1. Banca Nazionale del Lavoro
Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119
00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n. 159/2002
del 9/4/2002
Le opinioni espresse
non impegnano la
responsabilità
della banca.
Andamento della disoccupazione nel Mondo
220
(milioni e valori %)
210
6,2
200
6,0
190
180
5,8
170
5,6
160
150
5,4
140
5,2
130
120
6,4
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015* 2016* 2017* 2018*
Disoccupati (milioni)
5,0
Tasso di disoccupazione (sc dx)
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati ILO
(*) Previsioni
04
4 febbraio
2014
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa
tel. 0647028414
giovanni.ajassa@bnlmail.com
La lunga fase di peggioramento del mercato del lavoro a livello mondiale continua
nonostante la ripresa dell’economia con il numero complessivo di disoccupati arrivato
a circa 202 milioni. Tra i paesi sviluppati la situazione è particolarmente complessa
nell’area dell’euro: tra il III trimestre del 2008 e il III del 2013 il numero degli occupati è
sceso di 5,5 milioni di unità, frutto di un aumento di quasi 1,7 milioni in Germania, e di
un calo in quasi tutti gli altri paesi. La flessione in termini assoluti è stata maggiore in
Spagna (-3,5 milioni di posti di lavoro), in Italia (-1,1 milioni), in Grecia (-954mila) e in
Portogallo (-642mila).
In Europa tra i paesi in maggiore difficoltà, in termini sia di crescita del Pil sia di
andamento dell’occupazione, si distingue la Spagna, dove a inizio 2012 è stata
approvata una legge di riforma del mercato del lavoro che ha attirato molta attenzione
da parte degli organismi internazionali.
In Italia a dicembre il tasso di disoccupazione si è attestato al 12,7%, mentre
l’occupazione continua scendere. Negli anni della crisi, alla flessione dell’occupazione
hanno contribuito soprattutto i cosiddetti giovani adulti (25-34enni), con oltre 1,7
milioni di posizioni lavorative perse, e i 15-24enni, con 509mila unità in meno.
2. 4 febbraio 2014
Mercato del lavoro e riforme: guardare alla Spagna?
Simona Costagli 06-47027054 – simona.costagli@bnlmail.com
La lunga fase di peggioramento del mercato del lavoro a livello mondiale
continua nonostante la ripresa dell’economia. Secondo stime ILO (International
Labour Office) nel mondo sarebbero ormai oltre 60 milioni gli individui espulsi
dal mercato del lavoro a causa della crisi. Il numero complessivo di disoccupati
si attesta così a circa 202 milioni.
Tra i paesi sviluppati la situazione è particolarmente complessa nell’area
dell’euro: tra il III trimestre del 2008 e il III del 2013 il numero degli occupati è
sceso di 5,5 milioni di unità, frutto di un aumento di quasi 1,7 milioni in
Germania, e di un calo in quasi tutti gli altri paesi. La flessione in termini assoluti
è stata maggiore in Spagna (-3,5 milioni di posti di lavoro), in Italia (-1,1 milioni),
in Grecia (-954mila) e in Portogallo (-642mila).
L’andamento divergente nel mercato del lavoro nei paesi dell’area euro è solo in
parte riconducibile alle differenze nei tassi di crescita dell’economia. Nel
quinquennio terminato nel 2013 un ruolo importante nel determinare la dinamica
del tasso di disoccupazione è stato giocato dalle politiche di sostegno del
reddito dei lavoratori espulsi dal mercato e da quelle che hanno puntato sulla
riduzione delle ore lavorate, come la Cig in Italia.
In Europa tra i paesi in maggiore difficoltà, in termini sia di crescita del Pil sia di
andamento dell’occupazione, si distingue la Spagna, dove a inizio 2012 è stata
approvata una legge di riforma del mercato del lavoro che ha attirato molta
attenzione da parte degli organismi internazionali e di paesi (tra cui l’Italia) che si
trovano in condizioni analoghe. Una valutazione dell’impatto della riforma sul
mercato del lavoro spagnolo è ancora prematura, anche perché la complessità e
la varietà delle misure adottate ne rende difficile il confronto con un benchmark
definito. La riforma viene però in via preliminare valutata positivamente
dall’Ocse, che mette in evidenza soprattutto la flessione del costo del lavoro
registrata nel paese negli ultimi trimestri.
