L’intervento prende spunto dal recente volume di David Lankes, The atlas of new librarianship, per interrogarsi sul ruolo delle biblioteche e sui contenuti della professione in un contesto nel quale la biblioteca come spazio fisico viene messa in discussione in virtù dei processi di convergenza al digitale e gli effetti della crisi economica impongono alle biblioteche e ai bibliotecari la necessità di giustificare e dimostrare la loro utilità sociale.
La new librarianship di Lankes si basa sul presupposto che “la missione dei bibliotecari consiste nel migliorare la società facilitando la creazione della conoscenza nelle loro comunità di riferimento”. In sostanza, la tesi principale sostenuta da Lankes è che sia necessaria una rifondazione ontologica della biblioteconomia basata su un corretto posizionamento delle biblioteche e dei bibliotecari, il cui ruolo non è incentrato sull'oggetto libro, né su qualunque altro tipo di supporto o di tecnologia dovesse diventare vettore di contenuti (quelli che Lankes chiama artifacts), bensì sulla capacità dei bibliotecari di continuare a svolgere il ruolo di facilitatori del processo di creazione della conoscenza in un contesto di apprendimento partecipativo.
Per farlo, il bibliotecario deve prendere parte attiva alla conversazione attraverso cui avviene il processo dell'apprendimento ovvero creare le condizioni per facilitare e/o potenziare tale conversazione, separando di fatto il proprio destino da quello delle biblioteche.
L’aspetto più critico di questa visione consiste nel trasformare tale punto di vista in convinzione comune all'interno della professione e in percezione diffusa nella società, ribaltando secoli di associazione mentale e pratica tra biblioteche, bibliotecari e libri (o altri supporti del sapere), come anche le più recenti ricerche e indagini sulla percezione degli utenti continuano a mettere in evidenza.
La discontinuità insita nell'idea di bibliotecari che restano tali pur non essendo agganciati ad alcuna struttura bibliotecaria e di utenti che partecipano alle funzioni bibliotecarie come creatori e vettori di conoscenza resta impegnativa in termini di formazione, di politiche pubbliche, di progettazione dei servizi, di attitudine del personale e di organizzazione delle attività. È inoltre del tutto incerta e per niente scontata la possibilità che le nostre comunità (e le altre professionalità che operano nel settore della conoscenza) possano vederci, in tempi brevi, come partner all’interno di un raggio di azione più ampio di quello a cui sono abituati e che scelgano di aprirsi alla conversazione con noi.
2. Obiettivi dell’intervento
interrogarsi sul ruolo delle biblioteche e
sui contenuti della professione :
la
biblioteca come spazio fisico viene messa in
discussione
gli
effetti della crisi economica impongono la
necessità di giustificare e dimostrare la loro
utilità sociale
4. Biblioteconomia = librarianship?
Lankes utilizza il termine librarianship
piuttosto che library and information
science
espressione antica la cui etimologia pone
al centro il bibliotecario e le sue
competenze, anziché la biblioteca e la sua
gestione
5. Biblioteche o bibliotecari?
accettare il declino delle biblioteche in
quanto strutture fisiche
ma le comunità avranno sempre
bisogno di bibliotecari che facilitino
l'accesso e l'acquisizione della conoscenza
diventare cruciali in questo processo
6. Biblioteche o bibliotecari?
non basta l’amore per le biblioteche
è controproducente considerare la
biblioteca come il cuore della comunità;
piuttosto, dice Lankes, dovremmo
diventarne il “sistema di
circolazione”
7. Tesi di Lankes
“la missione dei bibliotecari
consiste nel migliorare la
società facilitando la
creazione della conoscenza
nelle loro comunità di
riferimento”
8. Che cos’è la conoscenza?
il concetto di recorded knowledge è un
ossimoro
la conoscenza è un processo che si realizza
attraverso la conversazione
tale conversazione può avvenire:
nella
testa del singolo individuo, che mette in
relazione quanto legge, vede, acquisisce con
quanto già conosce
tra due o più soggetti che si confrontano e si
scambiano informazioni e punti di vista
9. I processi dell’apprendimento
non esiste solo l’apprendimento linguistico-
verbale, ma anche quelli fisico-cinestetico,
musicale-ritmico, logico-matematico,
interpersonale e intrapersonale
lavorare sulla motivazione
all’apprendimento e creare le condizioni
per cui tutti i diversi stili di apprendimento
trovino spazio ed espressione
10. I processi dell’apprendimento
siamo noi ad essere remoti rispetto ai
membri delle nostre comunità di
riferimento
sta a loro lasciarci o meno partecipare ai
loro processi di apprendimento
apprendere significa capacità di accedere e
usare le informazioni in modo
significativo
11. Ruolo dei bibliotecari
non è incentrato sull'oggetto libro, né
su qualunque altro tipo di supporto o di
tecnologia dovesse diventare vettore di
contenuti (artifacts)
bensì sulla capacità dei bibliotecari di
svolgere il ruolo di facilitatori del
processo di creazione della
conoscenza in un contesto di
apprendimento partecipativo
12. Focalizzarsi sulle persone
i bibliotecari dovrebbero far propria "una
visione del mondo che non sia incentrata
sugli oggetti, ma sulle persone”
"how artifact-centric is your worldview?"
