunicazione, che
quanto meglio strutturato, tanto più diventa veicolo di immagine per il punto vendita di
abbigliamento tra i fattori che si reputano più importanti; cè la possibilità di rendere il
percorso del cliente il più facile e agevole possibile, in moda tale da concedergli una
semplice accessibilità al prodotto.
Due sono fattori che costituiscono le linee guida :



i reparti devono essere tra di loro il più possibile funzionale /omogenei;



la disposizione sistematica di attrezzature nello spazio di vendita..

42
Bisogna creare internamente un percorso principale, che invogli la clientela a circolare
comodamente, questo può avvenire segnalandolo a terra in maniera simpatica( con
colori vivaci ,diversi materiali,differente tipo di pavimentazione o frecce), comunque
non bisogna mai obbligare il cliente a seguire quel percorso. Oltre al percorso primario
si crea poi anche una viabilità secondaria, fatta di spazi tra una e l’altra attrezzatura
espositiva, di corridoi che devono consentire il passaggio della clientela in entrambi i
sensi, e tenendo conto della possibilità di poter sostare o riposarsi, ma senza
ingombrare il passaggio.

Miss Sixty
In questo altro esempio di interno in punto vendita , Miss Sixty Store (Colonia), nella
pavimentazione e nelle attrezzature si richiamano fortemente i colori accesi su cui
punta il marchio, la sua modernità e tendenza., le aree in giallo distinguono i punti di
sosta del cliente davanti ai capi di abbigliamento, ed ne evidenziano il percorso “ideale
“ interno, mentre le linee curve suggeriscono un “carattere” avvolgente.
43
Miss Sixty
I

In questo esempio invece ne vediamo , l’importanza data ai giochi di luce sugli
accessori (parete con sfondo bianco), per gli abiti ( parete con sfondo azzurro) le forme
rotondeggianti delle finestre e delle panche, mentre le due poltrone rosse vengono usate
come punto di riposo/sosta .L’illuminazione è un fattore importante poiché aiuta ad
indirizzare il consumatore nelle diverse zone del punto vendita. Il percorso interno di
solito non ha bisogno di una particolare illuminazione mentre occorre dare più luce alla
merce, soprattutto nelle zone più lontane; senza dimenticare di eliminare i punti morti
in moda da tenere sempre alta l’attenzione della clientela in ogni area del punto di
vendita, rendendo piacevole e al più lungo possibile la permanenza considerandola
essenziale per aumentare le vendite.
Infine vediamo alcuni esempi di merchanding :


Esempi di merchandising non effettuati in modo corretto; in quanto la troppa
esposizione in vetrina crea disordine e difficoltà nel cogliere in poco tempo il
prodotto.

44
Esempi di eccellente merchandising: pochi prodotti esposti, si nota linearità di
esposizione, la giusta illuminazione, inoltre la vetrina sembra non esserci, il cliente può
quasi toccare con mano i prodotti;annullandone quasi la distanza.

45
Hermés

Max&Co
46
3.2 Cobranding
Questa operazione consiste in una associazione o accordo tra una marca ospitante ed
una marca invitata, la quale sottoscrive una collaborazione che può presentarsi in diversi
tipi:
A) la co-definizione dei benefici funzionali/ simbolici offerti dal prodotto.
B) la co-firma del prodotto da parte delle marche coinvolte nell accordo; si
presentano almeno due modi :co-branding di tipo funzionale e cobranding di tipo
affettivo:


il co-branding di tipo funzionale permette l’ indicazione sul prodotto di due o più
marche implicate nella realizzazione dello stesso, in modo da rendere esplicita la
realizzazione dello stesso, negli attributi fisici del prodotto. Esempi di
collaborazione sono pèr esempio Ferrero –Asics e Benetton/Trudi.



il co-branding di tipo simbolico/affettivo10: il quale consiste nell ‘associare alla
marca del produttore una seconda marca generatrice di attributi simbolici( di tipo
psico-sociale ; o esperienziale) addizionali. La denominazione del prodotto è in
questo caso composta dall’associazione delle due marche, sicché l’accordo in
questione viene anche indicato con il termine di co-naming..

Si tratta di una pratica spesso utilizzata nel mercato automobilistico per esempio (D&G
con Citroen,

10

Busacca e Bertoli Co-branding e valore della marca ,2003

47
oppure la nuova FIAT 500-Diesel per esempio che nasce dall’intervento congiunto
dei designer del Centro Stile Fiat e dei designer DIESEL,si contraddistingue per alcuni
elementi estetici di forte impatto visivo, ad iniziare dal particolare colore di carrozzeria
“verde DIESEL Inoltre, all’esterno, risaltano i cerchi in lega 16″ con logo DIESEL, le
pinze dei freni verniciate in giallo, si presenta in un modello sportivo quindi che sarà
venduto per i prossimi due anni.

48
logo diesel nel centro
cerchione.

E’ possibile individuare quattro diverse distinzioni di co-branding:
1)il co-branding funzionale esclusivo: il partner vuole esplicitamente comunicare la
collaborazione al fine di offrire un prodotto di qualità nettamente superiore. Per questo
motivo la marca invitata figura chiaramente vicino a quella ospitante, pur senza
partecipare alla denominazione dl prodotto. Questo permette a ciascuna delle marche di
beneficiare del trasferimento di una sull’altra.
2) Il co-branding funzionale di tipo non esclusivo: in questo tipo di accordo abbiamo
benefici di modesta entità per la marca ospitante, poichè quella invitata può essere
apposta anche su altri prodotti appartenenti alla medesima categoria. Esempio in questo
caso sono il caso delle marche Lycra e Goro-Tex frequentemente apposte su piumini,
biancheria intima e capi sportivi.( associate alle varie marche come MaxMara, Armani,
Hugo boss). Il co-branding in questo caso permette alla marca ospitante di beneficiare
degli aspetti positivi che la marca ospita può generare grazie alla sua notorietà.

Intimo in lycra
49
3)il cobranding simbolico esclusivo: in questo caso, l’impresa titolare della marca
ospitante si accorda con un partner in modo da far figurare sul prodotto da essa offerto
una marca esterna alla categoria in cui tale prodotto si inserisce, al fine di indurre, nel
sistema percettivo dei consumatori, il trasferimento delle valenze positive
dell’immagine della marca secondaria sul prodotto (Hillyer e Tikoo, 1995). Il
trasferimento in parola è reso possibile dal carattere esclusivo dell’accordo. Si tratta di
una variante sovente utilizzata nel settore automobilistico (si pensi all’accordo fra
Renault Twingo e Benetton) dove si consente, per una durata generalmente breve, di
mirare quel segmento di clientela potenziale che presenta una consonanza (fit)
particolare con la marca invitata.
4) il cobranding simbolico non esclusivo : rispetto a quanto appena affermato, in
questo caso il carattere non esclusivo dell’alleanza riduce il trasferimento delle valenze
positive associate alla marca secondaria. Si pensi, per esempio, agli accordi con i quali
Walt Disney ha concesso l’uso dei suoi marchi e/o dei suoi modelli a numerose imprese
operanti nei più svariati settori di attività. E’ appena il caso di osservare che se la brand
equity della marca invitata è nettamente superiore a quella della marca ospitata, allora la
prima tende a prevalere, celando la seconda.
Possiamo ora sintetizzare i benefici e i rischi potenziali associati agli accordi di
co-branding.
Partendo dai benefici, del co-branding funzionale notiamo che per la marca ospitante,
essi si riconducono fondamentalmente alla segnalazione della qualità superiore del
prodotto coinvolto, nel senso che essi sostengono l’impresa nello sforzo di comunicare
con maggiore efficacia ai consumatori tale qualità, supportandola dunque
nell’attuazione della propria strategia di differenziazione.
I benefici invece del cobranding simbolico si riconducono invece essenzialmente al
trasferimento sulla marca ospitante degli attributi simbolici evocati dalla marca
secondaria. Per esempio, l’obiettivo dell’accordo che ha portato al co-branding fra la
marca Roland Garros e la linea della Peugeot 106 era quello di trasferire su quest’ultima
una certa idea di modernità e dello sport, ossia di trasferire sul prodotto co-firmato
alcuni attributi simbolici addizionali al fine di denotare in maniera diversa il prodotto.
In entrambi i casi, il risultato è quello di migliorare la propensione all’acquisto da parte

50
dei consumatori. La forza delle marche che contrassegnano il prodotto agisce infatti
come fattore di attrazione nei confronti della domanda intermedia e finale. Ciò permette
ad esempio di:


incrementare il livello di soddisfazione dei clienti tradizionalmente serviti;



conquistare nuovi segmenti di clientela, i quali apprezzano in modo particolare i
benefici funzionali offerti dal prodotto oggetto del co-branding;
far ottenere a tale prodotto un livello di notorietà più alto :



Passando all’analisi dei rischi connessi al co-branding, questi emergono evidenti ove si
consideri che mediante tale accordo una marca si lega a un’altra, anche sul piano dei
valori e dell’immagine. Di conseguenza, l’operazione di co-branding potrebbe tradursi:
- nella generazione di associazioni che riducono il valore del l’immagine della marca
ospitante, con conseguenze comunque circoscritte al solo prodotto co-firmato: ciò si
verifica ad esempio nel caso in cui le valenze distintive della marca secondaria svolgano
un ruolo negativo nella formazione delle percezioni di qualità sviluppate dagli
acquirenti della classe di prodotto in cui va ad inserirsi il prodotto co-firmato, Questo
accade per esempio quando, nell’ambito di un co-branding funzionale, la marca
secondaria è percepita come di qualità inferiore rispetto a quella ospitante;
- nella distruzione delle risorse di fiducia generate dalla marca nell’ambito dei
business in cui questa opera singolarmente. L’utilizzo di una marca caratterizzata da
un alto valore simbolico per co-firmare un prodotto banalizzato può non soltanto
determinare il sorgere di associazioni negative riguardo a tale prodotto, ma anche
svilire l’immagine della marca relativamente ai prodotti da essa abitualmente
contrassegnati, deteriorando le relazioni con la clientela 11.
In simili circostanze, si sviliscono in modo sostanziale anche la credibilità
dell’impresa, intesa quale capacità riconosciuta di soddisfare i bisogni della domanda
12

,con conseguenze di particolare gravità per quanto concerne il processo di

alimentazione delle risorse immateriali. Sicuramente Roberto Cavalli come afferma”si è
divertito” a rivestire le bottiglie per una vendita di circa 300.000 bottiglie di Coca-Cola
Light 13 in edizione limitata , però a volte viene da chiedersi che non ci sia il rischio di
ritrovarsi con lo sminuire ,l’ importanza di immagine delle rispettive aziende quando la
marca viene “usata” per operazioni che proprio non hanno nulla a che fare.
11

Rao e Ruekert, 1994; Rao, Ruekert e Benavent, 1994

12

Keller e Aaker, 1992, p. 37
www.fashionjob.it

13

51
-

3.3 Licensing:
Con il contratto di licenza, il titolare del marchio concede a un “licenziatario” l’uso del
marchio per la produzione e la vendita di prodotti specifici (solitamente di un settore
merceologico) in un preciso territorio e attraverso determinati canali distributivi, per un
periodo di tempo stabilito, a fronte di un compenso, che il licenziatario si impegna a
corrispondere al licenziante, sotto forma di royalty (percentuale sul fatturato) e di
contributo pubblicitario (percentuale sul fatturato). Attorno alla royalty sono poi
strutturati gli acconti e le garanzie.
La royalty può essere definita come “... quei proventi propri dei beni immateriali
identificabili e suscettibili di autonoma cessione che un terzo, prescindendo dai benefici
eventuali introduzione mente indotti dalle sinergie, è disposto a riconoscere al
proprietario del bene intangibile a fronte del diritto di utilizzo dello stesso14”. La royalty
permette al licenziante di finanziare il proprio sviluppo mantenendo il controllo, più o
meno diretto, del mercato di sbocco. Il licenziante deve affrontare pochi costi
direttamente associati al business in licenza: i costi di comunicazione istituzionale e
quelli di un licensing manager o di una struttura che si occupi della gestione contrattuale
della licenza.
I costi di produzione e/o di commercializzazione e generali per lo sfruttamento del
marchio sono sostenuti dal licenziatario n base al fatturato realizzato con la licenza.

14

www.ipertesto.it

52
Questa disciplina è nata negli Stati Uniti sulla fine degli anni cinquanta e per molti
anni le attività di licensing sono state dominio di quel mercato. L ‘esempio più noto
è naturalmente quello dei personaggi creati dalla Walt Disney che negli Stati Uniti
sono stati immediatamente utilizzati per la caratterizzazione di prodotti terzi; ne è
nato un cosi forte mercato che successivamente si è esteso a tutto il sistema
entertainment ;che quindi più avanti ha influenzato altri mercati fino ad arrivare al
mercato dei marchi industriali ed in particolare a quello automobilistico. Negli anni
70 questa tecnica ha iniziato ad influenzare anche le aree Europee, con l Inghilterra
in primis.
Dobbiamo specificare che ad ogni cessione dei diritti di utilizzo di proprietà
intellettuale viene generalmente corrisposta a una percentuale sul giro di affari generato
dal prodotto o dal servizio utilizzatore della proprietà intellettuale. Questa percentuale si
chiama Royalty;per dare un pò di dati: le attività di licensing nel 2007 hanno avuto un
fatturato totale di circa 5.952 milioni di dollari. Nell’ andare ad analizzare possiamo
vedere che ci sono diverse modalità di licenza:
Che cosa è esattamente il licensing?
Al di là delle sofisticazioni legali il licensing è una procedura tramite la quale si dà in
“affitto” una proprietà di natura intellettuale ( sia esso un marchio, un simbolo, un
motto, una firma, un personaggio o una qualsivoglia combinazione di essi). Per poter
fare ciò è necessario che la “proprietà” (ovvero la suddetta combinazione di uno o più
elementi) sia stata legalmente definita e protetta da brevetto o da registrazione. L’affitto
di tale proprietà viene stipulato in riferimento ed unione ad uno o più prodotti o linee di
prodotto. Già da questa descrizione si capisce che è necessario disporre di una serie di
entità ed elementi per poter procedere ad un accordo contrattuale quale quello di
licensing. I personaggi coinvolti in questo accordo sono : i proprietari o gli agenti ai
quali la proprietà (intellettuale) è affidata che vengono definiti “licenzianti” e, dall’altra
parte color che affittano tale proprietà ovvero i “licenziatari”. L’accordo di licenza
prevede che tale “affitto” sia assolutamente ben definito in termini di territorio,
prodotto/i, durata nel tempo, e remunerazione per il licenziante. Quando si parla di
questo tipo di remunerazione si parla di royalty, un pagamento calcolato su base
percentuale sulla vendita dei prodotti soggetti all’accordo di licenza. E’ comune negli
accordi di licenza che una parte delle royalties siano il così detto “minimo garantito” ed
il resto vincolato alle vendite dei prodotti.
Il minimo garantito viene normalmente richiesto dal licenziante come ”deposito
cauzionale” sull’affitto della proprietà intellettuale ed è inoltre abbastanza comune che
53
esso venga pagato in anticipo dal licenziatario, indipendentemente dall’andamento
successivo dell’accordo di licenza.
Nella moda il licensing ha inizio circa a meta del secolo scorso con le Maison Francesi
quali Pierre Cardin, Oleg Cassini. e Givency. Il licensing in Italia è stato efficace per la
notorietà e diffusione delle Maison, le cui competenze distintive gravitano
prevalentemente sull’alta moda .
La ragione del suo successo in Italia è legata all’esistenza di una rete capillare di
aziende industriali che dislocate nei vari distretti del paese, rappresentano i partner
ideali per le griffe emergenti. Riguardo all’assetto produttivo , l’Italia è leader del
fenomeno delle licenze nel mondo visto che stime recenti segnalano la presenza di 512
marchi di lusso al mondo ; di cui il nostro paese ne produce 326.
Il licensing15 è usato come strumento commerciale, per cui deve essere gestito con
grande attenzione attraverso la stipulazione di un contratto , il rispetto di standard di
qualità e il continuo controllo. Nel sistema moda il processo di condivisione del knowhow è complesso, poiché le conoscenze di stile, di prodotto, e processo sono in buona
parte tacite, cioè poco codificate e prevalentemente legate a singole persone più che
processi e a meccanismi organizzativi. In secondo luogo queste conoscenze sono
soggette sistematicamente ad una grande variabilità per la necessità di continua
evoluzione della moda.Quindi lo scambio di conoscenze è un processo graduale e
dinamico.
In questi ultimi decenni, nell’ambito della moda questi aspetti di tipo stilistico sono
diventate un asset strategico , modificando le modalità di collaborazione tra le due parti
che stanno diventando sempre più solide e durature rispetto al passato, ( da due-tre anni
a cinque-dieci anni), inoltre aumenta l’attenzione dedicata alla selezione quantitativa dei
canali distributivi, la creazione di ruoli e meccanismi organizzativi volti a garantire una
maggiore concentrazione delle strategie(come per esempio: la formalizzazione delle
politiche di marca. di pricing,di comunicazione, meeting tra licenziatari )
Di fronte ai licenziatari che dimostrano di avere queste competenze, le Maison possono
condividere anche con marchi concorrenti lo stesso licenziatario; esempi importanti
sono quelli di: Luxottica e Safilo negli occhiali, Zegna nell’abbigliamento formale
uomo, Aeffe e Burani Fashion Group nel pret-a-porter donna, Cesare Paciotti nelle
calzature. A sostegno di questo riequilibrio, la presenza di marche proprie nel
portafoglio di licenze non viene considerato un elemento di disturbo ma una garanzia

15

Il licensing nel sistema moda, Giannelli –Saviolo, 2002.