In Italia gli ultimi dati Istat mostrano un lieve rallentamento nella fase di
peggioramento del mercato del lavoro: a dicembre il tasso di disoccupazione si è
attestato al 12,7%, mentre l’occupazione continua a scendere. Negli anni della
crisi, alla flessione dell’occupazione hanno contribuito soprattutto i cosiddetti
giovani adulti (25-34enni), con oltre 1,7 milioni di posizioni lavorative perse, e i
15-24enni, con 509mila unità in meno. Le difficoltà presenti sul mercato del
lavoro in Italia hanno acceso il dibattito sull’opportunità di una riforma che
privilegi i contratti aziendali, percorrendo in parte la strada da poco intrapresa
dalla Spagna.
Nelle scorse settimane il rapporto annuale pubblicato dall’ILO (International Labor
Office) ha ribadito con forza il preoccupante ritardo nella ripresa del mercato del lavoro
globale rispetto a quella, sia pure ancora modesta e incerta, in atto in termini di Pil. A
fronte di una crescita dell’economia mondiale che il Fondo Monetario Internazionale
indica pari al 3% nel 2013, l’occupazione mondiale ha registrato un incremento pari
all’1,4%, un valore simile a quello del 2012 ma inferiore a quello registrato in media
prima della crisi scoppiata nel 2007. Il dato si deve soprattutto alle difficoltà registrate
nei paesi dell’Europa meridionale e centrale, ma anche in America Latina e Sud est
asiatico. Rispetto a una stima fatta dall’ILO prima della crisi, i posti di lavoro sono oggi
62 milioni in meno, compresi 23 milioni di persone uscite dalle forze di lavoro perché
2
3. 4 febbraio 2014
scoraggiate dopo una vana ricerca di occupazione. Se il trend dovesse continuare
invariato, entro il 2018 la differenza rispetto alle stime pre-crisi sarà di 81 milioni; inclusi
30 milioni di scoraggiati in più rispetto alle attese. Quest’ultimo dato è particolarmente
rilevante, perché si tratta di persone che l’ILO ritiene definitivamente espulse dal
mercato del lavoro.
Nel complesso, oggi i disoccupati a livello mondiale sono 201,8 milioni, 4,9 milioni in
più rispetto al 2012. Di questi, 74,5 milioni (700mila unità in più del 2012) hanno un’età
compresa tra i 15 e i 24 anni.
Andamento della disoccupazione nel Mondo
(milioni e valori %)
220
6,4
210
6,2
200
6,0
190
180
5,8
170
5,6
160
150
5,4
140
5,2
130
120
2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015* 2016* 2017* 2018*
Disoccupati (milioni)
5,0
Tasso di disoccupazione (sc dx)
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati ILO
(*) Previsioni
Tra i paesi sviluppati, la situazione appare particolarmente complessa nell’area
dell’euro: tra il III trimestre del 2008 (ultimo trimestre di picco del mercato del lavoro) e
il III del 2013 (ultimo disponibile) il numero degli occupati è sceso di 5,5 milioni di unità,
frutto di un aumento di quasi 1,7 milioni in Germania, 92mila unità in Austria e 40mila
circa tra Lussemburgo e Malta e di un calo in tutti gli altri paesi. La flessione in termini
assoluti è stata maggiore in Spagna (dove sono andati persi 3,5 milioni di posti di
lavoro), in Italia (1,1 milioni), in Grecia (954mila) e in Portogallo (642mila). Nello stesso
periodo in gran parte dei paesi dell’area si è assistito a un aumento del peso del lavoro
part-time sull’occupazione totale, con valori in aumento soprattutto in Irlanda (+5,5 p.p.
al 23,7%), in Spagna (+4 p.p. a 15,4%), in Italia (3.3 p.p. a 17,4%) e in Grecia (+2,8
p.p. a 8,2%).
