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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus
DAL 2014
DAL 2014
MARZO 2015 Anno II Numero 3 edizione gratuita
/12 Fritzing
Un ECAD fatto su misura per Arduino
che si utilizza come un blocco da
disegno. Facilissimo da imparare
anche per gli absolute beginners
/18 Come nasce una norma
Per lavoro siamo costretti a consultarle
continuamente e subiscono puntualmente
aggiornamenti… e guai a non conoscerli.
Ma come nasce una norma tecnica?
/23 Cinema & Animazione
The Divergent Series: Insurgent è
un film diretto da Robert Sch-
wentke, ambientato in un immagi-
nario futuro post apocalittico.
22
La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati
La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per
data di fondazione e numero di iscritti
 BIM
 CAD
 CAD MEP
 FEM
 Linguaggi CAD
 Modellatori 3D
 Modellatori organici
 Post produzione
 Prog. edile
 Altro software
 Progettazione
 Portfolios
 A.N.T. Automotive
 Stampa 3D
 Concorsi
 Curiosità
33
INDIPENDENTEMENTE DA CIÒ CHE
CREI, NON È IMPORTANTE CHE TU DI-
PINGA O SCOLPISCA, OPPURE CHE
TU FACCIA IL GIARDINIERE, IL CAL-
ZOLAIO O IL FALEGNAME. E' IMPOR-
TANTE CHE TI CHIEDA: “STO RIVER-
SANDO TUTTA LA MIA ANIMA IN CIÒ
CHE CREO?”.
OSHO RAJNEESH (MISTICO INDIANO)
da:
www.associazionecreativita.org
LA METTO IN CORNICE
44
Diario di bordo
HOME
Direttore responsabile:
Salvio Giglio
Redazione:
Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo,
Simone Piccioni, Daniele Pinna, Gianmarco Rogo
Segretaria di redazione:
Nunzia Nullo
Redazione bozze:
Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo
In un’appendice delle NEWS
un articolo di A. Buccella
sull’Abruzzo e i rischi idro-
geologici che minacciano il
suo territorio. La rubrica su
ARDUINO, a partire da questo
numero, si occuperà di un
EDA realizzato esclusiva-
mente per Arduino: Fritzing.
La recente storia delle nor-
mative tecniche sarà il nuovo
argomento della rubrica BASI
PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-
ZIONE. N. Nullo ci presenta
per la rubrica CINEMA E ANI-
MAZIONE il film “The Divergent
Series: Insurgent”. La DESIGNER’S
STORY di questo mese riguarda
un personaggio straordinario:
Ettore Bugatti il papà dell’auto-
motive. La rubrica INTERVISTA ha
due ospiti questo mese: Robson
Jacobsen e Matteo Rubboli. L’an-
golo dedicato ai LIBRI ospita un
testo francese sulla stampa 3D.
N. Amalfitano parla del Laudario
di Cortona nella rubrica MUSICA. I
distanziometri ad onde saranno
il tema della rubrica NEW HARD-
WARE FOR CAD. Il CORSO DI ORIEN-
TAMENTO ALLA BIM si occupa
delle procedute sullo scambio di
dati. Per il CORSO DI BASE DI SKET-
CHUP analizza il comando OFF-
SET. F. Pieri nella rubrica dedica-
ta a LE BASI DI QGIS parla della
rappresentazione della Terra ed i
relativi Sistemi di Riferimento.
Chiude l’edizione un tutorial di
A. Buccella sulla realizzazione di
filmati di presentazione per mo-
delli 3D realizzati con SketchUp.
disegnatore
[di-se-gna-tó-re] s.m. (f. -trice) Chi disegna; chi, per lavoro o per passion
rubriche corsi & tutorialsPAG. 63 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM
di Salvio Giglio “Lo scambio di dati ed
informazioni per il modello BIM”,
VIII PUNTATA
PAG. 66 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di
Salvio Giglio
“Il comando Offset”,
X PUNTATA
PAG. 71 LE BASI DI
“La rappresentazi
stemi di Riferime
III PUNTATA
PAG. 76 TUTORIAL:
SKETCHUP di Anto
“Come elaborare u
I PARTE
eventuali & vari
PAG. 78 UMORISMO
PAG. 79 GIOCHI
PAG. 07 NEWS - in primo piano
di Antonello Buccella “Sta franando l’A-
bruzzo più bello e prezioso”
PAG. 08 NEWS
PAG. 11 EDITORIALE di Salvio Giglio
“Artigianato e PMI: una straordinaria
risorsa tutta italiana”
PAG. 12 ARDUINO di Salvio Giglio
“L’EDA delle meraviglie: Fritzing”,
I PUNTATA
PAG. 18 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET-
TAZIONE di Salvio Giglio
“Come nasce una norma”,
I PUNTATA
PAG. 23 CINEMA E ANIMAZIONE di Nunzia
Nullo “The Divergent Series: Insurgent”
PAG. 26 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio
“Ettore Bugatti”
PAG. 39 INTERVISTA di Salvio Giglio
“Robson Jacobsen”
PAG. 43 INTERVISTA di Salvio Giglio
“Matteo Rubboli”
PAG. 47 LIBRI di Salvio Giglio
“L’impression 3D avec SketchUp”
PAG. 51 MUSICA di Nicola Amalfitano
“Lauda: Laudario di Cortona”
PAG. 55 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal-
vio Giglio “I distanziometri ad onde”,
II PUNTATA
55
E PAGE
Cos’è CADZINE
è una rivista gratuita nata in
seno alla Community di
“AutoCAD, Rhino & Sket-
chUp designer” per informare &
formare disegnatori tecnici e
appassionati sul CAD ed i suoi
“derivati”.
La pubblicità
Le inserzioni pubblicitarie pre-
senti sono gratuite e sono create
e pubblicate a discrezione della
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Pensandoci bene
La buona scuola...
non sarà mai quella che piace agli industriali ed
ai potenti, ma quella che sa far innamorare di sé
i ragazzi! La vera scuola è come una bella storia
d’amore: ti prende per mano e ti porta via con sé
per esplorare le tue passioni
ne, esegue disegni tecnici o artistici
sI QGIS di Fabrizio Pieri
ione della Terra ed i Si-
ento”,
: ELABORAZIONE VIDEO CON
onello Buccella
un Video con SketchUp”,
ie
66
77
L
etto appena uscito: a pro-
posito del monumentale
Castello di Roccascalegna
di cui vi parlerò più in-
nanzi nel tutorial… Le notizie però
non sono affatto buone, come pur-
troppo potrete leggere voi stessi
nell’articolo di Gianfranco Colaci-
to, che riporto qui integralmente,
pubblicato il 23 marzo scorso sul
sito:
www.inabruzzo.com
Roccascalegna (CH) – Il sindaco Do-
menico Giangiordano, foto, senza paro-
loni e senza inutili frasari in politichese,
parla chiaro in tv: “Per rifare una strada
o una casa non ci vuole molto, bastano i
soldi. Per rifare una chiesa del ’200 che
eravamo riusciti a salvare, il discorso
diventa diverso”. Il cuore roccioso di uno
dei paesi più spettacolari e insoliti
dell’Abruzzo, abbarbicato ad una roccia
che svetta nel paesaggio, Roccascalegna,
sta cedendo alle frane. Minacciata la
chiesa del ’200, minacciato anche il ca-
stello perché la roccia si frantuma e vie-
ne a valle, evidentemente come mai era
accaduto nella storia. I consolidamenti, i
sostegni validi non ci sono mai stati,
forse non ce n’è mai stato bisogno, oggi
diventano urgenti. Ma i sindaci non han-
no soldi per le emergenze. Le istituzioni,
del resto, sono all’assedio: in Abruzzo le
frane sono almeno 50, alcune gravi e
vaste. Le emergenze non si contano più:
da Fraine isolata a Civitella del Tronto
(altre dieci famiglie evacuate). problemi
più o meno gravi in decine di paesi e
frazioni, come Ripe di Civitella dove sta
cedendo un’intera montagna. pwer non
dimenticare Civitella Casanova, Villa
Celiera, Vasto, e l’elenco continua lun-
ghissimo.
L’Abruzzo, colpito ancora dalle piogge
delle ultime ore, si sta sbriciolando ovun-
que, cede, si avvalla, si frattura, crepa e
slitta a valle. Case, contrade, paesi interi
sono a rischio. E nel disastro, comincia-
no a mostrarsi malfermi anche monu-
menti e luoghi di straordinaria e unica
bellezza, come Roccascalegna, che forse
pochi abruzzesi conoscono, ma figura su
libri e riviste straniere. Vale sempre, e
oggi ancora di più, il vecchio, un po’
acido ma verissimo detto degli inglesi
negli anni Sessanta: “Affrettiamoci a
vedere l’Italia, prima che gli italiani la
distruggano”. Preveggenza?
di Antonello Buccella
Sta franando l’Abruzzo più bello e prezioso
Una foto della antica chiesa annessa al castello Il sindaco di Roccascalegna Domenico Giangiordano
NEWS - in Primo Piano
88
NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa
Sorge in zona sotto tutela
ambientale il rifugio firmato
da Architetti Mair & Dorf-
mann , a monte della cabi-
novia Boè a 2.190 metri d’al-
tezza, in Alta Badia. Gli alti
standard di risparmio ener-
getico, l'impiego di materiali
naturali, come il legno e e la
pietra dolomitica, la forma
bassa che ripara dal vento e
la vetrata di 34 metri con
vista panoramica, sono gli
ingredienti che rendono il
rifugio Piz Boè un'importan-
te novità in fatto di architet-
tura in quota. La posizione
esposta, che sembra quasi
'sottomettersi' alla monta-
gna, e la forma bassa sono
espressione del rispetto per
il paesaggio circostante. I
volumi esistenti della sta-
zione funivia ed il padiglio-
ne che ospita il nuovo risto-
rante formano un cortile con
terrazza a riparo dal vento e
dalle diverse viste verso la
vetta. Legna naturale, pietra
naturale grezza e vetro defi-
niscono sia gli spazi esterni
che interni. Gli spazi interni
del nuovo padiglione com-
prendono un Ristorante
Gourmet con 40 posti a se-
dere, un self service da 160
posti a sedere ed un Lounge
Bar con al centro un cami-
netto a legna per gli inter-
valli di relax tra una sciata e
l’altra.
Valentina Ieva
da archiportale.com
Alle Fiere di Parma si è
tenuta dal 26 al 28 marzo la
MECSPE, la fiera per l’indu-
stria manifatturiera che si
pone come obiettivo la rea-
lizzazione di un punto
d’incontro tra tecnologie
per produrre e filiere indu-
striali. Sono stati allestiti 9
Saloni tematici che hanno
offerto ai visitatori una pa-
noramica completa su ma-
teriali, macchine e lavora-
zioni che pone al centro
dell’attenzione la produzio-
ne di beni di eccellenza
l’implementando il concet-
to di ideazione di un manu-
fatto sino ad arrivare alla
sua realizzazione. MECSPE
sarà anche l’occasione per
approfondire i concetti di
Dynamic Efficiency e Dy-
namic Precision, le innova-
tive funzioni di controllo
TNC per lavorazioni alta-
mente precise ed efficienti.
In questa branca altamente
innovativa molti espositori
tra cui HEIDENHAIN che
presenta alcuni modelli di
testatura su macchine a
CNC. Sabato per i materiali
innovativi si è parlato di
grafene, il rivoluzionario
foglio di carbonio spesso
un singolo, atomo quindi
estremamente leggero,
cento volte più forte e cin-
que volte più elastico
dell’acciaio e ottimo con-
duttore di elettricità. In
questo contesto è stato pre-
sentato anche il libro
“Grafene, proprietà e appli-
cazioni” di Edward L. Wolf,
di estremo interesse per gli
studenti delle facoltà di
Fisica e Scienza dei mate-
riali, progettisti, produttori
e chiunque operi nei vari
livelli nel settore dell’indu-
stria manifatturiera. Tra le
tantissime iniziative svol-
tesi in Fiera segnaliamo
anche la seconda edizione
della Fabbrica Digitale, ol-
tre l’automazione. Questo è
un progetto di integrazione
digitale di tutti i sistemi e
sottosistemi che compon-
gono una moderna fabbri-
ca, per rendere più efficien-
ti i processi, sia dal punto
di vista della riduzione del-
le tempistiche e dei costi,
sia da quello della scelta
del miglior partner indu-
striale, senza limiti fisici o
territoriali.
S. G.
Astro Teller, il creatore dei
Google Glass, afferma
“Abbiamo preso una decisio-
ne giusta e una meno. La
prima è stata realizzare il
programma Explorer. La
seconda, cioè quella che
abbiamo svolto decisamente
meno bene, è che abbiamo
consentito, e spesso inco-
raggiato, che si creasse trop-
pa attenzione intorno al pro-
gramma". Tradotto: ciò che
mezzo mondo dava come un
prodotto pressoché ultimato
era in realtà ancora un pro-
totipo pieno di bug. La forza-
tura pubblicitaria ha ama-
reggiato quanti li attendeva-
no a breve tempo nei negozi.
Il passaggio dei Google
Glass dal laboratorio X a
un'altra divisione di Big G,
avvenuto appena un paio di
mesi fa, non è in fondo da
leggere del tutto come una
battuta d'arresto ma anzi, al
contrario, secondo molti
osservatori sottolinea la
volontà di partire dal lavoro
pionieristico di Teller e della
sua squadra per dare al gad-
get indossabile una forma
definitiva.
Da la repubblica.it
Alle Fiere di Parma la
MECSPE
Il rifugio Piz Boè:
l'ultima novità
dell'architettura in
alta quota
Google Glass: il
perché di un flop
99
1010
1111
EDITORIALE
S
o di ripetermi su questo
argomento ma è più forte
di me! Se il nostro Paese
investisse di più sull’arti-
gianato, specialmente su quello
tecnologico, si rimetterebbero ra-
pidamente in moto la macchina
del PIL e quella dell’occupazione.
Non è una roba da visionari signo-
ri cari! Questa preziosa risorsa
rappresenta la migliore espressio-
ne dell’ingegnosità italica, una
connotazione quasi genetica di un
popolo a cui sta stretto il lavoro
subordinato e ripetitivo e che da
sempre predilige il lavoro autono-
mo e creativo. In questo numero,
come avrete visto dalla copertina,
parleremo di Ettore Bugatti, una
figura imprenditoriale enorme che
fece dell’artigianato hi-tech del
suo tempo un vero e proprio caval-
lo di battaglia vincente! Su questa
portante si sono mossi altri desi-
gner illustri di cui la grande Gae
Aulenti ha rappresentato nel do-
poguerra una delle più significati-
ve interpreti. Bisognerebbe lascia-
re la produzione seriale a quei
Paesi formicaio, come la Cina e gli
USA, privilegiando nel Vecchio
Continente lo sviluppo dell’artigia-
nato di lusso che da sempre ha
contraddistinto soprattutto il no-
stro Paese. Sia chiaro che con que-
ste affermazioni non intendo asso-
lutamente svalorizzare il ruolo
della grande industria nazionale,
ma semplicemente affiancarle un
secondo “propulsore” capace di
servirsi della sua produzione per
nobilitarla ed eternizzarla in rea-
lizzazioni che, se non qui, trovano
acquirenti entusiasti e benestanti
in mezzo mondo. liberare le PMI
dai cosiddetti lacci e lacciuoli bu-
rocratici, abbassando anzitutto la
tassazione sul costo del lavoro che
nonostante il Job Act resta tra i
più alti di Europa, incentiverebbe
proprio le moderne botteghe arti-
giane, le start up, a selezionare,
formare ed assumere nuovo perso-
nale, e, non per un breve periodo di
tempo, ma permanentemente.
Senza far nomi, un giovane amico
della Community, laureando in
ingegneria, mi parlava pochi gior-
ni fa con molto entusiasmo di un
suo progetto venduto ad un’azien-
da… Un piccolo seme significati-
vissimo che, se curato e seguito
con le dovute cure, potrebbe espri-
mere in futuro grandi potenzialità
sul piano imprenditoriale con rica-
dute felici anche su quello occupa-
zionale. Mi piacerebbe chiedere di
persona a chi ha il mano il timone
di questo settore, che se ne sta li al
sicuro a Roma, se ha mai sentito
parlare delle Corporazioni artigia-
ne, del Made in Italy e di quanto
questa eterogenea e gioiosa mac-
china da lavoro abbia rappresenta-
to e ancora rappresenti per l’Italia.
Non passa mese che l’osservatorio
nazionale di riferimento, la CGIA
di Mestre, non lanci preoccupanti
grida d’allarme da questo prezioso
comparto produttivo… grida che,
purtroppo, se continueranno ad
essere ignorati, somiglieranno
sempre di più prima a dei flebili
lamenti fino a che non si sentirà
più nulla… Se solo la governace
pensasse meno alle campagne
elettorali, alle dispute con la Magi-
stratura e alla bella vita e tentasse
di rivalorizzare quanto c’è di buo-
no nel nostro Paese, e non è poco,
avrebbe offerto una chance con-
creta per buona parte dell’esercito
di disoccupati che riempie le liste
di collocamento e questo senza
dover barattare il futuro di queste
persone con una prospettiva di
licenziamento.
di Salvio Giglio
Artigianato e PMI : una straordinaria risor-
sa tutta italiana
1212
ARDU
C
on l’acronimo EDA, da
Electronic Design Auto-
mation, si fa riferimento
alla famiglia di software
dedicati alla progettazione e pro-
duzione di sistemi elettronici: dai
circuiti stampati a quelli integrati.
Anche Arduino ha un suo EDA
specializzato: Fritzing. Questo pro-
getto è stato avviato nel mese di
agosto 2007 nel Interaction Design
Lab presso l'Università di Scienze
Applicate di Potsdam, in Germa-
nia. Dal 2009 il team è stato ospita-
to dall’incubatore di start up tede-
sco IXDS mentre la fondazione
non-profit “Friends-of-Fritzing
e.V.” è stata istituita nel 2012.
La filosofia di Fritzing è perfetta-
mente in linea con quella di Ardui-
no dal momento che è un progetto
FOSS per l’elaborazione di proget-
tazioni elettroniche non professio-
nale e dedicato ad utenti di ogni
provenienza. Il software, dedicato
esplicitamente alla famosa scheda
MCU, ai suoi shields e accessori
nonché ai componenti elettronici,
rappresentati con una grafica mol-
to realistica ed accattivante, per-
mette, infatti, lo sviluppo di pro-
getti anche molto complessi da
parte di utenti che non hanno ne-
cessariamente delle basi di elet-
tronica. Fritzing in virtù di questo
si pone come un ottimo strumento
didattico per imparare a realizzare
circuiti elettronici attraverso il
ragionamento e la pratica, favo-
rendo anche lo scambio gratuito di
progetti tra gli utenti attraverso il
forum. Il software è disponibile
attualmente in 18 lingue tra cui
l’italiano. In questa prima puntata
faremo una pano-
ramica introdutti-
va su Fritzing
mentre nelle pros-
sime vedremo co-
me avviare un
progetto con que-
sto praticissimo software.
Il download e l’installazione
Partiamo dal download del pro-
gramma che scaricheremo dal sito
ufficiale alla pagina fritzing.org/
download. Come è giusto che sia,
trattandosi di software libero, vi
viene richiesto di fare una dona-
zione alla fondazione del progetto,
per sostenere i non pochi costi di
gestione, scegliendo tra quattro
pulsanti opzionali: no donation,
10€, 25€, 50€. Fatta la scelta e se-
guite le eventuali indicazioni per il
pagamento, si attiva il pulsante
per il download che vi conduce in
un’altra pagina in cui indicherete
il sistema operativo in uso sul vo-
stro PC. La versione di cui trattia-
mo in questo articolo è la 0.9.1b
del 2 dicembre 2014 che è BETA;
sulla pagina sono presenti anche
versioni precedenti di Fritzing.
Subito dopo che abbiamo selezio-
nato il SO il sito apre una finestra
per il download della cartella di
Fritzing, già pronta per l’uso, sotto
forma di file zippato, il processo
avviene in pochissimo tempo, ov-
viamente, in base alla connessione
che avete. Con affabilità tutta geek
il sito, a tal proposito, propone una
serie di programmi affidabili per la
decompressione del file zip in ca-
so ne aveste bisogno. Per puro
scrupolo eseguo subito una doppia
scansione del file zippato con un
antivirus ed un anti malware pro-
I puntata
di Salvio Giglio
L’EDA delle meraviglie: Fritzing
Dopo aver lungamente trattato di saldature, cir-
cuiti, vibroincisori termochimici, costruito un bro-
mografo e approntato un locale per fare i nostri
esperimenti di elettronica passiamo a qualcosa di
più tranquillo con cui progettare i nostri circuiti...
1313
UINO
fessionali che non riscontrano al-
cun problema e passo alla decom-
pressione. La cartella decompres-
sa del programma contiene 28 ele-
menti tra file e cartelle e la versio-
ne per WIN7 a 64 bit pesa 186Mb.
Se avete questo SO vi consiglio di
inserire la cartella di Fritzing in
Programs files mentre se il vostro
sistema gira a 32bit dovrete usare
invece quella Program files (x86).
Dopo lo spostamento della cartella
del programma e prima di comin-
ciare ad utilizzarlo, vi consiglio di
creare un collegamento dell’exe
sul desktop o nella posizione che
più vi risulta comoda per lanciarlo
rapidamente.
Considerazioni generali sulla GUI
e sul progetto
L’interfaccia grafica di Fritzing è
molto gradevole ed è in linea con il
trend estetico del momento: il flat
style design che, combinando ad
una veste grafica essenziale e ra-
zionale le svariate funzionalità del
programma, permette all’utente di
rintracciare facilmente ogni co-
mando e di effettuare rapidamen-
te settaggi sui componenti, senza
La Fachhochschule Potsdam, Università di Scienze Applicate di Potsdam
Il team di sviluppatori di Fritzing
1414
La pagina di Fritzing con le opzioni per le eventuali donazio-
ni e il pulsante per il download
doversi disperdere tra una serie di
menù, finestre e finestrelle. Al lan-
cio di Fritzing, subito dopo che lo
splash iniziale mostra due barre di
avanzamento attraverso cui cari-
ca i componenti e fa delle verifi-
che software in pochissimi secon-
di, l’utente viene accolto nella
schermata Welcome del program-
ma. La GUI risulta subito user
friendly e molto rassicurante e di
cui, devo riconoscerlo, gli svilup-
patori hanno veramente curato
ogni minimo dettaglio anche sotto
il profilo stilistico. Lo testimonia-
no tutta una serie di piccoli parti-
colari come, ad esempio, le icone
dei comandi o la scelta felice di
una bella combinazione cromatica
di grigi per la skin, molto riposan-
te, che ben si sposa con alcuni ele-
menti in rosso presenti nell’area di
lavoro dandogli un tocco di profes-
sionale eleganza. Altra cosa che
ho apprezzato subito, perché è
estremamente rassicurante per i
neofiti, è la totale l’assenza di
quella decina di toolbars, piene
zeppe di comandi, sbandierate
tronfiamente da tanti software
commerciali blasonatissimi e che
sono il più delle volte inutili ridu-
cendo di fatto solo la visualizza-
zione dell’area di lavoro. Sul piano
funzionale, il programma guida
completamente anche gli utenti
meno esperti grazie ai vantaggi
offerti della fusione delle caratteri-
stiche innovative di programmi di
ultima generazione e basati sulle
ribbon bars, come i tabs di visua-
lizzazione ed il panel magnetico
laterale, con elementi di program-
mi più datati, come la classica bar-
ra dei menù. Ritroviamo anche in
questo software il termine inglese
sketch  bozzetto, applicato per
estensione al concetto che ogni
progetto che svilupperemo con
Fritzing nascerà proprio come un
bozzetto di una nostra idea.
Le funzionalità di Fritzing
La finestra di Fritzing presenta
nella parte superiore la barra dei
menù a cui segue la barra dei tabs,
che gestisce logicamente l’area di
lavoro munita di barre di scorri-
mento laterali. Sulla parte destra
dello schermo è presente un pan-
nello verticale che ospita solo due
toolbar magnetiche e, eventual-
mente, flottanti: la prima è quella
dei Componenti, una raccolta di
componentistica elettronici da
utilizzare nei propri progetti; la
seconda si chiama Inspector, chia-
ramente derivata da software CAD
e di programmazione, offre all’u-
tente la visualizzazione delle pro-
prietà di ciascun componente elet-
tronico permettendone di settare
diversi parametri funzionali anche
relativi alla sua rappresentazione
grafica. Tranne che nella scher-
mata di benvenuto, la finestra di
Fritzing è completata, in basso, da
due barre orizzontali di colore ros-
so di cui, quella più chiara e di di-
mensioni maggiori, è munita di
alcuni comandi contestuali dipen-
denti dalla visualizzazione in cor-
so tra i quali è presente anche un
pulsante per eventuali condivisio-
ni del proprio progetto, mentre la
seconda, più piccola e di un tono
di rosso più scuro, ospita lo zoom
Il contenuto della cartella decompressa di Fritzing. Questo
shot è relativo alla versione 0.9.1b del 2 dicembre 2014
ARDU
1515
La Home Page dell’applicazione, ricca di funzionalità e link utili per consultare progetti e risorse disponibili in rete
La pagina Breadboard, questo componente virtuale è uno dei punti di forza di Fritzing poiché permette lo sviluppo realistico
dei circuiti di un progetto. Può considerarsi come una palestra ideale su cui esercitarsi anche se non si dispone della MCU
UINO
1616
per l’area di lavoro.
Le pagine di Fritzing
Diamo ora uno sguardo ai cinque
tabs di visualizzazione di Fritzing
che costituiscono uno dei punti di
forza di questo particolarissimo
ECAD. Utilizzerò apertamente la
definizione di pagina per le varie
schermate perché la logica del
programma è proprio quella di una
sorta di blocco da sfogliare e diviso
in sezioni in ognuna delle quali è
rappresentato un aspetto del no-
stro lavoro.