54
delle competenze tecnico-produttive del licenziatario, permettendogli di raggiungere
una ,massa critica maggiore e di ottimizzare i processi produttivi e logistici.
Esempio Bulgari
Bulgari .La Maison per il suo primo negozio nel 1884, nel 1905 inaugura il primo
flagship store, nel 1992 si estende la marca ai profumi ma il primo esempio di licenza
l’abbiamo dal 1997 quando concede a Luxottica la propria licenza degli occhiali, ad un
partner valido ed in grado di garantire un proficuo kow-how distributivo.
Altro licensing sempre sviluppato da Bulgari è stata quello concesso a Rosenthal
creando una esclusiva collezione home design, di porcellana, posate etc.La casa e
l’arredamento stanno diventando un fenomeno importante di concessione pari quasi a
quello dell’abbigliamento il problema è semmai rappresentato dal mercato chiuso e
poco competitivo anche a livello di prezzo.
Esempio di licensing D&G.
Domenico Dolce e Stefano Gabbana fondano nel 1982 la Dolce & Gabbana, dopo i non
pochi problemi iniziali, incominciano i primi rapporti di licenza di maglieria nel 1987
con Modella Tricot, nel 1988 accordo di licenza del pret-a-porter con l’azienda Dolce
Saverio , nel 1989 accordo di licenza e distribuzione di intimo donna e mare con le
Bonitas, e con l’azienda Sergio Rossi per la licenza delle scarpe D&G, e da li in poi è un
susseguirsi di successi e crescita.
Le licenze hanno quindi svolto un ruolo fondamentale nell’affermazione di Dolce &
Gabbana. La storia del loro successo dimostra che affinchè il rapporto tra il licenziatario
e il licenziante funzioni è indispensabile che vengano rispettate determinate regole, la
più importante delle quali è guardare il contratto di licenza in un’ottica di lungo
periodo.Il licenziatario deve dimostrare di credere nella griffe, impegnandosi a farla
crescere anche quando ciò non è strettamente legato all’incremento del proprio giro
d’affari. Dall’altro , anche il licenziante è chiamato a contribuire attivamente agli
investimenti, per esempio, reinvestendo le royalties che riceve , per affermare la griffe.
Considerando questo appare corretto affermare che la scelta dei licenziatari è in realtà
un processo di autoselezione; soprattutto per quanto riguarda il reparto accessori. Anche
con i propri prodotti di licenza, D&G ha cercato di mantenere una coerenza di fondo e
una immagine unitaria: in quanto i prodotti devono essere riconosciuti come parte
integrante del proprio mondo. Nel tempo l’azienda ha incominciato ad acquisire il
controllo della distribuzione, questo è avvenuto sia grazie ad una nuova struttura

55
organizzativa-strutturale a partire dal 1998, sia a numerosi investimenti in campo
distributivo e produttivo interno.
La produzione interna è strutturata in tre divisioni:


Divisione che gestisce il core business abbigliamento



Divisione finalizzata agli accessori( cravatte, foulard,sciarpe intimo) e la
nuova linea a commerciale



Divisione dedicata alla pelletteria e alle calzature

Il peso delle licenze incide oggi circa del 68% cosi distribuiti:


Profumi: dopo una crescita che nei primi anni, segnava incrementi di oltre il
100% annuo,hanno continuato e continuano a seguire un trend positivo.



Occhiali: dal 1995-96 a oggi gli occhiali hanno quinti plicato il fatturato, con
incrementi del 100% annuo, per i primi tre anni.



Abbigliamento D&G: ha avuto una crescita ottima nei primi anni, per poi
assestarsi su valori costanti.

3.4 Brand extention
L’estensione di marca è prima di tutto, una crescita aziendale al pari delle scelte di
integrazione verticale oppure orizzontale, essa comporta la costruzione e il
consolidamento della brand equità ( ovvero il patrimonio immateriale di reputazione
costituito da immagine della marca, fedeltà della clientela, e relazione con interlocutori
esterni) nelle categorie di mercato originarie, per poi generare un incremento delle
vendite aziendali su nuove categorie merceologiche o su nuovi segmenti di mercato.
L’estensione della marca costituisce un approccio sempre più utilizzato , nella moda
come in altri settori, per ridurre i tempi, i costi e i rischi associati all’introduzione di un’
altro prodotto all’interno di nuovi ambiti.16 La costruzione di una nuova marca
comporterebbe infatti un investimento e un rischio pesante.
Il processo di estensione prende avvio da un allargamento di gamma dei prodotti
originari e può determinare un cambiamento più o meno importante sia degli aspetti
relativi al know –how teorico(metodi) sia quello più soft come le competenze del canale
distributivo che rivestono un ruolo centrale nella gestione della marca.

16

Il licensing nel sistema moda, Giannelli-Saviolo, 2003

56
Estensione correlata o non correlata.
Se la nuova categoria merceologica ha una similitudine tecnologica con quella iniziale;
soprattutto in termini di canali distributivi si chiama estensione correlata, per esempio
estensioni dall’abbigliamento formale alle linee più casual, o dall’abbigliamento
maschile al femminile, oppure dalla pelletteria alla calzatura; diversamente quando il
divario tecnologico è distante prende il nome di estensione non correllata, per esempio
dall’abbigliamento alla profumeria,all’occhialeria o all’arredo casa. Un ulteriore tipo di
estensione può verificarsi quando la marca si posiziona anche in una altra fascia di
prezzo, soprattutto nel caso delle griffe questo tipo ha avuto lo scopo di allargare il
mercato in termini merceologici.
E’ importante sottolineare che una estensione di marca di successo è notevolmente
subordinata sia alla presenza di un adeguato livello di conoscenza del nuovo prodotto o
segmento, in quanto la percezione di compatibilità tra le due categorie da parte dei
consumatori è di notevole importanza.
La coerenza fra categorie
La coerenza può essere innanzitutto apprezzata a livello di categorie di prodotto
coinvolte nell’estensione: si tratta cioè della coerenza percepita fra la categoria in cui
tradizionalmente opera la marca e quella in riferimento alla quale ha luogo la brand
extention. In quest’ottica, la coerenza può essere in primo luogo valutata in termini di
similarità, cioè a dire in funzione del grado in cui i consumatori percepiscono il nuovo
prodotto in qualche modo collegato agli altri contraddistinti dalla medesima marca.
Boush e Loken(1991) dimostrano che gli atteggiamenti del consumatore in riferimento
ai prodotti contraddistinti da una determinata marca tendono trasferirsi al nuovo
prodotto oggetto con maggiore immediatezza se questo è percepito simile ai prodotti
originari.
In una prospettiva più ampia si possono ricondurre le dimensioni utilizzate dai
consumatori per la formulazione dei giudizi di coerenza fra le categorie a tre
fondamentali tipologie17:


La complementarità: intesa come grado in cui il consumatore ritiene che i
prodotti possono essere consumati /impiegati congiuntamente, soddisfando al
meglio il bisogno;



La sostituibilità: intesa come misura in cui il consumatore reputa che due o più
prodotti condividano modalità di applicazione, contesto, bisogni soddisfatti;

17

Shocker 2004

57


Il trasferimento di competenze: il quale riflette la percezione del consumatore
circa l’abilità di un’impresa operante in una categoria di prodotto nel realizzare
prodotti appartenenti ad un’altra categoria; ciò può essere funzione delle
particolari competenze possedute, che possono essere trasferite nel nuovo
prodotto, e/o della facilità di realizzazione di quest’ultimo.

Un ulteriore elemento in grado di influire sulla valutazione di coerenza effettuata dal
consumatore è costituito dal differente livello tecnologico che caratterizza le categorie
dei prodotti. Nel caso l’estensione di marca si collochi a un livello tecnologico superiore
migliora la percezione della stessa, mentre invece in caso inverso , non emergono effetti
di retroazione negativi sulla valutazione del brand.
Estensioni in senso orizzontale.
Per operare in questa direzione, è necessario che i clienti accettino facilmente la marca
nel nuovo ambiente, questo può avvenire per diversi motivi; per il fatto che il prodotto
è connesso a quello originario, o ne costituisce un ingrediente, un attributo, o ancora
uno stile ben conosciuto.
Qualunque sia il legame tra il prodotto originario e il nuovo comunque il cliente deve
avere l’impressione che i due stanno bene insieme e non esistono connotazioni
discordanti ( se la Mc Donalds, ad esempio decidesse di utilizzare la sua marca per
creare una catena di laboratori per lo sviluppo delle fotografie, la marca servirebbe ad
invocare nella mente dei consumatori una immagine di patatine unte piuttosto che un
servizio rapido e affidabile di fotografie) 18.Per quanto a volte questi problemi possono
essere tenuti sotto controllo la possibilità che queste connotazioni controproducenti
esistano deve sempre essere tenuta presente,quando si fanno operazioni di questo
tipo.Ovviamente ci vuole una certa elasticità, è possibile ad esempio che una o due
estensioni messe in atto in passato rendano un ulteriore estensione, oppure una
estensione che abbia successo può contribuire a cambiare il modo in cui la marca è
percepita. La Virgin per esempio, originariamente era solo una casa discografica, poi ha
utilizzato la marca per fondare una linea aerea, ovviamente una estensione in un capo
poco adatto, ma quando essa si è rivelata un successo, la marca ha subito una
evoluzione divenendo molto più di una marca caratterizzata dalla sua personalità di
concorrente debole, ma aggressivo e privo di timore che punta sul livello elevato di
qualità dei suoi prodotti .

18

Brand Leadership , Aaker-Joachimsthaler 2003

58
Diversamente quando una marca è legata in modo stretto ad una categoria
merceologica, non sono possibili molte estensioni; per esempio il marchio Cambell’s
Soup pur avendo connotazioni positive, esse non ha funzionato abbastanza bene
quando è stato utilizzato in cotesti diversi da quello delle zuppe.
Per gli stessi motivi, marche come A-1 Steak Sauce, Kleenex e Clorox Beach non
possono estendersi molto al di fuori del settore in cui agiscono, al contrario le marche
che fondano la loro credibilità su connotazioni meno concrete come il controllo del peso
corporeo(Weight Watychers), l’alimentazione salutista, e la moda possono più
agevolmente estendersi ad altri prodotti perché i benefici intangibili che promettono
possono funzionare in molti contesti.
Estensioni in senso Verticale
Spesso sembrano esserci buoni motivi per estendere una marca verso il basso, in modo
che possa entrare in un mercato di prodotti di convenienza gia di notevoli dimensioni e
di crescita ulteriore, o verso l’alto in modo da poter fruire della vitalità e dei margini di
profitto che caratterizzano per esempio i prodotti destinati al mercato dei beni di lusso.
Una estensione in senso verticale è particolarmente insidiosa in quanto può mettere in
pericolo la qualità percepita e perchè può costringere a ricorrere alla creazione di
sottomarche e di marche garantite.
La soluzione più prudente è ovviamente quella che consiste nel mantenere la marca
sempre allo stesso livello in termini di qualità. Sono molte le marche che non hanno
credibilità e prestigio sufficiente a consentire loro di funzionare in un segmento di
mercato più elevato quando l’estensione verso l’alto funzionano si tratta in genere di
operazioni di intenti molto modesti: il posizionamento delle marche è tale da presentarle
come migliori delle marche consolidate, ma non come all’altezza delle marche miglior
in assoluto e alla base vi sono miglioramenti di natura funzionale.
Il mercato dei beni a basso prezzo è invece più agevole, ma spesso comporta, in genere
pericoli per la reputazione della marca e può intaccare il patrimonio dei clienti della
marca preesistente dal momento che essi sono attirati da un’ offerta più conveniente.
Aspetti organizzativi dell’estensione di marca
Dal punto di vista organizzativo l’estensione di marca può essere realizzata in due modi:


come modalità interna o attraverso acquisizioni



come modalità esterna attraverso accordi

59
Con lo sviluppo interno l’impresa amplia il portafoglio prodotti attraverso una simbiosi
tra vecchie e nuove linee di prodotto, anche se ciò può richiedere tempi lunghi e
investimenti rilevanti. Con le acquisizioni invece si ottiene attraverso l’acquisto di
pacchetti azionari di altre imprese, la titolarità oil controllo delle marche. Sicuramente la
modalità interna è privilegiata, soprattutto per le grandi marche e griffe del lusso e
fashion esse hanno sempre sostenuto il controllo diretto del know-how produttivo, oltre
che il ricorso a modalità distributive altamente selettive. Prada invece per esempio è un
azienda che è partita da una specializzazione merceologica sull’accessorio e si è poi
progressivamente affermata come griffe del luxury/fashion.
Quando invece l’impresa vuole diversificare in ambiti competitivi diversi dal suo core
business l’accordo con il partner specializzato rappresenta l’unica via percorribile.
In settori come l’abbigliamento intimo, la maglieria e le calzature, questo è un percorso
quasi obbligato: visto che le aziende specialiste hanno una clientela amplia e
garantiscono al partner la continua innovazione. Questo sviluppo esterno può avvenire
in settori come l’occhialeria, la cosmetica etc.
Una classificazione propone tre tipi di accordi19: gli accordi verticali che avvengono tra
diverse fasi della stessa filiera e riguardano produttori e distributori( es il franchising);
gli accordi orizzontali si realizzano tra imprese operanti nello stesso settore e allo stesso
livello di distribuzione, mentre gli accordi laterali prevedono invece la collaborazione
tra imprese di settori merceologicamente diversi.
Il caso più frequente è quello della licenza di marchio concessa ad imprese di un
comparto differente da quello dell’impresa licenziante.
Un caso di estensione verticale e orizzontale della marca Polo Ralph Lauren.
Nel 1968 lo stilista Ralph Lauren ha fondato una propria impresa per commercializzare
abbigliamento maschile di alta qualità con la marca Polo Ralph Lauren. 20

19
20

Il licensing nel sistema moda, Giannelli-Saviolo.
Ralph Lauren ,Rizzoli International.

60
L’immagine di alto profilo di un giocatore di polo si adatta perfettamente a quello che è
il nucleo centrale della identità di marca in cui figurano connotazioni ispirandosi ad uno
stile di vita da country club, caratterizzato dal buon gusto , una linea classica., elegante
nel vestire nonché qualità eccezionale e cura artigianale nelle finiture.La garanzia di
Ralph Lauren ha contribuito a personalizzare e differenziare la marca, ma ha fatto anche
sì che attorno a questo nome si costruisse una marca che poi si è rivelata preziosa in
altri costesti.
Nel 1971 è stata lanciata una linea di abbigliamento femminile con il marchio Ralph
Lauren, dal momento che lo stilista era gia evocativo anche nel campo della moda
femminile .

.
Poichè la marca Polo era gia stata spesa per l’abbigliamento maschile, sarebbe stato
rischioso utilizzarla anche per la linea donna.
Nel 1974 Ralph Lauren è entrato nel segmento dell’abbigliamento maschile di prezzo
contenuto lanciando Chaps, una nuova marca destinata ad essere venduta solo nei
grandi magazzini. La sua personalità tutta americana e più accessibile è molto diversa
da quella più snobistica di Polo. L’operazione ha avuto successo in quanto i prodotti
Chaps erano caratterizzati dallo stile classico tipico del precedente marchio, la nuova
61
marca è servita per guadagnare un accesso, non solo ad un segmento meno elitario, ma
anche a punti di vendita molto più accessibili alla gente comune.

Durante gli anni 80 la marca Ralph Lauren è stata estesa in senso verticale sino a coprire
anche i vertici più alti della moda femminile con la marca Ralph Lauren Collection, che
prometteva moda aggiornatissima con un tocco leggero di distintività. Distribuita solo
attraverso negozi di abbigliamento di alto livello questa marche( Ralph Lauren
Collection, Chaps,) hanno permesso insieme alla marca originaria Polo Ralph Lauren di
coprire una vasta gamma di livelli di prezzo senza cadere nella tentazione di forzare
troppo l’estensione ma anzi hanno reso più credibile l’immagine di Lauren come stilista
e hanno rafforzato il Brand. Negli anni 90 invece abbiamo il lancio di una linea di
prodotti di alta qualità maschile prodotta in Inghilterra, questo per ribadire l’origine
dello stilista ma anche per rimarcare le caratteristiche distintive di marca che una
gamma così ampia di prodotti rischiava di banalizzare.
Per stare sempre al passo con i tempi e attenta al target dei più giovani negli anni
novanta vengono lanciate alcune estensioni con il marchio Polo jeans, Polo sport, e
Ralph Lauren Polo Sport per l’abbigliamento femminile.