Anche dal lato della disoccupazione si registra un marcato peggioramento: tra il III
trimestre del 2008 il III 2013 nel complesso dei paesi dell’area si contano 7,3 milioni di
persone in più in cerca di occupazione, dato che sarebbe molto più alto se in Germania
non si fosse al contrario registrata una diminuzione di 771mila unità tra i disoccupati.
In termini molto generali è possibile affermare che l’andamento divergente nel mercato
del lavoro osservabile nei paesi dell’area euro (soprattutto quando misurato in termini
di tasso di disoccupazione) è solo in parte riconducibile alle differenze nei tassi di
crescita delle rispettive economie. Nei cinque anni terminanti nel 2013 la variabilità del
tasso di disoccupazione, per ogni punto di flessione del Pil, è stata estremamente
eterogenea nei diversi paesi. Come osserva il Rapporto CNEL 2013, al di là
dell’impatto diretto della crisi un ruolo importante, nel determinare la dinamica del tasso
di disoccupazione, è stato giocato dalle politiche finalizzate al sostegno del reddito dei
3
4. 4 febbraio 2014
lavoratori espulsi dal mercato e da quelle che hanno puntato sulla riduzione delle ore
lavorate, come la Cig in Italia. La disoccupazione inoltre è aumentata soprattutto nei
paesi più colpiti dal crollo del mercato immobiliare (come la Spagna), in quelli
caratterizzati da una quota più elevata di contratti a termine e in quelli penalizzati dalla
necessità di realizzare importanti correzioni dei saldi di finanza pubblica.
Variazione degli occupati nei principali paesi
dell’area euro
(differenza III 2013-III 2008; migliaia)
2.000
1.695
1.000
0
-217
-1.000
-1.088
-954
Italia
Grecia
-162
Irlanda
Francia
-642
-2.000
-3.000
-4.000
-3.523
Spagna
Portogallo
Germania
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Eurostat
Nell’area euro, in particolare, merita attenzione l’andamento del mercato del lavoro di
Spagna e Italia, perché i due paesi presentano numerose caratteristiche in comune:
escono entrambi da un lunga recessione per entrambi il Fondo Monetario
Internazionale prevede per il prossimo anno tassi di crescita tra i più bassi dell’area
(+0,6%); registrano entrambi uno spread simile rispetto al titolo di stato decennale
tedesco e in tutti e due i paesi si è dibattuto a lungo sull’opportunità di riformare
profondamente un mercato del lavoro la cui presunta rigidità è ritenuta causa della
cattiva performance economica. In Spagna il dibattito ha portato al varo di una legge di
riforma sostanziale, mentre in Italia si è ancora in fase progettuale.
Il caso spagnolo
In Spagna il calo dell’occupazione è proseguito ininterrotto dal III trimestre del 2008, e
nel trimestre corrispondente del 2013 i posti di lavoro persi erano più di 3,5 milioni. Il
calo è maturato soprattutto nelle fasce di età più giovani: circa 2,2 milioni di persone tra
i 25 e i 39 anni ha perso il posto di lavoro durante questo periodo, cui si aggiungono
1,2 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni. Per contro, il numero dei 40-59enni espulsi dal
mercato del lavoro è stato pari solo a 138mila unità, mentre sono stati solo 34mila
quelli di età compresa tra i 60 e i 64 anni che hanno perso il lavoro. Il calo
dell’occupazione spagnola ha riguardato soprattutto lavoratori a bassa qualifica
professionale: nel corso del periodo in esame il 72% circa dei posti di lavoro persi
riguardava persone con un’istruzione primaria o secondaria inferiore (poco più di 2,5
milioni di unità), mentre il 29,6% riguardava persone con un’istruzione secondaria
superiore (poco più di un milione). Al contrario, tra i laureati l’occupazione risulta
aumentata di 52mila unità.