Welcome, è la home page del pro-
gramma ed è divisa in cinque aree
funzionali. Partendo dall’alto a si-
nistra troviamo Recent Sketches
in cui sono memorizzati i nostri
ultimi progetti, segue a destra un
visualizzatore ad elenco molto ca-
rino che ci permette di conoscere
gli ultimi topics postati sul blog
dalla rete di utenti di Fritzing in
termini di progetti e discussioni
(consigli, descrizioni, ecc). Per vi-
sualizzare un progetto o una di-
scussione basta cliccare sull’item
della lista e subito si apre il nostro
browser alla pagina specifica del
sito di Fritzing. Al centro della
schermata, a sinistra, troviamo i
comandi per l’apertura di un file
esistente sul nostro PC o la crea-
zione di un nuovo progetto; alla
destra di questi due comandi sono
ubicati due pulsantini per accede-
re, sempre attraverso il browser
ovviamente, alla pagina delle
News di Fritzing o al suo Blog. In
basso a sinistra è ospitato un box
di colore azzurro in cui è riportato
il Tip of day, il consiglio del giorno;
in fondo al box due comandi ci
permettono di visualizzare oi tutto
l’elenco dei consigli (All tips) o
semplicemente di passare al con-
siglio successivo (Next tip). La pa-
gina si completa con un ultimo
box legato ai servizi offerti dal
gruppo Fritzing: il Lab, per lo svi-
luppo di PCB progettati da voi nel e
lo Shop attraverso cui acquistare il
Creator Kit e altro materiale utile
legato ad Arduino.
Breadboard, è la pagina degli espe-
rimenti del programma in cui
“materialmente” realizziamo l'as-
semblaggio del circuito così come
sarà nella realtà. Il riferimento è
ovviamente arduinesco, nel senso,
che la millefori che vedete rappre-
sentata sullo schermo è quella che
viene fornita nel kit di base della
MCU. Provate a passare col mouse
sui vari forellini della scheda: si
illuminano… Nella prossima pun-
tata vi spiegherò perché 
Schema, è la pagina dello schema
elettrico derivato dal nostro sketch
e rappresentato con simbologia
unificata.
PCB, è la pagina dello schema del
circuito elettronico da salvare for-
mato PDF per la stampa e per le
eventuali copie per sviluppare
stand alone il circuito equivalente
dell’esperimento.
Code, codice in cui programmare
le funzionalità di Arduino con tan-
to di simulazione e correzione di
bug.
Continua
Fig. 7, da sinistra. Il pannello dei Componenti, il pannello Inspector e i vari pulsanti che compaiono sulla barra orizzontale
ARDUINO
1717
1818
I
l disegno tecnico per la pro-
gettazione nell’era digitale ha
ormai assunto una velocita
stratosferica: tantissimi par-
ticolari che prima venivano dise-
gnati minuziosamente, linea per
linea, oggi sono disponibili gratui-
tamente su centinaia di siti sotto
forma di blocchi CAD o di modelli
3D pronti per l’uso. Nonostante
questa agevolazione ogni disegna-
tore deve applicare dei criteri ben
precisi nella scelta del componen-
te unificato più consono al proget-
to su cui sta lavorando, subordi-
nandola ad una serie di parametri
dimensionali e fisici ben precisi
descritti dalle norme relative ad
essi. In questo ciclo di puntate cer-
cheremo di capire come nasce una
norma tecnica stabilendo come
punto di partenza una breve intro-
duzione storica il cui scopo è quel-
lo di far capire che questa esigen-
za unificatrice è strettamente le-
gata alla storia umana ed ai suoi
progressi tecnologici.
Il metamessaggio dei sistemi di
unificazione
Non ho intenzione di spaventare o
impressionare i miei pochi lettori
ricorrendo a termini aulici ma il
sostantivo metamessaggio mi
sembra il più appropriato per de-
scrivere quanto è idealmente as-
sociato ai complessi normativi.
Se ci prendiamo la briga di sfoglia-
re un manuale di storia ci rendia-
mo conto rapidamente che le di-
verse civiltà si sono sviluppate
proprio intorno ad una serie di
regole determinate dalla necessità
di affermare i propri interessi e
valori, non solo in ambito tecnico
o economico, ma anche politico,
religioso e idealistico. Per quel che
ci riguarda, i sistemi di misura
sembrano essere l’esempio più
significativo da cui far partire il
nostro breve discorso sulla storia
delle normative. L’antico Egitto ci
offre con il faraone Menes nel
3900 a.C. un primo esempio di si-
stema di misura unificato. Il farao-
ne sentì forte quest’questa esigen-
za di realizzare un sistema unifi-
cato di misura quando decise di
migliorare la gestione dello stato
centralizzato. Il sistema di misura
unificato avrebbe, infatti, facilitato
il controllo e la riscossione dei
tributi, semplificando anche la
costruzione di quelle grandi opere
che ricordassero la presenza del
sovrano in tutto il regno. Le co-
struzioni di templi, palazzi e pira-
midi esigevano misurazioni di
precisione: dal taglio dei blocchi
di pietra al controllo complessivo
dell’opera. La distanza dal gomito
alla mano del sovrano, chiamata
cubito del faraone, fu adottata co-
me unità di misura campione e
venne scolpita sulle facciate dei
templi; da essa, poi, si ricavavano
delle copie in pietra o legno da
utilizzare in cantiere o dove ce
Come nasce una Norma
Le consultiamo spessissimo e ci risolvono tanti problemi legati alla progettazione e alla realizzazione di tutto
quel che ci circonda, dai palazzi all’abbigliamento. Ma cosa sono le norme e quando sono nate? Partiamo
per un breve viaggio nella storia della normativa tecnica
Metamessaggio, s. m; pl. metamessaggi;
di messaggio interno secondario che
potrebbe essere dedotto o implicito,
racchiuso in un messaggio principale. Ad
es.: “leggere tra le righe”; in pubblicità
“messaggio occulto” o “ subliminale”.
BASI PER IL DISEGNO
I puntata
di Salvio Giglio
1919
n’era necessità. Nell’immaginario
collettivo di quella remota società,
il faraone incarnava una divinità e
il tempio era un’emanazione del
suo potere; per estensione, il cubi-
to rappresentava, quindi, un qual-
cosa da proteggere e venerare con
devozione religiosa. Successiva-
mente, da quell’esordio fortunato,
in molti si resero conto che elabo-
rare un sistema metrico tornava
utile non solo alle attività costrut-
tive ma, in qualche modo, anche
per affermare l’egemonia culturale,
commerciale, economica e politica
di uno stato. In altre parole, un si-
stema metrico andava ben oltre il
supporto mensurale e poteva rap-
presentare quasi una strategia
propagandistica e da qui il meta-
messaggio di cui vi parlavo in
apertura! I Greci, ad esempio, con i
loro notevolissimi progressi in
campo scientifico e culturale riu-
scirono ad influenzare l’intero ba-
cino del Mediterraneo con un codi-
ce di norme tecniche relative alla
composizione architettonica, ba-
sato sull’armonia matematica e su
modelli compositivi di proporzio-
ne, i famosi stili dorico, ionico, co-
rinzio e composito. Successiva-
mente i Romani organizzarono un
sistema di unificazione molto arti-
colato con applicazioni in diversi
ambiti specialmente in campo edi-
lizio. Con Vitruvio, attraverso il
suo trattato De Architectura, codi-
ficarono ulteriormente le regole
della composizione architettonica.
Il linguaggio classico dell’architet-
tura trovava massimo fondamento
nella simmetria, termine greco
indicante la proporzione tra le mi-
sure di ogni elemento costruttivo
basata su precisi rapporti, applica-
ta sia nei singoli particolari dell’e-
dificio che nel complesso dell’ope-
ra. Questi canoni compositivi per
l’architettura rappresentarono per
diversi secoli un complesso di nor-
me tecniche fondamentali nella
redazione dei progetti: dalle anti-
che civiltà greca e romana, pas-
sando per il Rinascimento fino alla
Rivoluzione Industriale dove, ulte-
riormente ricodificata, veniva an-
cora applicata nelle accademie di
beaux arts. Sulla fine del XVIII se-
colo la comparsa del Sistema Me-
trico Decimale, realizzato anch’es-
so sulla base di esigenze scientifi-
che, economiche e politiche, aveva
anche una forte connotazione
idealistica derivante dall’universa-
lità dei valori proposti dalla Rivo-
luzione Francese.
L’evoluzione della normativa:
dall’architettura alle norme tecni-
che industriali
L’abitazione e il tessuto urbano
tutto, con i suoi edifici istituzionali
e privati e le relative infrastruttu-
re, hanno rappresentato, allo stes-
so tempo, esigenza e problematica
primaria dell’uomo. E’ più che na-
turale, quindi, che nel disegno pro-
gettuale architettonico si siano
sviluppate tutta una serie di tecni-
che di rappresentazione, conven-
zioni e stratagemmi grafici molto
prima che in altri ambiti proget-
tuali. Il Rinascimento vede la na-
E LA PROGETTAZIONE
2020
BASI PER IL DISEGNO
scita di queste tecniche innovative
di rappresentazione ausiliaria e
rivaluta profondamente anche la
figura del progettista che ora di-
venta un professionista, lontano
anni luce dal capomastro che diri-
geva il cantiere nel Medioevo.
All’architetto ora la committenza
doveva dare indicazioni ben preci-
se sul lavoro da realizzare; sarebbe
stato successivamente lui ad ela-
borarle e codificarle mettendole in
tavola sul progetto necessario alla
fabbricazione. Un esempio di que-
ste innovazioni per il disegno tec-
nico progettuale sono le prime vi-
ste in sezione con l’indicazione dei
relativi piani di taglio, nate proprio
nel periodo rinascimentale e da
cui, per ridurre le informazioni
superflue, si dedussero poi le viste
parziali, le semiviste e le semise-
zioni, ancora oggi ampiamente
utilizzate nei nostri elaborati CAD.
Per far capire meglio ai costruttori
specifiche informazioni dettaglia-
te i progettisti cominciarono a rea-
lizzare delle tavole di dettaglio
con i particolari ingranditi e ine-
renti ad un determinato aspetto
dell’edificio da realizzare. Sono i
trattati di architettura di quell’epo-
ca che raccolsero, man mano che
nascevano, le novità provenienti
dalle tecniche di rappresentazione
e cominciarono a divulgarle, dan-
dogli valore di norma in virtù
dell’autorevolezza dell’autore. I
limiti delle tecniche di stampa
dell’epoca generarono poi nuove
simbologie mai più abbandonate
dal disegnatore tecnico come ad
esempio i vari tipi di tratteggio
utilizzati per diversificare la cam-
pitura delle sezioni in base al ma-
teriale, oppure lo spessore e il tipo
di linea in base alla funzione geo-
metrica e tecnica che esse doveva-
no esprimere. Il linguaggio della
rappresentazione architettonica
si arricchì delle quote e delle scale
grafiche o metriche che divennero
rapidamente un qualcosa di indi-
spensabile nei disegni di progetto
e/o di rilievo. Come scrivevo qual-
che rigo fa, dal periodo della Rivo-
luzione Francese deriva un siste-
ma metrico innovativo, quello de-
cimale, destinato a diventare una
sorta di copertina di capitolo di
una nuova era anche nel campo
del disegno tecnico che si avviava
ora verso la Rivoluzione Industria-
le e che applicava, con opportune
modifiche, il linguaggio rappre-
sentativo utilizzato per l’architet-
tura alla produzione artigianale e
poi industriale. Il Sistema Metrico
Decimale fu promulgato a mezzo
di una legge statale prima in Fran-
cia e poi in tutta Europa, salvo in
Inghilterra che restava così, orgo-
gliosamente, isolata nelle sue nor-
mative. A metà del IXX secolo l’in-
dustrializzazione e gli scambi
commerciali, sempre più fitti, fe-
cero emergere il problema di unifi-
care le unità di misura a livello
internazionale e così nel 1875 si
riunì a Parigi una Commissione,
composta da 17 Paesi, compresa
l'Italia, che decretò la creazione un
Bureau International des Poids et
Mesures, o BIPM, cioè l’Ufficio In-
ternazionale dei Pesi e delle Misu-
re. Questo organismo scientifico
internazionale permanente, il pri-
mo fondato stabilmente da un in-
sieme di Stati per un obiettivo
d'interesse mondiale, fu ubicato
nel Pavillon de Breteuil a Sèvres,
nel parco di Saint-Cloud, nei din-
torni di Parigi. Sebbene l’istituzio-
ne è situata in Francia essa gode
dello status di extraterritorialità,
come le ambasciate, nomina auto-
nomamente il proprio direttore e
la sua attività è controllata dal Co-
mitato Internazionale dei Pesi e
delle Misure, il CIPM. Il Bureau
riconosce solo l’autorità della Con-
ferenza Generale dei Pesi e delle
Misure, un’organizzazione inter-
nazionale formata dai delegati de-
gli Stati aderenti alla Convenzione
del Metro. Dapiùdiunsecoloneilabo-
ratori dell’Ufficio è stato materialmente
realizzato un vastissimo repertorio di
misure campionate (vi ricordate il metro
in platino iridio studiato in Fisica?) e qui
sono custodite. Altro scopo del BIPM è
quello di garantire l'uniformità e il perfe-
zionamento delle misure fisiche nel
mondo. Nasceva dunque così ufficial-
mente la metrologia, cioè la scienza che
si occupa, a livello internazionale, dello
studio dei procedimenti di misurazione
delle grandezze fisiche, stabilendone i
sistemi di misura e le relative unità in
base a un'opportuna scelta delle gran-
dezzefondamentali, dellecorrispondenti
unitàdimisuraedeirelativicampioni.
Continua
Pianta dell’Abbazia benedettina di San Gallo (Svizzera), 830 d.C., diventato uno standard di comunità monastica ideale
2121
E LA PROGETTAZIONE
Andrea Palladio, Villa Capra detta “La Rotonda” (1550):
semivista e semisezione
Francesco di Giorgio Martini, disegni
Il linguaggio classico degli ordini architettonici
Il Bureau International des Poids et Mesures Campioni di misura conservati presso il BIMP
2222
2323
The Divergent Series: Insurgent
T
he Divergent Series: In-
surgent è un film diretto
da Robert Schwentke,
ambientato in un imma-
ginario futuro post apocalittico. Si
propone come la trasposizione
cinematografica del romanzo In-
surgent del 2012 di Veronica Roth
e sequel di Divergent del 2014. La
saga prevede un terzo romanzo,
Allegiant, la cui trasposizione ci-
nematografica è prevista in due
parti che usciranno rispettiva-
mente nel 2016 e nel 2017. Le ripre-
se, iniziate nel maggio 2014, si
svolgono tra Chicago e Atlanta; il
primo trailer è diffuso il 12 novem-
bre 2014: il 20 marzo 2015 è distri-
buito nelle sale cinematografiche
statunitensi e, anticipato di un
giorno, in quelle italiane. Per chi
non conoscesse la trama del primo
film della saga, consiglio di legger-
la al seguente link di Wikipedia:
http://it.wikipedia.org/wiki/
Divergent_(film). Sin dall'inizio di
Insurgent, è chiaro che gli Intrepi-
di sono divisi a metà: una parte si
affida agli Eruditi, una fazione as-
setata di potere, il cui scopo è con-
quistare il governo di Chicago, la
città in cui vivono; l'altra parte si
allea con gli Abneganti con lo sco-
po di contrastare proprio gli Erudi-
ti. Tris (Shailene Woodley) e Quat-
tro (Theo James), sempre insieme,
viaggiano alla ricerca di alleati e di
risposte. Inseguiti da Jeanine Mat-
thews (Kate Winslet), capo degli
Eruditi, attraversano, tra le rovine
di questa futuristica Chicago, il
quartier generale dei Pacifici, pro-
gettando di riunirsi agli Intrepidi e
superando prove difficilissime. Il
loro scopo è quello di capire come
mai la famiglia di Tris ha sacrifi-
cato la propria vita e, soprattutto,
perchè gli Eruditi vogliono fermar-
li ad ogni costo. Con la morte di
Will (Ben Lloyd-Hughes), che Tris
ha ucciso per legittima difesa alla
fine del primo episodio, la ragazza
non è più in grado di prendere
un'arma in mano e non riesce a far
pace con Christina (Zoe Kravitz):
questo la renderà inquieta e im-
prevedibile mettendo a repenta-
glio la sua stessa vita. Intanto gli
Eruditi creano un nuovo siero per
controllare le menti dei divergenti
di cui scoprono avere un estremo
bisogno. I ribelli, alla fine, trove-
ranno ospitalità presso gli Esclusi
guidati da Emily (Naomi Watts).
Condizionata dalle proprie scelte
ma fermamente decisa a protegge-
re le persone che ama, Tris, al fian-
co di Quattro, affronterà sfide im-
possibili fino a scoprire le verità
sul passato e le immaginabili con-
seguenze sul futuro. La scrittrice
del romanzo, Veronica Roth, ha
avuto già modo di vedere la versio-
ne cinematografica di Insurgent:
anche lei infatti, come molti fan,
era in apprensione per il film, dati
i cambiamenti effettuati rispetto al
di Nunzia Nullo
CINEMA E ANIMAZIONE
2424
CINEMA E ANIMAZIONE
libro. Dopo averlo visto, però, ha
garantito che l'adattamento cine-
matografico di Insurgent è molto
fedele alla sua versione cartacea
ed ha scritto: “Il libro di Insurgent
ha una trama complessa, piena di
momenti commoventi, con alti e
bassi, quel genere di cose che pos-
sono funzionare in un libro, ma se
sono portati direttamente sullo
schermo rendono il film una con-
fusione totale. I cambiamenti sono
stati fatti velocizzando la storia,
per cui sono funzionali a un adat-
tamento cinematografico. In altre
parole: funzionano”. Dunque il re-
gista Robert Schwenke, che ha so-
stituito Neil Burger alla regia del
primo film, non ha abbassato il
livello di qualità della saga, resti-
tuendoci un film ben recitato, di-
vertente ed emozionante che in-
trattiene e coinvolge lo spettatore
portandolo fuori dalla realtà. Non
mancano colpi di scena, sequenze
acrobatiche ed effetti speciali elet-
trizzanti nonostante la prima par-
te del film sia dominata da scene
action prevedibili ma, tuttavia,
funzionali al procedimento del
racconto. Dove, però, il regista ha
davvero centrato il bersaglio è nel
mostrarci cosa avviene nella men-
te di Tris, la lotta con i suoi demo-
ni interiori e la dura sfida con se
stessa; le tecnologie cinematogra-
fiche potenziano, così, il punto for-
te del libro della Roth: esplorare
l'intera psicologia femminile attra-
verso personaggi forti e tanto di-
versi tra loro come, appunto, Tris,
Jeanine e la stessa Emily che sarà
protagonista di un colpo di scena
mozzafiato con cui si chiude il
film. In quanto episodio "di mez-
zo", Insurgent prepara al gran fina-
le che vedremo in Allegiant ri-
schiando di risultare debole per-
chè troppo proiettato verso il futu-
ro. In realtà, oltre agli impressio-
nanti effetti speciali e all'azione, la
storia appare ricca di particolari
situazioni coinvolgenti e curiose,
con una sceneggiatura originale e
piena di sorprese dove il dramma
e il sentimento sono perfettamen-
te armonizzati e dove la storia d'a-
more tra i due protagonisti dona
quel tocco di romanticismo forte
ma non invadente. La fantascien-
za e la realtà virtuale, con annesso
colpo di scena finale, lo rendono
un film intrigante ed originale che
tiene il pubblico incollato allo
schermo. Benchè molto apprezza-
ta l'interpretazione spettacolare di
Shailene Woodley e Theo James,
non sono mancate polemiche da
parte dei fan del libro di Veronica
Roth che hanno accusato il regista
di aver trasformato Insurgent in
un film apocalittico e pieno di ef-
fetti speciali che invece nel libro
non ci sono; questo nonostante il
beneplacito sulla trasposizione
cinematografica da parte della
stessa autrice del libro. Non ci re-
sta allora che aspettare l'uscita del
film per scoprire se davvero risulta
essere all'altezza del libro.
2525
2626
E
ttore Bugatti è una delle
figure più importanti del
mondo automobilistico
del XX secolo; egli riuscì
a combinare concretamente quan-
to aveva assimilato dal ricco patri-
monio artistico della sua famiglia,
con le sue idee tecnologiche inno-
vative, gettando così le basi per un
vero e proprio linguaggio del de-
sign industriale che, ancora oggi,
fa scuola e da cui è scaturito un
marchio inconfondibile. Bugatti
aveva una sua personalissima poe-
tica sulla produzione industriale;
la sua principale esigenza era
quella di produrre automobili che
dovevano essere una sintesi per-
fetta ed armoniosa di tecnologia
ed estetica, immaginando le sue
creazioni come delle opere d'arte
totali. Per certi versi una concezio-
ne che anticipava di qualche de-
cennio la visione artistica dei Fu-
turisti: la macchina come massi-
ma espressione umana. Le sue
idee e i suoi veicoli hanno costitui-
to la base di partenza per la crea-
zione di un marchio automobilisti-
co leggendario e giustamente an-
noverato tra quelli più preziosi al
mondo. Con Ettore Bugatti si può
parlare, senza timore di sbagliare,
di una vera e propria poetica com-
positiva programmatica; la sua
produzione, infatti, si può articola-
re su tre punti fondamentali: Arte,
Forma e Tecnica. Proprio grazie a
questo approccio originalissimo, le
sue automobili erano di molto in
anticipo sui tempi, sia tecnica-
mente che stilisticamente. Altra
valenza etica del suo modo di fare
design era legato alla visione della
creatività, percepita anzitutto co-
me un completamento della perso-
nalità e poi come un potente mez-
zo espressivo, capace di rappre-
sentare pienamente l’autore attra-
verso l’oggetto prodotto anche
quando questo non è un unicum
ma viene replicato in molti esem-
plari. In questa ottica, che accomu-
na tutti i grandi creativi di ogni
periodo storico, il guadagno deri-
vato dalla produzione assume un
ruolo marginale, quasi di
secondo piano. Sono
convinto che sia proprio
questa particolare perce-
zione del ruolo della
creatività a garantire
realmente un’immortali-
tà storica a certi autori,
dal momento che gli
“oggetti” della loro pro-
duzione sono elevati a
vere e proprie “paroles”
 paradigmi universal-
mente riconosciuti. Ecco
perché la figura tutta di
Ettore Bugatti può giu-
stamente essere colloca-
ta tra i caposcuola
dell’automotive dal mo-
mento che i suoi modelli
sono, ancora oggi, non
solo degli oggetti di culto
ambitissimi dai collezio-
nisti del settore ma vere
e proprie sintesi estetiche e tecno-
logiche che incarnano gli ideali di
quel preciso momento storico. In
particolare due di questi veicoli
racchiudono in loro la visione di
Bugatti sulle automobili: la Tipo 57
SC Atlantic e l'indimenticabile Ti-
po 41 Royale che Ettore aveva rea-
lizzato con l’intento di farla diven-
tare la macchina più potente e lus-
suosa dell’epoca. Rende giustizia a
questo personaggio la bella rifles-
sione di Mario Barsali sulla nota
biografica di Bugatti nel Dizionario
Biografico degli Italiani - Volume
15 (1972), in cui afferma: “Il Bugatti,
la cui casa (una villa di gran lusso,
comodità, bellezza e originalità)
confinava con la fabbrica, seguiva
da vicino il lavoro dei reparti, in-
tervenendo con un continuo rap-
porto diretto che escludeva la
spersonalizzazione gerarchica.
Questa atmosfera e organizzazio-
ne, che suggerivano del Bugatti più
un'immagine di ricco signore con
la passione, tra le altre, della mec-
canica, che non l'immagine di un
industriale, era espressione della
sua concezione del lavoro e dell'a-
zienda come grande laboratorio
artigiano. Sicuro di sé, disinteres-
sato, rivolto più al creare che al
produrre, curando l'aspetto esteti-
co e la finitura anche dell'oggetto e
particolare più effimero, il Bugatti,
che non aveva studi di base inge-
gneristici, sviluppava le sue ricer-
che con procedimenti intuitivi,
"sapendo vedere" il problema glo-
DESIGNER
Ettore Bugatti
di Salvio Giglio
Ettore Bugatti in una foto del 1905
2727
R’s STORY
Bugatti Tipo 57 SC Atlantic
Tipo 41 Royale
2828
DESIGNER
balmente ed esprimendolo attra-
verso disegni d'insieme, favorito
da eccezionali immaginazione,
memoria visiva e versatilità. La
creazione di un motore come di un
particolare meccanico fu per lui
più un'operazione appartenente al
campo delle arti applicate che a
quello della tecnica industriale.”.
Ettore Arco Isidoro Bugatti, questo
era il suo nome completo, nacque
a Milano il 15 settembre 1881, se-
condo figlio di Carlo e Teresa Lo-
rioli. Trascorse la sua prima giovi-
nezza tra Italia e Francia grazie
all’attività artistica del padre che
aveva, a Parigi e a Pierrefonds nel
dipartimento dell’Oise, degli studi-
laboratorio, fino al definitivo tra-
sferimento della famiglia. L'am-
biente familiare e le amicizie ad
esso connesse formeranno artisti-
camente ed intellettualmente in
maniera significativa il giovane
Ettore. Il nonno paterno, Giovanni
Luigi, era stato scultore e architet-
to mentre il padre fu uno stimatis-
simo designer di mobili e gioielli
in stile Art Nouveau. Suo fratello
minore Rembrandt fu un impor-
tante scultore. Sua zia Luigia era
la compagna del pittore divisioni-
sta Giovanni Segantini. Casa Bu-
gatti era frequentata da affermati
intellettuali ed artisti dell’epoca: i
compositori Giacomo Puccini e
Ruggero Leoncavallo, l'editore mu-
sicale Giovanni Ricordi, il comme-
diografo e librettista Luigi Illica, il
pittore Antonio Rietti, gli scultori
Ercole Rosa e Pavel P. Trubeckoj.
Come nella maggior parte delle
famiglie, anche i suoi genitori ave-
vano sperato che Ettore seguisse
le orme di suo padre o di suo non-
no ma il giovane Ettore non era
troppo innamorato degli studi di
architettura, pittura e scultura, che
frequentava presso la celeberrima
Accademia di Belle Arti di Brera
in quel di Milano, in cui era segui-
to, tra gli altri, dal maestro Pavel P.