Queste ulteriori linee di prodotto allargano la base potenziale dei clienti ma permettono
allo stesso tempo di reagire positivamente al mutamento dello stile di vita improntato su
una maggiore informalità , che segue i valori del fitness e dello stare bene.
Oggi per raggruppare le linee di prodotti destinate da uno stile contemporaneo e per
differenziarle dalle marche ispirate ad uno stile classico, l’impresa ha creato un nuovo
62
simbolo di marca che sostituisce il giocatore di polo a cavallo; il nuovo simbolo è
rappresentato da una bandiera Usa con le stelle sostituite dalle iniziali RL a
simboleggiare, in modo evidente, l’abbandono delle connotazioni britanniche. Per
concludere ;l’ architettura della marca Ralph Lauren ha coperto diversi canali di
distribuzione; vari segmenti di mercato e numerose categorie di prodotto con marche
che sono l’una distinti dall’altra, ma collegate da marchi legati l’uno all’altro(come
Ralph Lauren),sottomarche(polo Sport e Ralph Lauren Collection) e marche garantite
come(Polo By Ralph Lauren).Questa strategia ha consentito ai nuovi arrivi di sfruttare il
valore accumulato nel tempo attribuendo alle varie marche una personalità propria:
possiamo infine dire che Polo funge da ancora per la moda maschile , mentre Ralph
Lauren è al centro del valore della marca destinata alle donne.
Esempi di brand extention Diesel

Numerosi esempi di brand extention , li troviamo nell’azienda Diesel, ultimo in ordine
temporale, è nel settore enogastronomico, che ha recentemente presentato a Marostica i
primi prodotti della tenuta agro-vinicola Diesel Farm, acquisita nel 1994 da Renzo
Rosso. . Vi sono tre varietà di vino, due di olio ed una di grappa, prodotte con tecniche
artigianali fino alla stampigliatura diretta sulle bottiglie delle tre etichette, numerate a
mano, Rosso di Rosso (Merlot e Cabernet), Bianco di Rosso (Chardonnay) e Nero di
Rosso (Pinot Nero). "Quando sorseggi un bicchiere di vino, puoi assaporarne tutte le
sottili influenze - ha spiegato Renzo Rosso -. Nel mio vino, come in tutti i prodotti di
Diesel Farm, ci sono le cose che amo: le mie origini, la mia terra, le tradizioni che ho
63
appreso da mio padre, tra cui l’antica arte del vino. Questi ingredienti, combinati a
tecniche

innovative,

creano

i

prodotti

unici

di

Diesel

Farm".

Oltre ai tre vini, cui sono dedicati sei ettari della tenuta compresi nella zona DOC
Breganze, negli oltre 100 ettari di Diesel Farm sono prodotte anche due varietà di olio e
di Grappa .
Altro esempio può essere il profumo Diesel chiamato Flue for life

Definito da Renzo Rosso, un concentrato di energia, freschezza e adrenalina,

il

profumo ,come un paio di jeans, ha una fragranza che si adatta a chi la indossa ed
evolve nel tempo raccontandone la storia. Strategicamente “imbottigliata” in un
ricercato flacone quasi fosse un elisir di lunga vita che si tramanda di generazione in
generazione in un irreale viaggio nel tempo. Ogni boccetta è un pezzo unico grazie alle
nove differenti incisioni che caratterizzano i tappi delle fragranze .Per la donna Fuel for
Life è un tuffo in un mondo cipriato, un omaggio alla femminilità in una sintesi tra
legno, fiori e cassis, una combinazione del frutto e del fiore del ribes, dosati in modo
tale da mantenere il giusto equilibrio tra spirito e carne.
All’uomo sono invece riservate le note più potenti, che suggeriscono energia e vitalità
in un susseguirsi di vibrazioni aromatiche e fresche; anice stellato, lampone e vetiver si
accordano tra loro in perfetta armonia. Inoltre Diesel ha creato anche una linea più
“glamour” contenente un fialetta di 15 ml di Fuel For Life che permette di portare
64
sempre con sé questo elisir di vita. La catena, come un orologio da taschino d’altri
tempi, diventa un vero e proprio accessorio moda di tendenza21.
Esempio brand extention Sisley

Il marchio Sisley, appartenente al gruppo Benetton ,l’intimo del marchio Sisley debutta
con la collezione autunno/inverno 2008 firmata SISLEY UNDERWEAR, che si rivolge
alla donna e all’uomo attraverso il linguaggio dell’eleganza totale e della seduzione
raffinata. SISLEY UNDERWEAR propone tutto ciò che dell’intimo serve per tentare e
farsi tentare: libertà delle forme, valorizzazione del corpo, attenzione alla qualità. Con
in più il piacere di indossare tessuti preziosi e sexy al tempo stesso - sete, cotoni
pregiati, tessuti plissé, angora, cachemire i dettagli sono sartoriali, innovative e
seducenti le modellistiche: per lei mini cup per scollature profonde a valorizzare il
decolleté, reggiseni carioca, bustini, culotte, stringivita, triangolini con giochi di lacci e
trasparenze per lui, parti basse valorizzanti (push up e soft push up), vita bassa e t-shirt
in figura con spalle in evidenza.22

21
22

www.luxurygallery.it
www.fashionunited.it

65
Altrettanto raffinato e seducente è il concept dei nuovi store sisley underwear che
rinnova il tradizionale punto vendita dell’intimo puntando sul mistero e sulla scoperta,
sulla curiosità del cliente, invitato ad esplorare con i sensi e lo sguardo; a cominciare
dalla vetrina “aperta", che lascia vedere il negozio dall'esterno, ma non racconta niente
del prodotto. Infatti gli armadi espositivi centrali, posti "di spalle" rispetto all'entrata,
impongono di immaginare e quindi di entrare, per scoprire un'atmosfera sognante
quanto rigorosa, volutamente diversa, per un'esperienza di shopping sofisticata e
sensuale.
La nuovissima collezione SISLEY UNDERWEAR, che dalla primavera 2009 si
arricchirà di una linea mare, sarà distribuita a partire da novembre da una rete di 150
corner all'interno degli store Sisley e da quattro negozi dedicati SISLEY
UNDERWEAR, in Italia e nel mondo.

Esempi Armani Casa e Versace home.

Un caso di estensione molto celebre, che va dal mondo della moda vestiaria a quello
della moda nel design d’interni. È quello di Armani/Casa e Versace Home collection
che già celebri marche di Moda, estendendosi nel campo limitrofo
dell’arredamento,mantengono alcune loro caratteristiche visive di fondo, citandosi in
qualche modo a vicenda, forse addirittura costruendo un’immagine caricaturale
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Vertical  Branding nella Moda
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Vertical Branding nella Moda