4
5. 4 febbraio 2014
Variazione degli occupati in Spagna per classi di
età
(differenza III 2013-III 2008; in migliaia)
0
-138
-34
-500
-1.000
-1.126
-1.500
-2.000
-2.204
-2.500
15-24
25-39
40-59
60-64
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Eurostat
L’immagine che si ricava guardando ai dati del mercato del lavoro spagnolo
precedente la crisi è quella di una realtà molto instabile, caratterizzata, come ha di
recente ribadito l’Ocse, 1 da una marcata dualità. All’inizio della crisi il 31,7% degli
occupati spagnoli aveva un contratto a tempo determinato, contro valori compresi tra il
13 e il 15% per gli altri principali paesi europei. La percentuale spagnola è molto
diminuita durante gli anni della crisi, per la massiccia espulsione dal mercato del lavoro
proprio dei lavoratori a tempo determinato, ma rimane comunque tra le più alte
dell’area Ocse (23% contro una media del 13%).
Incidenza dell’occupazione a tempo determinato
sull’occupazione complessiva
(2012, in %)
35
30
25
20
Media Ocse 2012
15
10
5
0
Germania
2012
Francia
2007
Italia
Spagna
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Ocse
1
Ocse, The 2012 labour market reform in Spain: a preliminary assessment. Dicembre 2013.
5
6. 4 febbraio 2014
La dualità emerge anche dai dati relativi alle assunzioni: nel 2007 l’88,3% dei nuovi
contratti di lavoro era a tempo determinato, percentuale arrivata al 92,3% nel 2011
(anno nel quale il corrispondente valore per Italia e Francia era 78%) per poi declinare
solo lievemente in seguito; peraltro, nel paese solo una percentuale molto bassa (3%)
dei contratti a tempo determinato viene convertito in contratto permanente. Secondo
una stima dell’ILO 2 circa un terzo della forza lavoro spagnola che si è trovata ad avere
un contratto di lavoro a tempo determinato in una qualche fase della propria vita
lavorativa ha trascorso un periodo di circa 6-8 anni tra lavori a tempo determinato e
disoccupazione. Inoltre, anche coloro i quali ottengono la trasformazione del contratto
a tempo determinato in uno permanente si trovano comunque in una posizione
peggiore degli altri.
Le principali caratteristiche della riforma del lavoro spagnola
La necessità di superare in parte questo dualismo, in un periodo di forte difficoltà per
l’economia, ha spinto il Governo spagnolo ad approvare una profonda riforma del
mercato del lavoro. La legge, varata a febbraio 2012, ha passato l’approvazione
parlamentare senza sostanziali modifiche a luglio dello stesso anno.
Una delle principali innovazioni introdotte dalla nuova legge è il maggiore peso dato ai
contratti aziendali rispetto a quelli settoriali o regionali. Le imprese in Spagna possono
ora rinunciare al contratto collettivo e adottare misure che rendano più flessibile
l’occupazione; possono ad esempio introdurre unilateralmente modifiche alle condizioni
di lavoro (inclusi i salari, il numero di ore lavorate e l’organizzazione del lavoro) ogni
volta che ragioni economiche tecniche o organizzative lo richiedano.
Secondo la nuova normativa, inoltre, i contratti collettivi scaduti possono essere
prolungati al massimo per un anno. Tra le altre condizioni la nuova legge introduce la
possibilità di licenziamento qualora l’impresa fronteggi tre trimestri consecutivi di calo
nei ricavi o nel reddito ordinario (ordinary income). L’impresa in questione non deve
neanche dimostrare che il licenziamento sia essenziale per la futura profittabilità. Il
compenso monetario a copertura di un licenziamento illegittimo (senza giusta causa) è
stato inoltre ridotto a 33 giorni di salario per ogni anno di anzianità (in precedenza
erano 45), fino a un massimo di 24 mesi (dai precedenti 42).