la comunità costituisce la vera
collection che i bibliotecari hanno il
compito di sviluppare e preservare nel
tempo
13. Embedded librarian
i bibliotecari perseguono le proprie
finalità non necessariamente agganciati
a una biblioteca
non operano come un canale parallelo
o alternativo, ma nei contesti dove si
svolgono le conversazioni
14. Innovare e creare partecipazione
le soluzioni del passato vanno messe in
discussione e ripensate
bisogna offrire alle comunità possibilità
di partecipazione, per rispondere a due
tendenze :
la
crescita esponenziale dei dati e delle
informazioni
la
componente sociale dell'apprendimento
15. Esiste un problema terminologico?
lavorare per cambiare l'associazione
mentale relativa ai termini “biblioteca” e
“bibliotecario”
riconoscere il ruolo dei componenti delle
comunità di riferimento, non chiamandoli
più utenti o clienti o lettori (o patrons),
bensì members
16. Riflettere su:
etica della professione:
la neutralità non esiste: dichiarare il
proprio punto di vista
non esiste buona o cattiva informazione,
ma solo in riferimento a un contesto e alle
finalità di chi la utilizza
accuratezza ed esaustività spesso sono in
contrasto con il “good enough”
riflettere sul grado e il tipo di responsabilità
del bibliotecario in tale processo
17. Riflettere su:
apertura e flessibilità della
professione:
necessità
dell'interdisciplinarità
necessità
di un ripensamento delle
tipologie bibliotecarie:
superare gli steccati che la specializzazione
bibliotecaria ha creato
riconoscere che il mondo non è segmentato
come noi lo immaginiamo e lo vogliamo
18. Riflettere su:
biblioteconomia gestionale:
le
strutture organizzative che puntano
esclusivamente ad efficacia ed efficienza
tendono alla rigidità e a impedire quel
processo collaborativo di costruzione della
conoscenza
sostituire l’approccio tradizionale a vantaggio
dell’utilizzo dei metodi della ricerca
sociale, finalizzati a interrogarsi sull’outcome
19. Lezioni da imparare
di fronte alle minacce di sopravvivenza delle
biblioteche, Lankes spinge i bibliotecari a:
“disperdersi” nelle loro comunità (piuttosto che
fare quadrato e asserragliarsi)
dimostrare a politici e comunità che le loro
competenze non consistono nel raccogliere artefatti,
ma nel garantirne un senso e un uso all’interno delle
conversazioni e del processo conoscitivo
scindere le riflessioni sul futuro delle biblioteche da
quello delle competenze dei bibliotecari
20. Tre scenari possibili per i bibliotecari
si spostano su attività di back-office e
“coaching”: gestione e messa a disposizione
dei dati bibliografici, information literacy,
formazione ecc.
si disperdono nell’ambiente ma
riciclandosi ;-)
l’eccesso di “self-service” fa tornare di moda la
possibilità di delegare
21. Nodi da sciogliere
l’idea di bibliotecari non agganciati ad alcuna
struttura bibliotecaria e di utenti coinvolti come
creatori e vettori di conoscenza si scontra con:
un gap percettivo:
come far cambiare mentalità e percezione all’interno
della professione, dei partner e delle comunità di
riferimento?
un gap organizzativo:
idea impegnativa in termini di formazione, di
politiche pubbliche, di progettazione dei servizi, di
attitudine del personale e di organizzazione delle
attività
22. Una riflessione finale
“Quando parliamo del futuro delle biblioteche, io
di solito promuovo l’idea delle biblioteche come
piattaforme che rendono apertamente disponibile
tutto quello che le biblioteche sanno: tutti i dati,
tutti i metadati, ciò che la comunità sta facendo con
ciò che hanno ottenuto dalla biblioteca, tutti i
suggerimenti e la saggezza dei bibliotecari, tutti i
contenuti (in particolare se si potranno sistemare le
leggi sul copyright).
23. Una riflessione finale
Tutto. Tutto accessibile a chiunque voglia scrivere
un’applicazione che lo rende usabile.
E la ragione di tutto questo è perché nel mio cuore non
penso che i bibliotecari inventeranno il futuro delle
biblioteche. È un compito troppo grande per qualunque
gruppo. Sarà il mondo a inventare il futuro delle
biblioteche. Sarà un quattordicenne come Aaron [Swartz] a
inventare il futuro delle biblioteche. Dobbiamo mettere a
loro disposizione piattaforme che glielo consentano.”
David Weinberger in:
http://www.hyperorg.com/blogger/2013/11/09/aaron-swartz-and-the-futur