  • 1. “ Per me, per la mia famiglia, per chi mi ha accompagnato in queste fatiche ” 1
  • 3. Indice Introduzione Prima parte il Brand 1 Il ruolo del brand 1.1 Che cosè? 1.2 Evoluzione 1.3 Brand identity 1.3.1 I testimonial 1.4 Rivisitazione di brand storici 1.5 Brand Name ( l’ importanza della scelta del nome) 2 La costruzione del Brand 2.1 I driver del desiderio 2.2 Desideri Specifici 2.3 Il manifesto del Brand 2.4 Lo Scenario Competitivo 2.5 Definire il core target 2.6 Il marketing mix 2.6.1 Il prodotto 2.6.2 Il prezzo 2.6.3 La distribuzione 2.6.4 La comunicazione 2.7 Collezioni e Sfilate 2.8 Le promozioni delle collezioni 3 .1 Merchandising 3.2 Co-branding 3.3 Licensing 3.4 Brand Extention 3
  • 4. Seconda parte Il retail nella moda 4.1 Che cosè il retail e il concetto di mega –marca 4.2 Il modello Retail Brand equity 4.3 Il retail Strategic Planning 4.4 Scenari futuri 5 Progettazione di Pv 5.1 Come cambia il punto vendita 5.2 La centralità del cliente ,che cosa cerca 5.3 Lo shopping experience 5.4 La Multicanalità 6 Il monomarca , flagship, corner, outlet. 6.1 Il Monomarca 6.2 Flagship Store 6.3 Corner 6.4 Factory outlet Terza parte Distribuzione 7 Integrazione verticale 7.1 Che cosè? Come è fatta? 7.2 Aspetti critici del Vertical Branding 7.3 La time based competition :Zara , H&M 7.4 Una realtà italiana: Benetton 8 Negozi indipendenti multimarca, il grande magazzino oggi , l’abbigliamento in Carrefour e Coop. 8.1 I negozi indipendenti multimarca 8.2 Il grande magazzino oggi 8.3 L’abbigliamento in Carrefour e Coop 4
  • 5. 9 Caso Aziendale 9.1 Calzedonia 9.2 Stonefly 9.3 Geox 9.4 Tods 10 Conclusioni 11Bibliografia Introduzione La moda , i vestiti , le sfilate, le collezioni sono da sempre oggetto di attrazione per chi è affascinato da questo mondo, e si ritrova a cercare nelle vetrine e guardare nelle riviste per trovare ed acquistare il capo, il vestito o la scarpa che più li si addice, costruendo via via un guardaroba ed un ‘insieme che rappresentino in ugual modo la personalità e lo spirito della persona dal punto di vista interno quanto esterno. Essere alla moda non significa solamente vestirsi con i capi firmati,ma è uno stile ,un modo di fare che ti contraddistingue nella vita quotidiana, nel tuo “io” personale, nella voglia che si ha ogni giorno di cambiare il proprio look senza essere schiavi delle maison, ma costruirsi uno style personale e unico che ci renda liberi di essere noi stessi. I cambiamenti e il riposizionamento del consumatore moderno su un livello attivo e non più passivo della comunicazione, l’eccesso di informazioni, advertising, da parte di tutti i competitors del settore moda, causano una perdita di efficienza e una diminuzione di recezioni dei messaggi lanciati con i media tradizionali. Nasce allora la profonda convinzione da parte delle aziende che vogliono conoscere e conquistare il consumatore, di operare con un contatto più diretto, autorevole e profondo. 5
  • 6. Per gestire questi elementi si ha bisogno di una strategia accentrata sul consumatore , una completa autonomia dalla creazione del prodotto, alla sua vendita, l’assenza di brand concorrenti nelle location, e il bisogno di far cogliere al cliente i valori, le peculiarità che distinguono il marchio . In questi tempi di crisi economica il consumatore necessità di essere coinvolto in modo completo , facendogli vivere una shopping experince , ogni volta che si reca nel punto vendita. Egli sente il bisogno di essere emozionato, sorpreso e accompagnato da luci, storie e valori nell’esperienza di acquisto , affinchè ci sia una gratificazione , un piacere che si aggiunge oltre al prodotto voluto. I primi segnali incominciano a cogliersi intorno agli anni Novanta, quando inizia a diffondersi la convinzione che il punto vendita multimarca sia inadatto per trasmettere pienamente l’immagine e i valori dei Brand, e la creazione attorno ad essi di attributi intangibili ha spinto le imprese ad integrarsi a valle, cercando nuove sinergie tra produttori e distributori con il risultato dell’apertura dei i primi punti vendita monomarca, ai quali sono seguiti la creazione di più grandi superfici come i flagship store. La tesi affronta il tema del Vertical Branding nel settore moda, è suddivisa in tre parti : nella prima parte si parla del brand , il suo significato , la sua evoluzione nel tempo, e il come viene usato oggi per trasmettere e comunicare i valori ai consumatori. Vengono inoltre affrontate con relativi esempi gli argomenti del Merchanising, Co-Branding, Licensing, e Brand extention. Nella seconda parte sono trattati argomenti più tangibili come il concetto di retail, la struttura del punto vendita , la presenza di monomarca e flagship store ,nella terza parte invece si parla più apertamente del Vertical Branding e di come le aziende più importanti l’hanno attuato, presentando sia realtà estere come Zara ,H&M, che esempi italiani come Benetton. Infine è stato svolto un caso aziendale , con colloqui ed interviste, volto a cercare di capire e confrontare come alcune importanti aziende Italiane, hanno attuato il Vetical Branding. 6
  • 7. PRIMA PARTE Il Brand 1.1) Il Ruolo del Brand ,che cose ? Quali prodotti scelgono i consumatori? Perché acquistano un prodotto piuttosto che un altro a parità di prezzo? Che cosa cercano nel prodotto? Sono solo alcune domande che ci poniamo nel momento in cui viene preso in esame il lancio di un nuovo prodotto sul mercato, oppure se ci troviamo nella necessità di dover incrementare le vendite o contrastare un prodotto concorrente. Il consumatore di oggi è complesso , difficile da conquistare e soddisfare sempre più esperto nel sapere cosa cerca e di come vuole essere. Il successo di un prodotto si basa oggi più di ieri su elementi intangibili, che hanno la funzione di differenziarlo rispetto ai concorrenti e di costruire una solida relazione con i propri consumatori. Questi elementi intangibili sono alla base del concetto di brand , ovvero quel processo che rende visibile e unico un prodotto rispetto ad un altro nella stessa categoria. Il concetto di brand è una realtà concreta, che rappresenta determinati valori che unisce consumatore e azienda nel momento dell’acquisto1. Il brand oggi è uno stato di essere, (un “Groove” come lo chiamano i musicisti) ,una serie di elementi intangibili, dove la persona si ritrova nella sua totalità, interezza e si sente avvolto, coinvolto e il tutto si unisce con la parte più interiore dell’ individuo che si ricerca nel modo di essere e vestire. Il brand diviene assolutamente vitale in un contesto complesso, discontinuo o di ipercompetitività .Il brand deve aiutare il prodotto ad essere la prima scelta in una determinata categoria in cui ce ne sono altri simili o che si equivalgono per prezzo e per performance . Non esistono ricette per creare un brand di successo ma esiste un approccio corretto, che si basa sulla capacità di ascoltare il cliente, su una attenta costruzione dell’ immagine, sulla reputazione aziendale, leadership, sulla capacità di comunicare e di creare relazioni lunghe e durature, il brand deve e può distinguersi per il suo carattere innovativo, lo stile ricercato ma allo stesso tempo glamour, oppure puntare ad essere una combinazione di artigianalità e industrializzazione, come lo sono molti brand della moda italiana, che si distinguono nel mondo ,proprio per questo. 1 Il Sole 24ore. 7
  • 8. La comodità di Replay Le libertà di essere Armani 8
  • 9. L’inconfondibile eleganza di Chanel Esistono delle regole per sviluppare un brand Vincente che sono valide in qualsiasi mercato , e possono essere riassunte in quattro punti: 1) mantenere la promessa iniziale in termini qualitativi e di performance-servizio (valori tangibili); 2) differenziarsi soprattutto in termini culturali, innovare; 3)Essere portatore di principi e valori in cui il consumatore si possa riconoscere ed entrare in relazione con l azienda ( valori intangibili); 4)Sviluppare una elevata capacità attrattiva attraverso una sapiente strategia di comunicazione che si basa sull’ ascolto del mercato e del consumatore. 1.2 Evoluzione. Il concetto di evoluzione del brand che vogliamo sviluppare è legato oltre che ,ad una vero e proprio cambiamento del significato originale ,anche ad una sua costruzione di identità specifica; è infatti proprio grazie a questa che la marca può rendersi riconoscibile e differenziarsi. Il mercato di oggi impone di superare la classica visione funzionale, per assumerne una nuova, di narratore , in grado di raccontare storie che coinvolgono la marca. I consumatori tendono sempre di più a valutare i prodotti per quello che rappresentano a livello simbolico, si rivolgono verso quei marchi che rispecchiano i propri ideali. Sempre di più la capacità di costruire miti, di farne un”fenomeno di massa”, è un elemento caratterizzante del brand che rappresenterà la linea di demarcazione tra prodotti di successo e prodotti mediocri. 9
  • 10. Esempio scarpa Superga Un esempio che merita di essere analizzato è quello relativo alle scarpe Superga. Le Superga nascono nel 1913, quando la società "Walter Martiny" decide di mettere in fabbricazione le scarpe con suola in gomma marchiate Superga. Nel 1925 inizia la produzione di calzature con fondo in gomma vulcanizzata. Dopo la guerra, Superga riprende la produzione e si concentra sulla fabbricazione delle calzature, mentre nel 1975, risentendo della nuova crisi che colpisce il mercato italiano, l’azienda si specializza nella fabbricazione di articoli sportivi debuttando ufficialmente nel settore dell'abbigliamento sportivo nel 1981. Le Superga da allora sono state viste ai piedi di milioni di giovani, sotto i jeans e rigorosamente senza calzini; i teenager le amavano perché costavano poco e si presentavano in tantissimi colori; le mamme, forse, le adoravano perché, una volta sporche, si buttavano in lavatrice per poi tornare come nuove. Dal Febbraio 2004, infine, Basic Net ne ha assunto la licenza mondiale per produrne e distribuirne i prodotti e, dalle ultime apparizioni, è possibile notare l’andamento positivo. Per la campagna di rilancio 2008 i vertici aziendali hanno colto una casuale ma interessante opportunità verificatasi una ventina di giorni prima di Sanremo 2008, quando il conduttore Chiambretti ha contattato la nota ditta di calzature (Superga) per chiedere un modello originale. Come è noto, Il sig. Chiambretti ama indossare le scarpe da tennis sotto lo smoking e gli era stato proposto quindi di puntare su un paio di scarpe color oro. Il colore però era stato giudicato troppo banale, ed è stato deciso per un tricolore visto che si trattava del Festival della canzone italiana. Il problema è che, all’indomani della chiusura del Festival, su alcuni quotidiani è apparsa la foto della scarpa tricolore, accompagnata dalla scritta “People’s shoes of Italy”.Da qui nasce la riflessione: su quali possono essere , forse gli elementi di successo del brand che diventa in rapido tempo uno dei prodotti più venduti dell’anno ; forse le regole che ho elencato prima per un brand vincente né sono una guida, ma essa deve essere accompagnata anche dalla ricerca dei giusti testimonial, e dalla capacità di saper cogliere le opportunità degli eventi. 10
  • 11. Esempio Belstaff un prodotto che è ormai diventato “un must” per l’abbigliamento è il giubbotto in pelle Belstaff il capo venduto in grande quantità da molti anni, ed è spesso indossato da grandi attori nei film, e vip nelle serate” mondane” ,facendolo diventare un elemento di tendenza. 11
  • 12. Esempio Converse :per non parlare poi della scarpa converse; il successo si commenta da solo, è una delle scarpe più vendute in assoluto negli ultimi anni, si adatta a tutti i tipi di style: durk, punk, street,fashion, è ormai un accessorio in possesso di almeno ogni giovane, e non solo; il brand è stato acquisito dal colosso Nike che ne ha rilanciato il mercato. 1.3 Brand Identity Negli ultimi tempi quindi fattori come la moltiplicazione dei prodotti disponibili, la saturazione dei mercati, la maturità dei consumatori; pongono la marca di fronte a nuovi scenari. L’ abbinata presenza di valori tangibili e intangibili concorrono alla identità specifica di un determinato brand che si riunisce nella brand identity cioè quel processo costruttivo che porta alla identità della marca. Definendola ,possiamo dire che è tutto quello che un azienda vuole che i suoi consumatori percepiscano utilizzando i suoi prodotti: è espressione esterna di un marchio e ne comprende il suo nome e la sua immagine personale. Composizione della Brand Identity :  Il posizionamento ( target, e le differenziazioni con la concorrenza)  La visione ( Gli obbiettivi a cui tende il brand)  La cultura d azienda ( comportamenti atteggiamenti valori) 12
  • 13.  L immagine ( la percezione complessiva dell’azienda da parte dei suoi clienti e interlocutori interni ed esterni) Chi alimenta la brand identity e ne determina il successo: • il target: - gli opinion leader • il consumatore soddisfatto i testimonial Le Strategie di distribuzione: - • accessibilità del prodotto su tutto il territorio nazionale ed internazionale La corretta strategia di comunicazione: - advertising - Promozioni - Attività below the line 1.3.1 I testimonial Esempi di come alcuni brand scelgono i proprio testimonial:  Testimonial Armani: E’ noto il connubio che lega Giorgio Armani al mondo dello sport e in particolare al calcio, spesso la scelta cade sui più grandi giocatori al mondo, tra cui Ronaldo, Luis Figo, Thierry Henry, Christian Vieri, Fabio Cannavaro, Andriy Shevchenko e Kakà. Giorgio Armani è stato anche il primo stilista ad avere come testimonial un calciatore, quando scelse David James come protagonista della sua campagna pubblicitaria Armani Jeans primavera/estate 1996..Oggi il testimonial 2008 è David Beckham. 13
  • 14.  Testimonial Nike: La Nike vuole rappresentare una cultura di sport, spettacolare, fatta di sogni, del come un individuo comune voglia sentirsi campione usando gli stessi tessuti e accessori dei suoi idoli dello sport.La Nike punta di base su un’alta qualità dl prodotto in più il brand viene valorizzato con l’, mi voglio spiegare meglio;il vivere a braccetto con il brand, con la scarpa , la maglietta che ti riesce a fornire la qualità tecnica, poi la voglia di vincere ce la metti, tu. E’ forte questo connubio tanto da divenire uno solo integrandosi , e accompagnado il cliente che oltre a rimanere soddisfatto, si fidelizza al brand. Quindi Just do it! Dove vuoi, fallo e basta .Non importa chi sei cosa vuoi, se ce la farai provaci. 1.4 Rivisitazione di brand storici Parlando di brand, non possiamo aprire una parentesi su una manovra di successo attuata da molte aziende. in questi ultimi anni, cioè il ri-lancio e la rivisitazione di alcuni brand storici. Chiamate operazioni “nostalgia”, rievocano in piena regola marchi noti nel passato per portarle alla ribalta. La riedizione, di marchi mito che hanno segnato gli anni del boom economico sono stati un forte caso di successo non solo nel mondo della 14
  • 15. moda; per citarne alcuni pensiamo al fenomeno Fiat 500, e Mini Cooper della casa tedesca BMV, inoltre secondo stime degli esperti il rilancio di un brand già noto permette di ridurre i costi del lancio del prodotto del 30- 70 % , mentre se ex-novo i costi sono altissimi e spesso insostenibili,(nella sola Inghilterra parliamo di 12-15 milioni di euro investiti in pubblicità). Quando invece si sfrutta un brand gia noto i costi sono molto minori, alcuni casi di recente successo sono : Moncler Azienda Francese, specializzata nella creazione di piumini, particolari giacche imbottite di piume, è tornata alla ribalta rievocando e proponendo in chiave moderna lo stile del “ Paninaro”, è diventato oggetto ricercato e fenomeno delle ultime collezioni, indossato spesso e volentieri da Vip e personaggi dello spettacolo, si distingue per lo stile e per il 15
  • 16. posizionamento status che ne contribuisce a chi lo indossi. Oggi è il primo piumino d’Europa, con la differenza che se negli anno ottanta era alla portata anche della classe media, oggi per molti è solo un sogno visto i prezzi che vanno da 400-500 euro fino a 3500 euro per quelli di edizioni limitate. Lacoste Sembrava passato, invece ora possiamo definirlo presente e chissà, probabilmente futuro. Il marchio ideato da Renè Lacoste nel 1933, per anni simbolo di tendenza e segno distintivo per giovani cool, è di nuovo tornato di moda.. Oggi Lacoste ha saputo rinnovarsi e trovare nuova luce ma mantenendo fermo il proprio stile. Negli anni 80, vestire Lacoste era considerato davvero un segno distintivo. Poi per un po’ di anni di Lacoste si è persa traccia, restando confinato ad un élite di acquirenti fedeli e solo saltuariamente legato a soluzioni sportive piuttosto appetibili. Ora il coccodrillo è tornato, è di nuovo in voga. E questo è stato possibile solo grazie ad un progetto di rinnovamento iniziato nel 2006 dal designer Junya Watanabe, che ha magistralmente curato anche la collezione di quest’anno, intervenendo prima sulla linea scarpe e poi sulle polo, giocando a confondere il coccodrillo tra le tinte spesso accese e frizzanti. Tanta pubblicità, tanti eventi. Lacoste ha scelto il duo canoro Paola & Chiara elevandole a nuove muse ispiratrici e firmando gli abiti del loro ultimo video Vanity and pride, che 16
  • 17. più che un videoclip appare come un lungo spot pubblicitario. L’ambientazione? Una partita di tennis, classico esempio di come sport ed esperienza Lacoste possano entrare in simbiosi per creazioni d’avanguardia e innovative. Mantenendo ben salde le radici del marchio . 1.5 Brand Name , l importanza della scelta del nome. Il momento della scelta della nome è molto delicato, ed importante per lo sviluppo ed i possibili scenari che il brand si trova ad affrontare. Esso rappresenta il primo punto di contatto con l’esterno, ha la funzione di anticipare ma non troppo i contenuti del messaggio che l’ azienda vuole trasmettere (In un contesto di mercato nel quale i prodotti mostrano avere cicli sempre più brevi e i consumatori hanno sempre meno voglia di individuare elementi di differenziazione, il consumatore tende a privilegiare l’ immagine del prodotto, vedendo nel nome una identità sempre più simbolica e sempre meno verbale. E’ possibile individuare alcune linee generali da seguire nella scelta del nome: 1 )Il nome deve essere descrittivo :in modo da semplificare la sua percezione e la sua precisa collocazione, tuttavia un nome eccessivamente descrittivo non permette di differenziarsi all’ interno della categoria, inoltre ne limita la capacità comunicativa, non consentendogli di cogliere le opportunità ne di difendersi dalle minacce che possono 17
  • 18. creare. Ci sono nomi che nel tempo hanno perso la loro rilevanza altri invece che con politiche basate sulla esplicitazione dei propri valori base si sono mantenute nel corso degli anni sempre su elevati standard. 2)Il nome non deve essere troppo lungo: Viviamo ormai in un mondo dove la velocità e la sintesi sono fondamentali e vengono usati anche nei rapporti personali, se pensiamo per esempio alle sigle che a volte scriviamo negli sms ( TVb, Ki 6, xke? Etc)il consumatore quindi ha una soglia molto bassa di ricordo e necessariamente privilegia la sintesi, anche negli spot televisivi si registra una durata che va dai 30 ai 60 secondi oltre i quali il consumatore perde l’ attenzione. 3) Nella scelta del nome occorre compiere una attenta analisi linguistica: verificando che il nome sia pronunciabile in modo corretto, e sia privo di connotazioni negative in contesti linguistici diversi da quelli del paese di origine. Quindi la facile memorizzazione e pronuncia deve essere verificata a priori. Occorre inoltre che nel processo di traduzione del nome non si verifichino mutamenti di senso. Per esempio: “chat room”, che in inglese significa : stanza virtuale in cui si scambiano chiacchiere, in francese significa stanza del gatto. Vediamo come alcuni brand hanno stabilito in modo corretto il proprio nome. Adolf Dassler fu il fondatore dell'azienda di abbigliamento sportivo che creò questo nome prendendo spunto dal suo: il suo soprannome era Adi e da Adi e Dassler nacque Adidas NIKE: era il nome della dea greca della vittoria. Il logo (il famoso baffo - swoosh in inglese), rappresenta simbolicamente l'ala della dea della vittoria adorata dagli antichi Greci. REEBOK: nel 1895, l'atleta inglese Joseph William Foster ideò e iniziò a produrre un modello di calzatura dalla suola chiodata per la corsa veloce. Nel 18