Trubeckoj. Sarà un particolare epi-
sodio a far intraprendere ad Ettore
la strada della meccanica: nel
1898 l'ingegnere Prinetti e l'indu-
striale Stucchi, amici paterni, lo
avevano invitato a fare qualche
giro di prova sul triciclo a motore
realizzato dalla loro ditta. Fu un
amore a prima vista: Bugatti non
solo aveva appreso intuitivamente
il funzionamento del veicolo ma
aveva suggerito anche diverse
modifiche che sorpresero notevol-
mente i suoi creatori. Oggi Ettore
Bugatti sarebbe sicuramente defi-
nito come un nativo meccanico!
Quello stesso anno il diciassetten-
ne Ettore sarà assunto come ap-
prendista dalla Prinetti & Stucchi
e lo stabilimento divenne, in po-
chissimo tempo, il suo laboratorio
personale con il beneplacito dei
suoi proprietari. Nel 1899 Ettore,
per testare sul campo le sue crea-
zioni, tra cui un triciclo a due mo-
tori e un quadriciclo, partecipò
come pilota a numerose gare mo-
toristiche ottenendo anche diver-
se affermazioni. Sempre nello
stesso anno, Bugatti costruiva la
sua prima autovettura, di piccole
Carlo Bugatti Carlo Bugatti, scrivania liberty
2929
R’s STORY
Rembrant Bugatti Giovanni Segantini
Lo stabilimento della Ricordi
Giacomo Puccini Ruggero Leoncavallo
3030
DESIGNER
dimensioni, con due motori ante-
riori e due posteriori, per la quale
la ditta Pirelli fabbricò i suoi primi
pneumatici. Sul finire dell’estate
di quell’anno, in seguito a dei con-
trasti sorti con la Prinetti & Stuc-
chi sulla realizzazione di un nuo-
vo prototipo, Ettore passa con i
fratelli Gulinelli a Ferrara e all’ini-
zio del 1901 presenta la sua vettura
che riceve il Gran Premio della
mostra e una medaglia speciale
offerta dall'Automobile Club di
Francia all'Esposizione Interna-
zionale di Allevamento e Sport di
Milano. La vettura di Bugatti su-
scitò l'interesse della casa auto-
mobilistica De Dietrich di Nieder-
bronn (Strasburgo), che acquistò i
diritti di produzione, impegnando
Bugatti, dal 1902, ad elaborare va-
rie versioni che avrebbero portato
i nomi De Dietrich-Bugatti. Ettore
non aveva ancora raggiunto la
maggiore età, che all’epoca era di
21 anni, per cui il contratto di set-
te anni fu firmato dal padre. Nel
1904 la De Dietrich si ritirava dal
settore automobilistico, svincolan-
do così Ettore che in quello stesso
anno entrò in società con l'im-
prenditore E. Mathis a Strasburgo.
Il 1907 è un anno cruciale nella
vita di Ettore Bugatti. A febbraio
sposa Maria Giuseppina Barbara
Mascherpa, dalla quale poi avrà
quattro figli (due maschi e due
femmine). A settembre, sciolta la
società con Mathis si trasferisce a
Colonia assunto dalla Deutz Ga-
smotorenfabrik, una fabbrica di
motori per autoveicoli, con le
mansioni di direttore del settore
fabbricazione ove lavorerà per due
anni. Tra il dicembre del 1909 ed i
primi mesi del 1910, Bugatti chiede
un finanziamento alla Darmstadt
Bank di Strasburgo per realizzare
l’idea di aprire uno stabilimento
automobilistico tutto suo; così
affitta a Molsheim gli edifici vuoti
di una ex fabbrica per la tinteggia-
tura di tessuti e qui fonda e da vita
al suo sogno con appena venti
operai. In un solo anno il numero
di operai era aumentato di ben
quarantacinque unità, con una
produzione annuale di 75 telai,
senza carrozzeria né accessori
salvo un contagiri (prezzo di ven-
dita: 7.000 marchi). Nel 1913 la pro-
duzione annua salì a 175 châssis.
Nel 1914 erano occupati 200 ope-
rai, con una produzione di 27
châssis mensili. Sarà lo scoppio
della prima guerra mondiale ad
interrompere brutalmente tutto. Il
2 agosto del 1914, primo giorno
della mobilitazione tedesca, Bu-
gatti e famiglia abbandonano Mol-
sheim facendo tappa a Stoccarda
ed infine a Friedrichshafen, da
dove, grazie ad un salvacondotto
dell’amico conte Zeppelin, rag-
giungono Milano. I timori di Ettore
erano legati alle sue origini italia-
ne e alla sua vicinanza alla cultura
francese che potevano insospetti-
re non poco i militari della coali-
zione germanica, nonostante la
sua proficua presenza e attività
pluriennale in territorio tedesco.
Fece una sortita a Molsheim nel
settembre 1914, precedendo la re-
quisizione dello stabilimento, riu-
scendo a nascondere sottoterra tre
prototipi di motori da corsa deri-
vati dal "modello 13" su cui stava
lavorando. Nel novembre dello
stesso anno si spostò in Francia e,
nel maggio del 1915, con la discesa
dell'Italia nel teatro bellico, fu ar-
ruolato presso la Section techni-
que de l'Aéronatique militaire e
dislocato vicino Chalais a Meudon.
In questo periodo progetterà due
motori per aerei da combattimen-
to. Nel novembre 1918, terminate
le ostilità, Bugatti rientra a Mol-
sheim, ormai riannessa con l'Alsa-
zia alla Francia. Trovò l'officina
completamente distrutta e, dopo
un primo momento di smarrimen-
to, riuscì a riaprirla già nel gen-
naio 1919. Era un momento diffici-
le per Ettore perché, nonostante il
suo apporto ingegneristico per il
conflitto, il governo francese ri-
fiutava di indennizzargli i danni di
guerra, essendo un cittadino ita-
liano; il governo italiano, dal canto
suo, glielo rifiutava perché tutti i
suoi beni erano all'estero! Si tirava
avanti con la vendita di brevetti e
di licenze per la fabbricazione di
motori realizzati da altri produtto-
ri, come l’italiana Diatto, l’inglese
Crossley e la tedesca Rabag. Il te-
nace designer, nonostante le diffi-
coltà economiche, trionfa a Le
Mans nel 1920 e partecipa al Sa-
lon de l'Automobile del 1921 che
rappresenta un vero giro di boa; da
quel momento in poi è un conti-
nuo crescendo di progetti, compe-
tizioni sportive, successi e fortu-
nate realizzazioni automobilisti-
che, fatto di coppe, vittorie e belle
auto amate dal pubblico e dalla
critica. In quel periodo si avvia la
produzione di automobili icona
che la gente associa subito al pre-
stigioso marchio: vetture da com-
petizione, sportive e da gran turi-
smo con un elevatissimo livello di
finitura, difficilmente riscontrabi-
le in qualsiasi altro produttore
dell’epoca. Furono anche gli anni
del maggior numero di vittorie
sportive: 468 nel 1925, 577 nel 1926,
806 nel 1927. La Targa Florio era
all’epoca la prova più estrema a
cui poteva essere sottoposta
un’automobile che doveva rispon-
dere positivamente in termini di
resistenza, elasticità e manegge-
volezza; la Bugatti la vinse per
quattro anni consecutivi, dal 1925
al 1929. Dalle scuderie Bugatti
uscirono i più bei nomi della storia
dell’automobilismo: R. Benoist, L.
Charavel (Sabipa), J. Chassagne, L.
Chiron, B. Costantini, i fratelli P. e
F. de Vizcaya, A. Divo, R. Dreyfus,
Ph. Étancelin, E. Friderich, C. Ma-
setti, E. Materassi, T. Nuvolari, A.
Varzi, W. Williams, P. Wimille. Le
competizioni sportive erano per
Bugatti degli stress test a cui sot-
toporre le vetture per eliminare
difetti ed affinare la produzione ed
anche un modo efficacissimo di
3131
R’s STORY
Il triciclo a motore di Bugatti per la Prinetti & Stucchi
Il motore della Bugatti Tipo 57
Una reclame della Prinetti &Stucchi De Dietrich Bugatti Tourer
3232
DESIGNER
fare pubblicità alla propria azien-
da. I cataloghi Bugatti erano veri e
propri portfolio in cui elencare
caratteristiche tecniche e podi
conquistati. La produzione di serie
derivava direttamente dalle auto
da competizione adottando le
stesse soluzioni e materiali ma
con motorizzazioni meno spinte.
Questo meraviglioso decennio sta-
va per concludersi e all’orizzonte
si configuravano già i prodromi di
un nuovo conflitto bellico. Il primo
e duro colpo lo inferse la grande
crisi mondiale del 1928 che co-
minciò a far declinare, gradual-
mente ed inesorabilmente, l’era
dell’artigianato di lusso per fare
spazio alla nuova produzione se-
riale di bassa qualità e dal costo
contenuto. Il lettore non dimenti-
chi poi che quegli anni erano vio-
lentemente animati dalla lotta di
classe alimentata dagli ideali del
massimalismo rivoluzionario di
Sorel e dalla visione sociale di K.
Marx che confluivano nelle conce-
zioni più estremistiche ed ideolo-
gizzate del socialismo prima e del
comunismo poi, per dirompere,
infine, nel nazional socialismo e
nel fascismo e in cui non c’era più
spazio per quella originalissima
concezione che Bugatti aveva del
fare industria. Nel 1936 l’amata
fabbrica fu occupata in seguito ad
uno sciopero; la cosa fu vissuta
come un vero oltraggio da Bugatti
che restò addolorato e, sorpreso, si
ritirò dalla direzione. Fu il figlio
Jean, con impegno e abilità, a
prendere in mano la situazione
per tre anni fino alla sua tragica e
prematura scomparsa nell’agosto
del 1939 in un incidente stradale,
durante il collaudo di un modello.
Jean aveva portato via con se
un’intera epoca e i sogni migliori
di Ettore; infatti, pochi mesi dopo
la sua morte scoppiò la seconda
guerra mondiale e questa volta fu
veramente la fine del glorioso sta-
bilimento. Tutto cominciò nel set-
tembre del 1939 con lo spostamen-
to della produzione da Molsheim,
che essendo zona di confine era
molto esposta, a Bordeaux. Fu un
rimedio inutile perché nel luglio
1940 la regione di Bordeaux fu in-
vasa dalle truppe tedesche. Nel
frattempo l'industriale tedesco
Trippel, produttore di veicoli mili-
tari anfibi, ottenne prima la ge-
stione dello stabilimento di Mol-
sheim, in seguito al sequestro sca-
turito dal rifiuto di Ettore di ritor-
nare in Alsazia, e poi i magazzini
ed i macchinari di Bordeaux, ritra-
sferiti ad ottobre a Molsheim
dall'autorità tedesca. L’improvvisa
interruzione produttiva legata alla
guerra aveva anche creato un
grosso scoperto bancario presso la
Banca Rurale di Strasburgo ed al-
cuni fornitori intrapresero un’a-
zione legale contro Bugatti che si
risolse con la vendita all'asta, nel
dicembre del 1941, della sua azien-
da pagata 150 milioni di franchi a
fronte di un valore stimato di 334
milioni. Al danno si aggiunse an-
che il fango delle accuse di colla-
borazionismo per aver ricevuto
danaro dai tedeschi e così la fab-
brica fu confiscata dal governo
francese. Per lo stato francese, la
Bugatti era considerata una indu-
stria nazionale che non poteva
quindi essere venduta alla Germa-
nia. Fortunatamente Ettore prese
la cittadinanza italiana nel 1946
cosa che lo escludeva, così, da di-
ritti a indennità. Dopo molti nego-
ziati, sostenendo il motivo della
vendita forzata, Bugatti finì col
citare la Administration des do-
maines ma perse la causa nel no-
vembre 1946 al tribunale di Saver-
ne. Bugatti ricorse subito in appel-
lo che vinse l’11 giugno 1947 pres-
so la corte di Colmar. Una malattia
palesò fisicamente le tante prove
a cui Ettore era stato sottoposto
negli ultimi anni e ne causò la
morte il 21 agosto del 1947 a Neuil-
ly-sur-Seine nei pressi di Parigi.
Lo stabilimento realizzato da Bu-
gatti rispecchiava concretamente
quanto Ettore aveva assimilato in
gioventù in seno alla sua grande
famiglia. Era lontano anni luce
dalla visione di uomo/automa del
Taylor o dalla organizzazione in-
dustriale di Henry Ford, sapiente-
mente parodiata da Chaplin nel
celebre cortometraggio “Tempi
moderni”, in cui la produzione se-
riale e automatizzata riesce a tra-
sformare la qualità in un sottopro-
dotto della quantità. In Bugatti vi-
vevano gli alti ideali dell’Art No-
veau e il suo stabilimento rappre-
sentava una delle massime appli-
cazioni di quella tendenza creati-
va. In quello stabilimento nasceva
il concetto stesso di industrial de-
sign applicato all’artigianato di
alta qualità, vera connotazione del
Vecchio Continente ed eredità,
tutta italiana, di Ettore. Più che di
una fabbrica, nonostante il livello
organizzativo raggiunto, ci si tro-
vava dinanzi ad una grande botte-
ga artigiana in cui regnavano puli-
zia, ordine, decoro e buon gusto
capaci di rendere quel complesso
di produzione, con i suoi quasi
millecinquecento dipendenti nei
momenti migliori, un qualcosa di
unico ed irripetibile. Più che ope-
rai da catena di montaggio, co-
stretti a ripetere infinitamente la
stessa operazione, Bugatti voleva
uomini attenti e partecipi al pro-
cesso produttivo; ecco quindi la
cura estrema nella selezione e for-
mazione del personale, proprio
come accadeva nelle antiche cor-
porazioni artigiane, da cui si esi-
geva la massima scrupolosità nel-
la realizzazione di qualsiasi lavo-
ro. Tutto ciò si tramutava in pro-
dotti eccezionali per il grado di
precisione e rifinitura raggiunti.
L’autonomia produttiva era un al-
tro ingrediente dello stabilimento
Bugatti, ancora una volta come
accadeva nelle migliori botteghe
artigiane del Rinascimento italia-
no. Esso, infatti, era in grado di
produrre non solo tutti i pezzi del-
3333
R’s STORY
Stabilimento Bugatti a Molsheim, Alsazia (esterno ed interno)
3434
DESIGNER
le autovetture ma possedeva delle
capacissime attrezzerie da cui
uscivano utensilerie e macchinari
necessari alle varie fasi di lavora-
zione.
E’ impossibile descrivere con
completezza in queste poche pagi-
ne tutto l’ingegnoso lavoro di Etto-
re Bugatti, anche se sarebbe vera-
mente molto bello riuscire a farlo
con un libro: i suoi 950 brevetti lo
rendono un personaggio enorme e
un protagonista della storia della
tecnica dei primi decenni del XX
secolo. Ho cercato, quindi, di ripor-
tare qui, dalla sua straordinaria e
copiosa produzione, quei pezzi più
pregiati che sono stati riconosciu-
ti tali anzitutto dal pubblico dell’e-
poca più che dalla critica. Per gli
approfondimenti rimando gli ap-
passionati a visitare lo splendido
sito della Bugatti: http://
www.bugatti.com/fr/tradition/les-
modeles-bugatti.html
1899 con Prinetti & Stucchi, moto-
re a 4 cilindri a valvole in testa,
3.000 cm3 di cilindrata, 90 mm di
alesaggio per 120 di corsa, raffred-
damento a circolazione d'acqua,
accensione sia a bruciatori sia a
batteria con bobine o candele, tra-
smissione a catena, 4 marce ante-
riori e retromarcia, 60 km/h di ve-
locità, kg 650 di peso.
1902 - 1903 con De Dietrich, Bugat-
ti doveva costruire tre serie di vei-
coli: da 10 CV, da 15 e da corsa, die-
tro compenso di 50.000 franchi,
più le somme di 400, 500 e 2.000
franchi per ogni vettura venduta.
Fra le serie realizzate va ricordata
quella del 1902, molto bassa, a 4
cilindri, 5.300 cm3 di cilindrata,
alesaggio di mm 114 e corsa di mm
130, 50 CV di potenza, preparata
per la corsa Parigi-Madrid e pro-
dotta poi in diverse varianti, e
quella del 1903, alesaggio e corsa
130 per 140, 7.500 cm3 di cilindra-
ta.
1904 con E. Mathis, "modello
Hermès": 4 cilindri e 8 valvole, al-
bero a camme in testa, 140 per 160,
9.000 cm3, 60 e 90 CV, sviluppato
presso la Société alsacienne de
constructions mécaniques di Graf-
fenstaden.
1907- 1909 con Deutz Gasmotoren-
fabrik prototipo monoblocco a 4
cilindri, albero a camme in testa,
150 per 150, 10.000 cm3, 50 e 60 CV;
prototipo 4 cilindri e 8 valvole, al-
bero a camme in testa, 95 per 120,
3.200 cm3, 13 e 25 CV, trasmissio-
ne cardanica. Progetto in proprio:
prototipo ultraleggero peso kg 300,
4 cilindri e 8 valvole, 62 per 100,
1.100 cm3, km/h 80 che fu la base
del "modello 13".
Periodo iniziale della sua fabbrica
1910, prime cinque vetture
"modello 13" monoblocco a 4 ci-
lindri e 8 valvole, albero a cam-
me in testa, 65 per 100, 1.400 cm3,
circa km/h 100, quattro sospen-
sioni semiellittiche a balestre
multiple e sottili.
1911, modello superleggero due e
quattro posti, 55 per 90, 855 cm3,
10 CV, km/h 80 che fu acquistato
nel novembre e prodotto dalla
casa Peugeot di Beaulieu sul
Doubs: era la famosa "Bébé Peu-
geot", nel 1914 arrivata già a 3.000
esemplari.
1912, vettura da competizione, co-
struita in tre o quattro esemplari,
4 cilindri, 100 per 160, albero a
camme in testa, due valvole
d'immissione e una terza molto
grande di scarico per cilindro
(soluzione applicata sulle 8 cilin-
dri e infine generalizzata), nuovo
sistema di comando delle valvo-
le, 5.000 cm3, km/h 160. Il model-
lo "Garros" dal nome dell'aviatore
che ne acquistò un esemplare.
1914, modello per Indianapolis (4
cilindri, 100 per 180, 5.650 cm3,
km/h 180) derivato dal "Garros";
nuovo tipo di sospensione poste-
riore; messa in produzione del
"modello 22"; preparazione delle
elaborazioni a 16 valvole del
"modello 13".
Periodo bellico, motori aereo: il
primo a 8 cilindri in linea, 120
per 160, 14.500 cm3 250 CV) fu
messo in produzione nel 1916-17
dalle ditte Diatto e Delaunay; il
secondo 16 cilindri affiancati, 120
per 160, 29.000 cm3 400 e 500 CV,
doppio albero motore, demolti-
plicatore, messo in produzione
dalla Peugeot per conto del go-
verno francese e dalla Duesen-
berg di Elisabeth nel New Jersey
per conto del governo americano
(40 esemplari; 2.000 commissio-
nati al momento dell'armistizio).
Da questo secondo modello deri-
varono diversi motori per aerei, a
cilindri affiancati o contrapposti,
tra cui il Bréguet francese.
Periodo post bellico
1919, sulla base dei tre motori da
corsa elaborati nel 1914 a 16 val-
vole, ritrovati in buono stato, ini-
ziava la produzione del nuovo
"modello 22", del "modello 23" e
del "modello 13 Brescia", tutti a 16
valvole. Le vittorie nel Grand
Prix di Le Mans (1920) e nel Gran
Premio di Brescia (1921) confer-
mavano la bontà dei motori.
1921, Salon de l'Automobile,
“modello 28" (8 cilindri e 24 val-
vole, 70 per 100, 3.000 cm3), da
cui prese avvio l'anno dopo il
noto "modello 30" (60 per 88,
2.000 cm3).
1924, nuova autovettura a 8 cilin-
dri "modello 35": 8 cilindri e 24
valvole, 60 per 88, 2.000 cm3, al-
bero motore su rulli, assale ante-
riore curvo e cavo, ponte poste-
riore a scatola, ruote in lega leg-
gera con incorporati i tamburi
dei freni, peso intorno a 660 kg. Il
motore rimase a lungo in produ-
zione nei tipi competizione,
sport e turismo, in diverse va-
rianti e su diversi modelli. Fu
dotato di compressore nel 1926 e,
nello stesso anno, vinse tra l'al-
tro la Targa Florio, i Grandi Pre-
mi di Roma, d'Alsazia, di Francia,
di Spagna, d'Europa, di Boulogne,
d'Italia, di Milano e i campionati
del mondo e dei paesi latini. Mo-
3535
R’s STORY
Tipo 13 ,22, 23, 1914 e poi dal 1919 al '26 (foto Bugatti) Tipo 16 Bebè, 1912/'14 (foto Bugatti)
Tipo 5, 1903 (foto Bugatti)Tipo 2, 1900 (foto Bugatti)
Tipo 13 ,14, 15, 17, 1910 - 1920 (foto Bugatti)Tipo 10, 1909 (foto Bugatti)
Tipo 18, 1908, 1912 sino al '14 (foto Bugatti) Tipo 28, 1920/'21 (foto Bugatti)
3636
DESIGNER
tore d'aereo "modello 34", che
avrà anche altri impieghi, di resa
e robustezza eccezionali: 16 ci-
lindri in doppia linea, 2 alberi
motore, 125 per 130, 25.000 cm3.
1925, il "modello 37" (4 cilindri, 69
per 100, 1.500 cm3, con e senza
compressore, km/h 170 e 150),
uscito in versione turismo l'anno
seguente ("modello 40") e, anco-
ra, nel 1930 ma con alesaggio au-
mentato;
1926, "modello 39" (8 cilindri, 1.500
cm3, con varianti nella corsa e
alesaggio);
1927, "modello 43", vettura sportiva
a due e quattro posti di grande
successo (8 cilindri, 60 per 100, 2-
300 cm3, km/h 170-175); "modello
41", la famosa autovettura
"Royale", fuori catalogo, prodotta
in soli sei esemplari più il proto-
tipo, prezzo di 500.000 franchi
senza carrozzeria, garanzia a
vita, di eccezionale silenziosità,
elasticità e potenza (in seconda
accelerava da 5 a 150 km/h), che
utilizzava il blocco del motore
"modello 34" (8 cilindri, 125 per
1130, e 125 per 150, 12.800 cm3 e
14.750 cm3, più di 300 CV, 3 ton-
nellate di peso, km/h 200).
1928, "modello 45", vettura sportiva
a due posti 16 cilindri in doppia
linea, 60 per 84, 3.800 cm3, dop-
pio albero motore e doppio com-
pressore, km/h 200, riproposto
l'anno seguente con corsa e ci-
lindrata diminuite ("modello
47").
1930, "modello 50" 8 cilindri, 86 per
107, 4.900 cm3, doppio albero a
camme, compressore, km/h 175,
e 160 nella versione turismo, ri-
preso nel 1931 col "modello
53" (vettura a 4 ruote motrici,
km/h 200) e nel 1932 col
"modello 54" che conquistava
l'anno seguente il record mon-
diale dell'ora con km/h 216;
"modello 51" che riprendeva il
"modello 35" introducendo il
doppio albero a camme e 8 val-
vole a 90º.
1931, locomozione ferroviaria, rea-
lizzazione di un'automotrice,
completata nel 1933. Il prototipo
svolse regolare servizio quotidia-
no, per tutto il 1933, sul percorso
Parigi-Deauville-Cabourg e ritor-
no. Aveva 107 posti (84 seduti, 23
in piedi), pesava 22 tonnellate e
mezzo, era lungo m. 22, raggiun-
geva i 100 km/h in 1' 43'', frenava
a 105km/h in m 275, era mosso
da due motori derivati dal
"modello 34"(che equipaggiava
anche la "Royale") per 400 CV e
km/h 150. Nelle prove raggiunse i
171km/h e l'automotrice si attri-
buì poi il record di 196km/h. Tra
le innovazioni, oltre ai sedili re-
versibili nei due sensi di marcia
e dispositivi di aggancio dei va-
goni, adottava ruote elastiche
(cerchione in acciaio gommato) e
doppio carrello a 4 assi (di cui
due di guida) che assicuravano
una perfetta stabilità laterale e
una tenuta eccezionale: nessun
asse poteva deragliare anche per
un salto di binario di cm 50. Il
successo assicurò a Bugatti, fino
al 1937, la produzione di 80 auto-
motrici, in diversi tipi (leggera a
due motori; "Présidentiel" a quat-
tro motori; a uno, due e tre ele-
menti).
1934, “modello 57", 8 cilindri, 72
per 100, 3.800 cm3 doppio albero
a camme. Classe turismo: châs-
sis franchi 73.000; berlina
113.000, coupé 115.000; classe
sport: châssis 100.000, coupé
140.000 e 150.000; classe compe-
tizione: châssis 120.000.
Tipo 29, 1922 (foto Bugatti) Tipo 32, 1923 (foto Bugatti)
3737
R’s STORY
Tipo 55, 1932/‘34 (foto Bugatti) Tipo 57, 57S 1934/‘39 (foto Bugatti)
Tipo 40, 1926/’30 (foto Bugatti) Tipo 41, Royale 1926/’33 (foto Bugatti)
Tipo 50, 1931/‘33 (foto Bugatti)Tipo 46, 1929/‘33 (foto Bugatti)
Tipo 64, 1939 (foto Bugatti) Tipo 68, 1945/‘46 (foto Bugatti)
3838
3939
INTERVISTA
Robson Jacobsen
Community vuol dire anzitutto condivisione e Robson ha percepito pienamente questo spirito che sottende da due
anni la nostra ARS! Ha cominciato da poco tempo a pubblicare degli splendidi tutorial in lingua portoghese dal Ca-
nale YouTube ha cui ha dato semplicemente il suo nome. Nonostante il gap linguistico le indicazioni sono chiarissi-
me e i video sono di elevata qualità, aspetti che nel loro insieme mi hanno convinto ad inserire questo canale tra le
risorse della Comm. e a chiedere a questo nuovo amico un’intervista per conoscerlo meglio.