Relativamente ai licenziamenti collettivi, la riforma spagnola ha eliminato il requisito
dell’autorizzazione amministrativa, mentre ha mantenuto l’obbligo dei negoziati
preliminari “in buona fede” con i sindacati, al pari di quanto accade nella maggior parte
dei paesi Ocse. Nel caso in cui ad essere coinvolte siano imprese con più di 50 addetti
è previsto inoltre che queste si impegnino in programmi speciali di riqualificazione e
ricollocazione dei lavoratori licenziati. Con la nuova normativa viene inoltre ampliato il
numero dei casi in cui le imprese debbano pagare una tassa nel caso in cui tra i
licenziati vi siano lavoratori con oltre 50 anni. Con il decreto di marzo 2013, il novero
delle imprese obbligate al pagamento di un tale contributo è stato ampliato a
comprendere tutte quelle che (date alcune circostanze) hanno registrato profitti positivi
nell’anno precedente il licenziamento collettivo. In alcuni casi l’obbligo si estende
anche alle imprese che realizzano profitti nei due-quattro anni successivi i
licenziamenti; in tal modo si è voluto legare il contributo alla performance dell’impresa
stessa.
2
Garcia-Serrano, C. e M.A. Malo, Beyond the contract type segmentation in Spain: country case study on
labour market segmentation, Employment working paper, n. 143, ILO.
6
7. 4 febbraio 2014
La riforma ha inoltre posto limiti precisi e stringenti ai casi di licenziamento collettivo
che possono essere dichiarati nulli dai tribunali con conseguente reintegro dei
lavoratori nel loro precedente ruolo (e pagamento degli arretrati). La stessa legge limita
la possibilità che un singolo lavoratore coinvolto in un licenziamento collettivo possa
ricusare gli accordi.
La legge dedica anche alcuni interventi specifici alle piccole imprese: a quelle con
meno di 50 addetti che non hanno fatto ricorso a licenziamenti senza giusta causa o
collettivi nei sei mesi precedenti la legge accorda la possibilità di stipulare contratti full
time a tempo indeterminato che beneficiano di incentivi e rimborsi fiscali.
Ai lavoratori licenziati con accordo dalle imprese con meno di 25 addetti viene esteso il
sussidio pari al salario di 8 giorni per ogni anno di servizio; tale sussidio viene erogato
dal FOGASA, un apposito fondo a garanzia dei salari.
Tra le altre misure adottate per il complesso delle imprese vi sono inoltre il limite,
fissato a due anni, alla durata dei contratti a tempo determinato, e la maggiore
flessibilità nei contratti part-time e in quello di apprendistato (contrato de formación y
aprendizaje). La riforma autorizza infine agenzie private di collocamento ad operare
insieme a quelle pubbliche nella ricollocazione dei lavoratori disoccupati.
Una valutazione dell’impatto della riforma sul mercato del lavoro spagnolo è ancora
prematura. La sua complessità, e soprattutto il fatto di comprendere una serie di
misure riferite a specifici segmenti di impresa o tipologie di lavoratori, rende difficile
qualunque confronto con un benchmark conosciuto. La riforma viene però in via
preliminare valutata positivamente dagli organismi internazionali (soprattutto l’Ocse),
che mettono in evidenza soprattutto la flessione del costo del lavoro registrata nel
paese negli ultimi trimestri. Occorre tuttavia ricordare che tale flessione (per
ammissione degli stessi analisti dell’Ocse) potrebbe essere stata determinata in gran
parte dalla fase negativa del ciclo che ha caratterizzato in modo rilevante l’economia
spagnola dopo il varo della legge. Tra i fattori positivi si rileva anche un lieve aumento
del numero dei contratti permanenti (25mila in più al mese secondo alcune stime),
soprattutto tra le imprese piccole e medie. La quota dei contratti permanenti sulle
nuove assunzioni sarebbe così salita di 3 punti percentuali. L’Ocse ritiene inoltre che la
legge necessiti di alcune correzioni, ad esempio limitare ulteriormente la discrezionalità
dei tribunali di dichiarare nulli i licenziamenti, ed eliminare la norma che prevede una
sorta di penale per le imprese che licenziano e realizzano profitti positivi negli anni
successivi.
Una legge spagnola per il mercato del lavoro italiano? Alcune osservazioni
In Italia gli ultimi dati Istat mostrano un lieve rallentamento nella fase di peggioramento
del mercato del lavoro: a dicembre il tasso di disoccupazione si è attestato al 12,7%
(dal 12,8% di novembre), un valore comunque molto più elevato di quello di inizio anno
(11,8%). Il dato più rilevante è comunque rappresentato dalla discesa
dell’occupazione, che anche a dicembre è proseguita con la perdita di 30mila posti di
lavoro rispetto a novembre.