  • 19. 1958, due suoi nipoti fondarono una seconda società che assorbì la J.W. Foster & Sons e che fu battezzata Reebok, dal nome di una gazzella africana. 4) Un nome efficace deve essere poter ricordato con facilità: seguendo questo concetto la scelta di nomi insoliti può rivelarsi azzeccata,stimolando la curiosità del consumatore e la sua capacità di memorizzarlo. In questo senso si può ricorrere a nomi apparentemente incongruenti. Un nome per esempio come Diesel che fa ricordare il petrolio è stato utilizzato dalla famosa azienda di moda, che grazie anche a questa apparente diversità a costruito in piena libertà il proprio brand. 2 La Costruzione del Brand La costruzione del brand si articola in sei passi fondamentali: 1)identificare il driver del desiderio su cui costruire il posizionamento del brand; 2)identificare i desideri specifici sottesi al driver scelto; 3) esplicitare il manifesto del brand; 4)Definire lo scenario competitivo; 5)Definire il core target; 6)Sviluppare il marketing mix. 2.1 I driver del desiderio: Quali sono i motivatori dei desideri? Il marketing in quest’area si avvicina agli studi psicologici e sociali utilizzando diverse metodologie. Un valido modello può essere quello rappresentato nella figura seguente: 19
  • 20. • *Per esempio Nike è associata alla forza e alla prestazione(power e performance) • *Adidas si posiziona vicino al sentimento di appartenenza ad un gruppo ( belonging) • *Ad esempio aziende come Armani , Richmond, D&G, puntano invece sulla esclusività, sull’ esercizio del potere e il distinguersi dalla massa, e la tradizione. • *Tod’s , Hogan, Fay invece puntano sullo style , funzionalità, tradizione e innovazione, qualità e creatività. • *ABSOLUT JOY :durezza, forte personalità, divertimento • *Miss sixty : è Femminile, ironico, esuberante,glamourus e sofisticato. Ogni brand deve seguire uno o più driver universali, e se ne deve appropriare nel proprio contesto di mercato.La difficoltà delle attività di marketing è nel capire i desideri e bisogni per soddisfare i consumatori, e i maggiori problemi derivano dal fatto che solo il 20 % dei bisogni è esplicito mentre l’ 80 % di questi è inconsapevole al 20
  • 21. consumatore. Per questo motivo molte aziende come Diesel, Replay,Gas, utilizzano degli strumenti tecnici diretti ad osservare il comportamento del consumatore e a mettersi in stretto contatto con lui; come il direct marketing .Per esempio inscrivendosi al sito del brand è possibile accedere al catalogo, ricevere newsletter sull’ azienda, iscriversi ad una e vera propria community nella quale costruire gestire un profilo personale, mentre innovativo e odierno è lo spazio interno al sito si riserva per condividere informazioni sulla musica, arte, e design per creare uno stile un senso di appartenenza al brand e con il quale condividere sempre più valori guida ,intrecciandoli con emozioni ed interessi personali. 2.2 Identificare i desideri specifici sottesi al driver scelto. Il passo che dobbiamo fare è analizzare all’ interno di ciascun driver; gli specifici desideri da soddisfare. Impegnarsi a soddisfare pienamente ogni driver , porta il brand al successo e all’apprezzamento completo e soddisfazione dei gusti della clientela non bisogna però essere soggetti alla miopia, o per meglio dire non ci possiamo solo impegnare su un determinato benefit, perchè nel caso arrivasse il giorno in cui il consumatore cambia la sua importanza verso quel fattore o lo rende semplicemente scontato per quel determinato prodotto potremmo allora trovarci in sgradevoli situazioni, di notevole perdita di efficienza.(Vedi caso Volvo). Oggi è ovvio che quando acquistiamo un capo di alta moda o un accessorio come una borsa di Louis 21
  • 22. Vuitton per esempio, lo facciamo per la ricerca del piacere, la bellezza dell’ oggetto, l’eleganza e il simbolo che rappresenta, ma diamo quindi per ovvio che, i gli interni siano cuciti bene, la rilegatura sia raffinata, il colore si presenti costante nel tempo, diamo quindi per scontati questi elementi. Oggi le aziende che portano al successo il proprio brand quindi non si concentrano solo in un campo ma se in quello sono eccellenti, non dimenticano però di investire e progredire anche nelle altre dimensioni altrimenti sarebbero ben presto raggiunte e superate dai concorrenti. (Per esempio la Nike si è scontrata con una politica di immagine troppo “dura” per il mondo dell’ abbigliamento femminile.) Consapevole di questo per esempio il colosso sportivo( ha costruito per la clientela del “gentil sesso” una filosofia ed un messaggio volto a puntare più sull’ essere donna che sulla competizione. A sostegno della causa nel settembre del 2006 ha lanciato una campagna pubblicitaria dove una campionessa di ballo diceva a chiara voce” you are your own limit”che tradotto significa ;che solo tu e nessun altro può decidere qual’e il tuo limite; un’altra campagna in questa direzione è quella sempre dello stesso anno;chiamata “ Little less hurt” tradotto significa “ un pò meno dolore “ dove molti campioni dello sport vengono visti anche nei loro momenti di sconforto e dolore , di sconfitta e di fatica, e con queste parole “I hurt myself today To see if I still feel , I focus on the pain ,The only thing that’s real, emerge la natura più pulita, ma a volte più nascosta, dello sport: la fatica, il sacrificio, il dolore,la passione . Questa è una direzione molto importante perchè supera quella esteriorità spesso ricercata, per andare a coglierne un legame più interno ma più vero. Tornando al nostro brand questo esempio stà a sottolineare come sia necessario associare il brand a elementi che vadano oltre il beneficio funzionale, creando nuove e più nascoste ragioni per acquistarlo, ragioni e aspetti affettivi, fatti di sensazioni e percezioni. 2.3 Esplicitare il manifesto del brand. Ogni brand stila un suo manifesto, ovvero il faro che impronterà tutto quello che il marketing e le persone che lavorano sul brand faranno. Non sarà necessariamente comunicato all’ esterno ma aiuterà gli addetti ai lavori a mantenere coerenza e consistenza nello sviluppo del brand. Nel manifesto sona esplicitati:  il Goal: ovvero il driver del desiderio con cui il brand vuole essere conosciuto  la Mission: ovvero il macro obbiettivo del brand nei confronti del consumatore  i Valori del brand e ciò in cui crede;  Cosa farà il brand: ovvero quali specifici bisogni/ desideri discriminanti rispetto ai concorrenti vuole soddisfare 22
  • 23.  Come lo farà: cioè una serie di regole che suguirà nell’ offrire il prodotto 2.4 Lo scenario competitivo: ogni brand deve definire il suo scenario competitivo ovvero il mercato in cui operare, considerando le scelte alternative che il consumatore può fare per soddisfare il suo desiderio. È un mercato trasversale nel quale ci si trova a competere con concorrenti sempre nuovi e con logiche diverse; questo scenario comprende il consumatore odierno sempre più aggiornato e razionale, cha a fatica si lascia coinvolgere da a acquisti non programmati, ma ben programma e studia i prodotti al quale è interessato, l industria sempre più focalizzata sullo sviluppo di brand meno numerosi, ma più globali, la concorrenza sempre più ardua, e la tecnologia che con il suo sviluppo sta contribuendo alla consacrazioni dei mercati di vendita on-line dei prodotti, e alla forte applicazione che trova nel realizzare capi sempre più tecnici e all’ avanguardia. 2.5 Definire il core target Oggi i consumatori in generale e quindi anche quelli del settore moda , tessile e abbigliamento sono sempre più informati e richiedono che i prodotti soddisfino appieno le loro esigenze. Le aziende rispondono in modo attivo a questo segnale suddividendo le collezioni; a questo riguardo si registra un aumento,( oltre alle due classiche autunno/inverno, Primavera / estate) creando anche linee particolari e specifiche come possono essere per esempio le linee street, e dark di Zara, la linea limited edition di Sisley, la linea Cool di Dolce e Gabbana. Il cliente quindi oltre che già consapevole di quello che vuole acquistare, si presenta molto attento alle collezioni esposte e alle tendenze del mercato globale. A maggior ragione in questo periodo di crisi economica dei consumi, oltre alla variabile prezzo il consumatore richiede implicitamente di essere coinvolto in eventi, o particolari iniziative per lasciarsi trasportare in occasioni di acquisto. Rispondono in questa direzione molte aziende tra cui DIESEL , la quale per esempio , per festeggiare i suoi trent’anni ha lanciato sia feste nei locali milanesi sia una serie limited edition di jeans di durata 24 ore in tutti i monomarca Diesel del mondo, dove è stato possibile acquistare al prezzo modico di 30 euro,( i suoi jeans generalmente hanno un 23
  • 24. posizionamento sul mercato medio-alto intorno ai 140 euro) il jeans “Dirty Thirty,”sia per la versione uomo che donna e visti i risultati si è rivelato un grande successo di marketing ed una ulteriore manifestazione di forza del Brand di Renzo Rosso. Jeans Dirty thirty Diverso direzione è quella intrapresa per esempio da Benetton e Calzedonia, i quali, cercano con mezzi come, il crescente sviluppo delle propria forza di vendita, o temporany shop nelle piazze delle grandi città ,di stimolare l’attenzione del cliente, e coinvolgerlo in una occasione di shopping particolarmente originale e limitata. Il cliente viene poi classificato all’interno di un target group ; per le aziende è fondamentale non sbagliare questo tipo di posizionamento, generalmente si parte dalle dimensioni dei diversi mercati da cui poi sono definiti i target delle diverse marche e dei diversi prodotti, in relazione alle strategie prescelte. Il consumatore stesso è inconsciamente scelto dai prodotti, in virtu’ del fatto che la sua decisione è spesso emotiva mentre quella del produttore è sempre razionale, le sue motivazioni sono talvolta istintive mentre quelle del produttore sono scientifiche .L’analisi del target può essere fatta definendone le caratteristiche sociodemografiche(età, sesso, reddito) o quelle psicologiche( stile di vita ,motivazioni ,etc.) ma nel tempo questa operazioni si vanno via via facendo molto complesse, quindi oggi esistono altri criteri di osservazione del profilo dei consumatori . Per esempio assumono contorni sempre più definiti i concetti di Tribù, di Mondi, e di Multiappartenenza.2 .Vediamo di capire i loro significati: • La Tribu’: accoglie coloro che sono alla ricerca di un simbolo univoco del proprio gruppo sociale d’identificazione o aspirazione. 2 Il lusso..Magia & Marketing, Tartaglia, 2006 24
  • 25. • I Mondi: accolgono invece esigenze più estese, meno monodirezionate, e a queste offrono universi omogenei ed estesi.Per esempio il mondo Ralph Lauren è completo, va dalle camicie ai sottopiatti, dalla borsa da lavoro allo chalet di montagna. Questi non sono solo oggetti e luoghi ma una visione del mondo globale. • La Multiappartenenza: è un concetto plurale, è l’adesione congiunta a modelli culturali, gruppi di riferimento, stili di consumo, comunità reali e virtuali diverse tra di loro,ma rese “omogenee” dalla persona che le ha scelte. Il problema di identificazione del target, per un azienda non riguarda più genericamente l’identificazione di un gruppo di persone omogenee tra di loro , è invece diventato la ricerca di raggruppamenti di individui che si uniformano solo nella situazione di consumo di una specifica merceologia o una particolare occasione. 2.6 Il Marketing mix Il concetto di marketing mix è stato formulato per la prima volta da Borden nel 1953 e successivamente si è diffuso nella famosa versione delle 4 P(Product, Price , Place, Promotion) di McCarthy(1960).3 La versione più attuale modifica in parte la denominazione e il significato delle quattro leve, identificandole nel prodotto , nel prezzo,nella distribuzione e nella comunicazione Il Marketing mix é l’insieme dei segnali emessi dal prodotto o della marca per comunicare il proprio posizionamento , cioè la posizione che intende occupare nella mente del consumatore4. Queste sono le principali leve attraverso le quali l’azienda può agire per realizzare il proprio posizionamento, ed in particolare egli può :  trasmettere al consumatore messaggi che gli permettono di posizionare il prodotto o la marca in una data posizione mentale;   3 4 realizzare delle strategie definite interagire con la moltitudine di stimoli del mercato. Concetti e strumenti di marketing,Grandinetti.2002 Il lusso…Magia & Marketing, Tartaglia.2006. 25
  • 26. 2.6.1 Il Prodotto Il prodotto rappresenta il fulcro interno al quale ruota l’attività della azienda, il suo ruolo è quello di rispondere nel migliore dei modi alle esigenze del mercato e del consumatore .Una valida politica di prodotto si dovrà rapportare ad una serie di fondamentali caratterizzazioni del prodotto moda, la cui combinazione dovrà essere fatta in maniera personalizzata e armonica 5. Vediamole qui di seguito: -Valenza moda: nel prodotto si devono integrare creatività , innovazione, rappresentatività di un fenomeno ,quindi il bello,il gradevole,il classico, l ‘elegante , il personale ; tutto ciò che fa moda.  Attualità: cioè una giusta e puntuale risposta a quanto la domanda richiede.  Innovazione: l’offerta deve in continuazione creare nuovi prodotti.  Styling: il prodotto moda richiede assolutamente la componente creativa dello stilista .  Tessuto: in conformità al trend della moda si sceglie il tessuto che costituirà la base d’un capo: molti consumatori attraverso il tessuti intuiscono il livello qualitativo del prodotto  Accessori di completamento: per esempio bottoni,orli, ornamenti vari; hanno una loro importanza in quanto integrano il prodotto e spesso sono in grado di dare quel surplus necessario per l’acquisto.  Colore: è l’elemento che il consumatore riscontra per primo e ne favorisce l’acquisto d’impulso, cambia spesso in base alle stagioni. Nella moda i colori hanno dei significati simbolici: per esempio il blu è un colore rilassante e di moda da lungo tempo, si pensi al blu”denim” e al blu “marina”, richiama affetto,armonia,calma, ma anche freschezza,è un colore rassicurante tipico dell’abbigliamento maschile formale, è il colore per eccellenza del casual jeans. 5 Il marketing della Moda , Antonio Foglio 2003 26
  • 27. Mentre a differenza il viola è un colore seducente, affascinante,suggestivo  Qualità: ci riferiamo alla qualità estetico-stilistica, a quella sartoriale, a quella dei materiali che formano il capo.  Vestibilità : un prodotto moda deve avere una sua vestibilità,deve calzare alla perfezione a chi lo indossa.  Durata del prodotto: essa dipenderà dai materiali( tessuti,accessori, complementari)  Equo rapporto qualità /prezzo: la qualità del tessuto, la buona fattura del capo dovranno incidere in maniera giusta e proporzionata. Prima di affrontare la seconda leva del marketing mix, vorrei soffermarmi sul ciclo di vita del prodotto moda 6 che per l’azienda è importante da conoscere e analizzare correttamente per giustificare una corretta politica di prodotto. Possiamo rilevare sei fasi distinte e ricorrenti: 1)Studio del prodotto: consiste nel periodo in cui si realizza l’idea di prodotto, è una fase in cui l’azienda sostiene dei costi e quindi per non correre troppi rischi è consigliabile realizzare ricerche di mercato cosi da permettere la giusta messa a punto del prodotto. Si cerca di capire come vogliono vestire i consumatori, si deve arrivare all’idea del prodotto richiesto e produrlo nel più breve tempo possibile. 6 Il marketing della moda, Antonio Foglio, 2003 27
  • 28. 2)Lancio del prodotto: avviene generalmente in questo modo; uno stilista crea un look o stile particolare e lo lancia in un fashion show( sfilata , rassegna fieristica), poi la stampa esprimerà un parere positivo o negativo ma è chiaro di solito è teso all’approvazione. Infatti giornali come (Vogue, Cosmopolitan, Grazia) hanno assicurato in più di una occasione la giusta o ingiusta approvazione di un prodotto moda. A questo punto entrano in gioco i clienti rappresentativi, infatti veder indossati certi capi da queste personalità non fa altro che completare il lancio.Guardando i costi che in questa fase saranno alti dal momento che si sommano a quelli iniziali mentre altri investimenti saranno volti a far conoscere il prodotto. 3)Espansione del prodotto. Il prodotto se tutto procede come previsto,incomincia ad avere una certa diffusione, alcuni testimonial lo portano, ed è questo il momento in cui entrano in azione i consumatori ( follower) se il prodotto verrà richiesto dal pubblico significherà che il suo ciclo di vita è entrato nella fase della crescita, che significa che si è fatto ben conoscere e i consumatori lo stanno acquistando progressivamente sotto l’impulso della comunicazione e promozione.In generale questa fase richiede grandi capacità organizzative nonché energie e risorse atte al raggiungimento degli obbiettivi previsti. 4)Picco di popolarità /maturità del prodotto. Il prodotto è molto conosciuto, le offerte incominciano ad avere prezzi differenziati: alti nei negozi esclusivi, bassi o medio bassi nei negozi del grande commercio e nei negozi tradizionali, il prodotto si è fatto un certo spazio ed ha anche raggiunto una redditività quasi costante, conseguentemente i sostegni comunicazionali vengono diminuiti o anche eliminati. 5)Declino del prodotto. La moda è in continuo cambiamento , di conseguenza il look dell’anno precedente diventa via via obsoleto, anche se alcuni consumatori continuano ad acquistarlo e a portarlo , esso non riscontra più tanto interesse quindi esso viene offerto spesso con forti sconti fino ad esaurimento di stock. 6)Rigetto del prodotto. Questa ultima fase evidenzia come il prodotto sia ormai sorpassato, per cui non solo non lo si compera ma neppure lo si vuole indossare. Infine parlando di prodotto concludo con un’ analisi svolta sulla collezione autunno /inverno 2008/2009 dell’azienda Calzedonia, che dopo un colloquio mi ha fornito queste specificità. Se per esempio volessimo andare ad individuare, le promesse, i desideri, di una serie di prodotti per esempio( calzini uomo, calze donna, e slip uomo) potremmo sviluppare il seguente schema . calze uomo, calze donna on the top, nice view,slip uomo.Partendo 28
  • 29. dal driver del desiderio, in questo caso è stato scelto il fattore comodità, risaliamo cercando di cogliere i diversi bisogni/desideri che l’azienda cerca di risolvere per il cliente,per poi arrivare alla promessa che deve essere logicamente mantenuta ed è la prova reale di quello che veniva promesso, infine arriviamo ad identificare il prodotto che è messo sul mercato. Calzini uomo Calzedonia 2008 29
  • 30. Calze donna Uraban Woman Slip uomo 2008 30
  • 31. Calze donna nice view 31