C
iao Robson, presentati ai
nostri lettori
Sono Robson Jacobsen,
ho 37 anni e sono sposa-
to con la mia cara Patricia da cui
ho avuto 2 figli, Joni e David. Sono
brasiliano ma da undici anni risie-
do in Spagna, sull'isola di Gran
Canaria. Ho iniziato a lavorare nel
1995 a San Paolo, in Brasile, con la
decorazione d'interni, tre anni do-
po mi trasferì a Bahia, dove ho vis-
suto fino al 2003, e dove ho lavora-
to come interior designer per una
società che si occupava a di con-
trosoffittature in cartongesso ed
oggetti decorativi. In questa azien-
da sono stato circa cinque anni e
poi ho deciso di mettermi in pro-
prio ed ho avviato la mia piccola
impresa di progettazione ed alle-
stimento di controsoffittature con
cinque dipendenti. Solo nel 2000
mi sono avvicinato al CAD, quando
ho incontrato un architetto che mi
ha insegnato a fare progettazioni
al computer che prima facevo con
tecnica tradizionale. Mi sono ap-
passionato all'informatica e gra-
dualmente ho imparato ad utiliz-
zare AutoCAD. Nel 2003 ho chiuso
l'attività e mi sono trasferito in
Portogallo per lavoro. Un anno do-
po sono passato in Spagna ove vi-
vo con la mia famiglia. Sono un
amante dell’informatica, infatti sto
studiando per la laurea in inge-
gneria informatica, anche se mi
hanno sempre affascinato l’archi-
tettura e l’interior design. La musi-
ca è un’altra delle mie passioni: mi
piace suonare il pianoforte e crea-
re musica.
A quanti anni hai cominciato a
disegnare? Quando hai scoperto il
disegno tecnico?
Ho iniziato a disegnare quando
avevo circa 13 anni e, sinceramen-
te, mi è sempre piaciuto: all’inizio
disegnavo automobili e parti mec-
caniche, ma è stato solo quando ho
iniziato a lavorare che ho scoperto
la progettazione: gli architetti por-
tavano i loro elaborati ed io ero
l'unica azienda che li sapeva inter-
pretare. Mi sono appassionato al
disegno architettonico proprio da
quelle planimetrie che ridisegnavo
in maniera semplificata e così,
gradualmente, ho imparato.
Ricordi ancora il primo disegno
tecnico che hai fatto?
In ditta dovevamo apportare alcu-
ne modifiche in un progetto e l'ar-
chitetto che aveva redatto le tavo-
le era in viaggio… il mio capo mi
chiese se ero in grado di fare quei
cambiamenti, risposi che ci avrei
provato. E’ stato allora che ho fatto
il mio primo elaborato 2D vero e
manualmente. Naturalmente non
si tratta va di nulla di estrema-
mente complesso: era solo un’uni-
ca semplice planimetria anche se
per me fu un’esperienza molto pia-
cevole. Successivamente, di tanto
in tanto, mi esercitavo facendo
prima dei piccoli progetti, che non
richiedevano la presenza di un
architetto, e poi ho continuato a
realizzare tantissimi i progetti di
decorazione d'interni.
Quando hai scoperto il mondo
dell'informatica?
E 'stato nel 1998. Avevo bisogno di
di Salvio Giglio
4040
INTER
fare una presentazione e un amico
di San Paolo mi ha insegnato a
usare il programma PowerPoint,
per me è stato come fare un viag-
gio in un altro mondo! Da quel
giorno non ho mai più lasciato
l’informatica. Oggi sto utilizzando
GNU Linux e Windows, ma è un
gran peccato che non ci sono mol-
te opzioni per progettare con Li-
nux come per altri sistemi operati-
vi.
Qual è stato il primo programma
CAD che hai imparato a usare?
Il primo programma che ho usato
è stato ArCon, con cui ho realizza-
to molti progettazioni a Bahia.
Successivamente ho iniziato ad
usare AutoCAD che, anche se mi
sembrava troppo complicato all'i-
nizio, a poco a poco ho imparato a
dominare.
Quando hai scoperto SketchUp?
Utilizzi molto questo software?
Ho conosciuto Sketchup nel 2003,
attraverso una ricerca online. Ho
scaricato la versione di prova e ho
iniziato a testarlo. All'inizio sem-
brava solo un programma per di-
lettanti, ma rapidamente mi sono
reso conto che aveva un grande
potenziale. Ho scaricato il manua-
le e la versione Pro di Sketchup ed
ho imparato a usarlo. Oggi è il mio
software preferito perché faccio il
90% del mio lavoro con esso.
Quali sono i vantaggi di SketchUp
rispetto altri programmi concor-
renti?
4141
RVISTA
Beh, Sketchup amplia continua-
mente la propria gamma di plug-
in che consentono la modellazione
di quasi tutti gli elementi, offrendo
così qualcosa di più che un sem-
plice strumento per la creazione di
disegni. Uno dei vantaggi di Sket-
chup, ad esempio, e che viene uti-
lizzato per pubblicare modelli su
Google Maps, con gli edifici in 3D
disegni layer possono essere visti
da tutti gli utenti di tutto il mondo
fino a quando il caso di un edificio
reale modellato. E 'molto facile da
gestire e ha un sacco di plugin di-
sponibili che facilita il processo di
modellazione.
Utilizzi altri programmi di model-
lazione 3D? Se si, quali?
Per alcuni lavori uso AutoCAD e
per altri uso il Blender. Non ho una
grande dimestichezza con Blen-
der, lo trovo un software spettaco-
lare ma veramente poco tempo per
immergermi in esso come mi pia-
cerebbe fare. Uno dei miei obietti-
vi imparare a gestire completa-
mente Blender: offre molti vantag-
gi rispetto agli altri ed uno di que-
stui è che è software libero.
Qual è il programma di rendering
che preferisci di più e perché?
Sinora ho imparato ad utilizzare
tre motori di renderizzazione: V-
Ray, Kerkythea e Blender. Il mio
preferito è V-Ray, non perché sia il
migliore dei tre, ma perché mi
identifico meglio con esso. Io sono
del parere che la bontà di un moto-
re di rendering dipenda anzitutto
dalla sua facilità di gestione. Ho
visto tantissimi rendering di mo-
delli con diversi tipi di materiali e
tutti di ottima qualità; se le impo-
stazioni sono gestite correttamen-
te la produzione da sempre ottimi
risultati. Per quel che riguarda V-
Ray ti dico che oltre ad essere un
software molto popolare, ha un
enorme quantità di letteratura e
tutorial dedicati ad esso e che i
tempi per i rendering statici sono
sempre accettabili.
Quando hai scoperto YouTube e
Google Plus? Ti piace questa rete
Sociale?
Nel 2007 ho iniziato ad usare You-
Tube per guardare documentari e
caricare alcuni video personali
che sono ancora lì nel mio canale.
Ma fu solo nel 2012 che, in realtà,
ho dato maggiore attenzione ai
canali; da poco ho iniziato a mi-
gliorare i video che carico, cercan-
do di offrire qualcosa che serva da
supporto per chi vuole avventurar-
si nel mondo del design. Google
Plus l’ho conosciuto quando stavo
trattando un affare online ed ave-
vo bisogno di fare una video con-
ferenza. Con i Social Network sono
un principiante assoluto anche se
mi sono reso conto che è una bella
opportunità per presentare il mio
lavoro.
Se dovessi dare un consiglio ad un
giovane disegnatore tecnico alle
prime armi, cosa gli diresti?
Di armarsi di molta pazienza per-
ché, in un primo momento, i suoi
modelli non avranno molta qualità
e sarà sicuramente criticato. Avrà
bisogno di spendere molto del suo
tempo libero per imparare ad usa-
re e testare diversi programmi di
progettazione. Il consiglio più im-
portante è quello di intraprendere
questa strada soprattutto per pas-
sione più che per fare soldi: il de-
naro verrà con il tempo! Un buon
apprendista disegnatore deve ave-
re tantissima passione per que-
st’arte, deve essere un sognatore
ma senza perdere mai di vista la
realtà e deve avere tantissima for-
za di volontà per combattere senza
sosta.
Sei mai stato in Italia? Cosa ne
pensi, francamente, del nostro
paese?
Non sono mai stato in Italia, ma è
sulla mia lista dei posti che voglio
conoscere in un futuro non troppo
lontano. Ho molti amici italiani e
anche degli amici non italiani che
però vivono in Italia. Ci sono molti
luoghi in Italia che voglio visitare
come, ad esempio, Roma e Vene-
zia. Ci sono così tante cose che mi
piacciono dell'Italia che è quasi
impossibile elencarle tutte qui. Mi
piace la lingua, la cucina, il gelato,
l'architettura, la musica, ecc ....
Incontrare l'Italia è un sogno anco-
ra da realizzare.
Come vedi l'Unione Europea: ti
piace, cambieresti qualcosa o va
bene così com'è?
Ciò che più mi piace della UE è la
libertà di transito per persone e
prodotti. Io sono tra coloro che
credono che il mondo non dovreb-
be avere confini.
I tuoi sogni e progetti per il futu-
ro...
Finire la Facoltà d'ingegneria in-
formatica ed impiegare quanto ho
appreso in tecnologia per combi-
narlo con l'architettura. Voglio es-
sere uno sviluppatore di software
specializzato per l'architettura e,
nel tempo libero, continuare a
creare i miei progetti. Spero di
viaggiare molto e godermi i frutti
del mio lavoro.
4242
4343
INTERVISTA
Matteo Rubboli
E’ uno dei personaggi più famosi di Google Plus… Con il suo splendido Vanilla Magazine ci ha fatto e ci fa girare il
mondo, mettendoci costantemente, e gratuitamente, al corrente sulle ultimissime novità del design, dell’arte, della
tecnologia, indagando su misteri e storia. Matteo da sempre mi appare un cittadino del mondo pieno di curiosità per
tutto ciò che di bello e prezioso l’uomo riesce a creare, un grande divulgatore e uno tra i pochi utenti di Google Plus
che offre senza secondi fini le sue tantissime conoscenze... Insomma, un personaggio pieno di fascino e simpati-
cissimo che avevo voglia d'intervistare già da parecchio tempo e che oggi cerco di “riassumere” per voi in queste
poche righe sperando gli rendano giustizia :)
P
artiamo subito con una
bella auto presentazione
per i nostri lettori: chi è
Matteo Rubboli?
Parto con un saluto a tutti i lettori
di CADZINE, e soprattutto a Salvio
Giglio, che è un esempio di cordia-
lità e persona squisita rara nel
mondo del web. Matteo Rubboli è
un papà di 32 anni che ha fatto di
internet e del mondo dei blog una
passione e una professione.
Dal tuo strepitosissimo sito, Vanil-
la Magazine, ogni giorno escono
fuori cose veramente molto belle e
fonte di sicura ispirazione per chi
ti segue. Quando e come è nata la
tua creatura?
Vanilla Magazine nasce nel 2011,
nel momento in cui ho capito che
esprimersi online mi avrebbe dato
la possibilità di affrontare un per-
corso di maturazione personale
che in altro modo non sarei riusci-
to a intraprendere. Il viaggio af-
frontato per arrivare al sito com’è
oggi è stato lungo e
(fortunatamente) complesso, e mi
ha dato modo di entrare in contat-
to con tantissime persone appas-
sionate dei tanti (troppi?) argo-
menti di cui parla il sito.
Si percepisce quasi immediata-
mente che dietro Vanilla c'è un
attento osservatore della vita, de-
clinata nelle sue essenze più belle
ed elevate: arte, forma e tecnolo-
gia. Hai seguito tu stesso un per-
corso di studi specifico per rag-
giungere questi risultati?
A livello personale la mia forma-
zione è molto poco ortodossa (per
uno scrittore) avendo fatto il liceo
scientifico e avendo cominciato
(senza finire) l’università sbaglia-
ta. Le poche nozioni che ho appre-
so le devo principalmente al mon-
do di internet e ai tantissimi libri
letti in gioventù, ma soprattutto
alla continua voglia di conoscere e
sperimentare. Il mondo del lavoro
poi mi ha messo di fronte alla ne-
cessità di padroneggiare diversi
argomenti con proprietà di lin-
guaggio e conoscenza tecnica,
quindi per me la voglia di cono-
scere è stata legata anche ad una
necessità molto più pragmatica
come la competitività professiona-
le.
Sei un personaggio cosmopolita e
da tanti tuoi post si capisce che
ami molto l'area mediterranea in
particolar modo la Grecia.... Hai
qualche legame particolare con
quella terra?
La Grecia è la mia seconda patria,
in cui passo molto tempo in fun-
zione delle stagioni. Ho avuto la
fortuna di conoscere una donna
di Salvio Giglio
4444
INTER
fantastica con cui condivido la
mia vita personale che è greca al
100%, insieme e grazie alla quale
ho trovato un equilibrio fra lavoro
e vita personale che, vivendo solo
in Italia, non ero mai riuscito a
raggiungere. Diciamo che più che
un legame è proprio un amore di-
chiarato nei confronti dell’Ellade.
L'architettura è un tema ricorrente
di Vanilla, che raccoglie ed offre
tantissimi articoli su realizzazioni
progettuali molto particolari...
Quali sono i tuoi architetti con-
temporanei preferiti?
L’architettura è stato un argomen-
to complesso con il quale confron-
tarsi, e deriva principalmente dai
miei trascorsi lavorativi nel cam-
po dell’edilizia. In verità lo scopo
principale delle pubblicazioni di
Vanilla Magazine è quello di mo-
strare la tecnologia e il pensiero
dietro la costruzione di edifici per
l’uomo, e quindi la rubrica vuole
essere una risorsa alla quale ispi-
rarsi per un futuro sostenibile
piuttosto che un esercizio estetico.
Per quanto riguarda gli architetti
sarebbe facile citare Oscar Nie-
meyer, Renzo Piano o Zaha Hadid,
ma in verità non ci sono architetti
che preferisco rispetto agli altri
proprio perché, molto spesso, alcu-
ne delle idee maggiormente inno-
vative vengono da studi di persone
magari semi sconosciute, ma che
rispondono, con le loro capacità
progettuali, a specifiche esigenze
di ecosostenibilità.
WEB e divulgazione culturale, un
meraviglioso binomio che sembra
aver trovato in Google un patron di
tutto rispetto. Parlaci della tua
esperienza di questi ultimi anni in
rete.
Questa è una domanda che potreb-
be aprire un trattato di lunghezza
biblica. Cercando di essere conci-
so e non annoiare i lettori, credo
che la rete sia l’invenzione più de-
mocratica mai realizzata, e che
ponga di fronte alle persone la
possibilità di accedere alla cultura
nel modo più semplice che la sto-
ria dell’uomo abbia mai conosciu-
to. Google è fortunatamente un’a-
zienda attenta al progresso nel
senso “vero” della parola, ma rima-
ne pur sempre un’azienda, che
quindi deve fare profitto. Facebook
e Google si dividono in parti
(quasi) uguali il mondo del web, e
sono diventati due asset come
possono essere il petrolio o il gas
naturale. Penso che i governi e il
legislatore dovrebbero garantire la
giustizia nell’utilizzo e nella pub-
blicazione delle informazioni
(pensiamo al materiale pedopor-
nografico, al bullismo in rete etc) e
molto si sta facendo (e si è fatto) in
questo senso. Il web ha solo 20 an-
ni, quindi è impensabile che abbia
dei regolamenti evoluti come ad
esempio quelli che, in paesi civili,
regolano la libertà di stampa. En-
tro qualche decennio assisteremo
alla regolamentazione dell’utilizzo
del web, e noi utenti abbiamo il
compito e la responsabilità di ga-
rantire alle generazioni successive
la stessa libertà con cui noi oggi ci
muoviamo in rete.
Italia, potenzialità e negligenze del
nostro Paese in ambito artistico e
culturale. Dal tuo particolarissimo
osservatorio che futuro vedi?
Vivendo Italia e Grecia posso dire
che conosco bene il "lato oscuro"
dei beni culturali a livello statale.
Purtroppo non so come sia il futu-
ro, ma so che il presente potrebbe
essere decisamente più florido.
Per fare un esempio, l’anno scorso
sono stato al museo dell’Arte Mo-
derna di Singapore, il quale ospita-
va, in molte sale, banchi e sedie di
scuola che avevo "scaldato" quan-
do ero alle elementari e medie. Il
patrimonio di cui disponiamo è
immenso, e dalle nazioni più ric-
che vengono a prenderci addirittu-
ra banchi e sedie che noi conside-
riamo di una banalità imbarazzan-
te. Siamo sicuri che facciamo il
giusto per promuovere la nostra
Italia?
Crisi, crisi, crisi... ma a parer tuo il
peggio è passato e cosa ci dobbia-
mo aspettare in futuro dal pac-
chetto Europa?
Penso che il mondo abbia cono-
sciuto uno spostamento deciso
della ricchezza, accelerato dalla
scellerata crisi dei mutui subpri-
me. L’Europa, anche se non ne è
stata causa diretta, ha risentito nel
modo più profondo la crisi, che era
però assolutamente inevitabile. Lo
spostamento della produzione in-
dustriale dai paesi europei a quelli
asiatici e BRICS era solo questione
di tempo, e lo stesso atteggiamen-
to delle persone nei confronti dei
prodotti nazionali ha velocizzato il
passaggio di mani nella produzio-
ne di beni. Penso che più che
“crisi” si debba pensare ad un nuo-
vo status quo, che è stato chiama-
to “crisi" solo perché si è presenta-
to in tempi rapidissimi, 3 o 4 anni.
Il futuro sarà la conversione da
un’Italia industriale, quella che
abbiamo conosciuto fino al 2008,
all’Italia dei servizi in stile inglese.
Grande parte del compito spetterà
al governo, che durante l’era Berlu-
sconi non è riuscito a proteggere il
nostro paese dai rapidi venti eco-
nomici mondiali. Il governo attua-
le e quelli futuri saranno in grado
di svolgere questo compito? L’Eu-
ropa inoltre deve riuscire a garan-
tire regole uguali per gli stati
membri, che concernano tassazio-
ne, investimenti e stato sociale. E’
impensabile che in Irlanda si pa-
ghino il 2% di tasse e in Italia il
47%, quale investitore porterebbe
mai i propri capitali nella nostra
nazione, avendo il vantaggio di
incassare egualmente in Euro?
Google Plus ieri, oggi e domani
secondo Matteo Rubboli
Google Plus è stato lo strumento
per Google per connettere tutti i
4545
RVISTA
propri servizi. Troppo spesso addi-
tato come concorrente diretto di
Facebook, Plus è un network che
assolve perfettamente agli scopi
dell’azienda che lo ha realizzato,
ovvero tracciare i comportamenti
sul web degli utenti (tasto +1) e
dargli un profilo di login utilizza-
bile in tutti i propri servizi. Doma-
ni potrà diventare magari più po-
polato (comunque già oggi ha più
di 1 miliardo di iscritti) ma soprat-
tutto Google punterà sull’intera-
zione con gli utenti, ancora troppo
bassa.
Tra i vari fenomeni virali che ani-
mano la rete quale è quello che più
ti ha colpito, convinto e divertito?
Mi trovo tutti i giorni a valutare e a
vedere con i miei occhi molti con-
tenuti che diventano virali che
ormai mi impressiono difficilmen-
te. Se devo ricordarne uno scelgo
sicuramente #coglioneNO di Zero,
una serie di video che pone l’at-
tenzione sulla valutazione econo-
mica dei lavori degli esperti della
rete e dei new-media. Penso siano
interessanti non tanto perché mo-
strino un problema reale, ma per-
ché pongono l’attenzione su un
aspetto che troppo spesso i giova-
ni non tengono in considerazione:
la capacità di fare business. Se si
realizza un progetto, un lavoro o
un semplice scritto e non si sa ri-
chiedere il compenso ritenuto
congruo è meglio non intrapren-
dere la carriera creativa. Lavorare
come freelance significa svolgere
quattro compiti: trovare il cliente,
capire il progetto, realizzarlo e ve-
nire pagati. Se non si è ferrati in
anche solo uno di questi quattro
aspetti è meglio cercare lavoro
dipendente, in proprio difficilmen-
te si avrà successo.
Se dovessi creare tu stesso un So-
cial come lo struttureresti?
Beh ritengo che Google Plus sia
quasi il social perfetto, che con
alcune integrazioni da Facebook
potrebbe diventare ancora più av-
vincente (sopratutto il meccani-
smo dei mi piace e delle condivi-
sioni, ancora superiore nel social
di Zuckerberg).
Il personaggio più singolare che
hai conosciuto su G+ e con cui hai
un sentito rapporto di amicizia.
Mi sento in dovere di fare due cita-
zioni. In primo luogo Salvio Giglio
(non a caso il fondatore di CADZI-
NE), eccezionale utente di G+ che
mi ha sempre dimostrato affetto e
spronato nel continuare a condivi-
dere e realizzare contenuti inte-
ressanti. In secondo luogo (ma non
per importanza) la moderatrice
con cui collaboro sulla community
di Foto Passione, Nives Mazzarro,
senza la quale quella che oggi è la
community italiana più grande di
Google Plus non sarebbe mai di-
ventata quel fantastico luogo di
condivisione e discussione che è
oggi. Aver raggiunto il traguardo
dei 100.000 iscritti per primi in
Italia è stata una soddisfazione
eccezionale, che abbiamo ottenuto
grazie ad un perfetto lavoro di
squadra, aiutati dall’educazione e
dalla passione di tutti i nostri
utenti.
Fai un elenco ragionato delle cin-
que recenti invenzioni più belle
che, a tuo parere, sono destinate a
cambiare letteralmente le nostre
abitudini quotidiane.
1. Lo smartwatch. All’inizio ne ero
un implacabile critico, ma nel
tempo mi sono convinto che
diventerà un dispositivo che
permetterà di dimenticare por-
tafogli, chiavi dell’automobile,
smartphone e, almeno in parte,
computer.
2. L’implementazione delle fonti di
energia rinnovabile nelle nostre
case e l’architettura ecososteni-
bile.
3. La ricerca medica associata ai
nostri device, in grado di fornire
ai ricercatori una base di dati
enorme sulla quale sviluppare
nuove cure.
4. La digitalizzazione del sapere
umano, che consentirà a chiun-
que di accedere all’enorme ban-
ca dati di scritti ancora purtrop-
po pubblicati solo su carta.
5. Le auto a “pilota automatico”.
Colgo l’occasione per salutare il
mio amico Salvio Giglio e la sua
fantastica compagna Nunzia Nul-
lo, che rendono il web un posto in
cui apprendere e condividere le
proprie esperienze per tentare di
creare un futuro migliore condivi-
so da tutti.
4646
4747
LIBRI
Q
uando hai scoperto Sket-
chUp?
Ho scoperto SketchUp
all'inizio di questo nuovo
secolo. Come molti, ho pensato
che fosse un "piccolo" software
non-professionale. Il primo pro-
getto che ho realizzato completa-
mente con SketchUp è stato un
edificio residenziale, nel
2004/2005. Mi ha letteralmente
contagiato! Mi piace giocare e di-
segnare con esso come su di un
album da disegno.
Come valuti questo programma di
modellazione 3D rispetto ai suoi
concorrenti diretti? In altre parole:
cosa ha più e cosa gli manca anco-
ra rispetto ad altri software?
SketchUp è semplice ... ma non
facile! Per me, la modellazione in
SketchUp è un piacere: mi sembra
quasi di impugnare una penna!
SketchUp ha risolto un'equazione:
mouse = penna! Sì, questo è una
delle più grandi differenze rispetto
agli altri software. Un altro punto a
favore è per la filosofia: “ll 3D per
tutti!”. Credo che oggi sia molto
importante promuovere la model-
lazione 3D come nuova forma di
linguaggio. Mi piacerebbe solo che
SketchUp fosse più orientato alla
BIM, anche se so già che ciò è pos-
sibile con l'aggiunta di alcuni plu-
gin come quelli sviluppati da
PlusSpec e Dale Martens.
Ho letto nel tuo profilo che sei un
architetto e un docente... quanto
SketchUp ha semplificato il tuo
lavoro?
SketchUp semplificato il mio lavo-
ro in molte aree. Ora sono in grado
di presentare in modo rapido e ac-
curato sia i volumi che layout di
un progetto. L'impatto è estrema-
mente efficace sui clienti: vedono i
loro sogni diventare realtà! E’ per
questo che possiamo considerare
SketchUp anche come un fantasti-
co software di marketing. Sket-
chUp ha letteralmente cambiato la
mia vita perché, proprio grazie a
questa passione, sono diventato
un docente e un autore. Nella mia
attività da formatore ho scoperto
che due cose determinano l’entu-
siasmo dei miei studenti del corso
di SketchUp facendogli esclamare
un bel “WOW!”. La prima è l’abbi-
namento di immagini fotografiche
ad un modello, una delle funziona-
lità più pratiche di SketchUp, di-
sponibile anche nella versione
free. Per me è sempre una grande
soddisfazione presentare questa
simpatica funzionalità durante
una lezione del corso di SketchUp.
Mi rendo subito conto che la clas-
se intuisce perfettamente che que-
sta caratteristica di SketchUp può
cambiare molto la loro vita profes-
sionale. La seconda funzionalità è
quella delle operazioni sui compo-
nenti, una “magia” di sicuro effetto
sulla classe e mi piace quando ac-
cade questo.
In Italia, digitalmente arretrata
rispetto agli altri Paesi UE, i pro-
fessionisti sono ancora legati solo
ai programmi blasonati ... come è
la situazione in Francia?
Anche in Francia, i professionisti
utilizzano prevalentemente Auto-
CAD e ArchiCAD. Ma a poco a po-
co, ho la sensazione che la voglia
di lavorare con SketchUp è in cre-
scita. Faccio questa affermazione
perchè ho visto personalmente
degli ingegneri lasciarsi sedurre
dalle potenzialità di SketchUp per
aumentare la loro produttività.