Il confronto tra il III trimestre del 2008 e il III del 2013 suggerisce, anche per l’Italia,
considerazioni interessanti sia in termini di composizione per età che per titolo di studio
delle posizioni lavorative perse. In questo periodo, al calo di 1,13 milioni di posti di
lavoro complessivi hanno contribuito soprattutto i cosiddetti “giovani adulti” (25-34enni),
con oltre 1,7 milioni di posizioni lavorative perse e i 15-24enni (con 509mila unità
perse). Al contrario, si osserva un aumento sia degli occupati 40-59 anni (+857mila
7
8. 4 febbraio 2014
unità), sia dei 60-64enni (+261mila) unità. Anche nel nostro paese a essere
penalizzate sono state le posizioni lavorative occupate da persone con un livello di
istruzione molto basso: 1,5 milioni, più del calo complessivo. Nel caso degli occupati in
possesso di diploma di scuola media superiore il calo si è limitato a 173mila unità,
mentre sono aumentate le posizioni lavorative occupate da laureati.
Variazione degli occupati in Italia per classi di
età
(differenza III 2013-III 2008; migliaia)
1.000
857
500
261
0
-500
-509
-1.000
-1.500
-2.000
-1.746
15-24
25-39
40-59
60-64
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Eurostat
Secondo alcune stime, nel nostro paese il calo dell’occupazione sarebbe stato
maggiore in assenza della forte contrazione nel numero di ore lavorate per occupato.
Secondo i dati Eurostat nel complesso dell’economia nel III trimestre del 2013 il
numero di ore lavorate è sceso del 6,3% rispetto allo stesso trimestre del 2008, in
particolare nel manifatturiero (-15,2%) e nelle costruzioni (-22,4%). La riduzione del
numero di ore lavorate si deve a un minore ricorso al lavoro straordinario o allo
smaltimento delle ferie pregresse, ma soprattutto all’aumento del part time involontario,
che nello stesso periodo è risultato in crescita. Sebbene positivo, questo fenomeno
rischia tuttavia di generare uno stock eccessivo di lavoratori in difficoltà (i cosiddetti
working poor) che percepiscono un reddito troppo basso e che mascherano una fetta
consistente di sostanziale disoccupazione (si veda su questo punto il Rapporto CNEL
2013). Un ruolo importante nel limitare il calo dell’occupazione è stato poi svolto dalla
Cig.
Le difficoltà presenti sul mercato del lavoro in Italia, soprattutto per i giovani, hanno
acceso il dibattito sull’opportunità di una riforma che privilegi i contratti aziendali,
percorrendo in parte la strada recentemente intrapresa dalla Spagna. Come da più
parti rilevato (CNEL, ILO), tuttavia, l’andamento del mercato del lavoro non dipende
solo da rigidità endogene, ma è inevitabilmente influenzato dalla profonda crisi che ha
caratterizzato l’economia mondiale negli ultimi anni. Politiche del lavoro e politiche per
la crescita dovrebbero pertanto essere viste come complementari l’una all’altra,
piuttosto che alternative o sostitutive.
8
9. 4 febbraio 2014
Numero di ore lavorate
(migliaia)
950.000
900.000
850.000
800.000
750.000
700.000
2013Q3
2013Q2
2013Q1
2012Q4
2012Q3
2012Q2
2012Q1
2011Q4
2011Q3
2011Q2
2011Q1
2010Q4
2010Q3
2010Q2
2010Q1
2009Q4
2009Q3
2009Q2
2009Q1
2008Q4
2008Q3
650.000
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Eurostat
L’Italia nel III trimestre del 2013 è uscita da una recessione lunga 9 trimestri, la
seconda in 6 anni. Durante questi anni la flessione Pil è stata del 9% circa. Nello
stesso periodo la produzione industriale è scesa del 25% circa. In alcuni settori i livelli
produttivi sono calati di oltre il 40%. Rispetto a questi dati, quelli relativi al mercato del
lavoro, seppure negativi, appaiono meno drammatici, eppure il dibattito recente si è
concentrato spesso più sul funzionamento del mercato del lavoro che su problemi di
crescita.