  • 32. 2.6.2 Il prezzo ( price) Il prezzo è sicuramente una variabile fondamentale ma al tempo stesso difficile da praticare nel fashion marketing poiché mentre in tanti altri settori il prezzo si rapporta ai costi, alla qualità, alla concorrenza, nella moda diventa una variabile aleatoria collegata soprattutto alle aspettative del segmento cui il prodotto moda è destinato, pertanto non è determinato dalle sole regole di costing su cui si deve basare il corretto pricing. Tra i principali obbiettivi che questa politica si propone di raggiungere sono:  studiare la problematica dei prezzi dei prodotti confrontandosi con le esigenze del mercato e dei consumatori.  assicurare la competitività del prezzo  conseguire la redditività. Una buona politica di prezzo deve tenere conto di numerosi fattori: tra cui ricordiamo, la conoscenza delle norme legislative, il reale stato dell’economia del mercato dove si opera e le conseguenze di un posizionamento di prezzo alto, medio o basso.Importante è anche tenere in considerazione il costo del prodotto e della mia capacità produttiva. La scelta della giusta politica di prezzo. A questa scelta è senz’altro affidato un ruolo fondamentale visto che è in grado di permettere il conseguimento di importanti volumi di vendita, quindi è spesso consigliabile attuarla attraverso tappe e con pianificati interventi di marketing.  Scelta degli obbiettivi di mercato. Il prezzo deve rispettare e supportare gli obbiettivi fissati sia a livello di mercato che di segmento; questi obbiettivi s’integreranno con la strategia aziendale globale  Immagine dell’azienda. Un azienda con una immagine prestigiosa deve rispettare un certo livello di prezzo; infatti un consumatore che sa di acquistare un prodotto di marca è ben disposto a pagare oltre al prodotto anche la marca.  Coordinamento nel marketing mix. Il prezzo non è un elemento indipendente per questo deve essere in armonia con gli altri elementi del mix . 32
  • 33.  Individuazione di una politica e relativa scelta di prezzo. Una volta fissato il prezzo di base si possono successivamente definire gli elementi determinanti per una relativa politica di prezzo.  Rispetto del prodotto concorrenziale. Un prodotto deve uniformarsi ai prezzi della concorrenza, per non restare fuori dal mercato.  Rispetto delle norme legislative .Ogni politica di prezzo deve rispettare norme precise per non incorrere in irregolarità.  Rispetto del grado di accessibilità del consumatore. Nella formulazione del prezzo non bisogna sottovalutare il cosiddetto grado di accettabilità del prezzo che il consumatore stabilisce nei riguardi di un determinato prodotto moda. 2.6.3 La distribuzione( Place). Il ruolo della politica di distribuzione è quello di permettere il rapido incontro tra domanda e offerta eliminando tutti gli ostacoli che si possono interporre, attivando quelle azioni che la possono rendere ottimale. Questa politica impone lo svolgimento di due definite funzioni:  funzione logistica: cioè tutta quella serie di interventi operativi di supporto come il trasporto, la consegna, lo stoccaggio e il post-vendita.  funzione commerciale: riguarda la distribuzione vera e propria,l’impiego della forza di vendita, la scelta dei canali etc .Quindi presupposto indispensabile per lo sviluppo ed il consolidamento di un’azienda sul mercato è la giusta scelta del sistema distributivo.  Vediamo due diversi circuiti di distribuzione. 1)Circuito Corto(Produttore –Dettagliante-Consuamatore)7: esso è costituito da una sola intermediazione, e può essere di tre diversi tipi: – la vendita diretta dal produttore al consumatore con suoi punti di vendita al dettaglio: generalmente è attuato solo dalle grandi aziende che dispongono di collezioni e gamme complete di prodotti a marchio proprio. - la vendita diretta dal produttore al dettagliante : è il caso tipico in cui grandi aziende in questa maniera nonostante gli alti costi detengono il controllo della loro distribuzione . 7 Il marketing della moda, Antonio Foglio, 2003 33
  • 34. – la vendita diretta dal produttore a una centrale o a un gruppo d’acquisto: la centrale trasmette l’ordine e il produttore provvede direttamente alla spedizione ai diversi punti di vendita oppure ai depositi 2)Circuito lungo ( produttore –distributore –grossista –dettagliante –consumatore): è il circuito che dispone di più intermediazioni, sicuramente gli interventi del distributore e /o grossista riducono notevolmente al produttore i costi, questo modello è in grado di assicurare al consumatore un prodotto sempre attuale, lo svantaggio si presenta però quando il dettagliante deve mandare segnali al produttore i quali saranno notevolmente lenti. In generale comunque la scelta del circuito distributivo è il frutto delle scelte aziendali, legate sia al tipo di prodotto, che alle aree geografiche nelle quali devo andare ad operare, ed infine deve tenere in considerazione i canali esistenti che eventualmente possono in tutto o in parte essere sfruttati. In linea di massima non esiste un canale di distribuzione migliore di altri però tre sono i punti di riferimento che bisogna tenere in considerazione; il potenziale di vendita che ogni canale è in grado di offrire, il costo che la mia azienda deve sostenere ed infine tengo in riferimento il tipo di consumatore che voglio colpire. 2.6.4 La Comunicazione. La moda è comunicazione, i prodotti ,le collezioni, gli stilisti ,le griffe, però essa prima di essere accettata e portata deve essere capita, seguita e ciò diventa possibile se la si conosce e se cè qualcuno che la comunica. L’obbiettivo principale di una politica di comunicazione è l’incremento delle vendite che arriva a compimento solo se si realizza una efficace comunicazione che parte con l’individuare il tipo di messaggio da indirizzare verso il target. Il messaggio quindi per essere recepito deve:  essere compreso: la comunicazione deve essere lineare cioè presentare il prodotto al meglio senza far perdere di vista le sue funzioni concrete.  essere identificato: il messaggio si deve facilmente indentificare e legare al prodotto.  essere attuale: il prodotto moda ha una vita breve e questo richiede una comunicazione attuale e rapida.  essere interessante e suggestiva: il messaggio deve provocare interesse, mentre il suo contenuto deve suscitare il consumatore all’acquisto. 34
  • 35. Gli obbiettivi della comunicazione sono quelli di incrementare le vendite e quote di mercato, creare e rafforzare l’immagine aziendale,far conoscere i prodotti ai consumatori, supportare il lancio della forza di vendita, questi sono i frutti di una corretta comunicazione al trade e ai consumatori. 2.7 Le collezioni e le sfilate. Parlando di moda non si possono trascurare le sfilate e le collezioni. .L’ambientazione, la scenografia,la musica,il cating, la regia , la presentazione sono tutti aspetti che supportano in maniera determinante questo veicolo comunicazionale-promozionale poiché è appunto sfilata dopo sfilata che stilisti e imprese costituiscono la loro immagine presso il pubblico e si conquistano spazi nel mercato della moda. Solamente se ben organizzate raggiungeranno gli obbiettivi prefissati creando informazione presso il pubblico, affinare l’offerta prima della vendita finale, e divertirlo .Le sfilate diventano per i mass media pretesto anche per la ricerca di pettegolezzi, di provocazioni che non fanno altro che alimentare la cassa di risonanza attorno alle finalità comunicazionali delle aziende. Le principali sfilate hanno luogo a Parigi, Milano,Londra e New York. Le collezioni di base invece sono generalmente due: autunno inverno: che viene presenta alla stampa e al trade nei mesi di gennaio –marzo, mentre quella primavera /estate viene presentata a settembre –ottobre. Minicollezioni. Le cose troppo semplici nella moda alla lunga stancano e ora quello che è più in voga nel fashion, sono queste minicollezioni delimitate da confini ben precisi; come la breve durata del progetto, il limitato numero di capi prodotti o temi trattati, l’importante è che la cosiddetta “capsula” resti ben distinti dalla collezione principale .Il suo successo e il suo conseguente moltiplicarsi è dovuto ad innegabili vantaggi che un progetto così preciso offre: quando si parla di designer ospiti di un grande marchio,di solito si tratta di giovani sconosciuti talenti, che altrimenti non avrebbero i mezzi per raggiungere un pubblico così vasto, che si trovano a lavorare in un team,ben specializzato con i mezzi migliori a disposizione .L’azienda Tods per esempio è stata una dei primi ad investire su questo progetto, quando qualche anno fa , ha lanciato una minilinea di abbigliamento Tods, disegnata dal giovane ed emergente Derek Lam; in molti non avevano compreso una scelta del genere ma in poche stagioni la collezione è diventata parte fondante del marchio e lo stesso Derek, è diventato il direttore creativo. Inoltre il carattere 35
  • 36. circoscritto dei progetti dà poi l’impressione di poterli gestire più facilmente dando anche quella sicurezza necessaria per idee anche non in linea con il marchio, per esempio il lancio limited edition 24 di Yves Saint Laurent, di un’intero guardaroba a prezzi low-cost. 2.7.1 Promozione delle collezioni Le tendenze delle collezioni vengono comunicate tramite i media, la cui scelta dipenderà dall’immagine dell’azienda, dal budget disponibile, dagli obbiettivi che si propone di conseguire,dal target che si vuole raggiungere.Vediamo per esempio come attraverso la stampa è possibile creare una presentazione alquanto stimolante sia nei confronti del trade che dei consumatori grazie ai servizi fotografici, giornalistici e redazionali. La stampa quotidiana o periodica offre la possibilità di disporre d’un mezzo aperto, non condizionato, in cui è possibile esprimere velocemente e liberamente il messaggio da comunicare, diffonderlo in qualsiasi area geografica e indirizzarsi in maniera mirata al proprio target. Ulteriormente con una stampa invece “specialistica di settore” è possibile fare un gradino ulteriore, sia cercando il riscontro di chi legge, sia presentando diverse collezioni a lettori mirati come grossisti, buyer,dettaglianti etc. Alcuni esempi di riviste specialistiche per l’abbigliamento maschile sono : l’Uomo Vogue, GQ, Mondo Uomo, Men’s Club,invece per l’abbigliamento femminile: Vogue,Glamour , Ellè .Diverso modo di comunicare è quello usato da altri mezzi come televisione, radio, e cinema; essi hanno il vantaggio d’inviare un messaggio e di presentare prodotti e collezioni al consumatore in un momento di rilassamento e quindi trovano una maggiore predisposizione a essere recepiti.La comunicazione televisiva e radiofonica richiedono un trattamento specifico dal momento che il messaggio deve assolutamente adattarsi alle esigenze e alla psicologia dei consumatori e non essere troppo generico. Infine vorrei segnalare le affissioni che sono usate prevalentemente dalle grandi aziende, che possono sostenere relativi alti costi, e hanno dimensione su tutto il territorio nazionale, mentre per quanto riguarda per es i poster sono usati soprattutto in punto vendita, sia delle grandi che delle piccole e medie aziende Poster fuori dal negozio Furla, Parma 36
  • 37. 3.1 Merchandising: Il merchandising utilizza la licenza del marchio per attività al servizio del prodotto e della sua promozione. Con il merchandising si persegue l’obbiettivo di promuovere le vendite e la diffusione del marchio. Attraverso il merchandising è possibile aumentare il traffico verso il proprio punto vendita, massimizzarne i margini, distinguersi dalla concorrenza e fidelizzare i clienti. Ma a trarne vantaggio sono anche i produttori. Nel caso specifico del settore moda il termine merchandising, viene sostituito, con il visual merchandising. I negozianti sono grandi esperti di merchandising, dispongono la merce in modo da valorizzarla, mettono in evidenza i prodotti più redditizi e praticano sconti speciali quando è tempo di sfoltire il magazzino. Oggi le competenze del negoziante non sono sufficienti,il mercato è molto competitivo e i punti vendita devono difendere la propria identità e attrattività , nasce allora la figura professionale del Visual merchandising, che mai come in questo momento viene richiesta ed è importante per creare e mettere a punto la comunicazione interna( arredamento , design, illuminazione) e comunicazione esterna (insegna, vetrine ). Il visual merchandising che cosè? E’un modo di pensare come visualizzare al meglio i prodotti, in modo attivo, curandosi della sua presentazione, ambientazione al fine di ottimizzare la redditività. 37
  • 38. Gli obbiettivi sono molteplici:  Migliorare la funzionalità commerciale: cioè facendo individuare più agevolmente i prodotti, e i loro raggruppamenti funzionali.  Incrementare l’efficienza economica: aumentando le vendite e riducendo al minimo la merce esposta accelerando la rotazione. Per eseguire un efficace processo è necessario giudicare il punto vendita come se fossimo dei suoi clienti : -dall’esterno: vediamo la sua insegna, la vetrina come spazio espositivo , i suoi punti focali. e l’ impressione che abbiamo dell’interno; .-dall’interno del negozio: vediamo il layout, e le aggregazioni merceologiche. Oggi il punto vendita di abbigliamento , non viene visto solo come un luogo di vendita dei prodotti, ma presenta una organica offerta merceologica che mette in grado la clientela di reperire al suo interno tutto quanto abbia bisogno di acquistare relativamente allo specifico brand8. Nello stesso tempo tutti i prodotti vanno coordinati in modo tale da soddisfare le esigenze della clientela del negozio. L ‘offerta merceologica però non basta è importante anche la differenziazione di essa dalla concorrenza, essa si può realizzare non solo se tratta prodotti differenti , ma anche se li si combina in assortimenti diversi .Cosi, nel caso di un negozio di abbigliamento donna, di una importante zona commerciale vediamo che tratta specialmente articoli di tendenza e alla moda. Esempio marchio Celyb B( abbigliamento donna) . 8 Cristina Ravazzi, Un visual merchandising per l’abbigliamento ,p 25 38
  • 39. La Celyn b nasce circa dieci anni fa grazie alla sinergia di Elisabetta Franchi e Sabato Cennamo. L’azienda oggi è in forte crescita( 46%), propone di vestire una donna sensuale , raffinata , e completamente immersa nella sua contemporaneità. I punti vendita si distinguono particolarmente per l ‘accurata esposizione dei prodotti che esprimono lo stile che intende perseguire l’azienda in quel periodo- dice la Store Manager del punto vendita Celyn B di Imola, la vetrina cambia due o tre volte a settimana, in modo da attirare sempre l’ attenzione del cliente, i prodotti sono posizionati in vetrina in modo da creare un senso di profondità e spazio della stessa, inoltre è frequente l’obbiettivo di cercare una linearità e semplicità di esposizione tra i pochi prodotti esposti. La vendita è assistita ma anche possibile il libero servizio in quanto i principali capi sono facilmente individuabili , suddivisi per colore ma sempre un solo capo per ogni singolo articolo. In diverso modo un negozio di abbigliamento intimo può contenere sia articoli per i giovani, ma anche classici o sexy. Una delle prime aziende ad aprire negozi monomarca di intimo è Calzedonia che dal 1986 ha incominciato a realizzarli; l’azienda , con i brands Intimissimi( nata nel 1996) Calzedonia e Tezenis cura particolarmente la diversa immagine dei punti vendita facendo si che il consumatore non si accorga neanche che si tratta della stessa azienda. Qui prendiamo in analisi i pv Intimissimi si distinguono per una vendita assistita , l’esposizione è orientata a pochi prodotti che vogliono manifestare il trend seguito dall’azienda, mentre gli altri prodotti sono riposti in cassetti o altri contenitori appositi. 39
  • 40. Interno negozio Intimissimi Diversamente i punti vendita Tezenis, sono costruiti in un ambiente più semplice, le pareti sono grigie, il pavimento è grezzo in moda da ricordare, e far sembrare al cliente un proseguo della strada, che percorreva, mentre i prodotti sono tutti esposti e la vendita è libera e poco assistiti. 40
  • 41. Allo stesso tempo il punto vendita multispecializzato , ha bisogno di avere al suo interno una ampia varietà ,ciascuno con una profonda gamma merceologica, e prestando attenzione ai prodotti più innovativi e alla moda, e generalmente la vendita è assistita. Questo tipo di punto vendita può per esempio aggregare l’offerta per destinazione d’uso: tempo libero(uomo donna bambino), calzature, sport, abbigliamento classico, abbigliamento fashion, creando inoltre dei shop in shop per particolari brand. Generalmente la vendita è assistita , il cliente è particolarmente seguito, e invitato a provare diversi capi di abbigliamento. Ritornando al visual merchandising e hai compiti che svolge in punto vendita, egli deve classificare un assortimento suddividendo i prodotti per affinità merceologica, per affinità funzionale, per clientela, per stagionalità e per stili di vita. Nello stesso modo un’ altro momento importante da lui svolto riguarda l’organizzazione dello spazio interno ed esterno e cioè il layout del negozio.Il tutto deve essere organizzato in modo tale da creare una linearità di esposizione, nella quale si deve studiare un percorso ipotetico che farà il nostro cliente all’interno e all’esterno del punto vendita;questo dovrà essere la traccia nell’esporre e collocare i capi , nel scegliere i modi e le attrezzature esponendoli nel modo più favorevole9. 9 Cristina Ravazzoni,Un visual Merchandising per l’abbigliamento,p.49 41
  • 42. . Per esempio, analizzando la superficie interna di questo negozio di Angel di Londra, eseguendo una analisi spaziale dell’ambiente interno del pv, si possono individuare due ipotetiche , linee di percorso che io ho evidenziato in viola , mentre le linee gialle ci identificano la visione che il cliente ha del negozio dall’esterno. In questa foto possiamo notare il modo di esporre gli accessori , i quali sono riposti in un box centrale per attirare l’attenzione, inoltre, l’uso di seggiolini o particolari appoggi in legno aiutano ad evidenziare alcuni prodotti rispetto ad altri. L’organizzazione dello spazio di vendita, è un importante mezzo di comunicazione, che quanto meglio strutturato, tanto più diventa veicolo di immagine per il punto vendita di abbigliamento tra i fattori che si reputano più importanti; cè la possibilità di rendere il percorso del cliente il più facile e agevole possibile, in moda tale da concedergli una semplice accessibilità al prodotto. Due sono fattori che costituiscono le linee guida :  i reparti devono essere tra di loro il più possibile funzionale /omogenei;  la disposizione sistematica di attrezzature nello spazio di vendita.. 42
  • 43. Bisogna creare internamente un percorso principale, che invogli la clientela a circolare comodamente, questo può avvenire segnalandolo a terra in maniera simpatica( con colori vivaci ,diversi materiali,differente tipo di pavimentazione o frecce), comunque non bisogna mai obbligare il cliente a seguire quel percorso. Oltre al percorso primario si crea poi anche una viabilità secondaria, fatta di spazi tra una e l’altra attrezzatura espositiva, di corridoi che devono consentire il passaggio della clientela in entrambi i sensi, e tenendo conto della possibilità di poter sostare o riposarsi, ma senza ingombrare il passaggio. Miss Sixty In questo altro esempio di interno in punto vendita , Miss Sixty Store (Colonia), nella pavimentazione e nelle attrezzature si richiamano fortemente i colori accesi su cui punta il marchio, la sua modernità e tendenza., le aree in giallo distinguono i punti di sosta del cliente davanti ai capi di abbigliamento, ed ne evidenziano il percorso “ideale “ interno, mentre le linee curve suggeriscono un “carattere” avvolgente. 43