Stampa 3D e architettura: quali
sono le sue implementazioni in
questa disciplina?
il modello in legno o in cartone
di Salvio Giglio
L’impression 3D
avec SketchUp
Intervista
con l’autore
J. L. Clauss
4848
oggi sono stati sostituiti da soft-
ware di modellazione 3D. A mio
parere, la stampa 3D riporterà in
auge la produzione di modelli reali
in scala. Questo, come spero, po-
trebbe anche essere un’opportuni-
tà per creare nuovi posti di lavoro
in architettura. Per gli architetti la
stampa 3D e la realtà aumentata,
che è il passo successivo, sono un
modo innovativo e convincente
per presentare i modelli delle loro
creazioni.
Quali sono le tue esperienze con la
stampa 3D? Hai una stampante del
genere?
Il mio lavoro è quello di aiutare le
persone a parlare in 3D, ecco per-
ché sto fornendo dei servizi di mo-
dellazione e prototipazione 3D. Se
vogliono imparare come produrre
qualcosa da soli, scelgono uno dei
miei corsi di formazione per la
stampa 3D. Se non hanno tempo,
gestisco io tutto il processo di mo-
dellazione e stampa per trasfor-
mare il loro progetto in realtà. Pos-
siedo una stampante UP desktop
3D printer. Sono membro del Fab
Lab locale qui a Strasburgo e a vol-
te ci vado per la stampa. E 'anche
un luogo ideale per condividere le
conoscenze e migliorare le mia
capacità di relazionarmi con gli
altri. Mi piace anche utilizzare i
servizi di stampa 3D online come
Sculpteo.
Come è nato il tuo libro
"Impression 3D avec SketchUp"?
Potresti riassumere per i nostri
lettori i punti salienti in cui il tuo
lavoro è organizzato?
Questo libro è nato da un'idea del
mio editore Editions ENI, con cui
avevo già pubblicato quattro libri.
Quando quindi mi è stato proposto
di scrivere un testo sulla la stampa
3D con SketchUp, ho accettato su-
bito. Il libro è organizzato in 3 par-
ti: nella prima ho descritto breve-
mente la storia e le tecniche di
stampa 3D. Nella seconda parte
fornisco al lettore una serie di in-
formazioni relative all’ottimizza-
zione dei modelli preliminare alla
fase di stampa come, ad esempio,
imparare a modellare corretta-
mente per la stampa 3D, quali sono
i plugin da utilizzare, ecc. Nella
terza ed ultima parte ho descritto,
passo per passo, il processo di mo-
dellazione attraverso circa una
decina di esempi: il modello di ca-
sa, la decorazione dell’oggetto, ecc.
Perché pensi che sia importante
conoscere la stampa 3D di oggi?
E 'importante sapere di stampa 3D,
perché sono sicuro che essa cam-
bierà il mondo. Nessuno può dire
esattamente come ma l'importan-
te è esserne consapevoli. Sono cer-
to che in futuro la stampa 3D sarà
un qualcosa di estremamente na-
turale e familiare come con un te-
lefono cellulare o la navigazione
su internet. per i professionisti,
inoltre, vedo in essa una grande
opportunità per promuovere il loro
lavoro.
Quanto è importante la stampa 3D
nella scuola e per i giovani?
Ci stiamo spostando in un mondo
nuovo e questo è solo l'inizio. I gio-
vani devono essere preparati. Essi
sono responsabili del nostro futu-
ro. Avranno nuovi strumenti nelle
LIB
CADZINE n° 3, marzo 2015, ANNO II
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CADZINE n° 3, marzo 2015, ANNO II

  • 1. Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 MARZO 2015 Anno II Numero 3 edizione gratuita /12 Fritzing Un ECAD fatto su misura per Arduino che si utilizza come un blocco da disegno. Facilissimo da imparare anche per gli absolute beginners /18 Come nasce una norma Per lavoro siamo costretti a consultarle continuamente e subiscono puntualmente aggiornamenti… e guai a non conoscerli. Ma come nasce una norma tecnica? /23 Cinema & Animazione The Divergent Series: Insurgent è un film diretto da Robert Sch- wentke, ambientato in un immagi- nario futuro post apocalittico.
  • 2. 22 La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per data di fondazione e numero di iscritti  BIM  CAD  CAD MEP  FEM  Linguaggi CAD  Modellatori 3D  Modellatori organici  Post produzione  Prog. edile  Altro software  Progettazione  Portfolios  A.N.T. Automotive  Stampa 3D  Concorsi  Curiosità
  • 3. 33 INDIPENDENTEMENTE DA CIÒ CHE CREI, NON È IMPORTANTE CHE TU DI- PINGA O SCOLPISCA, OPPURE CHE TU FACCIA IL GIARDINIERE, IL CAL- ZOLAIO O IL FALEGNAME. E' IMPOR- TANTE CHE TI CHIEDA: “STO RIVER- SANDO TUTTA LA MIA ANIMA IN CIÒ CHE CREO?”. OSHO RAJNEESH (MISTICO INDIANO) da: www.associazionecreativita.org LA METTO IN CORNICE
  • 4. 44 Diario di bordo HOME Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo, Simone Piccioni, Daniele Pinna, Gianmarco Rogo Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo In un’appendice delle NEWS un articolo di A. Buccella sull’Abruzzo e i rischi idro- geologici che minacciano il suo territorio. La rubrica su ARDUINO, a partire da questo numero, si occuperà di un EDA realizzato esclusiva- mente per Arduino: Fritzing. La recente storia delle nor- mative tecniche sarà il nuovo argomento della rubrica BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA- ZIONE. N. Nullo ci presenta per la rubrica CINEMA E ANI- MAZIONE il film “The Divergent Series: Insurgent”. La DESIGNER’S STORY di questo mese riguarda un personaggio straordinario: Ettore Bugatti il papà dell’auto- motive. La rubrica INTERVISTA ha due ospiti questo mese: Robson Jacobsen e Matteo Rubboli. L’an- golo dedicato ai LIBRI ospita un testo francese sulla stampa 3D. N. Amalfitano parla del Laudario di Cortona nella rubrica MUSICA. I distanziometri ad onde saranno il tema della rubrica NEW HARD- WARE FOR CAD. Il CORSO DI ORIEN- TAMENTO ALLA BIM si occupa delle procedute sullo scambio di dati. Per il CORSO DI BASE DI SKET- CHUP analizza il comando OFF- SET. F. Pieri nella rubrica dedica- ta a LE BASI DI QGIS parla della rappresentazione della Terra ed i relativi Sistemi di Riferimento. Chiude l’edizione un tutorial di A. Buccella sulla realizzazione di filmati di presentazione per mo- delli 3D realizzati con SketchUp. disegnatore [di-se-gna-tó-re] s.m. (f. -trice) Chi disegna; chi, per lavoro o per passion rubriche corsi & tutorialsPAG. 63 CORSO DI ORIENTAMENTO ALLA BIM di Salvio Giglio “Lo scambio di dati ed informazioni per il modello BIM”, VIII PUNTATA PAG. 66 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il comando Offset”, X PUNTATA PAG. 71 LE BASI DI “La rappresentazi stemi di Riferime III PUNTATA PAG. 76 TUTORIAL: SKETCHUP di Anto “Come elaborare u I PARTE eventuali & vari PAG. 78 UMORISMO PAG. 79 GIOCHI PAG. 07 NEWS - in primo piano di Antonello Buccella “Sta franando l’A- bruzzo più bello e prezioso” PAG. 08 NEWS PAG. 11 EDITORIALE di Salvio Giglio “Artigianato e PMI: una straordinaria risorsa tutta italiana” PAG. 12 ARDUINO di Salvio Giglio “L’EDA delle meraviglie: Fritzing”, I PUNTATA PAG. 18 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET- TAZIONE di Salvio Giglio “Come nasce una norma”, I PUNTATA PAG. 23 CINEMA E ANIMAZIONE di Nunzia Nullo “The Divergent Series: Insurgent” PAG. 26 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Ettore Bugatti” PAG. 39 INTERVISTA di Salvio Giglio “Robson Jacobsen” PAG. 43 INTERVISTA di Salvio Giglio “Matteo Rubboli” PAG. 47 LIBRI di Salvio Giglio “L’impression 3D avec SketchUp” PAG. 51 MUSICA di Nicola Amalfitano “Lauda: Laudario di Cortona” PAG. 55 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal- vio Giglio “I distanziometri ad onde”, II PUNTATA
  • 5. 55 E PAGE Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket- chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”. La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre- senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della redazione. Per contattarci Vuoi segnalarci un argomento? Vuoi suggerirci delle modifiche? Vuoi segnalarci degli errori? Vuoi pubblicare un tuo articolo? Scrivi una mail a: redazionecadzine@gmail.com Vuoi saperne di più su questo progetto? CADZINE è solo uno dei progetti crossmediali in corso legati alla nostra Community… Visita il nostro sito cadzine.jimdo.com e, se ti garba, collabora con noi mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono- scenze. Sarai il benvenuto! Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette) E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-) Pensandoci bene La buona scuola... non sarà mai quella che piace agli industriali ed ai potenti, ma quella che sa far innamorare di sé i ragazzi! La vera scuola è come una bella storia d’amore: ti prende per mano e ti porta via con sé per esplorare le tue passioni ne, esegue disegni tecnici o artistici sI QGIS di Fabrizio Pieri ione della Terra ed i Si- ento”, : ELABORAZIONE VIDEO CON onello Buccella un Video con SketchUp”, ie
  • 6. 66
  • 7. 77 L etto appena uscito: a pro- posito del monumentale Castello di Roccascalegna di cui vi parlerò più in- nanzi nel tutorial… Le notizie però non sono affatto buone, come pur- troppo potrete leggere voi stessi nell’articolo di Gianfranco Colaci- to, che riporto qui integralmente, pubblicato il 23 marzo scorso sul sito: www.inabruzzo.com Roccascalegna (CH) – Il sindaco Do- menico Giangiordano, foto, senza paro- loni e senza inutili frasari in politichese, parla chiaro in tv: “Per rifare una strada o una casa non ci vuole molto, bastano i soldi. Per rifare una chiesa del ’200 che eravamo riusciti a salvare, il discorso diventa diverso”. Il cuore roccioso di uno dei paesi più spettacolari e insoliti dell’Abruzzo, abbarbicato ad una roccia che svetta nel paesaggio, Roccascalegna, sta cedendo alle frane. Minacciata la chiesa del ’200, minacciato anche il ca- stello perché la roccia si frantuma e vie- ne a valle, evidentemente come mai era accaduto nella storia. I consolidamenti, i sostegni validi non ci sono mai stati, forse non ce n’è mai stato bisogno, oggi diventano urgenti. Ma i sindaci non han- no soldi per le emergenze. Le istituzioni, del resto, sono all’assedio: in Abruzzo le frane sono almeno 50, alcune gravi e vaste. Le emergenze non si contano più: da Fraine isolata a Civitella del Tronto (altre dieci famiglie evacuate). problemi più o meno gravi in decine di paesi e frazioni, come Ripe di Civitella dove sta cedendo un’intera montagna. pwer non dimenticare Civitella Casanova, Villa Celiera, Vasto, e l’elenco continua lun- ghissimo. L’Abruzzo, colpito ancora dalle piogge delle ultime ore, si sta sbriciolando ovun- que, cede, si avvalla, si frattura, crepa e slitta a valle. Case, contrade, paesi interi sono a rischio. E nel disastro, comincia- no a mostrarsi malfermi anche monu- menti e luoghi di straordinaria e unica bellezza, come Roccascalegna, che forse pochi abruzzesi conoscono, ma figura su libri e riviste straniere. Vale sempre, e oggi ancora di più, il vecchio, un po’ acido ma verissimo detto degli inglesi negli anni Sessanta: “Affrettiamoci a vedere l’Italia, prima che gli italiani la distruggano”. Preveggenza? di Antonello Buccella Sta franando l’Abruzzo più bello e prezioso Una foto della antica chiesa annessa al castello Il sindaco di Roccascalegna Domenico Giangiordano NEWS - in Primo Piano
  • 8. 88 NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa Sorge in zona sotto tutela ambientale il rifugio firmato da Architetti Mair & Dorf- mann , a monte della cabi- novia Boè a 2.190 metri d’al- tezza, in Alta Badia. Gli alti standard di risparmio ener- getico, l'impiego di materiali naturali, come il legno e e la pietra dolomitica, la forma bassa che ripara dal vento e la vetrata di 34 metri con vista panoramica, sono gli ingredienti che rendono il rifugio Piz Boè un'importan- te novità in fatto di architet- tura in quota. La posizione esposta, che sembra quasi 'sottomettersi' alla monta- gna, e la forma bassa sono espressione del rispetto per il paesaggio circostante. I volumi esistenti della sta- zione funivia ed il padiglio- ne che ospita il nuovo risto- rante formano un cortile con terrazza a riparo dal vento e dalle diverse viste verso la vetta. Legna naturale, pietra naturale grezza e vetro defi- niscono sia gli spazi esterni che interni. Gli spazi interni del nuovo padiglione com- prendono un Ristorante Gourmet con 40 posti a se- dere, un self service da 160 posti a sedere ed un Lounge Bar con al centro un cami- netto a legna per gli inter- valli di relax tra una sciata e l’altra. Valentina Ieva da archiportale.com Alle Fiere di Parma si è tenuta dal 26 al 28 marzo la MECSPE, la fiera per l’indu- stria manifatturiera che si pone come obiettivo la rea- lizzazione di un punto d’incontro tra tecnologie per produrre e filiere indu- striali. Sono stati allestiti 9 Saloni tematici che hanno offerto ai visitatori una pa- noramica completa su ma- teriali, macchine e lavora- zioni che pone al centro dell’attenzione la produzio- ne di beni di eccellenza l’implementando il concet- to di ideazione di un manu- fatto sino ad arrivare alla sua realizzazione. MECSPE sarà anche l’occasione per approfondire i concetti di Dynamic Efficiency e Dy- namic Precision, le innova- tive funzioni di controllo TNC per lavorazioni alta- mente precise ed efficienti. In questa branca altamente innovativa molti espositori tra cui HEIDENHAIN che presenta alcuni modelli di testatura su macchine a CNC. Sabato per i materiali innovativi si è parlato di grafene, il rivoluzionario foglio di carbonio spesso un singolo, atomo quindi estremamente leggero, cento volte più forte e cin- que volte più elastico dell’acciaio e ottimo con- duttore di elettricità. In questo contesto è stato pre- sentato anche il libro “Grafene, proprietà e appli- cazioni” di Edward L. Wolf, di estremo interesse per gli studenti delle facoltà di Fisica e Scienza dei mate- riali, progettisti, produttori e chiunque operi nei vari livelli nel settore dell’indu- stria manifatturiera. Tra le tantissime iniziative svol- tesi in Fiera segnaliamo anche la seconda edizione della Fabbrica Digitale, ol- tre l’automazione. Questo è un progetto di integrazione digitale di tutti i sistemi e sottosistemi che compon- gono una moderna fabbri- ca, per rendere più efficien- ti i processi, sia dal punto di vista della riduzione del- le tempistiche e dei costi, sia da quello della scelta del miglior partner indu- striale, senza limiti fisici o territoriali. S. G. Astro Teller, il creatore dei Google Glass, afferma “Abbiamo preso una decisio- ne giusta e una meno. La prima è stata realizzare il programma Explorer. La seconda, cioè quella che abbiamo svolto decisamente meno bene, è che abbiamo consentito, e spesso inco- raggiato, che si creasse trop- pa attenzione intorno al pro- gramma". Tradotto: ciò che mezzo mondo dava come un prodotto pressoché ultimato era in realtà ancora un pro- totipo pieno di bug. La forza- tura pubblicitaria ha ama- reggiato quanti li attendeva- no a breve tempo nei negozi. Il passaggio dei Google Glass dal laboratorio X a un'altra divisione di Big G, avvenuto appena un paio di mesi fa, non è in fondo da leggere del tutto come una battuta d'arresto ma anzi, al contrario, secondo molti osservatori sottolinea la volontà di partire dal lavoro pionieristico di Teller e della sua squadra per dare al gad- get indossabile una forma definitiva. Da la repubblica.it Alle Fiere di Parma la MECSPE Il rifugio Piz Boè: l'ultima novità dell'architettura in alta quota Google Glass: il perché di un flop
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  • 11. 1111 EDITORIALE S o di ripetermi su questo argomento ma è più forte di me! Se il nostro Paese investisse di più sull’arti- gianato, specialmente su quello tecnologico, si rimetterebbero ra- pidamente in moto la macchina del PIL e quella dell’occupazione. Non è una roba da visionari signo- ri cari! Questa preziosa risorsa rappresenta la migliore espressio- ne dell’ingegnosità italica, una connotazione quasi genetica di un popolo a cui sta stretto il lavoro subordinato e ripetitivo e che da sempre predilige il lavoro autono- mo e creativo. In questo numero, come avrete visto dalla copertina, parleremo di Ettore Bugatti, una figura imprenditoriale enorme che fece dell’artigianato hi-tech del suo tempo un vero e proprio caval- lo di battaglia vincente! Su questa portante si sono mossi altri desi- gner illustri di cui la grande Gae Aulenti ha rappresentato nel do- poguerra una delle più significati- ve interpreti. Bisognerebbe lascia- re la produzione seriale a quei Paesi formicaio, come la Cina e gli USA, privilegiando nel Vecchio Continente lo sviluppo dell’artigia- nato di lusso che da sempre ha contraddistinto soprattutto il no- stro Paese. Sia chiaro che con que- ste affermazioni non intendo asso- lutamente svalorizzare il ruolo della grande industria nazionale, ma semplicemente affiancarle un secondo “propulsore” capace di servirsi della sua produzione per nobilitarla ed eternizzarla in rea- lizzazioni che, se non qui, trovano acquirenti entusiasti e benestanti in mezzo mondo. liberare le PMI dai cosiddetti lacci e lacciuoli bu- rocratici, abbassando anzitutto la tassazione sul costo del lavoro che nonostante il Job Act resta tra i più alti di Europa, incentiverebbe proprio le moderne botteghe arti- giane, le start up, a selezionare, formare ed assumere nuovo perso- nale, e, non per un breve periodo di tempo, ma permanentemente. Senza far nomi, un giovane amico della Community, laureando in ingegneria, mi parlava pochi gior- ni fa con molto entusiasmo di un suo progetto venduto ad un’azien- da… Un piccolo seme significati- vissimo che, se curato e seguito con le dovute cure, potrebbe espri- mere in futuro grandi potenzialità sul piano imprenditoriale con rica- dute felici anche su quello occupa- zionale. Mi piacerebbe chiedere di persona a chi ha il mano il timone di questo settore, che se ne sta li al sicuro a Roma, se ha mai sentito parlare delle Corporazioni artigia- ne, del Made in Italy e di quanto questa eterogenea e gioiosa mac- china da lavoro abbia rappresenta- to e ancora rappresenti per l’Italia. Non passa mese che l’osservatorio nazionale di riferimento, la CGIA di Mestre, non lanci preoccupanti grida d’allarme da questo prezioso comparto produttivo… grida che, purtroppo, se continueranno ad essere ignorati, somiglieranno sempre di più prima a dei flebili lamenti fino a che non si sentirà più nulla… Se solo la governace pensasse meno alle campagne elettorali, alle dispute con la Magi- stratura e alla bella vita e tentasse di rivalorizzare quanto c’è di buo- no nel nostro Paese, e non è poco, avrebbe offerto una chance con- creta per buona parte dell’esercito di disoccupati che riempie le liste di collocamento e questo senza dover barattare il futuro di queste persone con una prospettiva di licenziamento. di Salvio Giglio Artigianato e PMI : una straordinaria risor- sa tutta italiana
  • 12. 1212 ARDU C on l’acronimo EDA, da Electronic Design Auto- mation, si fa riferimento alla famiglia di software dedicati alla progettazione e pro- duzione di sistemi elettronici: dai circuiti stampati a quelli integrati. Anche Arduino ha un suo EDA specializzato: Fritzing. Questo pro- getto è stato avviato nel mese di agosto 2007 nel Interaction Design Lab presso l'Università di Scienze Applicate di Potsdam, in Germa- nia. Dal 2009 il team è stato ospita- to dall’incubatore di start up tede- sco IXDS mentre la fondazione non-profit “Friends-of-Fritzing e.V.” è stata istituita nel 2012. La filosofia di Fritzing è perfetta- mente in linea con quella di Ardui- no dal momento che è un progetto FOSS per l’elaborazione di proget- tazioni elettroniche non professio- nale e dedicato ad utenti di ogni provenienza. Il software, dedicato esplicitamente alla famosa scheda MCU, ai suoi shields e accessori nonché ai componenti elettronici, rappresentati con una grafica mol- to realistica ed accattivante, per- mette, infatti, lo sviluppo di pro- getti anche molto complessi da parte di utenti che non hanno ne- cessariamente delle basi di elet- tronica. Fritzing in virtù di questo si pone come un ottimo strumento didattico per imparare a realizzare circuiti elettronici attraverso il ragionamento e la pratica, favo- rendo anche lo scambio gratuito di progetti tra gli utenti attraverso il forum. Il software è disponibile attualmente in 18 lingue tra cui l’italiano. In questa prima puntata faremo una pano- ramica introdutti- va su Fritzing mentre nelle pros- sime vedremo co- me avviare un progetto con que- sto praticissimo software. Il download e l’installazione Partiamo dal download del pro- gramma che scaricheremo dal sito ufficiale alla pagina fritzing.org/ download. Come è giusto che sia, trattandosi di software libero, vi viene richiesto di fare una dona- zione alla fondazione del progetto, per sostenere i non pochi costi di gestione, scegliendo tra quattro pulsanti opzionali: no donation, 10€, 25€, 50€. Fatta la scelta e se- guite le eventuali indicazioni per il pagamento, si attiva il pulsante per il download che vi conduce in un’altra pagina in cui indicherete il sistema operativo in uso sul vo- stro PC. La versione di cui trattia- mo in questo articolo è la 0.9.1b del 2 dicembre 2014 che è BETA; sulla pagina sono presenti anche versioni precedenti di Fritzing. Subito dopo che abbiamo selezio- nato il SO il sito apre una finestra per il download della cartella di Fritzing, già pronta per l’uso, sotto forma di file zippato, il processo avviene in pochissimo tempo, ov- viamente, in base alla connessione che avete. Con affabilità tutta geek il sito, a tal proposito, propone una serie di programmi affidabili per la decompressione del file zip in ca- so ne aveste bisogno. Per puro scrupolo eseguo subito una doppia scansione del file zippato con un antivirus ed un anti malware pro- I puntata di Salvio Giglio L’EDA delle meraviglie: Fritzing Dopo aver lungamente trattato di saldature, cir- cuiti, vibroincisori termochimici, costruito un bro- mografo e approntato un locale per fare i nostri esperimenti di elettronica passiamo a qualcosa di più tranquillo con cui progettare i nostri circuiti...