Il Cnel stima che, per riportare il tasso di disoccupazione all’8% entro il 2020, il tasso di
crescita del Pil dovrebbe essere superiore al 2% l’anno, un obiettivo che alle condizioni
attuali appare estremamente difficile da raggiungere. Insieme a modifiche che regolano
gli assetti del mercato del lavoro sarebbe quindi necessario agire con decisione dal lato
della crescita.
9
10. 4 febbraio 2014
Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori
Indice Itraxx Eu Financial
Indice Vix
400
60
350
300
50
250
40
200
30
150
100
20
Index Itraxx EU Financial Sector
50
gen-14
set-13
nov-13
lug-13
mag-13
gen-13
mar-13
set-12
nov-12
lug-12
mag-12
gen-12
mar-12
set-11
nov-11
lug-11
mag-11
gen-11
0
mar-11
gen-14
set-13
nov-13
lug-13
mag-13
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mar-13
set-12
nov-12
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mag-12
gen-12
mar-12
set-11
nov-11
lug-11
mag-11
gen-11
10
mar-11
0
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
I premi al rischio passano da 101 a 104 pb.
L’indice Vix nell’ultima settimana resta
costante a quota 18.
Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent
Prezzo dell’oro
(Usd per barile)
(Usd l’oncia)
2.000
130
1,5
1.900
125
1,45
1.800
1,4
1.700
nov-13
gen-14
set-13
lug-13
mar-13
mag-13
dic-13
nov-12
lug-13
gen-13
feb-13
set-12
set-12
lug-12
apr-12
1.200
mar-12
nov-11
1,15
1.300
mag-12
giu-11
1,2
Cambio euro/dollaro sc.ds.
nov-11
90
gen-11
Brent scala sin.(in Usd)
gen-12
95
1.400
set-11
1,25
100
1.500
lug-11
1,3
105
1.600
mar-11
1,35
110
mag-11
115
gen-11
120
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
Il tasso di cambio €/$ a 1,35. Il petrolio di qualità
Brent quota $108 al barile.
Il prezzo dell’oro rimane sotto i 1.300 dollari
l’oncia.
10
11. 4 febbraio 2014
Borsa italiana: indice Ftse Mib
Tassi dei benchmark decennali:
differenziale con la Germania
(punti base)
24.000
1.400
22.000
1.200
1.000
20.000
800
18.000
600
400
16.000
giu-11
nov-11
apr-12
set-12
feb-13
lug-13
Italia
dic-13
Spagna
Irlanda
gen-14
ott-13
lug-13
apr-13
gen-13
ott-12
lug-12
apr-12
ott-11
gen-12
lug-11
12.000
gen-11
0
apr-11
14.000
gen-11
200
Portogallo
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Thomson Reuters
Il Ftse Mib sale oltre quota 19.000.
I differenziali con il Bund sono pari a 346 pb
per il Portogallo, 148 pb per l’Irlanda, 211 pb
per la Spagna e 222 pb per l’Italia.
Indice Baltic Dry
Euribor 3 mesi
(val. %)
12.000
6
10.000
5
8.000
4
Fonte: Thomson Reuters
gen-14
Fonte: Thomson Reuters
L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana
continua a scendere sotto quota 2.000.
set-13
gen-13
mag-13
set-12
gen-12
mag-12
set-11
set-10
gen-11
mag-11
set-09
gen-10
mag-10
gen-09
mag-09
set-08
0
set-07
0
gen-08
mag-08
1
set-06
2
2.000
gen-07
mag-07
3
4.000
gen-08
apr-08
lug-08
ott-08
gen-09
apr-09
lug-09
ott-09
gen-10
apr-10
lug-10
ott-10
gen-11
apr-11
lug-11
ott-11
gen-12
apr-12
lug-12
ott-12
gen-13
apr-13
lug-13
ott-13
gen-14
6.000
L’euribor 3m resta costante a 0,30%.
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNLGruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP
Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in
questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato
divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere
considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come
un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.
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