  • 44. Miss Sixty I In questo esempio invece ne vediamo , l’importanza data ai giochi di luce sugli accessori (parete con sfondo bianco), per gli abiti ( parete con sfondo azzurro) le forme rotondeggianti delle finestre e delle panche, mentre le due poltrone rosse vengono usate come punto di riposo/sosta .L’illuminazione è un fattore importante poiché aiuta ad indirizzare il consumatore nelle diverse zone del punto vendita. Il percorso interno di solito non ha bisogno di una particolare illuminazione mentre occorre dare più luce alla merce, soprattutto nelle zone più lontane; senza dimenticare di eliminare i punti morti in moda da tenere sempre alta l’attenzione della clientela in ogni area del punto di vendita, rendendo piacevole e al più lungo possibile la permanenza considerandola essenziale per aumentare le vendite. Infine vediamo alcuni esempi di merchanding :  Esempi di merchandising non effettuati in modo corretto; in quanto la troppa esposizione in vetrina crea disordine e difficoltà nel cogliere in poco tempo il prodotto. 44
  • 45. Esempi di eccellente merchandising: pochi prodotti esposti, si nota linearità di esposizione, la giusta illuminazione, inoltre la vetrina sembra non esserci, il cliente può quasi toccare con mano i prodotti;annullandone quasi la distanza. 45
  • 47. 3.2 Cobranding Questa operazione consiste in una associazione o accordo tra una marca ospitante ed una marca invitata, la quale sottoscrive una collaborazione che può presentarsi in diversi tipi: A) la co-definizione dei benefici funzionali/ simbolici offerti dal prodotto. B) la co-firma del prodotto da parte delle marche coinvolte nell accordo; si presentano almeno due modi :co-branding di tipo funzionale e cobranding di tipo affettivo:  il co-branding di tipo funzionale permette l’ indicazione sul prodotto di due o più marche implicate nella realizzazione dello stesso, in modo da rendere esplicita la realizzazione dello stesso, negli attributi fisici del prodotto. Esempi di collaborazione sono pèr esempio Ferrero –Asics e Benetton/Trudi.  il co-branding di tipo simbolico/affettivo10: il quale consiste nell ‘associare alla marca del produttore una seconda marca generatrice di attributi simbolici( di tipo psico-sociale ; o esperienziale) addizionali. La denominazione del prodotto è in questo caso composta dall’associazione delle due marche, sicché l’accordo in questione viene anche indicato con il termine di co-naming.. Si tratta di una pratica spesso utilizzata nel mercato automobilistico per esempio (D&G con Citroen, 10 Busacca e Bertoli Co-branding e valore della marca ,2003 47
  • 48. oppure la nuova FIAT 500-Diesel per esempio che nasce dall’intervento congiunto dei designer del Centro Stile Fiat e dei designer DIESEL,si contraddistingue per alcuni elementi estetici di forte impatto visivo, ad iniziare dal particolare colore di carrozzeria “verde DIESEL Inoltre, all’esterno, risaltano i cerchi in lega 16″ con logo DIESEL, le pinze dei freni verniciate in giallo, si presenta in un modello sportivo quindi che sarà venduto per i prossimi due anni. 48
  • 49. logo diesel nel centro cerchione. E’ possibile individuare quattro diverse distinzioni di co-branding: 1)il co-branding funzionale esclusivo: il partner vuole esplicitamente comunicare la collaborazione al fine di offrire un prodotto di qualità nettamente superiore. Per questo motivo la marca invitata figura chiaramente vicino a quella ospitante, pur senza partecipare alla denominazione dl prodotto. Questo permette a ciascuna delle marche di beneficiare del trasferimento di una sull’altra. 2) Il co-branding funzionale di tipo non esclusivo: in questo tipo di accordo abbiamo benefici di modesta entità per la marca ospitante, poichè quella invitata può essere apposta anche su altri prodotti appartenenti alla medesima categoria. Esempio in questo caso sono il caso delle marche Lycra e Goro-Tex frequentemente apposte su piumini, biancheria intima e capi sportivi.( associate alle varie marche come MaxMara, Armani, Hugo boss). Il co-branding in questo caso permette alla marca ospitante di beneficiare degli aspetti positivi che la marca ospita può generare grazie alla sua notorietà. Intimo in lycra 49
  • 50. 3)il cobranding simbolico esclusivo: in questo caso, l’impresa titolare della marca ospitante si accorda con un partner in modo da far figurare sul prodotto da essa offerto una marca esterna alla categoria in cui tale prodotto si inserisce, al fine di indurre, nel sistema percettivo dei consumatori, il trasferimento delle valenze positive dell’immagine della marca secondaria sul prodotto (Hillyer e Tikoo, 1995). Il trasferimento in parola è reso possibile dal carattere esclusivo dell’accordo. Si tratta di una variante sovente utilizzata nel settore automobilistico (si pensi all’accordo fra Renault Twingo e Benetton) dove si consente, per una durata generalmente breve, di mirare quel segmento di clientela potenziale che presenta una consonanza (fit) particolare con la marca invitata. 4) il cobranding simbolico non esclusivo : rispetto a quanto appena affermato, in questo caso il carattere non esclusivo dell’alleanza riduce il trasferimento delle valenze positive associate alla marca secondaria. Si pensi, per esempio, agli accordi con i quali Walt Disney ha concesso l’uso dei suoi marchi e/o dei suoi modelli a numerose imprese operanti nei più svariati settori di attività. E’ appena il caso di osservare che se la brand equity della marca invitata è nettamente superiore a quella della marca ospitata, allora la prima tende a prevalere, celando la seconda. Possiamo ora sintetizzare i benefici e i rischi potenziali associati agli accordi di co-branding. Partendo dai benefici, del co-branding funzionale notiamo che per la marca ospitante, essi si riconducono fondamentalmente alla segnalazione della qualità superiore del prodotto coinvolto, nel senso che essi sostengono l’impresa nello sforzo di comunicare con maggiore efficacia ai consumatori tale qualità, supportandola dunque nell’attuazione della propria strategia di differenziazione. I benefici invece del cobranding simbolico si riconducono invece essenzialmente al trasferimento sulla marca ospitante degli attributi simbolici evocati dalla marca secondaria. Per esempio, l’obiettivo dell’accordo che ha portato al co-branding fra la marca Roland Garros e la linea della Peugeot 106 era quello di trasferire su quest’ultima una certa idea di modernità e dello sport, ossia di trasferire sul prodotto co-firmato alcuni attributi simbolici addizionali al fine di denotare in maniera diversa il prodotto. In entrambi i casi, il risultato è quello di migliorare la propensione all’acquisto da parte 50
  • 51. dei consumatori. La forza delle marche che contrassegnano il prodotto agisce infatti come fattore di attrazione nei confronti della domanda intermedia e finale. Ciò permette ad esempio di:  incrementare il livello di soddisfazione dei clienti tradizionalmente serviti;  conquistare nuovi segmenti di clientela, i quali apprezzano in modo particolare i benefici funzionali offerti dal prodotto oggetto del co-branding; far ottenere a tale prodotto un livello di notorietà più alto :  Passando all’analisi dei rischi connessi al co-branding, questi emergono evidenti ove si consideri che mediante tale accordo una marca si lega a un’altra, anche sul piano dei valori e dell’immagine. Di conseguenza, l’operazione di co-branding potrebbe tradursi: - nella generazione di associazioni che riducono il valore del l’immagine della marca ospitante, con conseguenze comunque circoscritte al solo prodotto co-firmato: ciò si verifica ad esempio nel caso in cui le valenze distintive della marca secondaria svolgano un ruolo negativo nella formazione delle percezioni di qualità sviluppate dagli acquirenti della classe di prodotto in cui va ad inserirsi il prodotto co-firmato, Questo accade per esempio quando, nell’ambito di un co-branding funzionale, la marca secondaria è percepita come di qualità inferiore rispetto a quella ospitante; - nella distruzione delle risorse di fiducia generate dalla marca nell’ambito dei business in cui questa opera singolarmente. L’utilizzo di una marca caratterizzata da un alto valore simbolico per co-firmare un prodotto banalizzato può non soltanto determinare il sorgere di associazioni negative riguardo a tale prodotto, ma anche svilire l’immagine della marca relativamente ai prodotti da essa abitualmente contrassegnati, deteriorando le relazioni con la clientela 11. In simili circostanze, si sviliscono in modo sostanziale anche la credibilità dell’impresa, intesa quale capacità riconosciuta di soddisfare i bisogni della domanda 12 ,con conseguenze di particolare gravità per quanto concerne il processo di alimentazione delle risorse immateriali. Sicuramente Roberto Cavalli come afferma”si è divertito” a rivestire le bottiglie per una vendita di circa 300.000 bottiglie di Coca-Cola Light 13 in edizione limitata , però a volte viene da chiedersi che non ci sia il rischio di ritrovarsi con lo sminuire ,l’ importanza di immagine delle rispettive aziende quando la marca viene “usata” per operazioni che proprio non hanno nulla a che fare. 11 Rao e Ruekert, 1994; Rao, Ruekert e Benavent, 1994 12 Keller e Aaker, 1992, p. 37 www.fashionjob.it 13 51
  • 52. - 3.3 Licensing: Con il contratto di licenza, il titolare del marchio concede a un “licenziatario” l’uso del marchio per la produzione e la vendita di prodotti specifici (solitamente di un settore merceologico) in un preciso territorio e attraverso determinati canali distributivi, per un periodo di tempo stabilito, a fronte di un compenso, che il licenziatario si impegna a corrispondere al licenziante, sotto forma di royalty (percentuale sul fatturato) e di contributo pubblicitario (percentuale sul fatturato). Attorno alla royalty sono poi strutturati gli acconti e le garanzie. La royalty può essere definita come “... quei proventi propri dei beni immateriali identificabili e suscettibili di autonoma cessione che un terzo, prescindendo dai benefici eventuali introduzione mente indotti dalle sinergie, è disposto a riconoscere al proprietario del bene intangibile a fronte del diritto di utilizzo dello stesso14”. La royalty permette al licenziante di finanziare il proprio sviluppo mantenendo il controllo, più o meno diretto, del mercato di sbocco. Il licenziante deve affrontare pochi costi direttamente associati al business in licenza: i costi di comunicazione istituzionale e quelli di un licensing manager o di una struttura che si occupi della gestione contrattuale della licenza. I costi di produzione e/o di commercializzazione e generali per lo sfruttamento del marchio sono sostenuti dal licenziatario n base al fatturato realizzato con la licenza. 14 www.ipertesto.it 52
  • 53. Questa disciplina è nata negli Stati Uniti sulla fine degli anni cinquanta e per molti anni le attività di licensing sono state dominio di quel mercato. L ‘esempio più noto è naturalmente quello dei personaggi creati dalla Walt Disney che negli Stati Uniti sono stati immediatamente utilizzati per la caratterizzazione di prodotti terzi; ne è nato un cosi forte mercato che successivamente si è esteso a tutto il sistema entertainment ;che quindi più avanti ha influenzato altri mercati fino ad arrivare al mercato dei marchi industriali ed in particolare a quello automobilistico. Negli anni 70 questa tecnica ha iniziato ad influenzare anche le aree Europee, con l Inghilterra in primis. Dobbiamo specificare che ad ogni cessione dei diritti di utilizzo di proprietà intellettuale viene generalmente corrisposta a una percentuale sul giro di affari generato dal prodotto o dal servizio utilizzatore della proprietà intellettuale. Questa percentuale si chiama Royalty;per dare un pò di dati: le attività di licensing nel 2007 hanno avuto un fatturato totale di circa 5.952 milioni di dollari. Nell’ andare ad analizzare possiamo vedere che ci sono diverse modalità di licenza: Che cosa è esattamente il licensing? Al di là delle sofisticazioni legali il licensing è una procedura tramite la quale si dà in “affitto” una proprietà di natura intellettuale ( sia esso un marchio, un simbolo, un motto, una firma, un personaggio o una qualsivoglia combinazione di essi). Per poter fare ciò è necessario che la “proprietà” (ovvero la suddetta combinazione di uno o più elementi) sia stata legalmente definita e protetta da brevetto o da registrazione. L’affitto di tale proprietà viene stipulato in riferimento ed unione ad uno o più prodotti o linee di prodotto. Già da questa descrizione si capisce che è necessario disporre di una serie di entità ed elementi per poter procedere ad un accordo contrattuale quale quello di licensing. I personaggi coinvolti in questo accordo sono : i proprietari o gli agenti ai quali la proprietà (intellettuale) è affidata che vengono definiti “licenzianti” e, dall’altra parte color che affittano tale proprietà ovvero i “licenziatari”. L’accordo di licenza prevede che tale “affitto” sia assolutamente ben definito in termini di territorio, prodotto/i, durata nel tempo, e remunerazione per il licenziante. Quando si parla di questo tipo di remunerazione si parla di royalty, un pagamento calcolato su base percentuale sulla vendita dei prodotti soggetti all’accordo di licenza. E’ comune negli accordi di licenza che una parte delle royalties siano il così detto “minimo garantito” ed il resto vincolato alle vendite dei prodotti. Il minimo garantito viene normalmente richiesto dal licenziante come ”deposito cauzionale” sull’affitto della proprietà intellettuale ed è inoltre abbastanza comune che 53
  • 54. esso venga pagato in anticipo dal licenziatario, indipendentemente dall’andamento successivo dell’accordo di licenza. Nella moda il licensing ha inizio circa a meta del secolo scorso con le Maison Francesi quali Pierre Cardin, Oleg Cassini. e Givency. Il licensing in Italia è stato efficace per la notorietà e diffusione delle Maison, le cui competenze distintive gravitano prevalentemente sull’alta moda . La ragione del suo successo in Italia è legata all’esistenza di una rete capillare di aziende industriali che dislocate nei vari distretti del paese, rappresentano i partner ideali per le griffe emergenti. Riguardo all’assetto produttivo , l’Italia è leader del fenomeno delle licenze nel mondo visto che stime recenti segnalano la presenza di 512 marchi di lusso al mondo ; di cui il nostro paese ne produce 326. Il licensing15 è usato come strumento commerciale, per cui deve essere gestito con grande attenzione attraverso la stipulazione di un contratto , il rispetto di standard di qualità e il continuo controllo. Nel sistema moda il processo di condivisione del knowhow è complesso, poiché le conoscenze di stile, di prodotto, e processo sono in buona parte tacite, cioè poco codificate e prevalentemente legate a singole persone più che processi e a meccanismi organizzativi. In secondo luogo queste conoscenze sono soggette sistematicamente ad una grande variabilità per la necessità di continua evoluzione della moda.Quindi lo scambio di conoscenze è un processo graduale e dinamico. In questi ultimi decenni, nell’ambito della moda questi aspetti di tipo stilistico sono diventate un asset strategico , modificando le modalità di collaborazione tra le due parti che stanno diventando sempre più solide e durature rispetto al passato, ( da due-tre anni a cinque-dieci anni), inoltre aumenta l’attenzione dedicata alla selezione quantitativa dei canali distributivi, la creazione di ruoli e meccanismi organizzativi volti a garantire una maggiore concentrazione delle strategie(come per esempio: la formalizzazione delle politiche di marca. di pricing,di comunicazione, meeting tra licenziatari ) Di fronte ai licenziatari che dimostrano di avere queste competenze, le Maison possono condividere anche con marchi concorrenti lo stesso licenziatario; esempi importanti sono quelli di: Luxottica e Safilo negli occhiali, Zegna nell’abbigliamento formale uomo, Aeffe e Burani Fashion Group nel pret-a-porter donna, Cesare Paciotti nelle calzature. A sostegno di questo riequilibrio, la presenza di marche proprie nel portafoglio di licenze non viene considerato un elemento di disturbo ma una garanzia 15 Il licensing nel sistema moda, Giannelli –Saviolo, 2002. 54
  • 55. delle competenze tecnico-produttive del licenziatario, permettendogli di raggiungere una ,massa critica maggiore e di ottimizzare i processi produttivi e logistici. Esempio Bulgari Bulgari .La Maison per il suo primo negozio nel 1884, nel 1905 inaugura il primo flagship store, nel 1992 si estende la marca ai profumi ma il primo esempio di licenza l’abbiamo dal 1997 quando concede a Luxottica la propria licenza degli occhiali, ad un partner valido ed in grado di garantire un proficuo kow-how distributivo. Altro licensing sempre sviluppato da Bulgari è stata quello concesso a Rosenthal creando una esclusiva collezione home design, di porcellana, posate etc.La casa e l’arredamento stanno diventando un fenomeno importante di concessione pari quasi a quello dell’abbigliamento il problema è semmai rappresentato dal mercato chiuso e poco competitivo anche a livello di prezzo. Esempio di licensing D&G. Domenico Dolce e Stefano Gabbana fondano nel 1982 la Dolce & Gabbana, dopo i non pochi problemi iniziali, incominciano i primi rapporti di licenza di maglieria nel 1987 con Modella Tricot, nel 1988 accordo di licenza del pret-a-porter con l’azienda Dolce Saverio , nel 1989 accordo di licenza e distribuzione di intimo donna e mare con le Bonitas, e con l’azienda Sergio Rossi per la licenza delle scarpe D&G, e da li in poi è un susseguirsi di successi e crescita. Le licenze hanno quindi svolto un ruolo fondamentale nell’affermazione di Dolce & Gabbana. La storia del loro successo dimostra che affinchè il rapporto tra il licenziatario e il licenziante funzioni è indispensabile che vengano rispettate determinate regole, la più importante delle quali è guardare il contratto di licenza in un’ottica di lungo periodo.Il licenziatario deve dimostrare di credere nella griffe, impegnandosi a farla crescere anche quando ciò non è strettamente legato all’incremento del proprio giro d’affari. Dall’altro , anche il licenziante è chiamato a contribuire attivamente agli investimenti, per esempio, reinvestendo le royalties che riceve , per affermare la griffe. Considerando questo appare corretto affermare che la scelta dei licenziatari è in realtà un processo di autoselezione; soprattutto per quanto riguarda il reparto accessori. Anche con i propri prodotti di licenza, D&G ha cercato di mantenere una coerenza di fondo e una immagine unitaria: in quanto i prodotti devono essere riconosciuti come parte integrante del proprio mondo. Nel tempo l’azienda ha incominciato ad acquisire il controllo della distribuzione, questo è avvenuto sia grazie ad una nuova struttura 55