  • 13. 1313 UINO fessionali che non riscontrano al- cun problema e passo alla decom- pressione. La cartella decompres- sa del programma contiene 28 ele- menti tra file e cartelle e la versio- ne per WIN7 a 64 bit pesa 186Mb. Se avete questo SO vi consiglio di inserire la cartella di Fritzing in Programs files mentre se il vostro sistema gira a 32bit dovrete usare invece quella Program files (x86). Dopo lo spostamento della cartella del programma e prima di comin- ciare ad utilizzarlo, vi consiglio di creare un collegamento dell’exe sul desktop o nella posizione che più vi risulta comoda per lanciarlo rapidamente. Considerazioni generali sulla GUI e sul progetto L’interfaccia grafica di Fritzing è molto gradevole ed è in linea con il trend estetico del momento: il flat style design che, combinando ad una veste grafica essenziale e ra- zionale le svariate funzionalità del programma, permette all’utente di rintracciare facilmente ogni co- mando e di effettuare rapidamen- te settaggi sui componenti, senza La Fachhochschule Potsdam, Università di Scienze Applicate di Potsdam Il team di sviluppatori di Fritzing
  • 14. 1414 La pagina di Fritzing con le opzioni per le eventuali donazio- ni e il pulsante per il download doversi disperdere tra una serie di menù, finestre e finestrelle. Al lan- cio di Fritzing, subito dopo che lo splash iniziale mostra due barre di avanzamento attraverso cui cari- ca i componenti e fa delle verifi- che software in pochissimi secon- di, l’utente viene accolto nella schermata Welcome del program- ma. La GUI risulta subito user friendly e molto rassicurante e di cui, devo riconoscerlo, gli svilup- patori hanno veramente curato ogni minimo dettaglio anche sotto il profilo stilistico. Lo testimonia- no tutta una serie di piccoli parti- colari come, ad esempio, le icone dei comandi o la scelta felice di una bella combinazione cromatica di grigi per la skin, molto riposan- te, che ben si sposa con alcuni ele- menti in rosso presenti nell’area di lavoro dandogli un tocco di profes- sionale eleganza. Altra cosa che ho apprezzato subito, perché è estremamente rassicurante per i neofiti, è la totale l’assenza di quella decina di toolbars, piene zeppe di comandi, sbandierate tronfiamente da tanti software commerciali blasonatissimi e che sono il più delle volte inutili ridu- cendo di fatto solo la visualizza- zione dell’area di lavoro. Sul piano funzionale, il programma guida completamente anche gli utenti meno esperti grazie ai vantaggi offerti della fusione delle caratteri- stiche innovative di programmi di ultima generazione e basati sulle ribbon bars, come i tabs di visua- lizzazione ed il panel magnetico laterale, con elementi di program- mi più datati, come la classica bar- ra dei menù. Ritroviamo anche in questo software il termine inglese sketch  bozzetto, applicato per estensione al concetto che ogni progetto che svilupperemo con Fritzing nascerà proprio come un bozzetto di una nostra idea. Le funzionalità di Fritzing La finestra di Fritzing presenta nella parte superiore la barra dei menù a cui segue la barra dei tabs, che gestisce logicamente l’area di lavoro munita di barre di scorri- mento laterali. Sulla parte destra dello schermo è presente un pan- nello verticale che ospita solo due toolbar magnetiche e, eventual- mente, flottanti: la prima è quella dei Componenti, una raccolta di componentistica elettronici da utilizzare nei propri progetti; la seconda si chiama Inspector, chia- ramente derivata da software CAD e di programmazione, offre all’u- tente la visualizzazione delle pro- prietà di ciascun componente elet- tronico permettendone di settare diversi parametri funzionali anche relativi alla sua rappresentazione grafica. Tranne che nella scher- mata di benvenuto, la finestra di Fritzing è completata, in basso, da due barre orizzontali di colore ros- so di cui, quella più chiara e di di- mensioni maggiori, è munita di alcuni comandi contestuali dipen- denti dalla visualizzazione in cor- so tra i quali è presente anche un pulsante per eventuali condivisio- ni del proprio progetto, mentre la seconda, più piccola e di un tono di rosso più scuro, ospita lo zoom Il contenuto della cartella decompressa di Fritzing. Questo shot è relativo alla versione 0.9.1b del 2 dicembre 2014 ARDU
  • 15. 1515 La Home Page dell’applicazione, ricca di funzionalità e link utili per consultare progetti e risorse disponibili in rete La pagina Breadboard, questo componente virtuale è uno dei punti di forza di Fritzing poiché permette lo sviluppo realistico dei circuiti di un progetto. Può considerarsi come una palestra ideale su cui esercitarsi anche se non si dispone della MCU UINO
  • 16. 1616 per l’area di lavoro. Le pagine di Fritzing Diamo ora uno sguardo ai cinque tabs di visualizzazione di Fritzing che costituiscono uno dei punti di forza di questo particolarissimo ECAD. Utilizzerò apertamente la definizione di pagina per le varie schermate perché la logica del programma è proprio quella di una sorta di blocco da sfogliare e diviso in sezioni in ognuna delle quali è rappresentato un aspetto del no- stro lavoro. Welcome, è la home page del pro- gramma ed è divisa in cinque aree funzionali. Partendo dall’alto a si- nistra troviamo Recent Sketches in cui sono memorizzati i nostri ultimi progetti, segue a destra un visualizzatore ad elenco molto ca- rino che ci permette di conoscere gli ultimi topics postati sul blog dalla rete di utenti di Fritzing in termini di progetti e discussioni (consigli, descrizioni, ecc). Per vi- sualizzare un progetto o una di- scussione basta cliccare sull’item della lista e subito si apre il nostro browser alla pagina specifica del sito di Fritzing. Al centro della schermata, a sinistra, troviamo i comandi per l’apertura di un file esistente sul nostro PC o la crea- zione di un nuovo progetto; alla destra di questi due comandi sono ubicati due pulsantini per accede- re, sempre attraverso il browser ovviamente, alla pagina delle News di Fritzing o al suo Blog. In basso a sinistra è ospitato un box di colore azzurro in cui è riportato il Tip of day, il consiglio del giorno; in fondo al box due comandi ci permettono di visualizzare oi tutto l’elenco dei consigli (All tips) o semplicemente di passare al con- siglio successivo (Next tip). La pa- gina si completa con un ultimo box legato ai servizi offerti dal gruppo Fritzing: il Lab, per lo svi- luppo di PCB progettati da voi nel e lo Shop attraverso cui acquistare il Creator Kit e altro materiale utile legato ad Arduino. Breadboard, è la pagina degli espe- rimenti del programma in cui “materialmente” realizziamo l'as- semblaggio del circuito così come sarà nella realtà. Il riferimento è ovviamente arduinesco, nel senso, che la millefori che vedete rappre- sentata sullo schermo è quella che viene fornita nel kit di base della MCU. Provate a passare col mouse sui vari forellini della scheda: si illuminano… Nella prossima pun- tata vi spiegherò perché  Schema, è la pagina dello schema elettrico derivato dal nostro sketch e rappresentato con simbologia unificata. PCB, è la pagina dello schema del circuito elettronico da salvare for- mato PDF per la stampa e per le eventuali copie per sviluppare stand alone il circuito equivalente dell’esperimento. Code, codice in cui programmare le funzionalità di Arduino con tan- to di simulazione e correzione di bug. Continua Fig. 7, da sinistra. Il pannello dei Componenti, il pannello Inspector e i vari pulsanti che compaiono sulla barra orizzontale ARDUINO
  • 17. 1717
  • 18. 1818 I l disegno tecnico per la pro- gettazione nell’era digitale ha ormai assunto una velocita stratosferica: tantissimi par- ticolari che prima venivano dise- gnati minuziosamente, linea per linea, oggi sono disponibili gratui- tamente su centinaia di siti sotto forma di blocchi CAD o di modelli 3D pronti per l’uso. Nonostante questa agevolazione ogni disegna- tore deve applicare dei criteri ben precisi nella scelta del componen- te unificato più consono al proget- to su cui sta lavorando, subordi- nandola ad una serie di parametri dimensionali e fisici ben precisi descritti dalle norme relative ad essi. In questo ciclo di puntate cer- cheremo di capire come nasce una norma tecnica stabilendo come punto di partenza una breve intro- duzione storica il cui scopo è quel- lo di far capire che questa esigen- za unificatrice è strettamente le- gata alla storia umana ed ai suoi progressi tecnologici. Il metamessaggio dei sistemi di unificazione Non ho intenzione di spaventare o impressionare i miei pochi lettori ricorrendo a termini aulici ma il sostantivo metamessaggio mi sembra il più appropriato per de- scrivere quanto è idealmente as- sociato ai complessi normativi. Se ci prendiamo la briga di sfoglia- re un manuale di storia ci rendia- mo conto rapidamente che le di- verse civiltà si sono sviluppate proprio intorno ad una serie di regole determinate dalla necessità di affermare i propri interessi e valori, non solo in ambito tecnico o economico, ma anche politico, religioso e idealistico. Per quel che ci riguarda, i sistemi di misura sembrano essere l’esempio più significativo da cui far partire il nostro breve discorso sulla storia delle normative. L’antico Egitto ci offre con il faraone Menes nel 3900 a.C. un primo esempio di si- stema di misura unificato. Il farao- ne sentì forte quest’questa esigen- za di realizzare un sistema unifi- cato di misura quando decise di migliorare la gestione dello stato centralizzato. Il sistema di misura unificato avrebbe, infatti, facilitato il controllo e la riscossione dei tributi, semplificando anche la costruzione di quelle grandi opere che ricordassero la presenza del sovrano in tutto il regno. Le co- struzioni di templi, palazzi e pira- midi esigevano misurazioni di precisione: dal taglio dei blocchi di pietra al controllo complessivo dell’opera. La distanza dal gomito alla mano del sovrano, chiamata cubito del faraone, fu adottata co- me unità di misura campione e venne scolpita sulle facciate dei templi; da essa, poi, si ricavavano delle copie in pietra o legno da utilizzare in cantiere o dove ce Come nasce una Norma Le consultiamo spessissimo e ci risolvono tanti problemi legati alla progettazione e alla realizzazione di tutto quel che ci circonda, dai palazzi all’abbigliamento. Ma cosa sono le norme e quando sono nate? Partiamo per un breve viaggio nella storia della normativa tecnica Metamessaggio, s. m; pl. metamessaggi; di messaggio interno secondario che potrebbe essere dedotto o implicito, racchiuso in un messaggio principale. Ad es.: “leggere tra le righe”; in pubblicità “messaggio occulto” o “ subliminale”. BASI PER IL DISEGNO I puntata di Salvio Giglio
  • 19. 1919 n’era necessità. Nell’immaginario collettivo di quella remota società, il faraone incarnava una divinità e il tempio era un’emanazione del suo potere; per estensione, il cubi- to rappresentava, quindi, un qual- cosa da proteggere e venerare con devozione religiosa. Successiva- mente, da quell’esordio fortunato, in molti si resero conto che elabo- rare un sistema metrico tornava utile non solo alle attività costrut- tive ma, in qualche modo, anche per affermare l’egemonia culturale, commerciale, economica e politica di uno stato. In altre parole, un si- stema metrico andava ben oltre il supporto mensurale e poteva rap- presentare quasi una strategia propagandistica e da qui il meta- messaggio di cui vi parlavo in apertura! I Greci, ad esempio, con i loro notevolissimi progressi in campo scientifico e culturale riu- scirono ad influenzare l’intero ba- cino del Mediterraneo con un codi- ce di norme tecniche relative alla composizione architettonica, ba- sato sull’armonia matematica e su modelli compositivi di proporzio- ne, i famosi stili dorico, ionico, co- rinzio e composito. Successiva- mente i Romani organizzarono un sistema di unificazione molto arti- colato con applicazioni in diversi ambiti specialmente in campo edi- lizio. Con Vitruvio, attraverso il suo trattato De Architectura, codi- ficarono ulteriormente le regole della composizione architettonica. Il linguaggio classico dell’architet- tura trovava massimo fondamento nella simmetria, termine greco indicante la proporzione tra le mi- sure di ogni elemento costruttivo basata su precisi rapporti, applica- ta sia nei singoli particolari dell’e- dificio che nel complesso dell’ope- ra. Questi canoni compositivi per l’architettura rappresentarono per diversi secoli un complesso di nor- me tecniche fondamentali nella redazione dei progetti: dalle anti- che civiltà greca e romana, pas- sando per il Rinascimento fino alla Rivoluzione Industriale dove, ulte- riormente ricodificata, veniva an- cora applicata nelle accademie di beaux arts. Sulla fine del XVIII se- colo la comparsa del Sistema Me- trico Decimale, realizzato anch’es- so sulla base di esigenze scientifi- che, economiche e politiche, aveva anche una forte connotazione idealistica derivante dall’universa- lità dei valori proposti dalla Rivo- luzione Francese. L’evoluzione della normativa: dall’architettura alle norme tecni- che industriali L’abitazione e il tessuto urbano tutto, con i suoi edifici istituzionali e privati e le relative infrastruttu- re, hanno rappresentato, allo stes- so tempo, esigenza e problematica primaria dell’uomo. E’ più che na- turale, quindi, che nel disegno pro- gettuale architettonico si siano sviluppate tutta una serie di tecni- che di rappresentazione, conven- zioni e stratagemmi grafici molto prima che in altri ambiti proget- tuali. Il Rinascimento vede la na- E LA PROGETTAZIONE
  • 20. 2020 BASI PER IL DISEGNO scita di queste tecniche innovative di rappresentazione ausiliaria e rivaluta profondamente anche la figura del progettista che ora di- venta un professionista, lontano anni luce dal capomastro che diri- geva il cantiere nel Medioevo. All’architetto ora la committenza doveva dare indicazioni ben preci- se sul lavoro da realizzare; sarebbe stato successivamente lui ad ela- borarle e codificarle mettendole in tavola sul progetto necessario alla fabbricazione. Un esempio di que- ste innovazioni per il disegno tec- nico progettuale sono le prime vi- ste in sezione con l’indicazione dei relativi piani di taglio, nate proprio nel periodo rinascimentale e da cui, per ridurre le informazioni superflue, si dedussero poi le viste parziali, le semiviste e le semise- zioni, ancora oggi ampiamente utilizzate nei nostri elaborati CAD. Per far capire meglio ai costruttori specifiche informazioni dettaglia- te i progettisti cominciarono a rea- lizzare delle tavole di dettaglio con i particolari ingranditi e ine- renti ad un determinato aspetto dell’edificio da realizzare. Sono i trattati di architettura di quell’epo- ca che raccolsero, man mano che nascevano, le novità provenienti dalle tecniche di rappresentazione e cominciarono a divulgarle, dan- dogli valore di norma in virtù dell’autorevolezza dell’autore. I limiti delle tecniche di stampa dell’epoca generarono poi nuove simbologie mai più abbandonate dal disegnatore tecnico come ad esempio i vari tipi di tratteggio utilizzati per diversificare la cam- pitura delle sezioni in base al ma- teriale, oppure lo spessore e il tipo di linea in base alla funzione geo- metrica e tecnica che esse doveva- no esprimere. Il linguaggio della rappresentazione architettonica si arricchì delle quote e delle scale grafiche o metriche che divennero rapidamente un qualcosa di indi- spensabile nei disegni di progetto e/o di rilievo. Come scrivevo qual- che rigo fa, dal periodo della Rivo- luzione Francese deriva un siste- ma metrico innovativo, quello de- cimale, destinato a diventare una sorta di copertina di capitolo di una nuova era anche nel campo del disegno tecnico che si avviava ora verso la Rivoluzione Industria- le e che applicava, con opportune modifiche, il linguaggio rappre- sentativo utilizzato per l’architet- tura alla produzione artigianale e poi industriale. Il Sistema Metrico Decimale fu promulgato a mezzo di una legge statale prima in Fran- cia e poi in tutta Europa, salvo in Inghilterra che restava così, orgo- gliosamente, isolata nelle sue nor- mative. A metà del IXX secolo l’in- dustrializzazione e gli scambi commerciali, sempre più fitti, fe- cero emergere il problema di unifi- care le unità di misura a livello internazionale e così nel 1875 si riunì a Parigi una Commissione, composta da 17 Paesi, compresa l'Italia, che decretò la creazione un Bureau International des Poids et Mesures, o BIPM, cioè l’Ufficio In- ternazionale dei Pesi e delle Misu- re. Questo organismo scientifico internazionale permanente, il pri- mo fondato stabilmente da un in- sieme di Stati per un obiettivo d'interesse mondiale, fu ubicato nel Pavillon de Breteuil a Sèvres, nel parco di Saint-Cloud, nei din- torni di Parigi. Sebbene l’istituzio- ne è situata in Francia essa gode dello status di extraterritorialità, come le ambasciate, nomina auto- nomamente il proprio direttore e la sua attività è controllata dal Co- mitato Internazionale dei Pesi e delle Misure, il CIPM. Il Bureau riconosce solo l’autorità della Con- ferenza Generale dei Pesi e delle Misure, un’organizzazione inter- nazionale formata dai delegati de- gli Stati aderenti alla Convenzione del Metro. Dapiùdiunsecoloneilabo- ratori dell’Ufficio è stato materialmente realizzato un vastissimo repertorio di misure campionate (vi ricordate il metro in platino iridio studiato in Fisica?) e qui sono custodite. Altro scopo del BIPM è quello di garantire l'uniformità e il perfe- zionamento delle misure fisiche nel mondo. Nasceva dunque così ufficial- mente la metrologia, cioè la scienza che si occupa, a livello internazionale, dello studio dei procedimenti di misurazione delle grandezze fisiche, stabilendone i sistemi di misura e le relative unità in base a un'opportuna scelta delle gran- dezzefondamentali, dellecorrispondenti unitàdimisuraedeirelativicampioni. Continua Pianta dell’Abbazia benedettina di San Gallo (Svizzera), 830 d.C., diventato uno standard di comunità monastica ideale
  • 21. 2121 E LA PROGETTAZIONE Andrea Palladio, Villa Capra detta “La Rotonda” (1550): semivista e semisezione Francesco di Giorgio Martini, disegni Il linguaggio classico degli ordini architettonici Il Bureau International des Poids et Mesures Campioni di misura conservati presso il BIMP
  • 22. 2222
  • 23. 2323 The Divergent Series: Insurgent T he Divergent Series: In- surgent è un film diretto da Robert Schwentke, ambientato in un imma- ginario futuro post apocalittico. Si propone come la trasposizione cinematografica del romanzo In- surgent del 2012 di Veronica Roth e sequel di Divergent del 2014. La saga prevede un terzo romanzo, Allegiant, la cui trasposizione ci- nematografica è prevista in due parti che usciranno rispettiva- mente nel 2016 e nel 2017. Le ripre- se, iniziate nel maggio 2014, si svolgono tra Chicago e Atlanta; il primo trailer è diffuso il 12 novem- bre 2014: il 20 marzo 2015 è distri- buito nelle sale cinematografiche statunitensi e, anticipato di un giorno, in quelle italiane. Per chi non conoscesse la trama del primo film della saga, consiglio di legger- la al seguente link di Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/ Divergent_(film). Sin dall'inizio di Insurgent, è chiaro che gli Intrepi- di sono divisi a metà: una parte si affida agli Eruditi, una fazione as- setata di potere, il cui scopo è con- quistare il governo di Chicago, la città in cui vivono; l'altra parte si allea con gli Abneganti con lo sco- po di contrastare proprio gli Erudi- ti. Tris (Shailene Woodley) e Quat- tro (Theo James), sempre insieme, viaggiano alla ricerca di alleati e di risposte. Inseguiti da Jeanine Mat- thews (Kate Winslet), capo degli Eruditi, attraversano, tra le rovine di questa futuristica Chicago, il quartier generale dei Pacifici, pro- gettando di riunirsi agli Intrepidi e superando prove difficilissime. Il loro scopo è quello di capire come mai la famiglia di Tris ha sacrifi- cato la propria vita e, soprattutto, perchè gli Eruditi vogliono fermar- li ad ogni costo. Con la morte di Will (Ben Lloyd-Hughes), che Tris ha ucciso per legittima difesa alla fine del primo episodio, la ragazza non è più in grado di prendere un'arma in mano e non riesce a far pace con Christina (Zoe Kravitz): questo la renderà inquieta e im- prevedibile mettendo a repenta- glio la sua stessa vita. Intanto gli Eruditi creano un nuovo siero per controllare le menti dei divergenti di cui scoprono avere un estremo bisogno. I ribelli, alla fine, trove- ranno ospitalità presso gli Esclusi guidati da Emily (Naomi Watts). Condizionata dalle proprie scelte ma fermamente decisa a protegge- re le persone che ama, Tris, al fian- co di Quattro, affronterà sfide im- possibili fino a scoprire le verità sul passato e le immaginabili con- seguenze sul futuro. La scrittrice del romanzo, Veronica Roth, ha avuto già modo di vedere la versio- ne cinematografica di Insurgent: anche lei infatti, come molti fan, era in apprensione per il film, dati i cambiamenti effettuati rispetto al di Nunzia Nullo CINEMA E ANIMAZIONE
  • 24. 2424 CINEMA E ANIMAZIONE libro. Dopo averlo visto, però, ha garantito che l'adattamento cine- matografico di Insurgent è molto fedele alla sua versione cartacea ed ha scritto: “Il libro di Insurgent ha una trama complessa, piena di momenti commoventi, con alti e bassi, quel genere di cose che pos- sono funzionare in un libro, ma se sono portati direttamente sullo schermo rendono il film una con- fusione totale. I cambiamenti sono stati fatti velocizzando la storia, per cui sono funzionali a un adat- tamento cinematografico. In altre parole: funzionano”. Dunque il re- gista Robert Schwenke, che ha so- stituito Neil Burger alla regia del primo film, non ha abbassato il livello di qualità della saga, resti- tuendoci un film ben recitato, di- vertente ed emozionante che in- trattiene e coinvolge lo spettatore portandolo fuori dalla realtà. Non mancano colpi di scena, sequenze acrobatiche ed effetti speciali elet- trizzanti nonostante la prima par- te del film sia dominata da scene action prevedibili ma, tuttavia, funzionali al procedimento del racconto. Dove, però, il regista ha davvero centrato il bersaglio è nel mostrarci cosa avviene nella men- te di Tris, la lotta con i suoi demo- ni interiori e la dura sfida con se stessa; le tecnologie cinematogra- fiche potenziano, così, il punto for- te del libro della Roth: esplorare l'intera psicologia femminile attra- verso personaggi forti e tanto di- versi tra loro come, appunto, Tris, Jeanine e la stessa Emily che sarà protagonista di un colpo di scena mozzafiato con cui si chiude il film. In quanto episodio "di mez- zo", Insurgent prepara al gran fina- le che vedremo in Allegiant ri- schiando di risultare debole per- chè troppo proiettato verso il futu- ro. In realtà, oltre agli impressio- nanti effetti speciali e all'azione, la storia appare ricca di particolari situazioni coinvolgenti e curiose, con una sceneggiatura originale e piena di sorprese dove il dramma e il sentimento sono perfettamen- te armonizzati e dove la storia d'a- more tra i due protagonisti dona quel tocco di romanticismo forte ma non invadente. La fantascien- za e la realtà virtuale, con annesso colpo di scena finale, lo rendono un film intrigante ed originale che tiene il pubblico incollato allo schermo. Benchè molto apprezza- ta l'interpretazione spettacolare di Shailene Woodley e Theo James, non sono mancate polemiche da parte dei fan del libro di Veronica Roth che hanno accusato il regista di aver trasformato Insurgent in un film apocalittico e pieno di ef- fetti speciali che invece nel libro non ci sono; questo nonostante il beneplacito sulla trasposizione cinematografica da parte della stessa autrice del libro. Non ci re- sta allora che aspettare l'uscita del film per scoprire se davvero risulta essere all'altezza del libro.
