“Doppia Difesa” è una fondazione nata per combattere discriminazione violenze e abusi sulle donne. Fa capo a Michelle Hunziker e a Giulia Buongiorno. Sul settimanale “OGGI”, un realista punto di vista su Barbie e su simili modelli aspirazionali. Per non essere ipocriti.
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«ZITELLA
E SCAPOLO
INDICANO
LO STATUS DI
NON SPOSATI
MA LA
DEFINIZIONE
“PER LEI” È
UMILIANTE»
Giulia Bongiorno
avvocato penalista
LE CRITICHE ALLA BARBIE
SONO PIENE DI IPOCRISIA
C
ara Michelle,
holettocheaBerlino
è stato inaugurato il
primo museo europeo che
riproduce a grandezza
umana la Casa di Bar-
bie. Ma ci sono state pro-
teste anche da parte di
tanti genitori contro la
bambola e la sua Casa,
accusate di proporre ai
bambini una visione del
mondofasulla,infiocchet-
tata, dove oltretutto la
donnapensasoloallooke
alla linea. Tu cosa pensi?
Anna
Cara Anna,
io credo che spesso il nostro sbaglio
sia fossilizzarci troppo su cose in real-
tà poco rilevanti per i nostri figli. Il
quotidiano dei nostri ragazzi, infatti,
è pieno di messaggi e immagini san-
guinose e violente e, già solo dai con-
tenuti di un telegiornale, ci rendiamo
conto di quanto ciò sia invasivo e pe-
ricoloso per loro.
Barbie è un’icona che ha attraversato
interi decenni, senza perdere il suo fa-
scino e restando protagonista dell’im-
maginario collettivo. Barbie è il sogno
di ogni bambina, con i suoi bellissimi
vestiti,lacasa,lamacchina,ilfidanzato
Ken, bello e prestante. È la principessa
che tutte da bambine avremmo voluto
essere, ma, proprio perché non bisogna
mai cadere negli eccessi, non si deve
correre il rischio di voler diventare a
tutti i costi come lei, di omologarci
tutteall’immaginefalsataeirrealeche,
proprio in quanto gioco, rappresenta.
Non è il personaggio di Barbie il vero
problema, ma la necessità di dare un’e-
ducazionemoraleesocialeconcretaalle
nuove generazioni. Una famiglia deve
insegnareilrispettoperglialtri,l’agire
per il bene comune, il coltivare il seme
dell’amore, in maniera concreta, ogni
giorno, nella vita quotidiana.
Se pensiamo che la capacità di giudizio
e il senso della realtà possano essere
messe in pericolo dal regalare due o tre
Barbie, allora siamo fuori strada. Se
facciamo vivere un ragazzo nella vio-
lenza, se lo circondiamo d’immagini
sessiste e discriminatorie, se gli per-
mettiamo di accedere a mezzi tecnolo-
gici senza controllo, arrivando magari
a poter navigare su siti pornografici o
legati in qualche modo alla pedofilia,
allora non possiamo ipocritamente
condannareunabambolacomeBarbie.
Quello che dobbiamo fare è cercare di
proteggere i nostri figli dalla violenza,
dallebrutture,daglistereotipi.Nonc’è
bisogno di farli vivere per forza in un
mondo finto e ovattato. Si può iniziare
evitando di farli rimbecillire per ore
davanti alla tv e a programmi stupidi e
proponendo loro invece quei giochi
interattivi, concreti e vecchio stile che
possano far sviluppare e crescere la fan-
tasia. Cartoni animati, giochi, Inter-
net, tutto può essere importante e ac-
cettato se ben dosato, non totalizzante
e accompagnato dalla presenza e
dall’affetto delle famiglie.
di Michelle Hunziker
IL FATTO DI CRONACA
Berlino.
Tre
bambole
esposte
nella
Casa-
museo
di Barbie,
da poco
inaugurata.
bio le mie colleghe e io oltre che avvo-
cati siamo signore, e senza dubbio l’uso
del sostantivo al femminile è gramma-
ticalmente corretto, ma entrambi gli
appellativi sono indice di un atteggia-
mento discriminatorio, quasi a rimar-
care una differenza rispetto all’avvocato
tradizionale, l’uomo, considerato più
autorevole. Io ho sempre chiesto di es-
sere chiamata “avvocato”: la professio-
nalità derivante dal titolo è indipenden-
te dal sesso di chi lo ha conseguito.
Di recente, un’infermiera mi ha raccon-
tato che in reparto viene spesso apostro-
fata con frasi del tipo: «Ehi bionda, mi
dai qualcosa per il mal di testa?». Pur-
troppo non sono battute, è un modo
maleducato di sminuire la sua profes-
sionalità. È lo stesso atteggiamento per
il quale la decisione di una donna di
dedicarsi solo al lavoro, rinunciando a
farsi una famiglia, viene vista come un
ripiego, o comunque una scelta obbli-
gata che nasce da chis-
sà quale difetto di fon-
do, o manchevolezza, e
non come la precisa
volontà di vivere in
maniera totalizzante
una passione o un ta-
lento. Come accade, in-
vece, se la stessa scelta
viene compiuta da un
uomo. Per fare un
esempio banale ma effi-
cace, si pensi alla diffe-
renza tra zitella e scapolo: designano la
stessa condizione, quella di non essere
sposati, ma nel nostro immaginario
scapolo evoca uno status invidiabile,
quello del gaudente che ha scelto di non
legarsi a una donna sola, mentre zitella
fa pensare subito a qualcuna che non ha
trovato nemmeno un uomo al quale le-
garsi e che subisce la solitudine. Se non
è discriminazione questa!
È indispensabile che chi scrive e chi
parla - soprattutto se occupa posizioni
di rilievo nella società - sia sempre con-
sapevole del significato e del peso delle
parole con cui si esprime. Le parole so-
no pietre: lo ha detto Carlo Levi più di
50 anni fa, e oggi è vero più che mai.