  • 56. organizzativa-strutturale a partire dal 1998, sia a numerosi investimenti in campo distributivo e produttivo interno. La produzione interna è strutturata in tre divisioni:  Divisione che gestisce il core business abbigliamento  Divisione finalizzata agli accessori( cravatte, foulard,sciarpe intimo) e la nuova linea a commerciale  Divisione dedicata alla pelletteria e alle calzature Il peso delle licenze incide oggi circa del 68% cosi distribuiti:  Profumi: dopo una crescita che nei primi anni, segnava incrementi di oltre il 100% annuo,hanno continuato e continuano a seguire un trend positivo.  Occhiali: dal 1995-96 a oggi gli occhiali hanno quinti plicato il fatturato, con incrementi del 100% annuo, per i primi tre anni.  Abbigliamento D&G: ha avuto una crescita ottima nei primi anni, per poi assestarsi su valori costanti. 3.4 Brand extention L’estensione di marca è prima di tutto, una crescita aziendale al pari delle scelte di integrazione verticale oppure orizzontale, essa comporta la costruzione e il consolidamento della brand equità ( ovvero il patrimonio immateriale di reputazione costituito da immagine della marca, fedeltà della clientela, e relazione con interlocutori esterni) nelle categorie di mercato originarie, per poi generare un incremento delle vendite aziendali su nuove categorie merceologiche o su nuovi segmenti di mercato. L’estensione della marca costituisce un approccio sempre più utilizzato , nella moda come in altri settori, per ridurre i tempi, i costi e i rischi associati all’introduzione di un’ altro prodotto all’interno di nuovi ambiti.16 La costruzione di una nuova marca comporterebbe infatti un investimento e un rischio pesante. Il processo di estensione prende avvio da un allargamento di gamma dei prodotti originari e può determinare un cambiamento più o meno importante sia degli aspetti relativi al know –how teorico(metodi) sia quello più soft come le competenze del canale distributivo che rivestono un ruolo centrale nella gestione della marca. 16 Il licensing nel sistema moda, Giannelli-Saviolo, 2003 56
  • 57. Estensione correlata o non correlata. Se la nuova categoria merceologica ha una similitudine tecnologica con quella iniziale; soprattutto in termini di canali distributivi si chiama estensione correlata, per esempio estensioni dall’abbigliamento formale alle linee più casual, o dall’abbigliamento maschile al femminile, oppure dalla pelletteria alla calzatura; diversamente quando il divario tecnologico è distante prende il nome di estensione non correllata, per esempio dall’abbigliamento alla profumeria,all’occhialeria o all’arredo casa. Un ulteriore tipo di estensione può verificarsi quando la marca si posiziona anche in una altra fascia di prezzo, soprattutto nel caso delle griffe questo tipo ha avuto lo scopo di allargare il mercato in termini merceologici. E’ importante sottolineare che una estensione di marca di successo è notevolmente subordinata sia alla presenza di un adeguato livello di conoscenza del nuovo prodotto o segmento, in quanto la percezione di compatibilità tra le due categorie da parte dei consumatori è di notevole importanza. La coerenza fra categorie La coerenza può essere innanzitutto apprezzata a livello di categorie di prodotto coinvolte nell’estensione: si tratta cioè della coerenza percepita fra la categoria in cui tradizionalmente opera la marca e quella in riferimento alla quale ha luogo la brand extention. In quest’ottica, la coerenza può essere in primo luogo valutata in termini di similarità, cioè a dire in funzione del grado in cui i consumatori percepiscono il nuovo prodotto in qualche modo collegato agli altri contraddistinti dalla medesima marca. Boush e Loken(1991) dimostrano che gli atteggiamenti del consumatore in riferimento ai prodotti contraddistinti da una determinata marca tendono trasferirsi al nuovo prodotto oggetto con maggiore immediatezza se questo è percepito simile ai prodotti originari. In una prospettiva più ampia si possono ricondurre le dimensioni utilizzate dai consumatori per la formulazione dei giudizi di coerenza fra le categorie a tre fondamentali tipologie17:  La complementarità: intesa come grado in cui il consumatore ritiene che i prodotti possono essere consumati /impiegati congiuntamente, soddisfando al meglio il bisogno;  La sostituibilità: intesa come misura in cui il consumatore reputa che due o più prodotti condividano modalità di applicazione, contesto, bisogni soddisfatti; 17 Shocker 2004 57
  • 58.  Il trasferimento di competenze: il quale riflette la percezione del consumatore circa l’abilità di un’impresa operante in una categoria di prodotto nel realizzare prodotti appartenenti ad un’altra categoria; ciò può essere funzione delle particolari competenze possedute, che possono essere trasferite nel nuovo prodotto, e/o della facilità di realizzazione di quest’ultimo. Un ulteriore elemento in grado di influire sulla valutazione di coerenza effettuata dal consumatore è costituito dal differente livello tecnologico che caratterizza le categorie dei prodotti. Nel caso l’estensione di marca si collochi a un livello tecnologico superiore migliora la percezione della stessa, mentre invece in caso inverso , non emergono effetti di retroazione negativi sulla valutazione del brand. Estensioni in senso orizzontale. Per operare in questa direzione, è necessario che i clienti accettino facilmente la marca nel nuovo ambiente, questo può avvenire per diversi motivi; per il fatto che il prodotto è connesso a quello originario, o ne costituisce un ingrediente, un attributo, o ancora uno stile ben conosciuto. Qualunque sia il legame tra il prodotto originario e il nuovo comunque il cliente deve avere l’impressione che i due stanno bene insieme e non esistono connotazioni discordanti ( se la Mc Donalds, ad esempio decidesse di utilizzare la sua marca per creare una catena di laboratori per lo sviluppo delle fotografie, la marca servirebbe ad invocare nella mente dei consumatori una immagine di patatine unte piuttosto che un servizio rapido e affidabile di fotografie) 18.Per quanto a volte questi problemi possono essere tenuti sotto controllo la possibilità che queste connotazioni controproducenti esistano deve sempre essere tenuta presente,quando si fanno operazioni di questo tipo.Ovviamente ci vuole una certa elasticità, è possibile ad esempio che una o due estensioni messe in atto in passato rendano un ulteriore estensione, oppure una estensione che abbia successo può contribuire a cambiare il modo in cui la marca è percepita. La Virgin per esempio, originariamente era solo una casa discografica, poi ha utilizzato la marca per fondare una linea aerea, ovviamente una estensione in un capo poco adatto, ma quando essa si è rivelata un successo, la marca ha subito una evoluzione divenendo molto più di una marca caratterizzata dalla sua personalità di concorrente debole, ma aggressivo e privo di timore che punta sul livello elevato di qualità dei suoi prodotti . 18 Brand Leadership , Aaker-Joachimsthaler 2003 58
  • 59. Diversamente quando una marca è legata in modo stretto ad una categoria merceologica, non sono possibili molte estensioni; per esempio il marchio Cambell’s Soup pur avendo connotazioni positive, esse non ha funzionato abbastanza bene quando è stato utilizzato in cotesti diversi da quello delle zuppe. Per gli stessi motivi, marche come A-1 Steak Sauce, Kleenex e Clorox Beach non possono estendersi molto al di fuori del settore in cui agiscono, al contrario le marche che fondano la loro credibilità su connotazioni meno concrete come il controllo del peso corporeo(Weight Watychers), l’alimentazione salutista, e la moda possono più agevolmente estendersi ad altri prodotti perché i benefici intangibili che promettono possono funzionare in molti contesti. Estensioni in senso Verticale Spesso sembrano esserci buoni motivi per estendere una marca verso il basso, in modo che possa entrare in un mercato di prodotti di convenienza gia di notevoli dimensioni e di crescita ulteriore, o verso l’alto in modo da poter fruire della vitalità e dei margini di profitto che caratterizzano per esempio i prodotti destinati al mercato dei beni di lusso. Una estensione in senso verticale è particolarmente insidiosa in quanto può mettere in pericolo la qualità percepita e perchè può costringere a ricorrere alla creazione di sottomarche e di marche garantite. La soluzione più prudente è ovviamente quella che consiste nel mantenere la marca sempre allo stesso livello in termini di qualità. Sono molte le marche che non hanno credibilità e prestigio sufficiente a consentire loro di funzionare in un segmento di mercato più elevato quando l’estensione verso l’alto funzionano si tratta in genere di operazioni di intenti molto modesti: il posizionamento delle marche è tale da presentarle come migliori delle marche consolidate, ma non come all’altezza delle marche miglior in assoluto e alla base vi sono miglioramenti di natura funzionale. Il mercato dei beni a basso prezzo è invece più agevole, ma spesso comporta, in genere pericoli per la reputazione della marca e può intaccare il patrimonio dei clienti della marca preesistente dal momento che essi sono attirati da un’ offerta più conveniente. Aspetti organizzativi dell’estensione di marca Dal punto di vista organizzativo l’estensione di marca può essere realizzata in due modi:  come modalità interna o attraverso acquisizioni  come modalità esterna attraverso accordi 59
  • 60. Con lo sviluppo interno l’impresa amplia il portafoglio prodotti attraverso una simbiosi tra vecchie e nuove linee di prodotto, anche se ciò può richiedere tempi lunghi e investimenti rilevanti. Con le acquisizioni invece si ottiene attraverso l’acquisto di pacchetti azionari di altre imprese, la titolarità oil controllo delle marche. Sicuramente la modalità interna è privilegiata, soprattutto per le grandi marche e griffe del lusso e fashion esse hanno sempre sostenuto il controllo diretto del know-how produttivo, oltre che il ricorso a modalità distributive altamente selettive. Prada invece per esempio è un azienda che è partita da una specializzazione merceologica sull’accessorio e si è poi progressivamente affermata come griffe del luxury/fashion. Quando invece l’impresa vuole diversificare in ambiti competitivi diversi dal suo core business l’accordo con il partner specializzato rappresenta l’unica via percorribile. In settori come l’abbigliamento intimo, la maglieria e le calzature, questo è un percorso quasi obbligato: visto che le aziende specialiste hanno una clientela amplia e garantiscono al partner la continua innovazione. Questo sviluppo esterno può avvenire in settori come l’occhialeria, la cosmetica etc. Una classificazione propone tre tipi di accordi19: gli accordi verticali che avvengono tra diverse fasi della stessa filiera e riguardano produttori e distributori( es il franchising); gli accordi orizzontali si realizzano tra imprese operanti nello stesso settore e allo stesso livello di distribuzione, mentre gli accordi laterali prevedono invece la collaborazione tra imprese di settori merceologicamente diversi. Il caso più frequente è quello della licenza di marchio concessa ad imprese di un comparto differente da quello dell’impresa licenziante. Un caso di estensione verticale e orizzontale della marca Polo Ralph Lauren. Nel 1968 lo stilista Ralph Lauren ha fondato una propria impresa per commercializzare abbigliamento maschile di alta qualità con la marca Polo Ralph Lauren. 20 19 20 Il licensing nel sistema moda, Giannelli-Saviolo. Ralph Lauren ,Rizzoli International. 60
  • 61. L’immagine di alto profilo di un giocatore di polo si adatta perfettamente a quello che è il nucleo centrale della identità di marca in cui figurano connotazioni ispirandosi ad uno stile di vita da country club, caratterizzato dal buon gusto , una linea classica., elegante nel vestire nonché qualità eccezionale e cura artigianale nelle finiture.La garanzia di Ralph Lauren ha contribuito a personalizzare e differenziare la marca, ma ha fatto anche sì che attorno a questo nome si costruisse una marca che poi si è rivelata preziosa in altri costesti. Nel 1971 è stata lanciata una linea di abbigliamento femminile con il marchio Ralph Lauren, dal momento che lo stilista era gia evocativo anche nel campo della moda femminile . . Poichè la marca Polo era gia stata spesa per l’abbigliamento maschile, sarebbe stato rischioso utilizzarla anche per la linea donna. Nel 1974 Ralph Lauren è entrato nel segmento dell’abbigliamento maschile di prezzo contenuto lanciando Chaps, una nuova marca destinata ad essere venduta solo nei grandi magazzini. La sua personalità tutta americana e più accessibile è molto diversa da quella più snobistica di Polo. L’operazione ha avuto successo in quanto i prodotti Chaps erano caratterizzati dallo stile classico tipico del precedente marchio, la nuova 61
  • 62. marca è servita per guadagnare un accesso, non solo ad un segmento meno elitario, ma anche a punti di vendita molto più accessibili alla gente comune. Durante gli anni 80 la marca Ralph Lauren è stata estesa in senso verticale sino a coprire anche i vertici più alti della moda femminile con la marca Ralph Lauren Collection, che prometteva moda aggiornatissima con un tocco leggero di distintività. Distribuita solo attraverso negozi di abbigliamento di alto livello questa marche( Ralph Lauren Collection, Chaps,) hanno permesso insieme alla marca originaria Polo Ralph Lauren di coprire una vasta gamma di livelli di prezzo senza cadere nella tentazione di forzare troppo l’estensione ma anzi hanno reso più credibile l’immagine di Lauren come stilista e hanno rafforzato il Brand. Negli anni 90 invece abbiamo il lancio di una linea di prodotti di alta qualità maschile prodotta in Inghilterra, questo per ribadire l’origine dello stilista ma anche per rimarcare le caratteristiche distintive di marca che una gamma così ampia di prodotti rischiava di banalizzare. Per stare sempre al passo con i tempi e attenta al target dei più giovani negli anni novanta vengono lanciate alcune estensioni con il marchio Polo jeans, Polo sport, e Ralph Lauren Polo Sport per l’abbigliamento femminile. Queste ulteriori linee di prodotto allargano la base potenziale dei clienti ma permettono allo stesso tempo di reagire positivamente al mutamento dello stile di vita improntato su una maggiore informalità , che segue i valori del fitness e dello stare bene. Oggi per raggruppare le linee di prodotti destinate da uno stile contemporaneo e per differenziarle dalle marche ispirate ad uno stile classico, l’impresa ha creato un nuovo 62
  • 63. simbolo di marca che sostituisce il giocatore di polo a cavallo; il nuovo simbolo è rappresentato da una bandiera Usa con le stelle sostituite dalle iniziali RL a simboleggiare, in modo evidente, l’abbandono delle connotazioni britanniche. Per concludere ;l’ architettura della marca Ralph Lauren ha coperto diversi canali di distribuzione; vari segmenti di mercato e numerose categorie di prodotto con marche che sono l’una distinti dall’altra, ma collegate da marchi legati l’uno all’altro(come Ralph Lauren),sottomarche(polo Sport e Ralph Lauren Collection) e marche garantite come(Polo By Ralph Lauren).Questa strategia ha consentito ai nuovi arrivi di sfruttare il valore accumulato nel tempo attribuendo alle varie marche una personalità propria: possiamo infine dire che Polo funge da ancora per la moda maschile , mentre Ralph Lauren è al centro del valore della marca destinata alle donne. Esempi di brand extention Diesel Numerosi esempi di brand extention , li troviamo nell’azienda Diesel, ultimo in ordine temporale, è nel settore enogastronomico, che ha recentemente presentato a Marostica i primi prodotti della tenuta agro-vinicola Diesel Farm, acquisita nel 1994 da Renzo Rosso. . Vi sono tre varietà di vino, due di olio ed una di grappa, prodotte con tecniche artigianali fino alla stampigliatura diretta sulle bottiglie delle tre etichette, numerate a mano, Rosso di Rosso (Merlot e Cabernet), Bianco di Rosso (Chardonnay) e Nero di Rosso (Pinot Nero). "Quando sorseggi un bicchiere di vino, puoi assaporarne tutte le sottili influenze - ha spiegato Renzo Rosso -. Nel mio vino, come in tutti i prodotti di Diesel Farm, ci sono le cose che amo: le mie origini, la mia terra, le tradizioni che ho 63
  • 64. appreso da mio padre, tra cui l’antica arte del vino. Questi ingredienti, combinati a tecniche innovative, creano i prodotti unici di Diesel Farm". Oltre ai tre vini, cui sono dedicati sei ettari della tenuta compresi nella zona DOC Breganze, negli oltre 100 ettari di Diesel Farm sono prodotte anche due varietà di olio e di Grappa . Altro esempio può essere il profumo Diesel chiamato Flue for life Definito da Renzo Rosso, un concentrato di energia, freschezza e adrenalina, il profumo ,come un paio di jeans, ha una fragranza che si adatta a chi la indossa ed evolve nel tempo raccontandone la storia. Strategicamente “imbottigliata” in un ricercato flacone quasi fosse un elisir di lunga vita che si tramanda di generazione in generazione in un irreale viaggio nel tempo. Ogni boccetta è un pezzo unico grazie alle nove differenti incisioni che caratterizzano i tappi delle fragranze .Per la donna Fuel for Life è un tuffo in un mondo cipriato, un omaggio alla femminilità in una sintesi tra legno, fiori e cassis, una combinazione del frutto e del fiore del ribes, dosati in modo tale da mantenere il giusto equilibrio tra spirito e carne. All’uomo sono invece riservate le note più potenti, che suggeriscono energia e vitalità in un susseguirsi di vibrazioni aromatiche e fresche; anice stellato, lampone e vetiver si accordano tra loro in perfetta armonia. Inoltre Diesel ha creato anche una linea più “glamour” contenente un fialetta di 15 ml di Fuel For Life che permette di portare 64
  • 65. sempre con sé questo elisir di vita. La catena, come un orologio da taschino d’altri tempi, diventa un vero e proprio accessorio moda di tendenza21. Esempio brand extention Sisley Il marchio Sisley, appartenente al gruppo Benetton ,l’intimo del marchio Sisley debutta con la collezione autunno/inverno 2008 firmata SISLEY UNDERWEAR, che si rivolge alla donna e all’uomo attraverso il linguaggio dell’eleganza totale e della seduzione raffinata. SISLEY UNDERWEAR propone tutto ciò che dell’intimo serve per tentare e farsi tentare: libertà delle forme, valorizzazione del corpo, attenzione alla qualità. Con in più il piacere di indossare tessuti preziosi e sexy al tempo stesso - sete, cotoni pregiati, tessuti plissé, angora, cachemire i dettagli sono sartoriali, innovative e seducenti le modellistiche: per lei mini cup per scollature profonde a valorizzare il decolleté, reggiseni carioca, bustini, culotte, stringivita, triangolini con giochi di lacci e trasparenze per lui, parti basse valorizzanti (push up e soft push up), vita bassa e t-shirt in figura con spalle in evidenza.22 21 22 www.luxurygallery.it www.fashionunited.it 65
  • 66. Altrettanto raffinato e seducente è il concept dei nuovi store sisley underwear che rinnova il tradizionale punto vendita dell’intimo puntando sul mistero e sulla scoperta, sulla curiosità del cliente, invitato ad esplorare con i sensi e lo sguardo; a cominciare dalla vetrina “aperta", che lascia vedere il negozio dall'esterno, ma non racconta niente del prodotto. Infatti gli armadi espositivi centrali, posti "di spalle" rispetto all'entrata, impongono di immaginare e quindi di entrare, per scoprire un'atmosfera sognante quanto rigorosa, volutamente diversa, per un'esperienza di shopping sofisticata e sensuale. La nuovissima collezione SISLEY UNDERWEAR, che dalla primavera 2009 si arricchirà di una linea mare, sarà distribuita a partire da novembre da una rete di 150 corner all'interno degli store Sisley e da quattro negozi dedicati SISLEY UNDERWEAR, in Italia e nel mondo. Esempi Armani Casa e Versace home. Un caso di estensione molto celebre, che va dal mondo della moda vestiaria a quello della moda nel design d’interni. È quello di Armani/Casa e Versace Home collection che già celebri marche di Moda, estendendosi nel campo limitrofo dell’arredamento,mantengono alcune loro caratteristiche visive di fondo, citandosi in qualche modo a vicenda, forse addirittura costruendo un’immagine caricaturale 66