  • 25. 2525
  • 26. 2626 E ttore Bugatti è una delle figure più importanti del mondo automobilistico del XX secolo; egli riuscì a combinare concretamente quan- to aveva assimilato dal ricco patri- monio artistico della sua famiglia, con le sue idee tecnologiche inno- vative, gettando così le basi per un vero e proprio linguaggio del de- sign industriale che, ancora oggi, fa scuola e da cui è scaturito un marchio inconfondibile. Bugatti aveva una sua personalissima poe- tica sulla produzione industriale; la sua principale esigenza era quella di produrre automobili che dovevano essere una sintesi per- fetta ed armoniosa di tecnologia ed estetica, immaginando le sue creazioni come delle opere d'arte totali. Per certi versi una concezio- ne che anticipava di qualche de- cennio la visione artistica dei Fu- turisti: la macchina come massi- ma espressione umana. Le sue idee e i suoi veicoli hanno costitui- to la base di partenza per la crea- zione di un marchio automobilisti- co leggendario e giustamente an- noverato tra quelli più preziosi al mondo. Con Ettore Bugatti si può parlare, senza timore di sbagliare, di una vera e propria poetica com- positiva programmatica; la sua produzione, infatti, si può articola- re su tre punti fondamentali: Arte, Forma e Tecnica. Proprio grazie a questo approccio originalissimo, le sue automobili erano di molto in anticipo sui tempi, sia tecnica- mente che stilisticamente. Altra valenza etica del suo modo di fare design era legato alla visione della creatività, percepita anzitutto co- me un completamento della perso- nalità e poi come un potente mez- zo espressivo, capace di rappre- sentare pienamente l’autore attra- verso l’oggetto prodotto anche quando questo non è un unicum ma viene replicato in molti esem- plari. In questa ottica, che accomu- na tutti i grandi creativi di ogni periodo storico, il guadagno deri- vato dalla produzione assume un ruolo marginale, quasi di secondo piano. Sono convinto che sia proprio questa particolare perce- zione del ruolo della creatività a garantire realmente un’immortali- tà storica a certi autori, dal momento che gli “oggetti” della loro pro- duzione sono elevati a vere e proprie “paroles”  paradigmi universal- mente riconosciuti. Ecco perché la figura tutta di Ettore Bugatti può giu- stamente essere colloca- ta tra i caposcuola dell’automotive dal mo- mento che i suoi modelli sono, ancora oggi, non solo degli oggetti di culto ambitissimi dai collezio- nisti del settore ma vere e proprie sintesi estetiche e tecno- logiche che incarnano gli ideali di quel preciso momento storico. In particolare due di questi veicoli racchiudono in loro la visione di Bugatti sulle automobili: la Tipo 57 SC Atlantic e l'indimenticabile Ti- po 41 Royale che Ettore aveva rea- lizzato con l’intento di farla diven- tare la macchina più potente e lus- suosa dell’epoca. Rende giustizia a questo personaggio la bella rifles- sione di Mario Barsali sulla nota biografica di Bugatti nel Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972), in cui afferma: “Il Bugatti, la cui casa (una villa di gran lusso, comodità, bellezza e originalità) confinava con la fabbrica, seguiva da vicino il lavoro dei reparti, in- tervenendo con un continuo rap- porto diretto che escludeva la spersonalizzazione gerarchica. Questa atmosfera e organizzazio- ne, che suggerivano del Bugatti più un'immagine di ricco signore con la passione, tra le altre, della mec- canica, che non l'immagine di un industriale, era espressione della sua concezione del lavoro e dell'a- zienda come grande laboratorio artigiano. Sicuro di sé, disinteres- sato, rivolto più al creare che al produrre, curando l'aspetto esteti- co e la finitura anche dell'oggetto e particolare più effimero, il Bugatti, che non aveva studi di base inge- gneristici, sviluppava le sue ricer- che con procedimenti intuitivi, "sapendo vedere" il problema glo- DESIGNER Ettore Bugatti di Salvio Giglio Ettore Bugatti in una foto del 1905
  • 27. 2727 R’s STORY Bugatti Tipo 57 SC Atlantic Tipo 41 Royale
  • 28. 2828 DESIGNER balmente ed esprimendolo attra- verso disegni d'insieme, favorito da eccezionali immaginazione, memoria visiva e versatilità. La creazione di un motore come di un particolare meccanico fu per lui più un'operazione appartenente al campo delle arti applicate che a quello della tecnica industriale.”. Ettore Arco Isidoro Bugatti, questo era il suo nome completo, nacque a Milano il 15 settembre 1881, se- condo figlio di Carlo e Teresa Lo- rioli. Trascorse la sua prima giovi- nezza tra Italia e Francia grazie all’attività artistica del padre che aveva, a Parigi e a Pierrefonds nel dipartimento dell’Oise, degli studi- laboratorio, fino al definitivo tra- sferimento della famiglia. L'am- biente familiare e le amicizie ad esso connesse formeranno artisti- camente ed intellettualmente in maniera significativa il giovane Ettore. Il nonno paterno, Giovanni Luigi, era stato scultore e architet- to mentre il padre fu uno stimatis- simo designer di mobili e gioielli in stile Art Nouveau. Suo fratello minore Rembrandt fu un impor- tante scultore. Sua zia Luigia era la compagna del pittore divisioni- sta Giovanni Segantini. Casa Bu- gatti era frequentata da affermati intellettuali ed artisti dell’epoca: i compositori Giacomo Puccini e Ruggero Leoncavallo, l'editore mu- sicale Giovanni Ricordi, il comme- diografo e librettista Luigi Illica, il pittore Antonio Rietti, gli scultori Ercole Rosa e Pavel P. Trubeckoj. Come nella maggior parte delle famiglie, anche i suoi genitori ave- vano sperato che Ettore seguisse le orme di suo padre o di suo non- no ma il giovane Ettore non era troppo innamorato degli studi di architettura, pittura e scultura, che frequentava presso la celeberrima Accademia di Belle Arti di Brera in quel di Milano, in cui era segui- to, tra gli altri, dal maestro Pavel P. Trubeckoj. Sarà un particolare epi- sodio a far intraprendere ad Ettore la strada della meccanica: nel 1898 l'ingegnere Prinetti e l'indu- striale Stucchi, amici paterni, lo avevano invitato a fare qualche giro di prova sul triciclo a motore realizzato dalla loro ditta. Fu un amore a prima vista: Bugatti non solo aveva appreso intuitivamente il funzionamento del veicolo ma aveva suggerito anche diverse modifiche che sorpresero notevol- mente i suoi creatori. Oggi Ettore Bugatti sarebbe sicuramente defi- nito come un nativo meccanico! Quello stesso anno il diciassetten- ne Ettore sarà assunto come ap- prendista dalla Prinetti & Stucchi e lo stabilimento divenne, in po- chissimo tempo, il suo laboratorio personale con il beneplacito dei suoi proprietari. Nel 1899 Ettore, per testare sul campo le sue crea- zioni, tra cui un triciclo a due mo- tori e un quadriciclo, partecipò come pilota a numerose gare mo- toristiche ottenendo anche diver- se affermazioni. Sempre nello stesso anno, Bugatti costruiva la sua prima autovettura, di piccole Carlo Bugatti Carlo Bugatti, scrivania liberty
  • 29. 2929 R’s STORY Rembrant Bugatti Giovanni Segantini Lo stabilimento della Ricordi Giacomo Puccini Ruggero Leoncavallo
  • 30. 3030 DESIGNER dimensioni, con due motori ante- riori e due posteriori, per la quale la ditta Pirelli fabbricò i suoi primi pneumatici. Sul finire dell’estate di quell’anno, in seguito a dei con- trasti sorti con la Prinetti & Stuc- chi sulla realizzazione di un nuo- vo prototipo, Ettore passa con i fratelli Gulinelli a Ferrara e all’ini- zio del 1901 presenta la sua vettura che riceve il Gran Premio della mostra e una medaglia speciale offerta dall'Automobile Club di Francia all'Esposizione Interna- zionale di Allevamento e Sport di Milano. La vettura di Bugatti su- scitò l'interesse della casa auto- mobilistica De Dietrich di Nieder- bronn (Strasburgo), che acquistò i diritti di produzione, impegnando Bugatti, dal 1902, ad elaborare va- rie versioni che avrebbero portato i nomi De Dietrich-Bugatti. Ettore non aveva ancora raggiunto la maggiore età, che all’epoca era di 21 anni, per cui il contratto di set- te anni fu firmato dal padre. Nel 1904 la De Dietrich si ritirava dal settore automobilistico, svincolan- do così Ettore che in quello stesso anno entrò in società con l'im- prenditore E. Mathis a Strasburgo. Il 1907 è un anno cruciale nella vita di Ettore Bugatti. A febbraio sposa Maria Giuseppina Barbara Mascherpa, dalla quale poi avrà quattro figli (due maschi e due femmine). A settembre, sciolta la società con Mathis si trasferisce a Colonia assunto dalla Deutz Ga- smotorenfabrik, una fabbrica di motori per autoveicoli, con le mansioni di direttore del settore fabbricazione ove lavorerà per due anni. Tra il dicembre del 1909 ed i primi mesi del 1910, Bugatti chiede un finanziamento alla Darmstadt Bank di Strasburgo per realizzare l’idea di aprire uno stabilimento automobilistico tutto suo; così affitta a Molsheim gli edifici vuoti di una ex fabbrica per la tinteggia- tura di tessuti e qui fonda e da vita al suo sogno con appena venti operai. In un solo anno il numero di operai era aumentato di ben quarantacinque unità, con una produzione annuale di 75 telai, senza carrozzeria né accessori salvo un contagiri (prezzo di ven- dita: 7.000 marchi). Nel 1913 la pro- duzione annua salì a 175 châssis. Nel 1914 erano occupati 200 ope- rai, con una produzione di 27 châssis mensili. Sarà lo scoppio della prima guerra mondiale ad interrompere brutalmente tutto. Il 2 agosto del 1914, primo giorno della mobilitazione tedesca, Bu- gatti e famiglia abbandonano Mol- sheim facendo tappa a Stoccarda ed infine a Friedrichshafen, da dove, grazie ad un salvacondotto dell’amico conte Zeppelin, rag- giungono Milano. I timori di Ettore erano legati alle sue origini italia- ne e alla sua vicinanza alla cultura francese che potevano insospetti- re non poco i militari della coali- zione germanica, nonostante la sua proficua presenza e attività pluriennale in territorio tedesco. Fece una sortita a Molsheim nel settembre 1914, precedendo la re- quisizione dello stabilimento, riu- scendo a nascondere sottoterra tre prototipi di motori da corsa deri- vati dal "modello 13" su cui stava lavorando. Nel novembre dello stesso anno si spostò in Francia e, nel maggio del 1915, con la discesa dell'Italia nel teatro bellico, fu ar- ruolato presso la Section techni- que de l'Aéronatique militaire e dislocato vicino Chalais a Meudon. In questo periodo progetterà due motori per aerei da combattimen- to. Nel novembre 1918, terminate le ostilità, Bugatti rientra a Mol- sheim, ormai riannessa con l'Alsa- zia alla Francia. Trovò l'officina completamente distrutta e, dopo un primo momento di smarrimen- to, riuscì a riaprirla già nel gen- naio 1919. Era un momento diffici- le per Ettore perché, nonostante il suo apporto ingegneristico per il conflitto, il governo francese ri- fiutava di indennizzargli i danni di guerra, essendo un cittadino ita- liano; il governo italiano, dal canto suo, glielo rifiutava perché tutti i suoi beni erano all'estero! Si tirava avanti con la vendita di brevetti e di licenze per la fabbricazione di motori realizzati da altri produtto- ri, come l’italiana Diatto, l’inglese Crossley e la tedesca Rabag. Il te- nace designer, nonostante le diffi- coltà economiche, trionfa a Le Mans nel 1920 e partecipa al Sa- lon de l'Automobile del 1921 che rappresenta un vero giro di boa; da quel momento in poi è un conti- nuo crescendo di progetti, compe- tizioni sportive, successi e fortu- nate realizzazioni automobilisti- che, fatto di coppe, vittorie e belle auto amate dal pubblico e dalla critica. In quel periodo si avvia la produzione di automobili icona che la gente associa subito al pre- stigioso marchio: vetture da com- petizione, sportive e da gran turi- smo con un elevatissimo livello di finitura, difficilmente riscontrabi- le in qualsiasi altro produttore dell’epoca. Furono anche gli anni del maggior numero di vittorie sportive: 468 nel 1925, 577 nel 1926, 806 nel 1927. La Targa Florio era all’epoca la prova più estrema a cui poteva essere sottoposta un’automobile che doveva rispon- dere positivamente in termini di resistenza, elasticità e manegge- volezza; la Bugatti la vinse per quattro anni consecutivi, dal 1925 al 1929. Dalle scuderie Bugatti uscirono i più bei nomi della storia dell’automobilismo: R. Benoist, L. Charavel (Sabipa), J. Chassagne, L. Chiron, B. Costantini, i fratelli P. e F. de Vizcaya, A. Divo, R. Dreyfus, Ph. Étancelin, E. Friderich, C. Ma- setti, E. Materassi, T. Nuvolari, A. Varzi, W. Williams, P. Wimille. Le competizioni sportive erano per Bugatti degli stress test a cui sot- toporre le vetture per eliminare difetti ed affinare la produzione ed anche un modo efficacissimo di
  • 31. 3131 R’s STORY Il triciclo a motore di Bugatti per la Prinetti & Stucchi Il motore della Bugatti Tipo 57 Una reclame della Prinetti &Stucchi De Dietrich Bugatti Tourer
  • 32. 3232 DESIGNER fare pubblicità alla propria azien- da. I cataloghi Bugatti erano veri e propri portfolio in cui elencare caratteristiche tecniche e podi conquistati. La produzione di serie derivava direttamente dalle auto da competizione adottando le stesse soluzioni e materiali ma con motorizzazioni meno spinte. Questo meraviglioso decennio sta- va per concludersi e all’orizzonte si configuravano già i prodromi di un nuovo conflitto bellico. Il primo e duro colpo lo inferse la grande crisi mondiale del 1928 che co- minciò a far declinare, gradual- mente ed inesorabilmente, l’era dell’artigianato di lusso per fare spazio alla nuova produzione se- riale di bassa qualità e dal costo contenuto. Il lettore non dimenti- chi poi che quegli anni erano vio- lentemente animati dalla lotta di classe alimentata dagli ideali del massimalismo rivoluzionario di Sorel e dalla visione sociale di K. Marx che confluivano nelle conce- zioni più estremistiche ed ideolo- gizzate del socialismo prima e del comunismo poi, per dirompere, infine, nel nazional socialismo e nel fascismo e in cui non c’era più spazio per quella originalissima concezione che Bugatti aveva del fare industria. Nel 1936 l’amata fabbrica fu occupata in seguito ad uno sciopero; la cosa fu vissuta come un vero oltraggio da Bugatti che restò addolorato e, sorpreso, si ritirò dalla direzione. Fu il figlio Jean, con impegno e abilità, a prendere in mano la situazione per tre anni fino alla sua tragica e prematura scomparsa nell’agosto del 1939 in un incidente stradale, durante il collaudo di un modello. Jean aveva portato via con se un’intera epoca e i sogni migliori di Ettore; infatti, pochi mesi dopo la sua morte scoppiò la seconda guerra mondiale e questa volta fu veramente la fine del glorioso sta- bilimento. Tutto cominciò nel set- tembre del 1939 con lo spostamen- to della produzione da Molsheim, che essendo zona di confine era molto esposta, a Bordeaux. Fu un rimedio inutile perché nel luglio 1940 la regione di Bordeaux fu in- vasa dalle truppe tedesche. Nel frattempo l'industriale tedesco Trippel, produttore di veicoli mili- tari anfibi, ottenne prima la ge- stione dello stabilimento di Mol- sheim, in seguito al sequestro sca- turito dal rifiuto di Ettore di ritor- nare in Alsazia, e poi i magazzini ed i macchinari di Bordeaux, ritra- sferiti ad ottobre a Molsheim dall'autorità tedesca. L’improvvisa interruzione produttiva legata alla guerra aveva anche creato un grosso scoperto bancario presso la Banca Rurale di Strasburgo ed al- cuni fornitori intrapresero un’a- zione legale contro Bugatti che si risolse con la vendita all'asta, nel dicembre del 1941, della sua azien- da pagata 150 milioni di franchi a fronte di un valore stimato di 334 milioni. Al danno si aggiunse an- che il fango delle accuse di colla- borazionismo per aver ricevuto danaro dai tedeschi e così la fab- brica fu confiscata dal governo francese. Per lo stato francese, la Bugatti era considerata una indu- stria nazionale che non poteva quindi essere venduta alla Germa- nia. Fortunatamente Ettore prese la cittadinanza italiana nel 1946 cosa che lo escludeva, così, da di- ritti a indennità. Dopo molti nego- ziati, sostenendo il motivo della vendita forzata, Bugatti finì col citare la Administration des do- maines ma perse la causa nel no- vembre 1946 al tribunale di Saver- ne. Bugatti ricorse subito in appel- lo che vinse l’11 giugno 1947 pres- so la corte di Colmar. Una malattia palesò fisicamente le tante prove a cui Ettore era stato sottoposto negli ultimi anni e ne causò la morte il 21 agosto del 1947 a Neuil- ly-sur-Seine nei pressi di Parigi. Lo stabilimento realizzato da Bu- gatti rispecchiava concretamente quanto Ettore aveva assimilato in gioventù in seno alla sua grande famiglia. Era lontano anni luce dalla visione di uomo/automa del Taylor o dalla organizzazione in- dustriale di Henry Ford, sapiente- mente parodiata da Chaplin nel celebre cortometraggio “Tempi moderni”, in cui la produzione se- riale e automatizzata riesce a tra- sformare la qualità in un sottopro- dotto della quantità. In Bugatti vi- vevano gli alti ideali dell’Art No- veau e il suo stabilimento rappre- sentava una delle massime appli- cazioni di quella tendenza creati- va. In quello stabilimento nasceva il concetto stesso di industrial de- sign applicato all’artigianato di alta qualità, vera connotazione del Vecchio Continente ed eredità, tutta italiana, di Ettore. Più che di una fabbrica, nonostante il livello organizzativo raggiunto, ci si tro- vava dinanzi ad una grande botte- ga artigiana in cui regnavano puli- zia, ordine, decoro e buon gusto capaci di rendere quel complesso di produzione, con i suoi quasi millecinquecento dipendenti nei momenti migliori, un qualcosa di unico ed irripetibile. Più che ope- rai da catena di montaggio, co- stretti a ripetere infinitamente la stessa operazione, Bugatti voleva uomini attenti e partecipi al pro- cesso produttivo; ecco quindi la cura estrema nella selezione e for- mazione del personale, proprio come accadeva nelle antiche cor- porazioni artigiane, da cui si esi- geva la massima scrupolosità nel- la realizzazione di qualsiasi lavo- ro. Tutto ciò si tramutava in pro- dotti eccezionali per il grado di precisione e rifinitura raggiunti. L’autonomia produttiva era un al- tro ingrediente dello stabilimento Bugatti, ancora una volta come accadeva nelle migliori botteghe artigiane del Rinascimento italia- no. Esso, infatti, era in grado di produrre non solo tutti i pezzi del-
  • 33. 3333 R’s STORY Stabilimento Bugatti a Molsheim, Alsazia (esterno ed interno)
  • 34. 3434 DESIGNER le autovetture ma possedeva delle capacissime attrezzerie da cui uscivano utensilerie e macchinari necessari alle varie fasi di lavora- zione. E’ impossibile descrivere con completezza in queste poche pagi- ne tutto l’ingegnoso lavoro di Etto- re Bugatti, anche se sarebbe vera- mente molto bello riuscire a farlo con un libro: i suoi 950 brevetti lo rendono un personaggio enorme e un protagonista della storia della tecnica dei primi decenni del XX secolo. Ho cercato, quindi, di ripor- tare qui, dalla sua straordinaria e copiosa produzione, quei pezzi più pregiati che sono stati riconosciu- ti tali anzitutto dal pubblico dell’e- poca più che dalla critica. Per gli approfondimenti rimando gli ap- passionati a visitare lo splendido sito della Bugatti: http:// www.bugatti.com/fr/tradition/les- modeles-bugatti.html 1899 con Prinetti & Stucchi, moto- re a 4 cilindri a valvole in testa, 3.000 cm3 di cilindrata, 90 mm di alesaggio per 120 di corsa, raffred- damento a circolazione d'acqua, accensione sia a bruciatori sia a batteria con bobine o candele, tra- smissione a catena, 4 marce ante- riori e retromarcia, 60 km/h di ve- locità, kg 650 di peso. 1902 - 1903 con De Dietrich, Bugat- ti doveva costruire tre serie di vei- coli: da 10 CV, da 15 e da corsa, die- tro compenso di 50.000 franchi, più le somme di 400, 500 e 2.000 franchi per ogni vettura venduta. Fra le serie realizzate va ricordata quella del 1902, molto bassa, a 4 cilindri, 5.300 cm3 di cilindrata, alesaggio di mm 114 e corsa di mm 130, 50 CV di potenza, preparata per la corsa Parigi-Madrid e pro- dotta poi in diverse varianti, e quella del 1903, alesaggio e corsa 130 per 140, 7.500 cm3 di cilindra- ta. 1904 con E. Mathis, "modello Hermès": 4 cilindri e 8 valvole, al- bero a camme in testa, 140 per 160, 9.000 cm3, 60 e 90 CV, sviluppato presso la Société alsacienne de constructions mécaniques di Graf- fenstaden. 1907- 1909 con Deutz Gasmotoren- fabrik prototipo monoblocco a 4 cilindri, albero a camme in testa, 150 per 150, 10.000 cm3, 50 e 60 CV; prototipo 4 cilindri e 8 valvole, al- bero a camme in testa, 95 per 120, 3.200 cm3, 13 e 25 CV, trasmissio- ne cardanica. Progetto in proprio: prototipo ultraleggero peso kg 300, 4 cilindri e 8 valvole, 62 per 100, 1.100 cm3, km/h 80 che fu la base del "modello 13". Periodo iniziale della sua fabbrica 1910, prime cinque vetture "modello 13" monoblocco a 4 ci- lindri e 8 valvole, albero a cam- me in testa, 65 per 100, 1.400 cm3, circa km/h 100, quattro sospen- sioni semiellittiche a balestre multiple e sottili. 1911, modello superleggero due e quattro posti, 55 per 90, 855 cm3, 10 CV, km/h 80 che fu acquistato nel novembre e prodotto dalla casa Peugeot di Beaulieu sul Doubs: era la famosa "Bébé Peu- geot", nel 1914 arrivata già a 3.000 esemplari. 1912, vettura da competizione, co- struita in tre o quattro esemplari, 4 cilindri, 100 per 160, albero a camme in testa, due valvole d'immissione e una terza molto grande di scarico per cilindro (soluzione applicata sulle 8 cilin- dri e infine generalizzata), nuovo sistema di comando delle valvo- le, 5.000 cm3, km/h 160. Il model- lo "Garros" dal nome dell'aviatore che ne acquistò un esemplare. 1914, modello per Indianapolis (4 cilindri, 100 per 180, 5.650 cm3, km/h 180) derivato dal "Garros"; nuovo tipo di sospensione poste- riore; messa in produzione del "modello 22"; preparazione delle elaborazioni a 16 valvole del "modello 13". Periodo bellico, motori aereo: il primo a 8 cilindri in linea, 120 per 160, 14.500 cm3 250 CV) fu messo in produzione nel 1916-17 dalle ditte Diatto e Delaunay; il secondo 16 cilindri affiancati, 120 per 160, 29.000 cm3 400 e 500 CV, doppio albero motore, demolti- plicatore, messo in produzione dalla Peugeot per conto del go- verno francese e dalla Duesen- berg di Elisabeth nel New Jersey per conto del governo americano (40 esemplari; 2.000 commissio- nati al momento dell'armistizio). Da questo secondo modello deri- varono diversi motori per aerei, a cilindri affiancati o contrapposti, tra cui il Bréguet francese. Periodo post bellico 1919, sulla base dei tre motori da corsa elaborati nel 1914 a 16 val- vole, ritrovati in buono stato, ini- ziava la produzione del nuovo "modello 22", del "modello 23" e del "modello 13 Brescia", tutti a 16 valvole. Le vittorie nel Grand Prix di Le Mans (1920) e nel Gran Premio di Brescia (1921) confer- mavano la bontà dei motori. 1921, Salon de l'Automobile, “modello 28" (8 cilindri e 24 val- vole, 70 per 100, 3.000 cm3), da cui prese avvio l'anno dopo il noto "modello 30" (60 per 88, 2.000 cm3). 1924, nuova autovettura a 8 cilin- dri "modello 35": 8 cilindri e 24 valvole, 60 per 88, 2.000 cm3, al- bero motore su rulli, assale ante- riore curvo e cavo, ponte poste- riore a scatola, ruote in lega leg- gera con incorporati i tamburi dei freni, peso intorno a 660 kg. Il motore rimase a lungo in produ- zione nei tipi competizione, sport e turismo, in diverse va- rianti e su diversi modelli. Fu dotato di compressore nel 1926 e, nello stesso anno, vinse tra l'al- tro la Targa Florio, i Grandi Pre- mi di Roma, d'Alsazia, di Francia, di Spagna, d'Europa, di Boulogne, d'Italia, di Milano e i campionati del mondo e dei paesi latini. Mo-
  • 35. 3535 R’s STORY Tipo 13 ,22, 23, 1914 e poi dal 1919 al '26 (foto Bugatti) Tipo 16 Bebè, 1912/'14 (foto Bugatti) Tipo 5, 1903 (foto Bugatti)Tipo 2, 1900 (foto Bugatti) Tipo 13 ,14, 15, 17, 1910 - 1920 (foto Bugatti)Tipo 10, 1909 (foto Bugatti) Tipo 18, 1908, 1912 sino al '14 (foto Bugatti) Tipo 28, 1920/'21 (foto Bugatti)
  • 36. 3636 DESIGNER tore d'aereo "modello 34", che avrà anche altri impieghi, di resa e robustezza eccezionali: 16 ci- lindri in doppia linea, 2 alberi motore, 125 per 130, 25.000 cm3. 1925, il "modello 37" (4 cilindri, 69 per 100, 1.500 cm3, con e senza compressore, km/h 170 e 150), uscito in versione turismo l'anno seguente ("modello 40") e, anco- ra, nel 1930 ma con alesaggio au- mentato; 1926, "modello 39" (8 cilindri, 1.500 cm3, con varianti nella corsa e alesaggio); 1927, "modello 43", vettura sportiva a due e quattro posti di grande successo (8 cilindri, 60 per 100, 2- 300 cm3, km/h 170-175); "modello 41", la famosa autovettura "Royale", fuori catalogo, prodotta in soli sei esemplari più il proto- tipo, prezzo di 500.000 franchi senza carrozzeria, garanzia a vita, di eccezionale silenziosità, elasticità e potenza (in seconda accelerava da 5 a 150 km/h), che utilizzava il blocco del motore "modello 34" (8 cilindri, 125 per 1130, e 125 per 150, 12.800 cm3 e 14.750 cm3, più di 300 CV, 3 ton- nellate di peso, km/h 200). 1928, "modello 45", vettura sportiva a due posti 16 cilindri in doppia linea, 60 per 84, 3.800 cm3, dop- pio albero motore e doppio com- pressore, km/h 200, riproposto l'anno seguente con corsa e ci- lindrata diminuite ("modello 47"). 1930, "modello 50" 8 cilindri, 86 per 107, 4.900 cm3, doppio albero a camme, compressore, km/h 175, e 160 nella versione turismo, ri- preso nel 1931 col "modello 53" (vettura a 4 ruote motrici, km/h 200) e nel 1932 col "modello 54" che conquistava l'anno seguente il record mon- diale dell'ora con km/h 216; "modello 51" che riprendeva il "modello 35" introducendo il doppio albero a camme e 8 val- vole a 90º. 1931, locomozione ferroviaria, rea- lizzazione di un'automotrice, completata nel 1933. Il prototipo svolse regolare servizio quotidia- no, per tutto il 1933, sul percorso Parigi-Deauville-Cabourg e ritor- no. Aveva 107 posti (84 seduti, 23 in piedi), pesava 22 tonnellate e mezzo, era lungo m. 22, raggiun- geva i 100 km/h in 1' 43'', frenava a 105km/h in m 275, era mosso da due motori derivati dal "modello 34"(che equipaggiava anche la "Royale") per 400 CV e km/h 150. Nelle prove raggiunse i 171km/h e l'automotrice si attri- buì poi il record di 196km/h. Tra le innovazioni, oltre ai sedili re- versibili nei due sensi di marcia e dispositivi di aggancio dei va- goni, adottava ruote elastiche (cerchione in acciaio gommato) e doppio carrello a 4 assi (di cui due di guida) che assicuravano una perfetta stabilità laterale e una tenuta eccezionale: nessun asse poteva deragliare anche per un salto di binario di cm 50. Il successo assicurò a Bugatti, fino al 1937, la produzione di 80 auto- motrici, in diversi tipi (leggera a due motori; "Présidentiel" a quat- tro motori; a uno, due e tre ele- menti). 1934, “modello 57", 8 cilindri, 72 per 100, 3.800 cm3 doppio albero a camme. Classe turismo: châs- sis franchi 73.000; berlina 113.000, coupé 115.000; classe sport: châssis 100.000, coupé 140.000 e 150.000; classe compe- tizione: châssis 120.000. Tipo 29, 1922 (foto Bugatti) Tipo 32, 1923 (foto Bugatti)
  • 37. 3737 R’s STORY Tipo 55, 1932/‘34 (foto Bugatti) Tipo 57, 57S 1934/‘39 (foto Bugatti) Tipo 40, 1926/’30 (foto Bugatti) Tipo 41, Royale 1926/’33 (foto Bugatti) Tipo 50, 1931/‘33 (foto Bugatti)Tipo 46, 1929/‘33 (foto Bugatti) Tipo 64, 1939 (foto Bugatti) Tipo 68, 1945/‘46 (foto Bugatti)
  • 38. 3838
  • 39. 3939 INTERVISTA Robson Jacobsen Community vuol dire anzitutto condivisione e Robson ha percepito pienamente questo spirito che sottende da due anni la nostra ARS! Ha cominciato da poco tempo a pubblicare degli splendidi tutorial in lingua portoghese dal Ca- nale YouTube ha cui ha dato semplicemente il suo nome. Nonostante il gap linguistico le indicazioni sono chiarissi- me e i video sono di elevata qualità, aspetti che nel loro insieme mi hanno convinto ad inserire questo canale tra le risorse della Comm. e a chiedere a questo nuovo amico un’intervista per conoscerlo meglio. C iao Robson, presentati ai nostri lettori Sono Robson Jacobsen, ho 37 anni e sono sposa- to con la mia cara Patricia da cui ho avuto 2 figli, Joni e David. Sono brasiliano ma da undici anni risie- do in Spagna, sull'isola di Gran Canaria. Ho iniziato a lavorare nel 1995 a San Paolo, in Brasile, con la decorazione d'interni, tre anni do- po mi trasferì a Bahia, dove ho vis- suto fino al 2003, e dove ho lavora- to come interior designer per una società che si occupava a di con- trosoffittature in cartongesso ed oggetti decorativi. In questa azien- da sono stato circa cinque anni e poi ho deciso di mettermi in pro- prio ed ho avviato la mia piccola impresa di progettazione ed alle- stimento di controsoffittature con cinque dipendenti. Solo nel 2000 mi sono avvicinato al CAD, quando ho incontrato un architetto che mi ha insegnato a fare progettazioni al computer che prima facevo con tecnica tradizionale. Mi sono ap- passionato all'informatica e gra- dualmente ho imparato ad utiliz- zare AutoCAD. Nel 2003 ho chiuso l'attività e mi sono trasferito in Portogallo per lavoro. Un anno do- po sono passato in Spagna ove vi- vo con la mia famiglia. Sono un amante dell’informatica, infatti sto studiando per la laurea in inge- gneria informatica, anche se mi hanno sempre affascinato l’archi- tettura e l’interior design. La musi- ca è un’altra delle mie passioni: mi piace suonare il pianoforte e crea- re musica. A quanti anni hai cominciato a disegnare? Quando hai scoperto il disegno tecnico? Ho iniziato a disegnare quando avevo circa 13 anni e, sinceramen- te, mi è sempre piaciuto: all’inizio disegnavo automobili e parti mec- caniche, ma è stato solo quando ho iniziato a lavorare che ho scoperto la progettazione: gli architetti por- tavano i loro elaborati ed io ero l'unica azienda che li sapeva inter- pretare. Mi sono appassionato al disegno architettonico proprio da quelle planimetrie che ridisegnavo in maniera semplificata e così, gradualmente, ho imparato. Ricordi ancora il primo disegno tecnico che hai fatto? In ditta dovevamo apportare alcu- ne modifiche in un progetto e l'ar- chitetto che aveva redatto le tavo- le era in viaggio… il mio capo mi chiese se ero in grado di fare quei cambiamenti, risposi che ci avrei provato. E’ stato allora che ho fatto il mio primo elaborato 2D vero e manualmente. Naturalmente non si tratta va di nulla di estrema- mente complesso: era solo un’uni- ca semplice planimetria anche se per me fu un’esperienza molto pia- cevole. Successivamente, di tanto in tanto, mi esercitavo facendo prima dei piccoli progetti, che non richiedevano la presenza di un architetto, e poi ho continuato a realizzare tantissimi i progetti di decorazione d'interni. Quando hai scoperto il mondo dell'informatica? E 'stato nel 1998. Avevo bisogno di di Salvio Giglio
  • 40. 4040 INTER fare una presentazione e un amico di San Paolo mi ha insegnato a usare il programma PowerPoint, per me è stato come fare un viag- gio in un altro mondo! Da quel giorno non ho mai più lasciato l’informatica. Oggi sto utilizzando GNU Linux e Windows, ma è un gran peccato che non ci sono mol- te opzioni per progettare con Li- nux come per altri sistemi operati- vi. Qual è stato il primo programma CAD che hai imparato a usare? Il primo programma che ho usato è stato ArCon, con cui ho realizza- to molti progettazioni a Bahia. Successivamente ho iniziato ad usare AutoCAD che, anche se mi sembrava troppo complicato all'i- nizio, a poco a poco ho imparato a dominare. Quando hai scoperto SketchUp? Utilizzi molto questo software? Ho conosciuto Sketchup nel 2003, attraverso una ricerca online. Ho scaricato la versione di prova e ho iniziato a testarlo. All'inizio sem- brava solo un programma per di- lettanti, ma rapidamente mi sono reso conto che aveva un grande potenziale. Ho scaricato il manua- le e la versione Pro di Sketchup ed ho imparato a usarlo. Oggi è il mio software preferito perché faccio il 90% del mio lavoro con esso. Quali sono i vantaggi di SketchUp rispetto altri programmi concor- renti?
  • 41. 4141 RVISTA Beh, Sketchup amplia continua- mente la propria gamma di plug- in che consentono la modellazione di quasi tutti gli elementi, offrendo così qualcosa di più che un sem- plice strumento per la creazione di disegni. Uno dei vantaggi di Sket- chup, ad esempio, e che viene uti- lizzato per pubblicare modelli su Google Maps, con gli edifici in 3D disegni layer possono essere visti da tutti gli utenti di tutto il mondo fino a quando il caso di un edificio reale modellato. E 'molto facile da gestire e ha un sacco di plugin di- sponibili che facilita il processo di modellazione. Utilizzi altri programmi di model- lazione 3D? Se si, quali? Per alcuni lavori uso AutoCAD e per altri uso il Blender. Non ho una grande dimestichezza con Blen- der, lo trovo un software spettaco- lare ma veramente poco tempo per immergermi in esso come mi pia- cerebbe fare. Uno dei miei obietti- vi imparare a gestire completa- mente Blender: offre molti vantag- gi rispetto agli altri ed uno di que- stui è che è software libero. Qual è il programma di rendering che preferisci di più e perché? Sinora ho imparato ad utilizzare tre motori di renderizzazione: V- Ray, Kerkythea e Blender. Il mio preferito è V-Ray, non perché sia il migliore dei tre, ma perché mi identifico meglio con esso. Io sono del parere che la bontà di un moto- re di rendering dipenda anzitutto dalla sua facilità di gestione. Ho visto tantissimi rendering di mo- delli con diversi tipi di materiali e tutti di ottima qualità; se le impo- stazioni sono gestite correttamen- te la produzione da sempre ottimi risultati. Per quel che riguarda V- Ray ti dico che oltre ad essere un software molto popolare, ha un enorme quantità di letteratura e tutorial dedicati ad esso e che i tempi per i rendering statici sono sempre accettabili. Quando hai scoperto YouTube e Google Plus? Ti piace questa rete Sociale? Nel 2007 ho iniziato ad usare You- Tube per guardare documentari e caricare alcuni video personali che sono ancora lì nel mio canale. Ma fu solo nel 2012 che, in realtà, ho dato maggiore attenzione ai canali; da poco ho iniziato a mi- gliorare i video che carico, cercan- do di offrire qualcosa che serva da supporto per chi vuole avventurar- si nel mondo del design. Google Plus l’ho conosciuto quando stavo trattando un affare online ed ave- vo bisogno di fare una video con- ferenza. Con i Social Network sono un principiante assoluto anche se mi sono reso conto che è una bella opportunità per presentare il mio lavoro. Se dovessi dare un consiglio ad un giovane disegnatore tecnico alle prime armi, cosa gli diresti? Di armarsi di molta pazienza per- ché, in un primo momento, i suoi modelli non avranno molta qualità e sarà sicuramente criticato. Avrà bisogno di spendere molto del suo tempo libero per imparare ad usa- re e testare diversi programmi di progettazione. Il consiglio più im- portante è quello di intraprendere questa strada soprattutto per pas- sione più che per fare soldi: il de- naro verrà con il tempo! Un buon apprendista disegnatore deve ave- re tantissima passione per que- st’arte, deve essere un sognatore ma senza perdere mai di vista la realtà e deve avere tantissima for- za di volontà per combattere senza sosta. Sei mai stato in Italia? Cosa ne pensi, francamente, del nostro paese? Non sono mai stato in Italia, ma è sulla mia lista dei posti che voglio conoscere in un futuro non troppo lontano. Ho molti amici italiani e anche degli amici non italiani che però vivono in Italia. Ci sono molti luoghi in Italia che voglio visitare come, ad esempio, Roma e Vene- zia. Ci sono così tante cose che mi piacciono dell'Italia che è quasi impossibile elencarle tutte qui. Mi piace la lingua, la cucina, il gelato, l'architettura, la musica, ecc .... Incontrare l'Italia è un sogno anco- ra da realizzare. Come vedi l'Unione Europea: ti piace, cambieresti qualcosa o va bene così com'è? Ciò che più mi piace della UE è la libertà di transito per persone e prodotti. Io sono tra coloro che credono che il mondo non dovreb- be avere confini. I tuoi sogni e progetti per il futu- ro... Finire la Facoltà d'ingegneria in- formatica ed impiegare quanto ho appreso in tecnologia per combi- narlo con l'architettura. Voglio es- sere uno sviluppatore di software specializzato per l'architettura e, nel tempo libero, continuare a creare i miei progetti. Spero di viaggiare molto e godermi i frutti del mio lavoro.
  • 42. 4242
  • 43. 4343 INTERVISTA Matteo Rubboli E’ uno dei personaggi più famosi di Google Plus… Con il suo splendido Vanilla Magazine ci ha fatto e ci fa girare il mondo, mettendoci costantemente, e gratuitamente, al corrente sulle ultimissime novità del design, dell’arte, della tecnologia, indagando su misteri e storia. Matteo da sempre mi appare un cittadino del mondo pieno di curiosità per tutto ciò che di bello e prezioso l’uomo riesce a creare, un grande divulgatore e uno tra i pochi utenti di Google Plus che offre senza secondi fini le sue tantissime conoscenze... Insomma, un personaggio pieno di fascino e simpati- cissimo che avevo voglia d'intervistare già da parecchio tempo e che oggi cerco di “riassumere” per voi in queste poche righe sperando gli rendano giustizia :) P artiamo subito con una bella auto presentazione per i nostri lettori: chi è Matteo Rubboli? Parto con un saluto a tutti i lettori di CADZINE, e soprattutto a Salvio Giglio, che è un esempio di cordia- lità e persona squisita rara nel mondo del web. Matteo Rubboli è un papà di 32 anni che ha fatto di internet e del mondo dei blog una passione e una professione. Dal tuo strepitosissimo sito, Vanil- la Magazine, ogni giorno escono fuori cose veramente molto belle e fonte di sicura ispirazione per chi ti segue. Quando e come è nata la tua creatura? Vanilla Magazine nasce nel 2011, nel momento in cui ho capito che esprimersi online mi avrebbe dato la possibilità di affrontare un per- corso di maturazione personale che in altro modo non sarei riusci- to a intraprendere. Il viaggio af- frontato per arrivare al sito com’è oggi è stato lungo e (fortunatamente) complesso, e mi ha dato modo di entrare in contat- to con tantissime persone appas- sionate dei tanti (troppi?) argo- menti di cui parla il sito. Si percepisce quasi immediata- mente che dietro Vanilla c'è un attento osservatore della vita, de- clinata nelle sue essenze più belle ed elevate: arte, forma e tecnolo- gia. Hai seguito tu stesso un per- corso di studi specifico per rag- giungere questi risultati? A livello personale la mia forma- zione è molto poco ortodossa (per uno scrittore) avendo fatto il liceo scientifico e avendo cominciato (senza finire) l’università sbaglia- ta. Le poche nozioni che ho appre- so le devo principalmente al mon- do di internet e ai tantissimi libri letti in gioventù, ma soprattutto alla continua voglia di conoscere e sperimentare. Il mondo del lavoro poi mi ha messo di fronte alla ne- cessità di padroneggiare diversi argomenti con proprietà di lin- guaggio e conoscenza tecnica, quindi per me la voglia di cono- scere è stata legata anche ad una necessità molto più pragmatica come la competitività professiona- le. Sei un personaggio cosmopolita e da tanti tuoi post si capisce che ami molto l'area mediterranea in particolar modo la Grecia.... Hai qualche legame particolare con quella terra? La Grecia è la mia seconda patria, in cui passo molto tempo in fun- zione delle stagioni. Ho avuto la fortuna di conoscere una donna di Salvio Giglio
  • 44. 4444 INTER fantastica con cui condivido la mia vita personale che è greca al 100%, insieme e grazie alla quale ho trovato un equilibrio fra lavoro e vita personale che, vivendo solo in Italia, non ero mai riuscito a raggiungere. Diciamo che più che un legame è proprio un amore di- chiarato nei confronti dell’Ellade. L'architettura è un tema ricorrente di Vanilla, che raccoglie ed offre tantissimi articoli su realizzazioni progettuali molto particolari... Quali sono i tuoi architetti con- temporanei preferiti? L’architettura è stato un argomen- to complesso con il quale confron- tarsi, e deriva principalmente dai miei trascorsi lavorativi nel cam- po dell’edilizia. In verità lo scopo principale delle pubblicazioni di Vanilla Magazine è quello di mo- strare la tecnologia e il pensiero dietro la costruzione di edifici per l’uomo, e quindi la rubrica vuole essere una risorsa alla quale ispi- rarsi per un futuro sostenibile piuttosto che un esercizio estetico. Per quanto riguarda gli architetti sarebbe facile citare Oscar Nie- meyer, Renzo Piano o Zaha Hadid, ma in verità non ci sono architetti che preferisco rispetto agli altri proprio perché, molto spesso, alcu- ne delle idee maggiormente inno- vative vengono da studi di persone magari semi sconosciute, ma che rispondono, con le loro capacità progettuali, a specifiche esigenze di ecosostenibilità. WEB e divulgazione culturale, un meraviglioso binomio che sembra aver trovato in Google un patron di tutto rispetto. Parlaci della tua esperienza di questi ultimi anni in rete. Questa è una domanda che potreb- be aprire un trattato di lunghezza biblica. Cercando di essere conci- so e non annoiare i lettori, credo che la rete sia l’invenzione più de- mocratica mai realizzata, e che ponga di fronte alle persone la possibilità di accedere alla cultura nel modo più semplice che la sto- ria dell’uomo abbia mai conosciu- to. Google è fortunatamente un’a- zienda attenta al progresso nel senso “vero” della parola, ma rima- ne pur sempre un’azienda, che quindi deve fare profitto. Facebook e Google si dividono in parti (quasi) uguali il mondo del web, e sono diventati due asset come possono essere il petrolio o il gas naturale. Penso che i governi e il legislatore dovrebbero garantire la giustizia nell’utilizzo e nella pub- blicazione delle informazioni (pensiamo al materiale pedopor- nografico, al bullismo in rete etc) e molto si sta facendo (e si è fatto) in questo senso. Il web ha solo 20 an- ni, quindi è impensabile che abbia dei regolamenti evoluti come ad esempio quelli che, in paesi civili, regolano la libertà di stampa. En- tro qualche decennio assisteremo alla regolamentazione dell’utilizzo del web, e noi utenti abbiamo il compito e la responsabilità di ga- rantire alle generazioni successive la stessa libertà con cui noi oggi ci muoviamo in rete. Italia, potenzialità e negligenze del nostro Paese in ambito artistico e culturale. Dal tuo particolarissimo osservatorio che futuro vedi? Vivendo Italia e Grecia posso dire che conosco bene il "lato oscuro" dei beni culturali a livello statale. Purtroppo non so come sia il futu- ro, ma so che il presente potrebbe essere decisamente più florido. Per fare un esempio, l’anno scorso sono stato al museo dell’Arte Mo- derna di Singapore, il quale ospita- va, in molte sale, banchi e sedie di scuola che avevo "scaldato" quan- do ero alle elementari e medie. Il patrimonio di cui disponiamo è immenso, e dalle nazioni più ric- che vengono a prenderci addirittu- ra banchi e sedie che noi conside- riamo di una banalità imbarazzan- te. Siamo sicuri che facciamo il giusto per promuovere la nostra Italia? Crisi, crisi, crisi... ma a parer tuo il peggio è passato e cosa ci dobbia- mo aspettare in futuro dal pac- chetto Europa? Penso che il mondo abbia cono- sciuto uno spostamento deciso della ricchezza, accelerato dalla scellerata crisi dei mutui subpri- me. L’Europa, anche se non ne è stata causa diretta, ha risentito nel modo più profondo la crisi, che era però assolutamente inevitabile. Lo spostamento della produzione in- dustriale dai paesi europei a quelli asiatici e BRICS era solo questione di tempo, e lo stesso atteggiamen- to delle persone nei confronti dei prodotti nazionali ha velocizzato il passaggio di mani nella produzio- ne di beni. Penso che più che “crisi” si debba pensare ad un nuo- vo status quo, che è stato chiama- to “crisi" solo perché si è presenta- to in tempi rapidissimi, 3 o 4 anni. Il futuro sarà la conversione da un’Italia industriale, quella che abbiamo conosciuto fino al 2008, all’Italia dei servizi in stile inglese. Grande parte del compito spetterà al governo, che durante l’era Berlu- sconi non è riuscito a proteggere il nostro paese dai rapidi venti eco- nomici mondiali. Il governo attua- le e quelli futuri saranno in grado di svolgere questo compito? L’Eu- ropa inoltre deve riuscire a garan- tire regole uguali per gli stati membri, che concernano tassazio- ne, investimenti e stato sociale. E’ impensabile che in Irlanda si pa- ghino il 2% di tasse e in Italia il 47%, quale investitore porterebbe mai i propri capitali nella nostra nazione, avendo il vantaggio di incassare egualmente in Euro? Google Plus ieri, oggi e domani secondo Matteo Rubboli Google Plus è stato lo strumento per Google per connettere tutti i
  • 45. 4545 RVISTA propri servizi. Troppo spesso addi- tato come concorrente diretto di Facebook, Plus è un network che assolve perfettamente agli scopi dell’azienda che lo ha realizzato, ovvero tracciare i comportamenti sul web degli utenti (tasto +1) e dargli un profilo di login utilizza- bile in tutti i propri servizi. Doma- ni potrà diventare magari più po- polato (comunque già oggi ha più di 1 miliardo di iscritti) ma soprat- tutto Google punterà sull’intera- zione con gli utenti, ancora troppo bassa. Tra i vari fenomeni virali che ani- mano la rete quale è quello che più ti ha colpito, convinto e divertito? Mi trovo tutti i giorni a valutare e a vedere con i miei occhi molti con- tenuti che diventano virali che ormai mi impressiono difficilmen- te. Se devo ricordarne uno scelgo sicuramente #coglioneNO di Zero, una serie di video che pone l’at- tenzione sulla valutazione econo- mica dei lavori degli esperti della rete e dei new-media. Penso siano interessanti non tanto perché mo- strino un problema reale, ma per- ché pongono l’attenzione su un aspetto che troppo spesso i giova- ni non tengono in considerazione: la capacità di fare business. Se si realizza un progetto, un lavoro o un semplice scritto e non si sa ri- chiedere il compenso ritenuto congruo è meglio non intrapren- dere la carriera creativa. Lavorare come freelance significa svolgere quattro compiti: trovare il cliente, capire il progetto, realizzarlo e ve- nire pagati. Se non si è ferrati in anche solo uno di questi quattro aspetti è meglio cercare lavoro dipendente, in proprio difficilmen- te si avrà successo. Se dovessi creare tu stesso un So- cial come lo struttureresti? Beh ritengo che Google Plus sia quasi il social perfetto, che con alcune integrazioni da Facebook potrebbe diventare ancora più av- vincente (sopratutto il meccani- smo dei mi piace e delle condivi- sioni, ancora superiore nel social di Zuckerberg). Il personaggio più singolare che hai conosciuto su G+ e con cui hai un sentito rapporto di amicizia. Mi sento in dovere di fare due cita- zioni. In primo luogo Salvio Giglio (non a caso il fondatore di CADZI- NE), eccezionale utente di G+ che mi ha sempre dimostrato affetto e spronato nel continuare a condivi- dere e realizzare contenuti inte- ressanti. In secondo luogo (ma non per importanza) la moderatrice con cui collaboro sulla community di Foto Passione, Nives Mazzarro, senza la quale quella che oggi è la community italiana più grande di Google Plus non sarebbe mai di- ventata quel fantastico luogo di condivisione e discussione che è oggi. Aver raggiunto il traguardo dei 100.000 iscritti per primi in Italia è stata una soddisfazione eccezionale, che abbiamo ottenuto grazie ad un perfetto lavoro di squadra, aiutati dall’educazione e dalla passione di tutti i nostri utenti. Fai un elenco ragionato delle cin- que recenti invenzioni più belle che, a tuo parere, sono destinate a cambiare letteralmente le nostre abitudini quotidiane. 1. Lo smartwatch. All’inizio ne ero un implacabile critico, ma nel tempo mi sono convinto che diventerà un dispositivo che permetterà di dimenticare por- tafogli, chiavi dell’automobile, smartphone e, almeno in parte, computer. 2. L’implementazione delle fonti di energia rinnovabile nelle nostre case e l’architettura ecososteni- bile. 3. La ricerca medica associata ai nostri device, in grado di fornire ai ricercatori una base di dati enorme sulla quale sviluppare nuove cure. 4. La digitalizzazione del sapere umano, che consentirà a chiun- que di accedere all’enorme ban- ca dati di scritti ancora purtrop- po pubblicati solo su carta. 5. Le auto a “pilota automatico”. Colgo l’occasione per salutare il mio amico Salvio Giglio e la sua fantastica compagna Nunzia Nul- lo, che rendono il web un posto in cui apprendere e condividere le proprie esperienze per tentare di creare un futuro migliore condivi- so da tutti.
  • 46. 4646
  • 47. 4747 LIBRI Q uando hai scoperto Sket- chUp? Ho scoperto SketchUp all'inizio di questo nuovo secolo. Come molti, ho pensato che fosse un "piccolo" software non-professionale. Il primo pro- getto che ho realizzato completa- mente con SketchUp è stato un edificio residenziale, nel 2004/2005. Mi ha letteralmente contagiato! Mi piace giocare e di- segnare con esso come su di un album da disegno. Come valuti questo programma di modellazione 3D rispetto ai suoi concorrenti diretti? In altre parole: cosa ha più e cosa gli manca anco- ra rispetto ad altri software? SketchUp è semplice ... ma non facile! Per me, la modellazione in SketchUp è un piacere: mi sembra quasi di impugnare una penna! SketchUp ha risolto un'equazione: mouse = penna! Sì, questo è una delle più grandi differenze rispetto agli altri software. Un altro punto a favore è per la filosofia: “ll 3D per tutti!”. Credo che oggi sia molto importante promuovere la model- lazione 3D come nuova forma di linguaggio. Mi piacerebbe solo che SketchUp fosse più orientato alla BIM, anche se so già che ciò è pos- sibile con l'aggiunta di alcuni plu- gin come quelli sviluppati da PlusSpec e Dale Martens. Ho letto nel tuo profilo che sei un architetto e un docente... quanto SketchUp ha semplificato il tuo lavoro? SketchUp semplificato il mio lavo- ro in molte aree. Ora sono in grado di presentare in modo rapido e ac- curato sia i volumi che layout di un progetto. L'impatto è estrema- mente efficace sui clienti: vedono i loro sogni diventare realtà! E’ per questo che possiamo considerare SketchUp anche come un fantasti- co software di marketing. Sket- chUp ha letteralmente cambiato la mia vita perché, proprio grazie a questa passione, sono diventato un docente e un autore. Nella mia attività da formatore ho scoperto che due cose determinano l’entu- siasmo dei miei studenti del corso di SketchUp facendogli esclamare un bel “WOW!”. La prima è l’abbi- namento di immagini fotografiche ad un modello, una delle funziona- lità più pratiche di SketchUp, di- sponibile anche nella versione free. Per me è sempre una grande soddisfazione presentare questa simpatica funzionalità durante una lezione del corso di SketchUp. Mi rendo subito conto che la clas- se intuisce perfettamente che que- sta caratteristica di SketchUp può cambiare molto la loro vita profes- sionale. La seconda funzionalità è quella delle operazioni sui compo- nenti, una “magia” di sicuro effetto sulla classe e mi piace quando ac- cade questo. In Italia, digitalmente arretrata rispetto agli altri Paesi UE, i pro- fessionisti sono ancora legati solo ai programmi blasonati ... come è la situazione in Francia? Anche in Francia, i professionisti utilizzano prevalentemente Auto- CAD e ArchiCAD. Ma a poco a po- co, ho la sensazione che la voglia di lavorare con SketchUp è in cre- scita. Faccio questa affermazione perchè ho visto personalmente degli ingegneri lasciarsi sedurre dalle potenzialità di SketchUp per aumentare la loro produttività. Stampa 3D e architettura: quali sono le sue implementazioni in questa disciplina? il modello in legno o in cartone di Salvio Giglio L’impression 3D avec SketchUp Intervista con l’autore J. L. Clauss
  • 48. 4848 oggi sono stati sostituiti da soft- ware di modellazione 3D. A mio parere, la stampa 3D riporterà in auge la produzione di modelli reali in scala. Questo, come spero, po- trebbe anche essere un’opportuni- tà per creare nuovi posti di lavoro in architettura. Per gli architetti la stampa 3D e la realtà aumentata, che è il passo successivo, sono un modo innovativo e convincente per presentare i modelli delle loro creazioni. Quali sono le tue esperienze con la stampa 3D? Hai una stampante del genere? Il mio lavoro è quello di aiutare le persone a parlare in 3D, ecco per- ché sto fornendo dei servizi di mo- dellazione e prototipazione 3D. Se vogliono imparare come produrre qualcosa da soli, scelgono uno dei miei corsi di formazione per la stampa 3D. Se non hanno tempo, gestisco io tutto il processo di mo- dellazione e stampa per trasfor- mare il loro progetto in realtà. Pos- siedo una stampante UP desktop 3D printer. Sono membro del Fab Lab locale qui a Strasburgo e a vol- te ci vado per la stampa. E 'anche un luogo ideale per condividere le conoscenze e migliorare le mia capacità di relazionarmi con gli altri. Mi piace anche utilizzare i servizi di stampa 3D online come Sculpteo. Come è nato il tuo libro "Impression 3D avec SketchUp"? Potresti riassumere per i nostri lettori i punti salienti in cui il tuo lavoro è organizzato? Questo libro è nato da un'idea del mio editore Editions ENI, con cui avevo già pubblicato quattro libri. Quando quindi mi è stato proposto di scrivere un testo sulla la stampa 3D con SketchUp, ho accettato su- bito. Il libro è organizzato in 3 par- ti: nella prima ho descritto breve- mente la storia e le tecniche di stampa 3D. Nella seconda parte fornisco al lettore una serie di in- formazioni relative all’ottimizza- zione dei modelli preliminare alla fase di stampa come, ad esempio, imparare a modellare corretta- mente per la stampa 3D, quali sono i plugin da utilizzare, ecc. Nella terza ed ultima parte ho descritto, passo per passo, il processo di mo- dellazione attraverso circa una decina di esempi: il modello di ca- sa, la decorazione dell’oggetto, ecc. Perché pensi che sia importante conoscere la stampa 3D di oggi? E 'importante sapere di stampa 3D, perché sono sicuro che essa cam- bierà il mondo. Nessuno può dire esattamente come ma l'importan- te è esserne consapevoli. Sono cer- to che in futuro la stampa 3D sarà un qualcosa di estremamente na- turale e familiare come con un te- lefono cellulare o la navigazione su internet. per i professionisti, inoltre, vedo in essa una grande opportunità per promuovere il loro lavoro. Quanto è importante la stampa 3D nella scuola e per i giovani? Ci stiamo spostando in un mondo nuovo e questo è solo l'inizio. I gio- vani devono essere preparati. Essi sono responsabili del nostro futu- ro. Avranno nuovi strumenti nelle LIB